A Betlemme, il luogo della nascita di Gesù, è tempo di lutto per i cristiani palestinesi

Laura Kingstaff

19 dicembre 2023 – Los Angeles Times

Betlemme, Cisgiordania – Non è [un articolo] sommesso. Né intende essere tale

Invece della visione bucolica della Natività il presepe mostra Gesù bambino avvolto in una kefiah palestinese a quadri, circondato da schegge di pietra, che evocano gli edifici bombardati nella Striscia di Gaza e i bambini sepolti sotto di essi.

Vedo Dio tra le macerie,dice Munther Isaac, il pastore palestinese di una storica chiesa luterana di Betlemme, la città della Cisgiordania celebrata dai cristiani come luogo della nascita di Gesù. E Cristo nacque sotto occupazione”.

Insieme ai parrocchiani ha allestito una scena di guerra, che rimarrà in chiesa per tutto il periodo natalizio. Anche se la visione è stridente, riconosce Isaac, non riesce a riassumere gli orrori quotidiani che accadono a sole 45 miglia di distanza, a Gaza.

I cristiani palestinesi, una minoranza in rapido calo in Terra Santa, questanno celebrano un Natale particolarmente cupo, cancellando i festeggiamenti natalizi in segno di solidarietà con i connazionali mentre la guerra di Israele contro i combattenti di Hamas continua.

In questo terzo mese di bombardamenti israeliani di Gaza, affiancati da unoffensiva di terra ad ampio raggio, entrambi scatenati dopo l’attacco di Hamas che ha ucciso centinaia di israeliani nelle loro case e dove si teneva un festival di musica allaperto, il bilancio delle vittime allinterno dellaffollata enclave costiera è, secondo i funzionari palestinesi, pari a più di 19.000, di cui circa due terzi donne e bambini.

A Betlemme, dove molti dei cristiani locali hanno parenti a Gaza, le ricorrenze natalizie saranno caratterizzate da preghiere, servizi religiosi e dalla processione annuale dei patriarchi cristiani, ma verranno evitati gli ornamenti tradizionali più festosi. Nessuna scintillante luce natalizia, nessun albero riccamente addobbato in Piazza della Mangiatoia, nessuna parata festosa con bande musicali.

“Come potremmo festeggiare?” chiede il sindaco della città, Hanna Hanania, il cui ufficio si affaccia su una Piazza della Mangiatoia quasi deserta. La piazza lastricata di fronte alla Chiesa della Natività, luogo di pellegrinaggio per i cristiani di tutto il mondo, in questo periodo dell’anno è solitamente animata, ma la maggior parte dei negozi di souvenir e dei ristoranti che la costeggiano sono sbarrati.

Betlemme, dove un tempo la maggioranza era cristiana e oggi tale comunità costituisce meno di un quinto della popolazione cittadina di circa 30.000 abitanti, è un microcosmo delle sofferenze della Cisgiordania. I posti di blocco la accerchiano e le pietrose colline terrazzate, dove di notte i pastori sorvegliavano le loro greggi, come recita il tradizionale canto natalizio, sono attraversate da unenorme barriera di sicurezza israeliana.

Circondata da insediamenti coloniali ebraici, la città ospita due campi profughi palestinesi ribollenti di malcontento, che vengono regolarmente attaccati dalle truppe israeliane.

Non è più la cittadina della Bibbia, dice il reverendo Mitri Raheb, rettore dellUniversità Dar al-Kalima di Betlemme. A 61 anni ricorda quando la visuale dalla vicina casa di famiglia era aperta sul versante di una montagna che diventava verde durante le piogge primaverili. Ora è interamente occupato da un insediamento coloniale, uno dei quasi 150 della Cisgiordania considerati illegali sulla base del diritto internazionale.

Per i cristiani palestinesi lattuale guerra segna una catastrofe nella catastrofe: il potenziale sradicamento di quella che era già una minuscola presenza cristiana a Gaza. Con meno di 1.000 su una popolazione di oltre 2 milioni di abitanti, il declino numerico della comunità in tempo di guerra è avvertito in modo sproporzionato.

Molti cristiani della zona di Betlemme hanno parenti a Gaza e sono terrorizzati per la loro incolumità.

Secondo funzionari palestinesi, una dependance della più antica chiesa ancora attiva di Gaza City, San Porfirio, è stata colpita dai bombardamenti israeliani in ottobre, coll’uccisione di almeno 16 delle centinaia di persone che vi si rifugiavano. L’ex senatore repubblicano degli Stati Uniti Justin Amash, un palestinese americano, ha pubblicato dei commenti angosciati sui social media a proposito di diversi parenti cristiani uccisi o mutilati durante il bombardamento.

“La nostra famiglia sta soffrendo gravemente”, ha scritto su X, ex Twitter, il repubblicano del Michigan diventato indipendente. Possa Dio vegliare su tutti i cristiani di Gaza e su tutti gli israeliani e palestinesi che soffrono, qualunque sia la loro religione o credo”.

