Rapporto OCHA del periodo 29 giugno – 12 luglio 2021

Il 3 luglio, coloni israeliani, accompagnati da soldati, sono entrati nel villaggio di Qusra (Nablus), scontrandosi con i residenti palestinesi. Nel corso di tali scontri è stato ucciso un 21enne palestinese:

secondo i militari, l’uomo ha lanciato un ordigno esplosivo e le forze israeliane gli hanno sparato. Coloni israeliani e residenti palestinesi si sono lanciati pietre reciprocamente e, secondo fonti locali, dopo che il 21enne palestinese era stato colpito, alcuni coloni lo hanno percosso. Nel corso di manifestazioni in cui i palestinesi hanno chiesto alle autorità israeliane la restituzione del corpo dell’ucciso, le forze israeliane hanno disperso la folla sparando proiettili veri, proiettili di gomma e gas lacrimogeni: diversi palestinesi hanno subito lesioni.

In Cisgiordania, in scontri, le forze israeliane hanno ferito complessivamente almeno 981 palestinesi, tra cui 133 minori [seguono dettagli]. Del totale dei feriti, 892 sono stati registrati nel governatorato di Nablus, includendo i feriti nei suddetti eventi di Qusra, e quelli collegati alle proteste contro l’espansione degli insediamenti nei villaggi di Beita e Osarin; 19 sono rimasti feriti nei quartieri di Ras al ‘Amud e Silwan a Gerusalemme Est; 13 nel villaggio di Halhul (Hebron) e i rimanenti in altre località. Complessivamente, 36 palestinesi sono stati colpiti da proiettili veri, 214 da proiettili di gomma; i rimanenti sono stati curati principalmente per l’inalazione di gas lacrimogeni o sono stati aggrediti fisicamente. Oltre ai 981 feriti direttamente dalle forze israeliane, 58 sono rimasti feriti a Beita e Osarin cercando di sfuggire alle forze israeliane o in circostanze non verificabili.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno effettuato 163 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 134 palestinesi, tra cui sei minori. La maggior parte delle operazioni è avvenuta a Nablus, seguita da Hebron e Gerusalemme Est; le restanti operazioni sono state effettuato in altri governatorati.

Il 4 luglio, nella Città Vecchia di Gerusalemme, le autorità israeliane hanno convocato un bambino palestinese di nove anni per un interrogatorio le cui ragioni restano sconosciute. Da metà aprile, a Gerusalemme Est, sono stati arrestati dalle autorità israeliane almeno 65 minori palestinesi, più della metà dei quali sono stati arrestati nel solo mese di giugno.

A Gaza, palestinesi hanno lanciato palloni incendiari verso Israele e le forze israeliane hanno effettuato quattro attacchi aerei, prendendo di mira siti militari, ferendo due persone e danneggiando case ed una manifattura. Vicino alla recinzione perimetrale e al largo della costa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento, in almeno nove occasioni; secondo quanto riferito per far rispettare [ai palestinesi] le restrizioni di accesso [loro imposte]. Hanno anche svolto almeno quattro operazioni di spianatura del terreno vicino alla recinzione perimetrale, all’interno di Gaza.

Il 12 luglio, le autorità israeliane hanno esteso da 9 a 12 miglia nautiche la zona di pesca consentita [ai palestinesi] al largo della costa meridionale di Gaza, mentre l’hanno mantenuta a sei miglia nella parte settentrionale. Lo stesso giorno, le autorità israeliane hanno annunciato l’ampliamento della gamma di merci consentite in entrata e in uscita dalla Striscia di Gaza; le limitazioni erano state imposte dall’inizio del conflitto del 10-21 maggio.

In Cisgiordania, per mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, sono state demolite o sequestrate 59 strutture di proprietà palestinese, sfollando 81 persone e determinando ripercussioni su circa altre 1.300 [seguono dettagli]. 30 strutture sono state demolite a Humsa – Al Bqai’a (Valle del Giordano), una clinica mobile è stata confiscata nella Comunità di Umm Qussa (Hebron) e una scuola in costruzione è stata demolita a Shu’fat (Gerusalemme Est). L’8 luglio, nel villaggio di Turmus’ayya (Ramallah), le forze israeliane hanno demolito, con motivazioni punitive, una casa appartenente alla famiglia di un palestinese (con cittadinanza statunitense), che era stato arrestato dopo che, il 2 maggio, aveva ucciso un colono e ferito altri due.

Il 2 luglio 2021, coloni israeliani, sotto scorta della polizia israeliana, si sono trasferiti in un edificio vuoto nella zona di Wadi Hilweh, nel quartiere di Silwan, a Gerusalemme Est. Dall’inizio dell’anno, questo è il secondo insediamento di coloni all’interno di Comunità palestinesi a Gerusalemme Est, ed entrambi in Silwan.

Coloni israeliani hanno ferito nove palestinesi, tra cui quattro minori e due donne, aggredendoli fisicamente, lanciando loro pietre o spruzzando liquido al peperoncino su di loro. Sei dei ferimenti sono avvenuti nella zona H2 di Hebron, due a Maghayir al Abeed, uno a Tuba (tutti in Hebron) e uno a Kisan (Betlemme). In Cisgiordania, autori conosciuti o ritenuti coloni israeliani hanno danneggiato almeno 1.120 alberi o alberelli, almeno cinque veicoli, oltre a pali elettrici, recinzioni ed altre proprietà palestinesi.

Palestinesi hanno ferito, lanciando pietre, almeno tre coloni israeliani che viaggiavano su strade della Cisgiordania. Secondo fonti israeliane, sono state danneggiate almeno 21 auto israeliane.

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Ultimi sviluppi (successivi al periodo di riferimento)

Il 14 luglio, le forze israeliane hanno confiscato almeno 49 strutture nella Comunità palestinese di Ras al Tin, sfollando 84 persone, tra cui 53 minori.

Il 15 luglio, a Humsa – Al Bqai’a, le forze israeliane hanno confiscato una struttura recentemente installata per ospitare una famiglia di otto persone, tra cui sei minori, che aveva già perso la casa in un precedente episodio avvenuto una settimana prima (vedi paragrafo 7 di questo Rapporto).

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Rapporto OCHA del periodo 15 – 28 giugno 2021

In Cisgiordania, in due distinti episodi, le forze israeliane hanno ucciso due palestinesi, un ragazzo e una donna

[seguono dettagli]. Il 16 giugno, durante le ripetute proteste palestinesi contro la creazione di un insediamento [colonico] israeliano vicino a Beita (Nablus), le forze israeliane hanno sparato, uccidendo un 16enne palestinese. A Beita, dall’inizio di maggio (data di avvio dell’insediamento), nel corso di proteste, le forze israeliane hanno ucciso cinque palestinesi. Ancora nella giornata del 16 giugno, vicino ad Hizma (Gerusalemme), è stata uccisa una donna palestinese 29enne che, secondo l’esercito israeliano, avrebbe cercato di investire dei soldati con un veicolo e successivamente avrebbe brandito un coltello.

Il 24 giugno, le forze palestinesi hanno arrestato un attivista politico palestinese [Nizar Banat], critico nei confronti del governo palestinese; poche ore dopo il dissidente è morto, presumibilmente per le lesioni subite durante l’arresto. Le autorità palestinesi hanno avviato un’indagine sulla sua morte. In protesta per l’accaduto, palestinesi hanno manifestato in tutta la Cisgiordania. In alcune di tali proteste le forze palestinesi hanno sparato gas lacrimogeni e granate assordanti ed hanno ferito o arrestato partecipanti ad alcune proteste.

A Gaza un palestinese è morto per le ferite riportate durante il conflitto del 10-21 maggio. Secondo l’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani (OHCHR), a Gaza, durante la recente guerra sono stati uccisi 260 palestinesi, tra cui 66 minori. È stato accertato che 129 di loro erano civili e 64 erano membri di gruppi armati, mentre lo status dei restanti 67 non è stato determinato.

