Rapporto OCHA del periodo 2 – 15 marzo 2021

Il 7 marzo, a Gaza, al largo della costa di Khan Younis, in una barca palestinese si è verificata un’esplosione che ha provocato la morte di tre pescatori, due fratelli e un loro cugino.

La causa è stata inizialmente attribuita al malfunzionamento di un razzo durante una prova effettuata da gruppi armati palestinesi, che hanno però negato tale ipotesi. A seguito di un’indagine, il Ministero dell’Interno di Gaza ha ipotizzato che i pescatori avessero tirato su con le loro reti un drone israeliano, caduto in mare e contenente esplosivo. Le autorità israeliane hanno negato qualsiasi coinvolgimento nell’episodio.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno ferito sessantadue palestinesi, inclusi nove minori [seguono dettagli]. Quarantuno di loro sono rimasti feriti in scontri verificatisi in cinque villaggi del governatorato di Nablus: da parte palestinese si è ricorso principalmente al lancio di pietre e da parte delle forze israeliane al lancio di lacrimogeni e proiettili di gomma. Sedici persone sono rimaste ferite in altri scontri scoppiati durante quattro operazioni di ricerca-arresto condotte nella città di Al Bireh (Ramallah) e nei Campi profughi di Ad Duheisha (Betlemme), Al Fawwar (Hebron) e Al Am’ari (Ramallah). I rimanenti feriti si sono avuti nei governatorati di Betlemme, Qalqiliya e Gerusalemme, in scontri con lancio di bottiglie incendiarie contro veicoli israeliani, durante una protesta settimanale e durante scontri ad hoc. Complessivamente, 35 palestinesi sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeni, nove sono stati colpiti da proiettili veri, 12 da proiettili di gomma e sei sono stati aggrediti fisicamente. Infine, un pastore palestinese è rimasto ferito per l’esplosione di un residuato bellico che stava maneggiando.

L’8 marzo, a Tubas, nel corso di una operazione di ricerca-arresto, due palestinesi e un soldato israeliano sono rimasti feriti; secondo fonti israeliane, uno dei palestinesi sarebbe stato colpito e arrestato nel corso dell’operazione mentre cercava di accoltellare un soldato. Sempre secondo fonti israeliane, in un altro episodio verificatosi lo stesso giorno, una donna palestinese è stata arrestata in un insediamento avamposto, prossimo al villaggio di Ras Karkar (Ramallah), per aver tentato di accoltellare una colona.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno effettuato 193 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 172 palestinesi, inclusi 15 minori. Il governatorato di Ramallah ha registrato il maggior numero di operazioni (48), seguito dai governatorati di Hebron (37) e Gerusalemme (35).

In aree di Gaza adiacenti alla recinzione perimetrale e in mare, le forze israeliane hanno aperto il fuoco d’avvertimento in almeno 29 occasioni, presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso [imposte ai palestinesi]: due pescatori sono stati feriti, mentre la loro barca ha subito danni. In altre tre occasioni, le forze israeliane [sono entrate in Gaza e] hanno spianato terreni adiacenti alla recinzione. Non sono stati segnalati feriti.

In Area C e Gerusalemme Est, citando la mancanza di permessi di costruzione, le autorità israeliane hanno demolito o sequestrato 26 strutture di proprietà palestinese, sfollando 42 persone, di cui 24 minori, e colpendone in altro modo circa 120 [seguono dettagli]. Diciassette delle strutture interessate e tutti gli sfollamenti sono stati registrati in Area C. Due edifici sono stati demoliti nel villaggio di Ein Shibli (Nablus), sfollando 17 persone, sulla base di “Ordini militari 1797” che consentono la demolizione entro 96 ore dall’emissione di un ordine di rimozione”. I restanti sfollamenti derivano dalla demolizione di quattro case nelle Comunità di At Tuwani e Khallet Athaba a Hebron, e a Beit Jala a Betlemme. Il sostentamento di 20 persone è stato colpito dallo smantellamento di una bancarella per la vendita di ortaggi vicino alla città di Qalqiliya; altre 16 persone sono state colpite dalla demolizione di due case disabitate e dalla confisca di un container metallico a Isteih (Gerico). Due delle nove strutture prese di mira a Gerusalemme Est sono state demolite dal proprietario.

Nel governatorato di Hebron, coloni israeliani, o individui ritenuti tali, hanno ferito sei palestinesi e danneggiato proprietà palestinesi, compresi veicoli e alberi. Quattro dei feriti sono stati aggrediti fisicamente in tre diversi episodi [seguono dettagli]. Due ragazzi, di 13 e 14 anni, sono rimasti feriti in due distinti episodi avvenuti rispettivamente nell’Area H2 della città di Hebron e nella zona di Bir al ‘Idd; in quest’ultimo caso, l’asino che il ragazzo stava cavalcando è stato accoltellato. Un uomo e una donna sono stati aggrediti con mazze vicino al Mantikat Shi’b al Butum: l’uomo ha riportato gravi ferite alla testa. I restanti due feriti erano pastori, aggrediti con pietre e coltelli vicino a Bani Na’im (Hebron); tre delle loro pecore sono state ferite. In diverse altre occasioni a Hebron (Saadet Tha’lah) e Betlemme (Kisan), coloni israeliani hanno scacciato i pastori dalla zona. Almeno 42 alberi e alberelli sono stati sradicati nei villaggi di At Tuwani (Hebron) e Kafr Qaddum (Qalqiliya); inoltre, in quest’ultima località, nel corso dell’episodio citato, sono stati rubati attrezzi agricoli. Palestinesi hanno riferito che, a Yanun (Nablus), coloni hanno pascolato il loro bestiame su terreni appartenenti a palestinesi del villaggio, danneggiando ulivi, mentre a Ein Samiya (Ramallah), hanno aggredito agricoltori che lavoravano la loro terra, danneggiando un trattore. Secondo fonti palestinesi, nei villaggi di Jalud e Huwwara (Nablus) e Kafr ad Dik e Bruqin (Salfit), coloni israeliani hanno danneggiato almeno cinque veicoli, una casa e una struttura agricola.

Il 10 marzo, nel governatorato di Hebron, nei pressi dell’insediamento avamposto di Havat Maon, cinque ragazzi palestinesi di età intorno ai 10 anni, mentre raccoglievano erbe selvatiche, sono stati fermati da coloni. Sono stati poi portati dai soldati alla stazione di polizia di Kiryat Arba, a quanto riferito perché sospettati di aver tentato di rubare dei pappagalli. Sono stati rilasciati in giornata.

In quattro episodi, autori ritenuti palestinesi, hanno colpito con pietre e ferito quattro israeliani: due vicino agli insediamenti di Rimonim (Gerusalemme) e Gush Etzion (Betlemme), un autista entrato accidentalmente ad Al Isawiya (Gerusalemme Est) e un altro all’ingresso del villaggio di Bidiya (Salfit). Secondo fonti israeliane, venticinque veicoli israeliani che transitavano sulle strade della Cisgiordania, sono stati danneggiati da pietre.

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nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Rapporto OCHA del periodo 16 febbraio – 1 marzo 2021

In Cisgiordania sono stati feriti diciassette palestinesi e cinque agenti della polizia di frontiera israeliana

[seguono dettagli]. Tra i palestinesi, un sedicenne è stato colpito dalle forze israeliane con proiettili veri; secondo quanto riferito, il ragazzo camminava vicino alla Barriera, nel villaggio di Saffa (Ramallah). Altri sette palestinesi sono rimasti feriti durante proteste: contro la realizzazione di un insediamento colonico avamposto [cioè, non autorizzato dal Governo israeliano] su terra del villaggio di Beit Dajan (Nablus) e contro l’espansione colonica a Kafr Qaddum (Qalqiliya). Due palestinesi sono rimasti feriti negli scontri scoppiati durante due operazioni di ricerca-arresto condotte nel Campo profughi di Ad Duheisha (Betlemme) e nel villaggio di Abu Shukheidim (Ramallah). Cinque agenti della polizia di frontiera israeliana sono rimasti feriti da pietre nel corso di un loro intervento ad Al ‘Isawiya (Gerusalemme Est). Ad Huwwara (Nablus) e An Nuwei’ma (Gerico), tre palestinesi, tra cui un anziano e un minore, sono stati aggrediti fisicamente dalle forze israeliane. Nel complesso, quattro dei feriti sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeno, quattro sono stati colpiti da proiettili di gomma, tre sono stati aggrediti fisicamente e due sono stati colpiti con proiettili veri. I restanti quattro sono rimasti feriti vicino al villaggio di Ein Yabrud (Ramallah): la loro auto si è schiantata nel corso di un inseguimento ad opera di una jeep militare israeliana.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno effettuato 184 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 158 palestinesi. Il governatorato di Gerusalemme ha registrato il maggior numero di operazioni (60), per la maggior parte in Gerusalemme Est.

In Gaza, vicino alla recinzione perimetrale israeliana o al largo della costa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento in almeno 29 occasioni, presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso [imposte ai palestinesi]. In altre due occasioni, sempre vicino alla recinzione, le forze israeliane [sono entrate nella Striscia ed] hanno svolto operazioni di spianatura del terreno. In un episodio separato, a est di Gaza City, due palestinesi sono rimasti feriti dall’esplosione di un residuato bellico che stavano maneggiando.

