La falsa richiesta per la “parità di diritti” maschera le opinioni suprematiste di Ben-Gvir

Michael F. Brown

13 gennaio 2023 – Electronic Intifada

Non c’è niente di nuovo nel fatto che suprematisti bianchi e coloni si approprino della nozione di uguaglianza per giustificare il loro razzismo e potere illegittimo a spese di coloro che considerano essere meno che umani.

I razzisti americani hanno usato per molto tempo lo slogan “separati ma uguali” per mascherare il brutale sistema segregazionista delle leggi ’Jim Crow’ [in vigore nel sud degli USA fra il 1877 e il 1964 per mantenere la segregazione razziale dei servizi pubblici, N.d.T.] da loro imposte sui neri ridotti in schiavitù e sui loro discendenti.

E infine i governanti bianchi suprematisti sudafricani cercarono di vendere l’apartheid non come quel dominio e sfruttamento razzista e coloniale che era, ma sostenendo che lo “sviluppo separato” avrebbe permesso ai neri sudafricani di avere pieni diritti politici nei bantustan.

Così non sorprende che in Israele Itamar Ben-Gvir e i suoi compagni razzisti anti-palestinesi abbiano adottato una strategia simile.

Ora importanti membri del nuovo governo di Benjamin Netanyahu, Ben-Gvir e company hanno cercato di presentare l’accesso degli ebrei e l’annessione e la dominazione israeliana del complesso della moschea al-Aqsa, che gli ebrei chiamano il Monte del Tempio, come un tema di “uguaglianza di diritti”.

Ben-Gvir, un discepolo del rabbino genocida anti-palestinese Meir Kahane e un fan di Baruch Goldstein, il colono ebreo che nel 1994 assassinò decine di palestinesi nella moschea di Ibrahimi a Hebron, è ora il ministro della Sicurezza Nazionale di Israele.

A questo titolo il 3 gennaio egli ha visitato il sacro sito, ostentando il suo potere sui palestinesi e godendosi sia la paura che la rabbia provocate dalla sua visione suprematista.

Dallo stesso luogo, il razzista da sempre e capo del partito Otzma Yehudit (Potere Ebraico) ha sostenuto scandalosamente che “nel governo di cui io sono un membro non ci saranno discriminazioni razziste.”

Evidentemente non stava improvvisamente caldeggiando i diritti che Israele ha da sempre negato ai palestinesi, ma parlava in modo molto specifico del suo “diritto” di impossessarsi di territori occupati.

Il leader kahanista potrebbe farcela con gli stenografi di estrema destra a Fox News e Newsweek, dove l’opinionista Josh Hammer è un razzista antipalestinese che se la spassa con l’antisemita Viktor Orbán e proprio l’anno scorso si è divertito in compagnia di Donald Trump, l’antisemita e anti-palestinese negatore dei risultati elettorali.

(Verso la fine dello scorso anno Hammer aveva criticato Trump perché si era incontrato con gli antisemiti Nick Fuentes, Milo Yiannopoulos e Kanye West, ora conosciuto come Ye, dicendo nonostante ciò che la sua organizzazione filoisraeliana preferita, la Zionist Organization of America [Organizzazione Sionista d’America, ZOA, N.d.T.] aveva “giustamente onorato” Trump per il suo “incredibile contributo durante la sua presidenza per salvaguardare il benessere, l’incolumità e la sicurezza dello Stato ebraico e del popolo ebraico.” Hammer comunque ha anche sottolineato che tiene sempre fede a un articolo scritto nell’ottobre 2020 in cui definiva Trump “il presidente più filoebraico di sempre.”)

A novembre Hammer ha ringraziato Dio per il successo elettorale di Ben-Gvir, un tizio che è stato condannato per il suo sostegno a un’organizzazione terrorista e per incitamento al razzismo.

Né Ben-Gvir né nessun altro nel governo israeliano ha alcun interesse nell’uguaglianza dei diritti, certamente non se riguardano i palestinesi. Dopotutto questa è una coalizione che si è insediata sostenendo che “il popolo ebraico ha un diritto esclusivo e indiscutibile a tutte le aree della terra di Israele.” Netanyahu cerca in modo grottesco di rendere complici delle sue azioni tutti gli ebrei attraverso un discorso che prelude all’infrazione delle leggi da parte del suo governo.

Sui diritti Ben-Gvir sta solo blaterando. Questo governo sarà lealmente impegnato a opporsi all’autodeterminazione e ai pieni diritti per i palestinesi, al diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi spossessati e al completo accesso ai luoghi religiosi a Gerusalemme. Il governo israeliano è determinato a strappare terre in favore dei coloni, negando nel contempo il diritto alla restituzione ai proprietari palestinesi di quantità sempre più grandi di terre, come accaduto a Gerusalemme Est e Ovest.

Quello che Ben-Gvir vuole, proprio come i segregazionisti americani, è il dominio perpetuo rietichettato come “uguaglianza.”

Da parte sua Zvika Fogel, parlamentare di Potere Ebraico, parlando della visita di Ben-Gvir ha minacciato il genocidio.