Lo scorso fine settimana, due donne cristiane che si rifugiavano in un complesso di una chiesa cattolica romana a Gaza City sono state uccise dal fuoco dei cecchini israeliani, ha riferito il Patriarcato latino di Gerusalemme. I parenti le hanno identificate come madre e figlia – Naheda Anton, 71 anni, e sua figlia, Samr Anton, 58 anni – e hanno detto che dopo che la donna più anziana è stata colpita, sua figlia ha cercato di portarla in salvo ed è stata colpita a sua volta.

Jawdat Hanna Mikhail, nipote di una delle due donne e figlia della sorella dell’altra, ha detto che diversi altri membri della famiglia all’interno del complesso della Sacra Famiglia hanno cercato di raggiungere la coppia e anche loro sono stati colpiti e feriti.

“I cecchini sono appostati intorno alla chiesa”, dice Mikhail, 27 anni, che vive a Beit Sahur, appena fuori Betlemme. Nessuno può muoversi”.

Papa Francesco ha condannato luccisione delle donne. Una deputata britannica, Layla Moran, ha postato sui social media dei commenti sui membri della sua famiglia allargata, compresi due gemelli di 11 anni, anch’essi intrappolati nel complesso.

Ora non sono più sicura che sopravviveranno fino a Natale, ha dichiarato alla BBC.

Alcuni esperti osservatori delle tendenze demografiche cristiane affermano che, dopo anni di difficoltà, la piccola e sofferente comunità di Gaza è sullorlo dellestinzione.

Temo che questa guerra segnerà la fine della presenza cristiana a Gaza”, dice Raheb, il preside del college. “È una ferita sanguinante”.

Laumento della violenza evidenzia anche la complessa interazione interna nei territori palestinesi occupati tra i cristiani e la stragrande maggioranza musulmana. Recenti sondaggi suggeriscono che la popolarità di Hamas tra i palestinesi è in aumento sia in Cisgiordania che a Gaza nonostante, o a causa, del devastante attacco transfrontaliero contro Israele del 7 ottobre che ha dato il via alla guerra.

Nel 2007, quando Hamas prese il controllo della stretta fascia mediterranea, la popolazione cristiana di Gaza contava circa 3.000 persone; circa due terzi di loro se ne sono andati negli anni successivi, prima dell’inizio di questa guerra.

Sebbene generalmente più ricchi e meglio istruiti della popolazione nel suo insieme i cristiani di Gaza hanno sopportato, o sono stati allontanati, a causa delle stesse privazioni degli altri palestinesi: disoccupazione diffusa, mancanza di opportunità, battaglie periodiche tra Israele e Hamas. Ma sono rimasti raggelati anche dallomicidio irrisolto, nei primi giorni del governo di Hamas, di un importante direttore di una libreria cristiana che prima della sua morte aveva ricevuto minacce da gruppi jihadisti.

A Betlemme un decreto dellAutorità Nazionale Palestinese al governo della Cisgiordania impone che il sindaco, il vicesindaco e la maggioranza del consiglio comunale della città debbano essere cristiani. In precedenza, ha raccontato il sindaco, la maggioranza del consiglio era detenuta da una coalizione sostenuta da Hamas, che oltre a possedere un braccio armato si configura anche come movimento politico.

Sono i nostri vicini”, dice il sindaco.

Nella Chiesa della Natività, lantica basilica in pietra calcarea venerata dai cristiani come luogo della nascita di Cristo, i tempi duri hanno contribuito a smorzare le tensioni fra i tre ordinamenti cristiani che condividono il controllo dei locali.

Negli anni passati gli scontri giurisdizionali su angoli e fessure dei recessi bui e profumati di incenso della chiesa a volte si sono trasformati in alterchi fisici.

Padre Issa Thaljieh, un parroco greco-ortodosso di 40 anni presso la Chiesa della Natività, afferma che ora c’è una relativa armonia tra gli ordinamenti, e le loro controversie ampiamente oscurate dalla guerra.

Padre Issa, nato e cresciuto a Betlemme, dice che fin dall’infanzia ha sentito la potente attrazione della bellezza spirituale connessa non solo alla basilica ma alla città stessa, anche se il conflitto in corso con Israele ha sfigurato il paesaggio biblico che circonda Betlemme.

Anche se potrebbe vivere e lavorare altrove, dice che sente il dovere di restare e amministrare il suo gregge sempre più piccolo.

Il profondo dolore per la morte e la distruzione di Gaza pervade la ricorrenza, afferma il sacerdote, ma egli vede questo periodo anche come un faro di speranza tanto necessaria.

Questi sono tempi molto, molto tristi, dice. Ma il messaggio di Betlemme e il messaggio del Natale, che è il messaggio di pace, è più importante che mai”.