Citando la mancanza di permessi edilizi sono state demolite o sequestrate 35 strutture di proprietà palestinese, sfollando 98 persone, di cui 53 minori, e creando ripercussioni su circa 60 [seguono dettagli]. Il 22 febbraio, a Humsa – Al Bqai’a, le autorità israeliane hanno confiscato altre 18 strutture (sia residenziali che per animali) la maggior parte delle quali erano state fornite come risposta umanitaria a precedenti demolizioni e confische; dieci famiglie, comprendenti oltre 60 persone, di cui 36 minori, sono state nuovamente sfollate. Sempre in Area C, ad Al Khadr (Betlemme), una famiglia di sette persone è stata sfollata per la demolizione della loro casa, mentre a Hijra (Hebron) il sostentamento di quattro famiglie è stato compromesso dallo smantellamento delle loro bancarelle per la vendita di ortaggi. Ad Al ‘Isawiya e Ras al’ Amud (Gerusalemme Est), vent’otto persone sono state sfollate a causa della demolizione di tre case da parte delle autorità israeliane (o demolite dagli stessi proprietari, in ottemperanza agli ordini delle autorità).

Coloni israeliani noti, o ritenuti tali, hanno ferito un ragazzo palestinese di 17 anni ed hanno danneggiato proprietà palestinesi, compresi veicoli e alberi. Il ragazzo è stato colpito da pietre e ferito a Sheikh Jarrah (Gerusalemme Est), secondo quanto riferito, da israeliani riunitisi per le celebrazioni [della festività] di Purim. Nello stesso contesto, diverse auto palestinesi che viaggiavano vicino alla Città Vecchia di Gerusalemme e vicino all’insediamento di Yitzhar (Nablus), sono state colpite da pietre e danneggiate. Sempre durante le celebrazioni di Purim, coloni israeliani hanno cercato di fare irruzione in case palestinesi nella Città Vecchia di Hebron. A Ramallah, in tre diversi episodi, sono stati vandalizzate diverse auto palestinesi parcheggiate vicino all’insediamento colonico di Shilo, e due camion a Ein Samiya e Kafr Malik. Fonti palestinesi riferiscono altri quattro episodi, avvenuti in Nablus ed attribuiti a coloni: ad Asira al Qibliya alcune case sono state colpite da pietre ed è stato danneggiato un serbatoio d’acqua; a Burin sono state vandalizzate recinzioni di terreno agricolo; a Jalud sono state rubate sette pecore; a Beit Dajan e Qaryut sono stati sradicati alberelli di olivo. A Ein al Hilwe (Tubas), un pastore ha riferito che un veicolo, presumibilmente guidato da coloni, ha ucciso cinque delle sue pecore. Palestinesi hanno riferito alcuni episodi: ad Al Baqa’a (Hebron), coloni israeliani hanno cercato di impossessarsi di terra palestinese, hanno attaccato pastori a Kisan e un negoziante a Husan (entrambi villaggi di Betlemme), rubando del denaro.

Nella Città Vecchia di Hebron, autori ritenuti palestinesi hanno ferito un ragazzo israeliano di 15 anni. Secondo fonti israeliane, diciotto veicoli israeliani che viaggiavano sulle strade della Cisgiordania sono stati colpiti da pietre e danneggiati.

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Rapporto OCHA del periodo 2 – 15 febbraio 2021

Il 5 febbraio, vicino al villaggio di Ras Karkar (Ramallah, nei pressi di un insediamento colonico avamposto [cioè, non autorizzato dal Governo israeliano] di nuova costruzione, un colono israeliano ha sparato, uccidendo un palestinese 34enne che, secondo fonti militari israeliane, aveva cercato di entrare in una casa dell’avamposto. Successivi scontri a Ras Karkar, villaggio di provenienza dell’uomo, hanno provocato il ferimento di un palestinese e di un soldato israeliano. A Nuba (Hebron), un altro palestinese 25enne è rimasto ucciso dall’esplosione di un ordigno rinvenuto nei pressi della sua casa.

In vari scontri avvenuti in Cisgiordania, sono rimasti feriti settantuno palestinesi e quattro soldati israeliani [seguono dettagli]. Trenta dei palestinesi feriti sono stati curati per aver inalato gas lacrimogeno durante una protesta svolta il 12 febbraio ad Humsa – Al Bqai’a, contro demolizioni e confische. Altri ventisette palestinesi sono rimasti feriti durante proteste: contro la realizzazione di tre insediamenti colonici avamposti su terra palestinese in Kafr Malik, Deir Jarir, Ras at Tin, Al Mughayyir (in Ramallah); contro la realizzazione di un altro [insediamento avamposto] su terreni palestinesi in Beit Dajan (Nablus); contro l’espansione degli insediamenti colonici a Kafr Qaddum (Qalqiliya). Sette palestinesi sono rimasti feriti negli scontri scoppiati durante operazioni di ricerca-arresto condotte nei Campi profughi di Ad Duheisha (Betlemme) e di Jenin, e nel villaggio di Jaba (sempre a Jenin). Altri tre sono rimasti feriti nell’area di Jenin mentre, a quanto riferito, tentavano di entrare in Israele attraverso varchi nella Barriera. Due [palestinesi] sono rimasti feriti ad Al Lubban ash Sharqiya (Nablus), in seguito all’intervento delle forze israeliane richiamate da scontri tra palestinesi e coloni; altri due, vicino al villaggio di Silwad (Ramallah), in circostanze non ancora chiare. Cinquantuno dei feriti sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeni, dieci sono stati colpiti da proiettili di gomma, sei sono stati colpiti da proiettili di armi da fuoco ed i restanti sono stati aggrediti fisicamente o colpiti da bombolette lacrimogene. Quattro soldati israeliani sono rimasti feriti a Beituniya (Ramallah), durante un’operazione di ricerca-arresto.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno effettuato 186 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 172 palestinesi. I governatorati di Gerusalemme, Ramallah ed Hebron sono stati i più coinvolti (in media 28 operazioni ciascuno). In uno degli episodi, accaduto a Hebron, forze israeliane hanno fatto irruzione nel municipio arrestando i dipendenti al lavoro per il turno di notte; sarebbero stati rotti mobili e porte.

A Gaza, vicino alla recinzione israeliana del suo perimetro o in mare, al largo della costa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento in almeno 28 occasioni, presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso [imposte ai palestinesi]. In altre tre occasioni, sempre vicino alla recinzione, le forze israeliane hanno svolto operazioni di spianatura del terreno.

Dopo una chiusura di oltre due mesi, il 1° febbraio, il valico egiziano di Rafah, al confine con Gaza, è stato aperto per quattro giorni consecutivi, in entrambe le direzioni. Il 9 febbraio, le autorità egiziane hanno annunciato che il valico rimarrà aperto in entrambe le direzioni, a tempo indeterminato. Dall’inizio di febbraio sono state registrate 6.373 uscite [da Gaza] e 3.520 ingressi.

Citando la mancanza di permessi di costruzione, sono state demolite o sequestrate 89 strutture di proprietà palestinese, sfollando 146 persone, di cui 83 minori, e creando ripercussioni su almeno 330 [seguono dettagli]. Il 3 e l’8 febbraio, nella Comunità Humsa – Al Bqai’a nella Valle del Giordano, le autorità israeliane hanno demolito 37 strutture, la maggior parte delle quali erano state donate. In ciascuno dei due episodi sono state sfollate sessanta persone, inclusi 35 minori. Questa Comunità, dislocata prevalentemente in un’area destinata all’addestramento militare israeliano, negli ultimi mesi ha subito molteplici demolizioni di massa. Una dichiarazione delle Nazioni Unite, rilasciata il 5 febbraio, ha denunciato che la pressione esercitata sulla Comunità per indurla ad abbandonare il luogo, costituisce un reale rischio di trasferimento forzato. A sud di Hebron, nelle Comunità di Ar Rakeez, Umm al Kheir e Khirbet at Tawamin, sono state sequestrate sette strutture, comprese latrine mobili, compromettendo le condizioni di vita e il sostentamento di 80 persone. Inoltre, ad Al Jalama (Jenin), i mezzi di sussistenza di circa 70 persone sono stati colpiti dalla demolizione di 13 bancarelle adibite alla vendita di bevande. A Gerusalemme Est, sono state demolite sette strutture, di cui quattro ad opera degli stessi proprietari per evitare costi aggiuntivi; una famiglia di quattro persone è stata sfollata.

Inoltre, nel villaggio di Tura al Gharbiya (Jenin), le autorità israeliane hanno demolito, a scopo punitivo, una casa, sfollando 11 persone, tra cui quattro minori. La casa apparteneva alla famiglia di un palestinese accusato di aver ucciso, a dicembre [2020], una donna israeliana. L’anno scorso, con le stesse motivazioni, sono state demolite sette strutture.

Secondo il Ministero dell’Agricoltura palestinese, le autorità israeliane hanno sradicato 1.000 alberelli vicino alla città di Tubas. Erano stati piantati in risposta allo sradicamento di migliaia di alberi, avvenuto il mese scorso nella stessa area, sulla base del fatto che la terra è stata dichiarata [da Israele] “Terra di Stato”.

