Manifestanti organizzano un sit in alla scuola di Khan al-Ahmar, che è nella lista delle demolizioni

Ma’an News

Betlemme- 23 febbraio 2017

Giovedì il ministero dell’Educazione dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) ha organizzato un sit in di protesta nella scuola del villaggio beduino di Khan al-Ahmar nella Cisgiordania occupata contro l’ ordine imminente del governo israeliano per la demolizione della scuola e dell’intero villaggio.

I manifestanti hanno condannato l’ordine israeliano di demolizione della scuola di Khan al-Ahmar – che fornisce il servizio a 150 studenti tra maschi e femmine – ed hanno espresso la propria rabbia nei confronti dell’esercito israeliano, che prende di mira una scuola per bambini e “cerca di escluderli dal diritto all’istruzione”.

Il ministro dell’Educazione Sabri Sedim ha fatto appello a tutti i palestinesi “perché resistano e si oppongano ai progetti israeliani e alle violazioni contro l’educazione e contro le comunità beduine che svelano l’orribile volto dell’occupazione,” aggiungendo che il ministero “realizzerà tutti gli sforzi possibili per bloccare le pratiche israeliane e denunciarle sui media e nei tribunali.”

La scorsa settimana le autorità israeliane hanno emesso ordinanze di demolizione di 40 case e della scuola elementare del villaggio, compresi ordini di blocco dei lavori nei confronti di varie strutture del villaggio, che si trova nell’Area C – più del 60% della Cisgiordania sotto totale controllo israeliano e luogo di frequenti demolizioni da parte di Israele.

Al momento abitanti locali hanno detto a Ma’an che forze israeliane hanno imposto la chiusura militare della zona prima di consegnare gli ordini di demolizione, mentre a insegnanti e studenti della scuola è stato impedito l’accesso all’edificio.

Nonostante il fatto che la comunità, e la scuola in particolare, siano state minacciate di demolizione dal governo israeliano da anni, gli abitanti del luogo hanno detto che la consegna di avvisi di demolizione per ogni singola casa rappresenta un colpo senza precedenti.

Mercoledì funzionari dell’ONU hanno visitato la comunità beduina ed hanno definito la situazione “inaccettabile”. ” Khan al-Ahmar è una delle comunità più vulnerabili della Cisgiordania, che lotta per conservare uno standard minimo di vita di fronte alle pesanti pressioni da parte delle autorità israeliane per spostarla in un luogo di ricollocazione stabilito,” ha affermato in un comunicato Robert Piper, il coordinatore per l’aiuto umanitario e per le attività di sviluppo dell’ONU per i territori palestinesi occupati, aggiungendo che “questo è inaccettabile e deve finire.”

Khan al-Ahmar, come altre comunità beduine della regione, è minacciata di trasferimento da Israele in quanto si trova nel conteso “Corridoio E1”, stabilito dal governo israeliano per collegare Gerusalemme est annessa [a Israele] con la grande colonia di Maale Adumim.

Le autorità israeliane pianificano di costruire nell’E1 migliaia di abitazioni per le colonie solo per ebrei, il che dividerebbe in effetti la Cisgiordania e renderebbe la creazione di uno Stato palestinese contiguo – come previsto dalla soluzione dei due Stati per il conflitto israelo-palestinese – praticamente impossibile.

I gruppi per i diritti umani e i membri della comunità beduina hanno fortemente criticato i piani di ricollocazione da parte di Israele per i beduini che risiedono nei pressi delle colonie israeliane illegali di Maale Adumim, sostenendo che lo spostamento rimuoverebbe palestinesi autoctoni con lo scopo di espandere le colonie israeliane nella Cisgiordania occupata, in violazione delle leggi internazionali.

(traduzione di Amedeo Rossi)




Esponenti israeliani e palestinesi reagiscono all’abbandono della soluzione a due Stati da parte di Trump

16 febbraio 2017, Maannews

Betlemme (Ma’an) – A seguito del controverso incontro avvenuto mercoledì tra il presidente USA Donald Trump e il primo ministro Benjamin Netanyahu, i dirigenti israeliani e palestinesi hanno reagito in modo positivo e negativo riguardo all’evidente mutamento della politica statunitense con l’abbandono del sostegno alla soluzione a due Stati.

Mercoledì durante una conferenza stampa che ha preceduto l’incontro Trump ha risposto a una domanda riguardo alla posizione della sua amministrazione rispetto alla soluzione a due Stati il giorno dopo che un funzionario USA aveva detto che il Paese non era necessariamente legato alla soluzione politica come l’unica in grado di porre termine al conflitto israelo-palestinese

Io considero sia [la soluzione] a due Stati che a un solo Stato e mi piace quella che piace a entrambe le parti” ha detto Trump, provocando una risata di Netanyahu. “Posso vivere con entrambe”.

Mentre esponenti della comunità internazionale hanno riposto la soluzione del conflitto israelo-palestinese sulla soppressione delle colonie illegali israeliane e sulla soluzione a due Stati, un numero crescente di attivisti palestinesi, dato l’attuale contesto politico, criticano questa soluzione come insostenibile e poco inadeguato ad assicurare una pace duratura e propongono invece uno Stato bi-nazionale con uguali diritti per israeliani e palestinesi.

Le reazioni israeliane

Gli esponenti politici israeliani di destra sono stati pronti a manifestare il consenso sull’incontro tra Trump e Netanyahu, con il quotidiano israeliano Haaretz che ha citato il ministro dell’Istruzione dell’estrema destra israeliana Naftali Bennet che ha affermato: “ La bandiera palestinese è stata ammainata dal pennone ed è stata rimpiazzata da quella israeliana. I palestinesi hanno già due Stati – Gaza e la Giordania – Non c’è nessun bisogno di un terzo.”

Il ministro ha anche scritto sui social media: “Una nuova era. Nuove idee. Nessun bisogno di un terzo Stato oltre alla Giordania e a Gaza. Un grande giorno per gli israeliani e per gli arabi ragionevoli.”

In precedenza Bennett aveva manifestato il suo appoggio a Trump dicendo a novembre , in seguito alle elezioni presidenziali negli USA, che una presidenza Trump avrebbe posto fine allo sforzo per realizzare uno Stato palestinese indipendente.

La vittoria di Trump è un’opportunità per Israele per rimangiarsi immediatamente l’idea di Stato palestinese al centro del Paese (Israele) il che potrebbe mettere in discussione la nostra sicurezza e la nostra giusta causa” ha detto allora Bennett. “Questa è la posizione del presidente eletto, che è scritta nel suo programma elettorale e dovrebbe essere la nostra politica, semplice e chiara. L’epoca di uno Stato palestinese è tramontata”.

Nel frattempo il ministro israeliano della pubblica sicurezza , Gilad Erdan del partito Likud è stato citato da Haaretz per aver detto che l’opinione di Trump sul conflitto israelo-palestinese “prova che siamo in una nuova epoca. La presa di posizione del presidente indica che la soluzione a due Stati non è l’unica soluzione per raggiungere la pace e che è venuto il momento di rovesciare l’equazione e di esercitare una pressione sulla parte palestinese”.

I ministri della destra in generale hanno espresso la loro opinione secondo cui Israele stava entrando in “una nuova epoca” non condizionata dalla soluzione a due Stati o da obiettivi di pace da lungo tempo formulati dalla comunità internazionale.

Secondo quanto riferito, il ministro israeliano della cultura Miri Regev, anche lui del partito Likud, ha detto che “l’epoca dei congelamenti è finita. È la fine del blocco delle costruzioni in Giudea e Samaria” come Israele definisce la Cisgiordania, aggiungendo che “oggi a Washington è cominciata una nuova era diplomatica”.

Altri ministri della destra hanno manifestato il proprio sollievo per il fatto che il governo israeliano non deve più fare finta di sostenere la soluzione a due Stati che gli sforzi internazionali per la pace hanno individuato per decenni quale percorso per uscire dall’impasse israelo-palestinese.

Finalmente si è posto fine a un’idea sbagliata e pericolosa: istituire uno Stato palestinese terrorista nel cuore della Terra di Israele” ha detto il ministro israeliano della scienza e della tecnologia Ofir Akunis, citato da Haaretz.

Nel frattempo la deputata della Knesset, Shelly Yacimovic, dell’Unione Sionista [coalizione tra il partito Laburista e Kadima. Ndtr.], ritenuto il partito “più a sinistra” nel panorama politico israeliano, avrebbe affermato che le dichiarazioni di Trump mercoledì sera non si allontanano in alcun modo da quelle delle precedenti amministrazioni USA, sottolineando che Trump ha espresso il suo dissenso riguardo all’espansione delle colonie israeliane e che il suo appoggio per trovare una soluzione soddisfacente per entrambe le parti è più articolato.

Le reazioni palestinesi e internazionali

A seguito della conferenza stampa l’ambasciatore palestinese presso le Nazioni Unite Riyad Mansour ha emesso un comunicato in cui afferma che la pace non si potrà realizzare “senza stabilire le basi di un processo di pace” e ha evidenziato il fatto che la maggioranza della comunità internazionale continua a sostenere la soluzione a due Stati nonostante le prese di posizione di Trump e Netanyahu.

Nel frattempo il portavoce di Hamas Hazem Qasim si è appellato all’Autorità Nazionale Palestinese perché abbandoni i negoziati con Israele e la convinzione che gli Stati Uniti siano in grado di svolgere una funzione di mediazione nel processo di pace, aggiungendo che Trump ha chiarito il fatto che l’attuale e le precedenti amministrazioni USA hanno parteggiato per Israele.

Nel suo comunicato Hazem Qaim ha detto che “ gli Stati Uniti non sono mai stati affidabili riguardo a dare al popolo palestinese i suoi diritti” aggiungendo che gli USA hanno solamente “provveduto a coprire Israele perché continuasse l’aggressione contro il popolo palestinese e l’espropriazione delle nostre terre”.

Egli ha anche detto che l‘amministrazione degli Stati Uniti, rimangiandosi la propria già debole posizione sulla soluzione a due Stati, indica un’escalation della tendenza USA a favore dell’occupazione israeliana.

Il dirigente di Fatah Rafaat Elayyan ha anche rilasciato un comunicato di condanna dell’incontro, affermando che Netanyahu e Trump hanno “palesemente affossato il sogno di istituire uno Stato palestinese con capitale Gerusalemme Est”. Egli ha anche detto che Trump ha disconosciuto il diritto internazionale e tutti gli accordi precedenti tra palestinesi e israeliani per ottenere la pace nella regione.

Elayyan ha aggiunto: “Siamo di fronte a un’occupazione che rifiuta di creare uno Stato indipendente e mira ad annettere ad Israele la Cisgiordania e Gerusalemme, espandendo le colonie con l’appoggio dell’amministrazione USA.” Continuando ha sollecitato la dirigenza palestinese ad “intraprendere una nuova strategia” fondata su un’unità che possa porre fine al conflitto interno alla Palestina.

Se l’incontro Trump-Netanyahu non è sufficiente per unire il nostro fronte nazionale, allora non saremo mai capaci di confrontarci con questa sfida”, ha aggiunto Elayyan.

Elayyan ha anche detto che i palestinesi fanno affidamento sul vertice arabo che si terrà ad Amman il prossimo mese, in cui gli Stati arabi e islamici dovrebbero emettere un comunicato per appoggiare il popolo palestinese e i suoi diritti “ prima che sia troppo tardi”.

Elayyan ha aggiunto che Trump ha dato “semaforo verde al governo israeliano per continuare nell’attività di colonizzazione e di aggressione nei confronti del popolo palestinese” e ha sottolineato che gli Stati Uniti saranno responsabili di qualunque “situazione esplosiva” nella regione.

Il popolo palestinese continuerà la propria lotta per la libertà e la democrazia” ha detto.

Nel frattempo il responsabile della comunicazione del movimento Fatah, Nasser al-Qudwa, ha detto che “respingere la soluzione a due Stati significa respingere il processo di pace” e ha sottolineato che qualunque alternativa provocherebbe “un confronto doloroso e sanguinoso”.

Egli ha anche detto che l’abbandono della soluzione a due Stati non comporterà la scomparsa o l’indebolimento dell’idea palestinese per uno Stato indipendente e che quella soluzione a uno Stato unico dove tutti i cittadini avrebbero uguali diritti è “ semplicemente senza senso e impossibile”

Al-Qudwa ha aggiunto che la dirigenza palestinese e Fatah hanno una posizione chiara, sottolineando l’importanza di una presenza nazionale palestinese e della formazione di uno Stato palestinese, osservando che i diritti palestinesi sono “ non negoziabili”.

Il raggruppamento di sinistra Fronte Popolare di Liberazione della Palestina (FPLP) ha scritto in un comunicato che l’incontro Trump-Netanyahu ha segnato “un chiaro punto di svolta per porre fine agli obiettivi dei palestinesi” aggiungendo che il cambiamento di politica costituisce una violazione del diritto internazionale.

Il FPLP ha indicato cinque iniziative che ritiene debbano essere prese per rispondere al recente mutamento della politica statunitense-israeliana: dichiarare una presa di posizione unitaria che respinga la politica statunitense-israeliana; ritirare il riconoscimento [dello Stato] di Israele; organizzare urgentemente un incontro tra tutte le forze nazionaliste e islamiche per stabilire una nuova strategia nazionale da contrapporre alle imminenti sfide e difendere i diritti nazionali; cessare immediatamente il conflitto nazionale palestinese e continuare gli sforzi di tenere una sessione del Consiglio nazionale palestinese; cessare da parte dell’Autorità nazionale palestinese “di creare illusioni” a livello internazionale e  ritirarsi dagli accordi di Oslo.

Intanto mercoledì l’Alta Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e per la Politica di Sicurezza Federica Mogherini ha detto che la UE sosterrà sempre la soluzione a due Stati, aggiungendo che “senza dubbio la nostra ambasciata (italiana) rimarrà a Tel Aviv… e noi siamo ancora dell’opinione che la soluzione sia la coesistenza tra i due Stati: Israele e Palestina”.

Mercoledì il segretario generale dell’Organizzazione della Liberazione della Palestina (OLP) Saeb Erekat ha detto che la soluzione a due Stati era già un compromesso raggiunto con molte difficoltà come base per una pacifica risoluzione del conflitto, e che la proposta alternativa israeliana equivarrebbe a una soluzione di apartheid.

Contrariamente al disegno di Netanyahu di un solo Stato con due sistemi, [cioè] l’apartheid, l’unica alternativa a due Stati democratici e sovrani con i confini del 1967 è un solo Stato laico e democratico con uguali diritti per ognuno, cristiani, musulmani ed ebrei su tutta la Palestina storica,” ha detto Erekat.

(traduzione di Carlo Tagliacozzo)




Fare tanto clamore per avere l’approvazione di Israele: le promesse elettorali di Trump lo perseguiteranno

Maan News Agency 31 gennaio 2017

 Ramzy Baroud

Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump promette che sarà favorevole ad Israele sotto ogni aspetto.

Io sono la cosa migliore che potrebbe mai accadere ad Israele”, si era vantato al Forum Presidenziale della Coalizione Ebraica Repubblicana a Washington DC, nel dicembre 2015.

Quando nel maggio 2016 il candidato repubblicano alla presidenza si è impegnato alla ‘neutralità’ tra palestinesi ed israeliani,

per un momento è sembrato che Trump rivedesse il suo appoggio incondizionato ad Israele.

Vorrei essere un uomo un po’ neutrale”, ha detto durante un incontro nella sala municipale della MSNBC (canale televisivo statunitense, ndtr.).

Da allora, questa posizione è stata superata dalla retorica più reazionaria, a cominciare, il mese seguente, dal discorso tenuto alla conferenza della lobby israeliana (AIPAC).

Quanto a Israele, le sue aspettative riguardo al Presidente USA sono molto chiare: sostegno incondizionato sul piano finanziario e militare, carta bianca all’espansione delle colonie illegali a Gerusalemme est occupata e in Cisgiordania e la fine di ogni forma di ‘pressione’ politica intesa a risuscitare il cosiddetto ‘processo di pace’.

