Un tribunale israeliano conferma la sentenza per omicidio colposo, con condanna a 18 mesi nei confronti di Elor Azarya

30 luglio 2017 , Ma’an News

BETLEMME (Ma’an) – Domenica un tribunale israeliano ha confermato la sentenza per omicidio colposo e la condanna a 18 mesi di carcere emessa nei confronti dell’ex soldato israeliano Elor Azarya, per aver sparato con modalità da esecuzione al ventunenne palestinese Abd al-Fattah al-Sharif nel 2016.

Azarya è stato condannato per omicidio colposo ad un anno e mezzo di prigione per aver sparato ed ucciso Al-Sharif mentre il palestinese disarmato era a terra gravemente ferito, dopo che aveva presumibilmente compiuto un attacco col coltello nella città di Hebron, nel sud della Cisgiordania occupata, nel marzo 2016.

Il collegio di difesa di Azarya ha fatto appello sia contro la sentenza per omicidio colposo che contro la condanna a 18 mesi di prigione, in quanto troppo severa, mentre la procura militare israeliana ha fatto ricorso in appello per aggravare la sentenza.

Secondo il Times of Israel, i giudici della corte d’appello hanno deciso di confermare la sentenza per omicidio colposo, definendo l’azione di Azarya “proibita, grave, immorale” e sostenendo che “ l’etica è fondamentale perché l’esercito sia in grado di resistere sia al suo interno che rispetto all’esterno.”

I giudici hanno espresso tre voti contro due per la conferma della sentenza. “La punizione è la più mite tra le possibili sentenze applicabili,” hanno sottolineato, lamentando che “un così eccellente soldato abbia commesso un simile tremendo errore”.

La corte ha puntualizzato che Azarya, che è stato trasferito agli arresti domiciliari all’inizio di questo mese in attesa del processo d’appello, “non ha mai espresso rimorso o messo in discussione le sue azioni” e questa è stata una delle principali ragioni per cui la pena non è stata ridotta.

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Il quotidiano Haaretz ha riportato che Azarya, che ha scontato solo nove giorni in carcere ed ha trascorso la maggior parte della sua detenzione all’interno di una base militare, sarebbe stato trasferito in un carcere militare se la sentenza fosse stata confermata.

Tuttavia, riferisce Haaretz, il collegio di difesa di Azarya potrebbe compiere parecchi altri passi per tentare di eludere la sentenza.

Gli avvocati di Azarya potrebbero portare il caso davanti alla Corte Suprema israeliana per chiedere che la condanna dell’ex soldato sia rinviata una seconda volta, cercare di ottenere una riduzione della pena da parte del capo di stato maggiore dell’esercito israeliano – un’iniziativa che sarebbe possibile solo se Azarya assumesse pubblicamente la responsabilità delle sue azioni – o chiedere la grazia al Presidente Reuven Rivlin.

La procura ha anche fatto appello contro la sentenza sostenendo che la condanna di Azarya non era congruente con la decisione dei giudici, che avevano respinto nel dettaglio ogni obiezione del collegio di difesa quando lo hanno incriminato ed avevano accettato l’argomentazione della procura, secondo cui il soldato ha commesso un ingiustificato omicidio per vendetta. Comunque, la difesa ha sostenuto che Azarya aveva subito un ingiusto accanimento e che la sua condanna rappresenta “un’applicazione selettiva della legge”, secondo Human Rights Watch (HRW).

In giugno l’associazione per i diritti ha affermato: “Certo, Human Rights Watch ha reiteratamente documentato il fatto che il problema non è la condotta di un singolo soldato, ma il clima di impunità per le uccisioni illegali di palestinesi.

La responsabilità di applicare le norme morali e giuridiche non grava solo sulle spalle di un singolo soldato ventenne, ma anche sugli ufficiali di alto grado che hanno inviato a lui – e a molti altri – il messaggio sbagliato relativamente all’uso letale della forza.”

Al-Sharif è stato colpito e gravemente ferito dopo aver presumibilmente aggredito col coltello un altro soldato israeliano ed in seguito è stato lasciato a terra sanguinante per circa dieci minuti. Azarya gli ha sparato alla testa e parecchi testimoni lo hanno sentito dire “Questo cane è ancora vivo” e “ Questo terrorista merita di morire”, prima di premere il grilletto.

Prima della condanna, il caso era già stato denunciato come “processo dimostrativo” per accendere i riflettori su questo caso in modo da distogliere l’attenzione da una più generale cultura dell’impunità per le forze armate israeliane, in quanto Azarya è stato accusato di omicidio colposo per ciò che veniva definito dalle associazioni per i diritti come un’ “esecuzione extragiudiziale” e dalla famiglia della vittima come “omicidio a sangue freddo”.

In seguito all’iniziale notizia della condanna a 18 mesi, la famiglia Al-Sharif aveva detto di “non essere sorpresa” dalla mite sentenza – sottolineando che il soldato aveva ricevuto una pena detentiva minore di quella che sarebbe toccata ad un bambino palestinese che avesse tirato pietre.

Secondo Human Rights Watch, Azarya è stato l’unico membro delle forze armate israeliane ad essere accusato di aver ucciso un palestinese nel 2016 – quando almeno 109 palestinesi sono stati colpiti ed uccisi dalle forze armate e dai coloni israeliani.

Secondo l’associazione (israeliana) per i diritti Yesh Din, su 186 inchieste giudiziarie condotte dall’esercito israeliano per sospetti reati contro palestinesi, solo quattro hanno portato ad incriminazioni.

