Ci sarà un’operazione di terra? Come è cambiato il discorso ufficiale di Israele sulla guerra contro Gaza – Analisi

Redazione di Palestine Chronicle

23 ottobre 2023 – Palestine Chronicle

Il discorso politico ufficiale israeliano sull’invasione di terra a Gaza è progressivamente mutato negli ultimi 17 giorni di guerra.

Dal 7 ottobre le dichiarazioni dei vertici politici e militari israeliani non si sono allontanate dalla linea secondo cui solo una massiccia operazione militare di terra a Gaza distruggerà il movimento Hamas e la sua ala combattente, le Brigate Al-Qassam.

Di fatto questa posizione viene ancora ripetuta. I media israeliani, citati lunedì dal canale Al Jazeera in arabo, hanno informato che l’esercito israeliano ha detto al governo che per sconfiggere Hamas non si può evitare un’invasione di terra.

Ciò detto, non c’è più coerenza col messaggio iniziale.

Qual è la ragione del rinvio?

Sì, l’esercito israeliano continua ad ammassarsi nei pressi della barriera di Gaza assediata ed ha ripetutamente affermato di essere “assolutamente pronto” ad entrare. Questa indicazione è stata comunicata ripetutamente quasi ogni giorno ai governanti.

Il ritardo iniziale è stato spiegato dall’esercito con le presunte “cattive condizioni metereologiche”, benché il tempo a Gaza fosse buono allora e continui ad esserlo ancora adesso.

In seguito ci è stato detto dai mezzi di comunicazione statunitensi che il rinvio era dovuto alle pressioni di Washington. Lunedì 23 ottobre la radio militare israeliana ha confermato la teoria delle “pressioni”, arrivando al punto di informare che Israele ha già accettato la richiesta americana di posporre l’operazione.

Da parte sua una fonte di Hamas, ripresa da media arabi e da The Palestine Chronicle, ha detto che la vera ragione dietro il rinvio in realtà è direttamente legata all’incapacità di Israele di trovare una soluzione per i missili anticarro utilizzati dalla resistenza.

Invasione sì o no?

Indipendentemente dalla ragione dietro tale dilazione, non si può negare che il linguaggio ufficiale israeliano su questa tanto decantata invasione di terra abbia iniziato a cambiare.

A volte gli israeliani sembrano discutere di una manovra limitata invece di una rioccupazione totale di Gaza.

Ma recenti affermazioni del portavoce dell’esercito israeliano, il tenente colonnello Jonathan Conricus, sono particolarmente interessanti.

Lunedì, in un’intervista con la radiotelevisione australiana ABC, Conricus ha inizialmente evitato una domanda sul perché Israele sembra stia rimandando l’operazione di terra.

Invece ha semplicemente assicurato che l’esercito israeliano “smantellerà totalmente Hamas” e “riporterà a casa la nostra gente.”

Poi ha affermato:

“Se Hamas dovesse uscire dai nascondigli in cui  occulta sotto i civili… e restituisse i nostri ostaggi, tutti e 212, e si arrendesse senza condizioni, allora la guerra finirebbe.”

A parte il fatto che Conricus ha eluso le responsabilità di Israele per la morte di migliaia di civili palestinesi, il militare israeliano sembrava suggerire che Israele ha intenzione di prendere in considerazione misure alternative all’operazione militare di terra, benché in questo caso sia altamente improbabile.

Cornicus versus Gallant

Si potrebbe sostenere che le affermazioni di Cornicus siano essenzialmente in linea con le considerazioni, fatte un giorno prima, del ministro della Difesa Yoav Gallant, secondo cui “questa deve essere l’ultima operazione militare (di terra) a Gaza, per la semplice ragione che poi Hamas non ci sarà più.”

D’altro canto vale la pena evidenziare che anche solo suggerire che un’invasione di terra non è più inevitabile è una novità rispetto al discorso politico israeliano sulla guerra.

Insieme alle recenti dichiarazioni dello stesso Gallant, sempre domenica, secondo cui l’operazione di terra a Gaza potrebbe durare tre mesi, le affermazioni di Cornicus nell’intervista ad ABC diventano ancor più rilevanti.

Indipendentemente dal fatto se Israele effettuerà un’invasione di terra vasta, limitata o non la farà affatto, è praticamente certo che il ritardo è dovuto alla resistenza di Gaza sul terreno.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Rapporto: un sistema spionistico israeliano dietro al nuovo scandalo che ha preso di mira giornalisti russi

Redazione di Palestine Chronicle (PC, RT)

26 settembre 2023 – Palestine Chronicle

Il telefono del fondatore del sito di notizie lettone Meduza è stato hackerato prima di un incontro a Berlino tra giornalisti russi dell’opposizione.

Lunedì Galina Timchenko, una giornalista russa dell’opposizione che vive in Lettonia, ha raccontato a The Guardian che uno Stato europeo sconosciuto ha usato un programma di spionaggio israeliano per hackerare il suo telefonino.

Le autorità lettoni hanno negato qualsiasi ruolo nell’hackeraggio.

Timchenko, che ha fondato il sito di notizie Meduza contro il Cremlino, ha detto al giornale inglese The Guardian che all’inizio dell’anno ha ricevuto un messaggio da Apple che la informava che il suo telefono era stato hackerato prima di un incontro a Berlino tra giornalisti di opposizione russi.