In Cisgiordania forze israeliane hanno ferito almeno 1.075 palestinesi, tra cui 238 minori [seguono dettagli]. Circa 790 di questi, tra cui 237 minori, sono rimasti feriti durante le suddette proteste a Beita, 78 a Gerusalemme Est, 77 a Kafr Qaddum (Qalqiliya), 74 ad Al Mughayyir (Ramallah) e i rimanenti in altre località. Sei dei feriti sono stati colpiti da proiettili veri e 245, tra cui 47 minori, da proiettili di gomma. Durante le proteste a Beita, almeno 154 palestinesi sono stati feriti mentre fuggivano dalle forze israeliane o in circostanze non verificabili (questi 154 feriti non sono inclusi nei 1.075 sopra menzionati). Il 25 giugno, le forze israeliane hanno sparato ad un palestinese, successivamente arrestato, che, a detta dei militari, stava progettando una aggressione con coltello vicino ad un insediamento israeliano nella Cisgiordania settentrionale; secondo fonti palestinesi, l’uomo soffre di disturbi psichici.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno effettuato 144 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 180 palestinesi, tra cui sette minori. Quarantanove delle operazioni si sono svolte a Nablus, 29 ad Hebron e 20 a Gerusalemme, le rimanenti in vari governatorati. Quarantacinque degli arrestati sono di Hebron, i rimanenti di altre località.

In Cisgiordania, per mancanza di permessi di costruzione, le autorità israeliane hanno demolito, sequestrato o costretto i proprietari ad autodemolire 24 strutture palestinesi [seguono dettagli]. Ciò ha causato lo sfollamento di 23 persone, tra cui 11 minori, ed ha creato ripercussioni su più di 1.200 palestinesi. La maggior parte delle persone colpite dai provvedimenti vivono nell’area di Massafer Yatta di Hebron, dove il 23 giugno le autorità israeliane hanno distrutto, per la seconda volta, tre strade e la principale conduttura acquifera che serviva più Comunità; la precedente demolizione era avvenuta il 9 giugno e sia le strade che l’acquedotto erano stati successivamente riparati. Complessivamente, 16 [delle 24 strutture] e 20 [dei 23] sfollati si trovavano in Area C; le rimanenti [otto] strutture ed i 3 sfollati restanti si trovavano in Gerusalemme Est.

Coloni israeliani hanno ferito almeno nove palestinesi, tra cui quattro ragazze [seguono dettagli]. Queste ultime sono state spruzzate con spray al peperoncino nel quartiere di Sheikh Jarrah di Gerusalemme Est; in un altro distinto episodio è accaduta la stessa cosa ad una donna. Ad At Tuwani (Hebron), coloni hanno ferito due donne con pietre, tra cui una disabile di 73 anni. Altri due palestinesi sono stati aggrediti e feriti a Hebron, in episodi separati. Ad Al Mughayyir (Ramallah), in due occasioni, coloni hanno attaccato palestinesi. Le forze israeliane sono intervenute in entrambi i casi, ferendo 74 palestinesi (già conteggiati in un precedente paragrafo riguardante le persone ferite dalle forze israeliane). In molti altri episodi accaduti in Cisgiordania, aggressori noti come coloni israeliani, o ritenuti tali, hanno danneggiato veicoli di proprietà palestinese, oltre duecento alberi, sistemi idrici, strutture agricole, un’officina, apparecchiature elettriche, materiali da costruzione e altre proprietà.

In Cisgiordania, palestinesi noti o ritenuti tali, hanno lanciato pietre ferendo almeno 8 coloni. Secondo fonti israeliane, almeno 49 auto israeliane sarebbero state danneggiate

All’interno della Striscia di Gaza, tra il 15 e il 20 giugno, palestinesi hanno manifestato, vicino alla recinzione perimetrale israeliana, contro le restrizioni in atto; alcuni partecipanti hanno lanciato palloni incendiari verso Israele, causando molteplici incendi. Durante queste proteste le forze israeliane hanno sparato e ferito quattro palestinesi ed hanno effettuato attacchi aerei su Gaza, prendendo di mira siti militari. Vicino alla recinzione perimetrale e al largo della costa, in almeno altre 10 occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento, secondo quanto riferito, per far rispettare ai palestinesi le restrizioni di accesso [loro imposte], ed hanno svolto due operazioni di spianatura del terreno all’interno di Gaza, vicino alla recinzione perimetrale.

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Ultimi sviluppi (successivi al periodo di riferimento)

Il 29 giugno, a Gerusalemme Est, le autorità israeliane hanno demolito due strutture palestinesi: una casa a Ras al Amud e un negozio a Silwan: due ragazzi e i loro genitori sono stati sfollati e altri 9 palestinesi hanno perso la loro fonte di reddito. Durante le proteste palestinesi contro tali demolizioni, le forze israeliane hanno sparato lacrimogeni e proiettili di gomma, ferendo almeno 19 persone (tra cui una donna) e arrestandone nove.

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nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Iniziano le demolizioni a Silwan, nella Gerusalemme est occupata

Al Jazeera e agenzie di stampa

29 giugno 2021 – Al Jazeera

Le forze israeliane demoliscono il negozio di un macellaio ed usano gas lacrimogeni per respingere abitanti ed attivisti.

Dopo la demolizione di un negozio palestinese da parte delle forze israeliane, iniziata martedì nella zona di Bustan del quartiere di Silwan, nella Gerusalemme est occupata, è scoppiata la violenza.

Le forze israeliane accompagnate da bulldozer sono entrate nel quartiere palestinese ed hanno distrutto una macelleria a Silwan. I soldati hanno utilizzato gas lacrimogeni e manganelli per respingere gli abitanti e gli attivisti palestinesi mentre si svolgeva la demolizione.

Secondo la Mezzaluna Rossa palestinese almeno quattro palestinesi sono stati feriti negli scontri.

Harry Fawcett di Al Jazeera, corrispondente da Silwan, ha detto che martedì mattina i soldati israeliani sono arrivati in gran numero e che si sono verificati “gravi scontri”.

Abbiamo parlato con i membri della famiglia (titolare della macelleria) e ci hanno detto che le forze israeliane sono arrivate e li hanno attaccati con gas lacrimogeni ed altri mezzi – un inizio violento di queste demolizioni. Ma non si tratta solo di un negozio. In questo quartiere ci sono altri 20 edifici nella stessa situazione”, ha detto.

Il 7 giugno il Comune di Gerusalemme ha emesso una serie di ordini di demolizione nei confronti degli abitanti della zona di al-Bustan a Silwan.

Le 13 famiglie coinvolte, circa 130 persone, hanno avuto 21 giorni di tempo per andarsene e demolire loro stesse le proprie case. Non farlo significherebbe che le demolirà il Comune e le famiglie dovranno coprire i costi di demolizione – stimati in 6.000 dollari.

Ecco come funziona nella Gerusalemme est occupata”, ha affermato Fawcett. “Alle famiglie viene consegnato un ordine di 21 giorni che impone loro di demolire loro stessi la propria casa entro la scadenza dell’ordinanza, oppure lo faranno loro e poi alle famiglie verrà comminata una multa per il disturbo di dover demolire la loro casa.”

Ha aggiunto che una legge israeliana ha reso difficile per le famiglie palestinesi appellarsi contro gli ordini di demolizione davanti ai tribunali.

Dal 2005 gli abitanti di al-Bustan hanno ricevuto avvisi di demolizione per circa 90 case col pretesto di aver costruito senza permesso, allo scopo di favorire un’organizzazione di coloni israeliani che cerca di trasformare quella terra in un parco nazionale e collegarlo all’area archeologica della Città di David.

Secondo ‘Grassroots Jerusalem’ [Gerusalemme dal Basso], una Ong palestinese, sia le demolizioni di case sia gli sfratti forzosi per ordine del tribunale sono tattiche utilizzate per espellere gli abitanti palestinesi.