Coloni israeliani, o persone ritenute tali, hanno ferito quattro palestinesi, compreso un minore, ed hanno danneggiato proprietà palestinesi, compresi alberi [seguono dettagli]. Tre palestinesi sono stati aggrediti fisicamente nel villaggio di Al Lubban ash Sharqiya (Nablus), in due separati scontri con coloni israeliani, mentre un 13enne è stato aggredito fisicamente nell’area di Hebron controllata da Israele (H2). Nel villaggio di Susiya (Hebron), un volontario straniero è stato colpito con pietre e ferito e, nel villaggio di As Samu, altri volontari stranieri e locali sono stati attaccati e derubati da persone ritenute coloni. Secondo fonti palestinesi, oltre 130 ulivi e alberelli sono stati sradicati o abbattuti nelle comunità di Khirbet Sarra (Nablus), Bruqin e Kafr ad Dik (Salfit), in At Tuwani e Bir al ‘Idd (Hebron) e in Al Janiya (Ramallah). A Bruqin sono stati rubati circa 180 pali da recinzione. Inoltre, a Beit Dajan è stata danneggiata una struttura agricola e a Qusra (entrambi a Nablus) è stato dato alle fiamme un veicolo. Un altro veicolo che transitava vicino all’insediamento di Bet El (Ramallah) è stato colpito con pietre e danneggiato. A Qawawis, un pastore ha riferito della morte di sette sue pecore a causa di una sostanza velenosa che egli ritiene sia stata spruzzata da coloni del vicino insediamento di Mitzpe Yair, i quali, egli dice, lo hanno ripetutamente attaccato mentre pascolava le sue pecore. In un altro episodio avvenuto nella zona di Ein ar Rashrash (Ramallah), un pastore ha riferito che un veicolo, verosimilmente guidato da coloni, aveva investito ed ucciso due delle sue pecore. Secondo quanto riferito, a Gerusalemme Est, autori ritenuti coloni israeliani avrebbero danneggiato una telecamera di sorveglianza e una serratura nella chiesa ortodossa rumena.

Secondo fonti israeliane, due israeliani, una ragazza di 14 anni e una donna, in viaggio sulle strade della Cisgiordania, sono stati feriti da autori ritenuti palestinesi. A quanto riferito, trenta veicoli israeliani sono stati danneggiati, prevalentemente colpiti da pietre.

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Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Il 16 febbraio, nella Comunità beduina di Humsa – Al Bqai’a, nella valle del Giordano settentrionale, le forze israeliane hanno confiscato cinque tende di sostentamento finanziate da donatori [correlato ad altri eventi descritti nel 6° paragrafo di questo Rapporto].




Rapporto OCHA del periodo 19 gennaio – 1 febbraio 2021

Secondo quanto riferito, due palestinesi hanno tentato di accoltellare militari israeliani, ma sono stati colpiti con armi da fuoco ed uccisi

[seguono dettagli]. Secondo fonti israeliane, il 26 gennaio, nei pressi dell’insediamento di Ariel (Salfit), un 17enne palestinese è stato ucciso dopo aver tentato di accoltellare una soldatessa israeliana: mentre per i media palestinesi non si tratterebbe di un tentativo di accoltellamento, i media israeliani hanno segnalato che la soldatessa ha dovuto essere curata per lievi ferite. Il 31 gennaio, vicino all’insediamento [colonico] di Gush Etzion (Betlemme), un 36enne palestinese si è avvicinato di corsa a soldati israeliani, tenendo in mano, a quanto riferito, un’arma improvvisata: è stato colpito ed ucciso.

In Cisgiordania, in scontri con le forze israeliane, sono rimasti feriti 25 palestinesi [seguono dettagli]. Sedici di questi feriti si sono avuti nel villaggio di Deir Abu Mash’al (Ramallah), durante un’operazione di ricerca-arresto che ha fatto seguito al ferimento di una 15enne, causato dal lancio di pietre contro veicoli israeliani (vedi ultimo paragrafo). Altri due feriti sono stati segnalati nelle città di Qalqiliya e Tubas, sempre nel contesto di operazioni di ricerca-arresto, e un altro nel villaggio di Zeita (Tulkarm). I restanti sei ferimenti sono avvenuti durante proteste contro le attività di insediamento [colonico] vicino a Kafr Qaddum (Qalqiliya), Beit Dajan (Nablus) e Deir Jarir (Ramallah). Diciannove dei feriti sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeni, tre sono stati colpiti da proiettili di gomma, due sono stati aggrediti fisicamente ed uno è stato colpito da proiettile di arma da fuoco.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno effettuato 159 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 177 palestinesi. Il maggior numero di operazioni (35) è stato registrato nel governatorato di Gerusalemme (prevalentemente a Gerusalemme Est), seguito dal governatorato di Hebron (26).

Il 19 gennaio, da Gaza è stato lanciato un razzo verso Israele; il razzo è caduto in un’area aperta. Successivamente, dalla recinzione perimetrale, le forze israeliane hanno sparato colpi di cannone, a quanto riferito, contro postazioni militari [palestinesi]; tuttavia, un proiettile ha colpito una casa palestinese nel Campo profughi di Al Maghazi, ferendo un uomo e provocando danni.

Vicino alla recinzione israeliana del perimetro di Gaza o in mare, al largo della costa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento in almeno 18 occasioni, presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso [imposte ai palestinesi]: a nord di Beit Lahiya un palestinese è stato ferito. Al valico di Erez, le autorità israeliane hanno arrestato un uomo che accompagnava la moglie a Gerusalemme Est, per cure.

Il 23 gennaio, nella città di Beit Hanoun (Gaza), 47 persone, tra cui 19 minori e 15 donne, sono rimaste ferite a seguito di un’esplosione avvenuta all’interno di una casa. Secondo quanto riferito, la casa apparteneva a un membro di un gruppo armato palestinese e veniva usata per immagazzinare esplosivi. Diverse strutture civili sono state danneggiate, fra queste: 172 abitazioni, tre scuole, un ospedale ed una stazione di polizia. Secondo Shelter Cluster [Organismo internazionale di coordinamento di Agenzie che sostengono le persone colpite da catastrofi naturali e/o conflitti] oltre 1.000 persone hanno subìto conseguenze.

Il 1° febbraio, il valico di Rafah, controllato dall’Egitto, è stato ufficialmente aperto per quattro giorni in entrambe le direzioni. Nei due mesi precedenti era rimasto chiuso.

Citando la mancanza di permessi di costruzione, le autorità israeliane hanno demolito o sequestrato 69 strutture di proprietà palestinese, sfollando 80 persone e creando ripercussioni su circa 600 [seguono dettagli]. Tutte le strutture demolite, tranne una, si trovavano nell’Area C della Cisgiordania. Quarantacinque strutture, circa il 70%, erano in quattro Comunità della Valle del Giordano. Una struttura [delle 69] è stata demolita nel villaggio di Al Walaja (Betlemme), all’interno della linea di confine (stabilita da Israele) del municipio di Gerusalemme.

Il 1° febbraio, a Humsa al Bqai’a (Valle del Giordano), sono stati confiscati 25 ripari residenziali e per animali, sfollando 55 persone, di cui 32 minori; la maggior parte delle strutture era stata fornita come assistenza umanitaria, in risposta a una demolizione di massa, subita dalla stessa Comunità, il 3 novembre 2020. Secondo quanto riferito, ai residenti sarebbe stato detto che le loro strutture confiscate sarebbero state restituite se, entro 24 ore, si fossero trasferiti a Ein Shebli. La maggior parte dei membri della Comunità colpita risiede in un’area chiusa, designata dalle autorità israeliane come “zona di tiro”, cioè destinata all’addestramento militare.

Altre demolizioni e confische sono state effettuate nella Cisgiordania meridionale [seguono dettagli]. Nella Comunità di Umm Qussa, situata in una zona di Hebron dichiarata [da Israele] “zona militare”, sono state demolite una moschea ed una cisterna per l’acqua; mentre una rete idrica è stata danneggiata ai sensi di un “Ordine militare 1797”, che consente la demolizione dopo 96 ore dall’emissione di un “ordine di rimozione”. Il danneggiamento della rete ha riguardato l’accesso all’acqua di 450 residenti. Sempre a Hebron, a Khashem ad Daraj, il 31 gennaio, cinque famiglie hanno ricevuto un ordine di sfratto temporaneo, con l’intimazione di lasciare la propria residenza per quattro giorni, per consentire esercitazioni militari israeliane.

Secondo il Ministero dell’Agricoltura palestinese, vicino alla città di Tubas, le autorità israeliane hanno sradicato e distrutto migliaia di alberi che erano stati piantati otto anni fa, come parte di un progetto supervisionato dallo stesso Ministero. Anche nell’area di Khallet an Nahla, a Betlemme, le autorità israeliane hanno devastato con bulldozer un migliaio alberi di una proprietà privata. Entrambi gli episodi si sono verificati sulla base del fatto che la terra [in questione] era stata dichiarata [da Israele] “terra di stato”.

Sette palestinesi sono stati feriti, mentre centinaia di alberi di proprietà palestinese ed un numero imprecisato di veicoli sono stati vandalizzati da autori, conosciuti o ritenuti, coloni israeliani [seguono dettagli]. Quattro dei feriti, tra cui un minore, sono stati colpiti con pietre o aggrediti fisicamente mentre transitavano sulla Strada 60, nel governatorato di Ramallah. Gli altri tre sono stati aggrediti fisicamente a Hebron, in separati scontri con coloni: uno presso la comunità di Khirbet at Tawamin, durante un sit-in di protesta; gli altri due a Dura, durante la spianatura di un terreno da parte di coloni, apparentemente intenzionati ad impossessarsene. Secondo varie fonti palestinesi, circa 450 ulivi e alberelli sono stati sradicati o abbattuti a Mantiqat Shi’b al Butum, Adh Dhahiriya e al Baq’a (Hebron), a Shufa (Tulkarm) e a Kafr ad Dik (Salfit). Gli abitanti di Kafr ad Dik, Sarta (Salfit) e dell’area di Ash Shuyukh (Hebron) hanno riferito di danni a recinzioni, strutture agricole e cancelli, oltre il furto di attrezzi agricoli. Diversi veicoli palestinesi sono stati colpiti da pietre e danneggiati; alcuni mentre viaggiavano vicino a Betlemme e Qalqiliya, altri nei villaggi di Kifl Haris e Yasuf (Salfit) dove, a quanto riferito, coloni hanno lanciato pietre contro auto e case.

