Il college più ricco di Cambridge vota per disinvestire dalle società produttrici di armi

Imran Mulla

12 Maggio 2024Middle East Eye

Fonti vicine al sindacato studentesco del Trinity affermano che il consiglio universitario, responsabile di importanti decisioni finanziarie e di altro tipo, ha votato a marzo per revocare gli investimenti del Trinity nelle società produttrici di armi.

Middle East Eye è in grado di rivelare che il Consiglio universitario del college più ricco dell’Università di Cambridge, il Trinity College di Cambridge, ha votato per il disinvestimento da tutte le società produttrici di armi.

MEE ha appreso da tre fonti ben informate vicine al sindacato studentesco del Trinity che il consiglio universitario, responsabile di importanti decisioni finanziarie e di altro tipo, ha votato per revocare gli investimenti del Trinity dalle società di armi all’inizio di marzo.

Secondo le fonti il college ha deciso di non annunciare che avrebbe disinvestito dalle compagnie di armi dopo che all’interno del college, l’8 marzo, un attivista ha deturpato un ritratto del 1914 di Lord Arthur Balfour, autore della famigerata Dichiarazione Balfour.

L’incidente ha suscitato un’ampia copertura mediatica nel Regno Unito e la condanna da parte di parlamentari britannici, tra cui il vice primo ministro Oliver Dowden.

Secondo il verbale ufficiale dell’incontro del sindacato degli studenti del Trinity College di sabato 11 maggio, il presidente del comitato del sindacato studentesco ha affermato che l’organismo si era incontrato con gli studenti e il college sugli investimenti del Trinity nelle società produttrici di armi israeliane.

“L’ultimo aggiornamento è che il Trinity sarà ed è in procinto di disinvestire; tuttavia il college non rilascerà una dichiarazione pubblica sulla questione”; il Presidente ha dichiarato:

“Questo perché il college non vuole essere visto giustificare gli sfregi inferti (nell’ultimo semestre) al ritratto di Arthur Balfour” e sostiene che al sindacato studentesco è stato detto che il college avrà disinvestito da tutte le società produttrici di armi “entro l’estate “.

Un altro membro del comitato del sindacato studentesco ha aggiunto: “Ci è stato detto che il consiglio del college ha votato a favore del disinvestimento”.

Il Trinity è amministrato dal Consiglio del college.

Il Trinity College di Cambridge non ha confermato smentito che il voto abbia avuto luogo, ma ha detto a MEE che: “Il Trinity College continua a rivedere regolarmente i suoi investimenti”.

MEE ha rivelato a febbraio che Trinity aveva investito 61.735 sterline (78.089 dollari) nella più grande azienda di armi israeliana, Elbit Systems, che produce l’85% dei droni e delle attrezzature terrestri utilizzate dall’esercito israeliano.

MEE ha anche riferito che il college aveva milioni di dollari investiti in altre società che armavano, sostenevano e traevano profitto dalla guerra di Israele a Gaza.

In risposta all’inchiesta il 28 febbraio il Centro Internazionale di Giustizia per i Palestinesi (ICJP), un’associazione per i diritti umani con sede nel Regno Unito, ha emesso un avviso legale al Trinity College avvertendo che i suoi investimenti potrebbero renderlo potenzialmente complice dei crimini di guerra israeliani.

L’ICJP ha emesso un ulteriore avvertimento al Trinity il 30 aprile, ma non ha ancora ricevuto risposta dal college. Il 7 maggio l’associazione per i diritti umani ha presentato una denuncia formale alla Charity Commission [un organismo statale che controlla le organizzazioni di beneficienza, n.d.t.] chiedendo un’indagine sugli investimenti del Trinity.

MEE ha rivelato a febbraio che il college aveva anche investimenti per un valore di circa 3,2 milioni di dollari in Caterpillar, una società di macchinari pesanti con sede negli Stati Uniti che è stata a lungo bersaglio di campagne di boicottaggio per la vendita di bulldozer all’esercito israeliano, e in numerose altre società coinvolte nella guerra israeliana – tra cui General Electric, Toyota Corporation, Rolls-Royce, Barclays Bank e L3Harris Industries

Trinity non si è impegnato a disinvestire da tutte queste società.