Se Hamas viola la pace vigente e apre il fuoco contro il territorio israeliano noi risponderemo come penso dovremmo, e sì, varrebbe la pena, perché questa sarà l’ultima guerra e dopo potremmo sederci e allevare colombe e tutti gli altri splendidi uccelli viventi.”

Tuttavia proporre il genocidio mina profondamente le affermazioni della destra estrema di essere interessata all’uguaglianza dei diritti.

Diritto internazionale e il Gran Rabbinato in Israele

Va anche ricordato che il complesso della moschea di al-Aqsa fa parte di Gerusalemme Est, territorio occupato di cui Israele si è impossessata con la forza nel 1967 e che poi ha annesso illegalmente. Come tale Israele non vi ha alcuna giurisdizione o sovranità legittima.

Ma i palestinesi sono ben consci che Israele usa fede e tradizioni ebraiche come mezzi per esercitare una sovranità politica illegittima e il controllo fisico, motivo per cui resistono alle abituali intimidazioni e violente incursioni promosse da Ben-Gvir e altri leader della destra nel complesso della moschea di al-Aqsa.

Nel 1994 dopo il massacro nella moschea Ibrahimi perpetrato da Baruch Goldstein, l’eroe di Ben-Gvir, Israele ha diviso la moschea con la forza e l’ha assegnata quasi tutta ai coloni: qui la violenza, la segregazione e la discriminazione anti-musulmana restano molto reali.

I palestinesi sanno che questo è il piano di Israele anche per Gerusalemme, specialmente poiché così tanti leader politici e religiosi ebrei israeliani sostengono il cosiddetto movimento del Tempio.

Questo movimento fanatico messianico che fruisce dei fondi del governo israeliano e del supporto dei principali leader politici e religiosi, mira a una completa acquisizione israeliana del complesso della moschea di al-Aqsa, alla distruzione delle moschee antiche che vi sorgono e alla loro sostituzione con un nuovo tempio ebraico.

Senza alcun dubbio i palestinesi ricordano bene come, immediatamente dopo l’occupazione di Gerusalemme Est nel 1967, Israele demolì il Quartiere Marocchino, risalente a 700 anni prima, che comprendeva una scuola islamica e una moschea del XII secolo per creare la cosiddetta piazza del Muro del Pianto.

È il desiderio di dominio, sovranità e controllo che guida Ben-Gvir e i suoi compari sostenitori dell’apartheid. Dalla prospettiva teologica ebraica, agli ebrei è vietato pregare o persino metter piede sul Monte del Tempio.

Infatti il Gran Rabbinato di Israele esplicitamente avverte i visitatori ebrei che “secondo la legge della Torah è severamente proibito entrare nell’area del Monte del Tempio a causa della sacralità del sito.”

In anni recenti gli attivisti di estrema destra hanno sfidato ed eroso questo divieto religioso per far progredire il loro progetto politico di impossessarsi del sito.

Ovviamente nulla di tutto ciò ha a che fare con “uguaglianza” o accesso paritario ai siti per persone di varie fedi religiose.

È un gioco di potere in linea con la determinazione di Ben-Gvir di far vedere ai palestinesi chi sono “i padroni di casa”.

Ali Abunimah ha contribuito con ricerche ed analisi.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




La famiglia di un bambino ucciso dai coloni teme nuove aggressioni

Jaclynn Ashly 

30 dicembre 2022 – The Electronic Intifada

Ahmad Dawabsheh non ama guardare al passato.

Ha delle buone ragioni. Il dodicenne è sopravvissuto a una delle peggiori aggressioni dei coloni degli ultimi anni, quando nel 2015 alla casa della sua famiglia nel villaggio di Duma nel distretto di Nablus della Cisgiordania occupata venne dato fuoco con bombe incendiarie da coloni israeliani.

Alì, fratellino di 18 mesi di Ahmad, morì in seguito alle ustioni, suo padre Saad una settimana dopo per le ferite e Riham, madre di Ahmed, un mese dopo.

All’epoca Ahmad aveva 4 anni. Riportò gravissime ustioni su tutto il corpo.

L’attacco getta ancora un’ombra oscura sulla vita del villaggio.

Secondo Nasser Dawabsheh, 48 anni, lo zio che ora si occupa di Ahmad, i rapporti tra gli abitanti del villaggio di Duma e i coloni che li circondano non hanno fatto che peggiorare, e dal 2015 il villaggio è stato attaccato almeno una decina di volte.

Quanto ad Ahmad, sta cercando di lasciarsi tutto alle spalle.

L’aggressione non mi ferisce più perché mi vieto di pensarci,” dice a The Electronic Intifada Ahmad, seduto in poltrona nella casa dello zio. Cerca di far roteare un pallone tra le dita prendendolo al volo prima che cada a terra.

Ahmad ha ancora cicatrici da ustioni sulla parte destra del volto e sul corpo. Ha subito anni di chirurgia ricostruttiva e trapianti di pelle e la sua terapia è tutt’altro che terminata.

Ogni sei mesi deve subire cure per la pelle con il laser a causa delle ustioni, trapianti di capelli e di cute. Alla famiglia vengono concessi permessi militari speciali per avere accesso alle cure in un ospedale israeliano.

