Israele non può essere accusato di niente

Israele non può essere accusato di niente, grazie alla narrazione della cultura dell’hasbara della vittimizzazione ebraica.

L’etnocentrismo ha devastato la cultura politica ebraica.

Yakov Hirsch

20 settembre 2021 – Mondoweiss

 

Il mio lavoro si concentra sulla cultura dell’hasbara: la costruzione sociale di una realtà alternativa che si centra sulla vittimizzazione del popolo ebraico che ha poco a che vedere con il mondo reale. Ma, nonostante le idee della cultura dell’hasbara siano a-storiche, i suoi concetti e discorsi sull’odio contro gli ebrei sono ora un’opinione diffusa nella cultura politica ebraica e americana. E ciò ha avuto parecchie conseguenze disastrose per il mondo in cui viviamo.

Hasbara è la parola israeliana per propaganda, e la cultura dell’hasbara sostiene che l’antisemitismo è un odio unico che va collocato in una categoria differente dalle altre forme di odio. E i guardiani della narrazione della vittimizzazione fanno tutto il necessario per continuare a mantenere questa prospettiva. In un editoriale del 2009 sul NYT riguardo ai “timori di Israele” Jeffrey Goldberg ha espresso perfettamente la prospettiva della cultura dell’hasbara riguardo all’antisemitismo “eterno”:

“L’antisemitismo è un odio sui generis che è mutevole, impermeabile alla logica ed eterno.”

È impossibile comprendere il mondo attuale senza prima capire la grande lotta della cultura dell’hasbara contro questo “odio sui generis”. I proseliti della cultura dell’hasbara sottolineano eventi della storia ebraica per trasmettere la convinzione che tutto il mondo sia ossessionato, e sempre lo sia stato, dall’eliminazione degli ebrei, arrivando fino ad oggi con l’esistenza dello Stato ebraico.

La prospettiva vittimistica di Yair Rosenberg non riflette il mondo reale. Come ho dimostrato nel mio ultimo articolo, la nuova serie di video di Rosenberg “per spiegare l’antisemitismo” ascrive agli eventi uno scorretto “significato” più ampio. Gli esseri umani, i loro pensieri e motivi individuali non sono come i sostenitori della cultura dell’hasbara di solito interpretano il mondo. I sostenitori della cultura dell’hasbara sono alla continua ricerca di quel “significato più ampio”.

Nel suo video “Al di là di sinistra e destra” Yair Rosenberg sostiene che l’antisemitismo continua a prosperare oggi perché persone di destra come di sinistra tendono a vigilare contro il fanatismo antiebraico solo quando proviene dai loro nemici politici. La voce narrante afferma che si capisce perché ciò avvenga.

“È molto più difficile parlarne quando l’intolleranza viene dai tuoi amici e alleati.” Con chi riesci a provocare dei cambiamenti, chiede: con i tuoi amici o con i tuoi nemici? Nella tua comunità o in quella di qualcun altro? Quindi, mentre la destra denuncia l’antisemitismo nella sinistra e la sinistra denuncia quello di destra, esse non condannano gli intolleranti della propria parte politica.

Nell’immaginario della cultura dell’hasbara quello che gli storici chiamano “essere antisemita” è un’incessante persecuzione degli ebrei. E di conseguenza gli ebrei devono essere protetti. Questo è il ruolo e il dovere che si sono assunti i giornalisti della cultura dell’hasbara. E, dato che secondo la cultura dell’hasbara il popolo ebraico e ora Israele sono eternamente vittime, diventano anche eternamente innocenti.

Il risultato di questa innocenza “fuori dalla storia” è che ora diventa “comprensibile” qualunque odio e razzismo che provenga dalla comunità ebraica.

Prendete in considerazione l’opinione di Yair Rosenberg sull’ ‘imbarazzante’ politica israeliana Miri Regev, ex-ministra della Cultura di Benjamin Netanyahu. Secondo Rosenberg l’estremismo di destra di Regev è comprensibile a causa dei tweet antisemiti che egli ha trovato su Twitter.

“Miri Regev è una dei ministri di Israele più di destra, demagogica e imbarazzante, ma menzogne inquietanti come queste sul potere malvagio di Israele aiutano la gente come lei ad essere eletta.”