Mira Naseer, responsabile legale dell’ICJP, ha rilasciato una dichiarazione in risposta alle ultime notizie:

“Questa è una vittoria importante per il movimento. Gli studenti di tutto il mondo hanno condotto una campagna instancabile per sollecitare le loro università a disinvestire dalle aziende produttrici di armi potenzialmente complici del genocidio di Israele e ora stiamo iniziando a vedere i risultati. Il fatto che il Trinity sia il college più ricco di Cambridge è una vera vittoria simbolica e altri college e università devono ora seguire l’esempio.

“Ma è importante ricordare che le aziende in cui Trinity investe non solo sono potenzialmente complici dell’ultimo attacco israeliano a Gaza, ma hanno anche una comprovata attività nella fornitura di attrezzature che sono state utilizzate nelle demolizioni di case, nell’illegale muro di separazione israeliano in Cisgiordania e intorno a Gerusalemme e altri strumenti dell’apartheid. È bello vedere che Trinity ha disinvestito dalle compagnie produttrici di armi, ma è solo il primo passo.”

Giovedì è stata pubblicata una lettera aperta scritta da accademici di Cambridge e firmata da oltre 1.700 dipendenti, ex studenti e studenti dell’università, in cui si esprime sostegno ai manifestanti che la scorsa settimana hanno allestito un accampamento di protesta che invita l’università a porre fine a qualsiasi potenziale complicità nella guerra di Israele a Gaza.

Lunedì circa un centinaio di studenti si sono riuniti sul prato fuori dal King’s College di Cambridge, dove hanno eretto delle tende e chiesto all’istituto di impegnarsi a disinvestire dalle società coinvolte nella guerra di Israele.

Si sono uniti agli studenti di oltre 100 università in tutto il mondo che hanno creato movimenti di protesta simili.

Gli organizzatori dell’accampamento hanno detto a MEE che chiedono che l’Università di Cambridge riveli tutti i suoi rapporti con aziende e istituzioni “complici nella pulizia etnica in corso in Palestina”.

Giovedì il Primo Ministro britannico Rishi Sunak ha convocato i vicerettori di 17 università per una “tavola rotonda sull’antisemitismo” a Downing Street e li ha esortati ad assumersi una “responsabilità personale” nella protezione degli studenti ebrei.

Lo stesso giorno il Trinity College di Dublino, la più prestigiosa università irlandese, dopo un sit-in di studenti che protestavano contro la guerra a Gaza ha annunciato che avrebbe disinvestito dalle società israeliane coinvolte nell’occupazione della Palestina.

Dagli eventi del 7 ottobre, quando un attacco guidato da Hamas al sud di Israele ha ucciso 1.171 persone e ne ha catturate e portate a Gaza prigioniere più di 200, l’enclave è stata sotto assedio totale e privata dei beni di prima necessità, mentre affrontava una devastante campagna di bombardamenti da parte di Israele.

Più di 35.000 palestinesi sono stati uccisi e circa 1,7 milioni sono stati sfollati in quello che la Corte Internazionale di Giustizia a gennaio ha descritto come un plausibile genocidio.

Secondo i funzionari sanitari sono rimaste ferite anche quasi 77.000 persone. Le cifre non includono decine di migliaia di morti che si ritiene siano sepolti tra le rovine di case, negozi, rifugi e altri edifici distrutti dalle bombe.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




Craig Murray: Attivare la Convenzione sul genocidio

Craig Murray

19 novembre 2023 – Consortium News

Non c’è dubbio che il bombardamento da parte di Israele dei civili palestinesi e la privazione di cibo, acqua e altre necessità vitali costituiscano motivo per appellarsi alla Convenzione sul genocidio del 1948.

Sono 149 gli Stati che aderiscono alla Convenzione sul Genocidio. Ognuno di loro ha il diritto di segnalare pubblicamente il genocidio in corso a Gaza e di denunciarlo alle Nazioni Unite.

Nel caso in cui un altro Stato contraente contesti laccusa di genocidio, e Israele, Stati Uniti e Regno Unito sono tutti Stati contraenti, allora la Corte internazionale di Giustizia è tenuta a pronunciarsi sulla responsabilità dello Stato per genocidio”.

Questi sono gli articoli salienti della Convenzione sul Genocidio:

Articolo VIII

Ogni Parte contraente può invitare gli organi competenti delle Nazioni Unite a intraprendere, ai sensi della Carta delle Nazioni Unite, le azioni che ritengono appropriate per prevenire e reprimere atti di genocidio o qualsiasi altro atto elencato nell’articolo III.

