#AbandonBiden: Gaza sarà il fattore decisivo nelle elezioni americane?

Robert Inlakesh

27 febbraio 2024 – Palestine Chronicle

NOTA DEL DIRETTORE: Martedì lagenzia di stampa Reuters ha riferito che un alto consigliere della campagna del presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha affermato che la loro campagna è stata danneggiata dal sostegno del presidente a Israele.

Sulla base delle interviste a nove mesi dalle elezioni il problema si sta aggravando mentre lopposizione di Biden alla richiesta di un cessate il fuoco permanente continua a suscitare rabbia in una coalizione di elettori che ha favorito la sua vittoria nel 2020, dai neri americani agli attivisti musulmani, fondamentali per la vittoria nel Michigan, ai giovani elettori, ha riferito Reuters.

Nel seguente rapporto di Robert Inlakesh approfondiamo la questione sul come il voto americano arabo/musulmano potrebbe influenzare le possibilità di una rielezione di Biden in relazione alla posizione della sua amministrazione sul genocidio israeliano in corso a Gaza.

A meno di un anno dalle elezioni presidenziali americane la candidatura per la rielezione di Joe Biden è messa in discussione dagli elettori musulmani e arabo americani che ritengono che il loro attuale presidente li abbia traditi.

Allinizio di dicembre i leader musulmano americani di tutti gli Stati Uniti hanno lanciato la campagna #AbandonBiden, nel tentativo di porre il presidente degli Stati Uniti di fronte alle sue responsabilità riguardo il suo rifiuto di porre fine allo spargimento di sangue a Gaza. Mentre la campagna cresceva figure di spicco musulmane e arabe allinterno del Paese hanno cominciato a esprimere pubblicamente il ritiro della loro intenzione di voto per il candidato del Partito Democratico, per nulla turbate dallaccusa che avrebbero consentito una vittoria dellex presidente repubblicano Donald Trump.

Come ha affermato linfluente comico egiziano americano Bassem Yousef, tutto ciò che abbiamo chiesto (a Joe Biden) è un cessate il fuoco. Porre fine al massacro. Porre fine al massacro. Adesso vuoi ricattarci con i diritti in materia di riproduzione e i diritti delle minoranze?”.

Ha concluso il suo discorso affermando: non mi farò ricattare attraverso le affermazioni che starei permettendo a Trump di vincere, i democratici hanno fatto tutto da soli e non possono continuare a fingere di essere dalla nostra parte”.

Sebbene i media statunitensi abbiano cercato di minimizzare l’efficacia della campagna Abandon Biden, le conseguenze per il Partito Democratico sono ormai inevitabili. A Dearborn, nel Michigan, Abdullah Hammoud, il sindaco eletto nel luogo di maggiore concentrazione di elettori arabi di uno Stato decisivo anche per questa ragione, si è rifiutato insieme a molti altri leader arabo americani di incontrare a gennaio Joe Biden.

Voice of America, finanziata dallo Stato americano, ha persino iniziato a parlare dell’uscita degli arabo americani dal Partito Democratico, pubblicando un articolo intitolato “Biden non farà pressioni per il cessate il fuoco a Gaza e di conseguenza Trump potrebbe vincere”, in cui si riferisce che gli arabo americani che in passato hanno votato democratico provano dolore e senso di tradimento, una rabbia cocente e una forte avversione a votare per Biden”.

In una nazione di circa 3,7 milioni di cittadini arabi, secondo i dati raccolti dallArab American Institute, questo gruppo minoritario, apparentemente piccolo, in tempo di elezioni potrebbe fare unenorme differenza per la campagna di Biden.

Oltre agli arabo americani, che sono una popolazione a maggioranza cristiana, il Council on American-Islamic Relations (CAIR) ha pubblicato dati che indicano che negli Stati Uniti sono registrati circa 2 milioni di elettori musulmani. Da parte di entrambe le popolazioni, spesso erroneamente confuse, dato che sono in maggioranza sovrapponibili, è stato ampiamente espresso il malcontento per la gestione della guerra a Gaza da parte dellamministrazione Biden.

Come già rilevato, durante le elezioni presidenziali del 2020 Joe Biden è riuscito a vincere nello Stato del Michigan con un sottile margine di 150.000 voti. Questa volta si dice che nel Michigan ci siano oltre 206.000 elettori musulmani americani registrati e molti di loro nel 2020 hanno votato democratico.

Da tenere in considerazione nellequazione è anche il fatto che i leader arabo-americani hanno svolto e stanno svolgendo un ruolo nel parlare ai loro connazionali americani di ogni ceto sociale, convincendoli ad adottare la stessa posizione contro Joe Biden; per metterlo di fronte alla sua responsabilità riguardo a ciò che ha permesso che Israele facesse a Gaza.

Più in generale, circa l80% degli americani ha espresso il desiderio di un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Ora, con leccezione di alcuni piccoli Paesi insulari, sono Israele e lamministrazione statunitense Biden a restare isolati davanti alle Nazioni Unite sulla questione del cessate il fuoco. Questo mentre gli Stati Uniti hanno usato ancora una volta il loro potere di veto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per respingere una proposta algerina che chiedeva la cessazione immediata delle ostilità.

– Robert Inlakesh è un giornalista, scrittore e regista di documentari. Si occupa di Medio Oriente in particolare della Palestina. Ha scritto questo articolo per The Palestine Chronicle.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Unicef: La malnutrizione in aumento minaccia la vita dei minori a Gaza

Redazione di Palestine Chronicle

 20 febbraio 2024 – Palestine Chronicle

L’UNICEF afferma che la scarsità di cibo e di acqua potabile sta mettendo in pericolo l’alimentazione e il sistema immunitario di donne e bambini e comporta un aumento della malnutrizione acuta

Il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF) afferma che nella Striscia di Gaza il forte aumento della malnutrizione tra i bambini, le donne gravide e in allattamento pone in grave pericolo la loro salute.

Citando una nuova analisi complessiva resa nota dal Global Nutrition Cluster [Gruppo per la Nutrizione Globale], l’UNICEF afferma che, mentre il conflitto in corso a Gaza entra nella ventesima settimana, cibo e acqua potabile sono diventati assolutamente scarsi e le malattie dilagano.

Ciò “compromette l’alimentazione e il sistema immunitario di donne e bambini e comporta un aumento della malnutrizione acuta,” ha affermato lunedì l’UNICEF in un comunicato.

Il rapporto “Gaza: Vulnerabilità Nutrizionale e Analisi della Situazione” rileva che le condizioni sono particolarmente gravi nel nord della Striscia di Gaza, che è stata quasi completamente tagliata fuori per settimane dagli aiuti.