Secondo il giornale, almeno quattro altri giornalisti russi – tre dei quali usavano SIM lettoni nei loro telefoni – sono stati colpiti allo stesso modo.

Timchenko ha affermato che inizialmente ha sospettato che ci fosse il Cremlino dietro all’hackeraggio, ma un’analisi della università di Toronto e di Access Now [associazione creata per difendere in diritti civili digitali, ndt.] hanno scoperto che probabilmente il responsabile è stato l’ente di uno Stato europeo che ha usato Pegasus, un programma di spionaggio sviluppato dall’israeliano NSO Group.

La Russia non usa Pegasus, mentre agenzie in molti Stati europei lo fanno – incluse Germania, Lettonia ed Estonia.

Pegasus può essere installato sul telefono della persona presa di mira indipendentemente dal fatto che l’utente clicchi o meno su un falso link. Una volta installato, Pegasus dà all’hacker la possibilità di leggere messaggi, guardare le foto, tracciare l’ubicazione della persona e anche accendere la videocamera e il microfono senza che il proprietario del telefono se ne accorga.

Secondo una lista di clienti di NSO che è trapelata nel 2021, più di 50.000 politici, giornalisti, attivisti ed esponenti del mondo degli affari sono stati spiati usando il programma di spionaggio.

È probabile che l’hackeraggio sia stato effettuato da qualche servizio di sicurezza europeo. Noi non sappiamo se sia stata la Lettonia o qualche altra Nazione, ma siamo più presenti in Lettonia” ha affermato Ivan Kolpakov, caporedattore di Meduza.

L’ambasciata lettone a Washington ha affermato che “non è a conoscenza di nessuna misura di sorveglianza elettronica presa contro la sig.ra Timchenko,” mentre in Germania, dove è avvenuta la compromissione, la polizia federale si è rifiutata di commentare.

Timchenko e Kolpakov hanno detto a The Guardian di avere ragioni per sospettare il coinvolgimento di Riga, indicando una disputa lo scorso anno tra lo Stato lettone e TV Dozhd [televisione indipendente russa, ndt.], un altro mezzo di comunicazione dell’opposizione russa.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Cosa hanno detto sulla Palestina i leader del mondo durante il dibattito all’assemblea generale dell’ONU?

Redazione di Palestine Chronicle

26 settembre 2023 – Palestine Chronicle

Nonostante i tentativi di USA e Israele di distrarre l’attenzione dall’occupazione israeliana della Palestina molti leader mondiali la pensano diversamente. Qui di seguito un estratto delle loro opinioni…

La discussione plenaria dell’assemblea generale delle Nazioni Unite è iniziata martedì 19 settembre ed è durata fino a martedì 26 settembre.

La Palestina e i diritti dei palestinesi sono stati citati, a volte diffusamente, da importanti leader mondiali, dalla Cina alla Russia, all’Arabia Saudita e al Sudafrica.

Ecco qui di seguito una selezione di alcune delle affermazioni di leader mondiali o alti rappresentanti dei rispettivi governi.

Cina: appoggio alla richiesta palestinese di giustizia

Han Zheng, vice presidente della Repubblica Popolare Cinese:

La questione palestinese è al centro della questione mediorientale. La soluzione fondamentale si trova nella soluzione a due Stati.

La Cina continuerà a sostenere il popolo palestinese nel perseguimento della giusta causa per recuperare i suoi legittimi diritti.

Dobbiamo rispettare la sovranità e l’integrità territoriale di ogni Paese e osservare gli intenti e i principi della Statuto dell’ONU. La Cina si oppone all’egemonismo.”

Russia: la Palestina sta aspettando

Sergei Lavrov, ministro degli Esteri della Russia: 

La piena normalizzazione della situazione in Medio Oriente è impossibile senza la soluzione del problema principale – la soluzione del prolungato conflitto israelo-palestinese sulla base delle risoluzioni dell’ONU e dell’Iniziativa di Pace Araba.

I palestinesi stanno aspettando da più di 70 anni la solenne promessa di uno Stato, ma gli americani, che hanno monopolizzato il processo di mediazione, stanno facendo tutto quello che possono per impedirlo. Invitiamo ogni Nazione responsabile a unire le forze e a preparare il terreno per negoziati diretti tra la Palestina e Israele.

È incoraggiante che la Lega Araba sia in fase di ripresa del suo ruolo nelle questioni regionali.”

Arabia Saudita: la stabilità risiede nella giustizia

Faisal bin Farhan, ministro degli Esteri dell’Arabia Saudita

La stabilità della regione risiede nella soluzione giusta e complessiva della causa palestinese e nella fondazione di uno Stato palestinese sulla base dei confini del 1967 con Gerusalemme est come capitale.” L’Arabia Saudita “respinge e condanna ogni passo unilaterale che costituisca una flagrante violazione delle leggi internazionali, che contribuisca al fallimento dei tentativi regionali e internazionali di pace e che ostacoli il cammino di una soluzione diplomatica.”

Sud Africa: Negazione della dignità

Cyril Ramaphosa, presidente del Sud Africa

Dobbiamo lavorare per la pace in Medio Oriente. Finché la terra palestinese rimarrà occupata, finché i loro diritti verranno ignorati e la loro dignità negata, tale pace rimarrà irraggiungibile.

Le azioni del governo di Israele hanno messo a rischio la possibilità di una soluzione a due Stati praticabile.