Non che Trump avesse alcun dubbio circa queste aspettative. La vera sfida era che la sua principale rivale, Hillary Clinton, era un’ardente sostenitrice di Israele come nessun altro prima.

Era assolutamente sfrontata nell’adulare la lobby filoisraeliana. Riflettendo sulla morte dell’ex Presidente di Israele Shimon Peres, ha detto ai leader ebrei: “Quando lui parlava, per me era come ascoltare un salmo e adoravo sedermi ad ascoltarlo, sia che parlasse di Israele, la nazione che amava ed aveva fatto tanto per difendere, o che parlasse della pace o semplicemente della vita stessa.”

Ha promesso loro di “proteggere Israele dalla delegittimazione”, come scrive il quotidiano israeliano Haaretz – intendendo con ‘delegittimazione’ i tentativi dei gruppi della società civile in tutto il mondo di boicottare Israele a causa del suo mancato rispetto delle leggi internazionali e dei diritti dei palestinesi sotto occupazione.

Questo era il panorama politico in cui Trump, fondamentalmente un uomo d’affari e non un politico, doveva muoversi. In un impeto di mosse affrettate ha accettato di concedere ad Israele ciò che voleva, ma è andato anche al di là di quanto avesse fatto nessun altro presidente USA nella storia contemporanea, promettendo di trasferire l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme.

In quel momento è stata una mossa intelligente, sufficiente a contrastare le profferte d’amore della Clinton a Israele ed a fare di Trump il beniamino della destra politica israeliana, che attualmente controlla il governo.

Le conseguenze di quella promessa, se realizzata, comunque si dimostreranno molto costose.

Se Trump proseguirà su questa strada, è probabile che scatenerà il caos in una regione già instabile.

La mossa, che ora a quanto pare è “allo stadio iniziale”, non è semplicemente simbolica, come riferito da qualcuno nei principali media occidentali.

Trump, noto per il suo carattere impulsivo, sta minacciando di eliminare anche il minimo senso comune che storicamente ha governato la politica estera americana in Medio Oriente.

Gerusalemme è stata occupata in due diverse fasi storiche, prima dalle milizie sioniste nel 1948, poi dall’esercito israeliano nel 1967.

Avendo compreso la centralità di Gerusalemme per l’intera regione, i colonialisti britannici, che avevano ricevuto un mandato sulla Palestina dalla Società delle Nazioni nel 1922, erano favorevoli a che Gerusalemme rimanesse sotto protezione internazionale.

Comunque Israele si è impadronito della città con la forza, appellandosi ad un’ interpretazione a proprio vantaggio del testo biblico, che designerebbe Gerusalemme capitale ‘eterna’ del popolo ebreo.

Per lo sgomento della comunità internazionale, che ha sempre rifiutato e condannato l’occupazione israeliana, nel 1980 Israele ha annesso ufficialmente Gerusalemme, in violazione delle leggi internazionali.

Anche i paesi considerati alleati di Israele – compresi gli Stati Uniti – sono contrari alla sovranità israeliana su Gerusalemme e respingono l’invito di Israele a spostare le loro ambasciate da Tel Aviv alla città illegalmente occupata.

Inoltre, dal 1995, la posizione degli Stati Uniti ha oscillato tra quella storicamente filoisraeliana del Congresso e quella egualmente filoisraeliana, ma più pragmatica, della Casa Bianca.

Nell’ottobre 1995 il Congresso statunitense ha approvato il Jerusalem Embassy Act, con maggioranza schiacciante sia alla camera che al senato. Esso definiva Gerusalemme capitale indivisa di Israele e sollecitava il Dipartimento di Stato a spostare l’ambasciata a Gerusalemme.

Le amministrazioni USA dei Presidenti Bill Clinton, George W. Bush e Barack Obama hanno firmato una deroga presidenziale che ha rinviato di volta in volta di sei mesi la decisione del Congresso.

L’ultima volta la deroga è stata firmata dall’ex Presidente Obama il 1° dicembre 2016.

Adesso l’opportunista magnate del settore immobiliare fa il suo ingresso alla Casa Bianca con un allarmante programma che appare identico a quello dell’attuale governo israeliano di destra e ultranazionalista.

Siamo arrivati al punto che i rappresentanti dei due paesi potrebbero quasi scambiarsi il posto”, ha scritto sul New Yorker il professore palestinese Rashid Khalidi.

Questo avviene nel peggior momento possibile, in cui nel parlamento israeliano stanno saltando fuori nuove leggi per annettere anche le colonie ebree considerate illegali dagli stessi criteri israeliani e per eliminare ogni restrizione alla costruzione ed espansione di nuove colonie.

Nel corso di soli pochi giorni dall’insediamento di Trump, il governo israeliano ha ordinato la costruzione di migliaia di nuove unità abitative nella Gerusalemme occupata.

Persino i tradizionali alleati di Stati Uniti ed Israele sono allarmati dalle fosche prospettive aperte dalla nascente alleanza tra Trump ed Israele. Parlando alla conferenza di pace di Parigi il 15 gennaio, il ministro degli esteri francese Jean-Marc Ayrault ha avvertito Trump circa le “conseguenze molto gravi” che si prospettano nel caso che l’ambasciata USA venga effettivamente trasferita a Gerusalemme.

Palestinesi ed arabi capiscono che il trasferimento dell’ambasciata, lungi dall’essere una mossa simbolica, concede carta bianca per completare l’occupazione israeliana della città – inclusi i suoi luoghi santi – e portare a termine la pulizia etnica dei palestinesi musulmani e cristiani.

L’azzardo dell’amministrazione Trump di trasferire l’ambasciata USA probabilmente innescherà un incendio politico in Palestina e nel Medio Oriente con esiti terribili ed irreversibili.

Se si considera il significato che riveste Gerusalemme per i musulmani ed i cristiani palestinesi e per centinaia di milioni di fedeli in tutto il mondo, Trump potrebbe certamente accendere una polveriera che farebbe ulteriormente deragliare la sua presidenza già in difficoltà.

In una recente intervista a Fox News Trump ha ripetuto il frusto ritornello di come è stato trattato “male” Israele e che le relazioni tra Washington e Tel Aviv sono state “risanate”.

Ma poi si è rifiutato di parlare del trasferimento dell’ambasciata perché “è troppo presto”.

Potrebbe essere il suo modo di fare marcia indietro per evitare una crisi. E’ una posizione di profilo più basso rispetto a quella della sua principale consigliera, Kellyanne Conway, che aveva recentemente affermato che il trasferimento dell’ambasciata era “una priorità molto importante”.

Anche se il trasferimento dell’ambasciata venisse rinviato, il danno rimarrà, in quanto le colonie ebree stanno aumentando esponenzialmente, compromettendo in tal modo lo status della città.

Il fatto è che l’assenza di una chiara politica estera da parte di Trump che tenda a creare stabilità – non fatta di decisioni precipitose per ottenere il consenso della lobby – è una strategia politica pericolosa.

Vuole ribaltare l’eredità del suo predecessore, ma non ne ha una sua, il che è proprio la formula necessaria a fomentare nuova violenza ed a precipitare ancor più nel baratro una regione già instabile.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale dell’Agenzia Ma’an News.

Ramzy Baroud è un giornalista internazionalmente accreditato, scrittore e fondatore di PalestineChronicle.com. Il suo ultimo libro è ‘Mio padre era un combattente per la libertà: storia non raccontata di Gaza’.

(Traduzione di Cristiana Cavagna)




Centinaia di persone in Israele e nei territori palestinesi occupati denunciano l’incursione mortale a Umm al-Hiran

19 gennaio 2017 Ma’an News

Betlemme (Ma’an) – Mercoledì cittadini palestinesi con cittadinanza israeliana e loro sostenitori sono scesi in strada in Israele e nei territori palestinesi occupati per protestare contro un attacco per espellere una comunità beduina nel Negev, che si è trasformato in omicida ieri nelle prime ore del giorno, con la morte in circostanze controverse di un cittadino palestinese con cittadinanza israeliana e di un ufficiale di polizia israeliano.

Centinaia di dimostranti si sono riuniti a Umm al-Hiran, dove il residente beduino Yaqoub Moussa Abu al-Qian, di 47 anni, è stato colpito a morte da un poliziotto israeliano, che ha sostenuto che l’insegnante di matematica stava perpetrando un attacco con l’auto che ha ucciso l’ufficiale di polizia Erez Levi, di 34 anni.

Tuttavia numerosi testimoni e dirigenti palestinesi con cittadinanza israeliana hanno messo in dubbio la versione dei fatti delle forze di sicurezza israeliane, sostenendo che i poliziotti hanno aperto il fuoco su Abu al-Qian benché non rappresentasse un pericolo, causando il fatto che abbia perso il controllo del veicolo e abbia disgraziatamente investito Levi. Il parlamentare della Knesset Ayman Odeh, capo della Lista Unitaria, che rappresenta partiti guidati da palestinesi con cittadinanza israeliana, è stato ferito alla testa e alla schiena durante l’incursione, benché ci siano versioni contrastanti tra testimoni e poliziotti su come sia rimasto ferito e da chi.

In seguito all’attacco mortale l’Alto Comitato di Controllo per i cittadini arabi di Israele, una commissione del parlamento israeliano, la Knesset, ha dichiarato tre giorni di lutto nelle cittadine e nei villaggi israeliani a maggioranza palestinese.

Il comitato ha anche fatto appello ai cittadini palestinesi di Israele per lanciare uno sciopero generale giovedì [19 gennaio], ed agli insegnanti per discutere dei recenti fatti di Umm al-Hiran con gli studenti.

Si sono tenute manifestazioni in altre città israeliane a maggioranza di popolazione palestinese, come Yaffa, Qalanswane, Shifa Amr, Baqa al-Gharbiya, Sakhnin e Umm al-Fahm, in cui i dimostranti sventolavano bandiere palestinesi e gridavano slogan contro quelle che denunciavano come politiche ‘razziste’ israeliane.

Il gruppo israeliano per i diritti umani Gush Shalom ha informato che ci sono state manifestazioni anche a Gerusalemme, Haifa e Acre, in cui risiedono folte comunità palestinesi, così come in numerose università.

Secondo Gush Shalom, durante un raduno a Tel Aviv il membro della Knesset e cittadino palestinese di Israele Issawi Freij ha condannato l’incremento di demolizioni di case e la violenza della polizia che prende di mira i cittadini palestinesi di Israele.

Freij ha sostenuto che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha incrementato queste politiche nel tentativo di distrarre l’opinione pubblica israeliana dalle continue indagini a suo carico per corruzione.

“Il primo ministro vuole individuare un nemico su cui i suoi elettori possano sfogare la loro rabbia,” ha detto Freij a centinaia di dimostranti. “Questo nemico che il primo ministro ha preso di mira e stigmatizzato sono io, un cittadino arabo dello Stato di Israele e membro del parlamento israeliano, insieme a tutti i miei concittadini arabi, un totale del 20% dei cittadini di Israele. Dobbiamo essere i capri espiatori!”

Gush Shalom ha riferito che a Tel Aviv i manifestanti hanno gridato slogan come “Ebrei e arabi rifiutano di essere nemici” e “Netanyahu è pericoloso, corrotto e razzista.”

La deputata della Knesset Aida Touma-Sleiman, citata dal “Times of Israel” [giornale israeliano senza indipendente online. Ndtr.], avrebbe detto che una protesta più ampia è stata organizzata davanti alla Knesset a Gerusalemme per lunedì [23 gennaio] mattina.

Nel contempo nella Striscia di Gaza assediata, il movimento Hamas ha organizzato un corteo nel campo di rifugiati di Jabaliya per condannare l’evacuazione forzata di Umm al-Hiran.

Il dirigente di Hamas Muhammad Abu Askar ha detto che il movimento solidarizza con tutto il popolo palestinese, compresi gli abitanti di Umm al-Hiran, nonostante tutti i problemi che attualmente sta affrontando la Striscia di Gaza. L’ agenzia di stampa Quds ha riferito che anche a Ramallah, nella Cisgiordania occupata, i palestinesi sono scesi in strada per appoggiare Umm al-Hiran e per denunciare l’uccisione di Abu al-Qian.

Intanto giovedì i deputati della Lista Unitaria Ahmad Tibi e Usama Saadi hanno presentato alla Knesset un nuovo disegno di legge che propone il congelamento per dieci anni della demolizione di case costruite da palestinesi in Israele senza permessi rilasciati dal governo per organizzare un piano regolatore e di sviluppo complessivo.

“Non è un caso che ci siano decine di migliaia di case colpite da ordini di demolizione ” nelle comunità palestinesi di Israele, ha detto Tibi a Radio Israel. “Non è un fatto genetico. Non ci sono piani di sviluppo, né piani regolatori, nessuna crescita.”

Gruppi per i diritti hanno da lungo tempo sostenuto che le demolizioni nei villaggi beduini non riconosciuti da Israele sono una politica fondamentalmente tesa a togliere di mezzo la popolazione indigena palestinese dal Negev e a trasferirla in township [nome delle città per neri nel Sudafrica dell’apartheid. Ndtr.] definite dal governo per fare spazio all’espansione delle comunità di ebrei israeliani.

All’inizio del corrente mese, le forze israeliane hanno anche demolito 11 case di proprietà di cittadini palestinesi di Israele nella città di Qalansawe, nel centro di Israele, provocando scontri tra i palestinesi e la polizia israeliana, mentre Amnesty International Israele ha condannato possibili violazioni dei diritti umani ed ha accusato le forze israeliane di agire per “motivazioni politiche”.

Intanto mercoledì Netanyahu ha emesso un comunicato piangendo la morte del poliziotto israeliano, definendo l’incidente un “attacco con un veicolo” premeditato e parte di una “minaccia omicida”, in quanto la polizia israeliana ha affermato che Abu al-Qian era un sostenitore del cosiddetto Stato Islamico.

Il primo ministro ha scartato la possibilità di congelare le demolizioni nelle comunità palestinesi in Israele. “Lo Stato di Israele è, soprattutto, uno Stato di diritto, in cui ci sarà un’applicazione equa. Questo incidente non solo non ci fermerà, ma ci rafforzerà. Consoliderà la nostra determinazione ad applicare la legge ovunque,” ha affermato.

Con un’allusione appena velata ai parlamentari della Lista Unitaria, Netanyahu ha continuato esortando “chiunque, soprattutto se membro della Knesset, ad essere responsabile, a smetterla di alimentare l’animosità e di incitare alla violenza.”

Secondo il Jerusalem Post, mercoledì anche il ministro della Giustizia Ayelet Shaked [del partito di estrema destra “Casa Ebraica”. Ndtr.] ha accusato i deputati della Lista Unitaria di incitare alla violenza.

Tuttavia, gruppi per i diritti umani come “Coesistenza del Negev”, il “Forum per l’Uguaglianza Civile” e la “Coalizione delle Donne per la Pace”, che hanno contribuito ad organizzare le proteste di mercoledì in Israele, attribuiscono la responsabilità della violenza mortale direttamente al governo israeliano.

“La responsabilità diretta per l’odierna escalation pericolosa e per lo spargimento di sangue nel villaggio di Umm al-Hiran nel Negev ricade su coloro che hanno preso la decisione di distruggere un villaggio beduino esistito per decenni, raderlo totalmente al suolo e cancellarlo dalla faccia della terra, di espellere gli abitanti e creare una “comunità” ebraica al suo posto,” hanno affermato i gruppi, citati da Gush Shalom.

Sarah Leah Whitson, direttrice esecutiva del ramo per il Medio Oriente dell’ong Human Rights Watch (HRW) ha detto che gli avvenimenti di Umm al-Hiran hanno seguito “una modalità d’azione che prevede l’uso eccessivo della forza da parte della polizia israeliana.”

“Come in Cisgiordania, Israele discrimina i beduini e i palestinesi in generale all’interno dei propri confini nelle sue politiche di pianificazione, che intendono massimizzare il controllo della terra per le comunità ebraiche. Israele dovrebbe fare un’inchiesta sulle uccisioni, obbligare i responsabili a risponderne e rinunciare al progetto discriminatorio di radere al suolo Umm al-Hiran.”