“Controlli nutrizionali condotti nei rifugi e nei centri sanitari del nord hanno rilevato che il 15,6%, o 1 bambino su 6 sotto i due anni di età, è gravemente malnutrito,” sostiene il comunicato.

Di questi quasi il 3% soffre di “un grave deperimento, la forma di malnutrizione potenzialmente più letale,” che mette ad altissimo rischio di complicanze mediche e morte i bambini piccoli se non ricevono cure urgenti.

“Poiché i dati sono stati raccolti a gennaio, la situazione probabilmente oggi è persino più grave.”

Controlli simili effettuati nel sud della Striscia di Gaza, a Rafah, dove i soccorsi sono stati più accessibili,“ hanno rilevato che il 5% dei bambini sotto i 2 anni sono gravemente malnutriti.”

Morti infantili evitabili

L’UNICEF afferma che questa è una prova evidente che l’accesso agli aiuti umanitari è necessario e può aiutare ad evitare le conseguenze peggiori.

“Ciò rafforza anche gli appelli delle agenzie [umanitarie] per proteggere Rafah dalla minaccia di operazioni militari più intense,” aggiunge.

“La Striscia di Gaza sta per assistere a un aumento esponenziale di morti infantili evitabili che aggraverebbe il già intollerabile livello di bambini uccisi a Gaza,” afferma il vicedirettore esecutivo per le Azioni Umanitarie e le Operazioni di Approvvigionamento dell’UNICEF, Ted Chaiban.

“Per settimane abbiamo avvertito che la Striscia di Gaza è sull’orlo di una crisi alimentare,” sottolinea Chaiban.

“Se il conflitto non finisce adesso l’alimentazione dei bambini continuerà a ridursi, portando alla morte evitabile o a problemi di salute che colpiranno i bambini di Gaza per il resto della loro vita e avranno potenzialmente conseguenze per le future generazioni.

Quantità di cibo ridotte

Il comunicato aggiunge che c’è un alto rischio che la malnutrizione continui ad aumentare nella Striscia di Gaza a causa dell’allarmante mancanza di cibo, acqua e servizi sanitari e nutrizionali.

Al momento “il 90% dei bambini al di sotto dei 2 anni d’età e il 95% delle donne gravide e in allattamento deve affrontare una gravissima carenza di cibo; il 95% delle famiglie riceve una limitata quantità di alimenti, il 64% delle famiglie consuma solo un pasto al giorno; oltre il 95% delle famiglie afferma di aver ridotto la quantità di cibo degli adulti per garantire che i bambini piccoli possano alimentarsi.

La vicedirettrice esecutiva dei Programmi Operativi del WFP, Valerie Guarnieri, afferma che il forte aumento della malnutrizione “che stiamo vedendo a Gaza è pericoloso e assolutamente evitabile.”

Afferma che in particolare bambini e donne hanno bisogno di un accesso costante a cibo sano, acqua potabile e servizi per la salute e la nutrizione.

“Perché ciò avvenga abbiamo bisogno di un deciso miglioramento dell’accesso alla sicurezza e umanitario e un maggior numero di punti di accesso per gli aiuti a Gaza.”

Il rapporto riscontra che almeno il 90% dei bambini con meno di cinque anni è colpito da una o più malattie infettive. Il 70% ha avuto la diarrea nelle ultime due settimane, un incremento di 23 volte rispetto ai dati del 2022.

Fame e malattie

“Fame e malattie sono una combinazione letale,” afferma il dott. Mike Ryan, direttore esecutivo del Programma di Emergenza Alimentare dell’OMS.

“Bambini affamati, indeboliti e profondamente traumatizzati sono più soggetti ad ammalarsi, e bambini malati, soprattutto con la diarrea, non possono assorbire bene le sostanze nutritive. È pericoloso, e tragico, e sta avvenendo sotto i nostri occhi.”

UNICEF, WFP e OMS invocano un accesso sicuro, senza ostacoli e costante per distribuire urgentemente assistenza umanitaria multisettoriale nella Striscia di Gaza, afferma la dichiarazione.

“Un immediato cessate il fuoco umanitario continua a rappresentare la migliore possibilità di salvare vite e porre fine alle sofferenze,” sottolinea.

Numero di vittime in crescita

Secondo il ministero della Sanità di Gaza 29.092 palestinesi sono stati uccisi e 69.028 feriti nel genocidio israeliano in corso a Gaza iniziato il 7 ottobre.

Inoltre almeno 7.000 persone sono disperse, presumibilmente morte sotto le macerie delle loro case nella Striscia.

Organizzazioni palestinesi e internazionali affermano che la maggioranza dei morti e feriti sono donne e bambini.

L’aggressione israeliana ha comportato anche l’evacuazione forzata di quasi due milioni di persone da tutta la Striscia di Gaza, e la grande maggioranza dei profughi sono stati ammassati nella sovraffollata città meridionale di Rafah, nei pressi del confine con l’Egitto, in quello che è diventato il più grande esodo di massa dei palestinesi dalla Nakba [la catastrofe, la pulizia etnica da cui è nato Israele, ndt.] del 1948.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Sette palestinesi uccisi da droni israeliani nella Cisgiordania occupata

Palestine Chronicle Staff  

17 gennaio 2024 Palestine Chronicle

Sette palestinesi sono stati uccisi mercoledì mattina da un bombardamento di droni israeliani che hanno preso di mira le città di Tulkarem e Nablus nella Cisgiordania occupata.

Tulkarem

Quattro palestinesi sono stati uccisi ed altri feriti in un bombardamento di droni israeliani che aveva come obbiettivo il quartiere Al-Tammam nel campo profughi di Tulkarem.

L’agenzia ufficiale di informazioni palestinese WAFA ha citato testimoni oculari dall’interno del campo che hanno detto che un drone ha preso di mira un gruppo di giovani nel quartiere Al-Tammam, uccidendo parecchi di loro e ferendone gravemente altri.

La Mezzaluna Rossa palestinese ha confermato che i suoi equipaggi hanno trasportato i corpi di quattro vittime palestinesi dall’interno del campo all’ospedale governativo Martyr Thabet Thabet a Tulkarem.

Secondo la WAFA le forze israeliane hanno impedito alle ambulanze e alla Mezzaluna Rossa palestinese di entrare nel campo per trasportare i feriti dal luogo preso di mira.

Inoltre truppe israeliane hanno circondato il luogo del bombardamento e nelle vicinanze sono state dislocate pattuglie di fanteria.

Le forze di occupazione israeliane hanno continuato ad aggredire la città di Tulkarem e il suo campo profughi a partire dalle 4,30 del mattino, distruggendo anche proprietà private e infrastrutture.

