Gantz criminale di guerra e colonialista

Il capo dell’opposizione afferma che l’occupazione è un bene per i palestinesi

Ali Abunimah

10 settembre 2019 – Electronic Intifada

 

Benny Gantz, capo dell’esercito israeliano durante il massacro a Gaza nel 2014 da parte di Israele, sta prendendo in prestito argomentazioni dell’apartheid sudafricano per promuovere la sua campagna elettorale.

Gantz guida la coalizione di opposizione presuntamene di centro-sinistra che spera di spodestare Benjamin Netanyahu nelle elezioni israeliane di questo mese.

Lunedì, durante un attacco elettorale contro il primo ministro israeliano, Gantz ha dichiarato che, a differenza di Netanyahu, avrebbe consentito alle deputate USA Ilhan Omar e Rashida Tlaib di visitare Israele e i territori occupati.

Gantz ha sostenuto che, se l’avessero potuto fare, avrebbero visto “con i propri occhi” che “il miglior luogo in cui essere arabo in Medio Oriente è Israele… e il secondo miglior posto in cui essere arabo in Medio Oriente è la Cisgiordania.”

L’affermazione di Gantz secondo cui l’occupazione militare e la colonizzazione israeliane sono una benedizione per i palestinesi costituisce una diretta imitazione dei governanti dell’apartheid sudafricano, che insistevano sul fatto che il loro brutale regime suprematista bianco era un bene per la popolazione di colore.

Lo scrittore Ben White ha segnalato un’intervista del “New York Times” nel 1977 con John Vorster, che all’epoca era il primo ministro del regime razzista del Sud Africa.

“Il livello di vita dei neri in Sud Africa è da due a cinque volte più alto di quello di qualunque altro Paese africano,” sostenne Vorster.

Questa affermazione era un pilastro della propaganda del Sud Africa quando, durante gli anni ’80, il movimento globale per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni si rafforzava.

Non è sorprendente, in quanto i colonialisti sostengono sempre che il loro dominio violento è un regalo per il popolo che sfruttano ed opprimono.

Nelle attuali iniziative di Israele gli echi della propaganda del Sud Africa sono forti.

E come i razzisti sudafricani che cercavano di lottare contro l’isolamento del loro regime, Gantz ha dichiarato che “chiunque collabori con il BDS sta agendo contro lo Stato di Israele.”

L’ex capo dell’esercito ha anche sostenuto che il BDS – il movimento per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni per i diritti dei palestinesi – è una “forma di antisemitismo”.

Nei fatti è un movimento antirazzista radicato nelle leggi internazionali e nei diritti universali.

Le affermazioni di Gantz mostrano che, nonostante i tentativi di presentarlo come un’alternativa ripulendone l’immagine, egli non rappresenta niente di diverso rispetto a Netanyahu.

 

Gantz deve affrontare un processo per crimini di guerra

Le elezioni israeliane da rifare cadono il 17 settembre.

Quello stesso giorno in Olanda ci sarà un’udienza in tribunale del processo di Ismail Ziada contro Benny Gantz.

Zaida, un cittadino palestino-olandese, ha citato in giudizio Gantz e un altro comandante israeliano per l’attacco del 20 luglio 2014 contro la casa della sua famiglia nel campo di rifugiati di al-Bureij a Gaza.

Il bombardamento israeliano uccise sette persone – la madre settantenne di Ziada, Muftia Ziada, tre fratelli, una cognata, un nipote di 12 anni e un amico che era andato a trovarli.

L’assalto contro Gaza del 2014 diretto da Gantz uccise 2.200 palestinesi, compresi 550 minori.

Ben lungi dal vergognarsi dei suoi crimini, nelle elezioni israeliane di aprile – che non sono riuscite ad esprimere un chiaro vincitore, provocando quindi queste votazioni di settembre – Gantz ha anzi messo annunci pubblicitari in cui si vantava di quanti palestinesi aveva massacrato nel 2014.

 

Il “dialogo” dell’UE con un criminale di guerra

I sanguinari precedenti e la difesa del colonialismo da parte di Gantz forniscono anche un metro di giudizio con il quale misurare il presunto sostegno dell’Unione Europea ai diritti umani.

Invece di stare dalla parte delle vittime di Gantz e della loro campagna per la giustizia, l’UE sta promuovendo il responsabile.

Proprio lo scorso mese Emanuele Giaufret, l’ambasciatore dell’UE a Tel Aviv, e i suoi colleghi europei si sono incontrati con Gantz per un’amichevole chiacchierata.

“Abbiamo intenzione di continuare il dialogo,” ha twittato Giaufret.

Ciò dimostra che non c’è un livello di razzismo e di crimini che un leader israeliano possa commettere contro i palestinesi che lo escluda dal caldo abbraccio dell’UE.

Speriamo che i giudici olandesi abbiano il senso della giustizia, della decenza e del coraggio di cui molti diplomatici e politici europei sono privi in modo così spregevole.