(traduzione di Amedeo Rossi)




Analisi: un colpo di fortuna insperato? La presidenza Trump potrebbe essere un bene per la Palestina

4 gennaio 2017, Maannews
di Ramzy Baroud
Israele ha le vertigini. Il 20 gennaio ci sarà una specie di secondo natale e Donald Trump è un gioviale vecchio Babbo Natale che porterà doni.

Tutto è già scritto, dal momento che il presidente eletto Trump ha nominato, come prossimo ambasciatore degli Stati Uniti in Israele, un estremista, David Friedman, che ha intenzione di trasferire l’ambasciata USA da Tel Aviv a Gerusalemme e appoggia l’espansione delle colonie illegali che hanno già frantumato l’ipotetico stato di Palestina in bantustan di tipo sudafricano.

Quindi deve suonare strano, se non assolutamente provocatorio, insinuare che una presidenza Trump potrebbe essere il colpo di grazia di cui i palestinesi, e di fatto l’intero Medio Oriente, hanno bisogno per liberarsi del peso di una politica estera americana autoritaria, arrogante e futile che è durata per decenni.

Senza dubbio una presidenza Trump è palesemente terribile per i palestinesi nel breve termine. Il personaggio non prova nemmeno a mostrare la minima imparzialità o un’ombra di equilibrio nel suo approccio al più duraturo e delicato conflitto del Medio Oriente.

Secondo il flusso quasi ininterrotto dei suoi tweets, Trump sta contando i giorni fino a quando potrà mostrare ai leaders israeliani quanto filo-israeliana sarà la sua amministrazione. Poco dopo che gli Stati Uniti il 23 dicembre si sono astenuti dal voto sulla Risoluzione 2334 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che ha condannato le illegali colonie israeliane, il presidente eletto ha twittato: “Per quanto riguarda l’ONU, le cose cambieranno dopo il 20 gennaio.”

Trump è di nuovo ricorso a Twitter, poco dopo che John Kerry ha pronunciato un importante discorso politico sul conflitto israelo-palestinese, in cui il segretario di stato ha rimproverato Israele di compromettere la soluzione dei due stati ed ha definito l’attuale governo di Benjamin Netanyahu il più a destra della storia di Israele.

Nella sua replica Trump ha invitato Israele a “tener duro” fino al suo insediamento il 20 gennaio. Anche i leaders israeliani guardano a quella data, quelli del calibro di Naftali Bennett, capo del partito estremista Casa Ebraica, si attendono una ‘riconfigurazione’ delle relazioni tra Israele e Stati Uniti, una volta che Trump sarà presidente.

Inoltre Bennett, che è anche il ministro dell’educazione di Israele, lo scorso novembre ha dichiarato ai giornalisti: “Abbiamo l’opportunità di reimpostare la struttura di tutto il Medio Oriente, dobbiamo cogliere questa opportunità e sfruttarla.”

Una delle imminenti opportunità offerte dalla presidenza Trump, ha detto Bennett, è che “l’epoca dello stato palestinese è tramontata.”

Certo, Kerry ha ragione; l’attuale governo israeliano è il più di destra ed il più estremista, una prospettiva destinata a non cambiare presto, dato che riflette fedelmente il clima politico e sociale del paese.

Leggete come ha risposto Bennett al discorso di Kerry.

Kerry mi ha citato tre volte nel suo discorso, senza nominarmi, per dimostrare che noi siamo contrari ad uno stato palestinese”, ha detto, “perciò lasciatemelo dire esplicitamente: sì. Se dipendesse da me, non creeremo un altro stato terrorista nel cuore del nostro paese.”

All’insistenza di Kerry sul fatto che Gerusalemme dovrebbe essere la capitale sia di Israele che della Palestina, Bennett ha risposto: “Gerusalemme è stata la capitale degli ebrei per 3.000 anni. Sta scritto nella Bibbia, apritela e leggetela.”

La presa del fanatismo religioso sulla politica di Israele è irreversibile, quanto meno nel futuro prevedibile. Mentre nel passato i politici ebrei laici utilizzavano i precetti religiosi per attrarre i fedeli ebrei in cambio dei loro voti e per popolare le colonie illegali, adesso sono i gruppi religiosi che stabiliscono i criteri delle principali politiche israeliane.

E allora come può tutto questo essere un bene per i palestinesi? In parole povere: la chiarezza.

Da quando funzionari statunitensi di medio livello hanno accettato di incontrare una delegazione dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) in Tunisia alla fine degli anni ’80, gli Stati Uniti hanno scelto un cammino piuttosto inverosimile per fare la pace. Subito dopo che gli Stati Uniti hanno “reclutato” con riluttanza l’OLP – una volta che quest’ultima ha dovuto superare mille ostacoli politici per ottenere un cenno di assenso americano – sono rimasti gli unici a definire che cosa comportasse la “pace” tra Israele ed i suoi vicini palestinesi ed arabi.

La Casa Bianca ha stabilito i parametri del “processo di pace”, ha costretto in parecchie occasioni gli arabi ad approvare qualunque “visione” della pace gli Stati Uniti ritenessero conveniente ed hanno diviso gli arabi tra ‘moderati’ e ‘radicali’, basandosi esclusivamente su come un determinato paese avrebbe recepito i dettami di ‘pace’ degli USA nella regione.

Senza alcun mandato, gli Stati Uniti si sono auto-nominati ‘ un onesto intermediario per la pace’, ed hanno fatto di tutto per compromettere il rispetto di quegli stessi parametri che avevano posto per raggiungere la supposta pace. Mentre arrivava a definire la costruzione delle colonie illegali israeliane un ‘ostacolo alla pace’, Washington finanziava le colonie e l’esercito di occupazione incaricato di proteggere quelle entità illegali; faceva appello a ‘costruire la fiducia’ mentre, nello stesso tempo, finanziava l’esercito israeliano e giustificava le guerre di Israele a Gaza e la sua eccessiva violenza nella Cisgiordania e a Gerusalemme occupate.

In altri termini, per decenni, gli Stati Uniti hanno fatto esattamente il contrario di ciò che predicavano pubblicamente.

La schizofrenia politica americana sta toccando il suo massimo in questo momento. Mentre Obama ha osato fare una cosa incredibile a dicembre – quando si è astenuto dal voto su una risoluzione che chiedeva ad Israele di porre fine alle sue colonie illegali in Cisgiordania – solo poche settimane prima ha concesso ad Israele “ il più cospicuo finanziamento militare nella storia.”

Nel corso degli anni il cieco appoggio americano ad Israele ha accresciuto le aspettative di quest’ultimo al punto che adesso prevede che il sostegno continui, anche quando Israele è governato da estremisti che stanno ulteriormente destabilizzando una regione già fragile ed instabile. Nella logica israeliana queste aspettative sono del tutto razionali.

Gli Stati Uniti hanno svolto la funzione di facilitatori dell’aggressività politica e militare israeliana, tenendo buoni i palestinesi e gli arabi con vuote promesse, a volte con minacce, elemosine e semplici parole.

I cosiddetti ‘palestinesi moderati’, del genere di Mahmoud Abbas e della sua Autorità Nazionale Palestinese, sono stati debitamente rabboniti, certo, perché hanno ottenuto i privilegi del ‘potere’, insieme al riconoscimento politico statunitense, permettendo intanto ad Israele di conquistare tutto ciò che rimaneva della Palestina.

Ma quel tempo è certamente finito. Finché gli USA continueranno a permettere l’intransigenza di Israele, una presidenza Trump probabilmente segnerà un totale abbandono del linguaggio ambiguo di Washington.

Il male non sarà più un bene, ciò che è sbagliato non è giusto e il militarismo non è fare la pace. Di fatto, Trump è destinato a mostrare la politica estera americana per quello che veramente è ed è stata per decenni. La sua presidenza probabilmente porrà tutte le parti in causa di fronte ad una difficile scelta su dove collocarsi riguardo alla pace, alla giustizia e ai diritti umani.

Anche i palestinesi dovranno fare una scelta, affrontare la realtà durata decenni con un fronte unito, oppure schierarsi al fianco di coloro che intendono ‘ riconfigurare’ il futuro del Medio Oriente sulla base di una fosca interpretazione delle profezie bibliche.

Ramzy Baroud è un giornalista accreditato internazionalmente, scrittore e fondatore di PalestineChronicle.com. Il suo ultimo libro è ‘Mio padre era un combattente per la libertà: storia non raccontata di Gaza.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale dell’Agenzia Ma’an News.

(Traduzione di Cristiana Cavagna)




La palestina nel 2017: è tempo di dire addio a Washington e di abbracciare il mondo

Ramzy Baroud – 29 dicembre 2016, Ma’an News

Non ci sono dubbi che la condanna del Consiglio di Sicurezza dell’ONU ad Israele venerdì 23 dicembre sia stato un evento importante e degno di nota.

E’ vero, i principali organi delle Nazioni Unite (il Consiglio di Sicurezza e l’assemblea generale) e le sue

varie istituzioni, dalla Corte Internazionale di Giustizia all’agenzia ONU per la cultura, l’UNESCO, hanno ripetutamente condannato l’occupazione israeliana, le colonie ebraiche illegali e i soprusi contro i palestinesi. Nei fatti, a differenza della risoluzione 2334 del 23 dicembre, le precedenti condanne ONU sono state molto più forti – in quanto alcune risoluzioni non solo hanno chiesto un immediato blocco della costruzione di colonie ebraiche illegali, ma anche la rimozione di quelle esistenti.

Ci sono oltre 196 insediamenti illegali sul territorio palestinese occupato, oltre a centinaia di avamposti dei coloni. Questi insediamenti ospitano oltre 600.000 coloni ebrei, che si sono installati lì in violazione delle leggi internazionali e, in particolare, della Quarta Convenzione di Ginevra.

Ma cosa rende importante questa specifica risoluzione?

In primo luogo, gli USA non hanno posto il veto sulla risoluzione né hanno minacciato di farlo; non hanno neppure fatto seriamente pressioni, come hanno fatto spesso in precedenza per rendere più morbido il testo.

Secondo, è la prima condanna decisa e chiara di Israele da parte del Consiglio di Sicurezza dell’ONU in quasi otto anni – circa l’intero periodo del mandato del presidente Barak Obama.

Terzo, il voto ha avuto luogo nonostante le eccezionali pressioni israeliane sull’attuale amministrazione USA, su quella di Donald Trump che sta per iniziare e quelle che hanno avuto successo sul presidente egiziano, Abdul Fatah al-Sisi. Infatti l’Egitto ha rimandato il voto, previsto per il giorno precedente, prima che Nuova Zelanda, Senegal, Malaysia e Venezuela accellerassero e portassero al voto la risoluzione il giorno successivo.

Senza dubbio la risoluzione ONU – come tutte le altre – rimane alquanto simbolica finché non ci sono dei meccanismi concreti per garantire il rispetto delle leggi internazionali.

Non solo Israele non rispetta la volontà delle Nazioni Unite, ma nei fatti sta accelerando le attività di colonizzazione nella zona di Gerusalemme, sfidando questa decisione.

Mentre i membri del Consiglio di Sicurezza stavano preparando per il voto sull’ “invalidità legale” delle colonie ebraiche, il Comune di Gerusalemme ha annunciato che 300 unità abitative saranno costruite nelle colonie illegali di Ramat Shlomo, Ramot e Bit Hanina.

D’altra parte l’Autorità Nazionale Palestinese sta già festeggiando un’altra “vittoria” simbolica, che è stata prontamente venduta ai palestinesi, per niente entusiasti, come un passo fondamentale verso la loro libertà e verso uno Stato indipendente. La risoluzione ONU è stata certo desiderosa di garantire che l’illusione dei due Stati sia ulteriormente perpetuata, che è tutto ciò di cui la leadership di Mahmoud Abbas aveva bisogno per insistere su un miraggio irraggiungibile.

Tenendo conto di tutto ciò, c’è una lezione – e una lezione importante – che si deve trarre a questo punto: senza il sostengo degli USA, Israele, con tutta la sua potenza, è decisamente vulnerabile e isolato nell’arena internazionale. Il risultato della votazione è stato piuttosto eloquente: i 14 membri del Consiglio di Sicurezza hanno votato “sì”, mentre gli USA si sono astenuti. Il voto è stato seguito da un raro spettacolo in simili consessi, un prolungato applauso, in cui Paesi che difficilmente si trovano d’accordo tra loro hanno concordato con convinzione sulla giustezza delle aspirazioni palestinesi e sul rifiuto del modo di agire di Israele.

Pensateci per un momento: i continui sforzi di Israele e degli USA per intimidire, forzare e imbrogliare i membri dell’ONU in modo da tener fuori la comunità internazionale dal conflitto israelo-palestinese, sono completamente falliti. E’ bastata una semplice astensione USA dal voto per mettere in luce l’unanimità internazionale ancora solida riguardo alle azioni illegali di Israele in Palestina.

In un emblematico segnale di speranza, la votazione chiude il 2016, che è stato molto duro per i palestinesi. Centinaia di palestinesi sono stati uccisi durante quest’anno durante scontri a Gerusalemme, in Cisgiordania e a Gaza; centinaia di case sono state parzialmente o totalmente demolite e danneggiate; migliaia di ettari di terra sono stati confiscati da Israele, e innumerevoli alberi di olivo divelti.

Il prossimo anno difficilmente promette di essere migliore, in quanto la nuova amministrazione USA di Trump presenta tutti i requisiti che suggeriscono il fatto che il sostegno USA a Israele rimarrà saldo, se non prenderà una piega ancora più terrificante.

Friedman [nuovo ambasciatore americano in Israele nominato da Trump ed eslicitamente favorevole alle colonie. Ndtr.] e quelli come lui non tengono in alcuna considerazione le leggi internazionali né hanno rispetto per l’attuale politica estera USA riguardo all’occupazione israeliana, all’illegalità delle colonie (considerate un “ostacolo per la pace” da varie amministrazioni) e sono pronti a spostare l’ambasciata USA da Tel Aviv a Gerusalemme.

Tutto ciò è inquietante, e la risoluzione appena approvata non deve illudere che le cose stiano cambiando.

Nondimeno c’è una speranza.

La risoluzione è un’ulteriore affermazione che la comunità internazionale è incondizionatamente dalla parte dei palestinesi e, nonostante tutti i fallimenti del passato, invoca ancora il rispetto delle leggi internazionali. Questo monito avviene nel momento in cui il movimento per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni (BDS) si sta rafforzando, galvanizzando la società civile, i campus e i sindacati in tutto il mondo per prendere posizione contro l’occupazione israeliana.

Mentre i diritti dei palestinesi non registrano minimamente l’attenzione degli interessi della politica estera USA (che vede la sua alleanza con un forte Israele come molto più importante delle necessità dei Paesi arabi disuniti), i palestinesi possono ancora forgiare una nuova strategia fondata sul forte sostegno che continuano a raccogliere nel resto del mondo.

Israele può essere incolpato di molte cose, ma anche i palestinesi hanno buona parte della responsabilità per la loro divisione, le lotte intestine e la corruzione.

Non si possono aspettare che i loro sforzi, per quanto sinceri, producano libertà e liberazione quando sono incapaci di formare un fronte unitario.

Ciò dovrebbe essere fatto riorganizzando l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) e riunendo tutte le fazioni palestinesi sotto un’unica piattaforma politica che soddisfi le aspirazioni di tutti i palestinesi, in patria e nella “Shattat” (diaspora).

La dirigenza palestinese deve capire che l’epoca dell’inconcludente egemonia USA è finita. Non più vuote promesse di pace ed elemosina per l’ANP, mentre veniva finanziato l’esercito israeliano e sostenuto politicamente Israele. La prossima amministrazione è totalmente filo-israeliana.

Questa deve essere la chiarezza di cui i palestinesi hanno bisogno per comprendere che richieste ed implorazioni per ottenere la compassione degli americani non saranno più sufficienti.