Un ampio dispiegamento militare, accompagnato da due bulldozer dell’esercito, avrebbe assaltato la città all’alba dagli ingressi ad ovest, nord e sud.

Le forze di occupazione hanno circondato il campo di Tulkarem da tutti gli ingressi, dispiegando veicoli militari nelle strade e nei quartieri, mentre sui tetti di diversi edifici e negozi si sono appostati i cecchini.

Parecchi veicoli militari si sono posizionati agli ingressi dell’ospedale specialistico Al-Isra nel quartiere occidentale e nelle vicinanze dell’ospedale governativo Thabet Thabet accanto al campo, impedendo l’entrata e l’uscita degli abitanti dai suddetti ospedali.

In seguito all’incursione sono scoppiati intensi scontri tra residenti locali e soldati israeliani. Le forze israeliane avrebbero sparato proiettili veri e sono stati sentiti rumori di esplosioni e spari di fucili dall’interno della città e del suo campo profughi.

Durante l’incursione le forze israeliane hanno arrestato tre palestinesi, compresi due ex detenuti.

Nablus

All’alba di mercoledì sono stati uccisi tre palestinesi in un attacco con droni che ha preso di mira un veicolo vicino al campo profughi di Balata, a est di Nablus.

Secondo la WAFA un drone israeliano ha preso di mira un veicolo vicino all’incrocio di Barada, mandandolo completamente a fuoco e uccidendo tre uomini. Le forze israeliane hanno impedito alle equipe mediche di raggiungere il luogo.

I tre uomini sono stati identificati come Mohammad al-Qatawi e i fratelli Saif e Yazan al-Najmi.

Le forze di occupazione israeliane hanno circondato il veicolo con diverse jeep militari.

Inoltre le forze di occupazione israeliane hanno aperto il fuoco contro gli equipaggi delle ambulanze della Mezzaluna Rossa palestinese ed hanno impedito loro di raggiungere il veicolo in fiamme.

Le forze israeliane hanno ulteriormente devastato i campi profughi di Balata e Askar, compiendo massicce incursioni e perquisizioni di case.

La Mezzaluna Rossa ha detto di essere stata in grado di raggiungere il veicolo solo dopo che le forze di occupazione si sono ritirate dalla zona.

Le forze di occupazione avevano precedentemente assalito il campo di Balata con veicoli militari, fra attacchi aerei e sorvoli di aerei e droni, provocando violenti scontri tra gli abitanti del campo e le forze di occupazione.

(PC, WAFA)

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




100 avvocati cileni presentano denuncia alla CPI contro Netanyahu per crimini di guerra a Gaza

Redazione di Palestine Chronicle

9 gennaio 2024, Palestine Chronicle

I ricorrenti, in maggioranza di ascendenza palestinese, chiedono che sia emesso un mandato di arresto contro Netanyahu.

Circa 100 avvocati cileni hanno sporto denuncia presso la Corte Penale Internazionale (CPI) contro il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, accusandolo di commettere crimini contro l’umanità, genocidio e crimini di guerra a Gaza.

Il Middle East Monitor, citando la Quds Press, ha riferito che la denuncia, presentata all’Aja il 22 dicembre, è stata diretta dall’ex ambasciatore Nelson Hadad.

I querelanti, per la maggior parte di ascendenza palestinese, chiedono che sia spiccato un mandato di arresto contro Netanyahu ed altre persone responsabili di questi presunti crimini, riferisce MEMO.

Hanno evidenziato i bombardamenti indiscriminati di Gaza dal 7 ottobre e la distruzione di interi quartieri residenziali senza far distinzione tra civili e combattenti.

Tutti i Paesi devono denunciare i criminali di guerra, assicurando che vengano ritenuti responsabili, assumano le proprie responsabilità, affrontino la punizione conformemente alle sanzioni dello Statuto di Roma e offrano riparazioni alle vittime”, avrebbe affermato Hadad.

L’obbiettivo dell’istanza è provare che a Gaza si stanno perpetrando genocidio, espulsione forzata, crimini di guerra e violazioni del diritto umanitario internazionale, conclude il rapporto.

A dicembre il Sudafrica ha presentato alla CIG tutta la documentazione necessaria, formulando accuse di crimini di guerra contro Israele per la sua guerra genocida a Gaza.

Come Sudafrica, insieme a molti altri Paesi del mondo, abbiamo concordemente ritenuto opportuno deferire questa azione dell’intero governo israeliano davanti alla CIG. Abbiamo promosso il deferimento perché riteniamo che là si stiano commettendo crimini di guerra”, ha detto il Presidente del Sudafrica Cyril Ramaphosa.

Ramaphosa ha definito “totalmente inaccettabile” che Israele “si sia fatto giustizia da solo”.

Secondo il Ministero della Sanità di Gaza sono stati uccisi 23.210 palestinesi e feriti 59.167 nel corso del perdurante genocidio israeliano a Gaza iniziato il 7 ottobre.

Stime palestinesi e internazionali dicono che la maggioranza delle vittime e dei feriti sono donne e bambini.

(PC, MEMO) (Palestine Chronicle, Middle East Monitor)

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Mettere in discussione le storie che ci raccontano sulla solidarietà e la propaganda

Benay Blend

4 dicembre 2023 – Palestine Chronicle

Essere solidali con gli oppressi, chiunque essi siano, significa stare in guardia rispetto ai media sensazionalisti che trasformano la vittima in carnefice per infiammare l’opinione pubblica.

Nella Giornata Internazionale di Solidarietà con il Popolo Palestinese, il 29 novembre, è sempre bene ricordare che cosa significa realmente essere solidali con un altro gruppo di persone.

Non importa che la data sia arrivata e trascorsa prima che compaia questo articolo, perché la solidarietà non è una sciarpa che possa essere indossata e tolta, usata quando serve ma messa da parte quando non serve più.

Ora più che mai significa porre al centro le voci dei palestinesi in tutti gli eventi, piuttosto che incoraggiare altri ad assumere la guida. Se è vero che non tutti i palestinesi la pensano allo stesso modo, la maggioranza di loro è unita in nome della causa di liberazione, scrive Ramzy Baroud, un’unità che si avverte all’interno della patria e al di fuori.

Invece di proporre logore soluzioni, opinioni sul valore di questa o quella strategia, è ora di ascoltare ciò che i palestinesi immaginano per il loro futuro.

Il 29 novembre Romana Rubeo, caporedattrice di Palestine Chronicle, ha osservato che alcuni intendono essere solidali solo quando gli occupati appaiono come vittime, nonostante che i palestinesi abbiano sempre “sublimato il dolore nella lotta”.