In una dichiarazione all’inizio di questo mese l’organizzazione palestinese per i diritti Al-Haq ha detto che i palestinesi a Gerusalemme est sono la maggioranza della popolazione, ma “le leggi urbanistiche israeliane hanno assegnato il 35% del terreno dell’area alla costruzione di colonie illegali da parte di coloni israeliani.”

Un altro 52% dell’area è stato “allocato come ‘aree verdi’ e ‘aree non previste dal piano’, in cui è proibito costruire”, ha affermato.

Chiara discriminazione’

Silwan si trova a sud della Città Vecchia di Gerusalemme, adiacente alle sue mura.

Almeno 33.000 palestinesi vivono nel quartiere, che per anni è stato nelle mire delle organizzazioni di coloni israeliani. In alcuni casi gli abitanti palestinesi sono stati costretti a condividere la casa con i coloni.

Alcune di queste famiglie palestinesi vivono a Silwan da più di 50 anni, da quando furono espulse dalla Città Vecchia negli anni ’60.

Nel 2001 Ateret Cohanim, un’organizzazione di coloni israeliani che ha l’obiettivo di acquisire terreni ed accrescere la presenza ebraica a Gerusalemme est, ha preso il controllo di una storica società fiduciaria ebrea.

Creata nel XIX secolo, all’epoca la società ha acquistato terreni nell’area per insediarvi ebrei yemeniti. L’organizzazione di coloni ha sostenuto in tribunale che la società che controlla è proprietaria della terra.

Rifugiati per la seconda volta’

Secondo la legge israeliana, se degli ebrei possono provare che le loro famiglie vivevano a Gerusalemme est prima della fondazione di Israele nel 1948, possono chiedere la “restituzione” della loro proprietà, anche se per decenni vi hanno abitato famiglie palestinesi.

La legge ha validità solo per gli [ebrei] israeliani e in base ad essa i palestinesi non hanno gli stessi diritti.

Mohammed Dahleh, un avvocato che rappresenta alcune famiglie di Silwan, ha detto ad Al Jazeera: “Vi è qui una chiara discriminazione, dal momento che gli ebrei possono rivendicare ogni proprietà che sostengono di aver posseduto nel passato prima del 1948, mentre i palestinesi che hanno perso la loro terra in 500 villaggi all’interno di Israele, compresa Gerusalemme ovest, non possono rivendicare la loro proprietà.”

Quelle famiglie non possono richiedere la restituzione delle loro proprietà, nonostante siano in possesso di carte di identità israeliane e siano considerate residenti dello Stato di Israele in base alla legge israeliana,”, ha proseguito.

Ciò significa che, se i tribunali israeliani alla fine approveranno questo genere di espulsione forzata, i membri di questa comunità diventeranno rifugiati per la seconda volta.”

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Gruppi palestinesi rivali si scontrano durante le proteste contro la morte di un attivista

Al Jazeera e agenzie

27 giugno 2021 – Al Jazeera

Nel quarto giorno di proteste per la morte di Nizar Banat, arrestato dall’Autorità Nazionale Palestinese a Ramallah, sono scoppiati scontri.

Sabato, durante il quarto giorno di proteste per la morte di Nizar Banat, un esplicito oppositore dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), morto mentre era detenuto dall’ANP, gruppi rivali di palestinesi si sono scontrati nella città di Ramallah, nella Cisgiordania occupata.

Nizar Banat, quarantatreenne attivista di Hebron noto per i video sulle reti sociali in cui denunciava la presunta corruzione all’interno dell’ANP, è morto giovedì dopo che le forze di sicurezza hanno fatto irruzione nella sua casa e lo hanno arrestato con l’uso della violenza.

Stefanie Dekker, inviata di Al Jazeera a Ramallah, afferma che domenica sono scoppiati scontri tra manifestanti che chiedevano le dimissioni del presidente dell’ANP Mahmoud Abbas e un gruppo contrario che manifestava a favore dell’ANP e di Fatah, il partito di Abbas che controlla l’Autorità Nazionale Palestinese.

Dekker ha detto: “C’era una piccola folla di circa 100 persone che gridavano slogan contro l’Autorità Nazionale Palestinese.”

C’era un’altra folla che era in fondo alla strada…che era a favore di Fatah, il partito del gruppo dirigente, arrivata per unirsi a loro e poi sono seguiti scontri,” afferma Dekker. Dekker di Al Jazeera sostiene che domenica c’è stata “una campagna concertata” contro i media che informano sulle proteste.

Siamo stati circondati da sei (persone), non posso che chiamarli teppisti, che hanno chiesto di vedere le nostre telecamere. In quel momento non stavamo filmando. Di fatto ci hanno obbligati a smontare il riflettore del nostro camion SMG,” afferma.

A un altro collega e amico sono state spaccate le telecamere. Ciò è successo durante gli ultimi due giorni.”

Nuove proteste contro la morte di Banat hanno avuto luogo domenica anche nella sua città natale di Hebron e a Betlemme, entrambe nella Cisgiordania occupata.

A Betlemme forze di sicurezza palestinesi in tenuta antisommossa hanno sparato lacrimogeni e granate stordenti contro i manifestanti, obbligandone molti a mettersi al riparo.

Il medico legale Samir Abu Zarzour ha affermato che, secondo l’autopsia preliminare, le ferite indicano che Banat è stato picchiato alla testa, al petto, al collo, alle gambe e alle mani, e che è passata meno di un’ora tra il suo arresto e la morte.

La famiglia di Banat ha detto che le forze di sicurezza gli hanno spruzzato uno spray al peperoncino, lo hanno picchiato e trascinato via in auto.

L’ANP ha annunciato l’apertura di un’indagine sulla morte di Banat, ma ha fatto ben poco per placare la rabbia nelle strade.

In seguito alle notizie sulla sua morte giovedì a Ramallah i manifestanti hanno provocato incendi, bloccato le strade del centro città e si sono scontrati con la polizia antisommossa. Venerdì, al funerale di Banat a Hebron e dopo la preghiera del venerdì nella moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme, i palestinesi hanno anche scandito slogan contro l’ANP.

Sabato a Ramallah i dimostranti si sono scontrati con forze di sicurezza palestinesi e avversari favorevoli all’ANP, mentre in centinaia hanno cercato di sfilare in corteo fino al complesso degli uffici di Abbas. Banat si era candidato alle elezioni parlamentari palestinesi, che erano previste per maggio finché Abbas non le ha rinviate a tempo indeterminato.

Mkhaimar Abusada, docente associato in scienze politiche all’università Al Azhar di Gaza, ha detto ad Al Jazeera che Abbas e l’ANP, sostenuta dalla comunità internazionale, stanno affrontando una crescente reazione da parte dei palestinesi per la percezione di corruzione e autoritarismo.

Non si erano mai viste queste masse di manifestanti palestinesi che protestano contro l’Autorità Nazionale Palestinese, scandendo slogan direttamente contro il presidente Abbas perché venga rimosso e cacciato [dal potere].”

Una vergogna”

Shawan Jabareen, direttore dell’associazione per i diritti Al Haq, ha affermato che gli scontri di domenica tra gruppi rivali di palestinesi nelle strade sono stati una “vergogna”, soprattutto dopo che a maggio molti palestinesi avevano messo da parte le differenze per unirsi nelle proteste contro i bombardamenti israeliani della Striscia di Gaza durati 11 giorni e contro le espulsioni forzate di palestinesi nella Gerusalemme est occupata.

In questo momento si vedono di nuovo i palestinesi divisi,” ha detto ad Al Jazeera.

Ad essere onesti, sono preoccupato per la gente qui.”

Jabareen ha affermato che molti degli uomini in borghese che domenica hanno aggredito i giornalisti erano membri delle forze di sicurezza.

Non sono civili. Sono membri della sicurezza,” ha detto Jabareen.