Non siamo contenti di andarci (in Israele),” afferma Nasser. “Ma sono solo gli ospedali israeliani che hanno le apparecchiature mediche, quindi non abbiamo alternative.”

Dato che le tensioni crescono in tutta la Cisgiordania occupata – secondo le Nazioni Unite il 2022 è stato l’“anno più letale” per i palestinesi in Cisgiordania da quando ha iniziato a contare le vittime nel 2005 – la famiglia Dawabsheh è stata abbandonata a sé stessa.

Siamo terrorizzati all’idea che qualcosa del genere possa succedere di nuovo,” dice Nasser a The Electronic Intifada. “Qui non c’è nessuna autorità che ci protegga da loro. Abbiamo solo dio.”

Testimonianza di violenza”

La casa della famiglia Dawabsheh è rimasta tale e quale, coperta di cenere e costellata di coperte e oggetti dei genitori di Ahmad nella stanza dove hanno subito le ustioni che li hanno uccisi. Su uno dei muri qualcuno ha scritto: “Non perdoneremo mai.”

Abbiamo deciso di lasciare la casa in queste condizioni come prova e testimonianza della violenza che questi coloni ci hanno inflitto,” sostiene Nasser.

Il responsabile dell’attacco fu l’allora ventunenne Amiram Ben-Uliel, che all’epoca viveva in un autobus ad Adei Ad, un avamposto dei coloni che domina Duma.

Avrebbe fatto parte della “hilltop youth,” [gioventù della cima delle colline], un gruppo estremista e religioso-nazionalista di coloni israeliani che rivendica una teocrazia ebraica da cui i gentili, i non ebrei, siano espulsi.

Mentre in base alle leggi internazionali tutte le colonie israeliane in territorio palestinese sono considerate illegali, il governo israeliano considera illegali solo gli avamposti. Tuttavia fornisce loro protezione finanziata dallo Stato e collegamenti alla rete idrica e a quella elettrica.

Spesso li ha anche legalizzati retroattivamente e la nuova coalizione di governo israeliana si sarebbe impegnata a conferire status legale a tutti gli avamposti rimanenti entro i suoi primi 60 giorni al potere.

L’“hilltop youth” è accanitamente anti-palestinese. È accusato di essere autore dei cosiddetti attacchi ‘price tag’ [prezzo da pagare], in cui i coloni prendono di mira i palestinesi e le loro proprietà come ritorsione per la demolizione di avamposti da parte dell’esercito israeliano.

Ben-Uliel è stato difeso dall’avvocato Itamar Ben-Gvir, ora leader del partito di ultradestra Otzma Yehudit (Potere Ebraico) e destinato a diventare nell’ultima e più estremista coalizione di governo di Benjamin Netanyahu ministro della Sicurezza Nazionale, una carica creata ex novo.

Secondo i pubblici ministeri quella notte Ben-Uliel partì da Yishuv Hadaat, un vicino avamposto coloniale.

Si appostò fuori da alcune case a Duma per attaccarle, lanciando prima una bottiglia molotov in una casa vuota, poi si diresse verso la casa della famiglia Dawabsheh.

Una molotov venne lanciata attraverso la finestra della camera da letto dei Dawabsheh mentre la famiglia stava dormendo. Prima dell’attacco Ben-Uliel scrisse anche fuori dalla casa con la vernice spray “Vendetta” e “Viva il re Messiah”.

Il capo d’accusa afferma che Ben-Uliel agì da solo e un sospetto non identificato che all’epoca era minorenne patteggiò una pena e così venne condannato solo come complice. Tuttavia testimoni oculari affermano di aver visto quella notte due uomini mascherati scappare dalla scena del delitto.

Nel 2020 un tribunale israeliano condannò a tre ergastoli Ben-Uliel, imputato per triplice omicidio e due tentati omicidi. All’epoca lo Shin Bet, una agenzia di spionaggio israeliana, affermò che la sentenza era “un’importante pietra miliare nella lotta contro il terrorismo ebraico.”

Aggrediscono ancora

Ma la inusuale condanna di un colono ebreo per reati commessi contro palestinesi non ha consolato molto la famiglia Dawabsheh.

Non è stato sufficiente,” dice Nasser, davanti ai resti carbonizzati della casa di famiglia. “Non ci riporterà mai i defunti e non è stata l’azione di una singola persona. Se non fosse stato per il sostegno del governo e dell’esercito quei coloni non sarebbero mai arrivati al punto di bruciare viva la nostra famiglia.

Sono il governo israeliano e l’occupazione in sé, non solo un colono, che dovrebbero essere processati,” afferma Nasser.

Il tribunale ha condannato Ben-Uliel anche al pagamento di 75.000 dollari [circa lo stesso importo in euro, ndt.], che avrebbe dovuto essere versato come indennizzo ad Ahmad. Nasser afferma che la famiglia non ha ancora ricevuto neppure un soldo.

Quei coloni continuano ad aggredirci,” dice Nasser a The Electronic Intifada. “E continuano a prendersi la nostra terra. Non è cambiato niente.”

Solo una settimana dopo che la famiglia di Ahmad era stata presa di mira in un attacco incendiario, anche la casa di un’altra famiglia palestinese nei pressi di Duma venne attaccata con bottiglie molotov. Non si ebbe notizia di feriti in quell’aggressione.