In questa situazione devono essere applicati i principi dello Statuto dell’ONU sull’integrità territoriale e sul divieto di annessione di terre attraverso l’uso della forza.”

Cile: non rimanere in silenzio

Gabriel Boric, presidente del Cile:

Il mondo non deve “rimanere in silenzio quando vediamo l’occupazione illegale della Palestina e l’impossibilità della Palestina di diventare uno Stato. Dobbiamo riconoscere i suoi diritti in base alle leggi internazionali.” Gli Stati membri devono appoggiare la “formazione di uno Stato palestinese indipendente.”

Colombia: Doppio standard

Presidente della Colombia Gustavo Petro:

La guerra in Ucraina gode del favore dei poteri mondiali, mentre il loro approccio alla Palestina è diverso.

Le Nazioni Unite dovrebbero tenere al più presto due conferenze di pace, una sull’Ucraina e l’altra sulla Palestina.

Ciò aprirebbe la strada per contribuire a portare la pace in ogni regione del pianeta, perché solo entrambe porrebbero fine all’ipocrisia come pratica politica.”

Brasile: Garanzie per la Palestina

È inquietante vedere che antichi conflitti non sono ancora stati risolti e che la loro minaccia è poco alla volta in aumento.

Ciò è chiaramente dimostrato dalla difficoltà di garantire la formazione di uno Stato per il popolo palestinese.”

Cuba: Solidarietà con la Palestina

Miguel Díaz-Canel Bermudez, presidente di Cuba:

Rinnoviamo la nostra solidarietà alla causa del popolo palestinese.”

Bolivia: autodeterminazione

Luis Alberto Arce Catacora, presidente della Bolivia:

Ha invitato la comunità internazionale a porre fine all’occupazione israeliana in Palestina e a consentire al suo popolo di esercitare i suoi diritti all’autodeterminazione in uno Stato libero, indipendente e sovrano con Gerusalemme occupata come sua capitale.

Le crisi attuali richiedono Nazioni Unite forti, coerenti con i principi che le hanno create, impegnate per la pace, che conservino il loro carattere intergovernativo e non siano subordinate ad alcun potere egemonico.”

Turchia: pace permanente

Recep Tayyip Erdogan, president della Turchia:

Una pace permanente in Medio Oriente è possibile solo attraverso una soluzione duratura del conflitto israelo-palestinese.

Continueremo ad appoggiare il popolo e lo Stato palestinesi nella lotta per i loro legittimi diritti sulla base delle leggi internazionali. Va ribadito nuovamente che senza la creazione di uno Stato indipendente e contiguo [a Israele] sulla base dei confini del 1967, è difficile anche per Israele trovare la pace e la sicurezza che desidera.

In questo contesto perseguiremo ogni tentativo in modo che venga rispettato lo status storico di al-Quds [Gerusalemme in arabo, ndt.] e soprattutto della Spianata delle Moschee.”

Giordania: il futuro della Palestina

Abdullah II, re di Giordania:

Nessuna costruzione della sicurezza e dello sviluppo regionali può fondarsi sulle ceneri fumanti di questo conflitto.

Senza chiarezza rispetto a quale sia il futuro dei palestinesi sarà impossibile accordarsi su una soluzione politica di questo conflitto.

Cinque milioni di palestinesi vivono sotto occupazione, senza diritti civili, senza libertà di movimento, per non parlare delle loro vite.

L’esigenza fondamentale per questo diritto è la fondazione di un loro Stato indipendente e sostenibile, sui confini del 4 giugno 1967 [cioè prima della guerra dei Sei Giorni, ndt.], con Gerusalemme est come capitale, che viva al fianco di Israele in pace, sicurezza e prosperità.”

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Grave attacco a Jenin, molte vittime e feriti

Palestine Chronicle Staff

19 settembre 2023 Palestine Chronicle

Con una drammatica escalation l’esercito israeliano ha attaccato il campo profughi di Jenin nel nord della Cisgiordania, mentre cecchini israeliani hanno aperto il fuoco contro dimostranti palestinesi a Gaza. Queste le ultime notizie.

Nella serata di martedì tre palestinesi sono stati uccisi e più di altri 30 feriti in seguito ad un attacco militare israeliano contro il campo profughi di Jenin nel nord della Cisgiordania.

Risulta che alcuni dei feriti versino in gravi condizioni.

Intanto un quarto palestinese è stato ucciso dalle forze israeliane vicino alla barriera di separazione nella Striscia di Gaza.

Raid mortale su Jenin

Il sanguinoso attacco su Jenin è iniziato quando un gran numero di forze di occupazione israeliane hanno circondato una casa sparandole contro dei razzi.

Quando la casa è stata data alle fiamme si sono verificati duri scontri in tutto il campo, poiché i militanti di tutti i gruppi della resistenza cercavano di allentare l’assedio imposto alle famiglie palestinesi intrappolate nel quartiere preso di mira.

Il quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth ha descritto l’assalto a Jenin come un “raid su larga scala dell’esercito israeliano”.

Un aereo militare israeliano sorvolava Jenin ed è stata interrotta l’elettricità in tutto il campo.

Testimoni oculari palestinesi hanno detto che un drone israeliano radiocomandato è esploso verso uno specifico obbiettivo nel campo. Resta poco chiaro quale obbiettivo Israele stesse cercando di eliminare.