Fadi Quran, uno storico attivista di Avaaz [ong che promuove cause ambientali e a favore dei diritti umani, ndtr.], era presente alle proteste di domenica e anche lui afferma che “teppisti” dell’ANP hanno aggredito manifestanti e giornalisti e molestato sessualmente donne che partecipavano al corteo.

Quello che è successo è estremamente pericoloso e doloroso, tutto perché essi temono la mobilitazione popolare contro Mahmoud Abbas e l’ANP, che continuano a collaborare con l’occupazione e a opprimere il popolo palestinese,” ha affermato.

L’ANP si coordina con Israele sulla sicurezza e su questioni civili.

La gente non dovrebbe vedere Israele e l’ANP come entità separate, l’ANP come entità è un subappaltante dell’occupazione,” ha detto Quran.

Nel contempo, ha affermato un iscritto al suo partito, Nasri Abu Jaish, ministro del Lavoro e rappresentante del Partito del Popolo nel governo, domenica ha dato le dimissioni.

Il Partito del Popolo Palestinese, di sinistra, si è ritirato dal governo dell’ANP guidato da Fatah a causa della sua “mancanza di rispetto per le leggi e le libertà pubbliche,” ha affermato Issam Abu Bakr, membro del partito.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




I medici palestinesi lottano in prima linea per salvare vite

Redazione di Al Jazeera

15 giugno 2021 – Al Jazeera

Forze israeliane e coloni prendono di mira i manifestanti palestinesi e i medici che cercano di salvarli.

Niilin, Cisgiordania occupata. Bassem Sadaqa indica il foro di una pallottola nella portiera dell’autista dell’ambulanza che lui guida, prova tangibile di quello che, secondo lui, è un evento normale per i medici palestinesi che sono “regolarmente presi di mira” dalle forze israeliane.

Lui ha cinque figli, vive a Niilin e da vent’anni fa il paramedico per la Mezzaluna Rossa palestinese (PRCS).

In un primo momento ho pensato che l’ambulanza fosse stata colpita da pietre, ma poi ho visto il foro. Lo sparo non è stato uno sbaglio, i soldati israeliani hanno preso di mira l’ambulanza mentre io ero proprio lì vicino. Inoltre non è stata la prima volta che le ambulanze che ho guidato sono state prese di mira.”

Il giorno in cui è successo Sadaqa era in prima linea con i suoi colleghi medici palestinesi che lottano per salvare vite e trasportare i manifestanti feriti verso gli ospedali che distano mezz’ora d’auto.

Gli abitanti dei villaggi palestinesi stavano protestando contro l’insediamento illegale dell’ennesimo avamposto sulla terra del loro villaggio quando sono stati fronteggiati da coloni israeliani in uno scontro che ha causato violenza e molti feriti.

Niilin è un villaggio agricolo con oltre 6.000 abitanti che si guadagnano da vivere principalmente coltivando la terra, situata 17 km a occidente di Ramallah, la città principale della Cisgiordania occupata.

Qui la gente lotta per non perdere la terra rimasta al villaggio dopo gli espropri conseguenti a insediamenti e avamposti illegali israeliani che avanzano sempre di più e che ora li hanno circondati con le colonie illegali israeliane di Nili e Na’ale a nordest e Modi’in Illit a sud.

Negli accordi di Oslo del 1993, stipulati fra il governo israeliano e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, il 93% della superficie del villaggio, 15.000 dunam (1500 ettari), era stato designato come Area C, corrispondente al 60% della Cisgiordania, sotto il totale controllo di Israele.

Israele limita le costruzioni dei palestinesi nella maggior parte dell’Area C mentre riserva l’area all’espansione delle colonie, illegali secondo il diritto internazionale.

Aumento dell’uso di munizioni vere’

Recentemente un venerdì, la giornata in cui in genere si svolgono le proteste in Cisgiordania, Al Jazeera ha accompagnato un’ambulanza guidata dai paramedici Ziad Abu Latifa, 50 anni, del campo profughi di Qalandiya (Gerusalemme) e Said Suleiman, 40 anni, del villaggio di al-Midya, vicino a Niilin.

Un colono di un avamposto nelle vicinanze aveva spostato la sua mandria a pascolare su terra palestinese, innescando due giorni di proteste durante i quali gruppi di coloni hanno invaso il villaggio, incendiato i campi e danneggiato veicoli appartenenti a palestinesi che a centinaia si sono riuniti nel tentativo di respingerli.

Uno dei feriti è il sindaco di Niilin, Emad Khawaja, ferito a una gamba da truppe israeliane.

Il primo giorno degli scontri sono state ferite undici persone con munizioni vere, quattro il secondo giorno. Recentemente abbiamo notato un incremento nell’uso di questo tipo di munizioni contro i manifestanti,” ha detto Khawaja ad Al Jazeera.

La pallottola resterà nella gamba per tutta la mia vita perché tentare di estrarla causerebbe un danno maggiore.”

Mentre il numero dei feriti sale, proprio quest’ambulanza correva a rotta di collo lungo le strette strade tutte a curve, su per le colline e giù nelle valli, facendo due viaggi, avanti e indietro, da Niilin all’ospedale di Ramallah.

Abu Latifa, con otto figli, è paramedico da cinque anni e un volontario della PRCS da 17, dice ad Al Jazeera che, sebbene il suo lavoro sia pericoloso e stressante, pensa di star aiutando come meglio può dopo essere stato testimone in prima persona delle ferite inflitte ai palestinesi nel corso degli anni e della carenza di cure mediche adeguate a loro disposizione.

Quando ho partecipato alle proteste durante la prima Intifada con ossa fratturate sono stato abbandonato sul ciglio della strada da soldati israeliani prima che un automobilista di passaggio mi portasse in ospedale, dove sono rimasto privo di sensi per due giorni,” ha detto Abu Latifa.

Durante la prima Intifada, dal 1987 al 1993, Yitzhak Rabin, il defunto primo ministro israeliano aveva ordinato ai soldati israeliani di spezzare braccia e gambe dei palestinesi per impedire loro di lanciare pietre durante le proteste che si erano allargate nella Cisgiordania e a Gaza, una decisione che aveva provocato lo sdegno internazionale.

Quella è stata la motivazione che mi ha spinto a studiare per diventare paramedico e poter prestare i primi soccorsi alle persone e trasportarle in ospedale,” spiega Abu Latifa.

Un soldato mi ha colpito alla testa con il calcio del fucile’

Sadaqa dice che mentre presta servizio sul campo cerca di stare calmo, di ignorare lo stress e di concentrarsi sulla cura dei suoi pazienti per quanto possibile date le circostanze.

Uno degli altri problemi che affrontiamo è quello dei soldati che rifiutano di permettere alle ambulanze di avvicinarsi a coloro che sono gravemente feriti o che le fermano mentre cercano di trasportare i feriti in ospedale, talvolta portando via i nostri pazienti dalle ambulanze,” afferma.

Non è solo ad aver vissuto questo tipo di situazioni.

Una delle peggiori esperienze di Abu Latifa è stata quando stava cercando di raggiungere un manifestante palestinese nel villaggio di Nabi Saleh, vicino a Ramallah, a cui una pallottola era uscita dal collo dopo aver attraversato il fianco.

Il giovane era stato ferito da lontano mentre i soldati israeliani stavano reprimendo una protesta sul terreno del villaggio, ma le truppe hanno impedito ai paramedici di avvicinarsi al ragazzo gravemente ferito che in seguito è morto.

È particolarmente difficile viaggiare di notte per trasportare i pazienti quando non c’è nessuno in giro e non ci sono giornalisti sul posto a testimoniare quello che sta succedendo,” riferisce Abu Latifa.

Recentemente sono andato al villaggio Kubar, vicino a Ramallah, per portare via un giovane che era stato ferito a una gamba dai soldati. Ma mentre cercavo di caricarlo su un’ambulanza, un soldato mi ha colpito in testa con il calcio del suo M-16 (fucile d’assalto).