Secondo fonti israeliane, cinque israeliani sono stati feriti da autori ritenuti palestinesi. Uno dei feriti, uno studente ultra ortodosso, è stato accoltellato e ferito leggermente fuori dalla Città Vecchia di Gerusalemme; gli altri quattro, inclusa una ragazza, sono stati colpiti da pietre vicino ai villaggi di Burin (Nablus) e Kifl Haris (Salfit), mentre transitavano su strade della Cisgiordania. Secondo quanto riferito, un totale di 26 veicoli israeliani sono stati danneggiati, prevalentemente colpiti da pietre.

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Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Il 3 febbraio, a Humsa al Bqai’a, le autorità israeliane hanno demolito o confiscato 21 strutture. Un’analoga operazione era stata effettuata nella stessa Comunità appena due giorni prima, il 1° febbraio [ultimo giorno del periodo considerato da questo Rapporto; vedere sopra, al paragrafo 9]. Le due operazioni militari israeliane [compiute il 1° ed il 3 febbraio], hanno complessivamente provocato lo sfollamento di 60 persone, di cui 35 minori.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.




Rapporto OCHA del periodo 22 dicembre 2020 – 4 gennaio 2021

Il 26 dicembre, in seguito al lancio di due razzi, da Gaza verso Israele, le forze israeliane hanno effettuato una serie di attacchi aerei sulla città di Gaza, provocando il ferimento di tre palestinesi, tra cui una bambina di sei anni, e significativi danni a strutture civili adiacenti.

Secondo fonti ufficiali israeliane, gli attacchi aerei avevano come obiettivi una struttura sotterranea ed un sito utilizzati per la fabbricazione di razzi. Le strutture civili danneggiate includono due scuole, due manifatture, un ospedale, una moschea, tralicci per l’energia elettrica ed una conduttura per l’acqua; i danni a quest’ultima hanno interrotto l’approvvigionamento idrico a 250.000 persone circa. I razzi palestinesi erano stati intercettati in aria e non avevano provocato ferimenti di israeliani, né danni. Da metà agosto scorso, questo è il primo scontro con feriti e danni materiali importanti.

Nelle aree [di Gaza] adiacenti la recinzione perimetrale e in zone di mare al largo della costa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco d’avvertimento in almeno 45 occasioni. In un episodio separato, accaduto al largo della costa di Rafah, le forze navali egiziane hanno aperto il fuoco verso una imbarcazione palestinese, arrestando tre pescatori. Nessuno di questi episodi ha provocato feriti. In queste aree, di solito, le sparatorie si svolgono per imporre restrizioni di accesso.

Il 1° gennaio, un palestinese di 24 anni è stato colpito al collo da un proiettile sparato da un soldato israeliano e, al momento, è paralizzato; egli aveva cercato di impedire il sequestro di un generatore elettrico privo dell’autorizzazione richiesta da Israele. L’episodio è avvenuto ad Ar Rakeez: una delle 14 Comunità di pastori dell’area di Massafer Yatta (a sud di Hebron) i cui residenti sono a rischio di trasferimento forzato poiché l’area è stata designata da Israele come zona “chiusa” e destinata all’addestramento dei suoi militari.

In Cisgiordania, scontri scoppiati durante operazioni israeliane di ricerca-arresto, condotte nei pressi di due ospedali, hanno provocato il ferimento di due palestinesi, tra cui una donna incinta, e l’interruzione delle attività ospedaliere [seguono dettagli]. In un episodio verificatosi il 27 dicembre, nella città di Ramallah, due persone, che stavano nel cortile di un ospedale, sono state colpite da proiettili di gomma sparati dalle forze israeliane dall’esterno; è stata danneggiata anche un’ambulanza. Il 4 gennaio, nella città di Tulkarm, in un altro episodio, le cui circostanze rimangono poco chiare, le forze israeliane sono entrate in un ospedale ed hanno lanciato granate stordenti.

In Cisgiordania, in scontri con forze israeliane, sono rimasti feriti altri 89 palestinesi, compresi 16 minori [seguono dettagli]. Quarantasei feriti si sono avuti vicino al villaggio di Al Mughayyir (Ramallah), durante le reiterate proteste contro le attività di insediamento colonico, tra cui la creazione di un nuovo insediamento avamposto [non autorizzato da Israele]. Altri 30 palestinesi sono rimasti feriti nella comunità di Al Karmel, nel sud di Hebron, durante la demolizione di una casa. Nella città di Nablus, Beituniya e Al Bireh a Ramallah, e nei Campi profughi di Aqbet Jaber (Gerico) e Ad Duheisheh (Betlemme), operazioni israeliane di ricerca-arresto hanno innescato scontri con palestinesi, 11 dei quali sono stati feriti. Degli 89 feriti, 65 sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeni, 13 sono stati colpiti da proiettili di gomma, sei sono stati aggrediti fisicamente e cinque sono stati colpiti con armi da fuoco.

Il 24 dicembre, nel villaggio di Tura (Jenin), forze israeliane hanno arrestato un palestinese sospettato dell’omicidio di una donna israeliana, il cui corpo era stato ritrovato il 20 dicembre, vicino all’insediamento di Tal Menashe. Secondo le autorità israeliane, l’uomo ha confessato di aver ucciso la donna per motivi nazionalistici. In relazione a questo episodio sono stati arrestati anche altri quattro palestinesi.

Il 3 gennaio, vicino al villaggio di Deir Nidham (Ramallah), una donna israeliana, che transitava in auto, è stata gravemente ferita da una pietra lanciata da un palestinese. Successivamente, le forze israeliane hanno condotto una serie di operazioni di ricerca nel villaggio, arrestando nove palestinesi, tra cui, secondo quanto riferito, il presunto aggressore. Secondo fonti israeliane, in Cisgiordania, in ulteriori episodi di lancio di pietre, tre israeliani sono rimasti feriti e 14 veicoli israeliani hanno subito danni.

A motivo della mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, sono state demolite o sequestrate trentaquattro strutture palestinesi provocando lo sfollamento di 22 persone e creando ripercussioni su oltre 170. Tutte le strutture prese di mira, tranne due, e tutti gli sfollamenti sono stati registrati in Area C, interessando 12 Comunità palestinesi. Le due strutture sopraccitate sono state demolite in Gerusalemme Est dagli stessi proprietari per evitare maggiori spese e multe.

In due episodi distinti, le forze israeliane hanno spianato con i bulldozer terreni agricoli e sradicato circa 850 alberi di proprietà palestinese, con la motivazione che la terra è dichiarata [da Israele] “terra di stato” [seguono dettagli]. Vicino al villaggio di Al Jab’a (Betlemme) sono stati rasi al suolo circa 1,5 ettari di terreno e sono stati sradicati 350 ulivi e 150 viti, minando i mezzi di sussistenza di almeno tre famiglie. Nella Comunità beduina di An Nuwei’ma Al Fauqa (Gerico), durante una demolizione, le forze israeliane hanno sradicato 350 ulivi.

In diversi episodi, palestinesi sono stati colpiti da pietre o attaccati in altro modo da aggressori ritenuti coloni israeliani. In due episodi distinti, avvenuti a Gerusalemme Est e Al Lubban ash Sharqiya (Nablus), un ragazzo e un uomo sono stati aggrediti fisicamente e feriti. Nei villaggi di At Tuwani (Hebron), Huwwara e Jalud (Nablus) e Kifl Haris e Sarta (Salfit), coloni hanno lanciato pietre e danneggiato veicoli, case e ulivi; nell’ultima di tali località gli aggressori hanno lanciato una granata assordante all’interno di una casa, senza provocare feriti. In tutta la Cisgiordania sono stati registrati decine di casi di lancio di pietre contro auto palestinesi; in tre degli episodi sono stati danneggiati veicoli. A quanto riferito, alcuni di questi episodi si sono verificati durante proteste di coloni per la morte di un ragazzo israeliano in un incidente d’auto: l’auto si era schiantata mentre era inseguita dalla polizia israeliana [che sospettava che gli occupanti avessero lanciato pietre contro auto palestinesi]. Alcune di queste proteste hanno comportato scontri tra coloni e polizia israeliana.

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Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Il 5 gennaio, vicino all’incrocio di Gush Etzion (Hebron), il coordinatore della sicurezza di un insediamento israeliano ha sparato, uccidendo un palestinese che, secondo quanto riportato da media, aveva tentato una aggressione con coltello.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Rapporto OCHA del periodo 24 novembre – 7 dicembre 2020

In Cisgiordania, in quattro separati episodi, le forze israeliane hanno sparato, uccidendo un palestinese 15enne e ferendone gravemente altri tre di 16 anni.