Articolo IX

Le controversie tra le Parti contraenti relative all’interpretazione, applicazione o adempimento della presente Convenzione, comprese quelle relative alla responsabilità di uno Stato per genocidio o per qualsiasi altro atto contemplato nell’articolo III, saranno sottoposte alla Corte internazionale di Giustizia su richiesta di una delle parti in causa”.

Si noti che qui parti in causa” significa gli Stati che contestano

le azioni genocidarie, non le parti coinvolte direttamente nel genocidio/conflitto. Ogni singolo Stato contraente può appellarsi alla convenzione.

Non c’è dubbio che le azioni di Israele equivalgano a un genocidio. Lo hanno affermato numerosi esperti di diritto internazionale e lintento genocida è stato espresso direttamente da numerosi ministri, generali e funzionari pubblici israeliani.

Definizione di Genocidio

Questa è la definizione di genocidio nel diritto internazionale in base alla Convenzione sul Genocidio:

Articolo II

Nella presente Convenzione per genocidio si intende qualsiasi dei seguenti atti commessi con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, in quanto tale:

(a) Uccidere membri del gruppo;

(b) Causare gravi danni fisici o mentali a membri del gruppo;

(c) Infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita intese a provocarne la distruzione fisica totale o parziale;

(d) Imporre misure intese a impedire le nascite all’interno del gruppo;

(e) Il trasferimento forzato di bambini del gruppo in un altro gruppo”

Non vedo ragioni per mettere in dubbio che lattuale campagna israeliana di bombardamenti contro civili e di privazione di cibo, acqua e altri beni di prima necessità per i palestinesi equivalga a un genocidio ai sensi dell’articolo II a), b) e c).

Vale la pena considerare anche gli articoli III e IV:

Articolo III

Sono punibili i seguenti atti:

(a) Genocidio;

(b) Cospirazione per commettere un genocidio;

(c) Incitamento pubblico e diretto a commettere un genocidio;

(d) Tentativo di commettere un genocidio;

(e) Complicità nel genocidio.

Articolo IV

Saranno punite le persone che commettono un genocidio o uno qualsiasi degli altri atti elencati nellarticolo III, siano essi governanti costituzionalmente competenti, funzionari pubblici o privati”.

Esistono consistenti elementi di prova che le azioni degli Stati Uniti, del Regno Unito e di altri nel fornire apertamente sostegno militare diretto da utilizzare nel genocidio rappresentino complicità nel genocidio.

Il significato dellArticolo IV è che gli individui, e non solo gli Stati, sono responsabili. Quindi il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e il primo ministro britannico Rishi Sunak hanno una responsabilità individuale. Lo stesso vale in realtà per tutti coloro che chiedono l’annientamento dei palestinesi.

L’attivazione della Convenzione sul genocidio sarebbe decisamente opportuna. Una sentenza della Corte Internazionale di Giustizia che dichiarasse Israele colpevole di genocidio avrebbe uno straordinario effetto diplomatico e causerebbe difficoltà interne nel Regno Unito e persino negli Stati Uniti nel continuare a sovvenzionare e armare Israele.

Rapporto tra CIG e CPI

La Corte Internazionale di Giustizia è la più rispettata delle istituzioni internazionali; mentre gli Stati Uniti non hanno riconosciuto la sua competenza vincolante, il Regno Unito non lo ha fatto e lUE la recepisce concretamente.

Se la Corte Internazionale di Giustizia stabilisce [il verificarsi di] un genocidio, allora la Corte Penale Internazionale non è tenuta a stabilire se il genocidio sia [o meno] avvenuto.

Questo è importante perché, a differenza della prestigiosa e indipendente CIG, la CPI è in gran parte unistituzione fantoccio dei governi occidentali che se possibile se ne terrà fuori.

Ma una decisione della Corte Internazionale di Giustizia in merito al genocidio e alla complicità nel genocidio ridurrebbe il compito della Corte Penale Internazionale all’individuazione dei responsabili. Questa è una prospettiva che può effettivamente modificare i calcoli dei politici.

C’è anche il fatto che un riferimento al genocidio costringerebbe i media occidentali ad affrontare la questione e a usare il termine, invece di limitarsi a diffondere della propaganda sul fatto che Hamas abbia basi di combattimento negli ospedali.

Inoltre una sentenza della Corte Internazionale di Giustizia farebbe automaticamente scattare un dibattito allAssemblea Generale delle Nazioni Unite e non al Consiglio di Sicurezza, bloccato dal veto occidentale.