Poi ho telefonato in centrale e dopo un’ora di negoziati con l’ufficiale di collegamento israeliano ci è stato permesso di evacuare il paziente.”

Mentre il sole tramonta, il turno di Abu Latifa e Suleiman finisce, l’ambulanza ritorna a Ramallah con i paramedici esausti, soddisfatti di aver fatto del loro meglio per salvare delle vite.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Israele-Palestina: pestaggi, arresti e grida di “morte agli arabi” durante la marcia dell’estrema destra nella Città Vecchia di Gerusalemme

Shady Giorgio da Gerusalemme

15 giugno 2021 – Middle East Eye

La polizia israeliana ha chiuso la simbolica Porta di Damasco e ha picchiato e arrestato i palestinesi nel corso del corteo per due volte posticipato

Martedì la polizia israeliana ha picchiato e arrestato dei palestinesi dopo aver chiuso la Porta di Damasco per far posto agli israeliani che si radunavano per l’inizio di una provocatoria marcia nazionalista attraverso la città vecchia della Gerusalemme est occupata.

La cosiddetta marcia della bandiera si è tenuta martedì dopo essere stata annullata nei giorni in cui le ripetute azioni repressive israeliane nella moschea di al-Aqsa e la minaccia di espulsione delle famiglie palestinesi stavano causando dei tumulti a Gerusalemme.

Prima della marcia, dopo aver chiuso alcune strade e la Porta di Damasco, la polizia israeliana ha arrestato a Gerusalemme dei palestinesi. I video pubblicati su Twitter mostrano agenti israeliani che picchiano un palestinese sui gradini della Porta di Damasco.

La Mezzaluna Rossa ha riferito che durante gli scontri con le forze dell’ordine israeliane nella zona della Città Vecchia sono rimaste ferite 27 persone, di cui tre a causa di proiettili d’acciaio ricoperti di gomma, uno dopo essere stato picchiato e un altro colpito da una granata stordente. Due persone sono state ricoverate.

Le autorità hanno picchiato i venditori che lavoravano nei negozi vicini alla Porta di Damasco e li hanno allontanati dalla Città Vecchia. L’area intorno alla Porta è stata isolata nel primo pomeriggio di martedì, fatta eccezione per i giornalisti, con diverse barriere erette per favorire il passaggio della marcia dei coloni.

Grida di “morte agli arabi”

All’inizio della marcia più di mille israeliani si sono radunati nella piazza della Porta di Damasco sventolando bandiere nazionali e cantando gli inni del movimento dei coloni.

I video pubblicati sui social media mostrano gli israeliani che sventolano bandiere e gridano “morte agli arabi”.

Alcuni di loro hanno issato sulle loro spalle Itamar Ben-Gvir, il parlamentare di estrema destra e alleato di Benjamin Netanyahu, e Bezalel Smotrich, leader della fazione Sionismo Religioso di estrema destra.

Prima della marcia le autorità israeliane hanno alzato il livello di allerta nel Paese, rinforzando lo schieramento di forze di polizia e di militari vicino alla Striscia di Gaza sotto assedio e nelle città israeliane con popolazione mista ebrea e palestinese.

Martedì pomeriggio sono stati lanciati da Gaza in Israele alcuni palloni incendiari e sono stati segnalati 20 incendi lungo il confine con Gaza.

Inoltre, in previsione di una possibile escalation a Gaza, le autorità israeliane hanno dirottato verso la “Rotta del Nord” i voli in entrata e in uscita da Israele.

La marcia si è svolta lungo le mura della Città Vecchia dalla Porta di Damasco alla Porta di Giaffa, prima di dirigersi verso il Muro Occidentale.

Contro manifestazioni palestinesi hanno avuto luogo a Gerusalemme e in città israeliane con un numero significativo di palestinesi, in seguito all’invito da parte di alcune organizzazioni palestinesi ad una “giornata della rabbia” in segno di denuncia contro la marcia dell’estrema destra.

Nella città di Gaza alcuni manifestanti hanno dato fuoco a immagini dell’ex leader Netanyahu e del suo successore appena nominato, il nazionalista ebreo favorevole al colonialismo ed informatico milionario Naftali Bennett.

Il primo test del nuovo governo

La Marcia della Bandiera si tiene solitamente in occasione del Giorno di Gerusalemme, che segna la conquista e la successiva occupazione di Gerusalemme Est da parte di Israele nella guerra mediorientale del 1967.

La marcia riunisce generalmente migliaia di giovani religiosi israeliani di estrema destra, che intonano slogan anti-palestinesi e sventolano bandiere israeliane mentre attraversano le stradine della Città Vecchia di Gerusalemme est.

Il percorso della Marcia della Bandiera, inizialmente programmata per il 10 maggio, è stato deviato dal luogo critico della Porta di Damasco in seguito alle proteste palestinesi contro la prevista espulsione forzata dei palestinesi dal quartiere di Sheikh Jarrah e i violenti attacchi delle forze israeliane alla moschea di al-Aqsa.

Quel giorno la marcia è stata annullata in seguito al suono delle sirene quando Hamas ha lanciato da Gaza quattro razzi verso Gerusalemme dopo che Israele aveva ignorato il suo ultimatum che chiedeva il ritiro delle forze israeliane da al-Aqsa.

Nei successivi 11 giorni l’esercito israeliano e Hamas si sono impegnati in una guerra che avrebbe causato 248 morti a Gaza e 13 in Israele.

La marcia è stata successivamente riprogrammata per il 10 giugno, ma ancora una volta rinviata in seguito alla minaccia da parte di Hamas di una ripresa delle ostilità nel caso in cui avesse avuto luogo.

La nuova data per la marcia è stata stabilita l’8 giugno dal gabinetto dell’allora primo ministro Benjamin Netanyahu, che domenica è stato destituito dal parlamento israeliano dopo 12 anni trascorsi nella carica di primo ministro.

La Marcia della Bandiera sarà il primo test per il fragile governo di coalizione di Bennett, messo insieme dal centrista laico Yair Lapid, un ex presentatore televisivo, e comprendente otto partiti, che vanno da Yamina di Bennett, di estrema destra, al partito laburista di sinistra e a un partito islamista che rappresenta parte dei cittadini palestinesi di Israele.

Anche se Bennett è un membro di spicco dell’estrema destra israeliana, Netanyahu ha etichettato il nuovo governo come un “pericoloso” governo di “sinistra” e lo ha accusato di essere “la più grande frode elettorale nella storia” di Israele.

Una provocazione contro la nostra gente

I suprematisti ebrei, tra cui il deputato israeliano Itamar Ben-Gvir, hanno nel frattempo promesso di partecipare alla marcia indipendentemente da quanto ne potessero dire il nuovo governo – o i palestinesi.

“Arriverò oggi per partecipare alla parata della bandiera e sventolerò la bandiera israeliana”, ha scritto su Twitter martedì mattina. “Non abbiamo bisogno del permesso di Hamas o della Jihad islamica per marciare nella capitale di Israele”.

marcia come “una provocazione e un’aggressione che dovrà cessare contro il nostro popolo, Gerusalemme e la sua sacralità”.

Lunedì Shtayyeh ha twittato: “Mettiamo in guardia dalle pericolose ripercussioni che potrebbero derivare dall’intenzione della potenza occupante di consentire ai coloni israeliani estremisti di tenere domani la Marcia della Bandiera nella Gerusalemme occupata”.

Ad aprile i coloni israeliani avevano già marciato per le strade della Città Vecchia di Gerusalemme scandendo “morte agli arabi”, scatenando scontri tra palestinesi e polizia militare israeliana, la quale ha impedito ai primi di accedere alla piazza della Porta di Damasco.