Laura King è una giornalista che lavora a Washington, DC per il Los Angeles Times. Membro dello staff Estero/Nazionale, si occupa principalmente di affari esteri. In precedenza ha ricoperto il ruolo di capo redazione a Gerusalemme, Kabul e Il Cairo.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Una dipendente di Google dice che la compagnia ha cercato di trasferirla in Brasile dopo che ha criticato un contratto con Israele

Michael Arria

18 marzo 2022 – Mondoweiss

Una dipendente di Google in California dice di aver subito una ritorsione dopo aver criticato il Progetto Nimbus

Una dipendente di Google dice di essere stata trasferita in Brasile per aver chiesto alla compagnia di interrompere il suo contratto con il governo di Israele

Questa settimana il Los Angeles Times ha riportato il caso di Ariel Koren, una responsabile commerciale di Google per l’Educazione. Koren, che lavorava alla direzione generale di Mountain View del gigante della tecnologia, in California, ha ripetutamente criticato il suo datore di lavoro riguardo al Progetto Nimbus, un contratto da 1,2 miliardi di dollari che coinvolge Google, i servizi internet di Amazon e Israele. Il progetto contribuisce a fornire servizi cloud per l’esercito e il governo del Paese.

Nell’ottobre 2021 Koren ha contribuito alla stesura di una lettera aperta di condanna di tale collaborazione firmata da centinaia di dipendenti di Google e di Amazon. “Non possiamo fare finta di niente quando i prodotti che fabbrichiamo vengono usati per negare ai palestinesi i loro diritti fondamentali, per scacciarli dalle loro case ed attaccarli nella Striscia di Gaza – azioni che hanno provocato indagini per crimini di guerra da parte della Corte Penale Internazionale”, vi è scritto. Noi immaginiamo un futuro in cui la tecnologia unisca le persone e renda migliore la vita per tutti. Per costruire un tale più luminoso futuro le compagnie per cui lavoriamo devono smettere di stipulare contratti con qualunque organizzazione militarizzata, negli USA e altrove.”

Koren ha citato il documento che la compagnia le ha recapitato a novembre con un ultimatum: avrebbe dovuto trasferirsi nell’ufficio di Google a San Paolo, Brasile, o essere licenziata. Secondo Koren, in seguito il suo dirigente ha ammesso che non prevedeva che lei si sarebbe trasferita in Brasile, cosa che indica che Google stava cercando con questa offerta di estrometterla dalla compagnia. “È stato semplicemente assurdo. Tutta la vicenda è stata del tutto incredibile.”

Koren ha sporto denuncia al dipartimento risorse umane di Google e una denuncia di pratica aziendale sleale presso il National Labor Relations Board (NLRB) [Agenzia governativa USA per il rispetto del diritto del lavoro, ndtr.]. Google sostiene di aver già esaminato la situazione e di non aver riscontrato prove di ritorsione. Koren attualmente lavora ancora in California e non è chiaro se verrà costretta ad andarsene.

Una petizione di sostegno a Koren è già stata firmata da oltre 12.000 persone. “I lavoratori hanno il diritto di esprimersi riguardo a come viene utilizzato il proprio lavoro, senza il timore di perdere il loro impiego – soprattutto quando si opera all’interno di contratti poco etici che violano i diritti umani”, vi si legge. “Sosteniamo le centinaia di lavoratori di Google che hanno già firmato una petizione in appoggio ad Ariel e chiediamo che Google rispetti i lavoratori che si impegnano per i diritti umani – a cominciare dalla garanzia che Ariel rimanga al suo posto.”

Un’altra petizione, scritta da colleghi di Koren, è stata firmata da oltre 500 dipendenti di Google. “Purtroppo il caso di Ariel è in linea con i pericolosi precedenti di ritorsioni di Google nei confronti di lavoratori che negli scorsi anni hanno riempito i titoli dei principali giornali – e in particolare riguardo a quei dipendenti che si sono espressi contro contratti che permettono violenze di Stato contro persone discriminate”, vi è scritto.

Lo scorso autunno, dopo che i dipendenti hanno diffuso la lettera di condanna del Progetto Nimbus, un gruppo di organizzazioni legali (compresi ‘Palestine Legal’, ‘National Lawyers Guild’ e il Centro per i Diritti Costituzionali) ha inviato una lettera di ammonimento alla compagnia relativamente ad illecite ritorsioni contro i lavoratori. “Le sottoscritte organizzazioni per i diritti civili vi chiedono di rispettare le espressioni politiche e nazionali dei vostri dipendenti e di evitare di intraprendere azioni ostili nei loro confronti”, vi si legge. “Le organizzazioni della società civile, le associazioni giuridiche progressiste e anche i mezzi di comunicazione stanno monitorando da vicino la situazione nell’ambiente di lavoro nella vostra azienda per garantire che vengano rispettati i diritti dei vostri dipendenti, dei palestinesi o di altri.”

Michael Arria

Michael Arria è il corrispondente per gli Stati Uniti di Mondoweiss. I suoi articoli sono stati pubblicati su ‘In These Times’, ‘The Appeal’ e ‘Truthout. È autore di ‘Medium Blue: The politics of MSNBC’.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)