Tutto ciò solleva la questione del perché nessuno Stato si sia ancora appellato alla Convenzione sul Genocidio. Ciò è particolarmente significativo, in quanto la Palestina è uno dei 149 Stati che aderiscono alla Convenzione sul Genocidio, e a tal fine avrebbe potuto presentarsi davanti sia alle Nazioni Unite che alla CIG.

Temo che la questione riguardante il motivo per cui la Palestina non si sia appellata alla Convenzione sul Genocidio ci porti dentro oscuri meandri. Chiunque, come me e George Galloway, si sia fatto le ossa nella politica di sinistra di Dundee degli anni 70 ha fatto propria (una lunga) esperienza legata ai rapporti con Fatah, e le mie simpatie sono sempre state fortemente rivolte a Fatah piuttosto che ad Hamas.

Lo sono ancora, insieme allaspirazione a una Palestina democratica e laica. È Fatah ad occupare il seggio palestinese alle Nazioni Unite, e la decisione che la Palestina attivi la Convenzione sul genocidio spetta al presidente palestinese Mahmoud Abbas.

Ogni giorno è sempre più difficile sostenere Abbas. Sembra straordinariamente passivo, ed è impossibile scacciare il sospetto che sia più interessato a impedire una guerra civile palestinese che ad opporsi al genocidio.

Appellandosi alla Convenzione sul Genocidio potrebbe rimettere se stesso e Fatah al centro della narrazione. Ma non fa nulla. Non voglio credere che le motivazioni di Mahmoud risiedano nella corruzione e nelle promesse da parte del segretario di Stato americano Antony Blinken di ereditare Gaza. Ma al momento non posso aggrapparmi a nessunaltra spiegazione a cui dar credito.

Ciascuno dei 149 Stati aderenti potrebbe appellarsi alla Convenzione sul Genocidio contro Israele e i suoi complici. Tra di loro ci sono Iran, Russia, Libia, Malesia, Bolivia, Venezuela, Brasile, Afghanistan, Cuba, Irlanda, Islanda, Giordania, Sud Africa, Turchia e Qatar. Ma nessuno di questi Stati ha denunciato il genocidio. Perché?

Non è perché la Convenzione sul genocidio sia lettera morta. Non è così. È stata invocata contro la Serbia dalla Bosnia-Erzegovina e la Corte Internazionale di Giustizia si è pronunciata contro la Serbia in merito al massacro di Srebrenica. Ciò ha portato immediatamente ai procedimenti giudiziari da parte della CPI.

Alcuni Stati potrebbero semplicemente non averci pensato. Per gli Stati arabi in particolare, il fatto che la stessa Palestina non si sia appellata alla Convenzione sul Genocidio può fornire una scusa. Gli Stati dellUE possono nascondersi dietro lunanimità del blocco [occidentale].

Ma temo che la verità sia che nessuno Stato si preoccupa delle migliaia di bambini palestinesi già uccisi e delle migliaia di altri che lo saranno a breve tanto da introdurre un altro fattore di contrasto nelle loro relazioni con gli Stati Uniti.

Proprio come nel vertice dello scorso fine settimana in Arabia Saudita, dove i Paesi islamici non sono riusciti a concordare un boicottaggio sul petrolio e gas nei confronti di Israele, la verità è che chi è al potere non ha davvero a cuore un genocidio a Gaza. Si preoccupa dei propri interessi.

È sufficiente che uno Stato faccia ricorso alla Convenzione sul Genocidio per cambiare la narrazione e le dinamiche internazionali. Ciò avverrà solo grazie al potere delle persone di imporre tale idea ai propri governi. Questo è il modo in cui tutti possono fare qualcosa per aumentare la pressione. Per favore, fate il possibile.

Tanto di cappello all’infaticabile Sam Husseini, il giornalista indipendente che ha insistito sulla Convenzione sul Genocidio alla Casa Bianca.

Craig Murray è un autore, conduttore televisivo e attivista per i diritti umani. È stato ambasciatore britannico in Uzbekistan dall’agosto 2002 all’ottobre 2004 e rettore dell’Università di Dundee dal 2007 al 2010. La sua attività giornalistica dipende interamente dal supporto dei lettori. Sono gradite sottoscrizioni per mantenere attivo questo blog.

Questo articolo è tratto da CraigMurray.org.uk.

Le opinioni espresse sono esclusivamente dell’autore e non riflettono necessariamente quelle di Consortium News.

(Traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)