Guerra Israele-Palestina: il gabinetto di guerra israeliano “blocca la proposta del capo del Mossad” di riprendere i colloqui in Qatar

Redazione di MEE

14 dicembre 2023-Middle East Eye

David Barnea si è offerto di avviare i negoziati sugli ostaggi, ma secondo Channel 13 i ministri non vogliono che sia Israele a fare la prima mossa

Il capo del Mossad si è offerto di recarsi in Qatar per riavviare i negoziati per la liberazione dei prigionieri israeliani detenuti a Gaza, ma secondo un rapporto pubblicato dall’ emittente israeliana Channel 13 il gabinetto di guerra israeliano ha rifiutato l’offerta,

Secondo fonti affidabili su questa questione, David Barnea non è stato inviato a Doha a causa della percezione [del governo israeliano, ndt.] che gli alti funzionari di Hamas in Qatar siano stati esautorati dai suoi leader a Gaza.

Il rapporto, pubblicato mercoledì sera, afferma che i ministri israeliani non proporranno un accordo né avvieranno colloqui, a meno che non siano convinti che Hamas intenda stringere un altro accordo.

Le fonti hanno detto a Channel 13 che il primo ministro Benjamin Netanyahu, il ministro della Difesa Yoav Gallant e il politico dell’opposizione Benny Gantz, che fa parte del gabinetto di guerra, sono tutti d’accordo sul fatto che Israele non dovrebbe prendere l’iniziativa per un accordo.

Il rapporto afferma inoltre che Netanyahu e Gallant sono favorevoli ad aspettare che Hamas faccia una mossa, mentre Gantz ritiene che i mediatori del Qatar dovrebbero essere spinti a portare avanti i negoziati.

Giovedì, Al-Araby al-Jadeed [sito di notizie noto anche come The New Arab, ndt.] citando fonti egiziane ha riferito che Israele si è rivolto all’Egitto per condurre negoziati su un accordo per il rilascio dei prigionieri.

Le fonti dicono che il capo dell’intelligence egiziana Abbas Kamel ha parlato al telefono con Barnea domenica.

Il capo dell’ufficio politico di Hamas a Gaza, Basem Naim, ha negato che siano avvenuti nuovi negoziati sui prigionieri con i mediatori.

A Gaza sono ancora tenuti prigionieri circa 140 ostaggi

Alla fine di novembre una pausa di sette giorni ha dato una breve tregua ai palestinesi dell’enclave che erano stati sotto costante bombardamento israeliano. Ha inoltre aperto la strada al rilascio di palestinesi detenuti nelle carceri israeliane e di ostaggi tenuti prigionieri a Gaza.

Circa 240 palestinesi sono stati rilasciati dalle carceri israeliane in cambio di 105 ostaggi tenuti prigionieri a Gaza.

I palestinesi rilasciati erano donne e giovani. La CNN ha riferito che dei primi 150 palestinesi rilasciati, 98 non erano stati accusati di alcun reato.

Si ritiene che gli ostaggi liberati da Gaza fossero tutti civili, tra cui diverse donne e bambini. La stragrande maggioranza sono cittadini israeliani, anche se molti hanno la doppia nazionalità. Tra i liberati figurano 23 cittadini thailandesi. Si ritiene che circa altre 140 persone siano rimaste prigioniere a Gaza, secondo le stime ufficiali israeliane. Secondo Hamas, diversi prigionieri israeliani sono stati uccisi dai bombardamenti e dai raid israeliani.

La campagna di bombardamenti israeliana che dura da due mesi ha ucciso oltre 18.608 palestinesi a Gaza, tra cui oltre 7.000 minori.

Ciò è avvenuto dopo l’attacco a sorpresa di Hamas nel sud di Israele, che ha ucciso almeno 1.140 persone, per lo più civili.

(traduzione dall’inglese di Giuseppe Ponsetti)




Media israeliani: gli ostaggi israeliani rilasciati da Gaza non hanno subito torture o sevizie

Redazione di MEMO

27 novembre 2023 – Middle East Monitor

L’agenzia Anadolu riferisce che lunedì i media israeliani hanno dichiarato che gli ostaggi israeliani rilasciati da Gaza non hanno subito torture o sevizie da parte dei gruppi palestinesi.