Fonti locali palestinesi hanno riferito che i militanti della resistenza hanno scoperto l’unità militare speciale israeliana mentre tentava di infiltrarsi nel campo e hanno aperto immediatamente gli scontri, costringendo Israele a inviare rinforzi.

La rete informatica di Al Jazeera, citando fonti palestinesi, ha detto che la casa presa di mira all’interno del campo è quella di Ahmad Jaddoun, un prigioniero palestinese ferito che si trova attualmente in detenzione nelle carceri dell’Autorità Nazionale Palestinese.

In una dichiarazione le Brigate Al Qassam, l’ala armata del movimento Hamas, hanno affermato che i loro miliziani si stanno attualmente scontrando con un’unità militare israeliana all’interno del campo.

I nostri miliziani (…) hanno fatto esplodere con successo parecchi veicoli appartenenti all’esercito occupante, usando esplosivi contro le fiancate. Le esplosioni hanno direttamente provocato vittime e danni significativi. I nostri miliziani continuano a scontrarsi con l’esercito di occupazione su molteplici fronti per impedire che avanzi dentro il campo”, si legge nella dichiarazione.

Fonti palestinesi hanno altresì detto che il black out nel campo è stato causato dal fuoco dell’esercito israeliano contro la rete elettrica a Jenin.

L’ultimo raid contro Jenin ha fatto seguito a una massiccia invasione del campo il 3 luglio, che ha provocato l’uccisione di 12 palestinesi e il ferimento di più di 120.

Obbiettivo Gaza

Nella Gaza sotto assedio il 25enne palestinese Youssef Salem Radwan è stato ucciso e altri 11 palestinesi sono stati feriti quando l’esercito israeliano ha attaccato manifestanti palestinesi vicino alla barriera di separazione tra Gaza e Israele.

La risposta israeliana più violenta alle proteste palestinesi ha avuto luogo alla barriera est della città di Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza.

Il corrispondente di Palestine Chronicle a Gaza ha detto che negli ultimi tre giorni i manifestanti palestinesi si erano radunati vicino alla barriera per protestare contro le reiterate incursioni alla moschea di Al-Aqsa da parte di coloni ebrei israeliani illegali.

Giovedì scorso cinque palestinesi sono stati uccisi ed altri feriti. Alcuni di loro sono stati uccisi da un ordigno esploso vicino alla barriera. Altri sono stati colpiti e feriti da spari israeliani. 

Gaza si trova sotto stretto assedio israeliano dal 2007 e la grande maggioranza della popolazione non può lasciarla o rientrarvi.

Durante tale periodo diverse importanti guerre israeliane sono state scatenate contro la Striscia assediata, provocando la morte e il ferimento di migliaia di palestinesi, soprattutto civili.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




“Noi non staremo in silenzio”: le forze dell’autorità palestinese effettuano una incursione a Tulkarem e uccidono un combattente.

Redazione di Palestine Chronicle (PC)

30 agosto 2023 – Palestine Chronicle

Mercoledì un giovane palestinese è stato ucciso quando le forze dell’Autorità Palestinese (AP) si sono scontrate con i combattenti della resistenza palestinese nel campo profughi di Tulkarem nella Cisgiordania occupata.

Secondo la rete di notizie palestinese Quds News Network (QNN), gli scontri sono scoppiati quando le forze dell’AP hanno cercato di rimuovere le barricate erette nel campo dai combattenti della resistenza palestinese per impedire che le forze dell’occupazione israeliana facciano incursioni dell’area.

Secondo quanto riferito, le forze dell’AP hanno aperto il fuoco contro i combattenti, causando la morte di un palestinese venticinquenne.

QNN ha identificato la vittima come Abdelqader Zakdah.

Talal Dweikat, un portavoce per l’agenzia per la sicurezza palestinese, ha fatto un resoconto diverso rispetto a quello dei testimoni oculari.

In una dichiarazione rilasciata alla WAFA, l’agenzia di notizie ufficiale palestinese, ha sostenuto che “l’uomo armato ha aperto il fuoco dopo che le forze di sicurezza hanno rimosso materiali pericolosi e barriere da dentro il campo, le cause per cui le forze di sicurezza sono intervenute”.

Molti palestinesi ritengono che l’AP serva gli interessi dell’occupazione israeliana. Negli ultimi mesi si é saputo di scontri tra combattenti palestinesi e forze di sicurezza dell’AP in varie parti della Cisgiordania.

Un anonimo combattente palestinese ha affermato all’agenzia di notizie Reuters che la resistenza “non rimarrà in silenzio.”

Egli ha accusato l’AP di “aiutare le forze di occupazione ad arrestare giovani che sono sulla lista dei ricercati (di Israele).

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Un anno difficile aspetta 1,3 milioni di studenti palestinesi che tornano a scuola

Redazione di Palestine Chronicle (PC, WAFA)

22 agosto 2023 – Palestine Chronicle

Questa settimana e la prossima più di 1,3 milioni di minori palestinesi ritorneranno a scuola in Cisgiordania, incluse Gerusalemme Est e la Striscia di Gaza.

Questo sta accadendo durante un anno tumultuoso, ha affermato Lynn Hastings, la coordinatrice residente e umanitaria delle Nazioni Unite nel territorio palestinese occupato.