Se una dirigenza palestinese unitaria non approfitta dell’opportunità e non riprende l’iniziativa nel 2017, tutti i palestinesi ne soffriranno.

E’ ora di allontanarsi da Washington e di abbracciare il resto del mondo.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale dell’agenzia Ma’an News.

(traduzione di Amedeo Rossi)

 




“Un’atmosfera di paura”: l’aumento delle operazioni dell’esercito israeliano preoccupa il campo profughi di Aida

di Chloe Benoist

11 dicembre 2016, Ma’an News

Betlemme (Ma’an) – In un freddo pomeriggio di lunedì, un gruppo di quattro soldati israeliani stava sul terrazzo di quello che gli abitanti conoscono come l’edificio Cola nel cimitero del campo di rifugiati di Aida, puntando le loro armi contro un gruppo di cinque ragazzi palestinesi, nessuno con più di 11 anni, che sbirciavano da un angolo della strada a circa 50 metri di distanza.

La scena è diventata familiare nel campo di rifugiati nella Cisgiordania occupata, in quanto l’esercito israeliano ha intensificato le azioni militari ad Aida nel corso degli scorsi mesi, creando quella che alcuni abitanti hanno definito una costante “atmosfera di paura”.

Una presenza dell’esercito “praticamente continua”

Aida, abitata da circa 5.500 palestinesi, si trova a nord di Betlemme. Nei pressi del campo si trovano il muro di separazione di Israele, che divide in particolare la Tomba di Rachele dalla popolazione palestinese, e una base militare israeliana.

Il campo ha una lunga storia di manifestazioni contro Israele, anche durante la guerra del 2014 contro Gaza. Tuttavia gli abitanti hanno raccontato a Ma’an che l’esercito israeliano ha notevolmente incrementato l’uso della violenza e gli arresti negli ultimi due o tre mesi, nonostante non ci sia stato un aumento delle proteste o di altre azioni contro l’occupazione israeliana.

” Negli ultimi due mesi le forze israeliane hanno messo sotto controllo la maggior parte della zona,” dice a Ma’an Salah Ajarma, il responsabile del centro Lajee [centro culturale di base palestinese, Ndtr.] di Aida. “Scendono (nel campo) in continuazione e non lo avevamo mai visto prima nella nostra area.”

“(Operazioni militari) sono avvenute ad Aida da quando hanno costruito il muro (di separazione), ma negli ultimi due mesi le azioni di provocazione da parte dei soldati sono diventate molto pericolose,” dice a Ma’an Nidal al-Azza, abitante di Aida e direttore dell’ong BADIL. “Ciò crea un’atmosfera di paura tra la gente.”

Muhammad Abu Srour, un volontario del centro giovanile di Aida, dice a Ma’an che i soldati sono schierati in un certo numero di zone chiave, soprattutto di notte. “Ma anche durante il giorno sparano lacrimogeni, pallottole di metallo ricoperte di gomma e a volte anche proiettili letali”, afferma.

Ajarma sostiene di temere l’uso crescente di armi contro persone e case, affermando che mentre poche persone del posto sono state ferite da pallottole vere negli scorsi mesi, molti sono stati colpiti da proiettili in apparenza meno pericolosi, come pallottole di metallo ricoperte di gomma, o da gas lacrimogeni.

L’ufficio dell’ONU per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA) ha detto a Ma’an di aver registrato ad Aida dal 1 settembre al 28 novembre almeno 43 palestinesi feriti dalle forze israeliane, compresi 14 bambini.

Mentre al-Azza conferma che le forze israeliane hanno usato gas lacrimogeni “ogni giorno”, lui sottolinea che anche l’uso da parte dell’esercito di riflettori nel campo ha un effetto deleterio sulla popolazione. “Di notte le luci arrivano fin dentro le case della gente – sembra di essere di giorno,” afferma. “Ti senti come se stessero seduti con te in casa tua. Non si tratta solo di paura, ti senti a disagio, come se qualcuno ti stesse guardando.”

Il portavoce dell’UNRWA Chris Gunness ha detto a Ma’an che l’agenzia delle Nazioni Unite che fornisce servizi ai rifugiati palestinesi è “preoccupata” per l’incremento dell’uso di munizioni letali da parte dell’esercito israeliano, sottolineando di aver registrato un aumento delle ferite e delle morti provocate da questi proiettili all’interno e nei pressi dei campi di rifugiati palestinesi nel 2016.

“L’ UNRWA continua a denunciare alle autorità competenti questa preoccupazione, così come l’uso spropositato di gas lacrimogeni nel campo densamente abitato di Aida,” ha aggiunto Gunness.

“L’impatto potenziale dell’uso massiccio di gas lacrimogeni sulla salute del personale dell’UNRWA e sulla popolazione del campo, soprattutto sulle persone vulnerabili, comprese donne incinte, anziani e bambini, è inquietante.”

Gunness ha anche affermato che “in numerose occasioni” le munizioni sparate dalle truppe israeliane hanno colpito una scuola e un ufficio dell’UNRWA ad Aida.

Bambini diventati bersagli

Ciò che ha maggiormente allarmato la popolazione di Aida, tuttavia, è il fatto che sempre più spesso l’esercito prende di mira i minori, in quanto sempre più giovani palestinesi del campo, alcuni di soli 12 anni, sono stati arrestati.

“Circa sei mesi fa l’esercito ha iniziato ad arrestare ragazzi di 16-17 anni. Tre mesi fa, hanno iniziato ad arrestare bambini,” ricorda Abu Srour. “Erano soliti arrestare uno o due bambini ogni due settimane circa, ma recentemente hanno cominciato ad arrestare più bambini in un periodo di tempo più breve.”

In ottobre forze israeliane in borghese travestite da turisti hanno picchiato ed arrestato otto minorenni che si erano riuniti nei pressi della “Chiave” – il cancello simbolo di Aida che si trova nei pressi della base militare israeliana.

“Ero alla finestra quando le forze in borghese sono saltate fuori ed hanno iniziato a picchiare un bambino. Pensavo che fosse un genitore che non voleva che suo figlio stesse nella zona perché è pericolosa,” ricorda Umm Muhammad, una residente dell’area. “Ma dopo hanno iniziato a catturare altri bambini, picchiandone due, poi tre. Dopodiché, soldati (in uniforme) sono usciti rapidamente dalla base militare.”

Solo più tardi Umm Muhammad ha scoperto che nell’incursione erano stati arrestati Mohammad, il figlio sedicenne, e il nipote disabile quattordicenne, Adam. “Non ci saremmo mai aspettati che potesse capitare a noi,” dice.

“Soldati in abiti civili sono arrivati da tre diverse direzioni, ” afferma Abu Srour, che ha assistito all’incidente. “I ragazzini non stavano protestando o facendo qualcosa, stavano solo seduti lì. I soldati sono arrivati ed hanno iniziato a picchiarli, a sbatterli contro il muro e ad arrestarli.”

Umm Muhammad dice di aver potuto visitare suo figlio in carcere per la prima volta il 4 dicembre, circa due mesi dopo che era stato arrestato, aggiungendo che stava bene, ma che il personale della prigione aveva respinto la sua richiesta di avere degli occhiali per ovviare alla sua miopia.

Secondo il padre di Mohammed, i minori rischiano di essere condannati a una pena da otto a dieci mesi di prigione e a un’ammenda di 2.000 shekel (circa 500 €) per aver lanciato pietre.

Abu Srour stima che tra i 30 e i 35 giovani di Aida di un’età compresa tra i 12 e i 17 anni sono stati imprigionati da Israele fino a fine novembre.

Da parte sua l’OCHA ha detto a Ma’an che almeno 35 palestinesi sono stati arrestati ad Aida tra il primo settembre e il 28 novembre.

“Siamo spaventati”

La gente del posto deve adeguare la propria vita quotidiana all’aumentata presenza dell’esercito, in quanto, come molti hanno detto, ha inciso sulla loro libertà di movimento così come sulla loro salute psicologica.

“Vivo in questa zona (nei pressi del muro) ed ero solito usare (l’ingresso principale nei pressi del cimitero) per uscire dal campo, ma ora non più,” dice Abu Srour. “Quando torno di notte passo da un’altra parte perché è pericoloso.”

Abu Srour ha inoltre affermato che la situazione ha danneggiato le aziende nella zona, che hanno dovuto chiudere durante le incursioni, e che alcune famiglie hanno anche iniziato ad aver paura di lasciare i propri figli giocare nell’unico parco giochi del campo a causa della sua vicinanza con la base militare.

Maya al-Orzza, una ricercatrice giuridica di BADIL che inoltre vive ad Aida, ha detto a Ma’an di aver smesso di portare giacche con il cappuccio di notte per non attirare l’attenzione dei soldati, ma che da quel momento è stata infastidita dai soldati israeliani. Alcuni dei suoi amici evitano di accendere le sigarette fuori di casa alla sera, per timore che le forze israeliane possano credere che si tratti di una bottiglia molotov, ha aggiunto al-Orzza.

Nel contempo Umm Muhammad afferma che Shadi, l’altro figlio, di 15 anni, dall’arresto di Muhammad si è chiuso in se stesso.

“Dopo che hanno arrestato suo fratello, è cambiato. Non va più a scuola, ha paura, piange, non dorme,” sostiene.

“Siamo preoccupati per Shadi,” aggiunge, sottolineando che in settembre aveva sofferto di gravi attacchi di asma a causa dell’esposizione a gas lacrimogeni e aveva dovuto stare in casa per due settimane per riprendersi.

“I cani vivono meglio di noi, “afferma Umm Mohammad. “Voglio avere una vita sicura, senza minacce, senza problemi. Voglio avere una vita normale.”

Ajarma sostiene che anche l’uso di forze in borghese vestite da turisti ha avuto conseguenze nel campo, che mantiene stretti rapporti con la comunità degli attivisti internazionali filo-palestinesi.

“E’ molto difficile…ospitiamo molti stranieri, per cui questo incrina la fiducia tra i palestinesi del posto e gli internazionali,” afferma.

Tattiche intimidatorie o l’inizio di una nuova normalità?

Un portavoce dell’esercito israeliano ha detto a Ma’an che hanno “incrementato le operazioni nel campo” a causa delle “attività terroristiche ostili” da parte dei residenti di Aida, come il lancio di pietre o l’uso di bottiglie molotov, che secondo loro ha messo in pericolo i civili israeliani.

L’esercito non ha risposto a ulteriori domande riguardanti quanti israeliani, se ce n’è stato almeno uno, siano stati feriti da settembre, né quanti palestinesi siano stati arrestati ad Aida durante lo stesso periodo.

Gli abitanti di Aida hanno escluso che giovani del posto abbiano tirato più pietre e bottiglie molotov del solito negli ultimi mesi, e si chiedono le ragioni dell’estensione delle attività militari israeliane nella zona.

“Forse vogliono spezzare lo spirito di resistenza della gente,” dice al-Azza. “Vogliono che la nuova generazione cominci a pensare che non vale la pena resistere.”

Nel contempo Abu Srour sostiene che l’esercito sta cercando di provocare una reazione dei giovani del posto per avere un’ulteriore giustificazione per le sue azioni ad Aida.

“A volte sparano (lacrimogeni) per provocare i ragazzini, per iniziare scontri. A volte ci sono pochi ragazzini che tirano pietre lontano dalla Tomba di Rachele. Non colpiscono niente, ma per i soldati questo è un motivo per iniziare a sparare gas lacrimogeni,” sostiene Abu Srour. Sospetta che a volte la noia sia la ragione per cui i soldati israeliani aprono il fuoco.

Tuttavia più preoccupante è la teoria secondo cui la quasi continua presenza militare nel campo possa diventare la nuova normalità.

“Uno dei giovani mi ha parlato del fatto che la stessa cosa è successa anni fa nel campo profughi di Al-Arrub, quando hanno iniziato a fare incursioni nel campo ogni giorno, a sparare gas lacrimogeni e a creare questa atmosfera di paura,” afferma Al-Azza, riferendosi al campo nel distretto di Hebron. “Ora se vai ad al-Arrub, tutti i giorni ci sono checkpoint all’ingresso e gruppi di soldati che pattugliano il campo.”

Ajarma esprime il timore che la situazione di Aida attirerà l’attenzione esterna solo quando degenererà fino a provocare morti.

“Nelle ultime due settimane, quando abbiamo sentito (bottiglie molotov), subito dopo abbiamo sentito (i soldati) sparare pallottole letali” afferma. “Forse uccideranno qualcuno in futuro, ed è di questo che abbiamo paura.”

(traduzione di Amedeo Rossi)

 




Comitato: “Un’enorme maggioranza” di minori palestinesi detenuti da Israele viene “torturata”

Ma’an Agency 18 ottobre 2016

Ramallah.(Ma’an).

Martedì il Comitato Palestinese per le Questioni dei Prigionieri, oltre a denunciare un deciso aumento della carcerazione e dei maltrattamenti da parte di Israele dei ragazzi palestinesi, ha dichiarato che nella “stragrande maggioranza” dei casi i minori palestinesi chiusi nelle carceri israeliane di Megiddo e Ofer sono stati torturati durante la detenzione e gli interrogatori.

L’avvocato del comitato Luay Ukka ha dichiarato che, durante una visita al carcere di Ofer, ha constatato che il numero dei giovani prigionieri era notevolmente aumentato nello scorso mese. A metà ottobre, ha detto, il numero dei prigionieri palestinesi sotto i 18 anni ad Ofer è salito a 28, di cui 14 minori di 14 anni.

Secondo l’associazione per i diritti umani Defense for Children International – Palestine (DCIP) [Difesa dei Minori Internationale – Palestina (DCIP)] , Israele ha anche drasticamente incrementato l’uso della detenzione amministrativa – incarcerazione senza accusa né processo – contro i minori.

Secondo la DCIP, nello scorso anno sono stati sottoposti a detenzione amministrativa 19 minori palestinesi. Prima dell’ ottobre 2015 Israele, a quanto risulta, non aveva trattenuto in detenzione amministrativa nessun minore palestinese della Cisgiordania occupata dal dicembre 2011.

Secondo Ukka, “la stragrande maggioranza” dei minori prigionieri detenuti a Ofer ha subito “torture, pestaggi, umiliazioni” durante le incursioni da parte dei militari israeliani per arrestarli e anche durante gli interrogatori.

Ukka ha anche detto che la maggioranza dei minori prigionieri proveniva dal campo profughi di Aida e dalla città di al-Ubeidiya, che si trovano nel distretto di Betlemme, nella parte meridionale della Cisgiordania occupata. Proprio la settimana scorsa militari israeliani in borghese hanno arrestato otto minori palestinesi nel campo profughi di Aida, mentre i residenti del campo – in particolare minori – hanno recentemente subito un’intensificazione di violente incursioni militari.

Il quattordicenne Tamir Abu Salem, arrestato circa un anno fa ad Aida, ha detto a Ukka che le incursioni hanno scatenato scontri tra i giovani del luogo ed i soldati israeliani e che lui è stato colpito alla testa da una pallottola d’acciaio rivestita di gomma prima di essere portato in carcere, dove gli hanno anche dato un pugno in faccia. Tamir ha aggiunto che la pallottola gli ha fratturato un osso della testa e che “quando respiro una parte del mio cuoio capelluto si muove su e giù.”

Il quattordicenne ha raccontato che le uniche cure che ha ricevuto dal servizio carcerario israeliano (IPS) sono state alcuni antidolorifici – lamentela comune tra i prigionieri palestinesi malati e feriti, parte di una deliberata politica di negligenza sanitaria da parte delle autorità carcerarie israeliane.

Lunedì, in una sede diversa, Hiba Masalha, un altro avvocato che lavora con il comitato, ha dichiarato che il numero di minori prigionieri nel carcere di Megiddo è anch’esso recentemente aumentato. “Per la maggior parte i minori prigionieri vengono torturati ed umiliati durante l’arresto”, ha detto, aggiungendo che i minori palestinesi vengono anche perquisiti fisicamente all’arrivo nei centri di detenzione israeliani.