E non si tratta solo di Rosenberg. Tutta una generazione di giornalisti della cultura dell’hasbara ha imposto a forza al mondo reale la sua prospettiva vittimistica: l’antisemitismo eterno rende comprensibile qualunque cosa Israele e i suoi sostenitori dicano. Prendete in considerazione la reazione di Jeffrey Goldberg [giornalista USA, ndtr.] all’accoglienza estasiata che l’AIPAC [principale organizzazione della lobby filoisraeliana negli USA, ndtr.] ha riservato a Donald Trump nel 2016:

“Quanti di voi sono sorpresi che un pubblico filo-israeliano abbia apprezzato un discorso filo-israeliano di Donald Trump dovrebbero smettere di essere sorpresi.”

Quello a cui dovrebbe rispondere Jeffrey Goldberg se gli venisse chiesto è: “Perché la gente dovrebbe smettere di manifestare sorpresa riguardo all’entusiasmo delirante del pubblico dell’AIPAC per Donald Trump? Quello che Goldberg dovrebbe dire è la differenza tra il pubblico dell’AIPAC e la solita folla seguace di Trump che Goldberg ha passato anni a condannare incessantemente. Perché Goldberg sta concedendo un’approvazione a un’organizzazione ebrea filo-israeliana che non attribuirebbe a un’altra aggregazione favorevole a Trump? Dov’è finito il suo usuale moralismo?” La sua risposta a questa domanda spiegherebbe parecchio.

Tutto ciò che deve avvenire per dare un senso al mondo è che Jeffrey Goldberg risponda a questa domanda.

Si noti che Peter Beinart [noto intellettuale e commentatore ebreo americano, ndtr.] non ha nessun problema a condannare quello stesso evento. Come ho già sostenuto, l’importanza culturale di Peter Beinart è che egli è il giornalista ebreo più influente senza che abbia una prospettiva vittimistica.

Il discorso della politica estera è pieno di esempi di come la prospettiva vittimistica modelli il mondo. Come Bret Stephens ha spiegato ai lettori del New York Times perché sembrava che Israele stesse per annettere i territori? Ha detto che la mano di Netanyahu era stata forzata dalle critiche globali contro Israele.

Naturalmente, secondo la prospettiva vittimistica di Stephens, annettere i territori è “comprensibile”.

Questa prospettiva vittimistica rende legittima qualunque cosa abbia fatto Netanyahu. Ho già denunciato ad alta voce quanti collaborano con Netanyahu per fuggire dal luogo del loro delitto culturale.

Si veda questo tweet di David Frum. Frum è stato dalla parte di Netanyahu contro il giornale [israeliano] progressista Haaretz. Dopo che Chemi Shalev di Haaretz ha twittato un editoriale del New York Times in cui si sosteneva che “Benjamin Netanyahu sta schiacciando la stampa libera di Israele,” Frum ha risposto:

“Il malefico piano di Netanyahu per schiacciare la stampa? Consentire l’esistenza di un giornale che non piace alla sinistra israeliana. Proprio così.”

Il lungo regno di Netanyahu non può essere compreso senza prendere in considerazione la protezione culturale garantita da questi giornalisti ebrei. Non era Jeffrey Goldberg l’esperto numero 1 al mondo su Israele e Netanyahu quando Obama e Kerry erano apparentemente così anti-israeliani? Dov’è andato? Chi meglio di Goldberg per spiegare come sia possibile che il corrotto uomo forte sacro della cultura dell’hasbara sia arrivato in un attimo a diventare dittatore degli ebrei? Ma, come previsto, una volta diventato capo-redattore dell’Atlantic [rivista USA progressista di cultura e politica estera, ndtr.]  sotto Trump, Goldberg ha perso ogni interesse in Israele e nelle questioni ebraiche che gli hanno fatto fare carriera.

Vediamo qualche altra azione “comprensibile” degli israeliani. Secondo la cultura dell’hasbara è comprensibile che gli ebrei israeliani lincino arabi. Leggete solo l’articolo di Jeffrey Goldberg del 2012 “Un quasi linciaggio a Gerusalemme”, in cui ha richiamato all’ordine la giornalista del NYT Isabel Kershner per aver definito “linciaggio” un’imboscata di ebrei contro un arabo. Ancora una volta, in base alla cultura dell’hasbara l’attacco contro arabi innocenti è comprensibile.