Il Canale 12 israeliano ha affermato di aver incontrato un certo numero di parenti degli ostaggi israeliani rilasciati da Hamas a Gaza che hanno confermato che [gli ostaggi] non sono stati esposti ad alcuna forma di tortura o maltrattamenti.

Il Canale ha tuttavia affermato che gli ostaggi hanno ricevuto quantità limitate di cibo.

Il Canale ha riferito “che nelle ultime due settimane, a Gaza è finito il cibo, per cui hanno dovuto accontentarsi di poco riso e che erano molto affamati.”

Lo Stato di Israele non permette ancora agli ostaggi rilasciati di parlare con i media. Tuttavia alcuni dei loro parenti hanno parlato con i media senza menzionare i loro nomi.

Agli ostaggi a Gaza era permesso ascoltare i canali radio israeliani.

Un dottore israeliano che ha esaminato gli ostaggi rilasciati ha affermato che essi “ricevevano riso, ceci, fagioli e pane, aggiungendo che alcuni di loro sono dimagriti.”

Il dottore ha affermato che “uno degli ostaggi ha perso 20 chili di peso, uno 9 e un altro 12.”

Il 24 novembre la pausa umanitaria tra lo Stato di Israele e le fazioni palestinesi inizialmente definita per quattro giorni è entrata in vigore alle 7 di mattina ora locale (alle 5 ora di Greenwich).

L’accordo per una pausa umanitaria include il rilascio di 50 ostaggi israeliani da Gaza in cambio del rilascio di 150 palestinesi e dell’ingresso di centinaia di camion carichi di aiuti umanitari, aiuti sanitari e carburante in tutte le aree della Striscia di Gaza.

Lunedì il Qatar ha annunciato l’estensione della pausa umanitaria temporanea per altri due giorni.

Lo Stato di Israele ha lanciato una massiccia campagna militare nella Striscia di Gaza in seguito all’attacco di Hamas del 7 ottobre sul confine.

Da allora ha ucciso almeno 14.854 palestinesi, inclusi 6.150 minori e oltre 4.000 donne secondo le autorità sanitarie dell’enclave. Il numero ufficiale delle vittime israeliane è fermo a 1.200.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Quello che gli israeliani non vogliono credere sui palestinesi liberati in cambio degli ostaggi

Orly Noy

23 novembre 2023 – +972 Magazine

La lista dei palestinesi destinati a essere scambiati con israeliani dovrebbe far riflettere sul ruolo degli arresti di massa nell’occupazione.

Stamattina Israele e Hamas hanno definito i dettagli di un accordo per sospendere le ostilità nella Striscia di Gaza a quasi sette settimane dall’inizio della guerra. L’accordo include un cessate il fuoco di quattro giorni e lo scambio di 50 ostaggi israeliani con 150 “prigionieri di sicurezza” palestinesi con la possibilità di altri scambi in un secondo tempo. Questi sono i termini che Hamas avrebbe offerto a Israele settimane fa nelle prime fasi della guerra, ma il primo ministro Benjamin Netanyahu ha preferito lanciarsi in una guerra totale contro la Striscia assediata, uccidendo oltre 14.000 palestinesi, anche a scapito della salvezza e del benessere degli ostaggi israeliani, prima di prendere in considerazione un accordo. 

Israele ha pubblicato i nomi dei 300 prigionieri palestinesi che intende liberare come parte dell’accordo o in seguito alla liberazione di altri ostaggi israeliani, per permettere la presentazione di ricorsi nei tribunali israeliani contro il rilascio di specifici individui. Per il momento tutti gli ostaggi e i prigionieri da scambiare sono donne e minori. Tuttavia molti della destra israeliana e forse nell’opinione pubblica credono che il governo stia facendo una significativa concessione liberando pericolosi “terroristi” per il bene di pochi ostaggi.

Leggendo la lista dei prigionieri palestinesi scelti per il rilascio la prima cosa che colpisce è la loro età. La gran maggioranza, 287, ha 18 anni o meno, compresi cinque quattordicenni, cosa che solleva la domanda: come può un quattordicenne essere un “prigioniero di sicurezza?”