Le scuole dovrebbero essere un rifugio in cui i minori imparano, crescono e sono protetti. È dove le giovani menti sono incoraggiate a informarsi, esplorare e sviluppare tutto il loro potenziale. Ma per i minori nel territorio palestinese occupato, il 2023 è stato un anno molto brutto”, ha affermato in una dichiarazione citata dall’agenzia palestinese di notizie WAFA.

I minori hanno perso settimane di apprendimento quest’anno come risultato di prolungati scioperi dell’UNRWA [l’agenzia dell’ONU per i rifugiati palestinesi, ndt.] e degli insegnanti in Cisgiordania, della spirale [di violenza] di maggio a Gaza e delle operazioni delle forze israeliane nei campi profughi palestinesi in Cisgiordania,” ha affermato.

Quanto più tempo i minori perdono relativamente all’istruzione, più difficile sarà compensare e rimediare quella perdita; tutte le comunità ne sentiranno l’impatto.”

Ma diventa sempre peggio,” ha aggiunto la coordinatrice umanitaria delle Nazioni Unite.

Dall’inizio dell’anno 45 minori palestinesi sono stati uccisi, 35 in Cisgiordania inclusa Gerusalemme Est e altri sette nella Striscia di Gaza. In Cisgiordania il numero totale di bambini palestinesi uccisi quest’anno è quasi pari a quello dei bambini uccisi in tutto il 2022.”

Guerra contro i minorenni

La WAFA ha riferito che nei primi sei mesi del 2023 le Nazioni Unite hanno registrato più di 423 incidenti che hanno avuto un impatto sui minori palestinesi e sulla loro istruzione, incluse le forze israeliane che hanno sparato contro scuole o studenti, condotto operazioni e demolito scuole, i maltrattamenti da parte dei coloni e ritardi ai posti di controllo che hanno riguardato circa 50.000 minori.

Tre scuole sono state demolite dalle autorità israeliane negli ultimi 12 mesi, la più recente delle quali il 17 agosto, nel villaggio di Ein Samiya, solo pochi giorni prima dell’inizio del nuovo anno scolastico.

Cinquantotto altre scuole sono sottoposte a ordinanze di parziale o completa demolizione o di blocco dei lavori.

Tutti gli attori devono adempiere ai loro obblighi di proteggere i minori e di prevenire la loro esposizione ad ogni forma di violenza. L’accesso sicuro all’istruzione è un diritto fondamentale di tutti i minori e deve essere protetto e salvaguardato in tutti i momenti, e ovunque,” ha affermato Hastings.

Ha aggiunto:

E noi, come comunità internazionale, dobbiamo fare di più per assicurare che ci siano sufficienti risorse per l’autorità palestinese e l’UNRWA, e supportare il piano per la risposta umanitaria per fornire una istruzione regolare, sicura e di alto livello a tutti i minori palestinesi.”

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Riepilogo delle notizie: irruzione ad Al-Aqsa, bambini aggrediti, auto di un disabile sequestrata dai militari

Redazione di Palestine Chronicle (PC, WAFA)

15 agosto 2023 – Palestine Chronicle

Soldati israeliani e coloni armati continuano la loro campagna di persecuzione e violenza contro i palestinesi in tutta la Cisgiordania. Di seguito gli aggiornamenti con le ultime notizie dall’agenzia di notizie palestinese WAFA.

Parco demolito vicino Salfit

WAFA ha riferito che le forze di occupazione israeliane hanno demolito un parco e sradicato gli alberi nel villaggio di Qarawat Bani Hassan, ad ovest della città di Salfit nella Cisgiordania occupata.

Il governatore di Qarawat Bani Hassan, Ibrahim Asi, ha detto all’agenzia WAFA che

le forze di occupazione hanno fatto irruzione nell’area Abu Ammar Well, a nord-ovest del villaggio, demolito il parco, rimossa l’erba artificiale, rotto i lampioni, le panchine, le celle ad energia solare e hanno sradicato gli alberi”.

È rilevante il fatto che “l’area del Pozzo di Abu Ammar è soggetta a continue violazioni delle forze di occupazione e dei coloni, che stanno cercando di impadronirsene per creare l’avamposto di una colonia.”

Aggressione ai bambini vicino a Nablus

Secondo fonti locali citate dall’agenzia WAFA lunedì sera i palestinesi che abitano nel villaggio di Yatma, situato a sud di Nablus nella zona nord della Cisgiordania occupata, hanno respinto un’aggressione di coloni ebrei illegali contro bambini nel villaggio di Al-Sawyah.

Le fonti hanno detto al corrispondente di WAFA che

gli abitanti sono riusciti a respingere una aggressione contro un certo numero di bambini palestinesi inseguiti dai coloni all’ingresso del villaggio.”

Sequestrata l’auto di un disabile

L’agenzia WAFA ha riferito che, secondo il proprietario dell’auto, Shadi Daraghmeh di 32 anni, abitante nel campo profughi di Qalandia, lunedì notte i soldati dell’occupazione israeliana hanno sequestrato l’auto di un disabile palestinese quando è arrivato al posto di controllo dell’esercito a sud di Ramallah.

Daraghmeh ha detto che

i soldati lo hanno fermato al posto di controllo vicino al campo, tra Ramallah e Gerusalemme, mentre stava ritornando da Gerico e lo hanno obbligato ad uscire dall’auto nonostante la sua disabilità fisica.