La pubblicazione delle testimonianze è avvenuta un giorno dopo che la DCIP ha pubblicato un rapporto in cui afferma che almeno cinque minori palestinesi sono stati arrestati da Israele senza accuse negli ultimi mesi, in merito a post su Facebook che le autorità israeliane hanno considerato “istigazione”.

Intanto il Comitato Palestinese per le questioni carcerarie in un rapporto di settembre ha segnalato che almeno 1000 minori palestinesi tra gli 11 e i 18 anni sono stati imprigionati da Israele a partire da gennaio, parecchi dei quali hanno riferito di aver subito violenza ed essere stati torturati durante la detenzione.

Secondo l’associazione per i diritti dei prigionieri Addameer, sono attualmente detenuti da Israele come prigionieri politici in totale 340 minori palestinesi.

Gli interrogatori dei minori palestinesi, secondo Addameer, possono durare fino a 90 giorni e, oltre ai pestaggi e alle minacce, sono stati riferiti anche casi di violenza sessuale e reclusione in isolamento per ottenere confessioni, mentre le confessioni che sono costretti a firmare sono in ebraico, lingua che la maggior parte dei minori palestinesi non conosce.

(Traduzione di Cristiana Cavagna)




Morti in cifre: un anno di violenze nei territori palestinesi occupati e in Israele

di Chloe Benoist

Ma’an News

4 ottobre 2016

Betlemme (Ma’an) – Nell’ottobre 2015 è iniziata quella che è stata di volta in volta definita come un’ondata di rivolta, una sollevazione palestinese o persino l’ “Intifada di Gerusalemme”.

Qualunque sia il nome, lo scorso anno ha visto un’intensificazione di violenze mortali nei territori palestinesi occupati e in Israele. Nel corso dell’anno, Ma’an ha raccolto i dati relativi a ogni persona che è morta come parte di quest’ultimo capitolo nel conflitto israelo-palestinese.

In totale, Ma’an ha registrato la morte di 274 individui dal primo ottobre 2015 al 30 settembre 2016. Di questi morti, 235 erano palestinesi (l’85,8% dei decessi), 34 erano israeliani (12,4%) e cinque (1,8%) stranieri – due americani, un eritreo, un sudanese e un giordano.

I primi sei mesi -dall’ottobre 2015 al marzo 2016 – hanno visto la grande maggioranza dei decessi, in seguito a scontri presso la moschea di Al-Aqsa nella Gerusalemme est occupata prima della festività ebraica di Rosh Hashanah. Con 234 morti in quei primi sei mesi, la percentuale di decessi da allora è drasticamente scesa, benché una serie di uccisioni in settembre abbia portato a temere che la violenza possa di nuovo aumentare.

Analisi delle vittime palestinesi

Dopo un anno è emersa una fotografia più chiara dei palestinesi che sono morti in questo lasso di tempo. Di questi 235 palestinesi, 231 sono stati uccisi da israeliani, due da altri palestinesi durante attacchi contro gli israeliani e due si sono uccisi mentre realizzavano o cercavano di realizzare attacchi. Prendendo in considerazione le statistiche, emerge un ritratto generale del palestinese medio che è morto durante questo periodo: un giovane uomo post adolescente o sui vent’anni, del distretto di Hebron in Cisgiordania, ucciso dalle forze di sicurezza israeliane.

In base ai dati di Ma’an, l’età media dei palestinesi uccisi è di 23 anni. Tuttavia l’età più frequente dei morti è 19 anni, con 22 giovani palestinesi di quest’età morti lo scorso anno.

I minorenni costituiscono un quarto delle vittime della violenza israeliana, con 60 palestinesi con meno di 18 anni uccisi, il più giovane dei quali era un bambino di 8 mesi assassinato dalle eccessive inalazioni di gas lacrimogeno durante scontri. In totale 11 bambini palestinesi al di sotto dei 14 anni sono stati uccisi, ed altri 49 con un’età tra i 15 e i 17 anni.

Altri 118 palestinesi con un’età tra i 18 e 24 anni sono stati uccisi, con un totale di 178 vittime palestinesi nello scorso anno nati nel periodo della firma degli accordi di Oslo del 1993 o dopo.

Tre quarti degli uccisi dall’ottobre 2015 non hanno mai conosciuto nient’altro che Oslo – il che sembra confermare il rapporto tra l’aumento della violenza e le frustrazioni relative al fallimento degli accordi per la formazione di uno Stato palestinese, in un contesto di peggioramento della situazione nei territori palestinesi occupati segnato da demolizioni di case, violente incursioni notturne e vertiginoso aumento delle colonie.

Mentre un certo numero di donne e ragazze palestinesi sono state uccise – 17 delle quali mentre avrebbero o effettivamente stavano mettendo in atto degli attacchi – durante questo periodo, il loro numero impallidisce a confronto di uomini e ragazzi palestinesi. Dei 235 palestinesi uccisi, 213 erano maschi e 22 femmine – poco meno di una ogni dieci vittime.

Dal punto di vista geografico la maggioranza delle morti palestinesi – per l’esattezza 161 – è avvenuta in Cisgiordania, mentre 36 sono accadute nella città di Gerusalemme, 29 nella Striscia di Gaza assediata e 9 in Israele.

Al contempo 182 erano originari della Cisgiordania, 20 residenti nella Gerusalemme est occupata, 29 di Gaza e 3 erano cittadini palestinesi di Israele. I residenti del distretto di Hebron, per un totale di 73 morti, hanno rappresentato il 31% dei palestinesi ammazzati, confermando che il distretto meridionale della Cisgiordania è l’epicentro dell’ondata di rivolta.

Cercare di quantificare le circostanze in cui i palestinesi sono morti, tuttavia, si dimostra una questione complicata. Mentre la maggioranza dei casi risulta chiara, con riprese video o testimoni oculari in grado di confermare i fatti, in molti esempi la versione ufficiale israeliana dei fatti in cui i palestinesi sono stati uccisi per mano delle forze di sicurezza israeliane o di coloni è stata duramente contestata. In molti casi, testimoni oculari hanno sostenuto che i palestinesi assassinati non costituivano una minaccia al momento della morte o che le forze israeliane hanno collocato apposta dei coltelli o hanno manipolato in altro modo il luogo del crimine.

A causa della difficoltà di accertare le circostanze esatte di ogni caso, Ma’an ha classificato gli attacchi come “presunti” quando la versione ufficiale israeliana dei fatti non ha registrato il ferimento di israeliani e non ci sono stati testimoni esterni, oppure questi testimoni hanno messo in dubbio la versione israeliana dei fatti.

Al contempo sono state classificate come attacchi reali le situazioni in cui non ci sia stato nessun testimone esterno ma ci sia stato il ferimento di israeliani. Questo sistema approssimativo di classificazione è un riflesso della nebulosità che continua quotidianamente a permeare il conflitto israelo-palestinese.

Fatte queste avvertenze, i dati raccolti da Ma’an mostrano quanto segue:

– 69 palestinesi uccisi mentre commettevano o stavano cercando di commettere attacchi all’arma bianca

– 48 palestinesi uccisi mentre stavano presumibilmente cercando di commettere attacchi all’arma bianca

– 62 palestinesi uccisi dalle forze israeliane durante scontri o incursioni di polizia e/o esercito

– 13 palestinesi uccisi mentre commettevano attacchi con veicoli

– 8 palestinesi uccisi mentre presumibilmente commettevano attacchi con veicoli

– 8 palestinesi uccisi mentre commettevano attacchi con armi da fuoco

– 4 palestinesi uccisi mentre presumibilmente commettevano o cercavano di commettere attacchi con armi da fuoco

– 5 palestinesi uccisi mentre commettevano attacchi simultanei con armi da fuoco e all’arma bianca

– 3 palestinesi uccisi mentre commettevano attacchi simultanei con armi da fuoco e con veicoli

– 1 palestinese ucciso mentre commetteva un attacco simultaneo all’arma bianca con un veicolo

– 2 palestinesi uccisi mentre commettevano attacchi con ordigni esplosivi o incendiari

– 2 palestinesi uccisi mentre presumibilmente commettevano attacchi con ordigni esplosivi o incendiari

– 5 palestinesi uccisi da attacchi aerei e bombardamenti

– 5 palestinesi uccisi mentre assistevano ad atti di violenza

Basandosi su questi dati, 122 palestinesi, ossia il 52% , sono stati uccisi mentre commettevano o si afferma che stessero commetendo attacchi all’arma bianca, confermando l’impressione che lo scorso anno sia stato segnato da attacchi in scala ridotta con coltelli o armi simili.

Analisi delle vittime israeliane

Invece il profilo delle vittime israeliane della violenza disegna un’immagine diversa.

Per le vittime israeliane l’età media è stata di 37 anni, con la vittima più giovane, Hallel Ariel, che aveva 13 anni, l’unico minore israeliano ucciso nell’ondata di rivolta. Le età più frequenti sono state 19 e 21 anni, – un fatto che non sorprende, dato che la stragrande maggioranza degli attacchi palestinesi ha preso di mira soldati, che normalmente iniziano il servizio militare a 18 anni.

Tuttavia soldati e poliziotti contano solo 7 morti, il che può essere spiegato con l’alto livello di protezioni ed equipaggiamento protettivo indossato durante il servizio militare, che deve aver presumibilmente evitato ferite mortali in numerosi attacchi.

Al contempo 18 israeliani assassinati risiedevano nelle colonie illegali di Gerusalemme est e della Cisgiordania. Il fatto che i coloni siano meno armati o protetti dei soldati li ha resi bersagli più vulnerabili per gli attacchi, mentre le restrizioni agli spostamenti dei palestinesi fuori dai territori palestinesi occupati hanno reso gli israeliani che vi abitano obiettivi più accessibili per i palestinesi che intendevano attaccare israeliani.

Circa 24 israeliani sono stati uccisi in Cisgiordania e a Gerusalemme est, mentre altri 10 sono stati uccisi in Israele. All’interno di Israele, la città costiera di Tel Aviv è stata di gran lunga la più colpita, con tre attacchi separati che hanno ucciso 8 israeliani – così come un cittadino palestinese di Israele.

Riguardo al sesso, 8 degli israeliani uccisi erano donne, rappresentando il 23,5% delle vittime, con una sola di queste che faceva parte delle forze di sicurezza.

Riguardo invece alle circostanze della morte, secondo i dati di Ma’an:

– 16 israeliani sono stati uccisi in attacchi all’arma bianca

– 12 israeliani sono stati uccisi in attacchi con armi da fuoco

– 2 israeliani sono stati uccisi in attacchi, reali o presunti, con veicoli

– 2 israeliani sono stati uccisi in attacchi simultanei con armi da fuoco e all’arma bianca

– 2 israeliani sono stati uccisi da fuoco amico.

Mentre 32 israeliani sono stati uccisi dai palestinesi, due altri sono stati uccisi dalle forze israeliane che stavano cercando di sparare a presunti aggressori palestinesi.

Mentre il ritmo delle violenze si è significativamente ridotto dall’ottobre 2015, lo scorso mese ha visto un accentuato incremento delle vittime. L’ultima, il ventottenne Naseem Abu Meizar, è stato ucciso dalle forze israeliane il 30 settembre, mentre 7 palestinesi e un giordano sono stati uccisi dagli israeliani nello spazio di 5 giorni.

Circa un anno dopo che il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha reso pubblico un monito in cui metteva in relazione la violenza nei territori palestinesi occupati e in Israele con l’impatto sociale e politico dell’occupazione israeliana sui palestinesi, ma la recrudenscenza di violenza omicida resta una possibilità reale.

“Non possiamo ignorare il senso di disperazione che giunge con il lento svanire della speranza,” ha detto Ban all’epoca. “Dobbiamo porre fine al circolo senza fine, inutile e insensato di sofferenze e iniziare il duro lavoro necessario per ripristinare la convinzione che autentici progressi verso la pace siano possibili. Non fare ciò incoraggerà solo i sostenitori della violenza e della divisione.”

Qui di seguito trovate un elenco compilato da Ma’an con i palestinesi uccisi da israeliani, israeliani uccisi da palesitnesi e altre vittime della violenza dal 1 ottobre 2015 al 30 settembre 2016.

Palestinesi uccisi da israeliani

#

Data dell’attacco

Nome

Età

Sex

Luogo del decesso/ferite mortali

Causa della morte

Circostanze

Luogo di residenza

1

3 Ottobre 2015

Mohannad Shafiq Halabi

19

M

Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Surda, distretto di Ramallah

2

3 Ottobre 2015

Fadi Samir Mustafa Alloun

19

M

Gerusalemme ovest

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Issawiya, Gerusalemme est

3

4 Ottobre 2015

Huthayfa Othman Suleiman

18

M

Tulkarem, distretto di Tulkarem

Colpito dall’esercito, morto in seguito alle ferite

Scontri

Balaa, distretto di Tulkarem

4

4 Ottobre 2015

Abd al-Rahman Ubeidallah

13

M

Campo di rifugiati di Aida, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Scontri

campo di rifugiati di Aida, distretto di Betlemme

5

7 Ottobre 2015

Amjad Hatem al-Jundi

20

M

Kiryat Gat, Israele

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Yatta, distretto di Hebron

6

8 Ottobre 2015

Wissam Faraj

20

M

campo di rifugiati di Shufat, distretto di Gerusalemme

Ucciso dalla polizia di frontiera

Scontri

Campo di rifugiati di Shufat, distretto di Gerusalemme

7

8 Ottobre 2015

Thaer Abu Ghazaleh

19

M

Tel Aviv, Israele

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Città Vecchia, Gerusalemme est

8

8 Ottobre 2015

Ibrahim Ahmad Mustafa Aoud

27

M

Beit Ummar, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito, morto in seguito alle ferite

Scontri

Beit Ummar, distretto di Hebron

9

9 Ottobre 2015

Muhammad Fares Abdullah al-Jaabari

19

M

Colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

10

9 Ottobre 2015

Shadi Hussam Dawla

20

M

Al-Shujayya, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Al-Shujayya, Gaza

11

9 Ottobre 2015

Ahmad al-Harbawi

20

M

Al-Shujayya, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

campo di rifugiati di Al-Nuseirat, Gaza

12

9 Ottobre 2015

Abed al-Wahidi

20

M

Al-Shujayya, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Al-Shujayya, Gaza

13

9 Ottobre 2015

Muhammad al-Raqeb

15

M

Khan Yunis, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Bani Suheila, Gaza

14

9 Ottobre 2015

Ziad Nabil Sharaf

20

M

Khan Yunis, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Khan Yunis, Gaza

15

9 Ottobre 2015

Adnan Moussa Abu Elayyan

22

M

Khan Yunis, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Bani Suheila, Gaza

16

9 Ottobre 2015

Jihad Salim al-Ubeid

22

M

Abasan al-Kabirah, Gaza

Colpito dall’esercito, morto in seguito alle ferite

Scontri

Wadi al-Salqa, Gaza

17

10 Ottobre 2015

Ishaq Badran

16

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Kafr Aqab, Gerusalemme est

18

10 Ottobre 2015

Muhammad Saed Ali

19

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Campo di rifugiati di Shufat, distretto di Gerusalemme

19

10 Ottobre 2015

Marwan Barbakh

13

M

Abasan al-Kabirah, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Khan Yunis, Gaza

20

10 Ottobre 2015

Khalil Othman

15

M

Abasan al-Kabirah, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Khan Yunis, Gaza

21

10 Ottobre 2015

Ahmad Salah

24

M

Campo di rifugiati di Shufat, distretto di Gerusalemme

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Shufat, distretto di Gerusalemme

22

11 Ottobre 2015

Ahmad Sharaka

13

M

Al-Bireh, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di al-Jalazun, distretto di Ramallah