Il quindicenne è stato ucciso il 4 dicembre, nei pressi del villaggio di Al Mughayyir (Ramallah), in scontri scoppiati durante una protesta contro la realizzazione di un avamposto colonico israeliano. Le autorità israeliane hanno annunciato l’apertura di un’indagine. Due dei ragazzi feriti sono stati colpiti al petto, con armi da fuoco, durante lanci di pietre avvenuti il 28 e 29 novembre, vicino ad Al Bireh e Silwad (Ramallah), e sono stati ricoverati in unità di terapia intensiva. Il quarto ragazzo è stato colpito alla testa da un proiettile gommato, il 27 novembre, durante la manifestazione settimanale contro l’espansione degli insediamenti a Kafr Qaddum (Qalqiliya), ed è stato ricoverato in ospedale con il cranio fratturato. Il Coordinatore Speciale delle Nazioni Unite, Nickolay Mladenov, nonché l’Ufficio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite hanno invitato Israele a condurre indagini rapide, trasparenti e indipendenti e a fare in modo che i responsabili rendano conto.

Le forze israeliane, in due distinti episodi verificatisi a posti di blocco che controllano gli ingressi in Gerusalemme Est da altre parti della Cisgiordania, hanno sparato e ucciso un palestinese e ne hanno ferito gravemente un altro [seguono dettagli]. Il 25 novembre, al checkpoint di Az Za’ayyem, un autista palestinese, i cui documenti erano in fase di controllo, secondo fonti ufficiali israeliane, ha improvvisamente accelerato la sua auto, ferendo leggermente un poliziotto israeliano; successivamente l’uomo si è fermato ai bordi della strada, ma le forze israeliane che avevano rincorso il veicolo hanno aperto il fuoco, uccidendolo. Un’indagine di B’Tselem, organizzazione israeliana per i Diritti Umani, ha accertato che, nel momento in cui è stato ucciso, l’uomo non costituiva una minaccia. Il 7 dicembre, le forze israeliane hanno sparato e ferito un palestinese disarmato che stava camminando verso il checkpoint di Qalandiya e, secondo quanto riferito, si era rifiutato di fermarsi all’intimazione di alt.

In Cisgiordania, durante molteplici scontri, sono complessivamente rimasti feriti 206 palestinesi, inclusi dieci minori, e sei soldati israeliani [seguono dettagli]. 148 palestinesi sono stati colpiti nel corso di proteste contro attività di insediamento colonico: a Salfit, a Ein as Samiya e Al Mughayyir (entrambi in Ramallah), a Beit Dajan (Nablus) ed a Kafr Qaddum (Qalqiliya). Altri 25 palestinesi sono rimasti feriti al checkpoint di Tayasir, nella valle del Giordano settentrionale, durante una protesta contro la demolizione di case. Scontri con forze israeliane, scoppiati nella città di Nablus in seguito all’ingresso di un gruppo di israeliani al sito religioso della Tomba di Giuseppe, hanno provocato il ferimento di 13 palestinesi. Cinque palestinesi e sei soldati israeliani sono rimasti feriti durante un’operazione di ricerca-arresto nel Campo Profughi di Qalandiya (Gerusalemme). I restanti 15 feriti sono stati registrati nel Campo Profughi di Ad Duheisheh (Betlemme), durante operazioni di ricerca-arresto e nel quartiere Al ‘Isawiya di Gerusalemme Est (compreso un giovane colpito al volto), durante episodi di lancio di pietre e tentativi, da parte di palestinesi, di entrare in Israele attraverso brecce nella Barriera. Dei palestinesi feriti, 9 sono stati colpiti da proiettili di arma da fuoco e 78 da proiettili gommati; 110 sono stati curati per inalazione di gas lacrimogeno e la maggior parte dei rimanenti è stata aggredita fisicamente.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno effettuato 182 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 149 palestinesi. Il maggior numero di operazioni è stato registrato nei governatorati di Gerusalemme (52) e Hebron (46). Delle 52 operazioni condotte a Gerusalemme, 40 sono state effettuate in Gerusalemme Est, e 9 di esse nel quartiere di Al ‘Isawiya. Sempre a Gerusalemme Est, le autorità israeliane hanno emesso ordini di divieto di ingresso nei confronti di tre palestinesi; costoro precedentemente erano stati arrestati nel complesso di Haram al Sharif / Monte del Tempio per “disturbi all’ordine pubblico”. Sono oltre 150 le persone bandite da tali ordini dall’inizio del 2020.

In almeno 18 occasioni le forze israeliane hanno aperto il fuoco [di avvertimento] verso palestinesi presenti in aree di Gaza adiacenti alla recinzione israeliana e, in mare, al largo della sua costa, presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso. Non sono stati registrati feriti. In altre due occasioni, bulldozer israeliani, entrati in Gaza, hanno spianato il terreno in prossimità della recinzione perimetrale. Le forze israeliane hanno arrestato, e successivamente rilasciato, due palestinesi che, a quanto riferito, erano entrati in Israele, a est di Deir al Balah, attraverso la recinzione.

A causa della mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, 52 strutture di proprietà palestinese (49 in Area C e 3 in Gerusalemme Est) sono state demolite o sequestrate, sfollando 67 persone e creando ripercussioni su circa 860 [seguono dettagli]. Il 25 novembre, in sette Comunità dell’area di Massafer Yatta, a sud di Hebron, le autorità israeliane hanno demolito dieci strutture, compresi circa quattro chilometri di condutture idriche fornite come assistenza umanitaria. La maggior parte di quest’area è designata [da Israele] come “area chiusa” e destinata all’addestramento militare, mettendo i suoi 1.400 residenti a rischio di trasferimento forzato. Tredici delle strutture sono state demolite sulla base di “Ordini Militari 1797”, che consentono di effettuare la demolizione entro 96 ore dall’emissione di un “ordine di rimozione”. A Gerusalemme Est, due delle tre demolizioni di strutture residenziali sono state eseguite dagli stessi proprietari per evitare multe e oneri aggiuntivi.

Nei pressi di Qalqiliya, due palestinesi sono stati feriti e almeno 300 alberi di proprietà palestinese ed altre proprietà sono state danneggiate da persone ritenute coloni israeliani [seguono dettagli]. Gli alberi sono stati vandalizzati nei villaggi di Turmus’ayya (Ramallah), As Sawiya (Nablus) e Kafr ad Dik, Bruqin, Yasuf e Haris in Salfit ed includono 150 viti e circa 140 tra ulivi ed alberelli. A titolo di riepilogo consuntivo [parte dei dati sono già stati riportati in Rapporti precedenti]: nei mesi di ottobre e novembre sono stati vandalizzati almeno 1.750 ulivi ed il prodotto di oltre 1.800 è stato rubato da sospetti coloni. In due dei rimanenti episodi sono stati danneggiati un vivaio nel villaggio di As Sawiya ed un negozio nella città di Hebron, nella zona controllata da Israele. Un altro episodio, in Tubas, ha riguardato l’aggressione contro pastori palestinesi ed il ferimento di una mucca. A Gerusalemme Est, la polizia israeliana ha arrestato un israeliano che stava tentando di dare alle fiamme una chiesa.

Le forze israeliane hanno sradicato circa 200 ulivi e viti piantate da agricoltori palestinesi del villaggio di Al Khader (Betlemme) su terreno dichiarato [da Israele] “terra di Stato” nel 2014. Il terreno è situato vicino all’insediamento colonico di Neve Daniel.

Secondo fonti israeliane, due israeliani sono rimasti feriti e 19 veicoli israeliani che viaggiavano su strade della Cisgiordania sono stati danneggiati dal lancio di pietre, bottiglie di vernice e bottiglie incendiarie, ad opera di aggressori ritenuti palestinesi.

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Rapporto OCHA del periodo 3 – 23 novembre 2020

Durante il periodo di riferimento (3-23 novembre), a motivo della mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, sono state demolite o sequestrate 129 strutture, sfollando 100 palestinesi e provocando ripercussioni su oltre 200

[seguono dettagli]. L’episodio più grave è avvenuto il 3 novembre, a Humsa Al Bqai’a, dove sono state distrutte 83 strutture, sfollando 73 persone, tra cui 41 minori. Trenta strutture sono state demolite presso 12 Comunità in Area C, mentre le rimanenti 16 strutture si trovavano in Gerusalemme Est, dove sono riprese le demolizioni dopo tre settimane di sospensione (il 1° ottobre, le autorità israeliane avevano annunciato che, a causa della pandemia, avrebbero interrotto la demolizione degli edifici abitati della Città). Secondo le rilevazioni di OCHA, da gennaio 2020 ad oggi [23.11.2020], sono state demolite o sequestrate più strutture che in qualsiasi altro anno completo del periodo 2009-2019, escluso solo l’anno 2016.

Il 4 novembre, a un checkpoint a sud della città di Nablus, le forze israeliane hanno sparato, uccidendo un membro delle forze di sicurezza palestinesi non in servizio; secondo quanto riferito, l’uomo avrebbe aperto il fuoco contro i soldati. Secondo la Mezzaluna Rossa Palestinese, i soldati hanno impedito alla loro equipe medica di raggiungere l’uomo, il cui corpo è ancora trattenuto dalle autorità israeliane. L’8 novembre, vicino al Campo profughi di Al Fawwar (Hebron), le forze israeliane hanno colpito e ferito un altro palestinese che, secondo quanto riferito, avrebbe tentato di accoltellare i soldati.