Anche i bambini”, osserva Ramzy Baroud, fondatore di Palestine Chronicle, “che hanno perso membri della propria famiglia a Gaza stanno con coraggio di fronte alle telecamere ribadendo che non cederanno mai e che niente li potrà scacciare dalla loro patria. Vecchi e giovani riaffermano la stessa logica, usano linguaggi simili, persino dai letti di ospedale.”

Infine è importante non riproporre la hasbara (propaganda) che si è imposta nei media occidentali ed è stata ostinatamente ripetuta da capi di Stato. Subito dopo il 7 ottobre c’è stato un rapporto su bambini israeliani presumibilmente decapitati da Hamas.

Poiché mi ricordavo di una vicenda simile durante l’invasione irachena del Kuwait, quella di bambini tirati fuori dalle incubatrici dagli iracheni e lasciati morire, diffidavo della veridicità di questo rapporto. Benché sia stato subito dimostrato che la voce è stata messa in giro da un israeliano che non ne aveva la minima prova, la storia ha preso piede fino ad ora e viene ancora ripetuta da alcuni come un dato di fatto.

Nonostante la storia della falsità e delle autentiche menzogne di Israele”, spiega Jamal Kanj, “i mezzi di informazione e i leader occidentali continuano a contestare la veridicità delle narrazioni di testimoni in prima persona sul campo, essendo disponibili al contempo ad assumere la falsa versione israeliana degli eventi.”

Recentemente il Washington Post ha pubblicato un titolo sensazionalistico che allude all’uso da parte di Hamas dello “stupro come arma di guerra”. L’articolo prosegue dipingendo un quadro di barbari palestinesi che hanno stuprato e saccheggiato nel loro passaggio per i villaggi e le città israeliane.

Anche se il dirigente di Hamas Basem Naim ha spiegato che un tale comportamento va contro i principi islamici, il Washington Post ha sorvolato sulla sua dichiarazione.

Il rapporto prosegue ignorando le prove secondo cui quel giorno sono stati i soldati israeliani a sparare su qualunque cosa si muovesse, accollandosi così parte del peso delle 1200 morti israeliane.

Un significativo numero (di persone uccise durante il raid) sono state uccise dal fuoco incrociato”, scrive l’attivista sudafricano Ronnie Kasrils, “molte da fucili e bombe israeliani. Ci sono rapporti che indicano che alcuni dei soldati israeliani erano scarsamente addestrati ad operare in situazioni di panico.”

Sembra che il regime sionista stesse progettando per i palestinesi ciò che essi stessi hanno fatto a donne e bambini detenuti nelle prigioni israeliane, ma ad oggi non è stato detto molto su questo.

È vero che lo stupro è spesso usato come arma in situazioni di guerra per disumanizzare il nemico, ma in questo caso sembra che sia il contrario. Certo negli Stati Uniti c’è una lunga storia di neri falsamente accusati di stupro di donne bianche, in parte per diffondere paura ma anche per giustificare i linciaggi estragiudiziali alla fine del XIX e nel XX secolo.

Negli anni ’90 del 1800 la paladina nera e giornalista investigativa Ida B Wells intraprese uno studio di massa che avrebbe messo in luce le accuse fraudolente che giustificavano il linciaggio dei neri.

Più di recente vi è stato il caso dei cinque di Central Park, giovani neri e latini arrestati per il brutale stupro di una donna a Central Park a New York. Nel 1989, un anno caratterizzato da crimini e tensioni razziali, il pubblico ha visto ciò che era preparato a vedere e i media hanno giocato su queste paure facendone un caso sensazionalistico.

Il pregiudizio di conferma consiste nella tendenza individuale ad accettare solo ciò che sorregge il proprio preesistente punto di vista prevenuto”, nota Jamal Kanj. Questo vale oggi per i media occidentali nei confronti della Palestina e per i loro racconti di ciò che Hillary Clinton definì “superpredatori”, minori neri che secondo lei erano coinvolti in bande e questioni di droga.

Oggi c’è il documentario ‘Quando loro ci vedono’ che riporta le fasi del proscioglimento. Ciononostante questi cinque uomini passarono anni dietro le sbarre perché i media e i responsabili pubblici furono svelti a giocare sulle paure della gente.

Oggi i media insieme a diversi governi del mondo usano la stessa tecnica per equiparare la resistenza palestinese al terrorismo. Come nei casi suddetti, il linguaggio irresponsabile del sensazionalismo e della verità distorta comporta delle conseguenze.

In una comunicazione, dei palestinesi americani di Chicago hanno incolpato i media e i responsabili pubblici per l’assassinio del bambino di sei anni Wadea Al-Fayoume. Il 15 ottobre il bambino è stato brutalmente accoltellato 26 volte da un aggressore razzista che credeva che “tutti i musulmani devono morire.”

Precedentemente la consigliera comunale di Chicago Debra Silverstein aveva presentato una risoluzione che invitava a porre attenzione agli stereotipi razzisti collegati ai palestinesi, compresa “la disinformazione israeliana priva di fondamento circa gli eventi del 7 ottobre da parte di relatori filoisraeliani, che ripetono retoriche razziste riguardo agli arabi – sistematiche violenze sessuali contro le donne, sistematici massacri di bambini, decapitazioni – che l’esercito israeliano e la Casa Bianca hanno sempre rifiutato di verificare.”

Secondo Ameera Al-Beituni e Noor Hssan questi tropi razzisti hanno spinto il killer di Al-Fayoume a commettere il brutale crimine, riportando alla mente come le raffigurazioni razziste dei neri condussero al loro pubblico linciaggio.

Un giorno dopo che il Washington Post ha pubblicato le infondate accuse che Hamas aveva compiuto violenze sessuali contro donne “israeliane” il 7 ottobre, i titoli hanno riferito una storia diversa. Tre studenti palestinesi erano stati colpiti a morte nello stato liberale del Vermont, dove risiede Bernie Sanders.

Causa ed effetto? Molto probabilmente, ma la polizia dice di non aver ancora trovato un chiaro movente per gli spari. Per quale motivo qualcuno dovrebbe sparare a sangue freddo a tre palestinesi che parlano in arabo e indossano la kefiah, se non per odio scatenato dai media?

È importante riconoscere che questo fa parte di una storia più ampia. Questo orrendo crimine non ha origine nel vuoto”, dice Hisham Awartini, la vittima più gravemente ferita. “Così come apprezzo ognuno di voi che siete qui oggi, io sono una vittima di questo conflitto molto più ampio.”