I nomi sulla lista includono persone che apparterrebbero a fazioni politiche palestinesi come Hamas, Fatah, Jihad Islamica e Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP), e anche molti che non sono affiliati ad alcun gruppo. Nessuno è stato condannato per omicidio. Alcuni sono stati condannati per tentato omicidio mentre la maggioranza è stata accusata di reati minori, fra cui molti arrestati per il lancio di pietre. Uno di loro, un diciassettenne, è stato dietro le sbarre per due anni per aver gettato pietre contro un veicolo militare israeliano a Gerusalemme, la stessa città dove i coloni ebrei possono scatenare disordini contro i palestinesi che raramente finiscono con indagini, men che meno arresti.

Ma soprattutto la lista è una sorprendente testimonianza di come arresti e incarcerazioni siano centrali nell’occupazione e nel controllo israeliano sui palestinesi. Secondo i dati dell’organizzazione israeliana per i diritti umani HaMoked, nel novembre 2023 Israele detiene 6.809 “prigionieri di sicurezza.” Di questi 2.313 stanno scontando una pena, 2.321 non sono ancora stati condannati dal tribunale, 2.070 sono in detenzione amministrativa (incarcerazione indefinita senza prove o giusto processo) e 105 sono “combattenti illegali” arrestati durante gli attacchi di Hamas del 7 ottobre nel sud di Israele.

Quasi tutti i 300 palestinesi destinati al rilascio sono prigionieri relativamente recenti, arrestati negli ultimi due anni. Fanno eccezione 10 donne di Gerusalemme e Cisgiordania che sono in prigione dal 2015-17, in maggioranza con l’accusa di aver commesso o tentato di commettere attacchi all’arma bianca contro soldati israeliani, alcuni senza aver causato alcun danno, mentre altri hanno provocato lesioni da lievi a moderate.

Va ricordato che tutto ciò è supervisionato dallo stesso sistema giuridico che, fra innumerevoli altri esempi, ha deciso di chiudere il caso contro un colono israeliano che ha accoltellato a morte un giovane palestinese nel maggio 2022 perché “non è possibile escludere la versione [del sospettato] di aver agito per legittima difesa.” È lo stesso sistema che a luglio di quest’anno ha assolto un poliziotto israeliano che ha ucciso Iyad al-Hallaq, un palestinese affetto da autismo, nonostante chiare testimonianze e video che provavano che era disarmato e non rappresentava un pericolo di alcun genere. 

Ciò va ad aggiungersi al fatto che i “prigionieri di sicurezza” sono giudicati da un sistema separato di tribunali militari che vanta un tasso di condanne tra il 95 e il 99%. Agli occhi del regime di apartheid israeliano la tolleranza è un diritto riservato solo agli ebrei.

Mentre gli ebrei che causano disordini, che attaccano e persino uccidono palestinesi godono dell’immunità, la lista dei prigionieri ci ricorda che i palestinesi possono essere arrestati in massa solo in base alle “intenzioni” di compiere un atto violento. Uno di quelli sulla lista, una donna di 45 anni di Gerusalemme, è stata in carcere per oltre due anni perché “è stata colta nella Città Vecchi con un coltello in mano,” e “ha detto che intendeva compiere un attacco.” Intanto il ministro kahanista [dell’estrema destra che si ispira al pensiero del rabbino Meir Kahane, ndt.] della Sicurezza Nazionale israeliana incita gli ebrei ad armarsi mentre distribuisce armi come caramelle e molti israeliani di destra stanno scrivendo innumerevoli messaggi, pubblici e privati, annunciando allegramente la loro intenzione di “ammazzare quanti più arabi possibile.”

Talvolta sul capo d’accusa non appare neanche “l’intenzione”. Un diciottenne di Gerusalemme è stato “arrestato con altri perché gridava ‘Allahu Akbar.” Una diciottenne della Cisgiordania è stata imprigionata per mesi per “incitamento su Instagram.” Fra gli israeliani, per contro, espliciti inviti al genocidio sono considerati un modo legittimo per sollevare il morale nazionale, mentre i palestinesi con cittadinanza israeliana possono essere arrestati per aver semplicemente postato la foto di una shakshuka [uova speziate, piatto magrebino poi introdotto in Israele e nord-Africa,] accanto a una bandiera palestinese.