In Cisgiordania cinquantacinque palestinesi sono stati feriti dalle forze israeliane [seguono dettagli]. Diciotto sono rimasti feriti nel contesto di tre operazioni di ricerca-arresto condotte nel Campo profughi di Qalandiya (Gerusalemme) e nella città di Ramallah. Altri 17 sono rimasti feriti durante le proteste contro le restrizioni di accesso e le attività di insediamento [colonico] a Kafr Qaddum (Qalqiliya) e Ras at Tin (Ramallah). Cinque palestinesi sono rimasti feriti al checkpoint del Distretto di Coordinamento (DCO- Ramallah), durante una commemorazione della morte del Presidente palestinese, Yasser Arafat. Tre uomini sono stati aggrediti fisicamente ad un checkpoint volante vicino a Beit Fajjar (Betlemme). I rimanenti feriti sono stati registrati durante altri scontri, o nel tentativo di entrare in Israele attraverso brecce nella Barriera.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno effettuato 230 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 227 palestinesi. Il maggior numero di operazioni è stato registrato a Gerusalemme Est (61) e nel governatorato di Hebron (50).

Sono stati segnalati cinque episodi con danni ad ulivi o furti di prodotti ad opera di persone ritenute coloni israeliani. In tre degli episodi sono stati vandalizzati 64 ulivi in prossimità dei villaggi di Jalud (Nablus), Kafr Qaddum (Qalqiliya) e Al Khadr (Betlemme). Negli altri due casi sono stati rubati i raccolti di circa 1.000 ulivi vicino a Sa’ir (Hebron), e di dieci alberi da frutto a Burin (Nablus), dove sono stati sottratti anche attrezzi per la raccolta. Dal 7 ottobre, inizio della stagione di raccolta delle olive, almeno 35 attacchi da parte di individui noti come coloni israeliani o ritenuti tali, hanno provocato feriti tra i palestinesi, danni agli alberi o furti di prodotti.

In contesti diversi dalla raccolta delle olive, altre aggressioni ad opera di individui ritenuti coloni israeliani, hanno provocato ulteriori ferimenti di palestinesi o danni alla proprietà [seguono dettagli]. Quattro palestinesi sono rimasti feriti nei pressi di Silat adh Dhahr (Jenin): le auto su cui viaggiavano si sono schiantate dopo essere state colpite da pietre. Nell’area H2 di Hebron, in episodi separati, un palestinese di 10 anni è stato ferito dal lancio di pietre, un altro di 12 anni è stato aggredito fisicamente e materiali da costruzione ed un veicolo sono stati vandalizzati. Nella Comunità beduina di East Tayba (Ramallah) sono state rubate una ventina di pecore, mentre vicino ad As Sawiya (Nablus) è stata sottratta una capra. Secondo gli agricoltori di Turmus’ayya (Ramallah), coloni hanno distrutto un sistema di irrigazione ed hanno rubato attrezzi agricoli nel loro villaggio. Contadini di Far’ata (Qalqiliya) hanno riferito che coloni hanno rubato le recinzioni che circondano le loro terre. A Burqa (Nablus) e At Tuwani (Hebron), coloni hanno lanciato pietre contro le abitazioni, danneggiandone quattro, mentre a Nablus hanno colpito auto palestinesi in transito, danneggiandone una. A ‘Urif (Nablus) hanno spianato 1,7 ettari di terreno agricolo di proprietà palestinese. Nella vicina Jalud, coloni hanno recintato terreni privati palestinesi, collocandovi una tenda e tre serbatoi d’acqua.

Vicino alla recinzione perimetrale di Israele con Gaza e al largo della sua costa, presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso, le forze israeliane hanno aperto il fuoco in almeno 20 occasioni; un pescatore è rimasto ferito. In tre occasioni, bulldozer israeliani hanno spianato il terreno all’interno di Gaza.

A Rafah e Deir al Balah (Gaza), due palestinesi, di 14 e 16 anni, sono stati feriti dall’esplosione di residuati bellici. Dall’inizio dell’anno, due palestinesi (un minore e un adulto) sono stati uccisi e altri otto, tra cui cinque minori, sono rimasti feriti da ordigni inesplosi.

Il 15 e 21 novembre, gruppi armati palestinesi a Gaza hanno lanciato tre razzi contro Israele, uno dei quali ha causato danni ad un magazzino in Ashkelon. In entrambi i casi, sono seguiti attacchi aerei israeliani, che hanno colpito siti militari, aree aperte e terreni agricoli in Gaza, provocando danni a 5.000 m2 di serre a Khan Younis.

Secondo fonti israeliane, aggressori, ritenuti palestinesi, lanciando pietre o bottiglie incendiarie, hanno ferito tre israeliani e danneggiato 19 veicoli israeliani che percorrevano strade della Cisgiordania.

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Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Il 25 novembre, a motivo della mancanza di permessi edilizi, le autorità israeliane hanno demolito 11 strutture di proprietà palestinese nell’area di Massafer Yatta, nel sud di Hebron. Queste includevano abitazioni, strutture di sostentamento e strutture idriche ed igienico-sanitarie, alcune delle quali erano state fornite come assistenza umanitaria. Venticinque persone sono state sfollate e oltre 700 subiscono ripercussioni. Tutte le sette Comunità prese di mira, tranne una, si trovano in una zona designata [da Israele] “area chiusa” e destinata all’addestramento militare. Le Comunità ivi residenti sono a rischio di trasferimento forzato.

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nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina:https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

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nota: questo rapporto copre tre settimane; il prossimo rapporto sarà pubblicato
il 10 dicembre e coprirà il normale periodo di due settimane.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Rapporto OCHA del periodo 20 ottobre – 2 novembre

Il 25 ottobre, durante un’operazione israeliana di ricerca-arresto, condotta nel villaggio di Turmus’ayya (Ramallah), un ragazzo palestinese di 16 anni è morto.

Secondo le autorità israeliane, il ragazzo è caduto, sbattendo la testa a terra, mentre veniva inseguito dai soldati, insieme ad altri palestinesi che avevano lanciato pietre. Testimoni oculari palestinesi hanno segnalato che il ragazzo era stato duramente picchiato dalle forze israeliane; secondo il direttore dell’ospedale dove è stato ricoverato, il suo corpo mostrava segni di violenza.

Il 31 ottobre, nel Campo profughi di Balata (Nablus), durante una disputa familiare che ha innescato diffusi scontri con le forze palestinesi, un palestinese è rimasto ucciso e altri sei sono rimasti feriti. La morte è stata provocata dalla esplosione di un ordigno che l’uomo ucciso stava trasportando. Gli scontri hanno portato alla chiusura di scuole e negozi del Campo, fino alla fine del periodo considerato [da questo Rapporto].

La stagione della raccolta delle olive, iniziata il 7 ottobre, ha continuato a essere turbata da persone note o ritenute coloni israeliani. In nove casi (nel precedente periodo di riferimento erano stati 19), sono rimasti feriti palestinesi, sono stati danneggiati alberi e sono stati rubati prodotti. Cinque degli episodi hanno avuto luogo nel governatorato di Nablus, vicino al villaggio di Burin, dove due raccoglitori di olive sono stati colpiti con pietre e feriti; a Burin, Deir al Hatab e Jalud sono stati rubati raccolti e attrezzi agricoli; a Qaryut è stato vandalizzato un trattore usato per il raccolto. Vicino a Turmus’ayya (Ramallah) sono stati vandalizzati circa 130 ulivi e, a Kafr Qaddum (Qalqiliya), sono stati rubati i frutti di circa 200 ulivi.

Nell’area chiusa dietro la Barriera, in numerosi casi, agli agricoltori è stato impedito l’accesso ai propri oliveti. Le forze israeliane hanno ritardato l’apertura di alcuni accessi agricoli e in alcuni casi hanno impedito agli agricoltori l’attraversamento con veicoli, inducendo alcuni ad astenersi dall’accedere ai loro oliveti, molti dei quali si trovano lontano dall’ingresso.

Nel governatorato di Nablus, altri due episodi correlati a coloni hanno provocato lesioni o danni. Un palestinese è rimasto ferito da una pietra nel corso di scontri scoppiati tra palestinesi di ‘Asira al Qibliya e coloni israeliani che erano entrati nel loro villaggio; le forze israeliane sono intervenute sparando lacrimogeni contro i palestinesi. Nel villaggio palestinese di As Sawiya, aggressori, ritenuti coloni, hanno tagliato pali dell’elettricità e condutture dell’acqua.

In Cisgiordania, in diversi scontri, sono rimasti feriti venticinque palestinesi e un soldato israeliano [seguono dettagli]. Diciotto di questi feriti sono stati registrati a Kafr Qaddum (Qalqiliya), durante le proteste settimanali contro le restrizioni di accesso e le attività di insediamento; altri quattro durante una protesta contro i tentativi di coloni di stabilire un avamposto vicino a Beit Dajan (Nablus). Un ragazzo è rimasto ferito, durante scontri, nella città di Hebron e, nel governatorato di Tulkarm, un altro palestinese è stato aggredito fisicamente mentre cercava di entrare in Israele attraverso una breccia nella Barriera. Ad Al ‘Isawiya (Gerusalemme Est), un palestinese è stato aggredito fisicamente e ferito durante un’operazione di ricerca-arresto. Non sono stati registrati feriti da arma da fuoco, ma quattro palestinesi sono stati colpiti da proiettili di gomma e due sono stati aggrediti fisicamente, mentre i restanti sono stati trattati medicalmente per inalazione di gas lacrimogeni. All’ingresso del Campo profughi di Al ‘Arrub (Hebron), nel corso di scontri, un soldato israeliano è stato ferito dal lancio di una pietra.