 

 

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Eurovision e hasbara

Sole, gay, misoginia e shawarma: la promozione dell’Eurovision ancora un altro fallito tentativo israeliano di legittimazione

Denijal Jegić

13 maggio 2019- Mondoweiss

 

La competizione musicale dell’Eurovision di quest’anno avrà luogo a Tel Aviv. L’evento di musica pop potrebbe essere una grande opportunità propagandistica per l’ultima colonia europea. Gli ultimi tentativi di Israele di promuovere se stesso rivelano tuttavia ancora una volta la sua convulsa lotta per legittimarsi. L’hasbara [propaganda, ndtr.] finanziata dal governo continua a riciclare gli stessi miti colonialisti, cercando di nascondere l’appartenenza al colonialismo d’insediamento e la cancellazione degli indigeni dietro a immagini colorate di sole, mare, bandiere arcobaleno e shawarma [kebab, ndtr.].

L’emittente televisiva pubblica KAN ha diffuso un video sulle reti sociali, con l’intento scontato di pubblicizzare la  competizione canora dell’Eurovision e di promuovere Israele come destinazione turistica.

Il filmato è tristemente emblematico del più generale approccio di Israele verso il pubblico occidentale. Mostra Lucy Ayoub, una degli ospiti dell’Eurovision, ed Elia Grinfeld, un dipendente di KAN, che cantano e ballano, cercando disperatamente di attirare l’attenzione di due turisti europei bianchi che sembrano scettici. Lucy ed Elia guidano i due turisti in un teatro, obbligandoli a “unirsi a questo rapido indottrinamento”, in modo che possano aiutarli “ad avere delle fantastiche vacanze”. Quel momento potrebbe implicare che i creatori del video siano consapevoli di quanto possa essere estenuante per il mondo esterno il carattere ridicolo dell’hasbara.

“So proprio quello che avete sentito, che questa è una terra di guerra e occupazione,” dichiara Elia. “Ma abbiamo molto più di quello,” aggiunge Lucy. Riflettendo le pratiche del governo israeliano di perpetuare fisicamente la guerra e l’occupazione cercando al contempo di nascondere a parole quella politica, il video sostituisce in modo sonoro e visivo la situazione palestinese con il benessere sionista.

Quello che segue è un riciclaggio dei noti argomenti dell’hasbara, di “un piccolo Paese con un grande orgoglio” e della “Nazione delle start-up” altamente tecnologica. L’orrore delle gerarchie in base alla razza è celato, in quanto Israele viene presentato come un mosaico multietnico. Lucy, figlia di madre ebrea israeliana e di padre palestinese cristiano, usa le sue origini “arabe” per mascherare i soprusi di Israele contro i palestinesi, proclamando: “Sono araba, sì, alcuni di noi vivono qui,” senza menzionare che la maggior parte di loro è stata espulsa. Quando Elia aggiunge che è scappato dalla Russia, Israele appare come un rifugio per le minoranze perseguitate. Dopo tutto, come propagandano Lucy ed Elia, Israele è “la terra del miele”, “la terra del latte”, e “sempre soleggiato.”

Nessuna propaganda israeliana sarebbe completa senza utilizzare il pinkwashing [il ricorso alla presunta tolleranza verso gli omosessuali per mascherare l’oppressione dei palestinesi, ndtr.], ovvero l’occultamento retorico da parte di Israele della violenza del colonialismo di insediamento dietro l’auto-glorificazione per il suo presunto progresso riguardo ai diritti LGBT+.

In generale l’hasbara si affretta a mostrare una coppia di uomini gay che si baciano in pubblico, per far pensare al proprio pubblico che include le minoranze e, al contempo, dipingere gli arabi e i musulmani come intrinsecamente omofobi (ciò è in linea con il luogo comune orientalista secondo cui i palestinesi non meritano la libertà perché Hamas ha ucciso omosessuali). Quindi è assolutamente prevedibile che nel video di KAN due uomini dimostrino affetto in pubblico davanti a una bandiera arcobaleno a Tel Aviv. Elia canta che “i gay si abbracciano per strada”, nel caso ciò non fosse ovvio. La prassi israeliana di pinkwashing appare notevolmente omofobica. Poiché la popolazione LGBT+ sta lottando per uguali diritti ed è ancora perseguitata in molte parti del mondo, è a dir poco offensivo esibire gay e utilizzarli come una copertura per la persecuzione dei palestinesi. Anche il fatto che Israele abbia preso di mira in modo strategico palestinesi

non–eterosessuali è stato ben documentato.

Il video include anche stereotipi antisemiti: “Molti di noi sono ebrei, ma solo alcuni sono taccagni.” Fa riferimenti misogeni umilianti per le donne, quando Elia chiede ai turisti di “godersi le nostre care bitches [puttane, ndtr.]” invece delle beaches [spiagge, ndtr.].

Il video promuove il furto coloniale di cucina, cultura, storia e geografia palestinesi. Allo spettatore viene detto che c’è “buon shawarma” in tutto Israele, e il Mar Morto diventa israeliano in un luogo di villeggiatura orientalista, quando  Lucy sta seduta su un cammello coperto da stoffe colorate.