23

11 Ottobre 2015

Nour Rasmi Hassan

25

F

Gaza City, Gaza

Crollo della casa

Attacco aereo

Gaza City, Gaza

24

11 Ottobre 2015

Rahaf Yahya Hassan

2

F

Gaza City, Gaza

Crollo della casa

Attacco aereo

Gaza City, Gaza

25

11 Ottobre 2015

Khalil Hassan Abu Ubeid

25

M

Campo di rifugiati di Al-Bureij, Gaza

Colpito da una granata lacrimogena, morto in seguito alle ferite

Scontri

Khan Yunis, Gaza

26

12 Ottobre 2015

Mustafa Adel al-Khatib

18

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dall’esercito

Presunto attacco all’arma bianca

Jabal al-Mukabbir, Gerusalemme est

27

12 Ottobre 2015

Hassan Khalid al-Manasra

15

M

Colonia di Pisgat Zeev, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Beit Hanina, Gerusalemme est

28

12 Ottobre 2015

Mohammed Nazmi Elayyan Shamasma

23

M

Gerusalemme ovest

Ucciso dalla polizia

Tentativo di attacco all’arma bianca

Qatanna, distretto di Gerusalemme

29

13 Ottobre 2015

Bahaa Elayyan

22

M

Gerusalemme ovest

Ucciso dalla polizia

Attacco con arma bianca e arma da fuoco

Jabal al-Mukabbir, Gerusalemme est

30

13 Ottobre 2015

Alaa Daoud Ali Abu Jamal

33

M

Gerusalemme ovest

Ucciso da un civile

Attacco con arma bianca e arma da fuoco

Jabal al-Mukabbir, Gerusalemme est

31

13 Ottobre 2015

Mutaz Ibrahim Zawahreh

27

M

Betlemme, Betlemme distretto di

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Al-Duheisha, distretto di Betlemme

32

14 Ottobre 2015

Basil Bassam Ragheb Sidr

20

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia di frontiera

Presunto attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

33

14 Ottobre 2015

Ahmad Shaaban

23

M

Gerusalemme ovest

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Ras al-Amoud, Gerusalemme est

34

16 Ottobre 2015

Yahya Karira

20

M

Gaza City, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Gaza City, Gaza

35

16 Ottobre 2015

Eyad Khalil Awawdeh

26

M

Halhul, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Al-Muwarraq, distretto di Hebron

36

16 Ottobre 2015

Ihab Jihad Hanani

19

M

Beit Furik, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Scontri

Beit Furik, distretto di Nablus

37

16 Ottobre 2015

Yahiya Abd al-Qader Farhat

24

M

Checkpoint di Erez, Gaza

Ucciso dall’esercito, morto in seguito alle ferite

Scontri

Al-Shati, Gaza

38

16 Ottobre 2015

Mahmoud Hatim Hmeid

22

M

Gaza City, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Gaza City, Gaza

39

16 Ottobre 2015

Shawiq Jamal Jabr Ubeid

37

M

Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Jabaliya, Gaza

40

17 Ottobre 2015

Fadil Muhammad Awad al-Qawasmi

18

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso da un colono

Presunto attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

41

17 Ottobre 2015

Tareq al-Natsheh

16

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dalla polizia di frontiera

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

42

17 Ottobre 2015

Omar al-Faqih

23

M

Checkpoint di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso dalla polizia di frontiera

Attacco all’arma bianca

Qatanna, distretto di Gerusalemme

43

17 Ottobre 2015

Muataz Ahmad Hajis Uweisat

16

M

Colonia di Armon Hanatziv, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia di frontiera

Presunto attacco all’arma bianca

Jabal al-Mukabbir, Gerusalemme est

44

17 Ottobre 2015

Bayan Ayman Abd al-Hadi al-Esseili

17

F

Hebron, distretto di Hebron

Uccisa dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

45

18 Ottobre 2015

Muhannad al-Aqabi

21

M

Beersheba, Israele

Ucciso dall’esercito

Attacco con arma da fuoco

Hura, Israele

46

20 Ottobre 2015

Uday Hashim al-Masalma

24

M

Beit Awwa, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Beit Awwa, distretto di Hebron

47

20 Ottobre 2015

Bashar Nidal al-Jabari

15

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

48

20 Ottobre 2015

Hussam Ismail al-Jabari

17

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

49

20 Ottobre 2015

Hamzeh Moussa al-Imla

25

M

Colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Attacco con veicolo

Beit Ula, distretto di Hebron

50

20 Ottobre 2015

Ahmad al-Sarhi

27

M

vicino a al-Bureij, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Deir al-Balah, Gaza

51

21 Ottobre 2015

Mutaz Atallah Qassem

22

M

Vicino alla colonia di Adam, distretto di Gerusalemme

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Al-Eizariya, distretto di Gerusalemme

52

21 Ottobre 2015

Hashem al-Azzeh

54

M

Hebron, distretto di Hebron

Eccesso di gas lacrimogeni

Scontri

Hebron, distretto di Hebron

53

22 Ottobre 2015

Mahmoud Khalid Ghneimat

20

M

Beit Shemesh, Israele

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Surif, distretto di Hebron

54

24 Ottobre 2015

Ahmad Muhammad Said Kamil

16

M

Checkpoint di Al-Jalama, distretto di Jenin

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

55

25 Ottobre 2015

Dania Irsheid

17

F

Hebron, distretto di Hebron

Uccisa dalla polizia di frontiera

Presunto

tentativo di attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

56

26 Ottobre

2015

Raed Saket Abdul-Rahim Jaradat

22

M

Incrocio di Beit Einun, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Sair, distretto di Hebron

57

26 Ottobre

2015

Saad Muhammad Youssef al-Atrash

19

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Tentativo di attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

58

26 Ottobre

2015

Iyad Rawhi Jaradat

17

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Scontri

Sair, distretto di Hebron

59

27 Ottobre 2015

Shabaan Abu Shkeidem

17

M

Colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

60

27 Ottobre 2015

Shadi Nabil Abd al-Muti al-Qudsi

22

M

Colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

61

27 Ottobre 2015

Hammam Said

23

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Alleged attempted Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

62

28 Ottobre 2015

Islam Rafiq Hammad Ibeido

23

M

Colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

63

29 Ottobre 2015

Mahdi Mohammad Ramadan al-Muhtasib

23

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

64

29 Ottobre 2015

Farouq Abd al-Qader Omar Sidr

19

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

65

30 Ottobre 2015

Qassem Mahmoud Sabaneh

19

M

Checkpoint di Zaatara, distretto di Nablus

Ucciso dalla polizia di frontiera

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

66

30 Ottobre 2015

Ramadan Mohammad Faisal Thawabta

8 mesi

M

Beit Fajjar, distretto di Betlemme

Eccesso di gas lacrimogeni

Scontri

Beit Fajjar, distretto di Betlemme

67

30 Ottobre 2015

Ahmad Hamada Qneibi

24

M

Sheikh Jarrah, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Kafr Aqab, Gerusalemme est

68

31 Ottobre 2015

Mahmoud Talal Mahmoud Nazzal

18

M

Checkpoint di Al-Jalama, distretto di Jenin

Ucciso da una guardia giurata

Alleged attempted Attacco all’arma bianca

Qabatiya, Jenin distretto di

69

1 Novembre 2015

Fadi Hasan al-Faroukh

27

M

Beit Einun, distretto di Hebron

Ucciso dalla polizia di frontiera

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Sair, distretto di Hebron

70

2 Novembre 2015

Ahmed Awad Abu al-Rub

16

M

Al-Jalameh, distretto di Jenin

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

71

4 Novembre 2015

Ibrahim Skafi

22

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco con un veicolo

Tulkarem, distretto di Tulkarem

72

5 Novembre 2015

Malik Talal al-Sharif

25

M

Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

73

6 Novembre 2015

Tharwat al-Sharawi

72

F

Halhul, distretto di Hebron

Uccisa dall’esercito

Presunto attacco con un veicolo

Hebron, distretto di Hebron

74

6 Novembre 2015

Salameh Musa Abu Jame

23

M

Khan Yunis, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Bani Suheila, Gaza

75

8 Novembre 2015

Sulaiman Aqel Muhammad Shahin

22

M

Checkpoint di Zaatara, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Attacco con un veicolo

Al-Bireh, distretto di Ramallah

76

9 Novembre 2015

Rasha Muhammad Oweisi

24

F

Checkpoint di Eliyahu vicino alla colonia di Alfei Menashe, distretto di Qalqiliya

Uccisa dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Qalqiliya, distretto di Qalqiliya

77

10 Novembre 2015

Sadeq Ziad Gharbiyeh

16

M

Al-Sawahrah al-Sharqiyah, distretto di Gerusalemme

Ucciso dalla polizia di frontiera

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Sanur, distretto di Jenin

78

10 Novembre 2015

Muhammad Nimr

37

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso da una guardia giurata

Presunto attacco all’arma bianca

Al-Issawiya, Gerusalemme est

79

11 Novembre 2015

Ibrahim Abd al-Halim Yousif Dawood

16

M

Al-Bireh, distretto di Ramallah

Colpito dall’esercito, morto in seguito alle ferite

Scontri

Deir Ghassan, distretto di Ramallah

80

11 Novembre 2015

Mahmoud Said Elayyan

20

M

Ramallah, distretto di Ramallah

Colpito dall’esercito, morto in seguito alle ferite

Scontri

Anata, distretto di Gerusalemme

81

12 Novembre 2015

Abdullah Azzam Shalaldah

28

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso da soldati mascherati

Incursione dell’esercito

Sair, distretto di Hebron

82

12 Novembre 2015

Issa al-Shalaldah

22

M

Hebron, distretto di Hebron

Colpito dall’esercito, morto in seguito alle ferite

Scontri

Sair, distretto di Hebron

83

13 Novembre 2015

Hassan Jihad al-Baw

23

M

Halhul, Hebron distretto di

Ucciso dall’esercito

Scontri

Halhul, Hebron distretto di

84

13 Novembre 2015

Lafi Yousif Mustafa Awad

22

M

Budrus, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Scontri

Budrus, distretto di Ramallah

85

16 Novembre 2015

Laith Assad Manasra

21

M

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

86

16 Novembre 2015

Ahmad Abu al-Aish

28

M

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Scontri

Qalandiya campo di rifugiati di, distretto di Ramallah

87

17 Novembre 2015

Muhammad Munir Hassan Saleh

24

M

Turmusayya, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Shooting attack

Arura, distretto di Ramallah

88

Novembre 22, 2015

Issa Thawabta

34

M

Colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Beit Fajjar, distretto di Betlemme

89

22 Novembre 2015

Ashraqat Taha Ahmad Qatanani

16

F

Huwwara, distretto di Nablus

Scappato, ucciso da un colono

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Nablus, distretto di Nablus

90

22 Novembre 2015

Shadi Khasib

32

M

Gerusalemme ovest

Ucciso da un colono

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Al-Bireh, distretto di Ramallah

91

23 Novembre 2015

Hadeel Wajih Awwad

14

F

Gerusalemme ovest

Uccisa da una guardia giurata

Attacco all’arma bianca

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

92

Novembre 23, 2015

Ahmad Jamal Taha

16

M

Route 443, Ramallah distretto di

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Qutna, Ramallah distretto di

93

23 Novembre 2015

Alaa Khalil Sabah Hashash

16

M

Huwwara, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Tentativo di attacco all’arma bianca

Nablus, distretto di Nablus

94

23 Novembre 2015

Samah Abd al-Mumen Ahmad

18

F

Huwwara, distretto di Nablus

Colpita dall’esercito, morta in seguito alle ferite

Spettatrice di un tentativo di attacco all’arma bianca

Amuriyya, distretto di Nablus

95

25 Novembre 2015

Muhammad Ismail Shubaki

19

M

Vicino al campo di rifugiati di al-Fawwar, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Campo di rifugiati di Al-Arrub, distretto di Hebron

96

26 Novembre 2015

Yahya Yusri Taha

21

M

Qatanna, distretto di Gerusalemme

Ucciso dall’esercito

Scontri

Qatanna, distretto di Gerusalemme

97

26 Novembre 2015

Samer Hassan Mbadda Sarisi

51

M

Checkpoint di Zaatara, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Jenin, distretto di Jenin

98

26 Novembre 2015

Khalid Mahmoud al-Jawabreh

19

M

Campo di rifugiati di Al-Arrub, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Al-Arrub, distretto di Hebron

99

27 Novembre 2015

Fadi Muhammad Mahmoud Khasib

25

M

Vicino alla colonia di Kfar Adumim, distretto di Gerusalemme

Ucciso da un colono

Attacco con un veicolo

Al-Bireh, distretto di Ramallah

100

27

Novembre 2015

Omar Arafat Issa al-Zaaqiq

19

M

Beit Ummar, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco con un veicolo

Beit Ummar, distretto di Hebron

101

29 Novembre 2015

Baseem Abd al-Rahman Mustafa Salah

38

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Nablus, distretto di Nablus

102

29 Novembre 2015

Ayman Samih al-Abbasi

17

M

Silwan, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Scontri

Silwan, Gerusalemme est

103

1 Dicembre, 2015

Mamoun al-Khatib

16

M

Gush Etzion Colonia di, Betlemme distretto di

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Doha, distretto di Betlemme

104

1 Dicembre 2015

Maram Ramiz Hassouna

19

F

Checkpoint di Enav, distretto di Tulkarem

Uccisa dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Rafidia, distretto di Nablus

105

3 Dicembre 2015

Mazin Hasan Ureiba

35

M

Checkpoint di Hizma distretto di Gerusalemme

Ucciso dall’esercito

Attacco con arma da fuoco

Abu Dis, distretto di Gerusalemme

106

3 Dicembre 2015

Izz al-Din Abdallah Muhammad Raddad

21

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Saida, distretto di Tulkarem

107

4 Dicembre 2015

Taher Faysal Fannoun

19

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

108

4 Dicembre 2015

Mustafa Fadhil Fannoun

15

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

109

4 Dicembre 2015

Anas Bassam Hammad

21

M

vicino alla colonia di Ofar, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Attacco con un veicolo

Silwad, distretto di Ramallah

110

4 Dicembre 2015

Abd al-Rahman Barghouthi

26

M

Abud, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Abud, distretto di Ramallah

111

6 Dicembre 2015

Omar Skafi

21

M

Gerusalemme ovest

Ucciso dalla polizia

Attacco con un veicolo e all’arma bianca

Beit Hanina, Gerusalemme est

112

7 Dicembre 2015

Ihab Fathi Miswadi

21

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dalla polizia di frontiera

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

113

8 Dicembre 2015

Malik Akram Shahin

19

M

Campo di rifugiati di Al-Duheisha, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Incursione dell’esercito

campo di rifugiati di Al-Duheisha, distretto di Betlemme

114

9 Dicembre 2015

Abd al-Rahman Miswadeh

21

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso da una guardia giurata

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

115

11 Dicembre

2015

Omar al-Hroub

55

M

Halhul, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco con un veicolo

Deir Samit, distretto di Hebron

116

11 Dicembre

2015

Uday Irsheid

24

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Scontri

Hebron, distretto di Hebron

117

11 Dicembre

2015

Sami Shawqi Madhi

41

M

campo di rifugiati di Al-Bureij,

Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

campo di rifugiati di Al-Bureij,

Gaza

118

14 Dicembre 2015

Abd al-Muhsen Hassuneh

21

M

Gerusalemme ovest

Ucciso dalla polizia

Attacco con un veicolo

Beit Hanina, Gerusalemme est

119

16 Dicembre 2015

Ahmad Jahajha

20

M

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Presunto attacco con un veicolo

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

120

16 Dicembre 2015

Hikmat Hamdan

29

M

campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Presunto attacco con un veicolo

Al-Bireh, distretto di Ramallah

121

17 Dicembre 2015

Abdullah Hussein Nasasra

15

M

Checkpoint di Huwwara, Nablus distretto di

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Beit Furik, distretto di Nablus

122

18

Dicembre 2015

Muhammad Abd al-Rahman Ayyad

21

M

Silwad, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Attacco con un veicolo

Silwad, distretto di Ramallah

123

18

Dicembre, 2015

Nashaat Asfour

34

M

Sinjil, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Scontri

Sinjil, distretto di Ramallah

124

18 Dicembre 2015

Mahmoud Muhammad Saed al-Agha

20

M

Khan Yunis, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Khan Yunis, Gaza

125

23

Dicembre 2015

Issa Assaf

21

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

126

23 Dicembre 2015

Anan Abu Habsa

20

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

127

24 Dicembre 2015

Wisam Abu Ghwaila

22

M

vicino alla colonia di Geva Binyamin, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Attacco con un veicolo