I soldati lo hanno trattenuto per molte ore e maltrattato prima di decidere di sequestrare la sua auto, che è appositamente equipaggiata per i disabili, e lo hanno lasciato sulla sua sedia a rotelle finché qualcuno è andato a prenderlo.”

Irruzione ad Al-Aqsa

L’agenzia WAFA ha riferito che martedì mattina decine di estremisti ebrei israeliani, pesantemente protetti dalla polizia israeliana, si sono introdotti nel complesso della moschea di Al-Aqsa.

L’agenzia ha aggiunto che “i coloni estremisti, divisi in gruppi, hanno fatto irruzione nella sacra moschea islamica dalla porta al-Maghariba e si sono provocatoriamente aggirati nel complesso.”

Questo è avvenuto nel momento in cui le forze israeliane hanno intensificato le misure contro i palestinesi provenienti da Gerusalemme per entrare nella moschea, controllandone i documenti di identità e arrestandoli per un breve periodo.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Giudea vs “Fantasy Israel”: Ilan Pappe sul crollo dei pilastri israeliani e le opportunità per la Palestina

Ilan Pappe

31 luglio 2023 – Palestine Chronicle

La futura Palestina libera e affrancata dal sionismo può sembrare ora una fantasia, ma a differenza del “Fantasy Israel”, ha la migliore chance di coinvolgere a livello locale, regionale e globale chiunque possegga un minimo senso etico.

Infatti la legittimità di Israele, la sua stessa possibilità di sopravvivenza, poggia su due pilastri principali.

In primo luogo, il pilastro materiale, che comprende la sua forza militare, le risorse legate all’alta tecnologia e un solido sistema economico.

I suddetti fattori consentono allo Stato di costruire una solida rete di alleanze con Paesi che vorrebbero beneficiare di ciò che Israele ha da offrire: armi, risorse in materia di sicurezza, spyware, conoscenze di alta tecnologia e sistemi modernizzati di produzione agricola.

In cambio Israele non chiede solo denaro ma anche sostegno nel contrastare il degrado della sua immagine internazionale.

In secondo luogo, il pilastro morale. Questo aspetto è stato particolarmente importante nei primi momenti del progetto sionista e della costruzione dello Stato.

Israele ha venduto al mondo una duplice narrazione: la creazione di Israele come l’unica panacea per l’antisemitismo e la fondazione di Israele in un luogo appartenente sul piano religioso e culturale al popolo ebraico.

La presenza di una popolazione indigena, il popolo palestinese, è stata inizialmente negata del tutto; poi, è stata sminuita. E quando l’esistenza dei palestinesi è stata finalmente riconosciuta, è stata presentata come una sfortunata coincidenza.

Allora Israele, l’autoproclamata “unica democrazia in Medio Oriente”, si è ridefinito come un generoso pacificatore disposto a risolvere il problema offrendo “concessioni” sul suo presunto diritto all’intera Palestina storica.

Crollo della “Moralità”

È difficile individuare esattamente quando il pilastro morale su cui si reggeva Israele ha iniziato a erodersi, al punto che ora si sta sgretolando davanti ai nostri occhi.

Qualcuno potrebbe dire che questo processo sia stato avviato nel 1982 con l’invasione israeliana del Libano, mentre altri considerano come momento di trasformazione la Prima Intifada palestinese nel 1987. Ad ogni modo, l’immagine di Israele agli occhi dell’opinione pubblica mondiale si sta modificando da decenni.

Ma ciò che spesso viene ignorato è che, se non fosse stato per la resistenza e la resilienza palestinese, la legittimità e la moralità dello Stato ebraico non sarebbero state messe alla prova, mentre ora [il suo agire] è continuamente considerato come contrario al diritto internazionale, il buon senso e l’etica comportamentale.

Direi che già nel 1948 – quando Israele fu dichiarato uno Stato sorto sulle rovine della Palestina storica – i fatti sul campo divennero noti a sempre più persone in tutto il mondo. Questo è stato un risultato diretto degli sforzi compiuti dai palestinesi e dalle loro reti di solidarietà in continua crescita.

L’immagine di Israele – sia sul piano interno che internazionale – come Stato democratico e membro delle “nazioni civili” non sembrava corrispondere alle nuove informazioni. Sempre di più la cosiddetta democrazia israeliana è stata smascherata come un regime di apartheid, che abusa quotidianamente dei diritti civili e umani dei palestinesi.

Tuttavia, non sembra che la rivelazione della vera natura di Israele e il diffuso rifiuto pubblico della narrazione israeliana abbiano avuto un riscontro da parte delle élite politiche al potere e dei governi di tutto il mondo, il cui atteggiamento nei confronti di Israele è rimasto sostanzialmente invariato.

Al contrario, i governi del nord del mondo sono quelli che conducono la battaglia contro i vari movimenti di solidarietà con i palestinesi. Sembrano determinati a sopprimere la libertà di parola delle proprie comunità legiferando contro le iniziative civili che richiedono boicottaggio, sanzioni e disinvestimento nei confronti di Tel Aviv.

Non va molto meglio nell’emisfero sud, dove governi e autorità politiche ignorano la richiesta delle loro società di prendere una posizione ferma contro Israele. Tra di loro i regimi arabi, che fanno la fila per normalizzare i loro rapporti diplomatici con Tel Aviv.