Negli scorsi mesi Nablus in particolare ha visto un netto incremento di attacchi armati coordinati da parte di coloni sotto la protezione dell’esercito. Ciò in parte è dovuto a operazioni della resistenza armata palestinese contro soldati e coloni israeliani a Nablus e in altre città della Cisgiordania, così come all’avvio dell’annuale stagione della raccolta delle olive, in cui a molti palestinesi viene dato il permesso di accedere alla propria terra nei pressi di colonie e avamposti israeliani e spesso è accompagnata da un picco di aggressioni dei coloni.

Secondo l’ONU finora quest’anno [il 2022, ndt.] ci sono stati quasi 800 attacchi dei coloni contro i palestinesi e le loro proprietà. Nel 2022 almeno 175 palestinesi sono stati uccisi dall’esercito israeliano in Cisgiordania e a Gaza.

Duma ha subito la sua parte di questo incremento della violenza dei coloni. Il 16 giugno nei pressi di Duma un’auto è stata attaccata da coloni armati di sbarre di ferro. Hanno rotto il parabrezza e i finestrini della macchina e spruzzato liquido urticante contro i due uomini che erano a bordo.

Lo stesso giorno anche una coppia con una figlia di 3 anni e un neonato di un mese è stata attaccata da coloni che si trovavano vicino a una jeep dell’esercito israeliano. I coloni hanno colpito l’auto, rotto uno dei finestrini e un fanale anteriore con un bastone e spruzzato un liquido urticante contro la coppia e il loro bimbo.

Diritto alla terra

Indipendentemente dal recente incremento, gli attacchi dei coloni sono normali nei villaggi attorno a Nablus, plasmando la vita di tutti. Ma non è sempre stato così.

Satira, la sessantunenne nonna di Ahmad, è nata e cresciuta a Duma.

Quando ero più giovane c’erano libertà e sicurezza,” dice a The Electronic Intifada. “Potevamo lasciare le porte di casa aperte e andarcene sulle colline senza paura.”

Tuttavia ora la maggior parte delle case ha spesse sbarre di metallo alle finestre, mentre qualcuno le ha completamente coperte con lamiere nel timore di futuri attacchi incendiari.

L’aggressione del 2015 ci ha dimostrato fino che punto questi coloni fossero intenzionati ad arrivare per cancellarci da questa terra,” afferma Satira. “Vogliono ucciderci e persino bruciarci vivi.”

Ma il giovane Ahmad non ha permesso che questa tragedia lo condizionasse. Dice a The Electronic Intifada di avere il grande sogno di diventare un calciatore professionista.

E se non ci dovesse riuscire allora “diventerò un medico,” dice.

Nel corso dell’intervista ogni tanto Ahmad si alza e si mette a palleggiare e a prendere a calci un pallone.

È un tifoso sfegatato del Real Madrid, la ex-squadra di Cristiano Ronaldo, considerato uno dei più grandi calciatori di sempre. Ahmad ha incontrato Ronaldo in Spagna nel 2016, parecchi mesi dopo la devastante aggressione.

Quando arriva un ospite Ahmad gli chiede immediatamente per quale squadra di calcio tifa. “Barcellona,” risponde l’ospite. Ahmad alza gli occhi al cielo.

Poi, quando l’adhan, cioè l’invito musulmano alla preghiera, risuona dagli altoparlanti della moschea del villaggio, l’ospite chiede ad Ahmad di portargli un tappeto da preghiera.

Ahmad subito risponde, provocando le risate di Nasser e Satira: “Non ho un tappeto da preghiera per i tifosi del Barcellona,”

Secondo suo zio il ragazzino è ancora traumatizzato. Nasser dice a The Electronic Intifada che Ahmad è ancora nervoso e ansioso quando la tensione con i coloni aumenta.

Dopotutto è ancora un bambino,” afferma Nasser.

Ma Ahmad lo interrompe prontamente.

Non sono un bambino!” sostiene. “E non ho paura di loro (i coloni). Hanno le armi ma siamo noi ad avere diritto su questa terra. Quindi di cosa c’è da aver paura?”

Jaclynn Ashly è una giornalista freelance

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Punito per aver detto la verità sull’estrema destra israeliana

Sheren Falah Saab

31 ottobre 2022 – Haaretz

Questo è ciò che è successo quando un presentatore televisivo ha osato dire la verità sulle posizioni politiche razziste di Smotrich e Ben-Gvir, sconvolgendo un ecosistema mediatico che per lo più intende ripetere i messaggi di Netanyahu e dei suoi alleati.