“Questo tipo di cose non sono realmente una novità. Avendo scritto un articolo sul corteo funebre di Meir Kahane, il rabbino razzista assassinato a New York più di 20 anni fa, posso testimoniare il fatto che teppisti ebrei, molti dei quali provenienti dai quartieri più poveri di Gerusalemme (e molti che sono discendenti di ebrei fuggiti o espulsi da Paesi arabi), si sono periodicamente scagliati contro arabi innocenti. Lo hanno fatto durante il funerale e in incidenti successivi.”

Notate il sottotesto: dopotutto questi ebrei provenivano da quartieri poveri e molti di loro erano discendenti di ebrei che fuggirono, o furono espulsi, da Paesi arabi. Quindi la loro vendetta è naturale.

Sono questo offuscamento e oscurantismo che DEVONO portare ai pogrom contro gli arabi che da allora sono diventati eventi quasi settimanali.

Il punto di vista della cultura dell’hasbara sull’innocenza di Israele di fronte all’eterno antisemitismo è la ragione per cui l’onesto Rosenberg e altri combattenti contro l’odio sono rimasti in silenzio mentre l’epoca dell’odio da anni ’30 si ripeteva di fronte a tutto il mondo. Il loro discorso vittimistico porta alla totale impunità e immunità di Benjamin Netanyahu. Si legga questo tweet di Eli Lake:

“Fantastico articolo di @LahavHarkov [giornalista israeliana del Jerusalem Post, ndtr.] su Tablet riguardo alla disponibilità di Israele nei confronti dei regimi autoritari e alla complicata posizione in cui mette lo Stato ebraico. Lo consiglio caldamente.”

C’è da meravigliarsi che Netanyahu sia andato in giro per il mondo a distribuire programmi di spionaggio informatico a regimi reazionari? I giornalisti della cultura dell’hasbara gli coprono le spalle. Secondo la prospettiva vittimistica Netanyahu è in una “posizione difficile” e cerca di proteggere Israele. Qualunque cosa Netanyahu abbia fatto è diventata “comprensibile” e nessuno lo sa più di Netanyahu. Come ho sostenuto, questo è stato il segreto del suo successo.

E dalla prospettiva della vittimizzazione ebraica Israele non può essere accusato di niente. Perché? Perché essere troppo duri con Israele “rafforzerà” gli antisemiti e provocherà il rischio della distruzione di Israele. Si veda questo tweet di Rosenberg per capire come la cultura dell’hasbara risponda alle accuse di apartheid contro Israele. Secondo la dottrina della cultura dell’hasbara, “la progressione dei tweet affatto sorprendente” è il passaggio da “Israele è colpevole di apartheid” all’idea che “l’Olocausto non ci sia mai stato”.

È proprio così? Quelli di noi che vivono nel mondo reale sanno che sono stati i soldi e la cultura dell’hasbara di Sheldon Adelson [miliardario ebreo statunitense, ndtr.] che hanno dettato la politica di Trump riguardo a Israele, per non parlare della costante pressione di suo [di Trump] genero a favore di Israele. Questo è un altro esempio del fatto che Israele e il popolo ebraico sono stati tolti dalla storia, come ho scritto nel mio ultimo articolo.

Quindi perché la cultura dell’hasbara pensa che così tanti ce l’abbiano e sempre ce l’avranno con il popolo ebraico? O, come dice Bari Weiss [giornalista del Wall Street Journal, del NYT e di Die Welt, ndtr.], perché “tutti odiano gli ebrei”?

La risposta della cultura dell’hasbara è che il popolo ebraico è migliore di qualunque altro popolo. Yair Rosenberg descrive quanto sia eccezionale il popolo ebraico.

“Nessuno che conosca gli ebrei rimarrà sorpreso che Israele abbia definito la protesta come un diritto fondamentale che è consentito persino durante un lockdown d’emergenza.”

È così che due anni fa Bari Weiss ha detto a Jake Tapper [noto giornalista televisivo USA, ndtr.] nel [centro culturale ebraico, ndtr.] 92d Street Y:

“La nostra unicità è ciò che continua a far impazzire la gente.”

L’etnocentrismo che si nota in questo articolo ha devastato la cultura politica ebraica. E non c’è una lotta ebraica più importante che smentire questa sacra prospettiva vittimista della cultura dell’hasbara.