Basil Awartini, cugino di Hisham, in questo stesso articolo suggerisce che gli spari sono stati una conseguenza di “una retorica pericolosa e disumanizzante vomitata da politici USA e opinionisti di destra.” Poi nello stesso pezzo il Post accusa Hamas di avere assassinato 1200 israeliani il 7 ottobre, anche se vi sono sempre più prove che “Israele” in quel giorno ha ucciso alcuni propri cittadini.

Essere solidali con gli oppressi, chiunque essi siano, significa stare in guardia rispetto ai media sensazionalisti che trasformano la vittima in carnefice per infiammare l’opinione pubblica. Non è difficile riconoscere gli stereotipi come anche esempi nel passato in cui la stessa disinformazione è stata usata per giustificare l’impiego della violenza contro altri esseri umani.

Dobbiamo essere solidali con il popolo palestinese”, conclude Rubeo, “che resiste, lotta, piange per i suoi figli e sorride se un prigioniero viene rilasciato. Con il popolo palestinese che respinge l’invasore e occupante ogni giorno, in modi diversi.”

Benay Blend ha ottenuto il dottorato in Studi Americani presso l’università del Nuovo Messico. Il suo lavoro di studiosa include: ‘Situated Knowledge’ in the Works of Palestinian and Native American Writers” [‘Saperi contestualizzati’ nel lavoro di scrittori palestinesi e nativi americani] (2017) in “’Neither Homeland Nor Exile are Words’” [Nè Patria né Esilio sono parole], curato da Douglas Vakoch e Sam Mickey.

Ha contribuito con questo articolo a The Palestine Chronicle.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Lo scambio di prigionieri di Hamas e la guerra genocida di Israele: il contesto è cruciale

Iqbal Jassat

24 novembre 2023 – The Palestine Chronicle

In questa situazione è perfettamente logico che Hamas ricorra a mezzi creativi per spezzare la paralisi dell’assedio.

Storicamente la resistenza o la lotta armata da parte dei movimenti di guerriglia impegnati in combattimenti asimmetrici contro regimi canaglia hanno sempre catturato soldati nemici da impiegare come merce di scambio per ottenere vantaggi militari.

È fondamentale comprendere il contesto dell’operazione lanciata da Hamas il 7 ottobre, che l’estrema destra israeliana ha utilizzato come pretesto per lanciare un implacabile bombardamento via terra, mare e aria della popolazione civile di Gaza assediata.

* Gaza non è uno stato indipendente;

* È un campo di concentramento a cielo aperto per rifugiati palestinesi sotto occupazione militare israeliana;

* È sottoposto a un crudele blocco militare che lo isola dal mondo esterno;

* Non possiede un esercito, né aerei da caccia militari, né elicotteri e carri armati;

* Non ha nemmeno un aeroporto o un porto navale.

Quindi definire con disinvoltura il massacro di migliaia di persone da parte di Israele come una “Guerra contro Gaza”, come fanno alcuni media e commentatori, è fuorviante.

Ciò implica ingannevolmente che la guerra sia tra due Stati uguali, mentre la realtà è che Gaza si può definire solo come un’enclave “bantustan” che fa parte del territorio palestinese occupato.

Inoltre una componente importante della responsabilità della potenza occupante nei confronti dei 2,3 milioni di abitanti di Gaza ai sensi del diritto internazionale è sorprendentemente assente nel discorso pubblico.

La potenza occupante deve garantire un trattamento umano della popolazione e provvedere ai suoi bisogni primari, compresi cibo e assistenza medica.

Purtroppo, come sottolineato dal professor Abdelwahab El-Affendi in un recente articolo su Al Jazeera, i sostenitori di ieri della dottrina della “responsabilità di proteggere” sono oggi i maggiori sostenitori dell’assalto genocida di Israele a Gaza.

La considerazione fondamentale è che Israele occupa la Cisgiordania, Gerusalemme Est e Gaza, che collettivamente costituiscono i Territori Palestinesi Occupati (Opt), dal 1967. Contrariamente a quanto sostiene il regime israeliano, il ritiro da parte di Israele delle sue forze di terra non ha posto fine all’occupazione di Gaza.

Un altro elemento di confusione deliberatamente generato da Israele riguarda il valico di Rafah con l’Egitto. L’impressione che il Cairo ne abbia la piena sovranità è fuori luogo. La realtà è che Israele monitora tutte le attività al valico dalla sua base militare di Kerem Shalom. Decide quando l’Egitto può aprirlo, per quanto tempo e a chi e cosa è consentito entrare o uscire da Gaza.

La capacità dell’Egitto di esercitare la propria volontà diventa una buffonata se le forze di sicurezza israeliane supervisionano le liste dei passeggeri – decidendo chi può attraversare – e monitorano le operazioni e possono negare il “consenso e la cooperazione” necessari per mantenere aperto il valico.

In questo contesto è perfettamente logico che Hamas, in quanto movimento di liberazione indigeno, non solo ricorra a mezzi creativi per rompere la paralisi dell’assedio, ma anche per resistere al progressivo genocidio da parte degli occupanti.

La Resistenza palestinese è quindi in grado di assicurarsi di mantenere la superiorità morale avendo offerto il rilascio di civili tenuti come “ospiti” – qualche settimana fa – ma l’offerta è stata respinta da un intransigente gabinetto di guerra israeliano sostenuto dagli Stati Uniti.

Ora che un “accordo” è stato raggiunto, in netto contrasto con gli obiettivi di Netanyahu di eliminare Hamas, è importante notare che molti nel mondo, soprattutto tra i media, sono ora costretti a concentrarsi sul fatto che i prigionieri palestinesi in attesa di rilascio hanno nomi e identità degni di menzione – non sui profili anonimi preferiti dal carceriere per descriverli come terroristi.

I minori e le donne che fanno parte dei 150 da rilasciare sono stati incarcerati senza processo, in violazione del giusto processo e, a volte, tenuti per decenni in condizioni che possono essere definite come tortura

Grazie alla Resistenza saranno finalmente liberi; in verità molte altre migliaia di persone imprigionate in Israele semplicemente per aver fatto valere i propri diritti meritano la libertà.

Lo scambio simboleggia per i palestinesi in molti modi una svolta verso il raggiungimento della agognata libertà dalle grinfie di un’occupazione oppressiva e inflessibile che non riesce a imparare la lezione del Sud Africa: apartheid, razzismo, occupazione militare, negazione dei diritti umani sono insostenibili e destinati a fallire – con o senza il sostegno occidentale.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




‘Annienteremo tutti a Gaza’ – una canzone di bambini israeliani chiede la distruzione di Gaza

Redazione di Palestine Chronicle

20 novembre 2023 Palestine Chronicle

Una canzone di un gruppo di giovani israeliani intitolata “Bambini della generazione della vittoria” è recentemente diventata virale sulle piattaforme dei social media ebraici.