In questi giorni la verità disturba, soprattutto se detta nei mezzi di comunicazione israeliani. La tempesta sulle considerazioni di Arad Nir sabato nel notiziario di Channel 12 [Canale 12, rete televisiva privata israeliana, ndt.] “World Order” [Ordine internazionale] ne sono la dimostrazione assoluta. “In base ai sondaggi pubblicati questo fine settimana non c’è ancora una scelta definitiva tra il blocco leale al leader dell’opposizione Benjamin Netanyahu, sotto processo per corruzione, frode e abuso d’ufficio, e la coalizione di partiti che gli si oppongono,” ha detto Nir. “E ciò persino dopo che Netanyahu ha legittimato l’estremista di destra Itamar Ben-Gvir e lo ha spinto ad allearsi con Bezalel Smotrich, che vuole che lo Stato di Israele venga governato in base alla legge della Torah, in un partito il cui nome provoca un certo disagio: Otzma Yehudit [Potere ebraico].” Nir non ha detto niente di nuovo. Al contrario, è fedele alla verità e accurato rispetto ai fatti.

Ma perché essere fedele ai fatti quando dai giornalisti di Channel 12 ci si aspetta che ripetano i messaggi del padrone, il capo dell’opposizione C e compagni? A Channel 12 sono abituati ad agire solo all’interno del quadro dei limiti prestabiliti per loro e come portavoce di Netanyahu. Nel caso di Nir è inquietante il fatto che Avi Weiss, il direttore generale di Channel 12 News, abbia richiamato e rimproverato Nir.

Cosa c’è di inquietante nelle affermazioni di Nir? Non ha fatto altro che mettere uno specchio davanti alla situazione politica di Israele ed è suffragato dai fatti, in quanto sono stati presentati in continuazione nelle discussioni politiche sui media negli ultimi due anni. Nir non ha normalizzato il razzismo e non ha glorificato il kahanismo [ideologia del defunto rabbino di estrema destra Meir Kahane, cui Ben-Gvir si ispira, ndt.]. Le sue parole sono la pura verità sulla politica israeliana e su come Netanyahu ha legittimato con le sue mani il capo di Otzma Yehudit, il deputato Itamar Ben-Gvir, e si è preso la briga di metterlo in contatto con il capo di Sionismo Religioso, Bezalel Smotrich. Ma pare che a Channel 12 temano la verità e i fatti e sia più facile agire all’interno del quadro delle “interpretazioni” funzionali solo alla narrazione del nostro padrone. Nir è stato l’unico che abbia osato sfidare le imbeccate messe sulla dei giornalisti di Channel 12, ed egli è stato redarguito e persino convocato per un chiarimento.

Di fatto è stato Channel 12, che sostiene di agire in un quadro di oggettività conservando un delicato equilibrio, che recentemente ha presentato un sondaggio che includeva la domanda: “Concordi con l’affermazione secondo cui il governo si appoggia su sostenitori del terrorismo?” [in riferimento al partito arabo-israeliano Ra’am, che faceva parte della coalizione di governo, ndt.]. Amit Segal, che ha presentato il sondaggio, si è preso la briga di spiegare: “Una maggioranza di personalità influenti lo pensa: il 47% è d’accordo, il 43% dissente.”

Segal non è stato rimproverato ed ha persino ricevuto il sostegno e la legittimazione per una domanda che molte persone pensano inciti e normalizzi il razzismo contro i cittadini arabi di Israele. Anche i partecipanti alla discussione sono rimasti in silenzio. Ciò era quello che ci si aspettava da Nir, che continuasse a stare zitto, annuisse e persino che dipingesse le azioni politiche di Netanyahu e della sua banda come liberalismo, democrazia e la volontà del popolo. Proprio ora, solo a un giorno da elezioni cruciali, è dovere di ogni giornalista rispettabile e dedito alla professione presentare la verità e i fatti, anche quando sono imbarazzanti per il direttore generale dell’impresa di notizie o per Segal.

Nir ha cercato di rompere il muro del silenzio in base al quale Channel 12 opera ed ha osato dire un’altra verità che la maggior parte della gente sceglie di ignorare riguardo a Otzma Yehudit. Nei suoi commenti sul partito Nir è stato moderato e non ha menzionato il fatto che Ben-Gvir è l’uomo che disse di Yitzhak Rabin, dopo aver strappato lo stemma dalla macchina dell’allora primo ministro: “Siamo arrivati alla sua auto, arriveremo anche a lui.” Nir non ha neppure citato le dichiarazioni di Ben–Gvir sulla cosiddetta “Legge delle Espulsioni” e i treni per trasferire parlamentari come il capo di Hadash [partito arabo-israeliano laico di sinistra, ndt.], Ayman Odeh. Non ha neppure citato, e forse è il caso di ricordarlo al direttore generale dell’impresa, quello che ha detto Smotrich lo scorso anno dal podio della Knesset [il parlamento israeliano, ndt.], rivolto ai parlamentari arabi con una dichiarazione che rappresenta assolutamente razzismo, odio e incitamento alla violenza: “Siete qui per sbaglio, perché (il fondatore e primo capo del governo di Israele David) Ben Gurion non finì il lavoro e non vi espulse nel 1948.”

