Le forze di sicurezza palestinesi si ritirano dalla zona B di Gerusalemme

23 maggio 2020 – Middle East Monitor

L’agenzia Anadolu [agenzia di stampa turca, ndtr.] informa che le forze di sicurezza palestinesi si sono ritirate dai villaggi e dai sobborghi di Gerusalemme classificati come zona B dagli Accordi di Oslo.

Secondo i testimoni le forze palestinesi hanno abbandonato le cittadine nordoccidentali di Iksa, Qatanna e Biddu, e quelle settentrionali di Abu Dis e Izarriya.

Benché l’Accordo di Oslo II, firmato nel 1995 tra l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina ed Israele, designi la zona B come sottoposta al controllo di sicurezza israeliano, Tel Aviv ha permesso alle forze di sicurezza palestinesi di dispiegarvisi a causa della pandemia da coronavirus.

I funzionari palestinesi non hanno ancora chiarito se la misura sia collegata alle recenti affermazioni del presidente Mahmoud Abbas sul ritiro della Palestina dai precedenti accordi con Stati Uniti e Israele, in quanto è previsto che Tel Aviv si annetta vaste aree della Cisgiordania occupata.

Martedì Abbas ha detto che il Paese stava interrompendo tutti gli accordi e le intese firmati con Israele e con gli Stati Uniti, compresi quelli sulla sicurezza.

Ha affermato che la Palestina ritiene l’amministrazione USA responsabile dell’occupazione del popolo palestinese e la considera un complice fondamentale delle azioni e decisioni di Israele contro i diritti dei palestinesi.

Da parte sua, mercoledì il Primo Ministro palestinese Mohammad Shtayyeh ha ordinato di mettere in atto le decisioni di Abbas di troncare i rapporti con Israele e gli USA.

Di conseguenza, nella riunione governativa straordinaria tenutasi nel pomeriggio, Shtayyeh ha ordinato a tutti i ministeri di prendere concrete e urgenti misure relativamente alle decisioni di Abbas.

L’iniziativa è stata presa come protesta per le minacce israeliane di annettere parte dei territori palestinesi occupati nel 1967.

In base all’Accordo di Oslo II i territori palestinesi della Cisgiordania occupata furono divisi in zone A, B e C.

La zona A comprende il 18% della Cisgiordania ed è controllata dall’Autorità Nazionale Palestinese, sia per quanto riguarda la sicurezza che l’amministrazione.

La zona B comprende il 21% della Cisgiordania ed è sottoposta all’amministrazione civile palestinese e alla gestione della sicurezza israeliana.

La zona C comprende il 61% della superficie della Cisgiordania ed è sotto il controllo amministrativo e di sicurezza di Israele, cosa che implica l’approvazione delle autorità israeliane per qualunque progetto o iniziativa palestinese al suo interno.

(Traduzione dallo spagnolo di Cristiana Cavagna)




I palestinesi promettono di sfidare l’ordine israeliano sulla questione dei pagamenti ai prigionieri

MEE e agenzie

9 maggio 2020 – Middle East Eye

L’ordine militare israeliano sospenderebbe i sussidi destinati a sostenere i prigionieri e le loro famiglie

Venerdì notte i leader palestinesi hanno promesso di sfidare un ordine militare israeliano che potrebbe sospendere i pagamenti straordinari destinati a sostenere i prigionieri, i loro parenti e le famiglie delle persone uccise durante i disordini.

L’ordine, che dovrebbe entrare in vigore sabato, minaccia multe e carcere per chiunque effettui tali pagamenti e nei giorni scorsi ha sollecitato le banche palestinesi a chiudere i conti dei prigionieri e delle loro famiglie. Israele considera il programma [di sussidi] una ricompensa per la violenza e da tempo cerca di eliminarlo.

Il Times of Israel ha riferito che Ramallah [il governo dell’Autorità Nazionale Palestinese, ndtr.] ha promesso di proseguire i sussidi a circa 11.000 persone e famiglie, descrivendoli come una forma di welfare sociale e di compensazione per ciò che sostiene essere un iniquo sistema di giustizia militare.

I prigionieri e le loro famiglie sono per lo più considerati eroi da molti palestinesi e la chiusura dei conti bancari ha scatenato una furiosa reazione. Due filiali di una banca, la Cairo Amman Bank, sono state attaccate nella notte; una è stata data alle fiamme e l’altra presa a colpi di fucile.

Ci sono 13 banche attive nelle zone della Cisgiordania governate dall’Autorità Nazionale Palestinese. Il Times ha riportato che sette di esse sono di proprietà palestinese, cinque sono giordane e una egiziana.

Secondo l’Associazione dei prigionieri palestinesi, quattro banche hanno iniziato a chiudere i conti.

In un comunicato visionato dalla agenzia Reuters l’esercito israeliano ha affermato che l’ordine militare gli consente di sequestrare le risorse appartenenti a coloro che commettono un crimine contro la sicurezza.

Ma venerdì notte il Primo Ministro palestinese Mohammad Shtayyeh ha detto che le banche hanno accettato di riaprire i conti. “Le famiglie dei prigionieri possono attivare i loro conti bancari a partire da domenica,” ha affermato in una dichiarazione. “Respingiamo le minacce israeliane alle banche riguardo fondi destinati ai prigionieri e ai martiri e non ci piegheremo ad esse.”

Samer Bani Odeh, un cinquantunenne rilasciato nel 2011 dopo aver trascorso 16 anni in un carcere israeliano per appartenenza ad un gruppo armato, ha detto alla Reuters che la Cairo Amman Bank gli aveva comunicato la chiusura del suo conto.

Un dirigente della banca di Nablus ci ha incontrati (un gruppo di prigionieri) e ha detto: ci dispiace, ma dobbiamo chiudere i vostri conti. Questo non dipende da noi,” ha detto Odeh.

L’Associazione delle Banche in Palestina ha difeso la chiusura dei conti in quanto finalizzata a proteggere i beni dei prigionieri dal sequestro e le banche dalla punizione israeliana. Ha invitato l’ANP a trovare un altro modo per effettuare i pagamenti.

L’Autorità Nazionale Palestinese dispone di un limitato autogoverno in alcune parti della Cisgiordania, terra occupata da Israele dalla guerra del 1967 ed in cui vivono circa 3 milioni di palestinesi.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)