Gerusalemme viene definita “la nostra amata capitale” che, come apprende lo spettatore, è la sede dello “Yad Vashem” [il museo dell’Olocausto, ndtr.] e dei luoghi santi. Lucy ed Elia camminano per la Città Vecchia, che è sottoposta a un’occupazione illegale da oltre mezzo secolo. Infine, mentre Lucy ed Elia stanno ballando e dicendo agli spettatori “Vi stiamo aspettando”, Elia indossa una maglietta che dice “Amo Iron Dome” [il sistema antimissile israeliano, ndtr.], in supporto al complesso militare-industriale di Israele.

È come se i palestinesi e la Palestina non fossero mai esistiti. Non solo non sono nominati neanche una volta, la loro storia e la loro cultura sono sostituiti da una fragile narrazione della comunità dei coloni basata su un esclusivismo genocida.

Questo scopo di indottrinamento degli stranieri con miti colonialisti è centrale anche in un sito web che è stato messo in piedi dal governo israeliano. Intitolata boycotteurovision.net, la pagina è un ovvio tentativo di prendere di mira i sostenitori del movimento BDS [Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni contro Israele, ndtr.]. Descrivendo Israele come “Bellissimo. Diverso. Sensazionale” (BDS), il sito consiste in testi e video di propaganda, comprese immagini di coppie gay, luoghi sacri di Gerusalemme e turisti bianchi. Come una guida di viaggio poetica, la pagina rende romantico Israele come un “Paese incantevole”, che “offre magnifiche vedute, spiagge dorate, panorami verdeggianti, vasti deserti, cime innevate e città dinamiche immerse nel valore millenario di straordinari siti storici e culturali.”

Il lettore apprende inoltre che “in Israele tutta la gente, ebrei e arabi, musulmani e cristiani, religiosi e laici, così come LGBT, vive insieme in un bastione di coesistenza nel cuore del Medio Oriente.” Tuttavia la realtà è l’apartheid e un’oppressione strutturale dei palestinesi musulmani e cristiani, delle persone di colore ebree e non e dei dissidenti politici indipendentemente dalla loro identificazione etnico-nazionale o religiosa. Ciò non ha niente a che vedere con la coesistenza.

Il “bastione” di pace e coesistenza è un tipico mito orientalista che sfrutta le convinzioni degli occidentali sull’inferiorità culturale delle civiltà islamica e araba. Nel luogo comune di un Medio Oriente presuntamene pericoloso, Israele, in quanto colonia europea, serve come simbolo di una libertà continuamente minacciata che deve essere salvaguardata.

Il sito web fa ricorso anche al mito orientalista di Israele “che fa fiorire il deserto e lo trasforma in un’oasi di tolleranza.” Questo argomento sionista non solo ignora la presenza storica dei palestinesi. Negandone completamente l’esistenza, la fantasia di un deserto vuoto è servita come una fondamentale giustificazione per la colonizzazione della Palestina.

La riscrittura nel sito web della storia palestinese include l’affermazione che “Israele, nella sua breve storia, ha assorbito più immigrati di qualunque altro Paese, con nuovi arrivati da più di cento Paesi.” La Nakba, la distruzione dei villaggi palestinesi e la violenta espulsione della maggioranza della sua popolazione rimangono assenti. Invece al lettore viene detto che “la vita in Israele è innovativa, e allo stesso tempo ancora legata alla sua ricca storia. Israele è una destinazione piena di cordialità, disponibilità e amore che lascerà a chiunque la visiti ricordi (e amici!) per tutta la vita.”

Ovviamente ciò non riguarda i milioni di rifugiati palestinesi della diaspora, i palestinesi profughi interni a Gaza, o i palestinesi della Cisgiordania che non hanno il permesso di tornare nel territorio da cui sono stati espulsi nel 1948, mentre Israele continua a violare numerose risoluzioni ONU.

I tentativi propagandistici di Israele riguardo all’Eurovision sono parte integrante della sua cancellazione discorsiva di ogni cosa palestinese. E mentre la parola “Palestina” non viene pronunciata in nessuno dei colorati video e immagini, il linguaggio iperbolico, la necessità di verbalizzare le cose più semplici e di pregare letteralmente i turisti a visitarlo rivela che c’è qualcosa di inquietante dietro la facciata colorata dell’hasbara.

L’Eurovision è un semplice esempio di come Israele stia disperatamente cercando di guadagnarsi legittimità attraverso un’ostinata insistenza su vecchi miti e il quasi comico esaurimento degli stessi argomenti.  Poiché il sionismo è un moderno movimento colonialista che è incompatibile con i diritti umani universali e con le leggi internazionali e Israele non ha alcuna giustificazione morale o giuridica per la colonizzazione della Palestina e per i soprusi genocidari contro i palestinesi, il regime israeliano continuerà a avere disperatamente bisogno di una propaganda assurda nei suoi sforzi di raccontare al mondo esterno, e probabilmente a se stesso, una versione modificata della storia, cercando di dimostrare di avere una qualche legittimità.

 

Su Denijal Jegić

Denijal Jegić è uno studioso con un post-dottorato. Ha conseguito un dottorato di ricerca presso l’Istituto di Studi Americani Transnazionali all’università Johannes Gutenberg di Magonza.

 

 

(traduzione di Amedeo Rossi)