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

128

24 Dicembre 2015

Iyad Jamal Issa Ideis

25

M

Checkpoint di Ari, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Yatta, distretto di Hebron

129

24 Dicembre 2015

Muhammad Zahran Abdul-Halim Zahran

22

M

Colonia di Ariel, distretto di Salfit

Ucciso da una guardia giurata

Attacco all’arma bianca

Kafr al-Dik, distretto di Salfit

130

24 Dicembre 2015

Bilal Zayid

23

M

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

131

25 Dicembre 2015

Hani Rafiq Wahdan

22

M

Shujayya, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Shujayya, Gaza

132

25 Dicembre 2015

Mahdia Mohammad Ibrahim Hammad

39

F

Silwad, distretto di Ramallah

Uccisa dalla polizia

Presunto attacco con un veicolo

Silwad, distretto di Ramallah

133

25 Dicembre 2015

Yousif Abu Sbeikha al-Buheiri

48

M

Al-Maghazi, campo di rifugiati di Gaza

Ucciso dall’esercito, deceduto in seguito alle ferite

Scontri

Campo di rifugiati di Al-Maghazi, Gaza

134

26 Dicembre 2015

Maher al-Jabi

56

M

Checkpoint di Huwwara, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Attacco con un veicolo

Nablus, distretto di Nablus

135

26 Dicembre 2015

Musab Mahmoud al-Ghazali

26

M

Gerusalemme ovest

Ucciso dalla polizia

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Silwan, Gerusalemme est

136

27 Dicembre 2015

Muhammad Rafiq Hussein Sabana

17

M

Huwwara, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

137

27 Dicembre 2015

Nour al-Deen Muhammad Abdul-Qadir Sabana

23

M

Huwwara, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

138

31 Dicembre 2015

Hassan Ali Hassan Bozor

22

M

Checkpoint di Huwwara, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Attacco con un veicolo

Raba, distretto di Jenin

139

5 Gennaio 2016

Ahmad Younis Kawazba

17

M

Incrocio della colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Sair, distretto di Hebron

140

7 Gennaio 2016

Ahmad Salim Abd al-Majid Kawazba

21

M

Incrocio della colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Sair, distretto di Hebron

141

7 Gennaio 2016

Alaa Abed Muhammad Kawazba

17

M

Incrocio della colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Sair, distretto di Hebron

142

7 Gennaio 2016

Muhannad Ziyad Kawazba

20

M

Incrocio della colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Sair, distretto di Hebron

143

7 Gennaio 2016

Khalil Muhammad al-Shalaldah

16

M

Beit Einun junction, Hebron distretto di

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Sair, distretto di Hebron

144

8 Gennaio 2016

Nashat Melhem

29

M

Arara, Israele

Ucciso dalla polizia

Astante durante una sparatoria mortale

Arara, Israele

145

9 Gennaio 2016

Ali Abu Maryam

26

M

Checkpoint di Al-Hamra, distretto di Tubas

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Al-Judeida, distretto di Jenin

146

9 Gennaio 2016

Said Abu al-Wafa

38

M

Checkpoint di Al-Hamra, distretto di Tubas

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Al-Zawiya, distretto di Jenin

147

12 Gennaio 2016

Srour Ahmad Abu Srour

21

M

Beit Jala, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Aida, distretto di Betlemme

148

12 Gennaio 2016

Muhammad Ahmad Khalil Kawazba

23

M

Incrocio di Beit Einun, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Sair, distretto di Hebron

149

12 Gennaio 2016

Adnan Hamid al-Mashni

17

M

Incrocio di Beit Einun, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Complice in presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Al-Shuyukh, distretto di Hebron

150

13 Gennaio 2016

Mousa Zaiter

23

M

Beit Lahiya, Gaza

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco con esplosivo

Jabaliya, Gaza

151

14 Gennaio 2016

Muayyad Awni Jabbarin

20

M

Incrocio di Beit Einun, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Sair, distretto di Hebron

152

14 Gennaio 2016

Haitham Mahmoud Abd al-Jalil

31

M

Checkpoint vicino a Asira al-Shamaliya, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Presunto attacco all’arma bianca

Asira al-Shamaliya, distretto di Nablus

153

15 Gennaio 2016

Muhammad Abu Zayed

19

M

Campo di rifugiati di Al-Bureij, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Al-Bureij, Gaza

154

15 Gennaio 2016

Muhammad Majdi Qaita

26

M

Campo di rifugiati di Al-Bureij, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Khan Yunis, Gaza

155

17 Gennaio 2016

Wissam Marwan Qasrawa

21

M

Checkpoint di Huwwara, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Misliya, distretto di Nablus

156

23 Gennaio 2016

Ruqayya Eid Abu Eid

13

F

Colonia di Almon, distretto di Gerusalemme

Uccisa da una guardia giurata

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Anata, distretto di Gerusalemme

157

25 Gennaio 2016

Hussein Muhammad Abu Ghush

17

M

Colonia di Beit Horon, distretto di Ramallah

Ucciso da una guardia giurata

Attacco all’arma bianca

Qalandiya campo di rifugiati di, distretto di Ramallah

158

25 Gennaio 2016

Osama Youssef Allan

23

M

Colonia di Beit Horon, distretto di Ramallah

Ucciso da una guardia giurata

Attacco all’arma bianca

Beit Ur al-Tahta, distretto di Ramallah

159

31Gennaio 2016

Amjad Jaser Sukkari

34

M

Checkpoint vicino alla colonia di Beit El, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Attacco con armi da fuoco

Nablus, distretto di Nablus

160

1 Febbraio, 2016

Ahmad Hassan Tuba

19

M

vicino alla Colonia di Salit, distretto di Tulkarem

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Kafr Jammal, distretto di Tulkarem

161

3 Febbraio 2016

Ahmad Rajeh Ismail Zakarneh

19

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia di frontiera

Sparatoria, attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

162

3 Febbraio 2016

Muhammad Ahmad Hilmi Kamil

19

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia di frontiera

Sparatoria, attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

163

3 Febbraio 2016

Najeh Ibrahim Abu al-Rub

20

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia di frontiera

Sparatoria, attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

164

5 Febbraio 2016

Haitham Ismail Muhammad al-Baw

14

M

vicino a Halhul, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Presunto attacco con bottiglie molotov

Halhul, distretto di Hebron

165

10 Febbraio 2016

Omar Yousef Madi al-Jawabreh

16

M

Campo di rifugiati di Al-Arrub, Hebron distretto di

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Al-Arrub, distretto di Hebron

166

13 Febbraio 2016

Kilzar Muhammad Abd al-Halim Azmi al-Uweiwi

18

F

Hebron, distretto di Hebron

Uccisa dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

167

14 Febbraio 2016

Nihad Raed Muhammad Waqed

15

M

Vicino a al-Araqa, distretto di Jenin

Ucciso dall’esercito

Presunto attacco con arma da fuoco

al-Araqa, distretto di Jenin

168

14 Febbraio 2016

Fuad Marwan Khalid Waqed

15

M

vicino a al-Araqa, distretto di Jenin

Ucciso dall’esercito

Presunto attacco con arma da fuoco

al-Araqa, distretto di Jenin

169

14 Febbraio 2016

Naim Ahmad Yousif Safi

17

M

Checkpoint di Mazmoria, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Al-Ubeidiya, distretto di Betlemme

170

14 Febbraio 2016

Mansour Yasser Abdul-Aziz Shawamrah

20

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Presunto attacco con arma da fuoco

Al-Qubeiba, distretto di Gerusalemme

171

14 Febbraio 2016

Omar Muhammad Amro

20

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Presunto attacco con arma da fuoco

Al-Qubeiba, distretto di Gerusalemme

172

19 Febbraio 2016

Muhammad Abu Khalaf

20

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Kafr Aqab, Gerusalemme est

173

19 Febbraio 2016

Abed Raed Abdullah Hamad

20

M

Silwad, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Attacco con un veicolo

Silwad, distretto di Ramallah

174

19 Febbraio 2016

Khaled Yousif Taqatqa

21

M

Beit Fajjar, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Scontri

Beit Fajjar, distretto di Betlemme

175

20 Febbraio 2016

Qusay Diab Abu al-Rub

15

M

Checkpoint di Beita, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

176

26 Febbraio 2016

Mahmoud Muhammad Ali Shaalan

17

M

Checkpoint di Beit El, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Deir Dibwan, distretto di Ramallah

177

1 Marzo 2016

Iyad Omar Sajadiyya

22

M

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

178

1 Marzo 2016

Nahid Fawzi Muteir

24

M

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito, deceduto in seguito alle ferite

Scontri

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

179

2 Marzo 2016

Labib Khaldoon Anwar Azzam

17

M

Colonia di Eli, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Qaryut, distretto di Nablus

180

2 Marzo 2016

Muhammad Hisham Ali Zaghlawan

17

M

Colonia di Eli, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Qaryut, distretto di Nablus

181

4 Marzo 2016

Amani Husni Sabatin

34

F

Incrocio della colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Uccisa dall’esercito

Presunto attacco con un veicolo

Husan, distretto di Betlemme

182

8 Marzo 2016

Fadwa Ahmad Abu Teir

50

F

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia di frontiera

Presunto tentativo di Attacco all’arma bianca

Umm Tuba, Gerusalemme distretto di

183

8 Marzo 2016

Fouad Abu Rajab al-Tamimi

21

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia di frontiera

Attacco a mano armata

Issawiya, Gerusalemme est

184

8 Marzo 2016

Bashar Masalha

22

M

Jaffa, Israele

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Al-Hajja, distretto di Qalqiliya

185

8 Marzo 2016

Abd al-Rahman Radad

17

M

Petah Tikva, Israele

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Al-Zawiya, distretto di Salfit

186

9 Marzo 2016

Abd al-Malak Saleh Abu Kharoub

19

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco con arma da fuoco

Kafr Aqab, Gerusalemme est

187

9 Marzo 2016

Muhammad Jamal al-Kalouti

21

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco con arma da fuoco

Kafr Aqab, Gerusalemme est

188

9 Marzo 2016

Ahmad Yousef Amer

16

M

Al-Zawiya, distretto di Salfit

Ucciso dall’esercito

Tentativo di attacco all’arma bianca

Masha, distretto di Salfit

189

12 Marzo 2016

Yasin Suleiman Abu Khusah

9

M

Beit Lahiya, Gaza

Razzo dell’esercito sulla sua casa

Attacco aereo

Beit Lahiya, Gaza

190

12 Marzo 2016

Israa Suleiman Abu Khusah

6

F

Beit Lahiya, Gaza

Razzo dell’esercito sulla sua casa

Attacco aereo

Beit Lahiya, Gaza

191

14 Marzo 2016

Qasem Farid Jaber

31

M

Vicino alla colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Sparatoria, attacco con un veicolo

Hebron, distretto di Hebron

192

14 Marzo 2016

Ameer Fuad al-Junaidi

22

M

Vicino alla colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Sparatoria, attacco con un veicolo

Hebron, distretto di Hebron

193

14 Marzo 2016

Yousef Mustafa Tarayra

18

M

Vicino alla colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Sparatoria, attacco con un veicolo

Bani Naim, distretto di Hebron

194

17 Marzo 2016

Ali Jamal Muhammad Taqatqa

19

M

Vicino alla colonia di Ariel, distretto di Salfit

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Beit Fajjar, distretto di Betlemme

195

17 Marzo 2016

Ali Abd al-Rahman al-Kar Thawabta

20

M

Vicino alla colonia di Ariel, distretto di Salfit

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Beit Fajjar, distretto di Betlemme

196

18 Marzo 2016

Mahmud Ahmad Abu Fanunah

21

M

Incrocio della colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

197

19 Marzo 2016

Abdullah Muhammad al-Ajlouni

18

M

Checkpoint di Abu Rish vicino alla colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

198

24 Marzo

2016

Abd al-Fattah Yusri al-Sharif

21

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

199

24 Marzo

2016

Ramzi Aziz al-Qasrawi

21

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

200

14 Aprile 2016

Ibrahim Baradiya

54

M

Campo di rifugiati di Al-Arrub, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Campo di rifugiati di Al-Arrub, distretto di Hebron

201

27 Aprile 2016

Maram Salih Hassan Abu Ismail

23

F

Checkpoint di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso da una guardia giurata

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Qatanna, distretto di Gerusalemme

202

27 Aprile 2016

Ibrahim Salih Hassan Taha

16

M

Checkpoint di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso da una guardia giurata

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Qatanna, distretto di Gerusalemme

203

3 Maggio 2016

Ahmed Riyad Abd al-Aziz Shehada

36

M

Vicino alla colonia di Dolev di, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Presunto attacco con un veicolo

campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

204

4 Maggio 2016

Arif Sharif Jaradat

22

M

Sair, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito, deceduto in seguito alle ferite

Scontri

Sair, distretto di Hebron

205

5 Maggio 2016

Jana Aytah al-Amur

59

F

Khan Yunis, Gaza

Bombardamento dell’esercito

Attacco dell’esercito

Khan Yunis, Gaza

206

23 Maggio 2016

Sawsan Ali Dawud Mansur

17

F

Checkpoint di Ras Biddu, distretto di Gerusalemme

Ucciso dalla polizia

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Biddu, distretto di Gerusalemme

207

2 Giugno 2016

Ansar Hussam Harasha

25

F

Checkpoint di Innab, distretto di Tulkarem

Uccisa dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Qaffin, distretto di Tulkarem

208

21 Giugno

2016

Mahmoud Raafat Badran

15

M

Vicino a Beit Ur al-Tahta, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Astante durante il lancio di pietre

Beit Ur al-Tahta, distretto di Ramallah

209

24 Giugno 2016

Majd al-Khadour

18

F

Vicino alla colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Uccisa dall’esercito

Attacco con un veicolo

Bani Naim, distretto di Hebron

210

30 Giugno 2016

Muhammad Nasser Tarayra

17

M

colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Ucciso da una guardia giurata

Attacco all’arma bianca

Bani Naim, distretto di Hebron

211

30 Giugno 2016

Wael Abu Saleh

46

M

Netanya, Israele

Ucciso da un civile

Attacco all’arma bianca

Shweika, distretto di Tulkarem

212

1 Luglio 2016

Sarah Tarayra

27

F

Hebron, Hebron distretto di

Uccisa dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Bani Naim, distretto di Hebron

213

1 Luglio 2016

Muhammad Mustafa Habash

63

M

Checkpoint di Qalandiya, distretto di Ramallah

Gaz lacrimogeni

Scontri

Asira al-Shamaliya, distretto di Nablus

214

13 Luglio 2016

Anwar al-Salaymeh

22

M

Al-Ram, distretto di Gerusalemme

Ucciso dall’esercito

Incursione dell’esercito

Anata, distretto di Gerusalemme

215

18 Luglio 2016

Mustafa Baradiya

51

M

Vicino al campo di rifugiati di Al-Arrub, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Beit Fajjar, distretto di Betlemme

216

19 Luglio 2016

Muhyee Sidqi al-Tibakhi

12

M

Al-Ram, distretto di Gerusalemme

Ucciso dall’esercito

Scontri

Al-Ram, distretto di Gerusalemme

217

29 Luglio 2016

Muhammad Faqih

29

M

Surif, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Incursione dell’esercito

Dura, distretto di Hebron

218

31 Luglio2016

Rami Muhammad Zaim Awartani

31

M

Checkpoint di Huwwara, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Tentativo di attacco all’arma bianca

Nablus, distretto di Nablus

219

Agosto 16, 2016

Muhammad Abu Hashhash

17

M

Campo di rifugiati di al-Fawwar, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di al-Fawwar, distretto di Hebron