Fino alle ultime elezioni del novembre 2022 in Israele sembrava che il silenzio e/o la complicità internazionale avessero protetto Israele dal tradurre il cambiamento dell’opinione pubblica in azioni concrete. La prova di ciò è stata che il lavoro coraggioso e davvero impressionante di organizzazioni come il Movimento per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni (BDS) non ha influenzato minimamente la realtà sul terreno.

Fino al novembre 2022 pensavo che l’incapacità di tradurre l’opinione pubblica in politiche concrete fosse il risultato del cinismo dei nostri sistemi politici in tutto il mondo. Tuttavia ora credo fortemente che solo un cambiamento nella conduzione della politica dall’alto tradurrà l’incredibile solidarietà con i palestinesi in un effetto determinante sul terreno.

Quando Israele ha offerto alla Germania missili del valore di 4 miliardi di euro e ai Paesi Bassi un altro tipo di missile del valore di 300 milioni di euro (per proteggerli da cosa esattamente?), i commentatori politici in Israele hanno sostenuto che tali armi sarebbero servite come il miglior antidoto contro ciò che chiamavano la campagna per delegittimare Israele.

I media israeliani hanno annunciato con grande orgoglio che le armi avrebbero consentito al Paese di comprare il silenzio dell’Europa in modo che qualsiasi parola di condanna delle atrocità commesse dai soldati e dai coloni israeliani in Palestina non si traducesse in azione.

Fantasy Israel” vs la Giudea

Eppure c’è di più. Un certo elettorato ebraico all’interno di Israele si è persino ingannato – anzi, lo fa tuttora – nel credere che l’Occidente appoggi Israele perché aderirebbe a un sistema di valori” occidentale basato sulla democrazia e sul liberalismo.

Io chiamo questo costrutto culturale “Fantasy Israel”

Nel novembre 2022, “Fantasy Israel” è crollato a tutti gli effetti.

L’elettorato ebraico israeliano che ha vinto le elezioni non ha mai avuto molta ammirazione per i “sistemi di valori” occidentali di democrazia e liberalismo.

Al contrario, desidera vivere in uno Stato ebraico più teocratico, nazionalista, razzista e persino fascista; uno Stato che si estenda su tutta la Palestina storica, compresa la Cisgiordania e la Striscia di Gaza.

Gli israeliani chiamano questa idea alternativa dello Stato, “Giudea”, che ora è in guerra con “Fantasy Israel”.

Al popolo della Giudea non interessa la legittimità internazionale. I loro leader e guru sono molto colpiti dai nuovi alleati di Israele nel mondo, siano essi i leader dei partiti di estrema destra in Occidente o i movimenti di estrema destra in Paesi come l’India.

Questi leader nazionalisti e fascisti sembrano ammirare lo Stato della Giudea e sono disposti a fornirgli una rete internazionale di sostegno. Questo si è già tradotto in politica in Paesi dove l’estrema destra è molto potente, come Italia, Ungheria, Polonia, Grecia, Svezia, Spagna e, se Trump vincerà nuovamente, anche Stati Uniti.

In apparenza, lo scenario apertosi nel novembre 2022 sembrava molto cupo.

Tuttavia questo non è del tutto vero.

Il fallimento di “Fantasy Israel” ha messo in luce una interessante connessione tra i pilastri morali e materiali.

È emerso che il sistema capitalista neoliberista non ha motivo di investire nello Stato della Giudea se effettivamente sostituisce “Fantasy Israel”. Le società finanziarie e l’industria di alta tecnologia internazionali considerano Stati come la Giudea delle mete imprevedibili e rischiose per gli investimenti stranieri.

In effetti stanno già ritirando da Israele i loro fondi e investimenti da Israele. Il movimento BDS dovrebbe lavorare molto duramente per convincere sindacati e chiese di tutto il mondo a disinvestire da Israele miliardi di dollari per eguagliare i fondi che sono già stati portati fuori da Israele dal novembre 2022.

Questo tipo di disinvestimento non nasce da ragioni morali. In passato Israele, nonostante la sua spietata oppressione dei palestinesi, è stata una destinazione attraente per gli investimenti finanziari internazionali.

Ma sembra che l’immagine del “Fantasy Israel”, e in particolare l’idea che il suo sistema giudiziario fosse in grado di proteggere gli investimenti neoliberisti e capitalisti, convincesse gli investitori stranieri a versare denaro in Israele pregustando in cambio buoni dividendi.

Ora le prospettive dello Stato della Giudea in sostituzione del “Fantasy Israel” stanno seriamente compromettendo la sopravvivenza economica dello Stato ebraico. Pertanto, la capacità di Israele di usare la sua industria o il suo denaro per influenzare le politiche di altri Paesi nei confronti dello Stato ebraico è più limitata.

Tempo di mobilitazione

Il crollo del “Fantasy Israel” ha anche messo in luce crepe nella coesione sociale e nella prontezza di molti israeliani a dedicare tanto tempo ed energia al servizio militare quanto in passato.

Inoltre, l’attacco al sistema giudiziario israeliano e l’erosione della sua presunta indipendenza esporrà soldati e piloti israeliani a possibili incriminazioni come criminali di guerra all’estero da parte di singoli Paesi o della Corte Penale Internazionale (CPI). Infatti il diritto internazionale non può intervenire nelle questioni interne se i sistemi giudiziari locali sono considerati indipendenti e solidi.

Questo è un raro momento nella storia che apre opportunità per coloro che lottano per la liberazione e la giustizia in Palestina.