Il 30 ottobre, soldati israeliani hanno aperto il fuoco contro un veicolo palestinese che viaggiava vicino al villaggio di Qabatiya (Jenin): tre minori di 13, 15 e 16 anni, sono rimasti feriti da schegge. Le circostanze dell’episodio non sono ancora chiare.

In Cisgiordania, le forze israeliane hanno effettuato 161 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 126 palestinesi. 37 di queste operazioni sono state registrate a Gerusalemme Est, 23 a Hebron e 21 a Tulkarm.

Il 20 e 22 ottobre, un gruppo armato palestinese di Gaza, ha lanciato tre razzi contro il sud di Israele; successivamente le forze israeliane hanno preso di mira siti militari e aree aperte a Gaza. I razzi [palestinesi] sono caduti in aree aperte o sono stati intercettati. Vicino alla recinzione perimetrale di Israele con Gaza e al largo della sua costa, presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso, le forze israeliane hanno aperto il fuoco in almeno 19 occasioni. In nessuno di questi episodi sono stati registrati feriti.

A causa della mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, sono state demolite o sequestrate 41 strutture, sfollando 19 persone e creando ripercussioni su oltre 1.200 (escluso l’episodio evidenziato in “ultimi sviluppi”). Tutti gli sfollati e 37 delle strutture prese di mira si trovavano in 15 Comunità dell’Area C, mentre le altre quattro strutture demolite [delle 41] si trovavano a Gerusalemme Est. Il 28 ottobre, le autorità israeliane hanno tagliato una conduttura, finanziata da donatori, che forniva acqua a 14 Comunità di pastori nell’area Massafer Yatta di Hebron, che ospita circa 1.400 persone, tra cui oltre 600 minori. Tra le altre conseguenze, si prevede che ciò comprometterà le pratiche igieniche e la capacità delle persone di far fronte alla pandemia in corso. Nel governatorato di Gerusalemme, in due delle 18 Comunità beduine, situate all’interno o in prossimità dell’area E1, sono state demolite tre strutture; in quest’area è previsto l’ampliamento dell’insediamento colonico.

Una abitazione è stata demolita e una stanza in un’altra casa è stata sigillata per “motivi punitivi”, provocando lo sfollamento di 18 persone, tra cui 11 minori [seguono dettagli]. Nella casa demolita, a Rujeib (Area B di Nablus), abitava un palestinese accusato di aver accoltellato a morte, lo scorso agosto, un civile israeliano. La sigillatura [della stanza] è stata eseguita a Ya’abad (Area A di Jenin), nella casa di un palestinese accusato dell’uccisione di un soldato israeliano durante un’operazione di ricerca-arresto avvenuta lo scorso maggio.

Un israeliano è rimasto ferito e 11 veicoli israeliani che viaggiavano all’interno della Cisgiordania sono stati danneggiati, secondo fonti israeliane, dal lancio di pietre da parte di aggressori ritenuti palestinesi.

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Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)

Il 3 novembre è stata registrata la più vasta demolizione degli ultimi anni: nella Comunità di Humsa Al Bqai’a, le autorità israeliane hanno demolito 83 strutture, sfollando 73 persone, tra cui 41 minori. Il Coordinatore Umanitario [ONU] ha chiesto la fine delle demolizioni illegali.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it




Rapporto OCHA del periodo 6 – 19 ottobre 2020

La stagione della raccolta delle olive, iniziata il 7 ottobre, è stata perturbata o interrotta, da 19 episodi provocati da persone ritenute, o riconosciute, come coloni israeliani: 23 agricoltori palestinesi sono rimasti feriti, oltre 1.000 ulivi sono stati bruciati o danneggiati in altro modo, e grandi quantità di prodotti sono stati rubati

Nella periferia del villaggio di Burqa (Ramallah), in tre occasioni, coloni hanno preso a sassate e aggredito fisicamente palestinesi intenti a raccogliere olive, innescando scontri. In uno di tali scontri sono intervenute le forze israeliane: 14 palestinesi sono rimasti feriti e 30 alberi sono stati bruciati dai lacrimogeni. Gli altri ferimenti sono stati registrati in zone agricole nei pressi della città di Huwwara (Nablus) e nei villaggi di Ni’lin e Beitillu (Ramallah). Nei pressi dell’insediamento israeliano di Mevo Dotan (Jenin), circa 450 ulivi sono stati dati alle fiamme e distrutti; poco prima i contadini palestinesi del villaggio di Yaabad erano stati attaccati da coloni e costretti dai soldati israeliani ad allontanarsi. Anche nel villaggio di Saffa (Ramallah), in un’area chiusa dietro la Barriera, alcune centinaia di ulivi appartenenti a palestinesi sono stati incendiati e danneggiati. In altre dieci località, attigue ad insediamenti colonici, gli agricoltori, allorquando hanno potuto raggiungere i loro terreni, hanno scoperto che i loro ulivi erano stati vandalizzati o che i prodotti erano stati raccolti e rubati. Molti degli episodi hanno avuto luogo in aree ad “accesso limitato”; aree nelle quali, durante l’intera stagione del raccolto, le autorità israeliane consentono l’accesso ai palestinesi per soli due-quattro giorni.

Sono stati registrati altri quattro attacchi da parte di persone ritenute coloni [seguono dettagli]. Nel governatorato di Betlemme, un bimbo palestinese di un anno è rimasto ferito nell’auto su cui viaggiava, colpita da pietre. Nella vicina Al Khader, 40 alveari sono stati dati alle fiamme e bruciati. Nell’area Farsiya della Valle del Giordano settentrionale, pastori palestinesi sono stati aggrediti fisicamente da un gruppo di coloni e una delle loro pecore è stata uccisa. Nel villaggio di Jalud (Nablus) sono stati tagliati e danneggiati pali e cavi elettrici che portano energia a locali agricoli [palestinesi].

Le autorità israeliane hanno annunciato che, durante la stagione della raccolta delle olive, per gli agricoltori palestinesi vi saranno facilitazioni nel rilascio dei permessi di accesso alle loro terre che si trovano dietro la Barriera. In una lettera a un Gruppo israeliano per i Diritti umani, HaMoked, le autorità hanno comunicato che, a coloro che lo avevano ottenuto durante la stagione precedente, il permesso sarebbe stato concesso automaticamente e che il ritiro doveva essere effettuato presso gli uffici israeliani di coordinamento e collegamento distrettuale (DCL). Tuttavia, questa disposizione non verrebbe applicata [ai palestinesi] su cui pendono “obiezioni di sicurezza”. Negli ultimi mesi gli uffici della DCL sono stati sovraffollati, sollevando preoccupazioni per le potenziali trasmissioni COVID-19.

In Cisgiordania, oltre ai summenzionati episodi connessi alla raccolta delle olive, in scontri [tra palestinesi e forze israeliane] sono rimasti feriti ottantacinque palestinesi, tra cui almeno 11 minori, e due soldati israeliani [seguono dettagli]. La stragrande maggioranza di questi ferimenti è stata registrata nei campi profughi di Al Am’ari, Al Jalazun (Ramallah), Al Arrub (Hebron) e Balata (Nablus), a seguito di operazioni di ricerca-arresto ed episodi di lancio di pietre. Ad Al Jalazun, i soldati hanno sparato grandi quantità di lacrimogeni contro studenti che, a quanto riferito, avevano lanciato pietre; successivamente i militari sono entrati nell’edificio scolastico ed hanno rinchiuso gli studenti nelle aule. Cinque palestinesi sono rimasti feriti in scontri scoppiati durante l’aratura di un terreno prossimo all’insediamento colonico di Elon More; terreno di cui coloni israeliani avevano tentato di appropriarsi per stabilirvi un avamposto. I rimanenti ferimenti sono stati registrati in altri scontri o durante tentativi di entrare in Israele attraverso brecce della Barriera. Nel complesso, 21 palestinesi sono stati colpiti da proiettili di gomma e dieci da proiettili di armi da fuoco, mentre la maggior parte delle restanti persone sono state curate per inalazione di gas lacrimogeno.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno effettuato 126 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 132 palestinesi. La metà delle operazioni sono state registrate nel governatorato di Gerusalemme; in particolare, il quartiere Al ‘Isawiya di Gerusalemme Est è stato sottoposto ad attività di polizia, quasi quotidiane, che hanno portato all’arresto di 30 palestinesi, compresi 13 minori.

Il 16 ottobre, da Gaza, un gruppo armato palestinese ha lanciato un razzo verso il sud di Israele, colpendo un’area aperta, senza provocare feriti. Sempre a Gaza, presumibilmente per far rispettare le restrizioni di accesso alle aree prossime alla recinzione perimetrale israeliana e al largo della costa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento in almeno 30 occasioni, senza provocare feriti.

Il 18 ottobre, le forze israeliane sono entrate nella Striscia di Gaza, ad est di Khan Younis, ed hanno devastato con buldozer terreni a circa 400 metri dalla recinzione perimetrale, distruggendo vaste aree di colture e sistemi di irrigazione. Secondo fonti israeliane, le operazioni avevano lo scopo di distruggere tunnel scavati da gruppi armati palestinesi per scopi militari.