Il richiamo a Nir evidenzia il meccanismo in base al quale opera Channel 12, il controllo repressivo del modo di pensare che blocca ogni possibilità di pensiero critico. L’idea del trasferimento e di una seconda Nakba [Catastrofe, cioè l’espulsione di centinaia di migliaia di palestinesi nella guerra del 1947-49, ndt.] non è comparsa dal nulla, sono cose che sono state dette da Smotrich e Ben-Gvir con la legittimazione di Netanyahu, sotto processo per reati penali. Questo non è solo un rimprovero, ma la riduzione al silenzio di un giornalista che non vuole ignorare la politica di razzismo etnico di Ben-Gvir e Smotrich nè partecipare alla censura che priva i cittadini della possibilità di giudicare la realtà senza una propaganda dettata dall’alto.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Il ‘kahanismo’: la logica conclusione del sionismo

Asa Winstanley

2 aprile 2019, Middle East Monitor

Tutti sanno che Kahane aveva ragione’

Nelle elezioni israeliane che si terranno questo mese una coalizione di estrema destra, guidata dall’attuale primo ministro Benjamin Netanyahu, sarà probabilmente vincente.

L’attuale compagine di parlamentari probabilmente includerà i kahanisti del partito ‘Otzma Yehudit’ (Potere Ebraico).

Il rabbino Meir Kahane era un fanatico razzista antiarabo e antipalestinese. Chiedeva esplicitamente che i palestinesi fossero espulsi dalla Palestina storica – che definiva la “terra di Israele”, dal fiume (Giordano) al mare (Mediterraneo).

Il suo libro del 1981 era un sermone diretto e vero e proprio che sosteneva la pulizia etnica esplicitamente razzista della Palestina. Si intitolava “Devono andarsene”.

Kahane, come molti sionisti, era talmente razzista che si rifiutava di usare il termine “palestinesi”, sostenendo che essi non esistevano realmente ed erano semplicemente “arabi” che erano arrivati nella terra di Israele in periodi successivi – un comune mito sionista.

“Gli ebrei e gli arabi della terra di Israele sostanzialmente non possono coesistere”, ha scritto. “Per noi c’è solo una strada percorribile: il trasferimento immediato degli arabi da Eretz Yisrael, la Terra di Israele, verso le loro terre.”

A New York nel 1968 aveva fondato la cosiddetta “Jewish Defence League” [Lega di Difesa Ebraica] (JDL). Questo gruppo di estremisti sionisti era violentemente razzista nei confronti degli afro-americani, dei palestinesi e degli altri arabi.

Per anni ha condotto una campagna interna di terrore contro obbiettivi civili – soprattutto palestinesi, altri arabi e sovietici – ma a volte anche contro altri ebrei e addirittura sionisti, quando doveva risolvere conflitti intestini.

Furono presi di mira gli uffici del famoso intellettuale palestinese Edward Said. E’ stata messa una bomba nell’ufficio dell’attivista palestinese-americano per i diritti civili Alex Odeh, provocando l’uccisione di Odeh.

I principali sospettati dall’FBI fuggirono in Israele, dove alcuni di loro sono tuttora nascosti.

Nel 1971 Kahane si trasferì in Israele, dove fondò il partito Kach ed iniziò a partecipare alle elezioni. Kahane affermò che il Kach era la sezione israeliana della JDL. Questa venne infine giudicata un’organizzazione terroristica dall’FBI e il Kach venne messo fuorilegge persino da Israele.

Alla fine nel 1984 Kahane entrò alla Knesset, il parlamento israeliano. Probabilmente il suo partito avrebbe guadagnato più seggi nelle elezioni del 1988, ma gli fu proibito di presentarsi dopo essere stato messo fuorilegge.

Kahane fu assassinato a New York nel 1990, ma il suo pensiero politico sopravvive oggi in molti partiti politici israeliani. Non si tratta solo di ‘Potere ebraico’, benché sia già abbastanza cattivo.

I capi di ‘Potere ebraico’ sono Michael Ben-Ari e Baruch Marzel.

Marzel è uno dei coloni israeliani più violentemente radicali della Cisgiordania. Vive nella colonia di Tel Rumeida, nella città occupata di Hebron, ed ha partecipato alla creazione di molte colonie simili, espellendo con la violenza i palestinesi e colonizzando la loro terra.

I sostenitori di Marzel hanno scritto che lui è stato, per 25 anni, “la mano destra del rabbino Meir Kahane”, entrando nel Kach quando era giovane e fungendo da suo portavoce per un decennio.

Ha anche “guidato il fronte militare in Giudea e Samaria (la Cisgiordania), agendo con mano ferma e senza compromessi contro il nemico arabo”, come si è vantato un tempo in un “Curriculum Vitae ed esposizione delle attività pubbliche”, ora cancellato.

Marzel per decenni ha celebrato una commemorazione presso la tomba di Baruch Goldstein – un noto seguace americano di Kahane, che massacrò 29 civili palestinesi nel 1994 nella moschea di Ibrahim a Hebron.

Questi sono i sionisti estremisti che adesso pare che Netanyahu farà entrare nel governo. Netanyahu ha spinto perché ‘Potere ebraico’ venisse integrato in un’ampia coalizione di estrema destra, rendendone molto più probabile la partecipazione nel suo governo di coalizione.

Le lobby israeliane negli Stati Uniti hanno stranamente condannato ‘Potere ebraico’. Per esempio, l’“American Jewish Committee” [Commissione Ebraica Americana] ha affermato che “le opinioni di ‘Potere ebraico’ sono deplorevoli. Non rispecchiano i valori fondamentali che stanno alla base della creazione dello Stato di Israele.”