Il testo sollecita i soldati israeliani a distruggere tutto a Gaza.

Kan, l’emittente pubblica israeliana, l’ha trasmessa con il titolo ‘Annienteremo tutti a Gaza’, ma è poi stata costretta a rimuovere il video che aveva sollevato reazioni indignate in tutto il mondo.

Le parole di “Bambini della generazione della vittoria” esprimono sostegno a soldati e all’esercito israeliani e incita i bambini in Israele in particolare e tutti gli ebrei in generale, a distruggere i palestinesi.

Kan la descrive come “una canzone di amicizia,” sottolineando che “le sue nuove parole rappresentano i ragazzi della generazione vittoriosa, e che entro un anno  là non rimarrà più niente (riferendosi alla distruzione totale di Gaza), che questi ragazzi ritorneranno alle proprie case (gli insediamenti che circondano Gaza) e che il mondo vedrà come elimineremo il nostro nemico (i palestinesi).”

Secondo i media ebraici la nuova canzone è un adattamento di ‘Malvagità,’ scritta da Haim Ghouri. La nuova versione è interpretata da ragazzi/e israeliani/e tra i 6 e i 12 anni.

La nuova canzone è stata prodotta dal Rosenbaum Communications Group, con parole di Ofer Rosenbaum e Shulamit Stolero, che hanno sottolineato il loro desiderio di non cambiare il coro di “malvagità”, conosciuto in tutte le case di Israele.

L’autore della nuova canzone, Ofer Rosenbaum, ha detto ai media in ebraico:

I bambini del video appartengono alla generazione della vittoria, questi ragazzi sono forti, coraggiosi, amano la propria patria e hanno la sola richiesta che non si ripeta più: lo Stato di Israele deve la sicurezza a loro, alle loro famiglie e a tutti i cittadini e noi l’otterremo solo con una vittoria completa a Gaza, senza concessioni.”

Uno dei ragazzi che la cantano, Aden Nezof, 11 anni, dell’insediamento di Sderot, ha detto: “Io so e credo che i nostri soldati trionferanno sui terroristi, che la mia citta risorgerà e prospererà e che io potrò tornare a casa.”

Parole della canzone ‘Malvagità modificata

La notte autunnale scende sulla costa di Gaza

Gli aerei bombardano, distruzione, distruzione

Qui l’esercito israeliano attraversa il confine

Per sterminare quelli con la svastica

Fra un anno non resterà più nulla

E noi ritorneremo sani e salvi alla nostra patria

Entro un anno li elimineremo tutti

Ritorneremo ad arare i nostri campi.

E noi tutti ricorderemo

La bellezza e la purezza del cristallo

Perché questa malvagità

Non sarà dimenticata dai nostri cuori

l’amore sacro santificato dal sangue

Tornerà a sbocciare fra noi.

E ora basta con le parole

E le nostre anime urleranno

Perché la nostra anima non è solo la nostra patria

Perché oggi anche le nostre anime stanno combattendo

Una nazione sola, per l’eternità, per sempre

Non ci fermeremo e proteggeremo le nostre case

Non resteremo in silenzio e noi e voi vedremo

Come oggi i nostri nemici sono distrutti

E noi tutti ricorderemo

La bellezza e la purezza del cristallo

Perché tale malvagità

Non sarà dimenticata dai nostri cuori

l’amore sacro santificato dal sangue

Tornerà a sbocciare fra noi.

Il video della canzone ha ricevuto aspre critiche e suscitato molte polemiche.

Il giornalista e regista Dan Cohen ha twittato: “I bambini israeliani cantano, ‘Annienteremo tutti’ a Gaza. Questo video è stato caricato e rimosso dall’emittente nazionale @kann_news. Perché insegnano ai loro figli a odiare?”

L’analista Patrick Henningsen ha commentato: “Gli americani devono capire che il sionismo è un’ideologia razzista e genocida e proprio come ogni altro movimento o culto di supremazia etnica …”

L’attivista Lema Pal ha twittato:“I bambini vengono istruiti all’arte della guerra, a loro viene insegnato a dare la priorità a distruzione, uccisioni e sono educati ad approvare il conflitto e il genocidio!”

Secondo il ministero della Salute palestinese fino ad ora Israele ha ucciso oltre 13.300 palestinesi, fra cui 5.600 minori e 3.550 donne, oltre 31.000 sono i palestinesi feriti.

L’esercito israeliano continua a colpire case di civili in tutta la Striscia di Gaza e giungono notizie di nuovi massacri ovunque nell’enclave assediata.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Forze israeliane uccidono tre palestinesi durante un’incursione militare su vasta scala a Jenin

Redazione di Palestine Chronicle

17 novembre 2023 – Palestine Chronicle

L’agenzia di notizie ufficiale palestinese WAFA ha informato che nelle prime ore di venerdì mattina tre palestinesi sono stati uccisi e molti altri feriti quando le forze di occupazione israeliane hanno preso di mira con attacchi con i droni il campo profughi di Jenin, nel nord della Cisgiordania occupata.

Testimoni oculari nel campo hanno dato notizia che nel quartiere di Hawashin del campo profughi un drone israeliano ha bombardato un assembramento di palestinesi, provocando la tragica uccisione di tre persone e il ferimento di altre nove, alcune in condizioni critiche.

Le vittime sono state identificate come il ventitreenne Baha Jamal Lahlouh, in trentaquattrenne Mohammed Azmi Husseiniya e Mohammed Abu Al-Hassan, di 28 anni.

Invasione su vasta scala

L’incursione israeliana a Jenin ha impegnato una significativa presenza militare, compresi unità speciali e bulldozer blindati.

Le forze di occupazione hanno attaccato vari quartieri in città e nel vicino campo profughi, schierando cecchini sui tetti di alcuni edifici.

Durante il raid le forze israeliane hanno fatto irruzione in una struttura residenziale del quartiere di Jabariyat in città, arrestando alcuni palestinesi e facendo esplodere diversi veicoli di proprietà della famiglia Rukh. L’attacco militare israeliano si è esteso ai quartieri di Jabal Abu Dhuhair, Khallet al-Soha ed alla periferia del campo profughi di Jenin.

Scavatrici Caterpillar D9 che accompagnavano i soldati israeliani hanno anche iniziato a devastare infrastrutture in città e all’ingresso del campo profughi di Jenin, provocando danni alle strade e alle auto parcheggiate.