Delle accuse elencate solo poche sono relative all’uso di armi e di aver sparato contro l’esercito israeliano (e persino in questi casi, non ci sono state vittime). La grande maggioranza degli episodi riguarda il lancio di pietre o molotov, lanciare fuochi di artificio e causare “disturbo alla quiete pubblica.” È valsa la pena di lasciar languire a Gaza gli ostaggi israeliani, donne e bambini, per alcune settimane per poter continuare a tenere in prigione un ragazzo che ha osato gridare “Dio è grande?”

Naturalmente questa lista è composta da prigionieri “deboli”, che non solleveranno molta opposizione pubblica, mentre i prigionieri palestinesi che sono stati accusati di reati ben più gravi e di omicidio restano nelle carceri israeliane. Ma i 300 nomi che Israele è riuscito a mettere insieme, quasi tutti giovani, arrestati negli ultimi due anni e imprigionati per qualche forma di resistenza popolare, dovrebbero indurre gli israeliani alla riflessione. 

Dopo tutto, c’è un chiaro legame fra la mano pesante usata per reprimere ogni espressione di opposizione da parte palestinese e il rafforzarsi dei gruppi armati che vedono la violenza come l’unico modo di sfidare seriamente gli occupanti. Ma questo richiederebbe che l’opinione pubblica israeliana finalmente cogliesse il fatto fondamentale che se l’oppressione continua, inevitabilmente, continuerà anche la resistenza.

Orly Noy è una giornalista di Local Call, un’attivista politica e traduttrice di poesia e prosa in farsi. È presidente del consiglio di amministrazione di B’Tselem e attivista del partito politico Balad. I suoi scritti trattano delle linee che intersecano e definiscono la sua identità di mizrahi, donna di sinistra, donna, migrante temporanea che vive dentro un’immigrata permanente e il continuo dialogo fra loro.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Una lettera aperta da israeliani a israeliani: abbiamo diritto di sapere la verità sul 7 ottobre

Lettera Aperta

31 ottobre 2023 – Mondoweiss

Come israeliani chiediamo una commissione ufficiale sugli avvenimenti del 7 ottobre. In nome delle vittime israeliane, a Gaza si sta perpetrando un genocidio e non sappiamo ancora chi è stato ucciso, come e da chi. Chiediamo risposte e così dovreste fare anche voi.

*Nota dell’editore: la seguente dichiarazione è stata scritta da un gruppo di cittadini israeliani che desiderano rimanere anonimi per la propria sicurezza e per il timore di rappresaglie da parte del governo.

Ai nostri concittadini israeliani,

ci rivolgiamo a voi dalle nebbie del genocidio. Piangiamo e siamo preoccupati per “noi stessi” così come per quelli che la maggioranza di voi ignora o vede come “animali”.

Quando militari israeliani hanno iniziato a diffondere attraverso media israeliani in inglese voci riguardo a “bambini sgozzati”, siamo immediatamente rimasti sconvolti. Abbiamo compreso che la propaganda del nostro governo non sarebbe stata la stessa dei precedenti attacchi letali contro Gaza.

Mentre Israele per giustificare i bombardamenti continua a sfornare immagini di presunti “edifici di Hamas” (cosa non lo è, agli occhi di Israele?) nel campo di concentramento di Gaza, il discorso in Israele e a livello internazionale ora contiene qualcosa di molto più simile alla propaganda nazista dello sterminio.

Sappiamo qual è lo scopo di questa propaganda. Più di 8.500 bambini, donne e uomini nativi della Palestina sono stati sterminati, e mentre scriviamo il numero continua a crescere. Molti sono intrappolati tra le macerie delle loro case, e muoiono lentamente. Altri affrontano sete, fame e malattie infettive. Nel contempo importanti personalità israeliane, persino il nostro presidente, continuano a urlare che a Gaza “non ci sono civili innocenti”.

Sia chiaro, quello che Israele sta facendo ora a Gaza perseguiterà gli israeliani per decenni. Ora è il momento di fare in modo che tutti gli israeliani lo comprendano. E questa comprensione dovrebbe iniziare con la massima trasparenza riguardo agli avvenimenti del 7 ottobre 2023.