Quest’ultima affermazione è tuttavia palesemente falsa, considerando il fatto che lo Stato di Israele è stato fondato sulla pulizia etnica di oltre 750.000 palestinesi espulsi dalla Palestina.

A quanto pare, solo la “Zionist Organisation of America” [Organizzazione Sionista Americana] (ZOA) di Morton Klein, apertamente razzista nei confronti dei palestinesi, ha spalleggiato Netanyahu sulla questione di ‘Potere ebraico’.

Secondo il quotidiano liberale israeliano Haaretz, questo è dovuto al fatto che la ZOA ha rapporti finanziari più stretti e diretti con il donatore miliardario sionista americano di estrema destra antipalestinese Sheldon Adelson.

Benché la dichiarazione di ZOA – che di per sé è palesemente razzista– non vada presa del tutto sul serio, bisogna riconoscere che il presidente di ZOA Morton Klein ha ragione quando afferma che la condanna da parte di AIPAC, ADL, AJC e delle altre lobby filoisraeliane è “ipocrita”.

Assomiglia alla condanna fatta a marzo nei confronti di Netanyahu per aver detto che Israele non è uno Stato per tutti i suoi cittadini, ma solo per gli ebrei. In entrambi i casi, l’indignazione non si riferisce alla sostanza del razzismo israeliano, ma al fatto che i leader dell’estrema destra israeliana accampano la pretesa e la finzione che Israele non sia uno Stato razzista e che il sionismo non sia razzismo.

Sono menzogne difficili da sostenere quando i tuoi politici seguono come un guru l’uomo che ha asserito che gli arabi se ne debbano andare.

Uno degli slogan popolari tra i coloni israeliani è “Oggi tutti sanno che Kahane aveva ragione”. Non c’era bisogno che Netanyahu togliesse il bando sul partito Kach, perché la maggior parte di ciò che Kahane sosteneva è stata adottata in toto dai principali partiti politici israeliani.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Monitor.

(Traduzione di Cristiana Cavagna)




Perché tanta indignazione? Il partito Potere Ebraico è il nuovo modello della politica israeliana

Ramzy Baroud

6 marzo 2019 Ma’an News

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha stretto un’alleanza con un gruppo politico minore, Otzma Yehudit (Potere Ebraico), e subito ne è seguita una larga indignazione.

La rabbia non proviene solo dal centro, dalla sinistra e dai partiti arabi, ma anche da destra. Persino la lobby filo-israeliana statunitense, nota per le sue posizioni politiche aggressive, si è dichiarata contro questa sinistra unione.

“Le opinioni di Otzma Yehudit”, ha scritto su Twitter l’American Israeli Public Affairs Committee (AIPAC) [la maggiore lobby filoisraeliana negli USA, ndtr.], “sono riprovevoli. Non riflettono i valori fondamentali che sono alla base dello Stato di Israele “.

Ma se invece lo facessero? E se “Otzma Yehudit” non fosse altro che una diversa articolazione politica delle tradizionali idee israeliane, e riflettesse perfettamente i “valori fondamentali” che persino l’AIPAC ha ciecamente difeso sin dagli inizi nel 1953?

Già prima dell’alleanza tra Likud, il partito di destra di Netanyahu, Jewish Home (Casa Ebraica) di estrema destra di Rafi Peretz, e Otzma Yehudit, sancita il 20 febbraio, Israele non era certo una democrazia liberale che escludesse il razzismo e sposasse il pluralismo politico. In effetti bisogna capire che l’inclusione di Otzma Yehudit nella principale scena politica israeliana è coerente con la corruzione morale della politica israeliana in generale.

Protestare contro l’alleanza tra Netanyahu e i fanatici capi di Otzma Yehudit è suggerire che i più influenti politici israeliani non rappresentino gli ideali profondamente sciovinisti, razzisti e violenti che il partito estremista ha difeso fin dalla sua formazione nel 2012.

Otzma Yehudit è stato resuscitato dai seguaci del rabbino nato a Brooklyn Meir Kahane, che ha sostenuto la pulizia etnica dei palestinesi e ha guidato i suoi seguaci in molte incursioni violente contro le comunità arabe palestinesi, in Israele e nei territori palestinesi occupati.

Il suo partito Kach, messo al bando in Israele quattro anni dopo la sua formazione nel 1984, non fu allora rifiutato per le sue “politiche razziste” come oggi molti media suggeriscono. Il partito operava fuori dai confini dell’agenda del governo israeliano, quindi è stato costretto a uscirne, ma le sue idee violente persistono nella Knesset [il parlamento israeliano] a tutt’oggi. Se il razzismo contro i palestinesi era davvero un’anomalia politica sostenuta da Kach, come si spiega la legge razzista dello Stato-Nazione, che definisce Israele come “lo Stato-Nazione del popolo ebraico” – esaltando tutto ciò che è ebreo e umiliando tutto ciò che è palestinese?

La legge non si stacca molto dalla costituzione di Otzma Yehudit, che definisce Israele come uno “Stato ebraico nel suo carattere, nei suoi simboli nazionali e nei suoi valori legali”, definendo inoltre l’ebraico “unica lingua ufficiale” di Israele.