In un incontro a Teheran l’Iran ha consigliato al movimento palestinese Hamas e al movimento libanese Hezbollah di astenersi da qualsiasi azione e consentire un’implosione di Israele dal suo interno.

Non sono d’accordo, anche se non voglio dire che ci sia, o ci sia mai stata, una possibilità per liberare militarmente la Palestina. Tuttavia questo è il momento di rinvigorire la resistenza popolare palestinese e unire sia i palestinesi che i loro sostenitori intorno a una visione e un programma concordati. Questa mobilitazione è radicata nella lotta nazionale palestinese per la democrazia e l’autodeterminazione fin dal 1918.

La futura Palestina liberata e affrancata dal sionismo può sembrare ora una fantasia ma a differenza del Fantasy Israel” ha la migliore chance di coinvolgere a livello locale, regionale e globale chiunque possegga un minimo senso etico. Fornirebbe anche un posto sicuro per chiunque viva attualmente nella Palestina storica o per chiunque ne sia stato espulso: i rifugiati palestinesi sparsi in tutto il mondo.

Ilan Pappé è docente all’Università di Exeter. In precedenza è stato professore associato di scienze politiche presso l’Università di Haifa. È autore di The Ethnic Cleansing of Palestine [La pulizia Etnica della Palestina, Fazi, 2008, ndt.], The Modern Middle East [Il Medio Oriente Moderno, ndt.], A History of Modern Palestine: One Land, Two Peoples, [Storia della Palestina moderna: Una terra, due popoli, Ed. It. Einaudi 2014, ndt.] e Ten Myths about Israel, [Dieci miti su Israele, Tamu, 2022 ndt.]. Pappé è considerato uno dei “Nuovi storici” di Israele che, sin dalla pubblicazione nei primi anni ’80 di documenti relativi alle amministrazioni britannica e israeliana, ha riscritto la storia della creazione di Israele nel 1948.

(Traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




“Unite the Union” condanna la legge britannica contro il boicottaggio e conferma il suo appoggio al BDS

Redazioni di Middle East Monitor e Palestine Chronicle

15 luglio 2023 – Palestine Chronicle

Venerdì 14 luglio Unite the Union, che rappresenta 1.2 milioni di lavoratori nel Regno Unito, ha approvato tre fondamentali mozioni riguardanti l’occupazione israeliana e la continua lotta dei palestinesi per la libertà.

Le risoluzioni riaffermano la costante solidarietà del sindacato con la lotta del popolo palestinese per la liberazione, il sostegno all’appello palestinese per una campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni finché Israele non porrà fine alle violazioni dei diritti dei palestinesi ed ha anche condannato la legge contro il boicottaggio del governo britannico attualmente in discussione in una commissione alla Camera dei Comuni.

Nel suo congresso Unite the Union [il secondo sindacato britannico per numero di iscritti, ndt.] ha notato che l’anti-boicottaggio, impedendo a enti pubblici di interrompere rapporti finanziari con esse riguardo ad abusi o azioni illegali commessi in uno Stato estero, salvo previo esplicito consenso da parte del governo, protegge le imprese coinvolte in violazioni dei diritti umani o nella distruzione ambientale.

La legge viola anche i diritti degli affiliati al sistema pensionistico degli enti locali, tra cui i membri di Unite the Union, impedendo loro di scegliere come vengono investiti i propri fondi pensione.

Un’altra mozione, anch’essa approvata venerdì, afferma che il sindacato riconosce che Israele pratica il crimine di apartheid e chiede di revocare la proposta del governo britannico di un accordo di libero scambio con Israele.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Coloni ebrei illegali si sono impadroniti della casa della famiglia Sub Laban nella città vecchia di Gerusalemme

Redazione di Palestine Chronicle (PC, WAFA)

11 luglio 2023 – Palestine Chronicle

WAFA, l’agenzia di notizie ufficiale palestinese, ha riferito che martedì coloni ebrei illegali si sono impadroniti della casa della famiglia Sub Laban nella città vecchia di Gerusalemme.

I coloni, scortati dalle forze di occupazione israeliane, hanno fatto irruzione nella casa della famiglia e hanno cacciato con la forza gli abitanti, arrestando nel contempo gli attivisti che offrivano supporto alla famiglia.

Secondo l’organizzazione per i diritti umani Al-Haq con sede a Ramallah, le autorità di occupazione israeliane “hanno emesso nei confronti di Nora Ghaith di 69 anni e di suo marito Mustafa Sub Laban di 72 anni un avviso di sfratto obbligatorio, ordinando loro di sloggiare dalla loro casa.

Per più di 40 anni la famiglia Sub Laban è stata coinvolta in una battaglia legale contro i gruppi di coloni illegali e le autorità israeliane di occupazione per espellerli e appropriarsi della loro casa.

Molti anni fa coloni ebrei illegali si sono appropriati della parte superiore dell’edificio, mentre la casa della famiglia Sub Laban è rimasta nella parte centrale dell’edificio, circondata da colonie da tutti i lati.

La famiglia ha affittato la casa nel 1953 dal regno di Giordania e le era stato concesso il diritto a un affitto protetto, ma dopo l’occupazione di Gerusalemme la casa venne messa sotto la gestione della cosiddetta custodia delle proprietà degli assenti, affermando che tale proprietà apparteneva ai coloni illegali, cosa che è stata categoricamente negata dalla famiglia.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)