Sono state segnalate interruzioni nelle comunicazioni in quanto le forze israeliane hanno bloccato il segnale nella città e nel campo di Jenin, ed è stata tolta l’elettricità in vari quartieri della città.

Un ospedale assediato

Inoltre l’esercito israeliano ha assediato anche l’ospedale Ibn Sina di Jenin, ha interrogato il personale medico e ha creato una situazione di tensione nella zona.

Secondo testimoni, l’ospedale è stato circondato per parecchie ore, con accurate perquisizioni da parte dell’esercito israeliano di ambulanze che si trovavano nei pressi e richieste di evacuazione dell’ospedale attraverso altoparlanti.

Testimoni oculari hanno anche raccontato che le forze israeliane hanno evacuato dall’ospedale con la forza personale medico, obbligandolo a stare con le mani in alto prima di sottoporlo a perquisizioni nel cortile dell’ospedale.

Le fonti affermano che parecchi lavoratori della sanità sono stati interrogati.

Nel contempo l’esercito israeliano di occupazione si è schierato nei pressi dell’ospedale governativo di Jenin lanciando una raffica di candelotti lacrimogeni tossici. L’uso indiscriminato di agenti chimici nei pressi dell’ospedale ha provocato problemi respiratori a molti civili a causa dell’inalazione di gas.

(traduzione di Amedeo Rossi)




Medici israeliani chiedono di colpire ospedali e ambulanze di Gaza

Redazione di Palestine Chronicle

6 novembre 2023 – Palestine Chronicle

Un gruppo israeliano, autodenominatosi “Medici per i Diritti dei Soldati dell’IDF” [Israeli Defence Force, l’esercito israeliano, ndt.] ha chiesto di distruggere “ogni luogo dove la gente (di Hamas) si sta nascondendo (…), anche se è un ospedale.”

La Palestine Global Mental Health Network [Rete Globale Palestinese per la Salute Mentale, ndt.] (PGMHN), ha sollecitato tutti i professionisti, il personale e le associazioni che si occupano di sanità e salute a condannare fortemente la dichiarazione pubblicata da un gruppo di medici israeliani che ha chiesto la distruzione degli ospedali palestinesi a Gaza.

Un gruppo israeliano, autodenominatosi “Medici per i Diritti dei Soldati dell’IDF” ha chiesto di distruggere “ogni luogo dove la gente (di Hamas) si sta nascondendo (…), anche se è un ospedale.”

Il PGMHN ha anche sollecitato tutte le organizzazioni che si occupano di salute e “tutte le persone libere” del mondo a “condannare questa richiesta barbara di uccisione e distruzione da parte di coloro che hanno fatto il giuramento di Ippocrate di non nuocere.”

Quei dottori assetati di sangue dovrebbero essere espulsi dagli ordini professionali e dovrebbero essere trattati come criminali,” recita il comunicato.

La dichiarazione dei dottori, che è circolata ampiamente sui social media, afferma che “l’organizzazione terroristica assassina (riferendosi ad Hamas) sta usando tutti i mezzi e sta commettendo crudeli omicidi e un orrore senza precedenti contro persone, donne e bambini, perciò ogni luogo in cui i suoi militanti si stanno nascondendo o che viene usato per operazioni terroristiche è un legittimo obiettivo da distruggere – anche se si tratta di un ospedale.”

Aggiunge: “hanno a loro disposizione le ambulanze che stanno trasferendo pazienti a sud per ricevere cure mediche altrove. Basta!

Gli abitanti di Gaza che ritengono giusto trasformare gli ospedali in cellule terroristiche in un tentativo di strumentalizzare gli standard occidentali, sono responsabili della loro stessa distruzione – il terrorismo deve essere sradicato ovunque e in ogni modo.”

A Gaza Israele ha già bombardato molti ospedali, e cliniche palestinesi o le aree circostanti, uccidendo centinaia di civili palestinesi.

Il più noto di questi bombardamenti è stato il 17 ottobre, quando Israele ha bombardato l’ospedale battista Al-Ahli a Gaza City, uccidendo quasi 500 persone e ferendone altre centinaia.

Il ministero palestinese della Sanità a Gaza ha affermato che dall’inizio della guerra israeliana contro Gaza un mese fa un gran numero di dottori, infermieri, autisti di ambulanze, insieme ad altro personale medico, è stato ucciso negli attacchi israeliani.

Inoltre molti lavoratori della protezione civile sono stati uccisi mentre stavano cercando di recuperare i corpi dei palestinesi da sotto le macerie di case, scuole ed ospedali.

Finora Israele ha ucciso a Gaza circa 10.022 palestinesi, inclusi 4.800 minori e 2.550 donne, e ne ha feriti più di 25.000.

I rapporti del ministero palestinese della Sanità e le organizzazioni internazionali affermano che la maggioranza delle persone uccise o ferite sono donne e minori.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




La giustizia non è negoziabile: perché Israele non può distruggere la resistenza palestinese

Ramzy Baroud

1 novemebre 2023 Palestine Chronicle

È tempo di parlare di giustizia, vera giustizia, il cui risultato non è negoziabile: uguaglianza, pieni diritti politici, libertà e il diritto al ritorno.

Gaza ha modificato l’equazione politica in Palestina.

Anzi, è probabile che le ripercussioni di questa guerra devastante cambino l’equazione politica di tutto il Medioriente e rimettano al centro la Palestina come la crisi politica più urgente al mondo nei prossimi anni.

Dalla fondazione di Israele, agevolata dalla Gran Bretagna e protetta dagli Stati Uniti e da altri Paesi occidentali, le priorità sono state interamente quelle di Israele.

“Sicurezza” di Israele, “superiorità militare” di Israele, “il diritto a difendersi” di Israele, e molto altro hanno definito il discorso politico dell’Occidente sull’occupazione e l’apartheid di Israele in Palestina.

Questa bizzarra concezione del cosiddetto conflitto da parte di USA e Occidente, secondo cui un oppressore ha “diritti” sull’oppresso, ha consentito a Israele di mantenere un’occupazione militare sui territori palestinesi che è durata oltre 56 anni.

Ha anche permesso a Israele di ignorare le radici di questo “conflitto”, cioè la pulizia etnica della Palestina nel 1948 e il diritto al ritorno a lungo negato ai profughi palestinesi.

All’interno di questo contesto ogni disponibilità alla pace dei palestinesi e degli arabi è stata rifiutata, ogni presunto “processo di pace”, cioè gli accordi di Oslo, trasformato in un’opportunità per Tel Aviv di rafforzare la sua occupazione militare, espandere le colonie e rinchiudere i palestinesi in spazi simili a Bantustan [le aree riservate ai nativi africani nel Sudafrica dell’apartheid, ndt.], umiliati e segregati su base razziale.