220

24 Agosto 2016

Sari Muhammad Abu Ghurab

24

M

vicino alla colonia di Ariel, distretto di Salfit

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

221

26 Agosto 2016

Iyad Zakariya Hamed

38

M

vicino a Silwad, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Astante vicino ad un posto militare

Silwad, distretto di Ramallah

222

5 Settembre 2016

Mustafa Nimr

27

M

Campo di rifugiati di Shufat, distretto di Gerusalemme

Ucciso dalla polizia di frontiera

Scontri

Campo di rifugiati di Shufat, distretto di Gerusalemme

223

9 Settembre 2016

Abd al-Rahman Ahmad al-Dabbagh

15

M

vicino al campo di rifugiati di Bureij, Gaza

Si suppone ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Bureij, Gaza

224

15 Settembre 2016

Muhammad Ahmad Abd al-Fattah al-Sarrahin

30

M

Beit Ula, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito, deceduto in seguito alle ferite

Incursione dell’esercito

Beit Ula, distretto di Hebron

225

16 Settembre 2016

Fares Moussa Muhammad Khaddour

18

M

Vicino alla colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Presunto attacco con un veicolo

Bani Naim, distretto di Hebron

226

16 Settembre 2016

Muhammad Thalji Kayid Thalji al-Rajabi

15

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

227

17 Settembre 2016

Hatim Abd al-Hafeeth Shaludi

25

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

228

19 Settembre 2016

Muhannad Jameel al-Rajabi

21

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dalla polizia di frontiera

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

229

19 Settembre 2016

Ameer Jamal al-Rajabi

17

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dalla polizia di frontiera

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

230

20 Settembre 2016

Issa Salim Mahmoud Tarayra

16

M

Incrocio di Wadi al-Joz, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Bani Naim, distretto di Hebron

231

30

Settembre 2016

Nasim Abu Meizar

28

M

Checkpoint di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Kafr Aqab, Gerusalemme

Israeliani uccisi da palestinesi

#

Data dell’attacco

Nome

Età

Sesso

Lugo del decesso/ferite mortali

Causa della morte

Soldato/poliziotto

Luogo di residenza

1

1Ottobre 2015

Naama Henkin

30

F

Vicino a Beit Furik, distretto di Nablus

Sparatoria da un auto in corsa

No

Colonia di Nerya, distretto di Ramallah

2

1Ottobre 2015

Eitam Henkin

31

M

Vicino a Beit Furik, distretto di Nablus

Sparatoria da un auto in corsa

No

Colonia di Nerya, distretto di Ramallah

3

3 Ottobre 2015

Aharon Banita

21

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Attacco all’arma bianca

Colonia di Beitar Illit, distretto di Betlemme

4

3 Ottobre 2015

Nehemia Lavi

41

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Attacco all’arma bianca

No

Città Vecchia, Gerusalemme est

5

13 Ottobre 2015

Richard Lakin

76

M

Jabal al-Mukabbir, Gerusalemme est

Sparatoria e attacco all’arma bianca, deceduto in seguito alle ferite

No

Gerusalemme ovest

6

13 Ottobre 2015

Haim Haviv

78

M

Jabal al-Mukabbir, Gerusalemme est

Attacco all’arma bianca

No

Colonia di East Talpiot, Gerusalemme est

7

13 Ottobre 2015

Alon Govberg

51

M

Jabal al-Mukabbir, Gerusalemme est

Attacco all’arma bianca

No

Colonia di East Talpiot, Gerusalemme est

8

13 Ottobre 2015

Yeshayahu Krishevsky

59

M

Gerusalemme ovest

Attacco all’arma bianca

No

Gerusalemme ovest

9

18 Ottobre 2015

Omri Levi

19

M

Beersheba, Israele

Sparatoria

Sdei Hemed, Israele

10

20 Ottobre 2015

Avraham Hasno

54

M

vicino a al-Fawwar, distretto di Hebron

Investito da una macchina in un presunto incidente

No

Colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

11

4 Novembre 2015

Binyamin Yakobovitch

19

M

Vicino a Halhul, distretto di Hebron

Investito da una macchina, deceduto in seguito alle ferite

Kiryat Ata, Israele

12

13

Novembre 2015

Yaakov Litman

40

M

Vicino alla colonia di Otniel, Hebron distretto di

Sparatoria

No

Colonia di Kiryat Arba, Hebron distretto di

13

13

Novembre 2015

Natanel Litman

18

M

vicino alla colonia di Otniel, distretto di Hebron

Sparatoria

No

Colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

14

19 Novembre 2015

Yaakov Don

48

M

Colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Sparatoria

No

Colonia di Alon Shvut, distretto di Betlemme

15

19 Novembre 2015

Aharon Yesayev

32

M

Tel Aviv, Israele

Attacco all’arma bianca

No

Holon, Israele

16

19 Novembre 2015

Reuven Aviram

51

M

Tel Aviv, Israele

Attacco all’arma bianca

No

Ramle, Israele

17

22 Novembre 2015

Hadar Buchris

21

F

Colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Attacco all’arma bianca

No

Safed, Israele

18

23 Novembre 2015

Ziv Mizrahi

18

M

Vicino a Beit Ur al-Tahta, distretto di Ramallah

Attacco all’arma bianca

Colonia di Givat Zeev, distretto di Gerusalemme

19

7 Dicembre 2015

Gennady Kaufman

41

M

Hebron, distretto di Hebron

Attacco all’arma bianca, deceduto in seguito alle ferite

No

Colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

20

23 Dicembre 2015

Reuven Birmajer

45

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Attacco all’arma bianca

No

Kiryat Yearim, Israele

21

1 Gennaio 2016

Shimon Ruimi

30

M

Tel Aviv, Israele

Sparatoria

No

Ofakim, Israele

22

17 Gennaio 2016

Alon Bakal

26

M

Tel Aviv, Israel

Sparatoria

No

Karmiel, Israele

23

1 Gennaio 2016

Dafna Meir

38

F

Colonia di Otniel, distretto di Hebron

Attacco all’arma bianca

No

Colonia di Otniel, distretto di Hebron

24

25 Gennaio 2016

Shlomit Krigman

23

F

Colonia di Bet Horon, distretto di Gerusalemme

Attacco all’arma bianca, deceduto in seguito alle ferite

No

Colonia di Shadmot Mehola, distretto di Tubas

25

3 Febbraio 2016

Hadar Cohen

19

F

Città Vecchia, Gerusalemme est

Sparatoria Attacco all’arma bianca

Or Yehuda, Israele

26

18 Febbraio 2016

Tuvia Yanai Wissman

21

M

Colonia di Shaare Benyamin, distretto di Ramallah

Attacco all’arma bianca

Colonia di Maale Mikhmas, distretto di Gerusalemme

27

7 Giugno 2016

Eido Ben Aryeh

42

M

Tel Aviv, Israele

Sparatoria

No

Ramat Gan, Israele

28

7 Giugno 2016

Elana Nave

39

F

Tel Aviv, Israele

Sparatoria

No

Tel Aviv, Israele

29

7 Giugno 2016

Michael Fayge

58

M

Tel Aviv, Israele

Sparatoria

No

Midreshet Ben Gurion, Israele

30

7 Giugno 2016

Mila Mishayiv

33

F

Tel Aviv, Israele

Sparatoria

No

Rishon LeZion, Israele

31

30 Giugno 2016

Hallel Yafa Ariel

13

F

Colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Attacco all’arma bianca

No

Colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

32

1 Luglio 2016

Michael Mark

48

M

Route 60, distretto di Hebron

Sparatoria

No

Colonia di Otniel, distretto di Hebron

Altre vittime di violenze

#

Data dell’attacco

Nome

Età

Sesso

Lugo del decesso/ferite mortali

Causa della morte

Nationalità

Ucciso da

Luogo di residenza

1

18 Ottobre 2015

Haftom Zarhum

29

M

Beersheba, Israele

Ucciso per essere scambiato per un aggressore

Eritreo

Guardia giurata israeliana

Israele

2

19 Novembre 2015

Shadi Zuhdi Ratib Arafa

24

M

Colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Sparatoria

Palestinese

Cecchino palestinese

Hebron, distretto di Hebron

3

19 Novembre 2015

Ezra Schwartz

18

M

Colonia di Alon Shvut, distretto di Betlemme

Sparatoria

Americano

Cecchino palestinese

Stati Uniti

4

23 Dicembre 2015

Ofer Ben Ari

46

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Fuoco amico

Israeliano

Polizia di frontiera israeliana

Gerusalemme ovest

5

1 Gennaio 2016

Amin Shaaban

42

M

Tel Aviv, Israele

Sparatoria

Palestinese con cittadinanza israeliana

Palestinese con cittadinanza israeliana

Lyd, Israele

6

23 Gennaio 2016

Muhammad Nabil Halabiya

17

M

Gerusalemme est

Trasportava una bomba artigianale esplosa in anticipo

Palestinese

Si è ucciso da solo

Abu Dis, Gerusalemme est

7

7 Febbraio 2016

Kamil Hassan

32

M

Ashkelon, Israele

Ha attaccato con un’arma bianca un soldato israeliano

Sudanese

Soldato israeliano

Israele

8

24 Febbraio

2016

Eliav Gelman

31

M

Colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Fuoco amico

Israeliano

Soldato israeliano

Colonia di Karmi Tzur, distretto di Hebron

9

8 Marzo 2016

Taylor Force

29

M

Jaffa, Israele

Accoltellato

Americano

Aggressore palestinese

Stati Uniti

10

18Aprile 2016

Abd al-Hamid Abu Srour

19

M

Gerusalemme

Attacco dinamitardo, deceduto in seguito alle ferite

Palestinese

Suicida

Campo di rifugiati di Aida, distretto di Betlemme

11

16 Settembre 2016

Said al-Amr

28

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Presunto tentativo di accoltellamento

Giordano

Polizia di frontiera

Giordania

(Traduzione di Amedeo Rossi)




Comitato: Oltre 1000 minori palestinesi detenuti da Israele nel 2016 fino ad ora

24 settembre 2016,

Maanews Agency

RAMALLAH (Ma’an) —

Sabato il Comitato Palestinese per le questioni dei prigionieri ha detto che oltre 1000 minori palestinesi sono stati imprigionati dalle forze israeliane dall’inizio dell’anno, registrando un incremento rispetto al 2015.

Il Comitato ha dichiarato che almeno 1000 minori palestinesi, di età compresa tra 11 e 18 anni, sono stati imprigionati da Israele dallo scorso gennaio, inclusi circa 70 bambini di Gerusalemme est occupata, che sono stati posti agli arresti domiciliari.

Un avvocato del Comitato, Hilba Masalha, ha citato parecchi casi in cui i minori palestinesi hanno subito abusi e torture durante la detenzione.

Uno dei ragazzi, il diciassettenne Nidal del quartiere Issawiya di Gerusalemme est, è stato arrestato in giugno e tenuto per 20 giorni nel famigerato “Russian compound” [stazione di polizia nell’omonimo quartiere, così chiamato perché ospita una grande chiesa ortodossa, ndt], prima di essere trasferito alla prigione di Megiddo. Secondo Masalha, Nidal ha riferito di essere stato sistematicamente picchiato brutalmente ed anche insultato, mentre si trovava nel “Russian compound”.

Ha citato in particolare un’occasione in cui una decina di guardie carcerarie lo hanno trascinato dalla sua cella in una stanza senza videocamere di sicurezza e lo hanno brutalmente picchiato per un’ora mentre era ammanettato. Una delle guardie, ha detto Nidal, ha preso un secchio dell’immondizia e glielo ha messo sulla testa, mentre il gruppo rideva e lo scherniva.

Pure Ahmad, un sedicenne anch’egli di Issawiya, arrestato in aprile, è stato portato nel “Russian compound”, dove gli hanno ordinato di stare in ginocchio a testa bassa per tre ore. Prima dell’ interrogatorio, un poliziotto ha tagliato con un coltello il cappio usato per ammanettare Ahmad, ferendolo.

Ahmad ha detto che il profondo taglio sulla sua mano non è stato curato durante l’interrogatorio di tre ore da parte di cinque inquirenti israeliani, che gli urlavano contro e lo hanno picchiato diverse volte anche sulla testa, sostenendo che si stava comportando in modo “irritante”.

Masalha ha anche citato il caso del diciassettenne Umran del distretto di Tulkarem in Cisgiordania, arrestato in maggio mentre camminava per strada. Umran sarebbe stato ripetutamente picchiato mentre era detenuto.

I soldati lo hanno portato da un posto all’altro dal pomeriggio alla sera dopo il suo arresto, lo hanno condotto fino al muro di separazione israeliano e là gli hanno scattato fotografie con in mano la sua carta d’identità, tra le risate. Infine al mattino Umran è stato portato in una struttura di sicurezza prima di essere trasferito in una prigione israeliana.

In agosto il Comitato Palestinese per le questioni dei prigionieri ha dichiarato che le forze israeliane avevano arrestato 560 ragazzi a Gerusalemme est occupata dall’inizio del 2016.

Secondo il Comitato le forze israeliane hanno imprigionato 30 ragazzi palestinesi nel mese di agosto, alcuni dei quali tredicenni, ed hanno incassato 65.000 shekels ( circa 15 dollari) di multa dalle loro famiglie, mentre la maggior parte dei detenuti ha detto di essere stato picchiato e torturato durante la detenzione e l’interrogatorio e di essere stati trasportati da un centro di detenzione all’altro.

Negli ultimi mesi le forze israeliane hanno operato un giro di vite nei confronti dei ragazzini a Gerusalemme est, dal momento che le comunità palestinesi nella città occupata hanno incominciato a risentire delle conseguenze della legislazione approvata tra il 2014 e il 2015, che aumenta le pene per chi lancia pietre, consentendo che siano loro comminate condanne a 20 anni nel caso sia provata l’intenzione di ferire, e fino a 10 anni in caso contrario.

L’associazione per i diritti ‘Defense for Children International-Palestina (DCIP)’ ha citato in un rapporto di luglio molti casi di minori palestinesi che hanno ricevuto condanne al carcere per periodi dai 12 ai 39 mesi, con fino a tre anni di libertà vigilata.

I diffusi arresti fanno luce sugli abusi ampiamente documentati di ragazzi palestinesi da parte delle forze israeliane e sulle dure prassi di interrogatorio utilizzate per estorcere confessioni, che sono da tempo oggetto di critica da parte della comunità internazionale.

Secondo il DCIP, i minori di Gerusalemme, benché in teoria abbiano maggiori diritti dei ragazzi palestinesi nella Cisgiordania occupata, che sono soggetti ad un draconiano sistema di detenzione militare, tuttavia “non godono dei diritti che gli spetterebbero” all’interno del sistema giudiziario civile israeliano.

Su 65 casi documentati dal DCIP nel 2015, “più di un terzo dei ragazzi di Gerusalemme è stato arrestato di notte (38,5%), la grande maggioranza (87,7%) è stata legata durante l’arresto e solo un’esigua minoranza di ragazzi (10,8%) ha potuto avere la presenza di un familiare o un avvocato durante l’interrogatorio.”

Ayed Abu Eqtaish, direttore del programma di responsabilizzazione del DCIP, è stato citato nel rapporto con queste parole: “Le modifiche del codice penale e delle linee guida politiche a partire dal 2014 sono discriminatorie e hanno come obbiettivo i palestinesi, specificamente i ragazzi. Israele è firmatario della Convenzione per i Diritti dell’Infanzia e facciamo appello perché rispetti le proprie responsabilità.”

Secondo l’associazione per i diritti dei prigionieri Addameer, gli interrogatori dei ragazzini palestinesi possono durare fino a 90 giorni, durante i quali, oltre ad essere picchiati e minacciati, sono spesso riportati casi di violenza sessuale e detenzione in isolamento per ottenere confessioni, mentre i verbali delle confessioni che sono costretti a firmare sono in ebraico – lingua che la maggior parte dei minori palestinesi non parla.

Secondo Addameer, fino ad agosto risultavano essere stati detenuti nelle prigioni israeliane 7000 palestinesi, 340 dei quali erano minori.

Traduzione di Cristiana Cavagna