L’inviato delle Nazioni Unite per la pace in Medio Oriente, Tor Wennesland, ha invitato “tutte le parti interessate ad agire in modo responsabile e ad evitare qualsiasi provocazione che potrebbe portare a un altro scontro”.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




“Ogni minuto ad Al-Aqsa veniva ferito un altro palestinese “

Amira Hass

31 maggio 2021 Haaretz

La polizia ha sparato due volte al fotografo Abdel-Afo Bassam in quel violento venerdì sul Monte del Tempio. Questa rubrica sceglie di raccontare ciò che è ordinario, che non fa sensazione, che si ripete.

Il dipartimento del ministero della Giustizia che indaga sulle accuse di cattiva condotta della polizia non indagherà sugli spari contro Abdel-Afo Bassam e sul suo ferimento: anche se è successo nel cuore del complesso della moschea di Al-Aqsa; anche se era chiaro che il giovane gerosolimitano stava fotografando; anche se la polizia gli ha sparato due volte; anche se era uno dei cinque fotografi palestinesi a cui la polizia ha sparato nel luogo sacro quel giorno, venerdì 7 maggio. Quel giorno un’altra decina di fotografi sono stati attaccati da agenti di polizia in altri luoghi di Gerusalemme.

Questa rubrica vuole raccontare ciò che è ordinario, che non fa sensazione, che si ripete, ciò che è stato dimenticato nella foga degli eventi più drammatici. E in Israele niente fa meno notizia che sparare a un palestinese che sta fotografando.

Bassam, 28 anni, fotografo freelance che vive nel quartiere palestinese di Beit Hanina a Gerusalemme Est, quel venerdì è arrivato nella piazza di Al-Aqsa verso le 18. “L’atmosfera era tranquilla e piacevole, le famiglie arrivavano da ogni parte. Dal nord, da Gerusalemme e dalla Cisgiordania», mi ha detto due giorni dopo. La guerra scoppiata il giorno successivo ha interrotto il mio progetto originale di scrivere sui fotografi presi di mira e feriti.

“Ho fatto delle foto all’ora di pranzo”, ha detto Bassam. “In seguito mi sono avvicinato a Bab al-Silsila [Porta delle catene, una delle porte di quello che gli ebrei chiamano il Monte del Tempio e i musulmani chiamano Al-Haram al-Sharif]. Ho visto che c’era molta tensione e la gente si era radunata per vedere cosa stava succedendo. Ma la gente continuava a offrirsi reciprocamente cibo. Verso le 20 ho sentito la prima granata stordente esplodere nella piazza. La polizia si è radunata a Bab al-Silsila, come se avesse intenzione di fare irruzione. Penso che i giovani abbiano lanciato loro bottiglie di plastica vuote, forse pomodori, per cercare di impedire l’irruzione. Non credo che si siano lanciate pietre”, ha raccontato Bassam.

Se la polizia individua poche persone che stanno commettendo crimini, non ti aspetti che attacchi l’intera piazza piena di decine di migliaia di persone, comprese donne e bambini, giusto? Ma hanno attaccato. La chiamata alla preghiera è iniziata circa mezz’ora dopo la prima granata stordente. E anche prima, e fino alla preghiera notturna, i membri del Waqf [fondazione religiosa islamica] hanno gridato dagli altoparlanti, hanno pregato la polizia di non fare irruzione e hanno chiesto alle persone di mostrare moderazione.

Mi hanno sorpreso le granate stordenti che la polizia ha lanciato sulla piazza e il gran numero di militari che hanno fatto irruzione. In modo aggressivo, sparando alle persone con proiettili di metallo dalla punta di gomma – proprio così, in tutte le direzioni. Ho fotografato il primo ferito: indossava una maglietta rossa, era steso a terra. Pochi secondi dopo sono stato colpito al braccio destro. Guarda, c’è ancora il segno sul braccio, tondo come il proiettile. Sono caduto e dei giovani mi hanno portato in clinica.

Eravamo solo in due, il ragazzo con la maglia rossa e io. E poi, nel giro di meno di 10 minuti, nella clinica non c’era più posto. All’interno c’erano almeno 20 feriti. Alcuni avevano ferite alla testa. Ricordo di aver visto un ragazzo, tre o quattro vecchi e una donna che venivano curati. Ero ancora un po’ stordito. I medici hanno messo del ghiaccio nel punto in cui sono stato colpito. Ho preferito andarmene, per far posto a chi aveva ferite peggiori delle mie. Sono rimasto fuori e non potevo credere che stesse accadendo ciò che stava accadendo. Ogni centimetro era pericoloso.

Gli scontri continuavano, ho cercato un posto un po’ sicuro. Ma la sparatoria proseguiva, non c’era minuto senza che una o più persone fossero ferite. I medici lavoravano senza sosta. Ho fotografato persone in fuga verso la Cupola della Roccia (che di solito è destinata a donne e bambini). C’erano altri quattro o cinque fotografi accanto a me e ho visto la polizia che ci puntava i fucili.

Il soldato che mi ha sparato era a circa 50 metri da me. Ero con la mia macchina fotografica, di fronte a lui, in qualche modo ho girato la testa nel momento in cui ha premuto il grilletto e sono stato colpito sotto la scapola destra, alla schiena. Questa volta era uno sparo intenzionale, non casuale”. Poiché il dolore non diminuiva, Bassam è stato visitato e ha scoperto di avere una costola rotta.

Se non mi fossi voltato, mi avrebbe colpito in un punto più vulnerabile. Ho sentito dalle squadre della Mezzaluna Rossa [la Croce Rossa araba, ndtr.] che tre persone hanno perso gli occhi nella sparatoria di quel giorno. Il gran numero di feriti (205) non è un caso.

Sono caduto di nuovo e mi hanno riportato in clinica. Il dolore era peggiore della prima volta e la clinica era più affollata di prima. Ci sono voluti circa 10 minuti prima che i medici avessero tempo per me. Di nuovo mi hanno messo del ghiaccio sulla ferita e sono andati a prendersi cura degli altri: molti erano stati feriti da schegge di granate stordenti e sanguinavano.

Ho visto un ragazzo colpito al petto da un proiettile che sanguinava dalla bocca. Non potevo andarmene, perché continuavano a sparare. Questa volta sono rimasto per circa mezz’ora. Sono uscito e non ho potuto fare foto. Sono stato sorpreso a vedere che la piazza era vuota, solo agenti di polizia ovunque che correvano come pazzi, e tutti i cancelli di uscita dalla piazza erano chiusi, quindi i restanti fedeli non potevano andarsene. La polizia ha chiuso le porte della moschea orientale [la principale] con le catene.

Sono entrato nella Cupola della Roccia, come altri uomini che c’erano entrati per trovare riparo. La gente bloccava le porte in modo che la polizia non facesse irruzione. Ma la polizia ha lanciato granate stordenti alle porte e un poliziotto ha gridato chiedendo a tutti di uscire. Ero vicino alla porta, ho sentito un membro del servizio d’ordine del Waqf dire a un poliziotto: “Dammi cinque minuti e usciranno tutti”. Il poliziotto ha detto: “Un minuto”. Questo ha davvero spaventato la gente, le donne hanno iniziato a gridare, altri sedevano e leggevano il Corano e piangevano. Sono rimasto lì tutta la notte, sveglio, ho recitato la preghiera dell’alba e sono tornato a casa, stanco morto”.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Rapporto OCHA del periodo 13 – 26 aprile 2021

Nella città di Gerusalemme, nel corso di molteplici episodi di violenza, sono rimasti feriti almeno 166 palestinesi e 20 israeliani, tra civili ed agenti di polizia.