 

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)

 




Il NYTimes nasconde le uccisioni di manifestanti non violenti sul confine di Gaza da parte di Israele

James North

30 marzo 2018, Mondoweiss

Nota redazionale: riteniamo interessante per il lettore italiano questo articolo in quanto non solo il New York Times è uno dei più importanti giornali al mondo, ma anche perché buona parte delle critiche qui proposte si può applicare ai tre principali quotidiani italiani, che hanno parlato degli ultimi avvenimenti a Gaza come di “guerra”, “guerriglia”, “sparatorie”, “Assedio alle frontiere”, “giorno di battaglia”, come se da entrambe le parti ci fosse stata un’aggressione armata. Infine, come nel caso del quotidiano statunitense, nessuno dei giornalisti di questi quotidiani era presente o ha cercato di intervistare i manifestanti palestinesi.

Oggi il NYTimes continua con la sua informazione di parte su Israele/Palestina, con un reportage scioccante a senso unico che cerca di nascondere come Israele abbia aperto il fuoco contro una protesta palestinese non violenta e di massa all’interno dei confini di Gaza.

La disonestà inizia dalla prima frase dell’articolo del Times, in cui si asserisce che le proteste “sono degenerate quasi subito nel caos e nel bagno di sangue”, con “almeno cinque palestinesi uccisi in scontri con i soldati israeliani.”

Si noti lo scaltro tentativo di usare l’indeterminatezza per nascondere il fatto che Israele ha sparato munizioni letali (“sono degenerate…in un bagno di sangue”), e “scontri” – insinuando che entrambe le parti siano in qualche modo responsabili dei cinque morti.

La parzialità continua nel secondo paragrafo dell’articolo del Times, in cui sostiene – senza virgolette – che “migliaia di palestinesi stavano provocando disordini in sei località lungo il confine.” Al contrario, sia il Guardian [quotidiano inglese di centro sinistra, ndt.] che la BBC [televisione pubblica inglese, ndt.] nei loro reportage presentano le parole “provocando disordini” tra virgolette, e l’attribuiscono chiaramente all’esercito israeliano, sottolineando che si tratta della versione di una parte, non di un fatto dimostrato. Ecco la versione della BBC: “L’esercito israeliano ha informato di ‘disordini’ in sei luoghi ed ha affermato che stava ‘sparando contro i principali sobillatori.’”

La disonestà continua. Il Times descrive Hamas come “il gruppo di miliziani islamisti che domina Gaza ed è noto per la sua resistenza armata.” Va bene, piuttosto tendenzioso, ma dov’è la descrizione di Israele come “un governo che ha massicciamente attaccato Gaza per tre volte dal 2008, uccidendo migliaia di persone, per lo più civili e molti bambini?”

Poi il Times cita il blocco israeliano di Gaza, “che Israele definisce una necessità assoluta per la sicurezza.” Ma non leggerete l’altra versione, cioè che molti altri, palestinesi ed alcuni israeliani, controbattono che Israele continua con il blocco essenzialmente non per proteggere se stesso, ma per soffocare e screditare Hamas, che ha vinto le elezioni a Gaza nel 2006.

Poi ancor più di parte. Il Times: “Preparandosi alla violenza, Israele ha praticamente raddoppiato le sue forze lungo il confine, schierando cecchini, unità speciali e droni…” Ma c’è un’altra, molto più corretta, versione della vicenda: “Israele, per affrontare una sconfitta propagandistica in quanto migliaia di gazawi avevano lanciato una pacifica protesta di massa, ha fatto tutto il possibile per provocare la violenza e screditare la manifestazione ed intimidire ancora una volta i gazawi.”

Nascosta nell’articolo del Times c’è solo una minima cosa su quello che è realmente avvenuto, una citazione di B’Tselem, l’organizzazione israeliana per i diritti umani: B’Tselem “in un comunicato ha avvertito che ogni politica di ‘sparare per uccidere’ contro manifestanti disarmati sarebbe illegale…”

Quello che è sconvolgente e vergognoso nell’articolo del Times è che finora non c’è nessun reportage di prima mano da Gaza. Un giornale realmente interessato alla verità avrebbe mandato dei giornalisti sul confine a Gaza e avrebbe chiesto a qualcuno delle migliaia di manifestanti palestinesi cosa gli sia realmente successo – invece di ripetere solo [quello che ha detto] l’esercito israeliano.

(traduzione di Amedeo Rossi)