C’è qualche richiesta che ogni israeliano dovrebbe subito porre, anche se nega il genocidio in corso a Gaza. La prima è una lista completa di tutte le vittime israeliane che sono state identificate. Non c’è una lista completa sul sito ufficiale del governo. La lista pubblicata da Ha’aretz è parziale. Alcuni nomi devono ancora essere “autorizzati per la pubblicazione”, e noi vorremmo sapere cosa ciò significhi.

La mancanza di una lista completa dopo tre settimane porta alla richiesta successiva che i cittadini israeliani dovrebbero fare: la costituzione di una commissione d’indagine ufficiale. Tale commissione dovrebbero ovviamente affrontare i gravissimi errori da parte dell’intelligence e delle unità operative, così come l’insistenza israeliana nel trasformare Gaza in una prigione a cielo aperto nei decenni precedenti.

Inoltre, secondo il portavoce di Hamas, 50 prigionieri israeliani sono già stati uccisi in seguito alla decisione del nostro governo di bombardare a tappeto Gaza. Si può considerare o meno il portavoce di Hamas una fonte attendibile, ma sappiamo che gli ostaggi israeliani, cari a molti qui, sono stati distribuiti in tutta la Striscia e Israele non sembra sapere esattamente dove si trovino.

I cittadini israeliani devono chiedersi se appoggiano i bombardamenti indiscriminati che minacciano la vita degli ostaggi. Un accordo per uno scambio è già stato proposto. Sappiamo che Hamas lo ha chiesto fin dal primo giorno. La cieca vendetta genocidaria di Israele ignora il benessere degli ostaggi israeliani.

E mentre il nostro esercito stermina esseri umani a Gaza, i mezzi di informazione dell’hasbara (propaganda) israeliana sono scatenati, soprattutto all’estero. I resti carbonizzati di persone care vengono esibiti in giro, senza nome, contestualizzati solo da appelli disumanizzanti a sradicate i prigionieri del campo di concentramento di Gaza. Dopo aver visto queste immagini, rivolte a un pubblico occidentale e con totale disprezzo per le famiglie dei sopravvissuti, evidenziamo ancora una volta che abbiamo tutti diritto a informazioni precise su chi siano queste vittime e come siano morte.

Senza un’indagine indipendente possiamo solo sperare di mettere insieme articoli sporadici e testimonianze dei sopravvissuti. Prospereranno teorie cospirative. Abbiamo già visto dei tentativi di negare il fatto stesso che civili israeliani siano stati uccisi da combattenti di Hamas.

Inoltre rifiutiamo i tentativi israeliani di etichettare i soldati e altri agenti della sicurezza come vittime del terrorismo al pari dei civili. Se un soldato israeliano è un civile israeliano, un civile israeliano è un soldato. Rifiutiamo questa pericolosa equazione.

Infine, ci tormenta la domanda di chi abbia ucciso alcuni civili israeliani. Da vari resoconti emerge che alcuni sono stati uccisi dall’esercito israeliano. Che siano stati presi in mezzo a tiri incrociati o colpiti deliberatamente con carri armati o elicotteri per eliminare combattenti di Hamas o per impedire ad Hamas di prendere altri ostaggi, abbiamo diritto a una risposta.

Chiediamo risposte perché a Gaza viene perpetrato un genocidio in nome delle vittime israeliane, benché le famiglie dei defunti siano assolutamente contrarie a questa atroce vendetta. Chiediamo risposte e voi dovreste fare altrettanto.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Guerra Israele-Palestina: fonti ufficiali israeliane “scontente” per come una donna rilasciata ha descritto la sua prigionia

Redazione di MEE

24 ottobre 2023 – Middle East Eye

Yocheved Lifshitz, 85 anni, rilasciata dai combattenti di Hamas, ha detto di essere stata picchiata durante il rapimento, ma di essere stata trattata ‘gentilmente’ in seguito

Si dice che i politici israeliani siano stati scontenti dell’intervista rilasciata da una anziana signora ostaggio di Hamas a Gaza perché non era stata preparata bene per la dichiarazione.

Martedì in un incontro con la stampa l’ottantacinquenne Yocheved Lifshitz, una degli ostaggi israeliani rilasciata da Gaza lunedì sera, ha detto di essere stata picchiata il 7 ottobre, il giorno in cui i combattenti palestinesi hanno assaltato il sud di Israele, ma di essere poi stata trattata “gentilmente”.