In Area C, per mancanza di permessi di costruzione emessi da Israele, in tre circostanze, le autorità israeliane hanno demolito o sequestrato otto strutture di proprietà palestinese, sfollando 12 persone. Cinque delle strutture si trovavano in due Comunità nell’area di Massafer Yatta a Hebron, in un’area designata [da Israele] “zona per esercitazioni a fuoco”, destinata all’addestramento militare israeliano. Le restanti tre strutture sono state demolite nella Comunità di Al Farisiya-Khallet Khader della Valle del Giordano, sulla base di “Ordini Militari 1797” che consentono di effettuare le demolizioni entro 96 ore dall’emissione degli stessi. Nessun episodio è stato registrato a Gerusalemme Est, dove, il 1° ottobre, le autorità israeliane avevano annunciato che, a causa della pandemia COVID-19, avrebbero sospeso la demolizione di case abitate.

Un israeliano è rimasto ferito e nove veicoli israeliani, che viaggiavano all’interno della Cisgiordania, hanno subito danni ad opera di aggressori ritenuti palestinesi che, secondo fonti israeliane, hanno lanciato pietre o bottiglie di vernice.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina:https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

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Rapporto OCHA del periodo 22 settembre – 5 ottobre 2020

Il 5 ottobre, nei pressi del villaggio di Beit Lid, a Tulkarm, le forze israeliane hanno colpito con arma da fuoco e ucciso un palestinese di 28 anni.

Secondo fonti di media israeliani, l’uomo faceva parte di un gruppo di tre persone che stavano lanciando bottiglie incendiarie contro soldati vicino al checkpoint di Enav; le altre due persone sono riuscite a fuggire. Questa morte porta a 20 il numero di palestinesi uccisi in Cisgiordania dall’inizio dell’anno.

In Cisgiordania, durante il periodo in esame, 27 palestinesi sono stati feriti dalle forze israeliane [seguono dettagli]. Nella città di Hizma (Gerusalemme), in circostanze non ancora chiare, soldati israeliani hanno sparato, ferendo alla testa un ragazzo di 15 anni. Vicino al villaggio di Qusra (Nablus), le forze israeliane, intervenute per fermare uno scontro tra coloni e agricoltori, hanno sparato proiettili di gomma e lacrimogeni, ferendo otto palestinesi. Gli scontri erano scoppiati dopo che alcuni coloni avevano aggredito contadini palestinesi intenti a lavorare la propria terra. A Kafr Qaddum (Qalqiliya), sette palestinesi sono rimasti feriti durante la protesta settimanale. Altri due sono rimasti feriti nel villaggio di ‘Asira al Qibliya, dove agricoltori palestinesi ed attivisti stavano arando e piantando alberi su un terreno, nel tentativo di impedire ai coloni di impossessarsene. Inoltre, nei Campi profughi di Jenin e Ein as Sultan (Gerico), e nei villaggi di Surif e Beit Ummar (entrambi a Hebron), nel corso di scontri per motivi specifici con le forze israeliane, sono stati registrati quattro feriti. Altri tre palestinesi sono rimasti feriti, in circostanze non chiare, nel villaggio di Kafr Malik (Ramallah) e nella città di Jenin. I restanti due palestinesi sono rimasti feriti nei governatorati di Tulkarm e Jenin, nel tentativo di entrare in Israele attraverso brecce nella Barriera. Complessivamente, 14 persone sono state ferite da proiettili gommati, nove da proiettili di arma da fuoco e i rimanenti sono stati aggrediti fisicamente o hanno avuto bisogno di trattamento medico a seguito dell’inalazione di gas lacrimogeno.

In Cisgiordania, le forze israeliane hanno effettuato 226 operazioni di ricerca ed hanno arrestato almeno 180 palestinesi; ciò rappresenta un aumento dell’87% rispetto alla media quindicinale registrata finora nel 2020. Come in precedenti settimane, la maggior parte delle operazioni (42) è avvenuta nel governatorato di Gerusalemme, in particolare nel quartiere Al ‘Isawiya di Gerusalemme Est, seguito dai governatorati di Hebron (35) e Qalqiliya (31). Ad al ‘Isawiya, nella notte del 1° ottobre, e fino a mezzogiorno del giorno successivo, si è svolta un’operazione su vasta scala, con almeno 18 [dei 180] palestinesi arrestati. Ad Al Isawiya, dalla metà del 2019, sono in corso intense operazioni di polizia che generano un aumento delle tensioni ed interruzioni delle attività quotidiane per almeno 18.000 residenti.

Il 25 settembre, le forze navali egiziane hanno aperto il fuoco contro un peschereccio palestinese, uccidendo due pescatori e ferendone un altro. L’imbarcazione sulla quale stavano navigando i tre pescatori, che erano fratelli, secondo quanto riferito, avrebbe sconfinato nelle acque egiziane a sud della città di Rafah. Dal novembre 2018, questo è il primo episodio in cui pescatori palestinesi vengono uccisi da forze egiziane. Il Sindacato di pesca a Gaza ha chiesto di sospendere la pesca per un giorno per protestare contro l’accaduto.

Il 5 ottobre, un gruppo armato palestinese ha lanciato un razzo verso il sud di Israele, senza provocare feriti o danni a proprietà. Successivamente, l’aviazione israeliana ha effettuato un attacco aereo, prendendo di mira un sito militare a Gaza, provocando danni, ma non feriti.

Nella Striscia di Gaza, presumibilmente per far rispettare ai palestinesi le restrizioni loro imposte sia sull’accesso alle aree adiacenti la recinzione perimetrale israeliana, sia al largo della costa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento in almeno 28 occasioni; non sono stati registrati feriti. In uno degli episodi, le forze navali israeliane hanno usato cannoni ad acqua, facendo affondare tre barche da pesca. In due occasioni, le forze israeliane sono entrate a Gaza ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di scavo vicino alla recinzione perimetrale. Inoltre, tre palestinesi sono stati arrestati dalle forze israeliane vicino alla recinzione perimetrale mentre, secondo quanto riferito, cercavano di infiltrarsi in Israele.

Per mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, le autorità israeliane hanno demolito o sequestrato 42 strutture di proprietà palestinese, sfollando 53 palestinesi e creando ripercussioni di diversa entità su circa 150 persone [seguono dettagli]. La maggior parte delle strutture demolite (39), di cui 15 fornite come assistenza umanitaria, e tutti gli sfollamenti, sono stati registrati in Area C. Queste includevano sei strutture abitative, dislocate nelle Comunità di Ar Rakeez e Mantiqat Shi’b al Butum, sulle colline a sud di Hebron, situate in un’area chiusa destinata [da Israele] all’addestramento militare; sono state sfollate 27 persone [delle 53]. Nel villaggio di Kisan (Betlemme), nello stesso episodio, sono state demolite altre otto strutture, sfollando 13 palestinesi. Inoltre, a Khirbet Yarza (Tubas), Ni’lin (Ramallah) e Deir Samit (Hebron), sei strutture sono state demolite sulla base di un “Ordine militare 1797”, che consente la demolizione entro 96 ore dall’emissione del medesimo. A Gerusalemme Est sono state demolite tre strutture di sostentamento; non sono state registrate autodemolizioni.

Il 1° ottobre, in risposta a una lettera della Coalizione Civica per i Diritti dei Palestinesi a Gerusalemme e della ONG israeliana Adalah [Centro Legale per i Diritti delle Minoranze Arabe in Israele], il Ministero della Giustizia di Israele ha accettato di ripristinare la linea di condotta applicata a marzo con l’intento di fermare la demolizione di edifici residenziali abitati a Gerusalemme Est durante la prima ondata della pandemia COVID-19. L’accordo non si applicherà alle strutture realizzate dopo il 1° ottobre. L’emissione di ordini di demolizione amministrativa sarà, in generale, ridotta, in modo che gli ordini siano emessi solo per le costruzioni recenti, in particolare per quelle che si ritiene siano state realizzate traendo vantaggio dallo stato di emergenza.

A Hebron, le autorità israeliane hanno autorizzato la rimozione di un importante blocco stradale, in vigore dal 2000. La chiusura impediva ai residenti del villaggio di Qalqas di accedere alla Strada 60, situata a tre chilometri dalla città di Hebron. Negli ultimi 20 anni, migliaia di residenti sono stati costretti a utilizzare circonvallazioni, allungando il percorso fino a 11 chilometri.

Tre palestinesi sono rimasti feriti e dozzine di ulivi sono stati danneggiati in quattro episodi che hanno avuto coloni come protagonisti. I tre palestinesi erano impegnati nella misurazione del loro terreno vicino all’insediamento colonico di Yitzhar; sono stati inseguiti da una guardia e sono caduti, ferendosi. Inoltre, in tre località vicino ai villaggi di Al Jab’a e Al Khadr (Betlemme) e a Kafr ad Dik (Salfit), 80 ulivi di proprietà palestinese sono stati vandalizzati da coloni. Infine, nella zona H2 della città di Hebron, coloni hanno aggredito una donna e rotto il suo cellulare; ella li stava filmando mentre attraversavano il suo terreno.

In Cisgiordania, secondo fonti israeliane, quattro israeliani sono rimasti feriti quando aggressori, ritenuti palestinesi, hanno lanciato pietre contro tre veicoli e ne hanno rubato un altro. Altre 15 auto israeliane che percorrevano le strade della Cisgiordania avrebbero subito danni dal lancio di pietre.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

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