In scontri quotidiani, i palestinesi hanno lanciato pietre e bottiglie incendiarie e le forze israeliane hanno sparato lacrimogeni, granate sonore e proiettili di gomma. La violenza è stata particolarmente intensa il 22 aprile, dopo che civili israeliani avevano marciato verso la Porta di Damasco della Città Vecchia, cantando slogan anti-arabi e scontrandosi con palestinesi prima che entrambi i gruppi venissero dispersi dalle forze israeliane. Attacchi sparsi, sia ad opera di palestinesi che di civili israeliani, hanno incluso aggressioni fisiche, lancio di pietre ed incendio di automobili. Gli eventi si sono estesi alla maggior parte dei governatorati della Cisgiordania ed a Gaza, lungo la recinzione perimetrale con Israele (vedi più avanti). A Gerusalemme, 208 palestinesi, tra cui sette minori, sono stati arrestati, anche a seguito di segnalazioni di aggressione contro israeliani. Gli episodi di violenza sono iniziati il 13 aprile, la prima notte del Ramadan, dopo che le autorità israeliane avevano installato barriere metalliche fuori dalla Porta di Damasco, bloccando l’accesso a un’area pubblica dove, tradizionalmente, nel mese di Ramadan, i palestinesi si riuniscono la sera, dopo la l’interruzione del digiuno. La calma è ritornata il 25 aprile, quando le autorità israeliane hanno rimosso le barriere metalliche.

Nella Striscia di Gaza, a quanto riferito in collegamento con gli eventi di Gerusalemme, gruppi armati palestinesi hanno lanciato circa 45 razzi contro Israele. Sono seguiti attacchi aerei e bombardamenti israeliani sulla Striscia: una fattoria è stata danneggiata. Fonti israeliane hanno riferito che i razzi sarebbero stati lanciati per tre notti di seguito, tra il 23 e il 25 aprile: quattro persone, tra cui una donna incinta, hanno riportato lesioni cadendo mentre correvano verso i rifugi. Secondo quanto riferito, il lancio di razzi ha danneggiato un numero non precisato di edifici e veicoli. Il 25 aprile le autorità israeliane hanno ridotto, da 15 a 9 miglia nautiche, la zona di pesca consentita al largo della costa meridionale di Gaza; tra il 26 e il 28 aprile hanno vietato la navigazione a qualsiasi distanza dalla costa.

Sempre in relazione con gli eventi di Gerusalemme, centinaia di palestinesi di Gaza hanno partecipato a proteste notturne vicino alla recinzione israeliana che perimetra la Striscia. I manifestanti hanno bruciato pneumatici, lanciato pietre e si sono avvicinati alla recinzione; le forze israeliane hanno risposto con fuoco di avvertimento, ma non sono state riportati ferimenti. Secondo fonti israeliane, da Gaza verso Israele sarebbero stati lanciati anche palloni incendiari, senza causare danni.

Oltreché in Gerusalemme Est, in Cisgiordania 31 palestinesi sono stati feriti dalle forze israeliane [seguono dettagli]. Ventiquattro di essi, tra cui un bambino di tre anni, sono rimasti feriti in manifestazioni che, in solidarietà con le proteste di Gerusalemme, si sono svolte nelle città di Tulkarm, Betlemme e Al Bireh, e nei villaggi di Deir Sharaf e Al Lubban ash Sharqiya. Quattro persone sono rimaste ferite nel villaggio di Kafr Qaddum (Qalqiliya) durante una protesta settimanale contro le attività di insediamento [colonico]; due in un’operazione di ricerca-arresto nel Campo Profughi di Aqbet Jaber; una ad At Tuwani (Hebron), negli scontri con coloni israeliani accompagnati da forze israeliane. Dei feriti, sedici sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeno, sei sono stati colpiti da proiettili di gomma, cinque sono stati colpiti con proiettili veri e quattro sono stati aggrediti fisicamente.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno effettuato 66 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 43 palestinesi. Di queste, 14 operazioni si sono svolte nel governatorato di Hebron e 12 in quello di Nablus.

In aree di Gaza adiacenti alla recinzione perimetrale e in mare, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento in almeno 18 occasioni, secondo quanto riferito, per far rispettare le restrizioni di accesso [imposte ai palestinesi]. In altre tre occasioni, le forze israeliane hanno effettuato la spianatura di terreni prossimi alla recinzione. Non sono stati segnalati feriti.

Per mancanza di permessi edilizi, le autorità israeliane hanno confiscato due strutture nella Comunità di Susiya (Hebron), compromettendo il sostentamento di una famiglia di otto persone. Il calo delle demolizioni e delle confische a cui si è assistito nelle ultime settimane è in linea con la prassi attuata, in precedenti anni, durante il mese di Ramadan (ad eccezione del 2020, quando furono prese di mira circa 40 strutture). Ad Al Walaja (Betlemme), sulla base del fatto che l’area era stata dichiarata [da Israele] “terra di stato”, le forze israeliane hanno distrutto con bulldozer 120 ulivi e mandorli di proprietà palestinese, oltre a terrazzamenti.

In Cisgiordania, oltre quanto accaduto nella città di Gerusalemme, coloni israeliani, noti o ritenuti tali, hanno ferito un palestinese e danneggiato decine di alberi di proprietà palestinese [seguono dettagli]. L’uomo ferito stava lavorando la sua terra vicino al villaggio di Al Khader (Betlemme) quando è stato attaccato, secondo quanto riferito, da una guardia di sicurezza di insediamenti colonici. Un altro uomo è stato aggredito fisicamente, ma non ferito, a Huwwara (Nablus). Circa 90 ulivi sono stati danneggiati in quattro diverse località; in altre tre località sono stati vandalizzati oltre 10 ettari di raccolti stagionali e, a quanto riferito, ulteriori danni sono stati arrecati a una casa in costruzione, a recinzioni, a muri di sostegno, a un cancello agricolo, oltre che a strutture idriche e ad automobili. A Wadi as Seeq (Ramallah), coloni israeliani hanno attaccato pastori palestinesi, provocando la morte di due pecore. A Mughayir al Abeed, coloni hanno lanciato pietre contro palestinesi, costringendoli a lasciare l’area, quindi hanno installato due tende ed hanno occupato una grotta per sette giorni, prima che le forze israeliane smontassero le tende e li costringessero ad uscire.

Inoltre, in Cisgiordania, oltre agli episodi riferiti alla città di Gerusalemme, palestinesi, noti o ritenuti tali, hanno causato danni a otto veicoli israeliani lanciando pietre. Gli episodi sono stati riportati da fonti israeliane.

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Ultimi sviluppi (successivi al periodo di riferimento)

Il 29 aprile Israele ha rimosso le restrizioni, in vigore dal 25 aprile, relative alla zona di pesca consentita al largo della costa di Gaza [vedi sopra, al secondo paragrafo].

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nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




“Morte agli arabi”. Scoppia il caos a Gerusalemme dopo un corteo dell’estrema destra

Redazione di MEE

22 aprile 2021 – Middle East Eye

Forze israeliane lanciano lacrimogeni contro manifestanti palestinesi radunati alla Porta di Damasco dopo una settimana di attacchi anti-palestinesi

Martedì centinaia di militanti di estrema destra e antipalestinesi sono scesi in piazza nella Città Vecchia di Gerusalemme scandendo “Morte agli Arabi” mentre protestavano nel centro della città.

Il corteo, guidato da Lehava, un’associazione israeliana di estrema destra, è stato organizzato con lo slogan “ripristinare la dignità ebraica” a Gerusalemme.

Ciò è avvenuto dopo una settimana di violente aggressioni in aumento contro cittadini palestinesi di Israele nella Città Vecchia. Il giornale israeliano Haaretz ha informato che l’impennata di violenze contro i palestinesi è iniziata dopo che è stato postato su TikTok il video di un ebreo ultra-ortodosso schiaffeggiato, apparentemente a caso, sulla metropolitana leggera di Gerusalemme.

In seguito a ciò due diciassettenni palestinesi sono stati arrestati.

Giovedì contromanifestanti palestinesi si sono radunati presso la Porta di Damasco di Gerusalemme, il principale punto di accesso utilizzato dai palestinesi per entrare oltre le mura della Città Vecchia.