In effetti, ad una attenta lettura, la costituzione del partito e il testo della legge dello Stato-Nazione rivelano somiglianze sorprendenti. Ciò suggerisce che, dai tempi di Meir Kahane, è la società israeliana ad avvicinarsi alle opinioni degli estremisti ebrei, non viceversa.

In effetti, Kahane è stato assassinato nel 1990 ma le sue idee sono sopravvissute, espandendosi insieme agli insediamenti ebraici per conquistare infine l’immaginazione generale. L’indignazione contro l’alleanza Netanyahu-Otzma Yehudit è probabilmente motivata da un po’ di paura nel mostrare al mondo tutta la brutta faccia del sionismo.

Quanto all’AIPAC, è chiaro che neanche il più attento linguaggio diplomatico basterà a spiegare perché il governo israeliano debba essere popolato dai membri di un partito che dal 1994 compare nelle liste del Dipartimento di Stato americano come organizzazione terroristica.

Netanyahu è disperato e, come ci insegna la storia, quando il primo ministro israeliano si trova in una situazione di impaccio politico, si abbassa a qualsiasi espediente per salvarsi. Nelle ultime elezioni generali del 2015, Netanyahu ha rivolto un appello finale ai suoi sostenitori. “Gli elettori arabi si stanno dirigendo in massa verso i seggi”, ha detto, ricorrendo al suo tipico stile terroristico. Non sorprende che abbia vinto.

Netanyahu è ora più disperato che mai. I suoi avversari al Centro stanno unendo le forze in una nuova lista, Kahol Lavan o “Bianco e blu”, che ha il potenziale di spodestarlo il 9 aprile.

Peggio ancora, il procuratore generale israeliano ha deliberato il 28 febbraio di incriminare Netanyahu per “corruzione e frode”. Un sondaggio pubblicato il giorno seguente ha rilevato che due terzi degli israeliani pensano che se Netanyahu fosse incriminato dovrebbe dimettersi.

Il retaggio opportunistico di Netanyahu è più che sufficiente a spiegare la sua decisione di arrivare fino a Otzma Yehudit, ma ciò che è davvero sconvolgente è l’indignazione scatenatasi per una mossa politica che sembra perfettamente adatta alla attuale politica di Israele.

Anche se il Comitato Elettorale Centrale di Israele decidesse di impedire a Otzma Yehudit di partecipare alle prossime elezioni, cambierà poco nei termini dei valori e ideali che il partito rappresenta, principi che, in un modo o nell’altro, definiscono anche Jewish Home, Nuova Destra , Likud e altri.

La piattaforma di Otzma Yehudit invoca una guerra contro i “nemici di Israele” che deve “essere totale, senza negoziati, senza concessioni e senza compromessi”.

Ma non è sostanzialmente lo stesso punto di vista di Ayelet Shaked, ministra della Giustizia nella coalizione di Netanyahu, e ora una dei leader del neoformato partito Nuova Destra?

Nel 2014, poco prima che Israele scatenasse la sua guerra più distruttiva sulla Striscia di Gaza occupata, Shaked dichiarò la necessità di una guerra totale. “Non un’operazione, non una cosa lenta, non un’escalation a bassa intensità, senza controllo … Questa è una guerra … Questa è una guerra tra due popoli. Chi è il nemico? Il popolo palestinese … “

Più di 2.139 palestinesi, per lo più civili, sono stati uccisi nella guerra israeliana che seguì quella dichiarazione e oltre 11.000 sono stati i feriti.

Perché l’indignazione, quindi, quando la missione di quel partito marginale è di “ristabilire la sovranità e la proprietà sul Monte del Tempio” – cioè la Moschea di Al-Aqsa -, coerentemente con le opinioni di gran parte di israeliani, religiosi e laici allo stesso modo? I membri della Knesset hanno ripetuto questo appello, spesso proprio da Al-Aqsa, circondati da decine di soldati e coloni ebrei armati.

Per quel che riguarda la confisca delle terre palestinesi e l’espansione degli insediamenti illegali ebraici, di cui Otzma Yehudit è un fautore, anche questo è un ideale comune sfacciatamente caldeggiato dalla maggior parte dei gruppi politici israeliani, da destra sino a sinistra.

L’AIPAC non è solo ipocrita nel suggerire che Otzma Yehudit violi i “valori fondamentali alla base dello Stato di Israele”, ma è anche intenzionalmente in errore.

In effetti, la piattaforma di Otzma Yehudit non fa altro che rinforzare i “valori fondamentali” esistenti in Israele, gli stessi valori che proprio l’AIPAC difende senza il minimo riguardo per i diritti umani, il diritto internazionale e i principi dei veri valori democratici.

Ramzy Baroud è giornalista, autore e redattore di Palestine Chronicle. Il suo ultimo libro è The Last Earth: A Palestinian Story (Pluto Press, Londra, 2018). Ha conseguito un dottorato di ricerca in Studi Palestinesi presso l’Università di Exeter ed è uno studioso non residente presso il Centro Orfalea per gli studi globali e internazionali, UCSB.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale della Ma’an News Agency.

(traduzione di Luciana Galliano)