Alcuni palestinesi, sedotti dall’elemosina americana o distrutti da una persistente sensazione di sconfitta, si sono messi in fila per ricevere i dividendi della pace statunitense-israeliana, misere briciole di falso prestigio, titoli vuoti e potere limitato, concessi e negati da Israele stesso.

Tuttavia la guerra israeliana contro Gaza sta già cambiando molto di questo penoso status quo.

La costante enfasi israeliana sul fatto che la sua guerra letale sia contro Hamas, contro il “terrorismo”, contro il fondamentalismo islamico e tutto il resto, potrebbe aver convinto quelli che sono già pronti ad accettare per oro colato la versione israeliana degli eventi.

Ma, mentre i corpi di migliaia di civili palestinesi, migliaia dei quali sono minori, iniziano a accumularsi nelle sale mortuarie degli ospedali e tragicamente nelle strade di Gaza, la narrazione inizia a cambiare.

I corpi fatti a pezzi di minori palestinesi, le cui famiglie sono morte insieme a loro, testimoniano della brutalità di Israele, dell’appoggio immorale dei suoi alleati, della disumanità di un ordine internazionale che premia l’assassino e reprime la vittima.

Di tutte le dichiarazioni di parte fatte dal presidente USA Joe Biden quella in cui ha suggerito che i palestinesi mentono riguardo al conto dei loro morti è stata forse la più inumana.

Washington potrebbe non averlo ancora capito, ma le ripercussioni dell’appoggio incondizionato a Israele in futuro si dimostreranno disastrose, soprattutto in una regione che ne ha abbastanza di guerre, egemonia, doppio standard, divisioni settarie e conflitto senza fine.

Ma il maggior impatto si farà sentire nello stesso Israele.

Quando il 26 ottobre l’ambasciatore palestinese all’ONU Riyad Mansour ha fatto un potente ed emotivo discorso, non ha potuto trattenere le lacrime. Delegazioni internazionali all’Assemblea Generale dell’ONU hanno continuato ad applaudire, riflettendo il crescente appoggio alla Palestina, non solo all’ONU ma in centinaia di città e cittadine e in innumerevoli angoli di strada in tutto il mondo.

Quando ha parlato l’ambasciatore israeliano all’ONU Gilad Erdan, che ha ispirato la maggior parte delle menzogne comunicate da Tel Aviv, soprattutto nei primi giorni di guerra, nessuno ha applaudito.

La narrazione israeliana si è chiaramente sbriciolata in mille pezzi. In effetti Israele non è mai stato così isolato. Questo non è affatto il “Nuovo Medio Oriente” che Netanyahu aveva profetizzato nel suo discorso all’Assemblea Generale dell’ONU il 22 settembre.

Incapace di capire come mai l’iniziale simpatia con Israele si sia rapidamente trasformata in vero e proprio sdegno, Israele ha fatto ricorso alle vecchie tattiche.

Il 25 ottobre Erdan ha chiesto le dimissioni del segretario generale dell’ONU António Guterres in quanto “inadeguato a guidare l’ONU”. Il presunto imperdonabile delitto di Guterres è il fatto di aver affermato che “gli attacchi di Hamas non sono avvenuti dal nulla.”

Per Israele e i suoi benefattori americani nessun contesto è permesso di macchiare l’immagine perfetta che Israele ha creato per il suo genocidio a Gaza. In questo mondo perfetto israeliano a nessuno è consentito parlare di occupazione militare, di assedio, di mancanza di prospettive politiche, dell’assenza di una pace giusta per i palestinesi.

Benché nella sua dichiarazione Amnesty International abbia detto che entrambe le parti hanno commesso “gravi violazioni delle leggi umanitarie internazionali, compresi crimini di guerra”, Israele lo attacca ancora, accusando l’organizzazione di essere “antisemita”.

Perché, secondo Israele, neppure alla principale associazione internazionale per i diritti umani al mondo è permesso contestualizzare le atrocità a Gaza o di avere il coraggio di suggerire che una delle “cause alla radice del conflitto” è “il sistema israeliano di apartheid imposto ai palestinesi”.

Israele non è più onnipotente, come vuole farci credere. Gli ultimi eventi hanno dimostrato che “l’invincibile esercito” israeliano, un’etichetta che ha consentito a Israele di diventare nel 2022 il decimo principale esportatore di armi al mondo, si è dimostrato una tigre di carta.

Questo è ciò che ha fatto infuriare di più Israele. “I musulmani non hanno più paura di noi,” ha detto l’ex- parlamentare della Knesset Moshe Feiglin in un’intervista ad Arutz Sheva-Israel National News [Canale 7-Notizie Nazionali Israeliane, rete israeliana di estrema destra, ndt.]. Per ripristinare questa paura il politico estremista israeliano ha chiesto di “ridurre immediatamente in cenere Gaza.”

Ma niente ridurrà in cenere Gaza, anche se, secondo l’ufficio umanitario dell’ONU, le oltre 12.000 tonnellate di esplosivo lanciate contro la Striscia nelle prime due settimane di guerra hanno già ridotto in cenere almeno il 45% delle abitazioni nella Striscia.

Gaza non morirà perché è un’idea potente profondamente radicata nei cuori e nelle menti di ogni arabo, di ogni musulmano e di milioni di persone in tutto il mondo.

Questa nuova idea sta sfidando la convinzione a lungo coltivata che il mondo debba provvedere alle priorità, alla sicurezza, alla definizione egocentrica di pace e ad altre illusioni di Israele.

Il dibattito dovrebbe ora tornare a quello che avrebbe sempre dovuto essere: le priorità dell’oppresso e non dell’oppressore.

È giunto il tempo in cui si parli dei diritti dei palestinesi, della sicurezza dei palestinesi e del diritto del popolo palestinese, di fatto un obbligo, di difendere se stesso.

È tempo per noi di parlare di giustizia, vera giustizia, il cui risultato non è negoziabile: uguaglianza, pieni diritti politici, libertà e diritto al ritorno.

Gaza ci ha detto tutto questo e molto altro. Ed è tempo che noi le diamo ascolto.

Ramzy Baroud è giornalista, autore ed editore di The Palestine Chronicle. È autore di sei libri. L’ultimo libro, curato insieme a Ilan Pappé, è Our Vision for Liberation: Engaged Palestines Leaders and Intellectuals Speak out [La nostra visione della liberazione: parlano i leader e gli intellettuali impegnati della Palestina]. Baroud è ricercatore senior non residente presso il Center for Islam and Global Affairs (CIGA).

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)