Le forze di sicurezza israeliane hanno tentato di impedire che il corteo antipalestinese raggiungesse i contro-manifestanti, ma secondo quanto riportato da Haaretz alla fine le forze di sicurezza hanno iniziato a lanciare lacrimogeni contro gli attivisti palestinesi, cercando di disperdere la folla, mentre hanno utilizzato poliziotti a cavallo per respingere gli attivisti israeliani di estrema destra.

Immagini che circolano sulle reti sociali mostrano la polizia e centinaia di dimostranti che corrono per le strade mentre in sottofondo rimbombano petardi o granate assordanti.

Secondo l’Associated Press [agenzia di notizie USA, ndtr.] il servizio di pronto soccorso della Mezzaluna rossa palestinese ha affermato che 32 palestinesi sono rimasti feriti, di cui 12 ricoverati in ospedale.

Secondo Haaretz organizzazioni israeliane di estrema destra hanno usato gruppi WhatsApp per chiedere ai manifestanti di portare armi, postando istruzioni su come evitare di essere arrestati.

Il giornale ha informato che in una chat di gruppo organizzata dall’organizzazione di estrema destra La Familia [formata dagli ultras della squadra di calcio di Gerusalemme Beitar, ndtr.], un utente ha scritto: “Bruciare gli arabi oggi, le molotov sono già nel portabagagli…per come la vedo io, oggi muore un arabo.”

In un video postato su Twitter i giovani israeliani sono stati filmati mentre lanciavano tubi e altri oggetti contundenti nelle case di abitanti palestinesi della Città Vecchia.

Giovedì mattina un ebreo ha spruzzato uno spray urticante in faccia a una donna palestinese e il conducente di un’auto con bandiera israeliana ha sparato qualche raffica di arma da fuoco nei pressi del ministero della Giustizia israeliano.

Lo slogan “Morte agli Arabi” utilizzato durante il corteo è una costante durante le proteste organizzate da Lehava, meglio nota per il suo uso di minacce, soprusi e violenze per impedire che israeliani e palestinesi si fidanzino o persino che siano amici o colleghi di lavoro.

Benché i palestinesi rappresentino circa il 20% della popolazione israeliana e le due comunità vivano una vicino all’altra in città come Gerusalemme, l’ostilità è in aumento.

In febbraio uno studio approfondito dell’Università Ebraica di Gerusalemme ha mostrato che il 66% degli ultraortodossi, il 42% degli israeliani credenti e il 24% dei laici “odia gli arabi”. Il termine “arabi” è usualmente utilizzato in Israele come un modo per negare l’esistenza dei palestinesi e della Palestina storica.

Lo stesso studio ha rilevato che il 49% degli israeliani credenti e il 23% dei laici appoggia l’idea di togliere il diritto di voto ai palestinesi all’interno di Israele.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Rapporto OCHA del periodo 16 – 29 marzo 2021

Il 19 marzo, durante una protesta settimanale svolta vicino al villaggio di Beit Dajan (Nablus), un palestinese di 45 anni, che stava lanciando pietre contro le forze israeliane, è stato colpito con arma da fuoco ed ucciso.

A quanto riferito, i soldati coinvolti sarebbero stati chiamati a rapporto. Con questa uccisione sale a tre il numero di palestinesi uccisi dalle forze israeliane in Cisgiordania dall’inizio dell’anno. Nei pressi di Beit Dajan, dieci persone sono rimaste ferite nel corso di proteste che, da sei mesi, si svolgono ogni venerdì contro la costruzione di un nuovo avamposto colonico su un terreno di proprietà del villaggio.

In Cisgiordania, oltre ai dieci di cui sopra, altri 53 palestinesi sono stati feriti dalle forze israeliane: quarantatré in scontri occorsi nel quartiere Kafr ‘Aqab di Gerusalemme Est; cinque a Beit Ummar (Hebron) e Bir Nabala (Gerusalemme), in due operazioni di ricerca-arresto; quattro a Kafr Qaddum (Qalqiliya), nelle proteste settimanali contro l’espansione degli insediamenti; uno nell’area di Tulkarm, mentre cercava di entrare in Israele attraverso una delle brecce nella Barriera. Dei [63]feriti complessivi, 40 sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeni, 16 sono stati colpiti da proiettili di gomma e sette sono stati aggrediti fisicamente o colpiti da candelotti lacrimogeni. Inoltre, a Gerico, un pastore palestinese è rimasto ferito dall’esplosione di un residuato bellico che stava maneggiando.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno effettuato 128 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 115 palestinesi, compresi cinque minori. Il governatorato di Ramallah ha registrato il maggior numero di operazioni (27), seguito da Tulkarm (21) ed Hebron (18). A Beit Kahil (Hebron), in una sola un’operazione sono stati arrestati 21 palestinesi.

L’ingresso dei palestinesi nell’Area [residenziale chiusa] H2 della città di Hebron è risultato rallentato per lunghi periodi a causa della reintroduzione, da parte delle forze israeliane, di pesanti restrizioni al checkpoint di accesso al quartiere Tel Rumeida. Al checkpoint, le forze israeliane hanno imposto ai residenti palestinesi di passare attraverso i metal detector; tale disposizione non era più in uso da diversi anni.

In Area C e in Gerusalemme Est, citando la mancanza di permessi edilizi, le autorità israeliane hanno demolito o sequestrato 26 strutture di proprietà palestinese, sfollando 34 persone, di cui 15 minori, e creando ripercussioni su circa 40 [seguono dettagli]. Il 17 marzo, in quattro Comunità dell’Area C, sono state prese di mira ventidue strutture, comprese otto tende sequestrate a Khirbet Tana (Nablus), sfollando 18 persone. Nella Comunità beduina di An Nuwei’ma Al Fauqa (Gerico), sono state demolite 11 case disabitate: 21 persone ne sono state colpite. A Gerusalemme Est sono state demolite quattro strutture, di cui tre ad opera dei proprietari: dodici le persone sfollate.

Coloni israeliani, noti o ritenuti tali, hanno ferito due palestinesi e danneggiato alcune centinaia di alberi di proprietà palestinese. Entrambi i palestinesi feriti sono stati aggrediti fisicamente, uno vicino alla Comunità di Susiya (Hebron) e l’altro vicino ad Al Khader (Betlemme), mentre lavorava la propria terra. Residenti nei villaggi di Jalud, Khirbet Sarra e Tell in Nablus, e Ras Karkar e Deir Nidham in Ramallah, hanno riferito che erano stati vandalizzati circa 300 alberi e alberelli [citati sopra]. A Beit Iksa (Gerusalemme) e Kafr ad Dik (Salfit), persone note come coloni, o ritenuti tali, hanno vandalizzato una casa, tre strutture agricole e tre veicoli. Ancora coloni, nella zona di Al Baq’a (Hebron), hanno iniziato a devastare con bulldozer terra privata palestinese. Nei pressi di Tubas coloni hanno bloccato una sorgente, impedendone l’accesso ai pastori palestinesi. A Tuqu’ e Kisan (Betlemme) coloni hanno eretto tende su terreni appartenenti a residenti dei villaggi. A Kisan, alla fine, hanno rimosso le tende, e a Tuqu’ le autorità israeliane hanno ordinato loro di rimuoverle entro il 4 aprile.

Autori, ritenuti palestinesi, hanno colpito con pietre veicoli israeliani in viaggio su strade della Cisgiordania: secondo fonti israeliane dieci veicoli hanno subito danni.

In aree di Gaza adiacenti alla recinzione perimetrale o al largo della costa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco d’avvertimento in almeno 17 occasioni, presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso [imposte ai palestinesi]; non sono stati registrati feriti. In due occasioni, le forze israeliane hanno spianato il terreno vicino alla recinzione, all’interno di Gaza; non sono stati segnalati feriti.

Da Gaza è stato lanciato un razzo verso il sud di Israele; a quanto riferito sarebbe caduto in un’area aperta senza provocare feriti o danni. Israele ha compiuto alcuni attacchi aerei che, viene riferito, hanno colpito siti militari a Gaza, causando danni.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

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