Alcune fonti hanno riferito all’emittente di stato israeliana Kan News che l’intervista era stata un “errore”, aggiungendo che forse non c’era stato un “incontro preliminare” con Lifshitz prima della sua dichiarazione alla stampa e che, se c’era stato, non erano state poste “tutte le domande ” relative alla preparazione.

Lifshitz è una dei quattro israeliani rilasciati dopo l’attacco dei combattenti palestinesi di Hamas contro le comunità israeliane confinanti con la Striscia di Gaza in cui sono stati uccisi circa 1400 israeliani, in maggioranza civili. Secondo Israele a Gaza ci sono 220 prigionieri.

L’ex-ostaggio israeliano è uno dei più anziani imprigionati da Hamas a Gaza e ha passato oltre due settimane in prigionia.

È stata rilasciata con un altro ostaggio, la settantanovenne Nurit Yitzhak.

Lifshitz ha detto ai giornalisti: “Ho visto l’inferno, non ho mai pensato che avrei raggiunto una tale condizione. Loro [i combattenti palestinesi] sono arrivati come pazzi nel nostro kibbutz [e] mi hanno caricata su una moto.”

Ha continuato descrivendo come tra gli ostaggi ci fossero bambini e anziani definendo le scene “estremamente penose”.

Lifshitz ha aggiunto di essere stata picchiata con un bastone mentre andava a Gaza e di essere stata costretta a camminare per parecchi chilometri dopo aver raggiunto la zona.

‘Bisogni soddisfatti’
Secondo l’ex-ostaggio mentre era nelle mani di Hamas un infermiere e poi un medico l’hanno visitata per controllare le sue condizioni. “SI sono presi cura di tutti i dettagli,” ha detto.

Lifshitz ha precisato che i suoi carcerieri “si sono presi cura” di tutte le sue necessità. ” Ci hanno assicurato che mangiavano le stesse cose che mangiavamo noi, formaggio bianco e cetrioli,” ha aggiunto.

Raccontando la storia di sua madre, Sharone, la figlia di Lifshitz, ha detto: “Quando è arrivata (i combattenti) hanno detto loro di essere musulmani e che non gli avrebbero fatto del male.”

Quando è stato chiesto a Lifshitz perché avesse stretto la mano di un combattente di Hamas prima del suo rilascio, ha repllcato: “Sono stati gentili con noi, tutte le nostre necessità sono state soddisfatte.”

Nel corso della dichiarazione alla stampa Lifshitz ha anche condannato la mancanza di preparazione dell’esercito israeliano prima dell’attacco del 7 ottobre dicendo che sono stati spesi “2 miliardi” di shekel [circa 466 milioni di euro] per sistemi di sicurezza che non hanno funzionato.

Ha anche attaccato il governo per i suoi fallimenti nella fase precedente all’attacco. “Siamo stati i capri espiatori del governo, siamo stati abbandonati. Siamo passati attraverso l’inferno,” ha detto.

Alcuni familiari avevano detto prima ai media che la nonna aveva in precedenza lavorato per ottenere aiuti medici per i palestinesi di Gaza.

Oded Lifshitz, il marito di Yocheved, è ancora disperso, presumibilmente ancora a Gaza nelle mani di gruppi armati palestinesi, sebbene non si sappia dove si trovi o le sue condizioni.

Israele dice che Hamas detiene 220 dei suoi cittadini, alcuni con cittadinanza anche di altri Paesi, ma che il numero potrebbe in realtà essere più alto, dato che decine di persone sono ancora disperse.

Hamas dice che durante i bombardamenti israeliani di Gaza, che hanno ucciso almeno 5.000 palestinesi, la gran parte civili, sono morti 22 ostaggi.

Martedì in un’intervista a Sky News Khaled Meshaal, uno dei leader di Hamas, ha detto che il gruppo avrebbe rilasciato tutti gli ostaggi in cambio della fine dei bombardamenti contro Gaza.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Ci sarà un’operazione di terra? Come è cambiato il discorso ufficiale di Israele sulla guerra contro Gaza – Analisi

Redazione di Palestine Chronicle

23 ottobre 2023 – Palestine Chronicle

Il discorso politico ufficiale israeliano sull’invasione di terra a Gaza è progressivamente mutato negli ultimi 17 giorni di guerra.