(Traduzione di Cristiana Cavagna)




Il processo a Elor Azaria, l’assassino di Hebron: l’agonia mortale di una società sana

di Gideon Levy, 4 gennaio 2017 Haaretz

Non ci saranno altri processi Azaria. I politici e la gente non permetteranno che accada

Guardate bene il processo al soldato Elor Azaria: ecco a cosa assomiglia un’agonia mortale. Ecco a cosa assomigliano l’agonia di un buon governo e gli ultimi spasmi di una società sana. Ecco a cosa assomiglia l’apparente uguaglianza davanti alla legge – (che cosa sarebbe successo se Azaria fosse stato palestinese?) – quando quasi tutte le maschere sono già state strappate, compreso il velo della vergogna. Ecco a cosa assomiglia la democrazia quando pensa di poter continuare ad esistere indisturbata persino come brutale tirannia militare in casa propria. Ecco a cosa assomiglia un esercito di occupazione quando ancora insiste su un qualche sacro simulacro di legalità e valori.

Tutto precipita nella stessa direzione, e la corsa ha prodotto un ultimo e disperato tentativo di ammantarla di correttezza, sotto forma del processo ad Azaria o dell’evacuazione dell’avamposto di Amona, per esempio. Quando Moshe Ya’alon e Gadi Eisenkot, due comandanti militari responsabili di crimini di guerra ed occupazione, sono diventati i tutori della legge e della moralità in Israele, la situazione è più che disperata.

Vale la pena di soffermarsi su di loro: presto anche loro non saranno più lì. Il loro posto verrà occupato da gente persino peggiore. Ieri la folla minacciava: “Gadi, Gadi, stai attento, Rabin (primo ministro israeliano assassinato nel 1995 da un colono ebreo estremista, ndtr.) sta cercando un compagno.”

Forse perderemo Eisenkot. E’ difficile crederlo, ma anche lui ormai appartiene ad una specie a rischio. Persino il conduttore televisivo Dany Cushmaro ieri è stato preso di mira dalla gentaglia. Che cosa ridicola.

In tribunale un giudice militare ha pronunciato una sentenza circostanziata ed argomentata, chiara ed inequivocabile e che prescinde assolutamente da quanto stava avvenendo all’esterno. In tribunale l’imputato è stato applaudito, mentre i giornalisti facevano a gara su chi riuscisse a mostrare maggior compassione ed empatia per lui (per che cosa, esattamente?). E all’esterno centinaia di dimostranti minacciavano di assaltare il tribunale, l’esercito e i media, mentre il coro di incitamento dei politici li aizzava.

I ministri della cultura, dell’educazione e dell’interno stanno già perdonando Azaria. La deputata dell’Unione Sionista (coalizione di centro sinistra, ndtr) Shelly Yacimovich (!) si è già unita a loro. Le regole sono state invertite una dopo l’altra: una persona condannata per omicidio è un eroe; il capo di stato maggiore dell’esercito di occupazione è un modello di moralità; i ministri del governo stanno sovvertendo il sistema giudiziario e militare. E l’opposizione è inesistente.

Quanta strada ha fatto Israele dal perdono accordato ai predecessori di Azaria, gli esecutori dell’attacco al bus 300 nel 1984, quando due palestinesi che avevano sequestrato un autobus furono catturati vivi dal servizio di sicurezza dello Shin Bet ed in seguito messi a morte. Loro per lo meno non sono diventati degli eroi. Forse hanno persino provato un momento di vergogna per le loro azioni.

Sono passati 13 anni dall’ultima volta che un soldato dell’esercito israeliano è stato condannato per aver commesso un omicidio in servizio e quella volta si è trattato di un soldato beduino, che ha passato 6 anni in prigione esclusivamente grazie alle pressioni internazionali (aveva ucciso un fotografo britannico). Le operazioni “Piombo fuso” e “Scudo Protettivo” a Gaza, con le centinaia di morti evitabili, si sono concluse senza alcuna condanna. Le esecuzioni di ragazze armate di forbici e di ragazzi con coltelli si sono succedute anch’esse senza che nessuno venisse processato, sotto gli occhi di Eisenkot.

C’è un giudice nel quartier generale dell’esercito?” Praticamente nessuno. Azaria non è stato il primo giustiziere e non sarà neanche l’ultimo.

E’ un bene che sia stato condannato. Se gli viene comminata una condanna adeguata forse questo impedirà qualche altra uccisione criminale. Ma non c’è da rallegrarsi per questo. Le telecamere di B’Tselem – quell’associazione di traditori e bugiardi – ha costretto l’esercito a metterlo sotto processo. Le prove hanno costretto il tribunale a condannarlo.

Ed è stato il canto del cigno. Non ci saranno altri processi Azaria. I politici e la gente non lo permetteranno.

La radice di tutto ciò è l’odio per gli arabi. Azaria è potenzialmente un eroe nazionale per una sola ragione: ha ucciso un arabo (il confine tra arabi e terroristi è labile in Israele). Ha fatto ciò che molta gente avrebbe voluto fare e ciò che molta di più pensa che avrebbe dovuto fare.

E’ stato un omicidio nato dalla pietà: l’autocommiserazione dell’occupante per l’amarezza del proprio destino. Povero soldato Azaria, costretto a sorvegliare un checkpoint a Hebron. Poveri i suoi compagni, che lo hanno mandato là. Povero Israele, che è costretto ad erigere checkpoints nel cuore di una città palestinese ed a strangolare i suoi abitanti. Ma nessuno è stato processato per questo.

Azaria non è né un eroe né una vittima. E’ un criminale. Ma al di sopra di lui ci sono criminali ancor più grandi.

 

(Traduzione di Cristiana Cavagna)