Dal 7 ottobre le dichiarazioni dei vertici politici e militari israeliani non si sono allontanate dalla linea secondo cui solo una massiccia operazione militare di terra a Gaza distruggerà il movimento Hamas e la sua ala combattente, le Brigate Al-Qassam.

Di fatto questa posizione viene ancora ripetuta. I media israeliani, citati lunedì dal canale Al Jazeera in arabo, hanno informato che l’esercito israeliano ha detto al governo che per sconfiggere Hamas non si può evitare un’invasione di terra.

Ciò detto, non c’è più coerenza col messaggio iniziale.

Qual è la ragione del rinvio?

Sì, l’esercito israeliano continua ad ammassarsi nei pressi della barriera di Gaza assediata ed ha ripetutamente affermato di essere “assolutamente pronto” ad entrare. Questa indicazione è stata comunicata ripetutamente quasi ogni giorno ai governanti.

Il ritardo iniziale è stato spiegato dall’esercito con le presunte “cattive condizioni metereologiche”, benché il tempo a Gaza fosse buono allora e continui ad esserlo ancora adesso.

In seguito ci è stato detto dai mezzi di comunicazione statunitensi che il rinvio era dovuto alle pressioni di Washington. Lunedì 23 ottobre la radio militare israeliana ha confermato la teoria delle “pressioni”, arrivando al punto di informare che Israele ha già accettato la richiesta americana di posporre l’operazione.

Da parte sua una fonte di Hamas, ripresa da media arabi e da The Palestine Chronicle, ha detto che la vera ragione dietro il rinvio in realtà è direttamente legata all’incapacità di Israele di trovare una soluzione per i missili anticarro utilizzati dalla resistenza.

Invasione sì o no?

Indipendentemente dalla ragione dietro tale dilazione, non si può negare che il linguaggio ufficiale israeliano su questa tanto decantata invasione di terra abbia iniziato a cambiare.

A volte gli israeliani sembrano discutere di una manovra limitata invece di una rioccupazione totale di Gaza.

Ma recenti affermazioni del portavoce dell’esercito israeliano, il tenente colonnello Jonathan Conricus, sono particolarmente interessanti.

Lunedì, in un’intervista con la radiotelevisione australiana ABC, Conricus ha inizialmente evitato una domanda sul perché Israele sembra stia rimandando l’operazione di terra.

Invece ha semplicemente assicurato che l’esercito israeliano “smantellerà totalmente Hamas” e “riporterà a casa la nostra gente.”

Poi ha affermato:

“Se Hamas dovesse uscire dai nascondigli in cui  occulta sotto i civili… e restituisse i nostri ostaggi, tutti e 212, e si arrendesse senza condizioni, allora la guerra finirebbe.”

A parte il fatto che Conricus ha eluso le responsabilità di Israele per la morte di migliaia di civili palestinesi, il militare israeliano sembrava suggerire che Israele ha intenzione di prendere in considerazione misure alternative all’operazione militare di terra, benché in questo caso sia altamente improbabile.

Cornicus versus Gallant

Si potrebbe sostenere che le affermazioni di Cornicus siano essenzialmente in linea con le considerazioni, fatte un giorno prima, del ministro della Difesa Yoav Gallant, secondo cui “questa deve essere l’ultima operazione militare (di terra) a Gaza, per la semplice ragione che poi Hamas non ci sarà più.”

D’altro canto vale la pena evidenziare che anche solo suggerire che un’invasione di terra non è più inevitabile è una novità rispetto al discorso politico israeliano sulla guerra.

Insieme alle recenti dichiarazioni dello stesso Gallant, sempre domenica, secondo cui l’operazione di terra a Gaza potrebbe durare tre mesi, le affermazioni di Cornicus nell’intervista ad ABC diventano ancor più rilevanti.

Indipendentemente dal fatto se Israele effettuerà un’invasione di terra vasta, limitata o non la farà affatto, è praticamente certo che il ritardo è dovuto alla resistenza di Gaza sul terreno.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)