“Silicon Wadi”: al momento l’ultimo progetto israeliano per prendere il controllo della Città Vecchia di Gerusalemme

Aseel Jundi – Wadi Al-Joz, Gerusalemme est occupata

venerdì 3 luglio 2020 – Middle East Eye

Numerose attività economiche palestinesi a Gerusalemme est hanno ricevuto avvisi di espulsione in quanto Israele prevede di installare il suo parco tecnologico della zona

Nonostante lo choc subito quando ha ricevuto da parte del Comune dell’occupazione israeliana a Gerusalemme l’ordine di lasciare la sua officina, davanti ai suoi clienti Mahmoud al-Kurd non ha mai perso il sorriso.

Il trentacinquenne lavora a tempo pieno nell’autofficina, costruita nel 1960 e situata nell’unica zona industriale di Gerusalemme est occupata. Kurd vi ha lavorato quando era ancora un bambino, insieme a suo padre, che aveva affittato il locale, lo ha diretto per decine di anni prima della sua morte e lo ha lasciato ai suoi figli perché provvedano alle necessità delle loro famiglie. Ha ricevuto l’avviso di espulsione il 1 giugno e ha tempo fino alla fine dell’anno per lasciare i locali in cui svolge la sua attività.

Il 3 giugno il Municipio ha annunciato il progetto di parco tecnologico battezzato “Silicon Wadi” (wadi significa valle). Essa sostituirà la zona industriale che si trova nel quartiere palestinese di Wadi al-Joz a Gerusalemme est, nelle immediate vicinanze della Città Vecchia.

Questo progetto, valutato 2,1 miliardi di shekel (circa 542 milioni di euro), prevede 250 000 m² di “uffici per le imprese di tecnologia avanzata”, così come 100.000 m2 divisi tra “negozi” e “hotel”. Si inscrive nel progetto quadro “Centro città di Gerusalemme est”, approvato in aprile dalla commissione israeliana di urbanistica e gestione del territorio.

L’attività di Kurd dovrebbe chiudere per far posto ai progetti di Israele, anche se i dettagli concreti che riguardano il piano non sono ancora noti.

Mahmoud al-Kurd vende ricambi per automobili e si è specializzato nei sistemi elettrici e nei climatizzatori dei veicoli. Nel corso degli anni ha scelto di ignorare le voci che circolavano attorno a lui relative ai progetti del governo israeliano di cacciare lui e le altre attività in una delle strade più animate di Gerusalemme.

Io sono qui come un albero verdeggiante, le cui radici sono profondamente attaccate al suolo,” dichiara a Middle East Eye.

Mi rifiuto di essere sradicato dal Comune (israeliano) e di essere spostato. Penso che la soluzione più semplice sia che il Comnue scelga un altro luogo per mettere in pratica i suoi progetti, lontano dalle nostre fonti di sostentamento,” afferma il giovane, aggiungendo che rifiuta l’idea di ripartire da zero da qualunque altra parte – anche se fosse solo a qualche metro dal luogo a cui lui e i suoi clienti si sono abituati.

Resterò qui fino all’ultimo momento. Questo mestiere è la mia passione. È in questo vecchio spazio che ho avuto successo,” spiega.

Basta che l’anima del mio defunto padre erri attorno a me qui, è lui che ha affittato questo negozio decenni fa e ci ha trasmesso i mezzi per vivere. Mi rifiuto di essere il dipendente di un rivenditore ebreo se siamo trasferiti per lavorare nelle zone industriali israeliane.”

Kurd dice di essere perfettamente cosciente degli obiettivi dell’occupazione israeliana per Wadi al-Joz, un quartiere vicino alla moschea di al-Aqsa e alla Chiesa del Sacro Sepolcro. Sostiene che se il Comune asserisce che la zona industriale è troppo affollata e debba essere riorganizzata, esso lavora da anni a questi progetti per investire su questa zona strategica.

Scenari negativi

A circa 200 metri da lì, Ihab Mshaashaaa aggiunge il tocco finale al lavoro di verniciatura su una delle vetture dei suoi clienti nell’officina che affitta da 30 anni. Non ha ricevuto indicazioni relative allo sgombero del suo laboratorio, ma dice di aspettarselo quando ci sarà una seconda ondata di notifiche d’espulsione.

La mente di Mshaashaaa brulica di prospettive negative sulle responsabilità che gli competono e a cui fa abitualmente fronte grazie ai proventi dell’officina. Si preoccupa dell’eventualità di essere cacciato e di perdere l’unica fonte di reddito della famiglia.

Mshaashaa afferma che l’amministrazione municipale dell’occupazione israeliana non ha incontrato nessuno di quelli che lavorano nella zona industriale per proporre alternative, e che i proprietari delle attività commerciali hanno poche informazioni o nessuna sulla natura dei progetti futuri.

Mohannad Jbara, l’avvocato che difenderà quelli che sono danneggiati dal progetto, spiega a MEE che l’amministrazione municipale propone in genere dei piani strutturali generali per i progetti, con un nome e un numero, senza peraltro fornire piani dettagliati per ogni edificio. Secondo lui, consegnando degli avvisi d’espulsione a certe strutture e negozi della zona, il Comune tenta di sviare l’attenzione dal progetto più ampio del “Centro città di Gerusalemme est”.

Il progetto comprende un grande spazio, a partire dalla zona della porta di Damasco, uno dei punti di acceso alla Città Vecchia di Gerusalemme, passando per le strade di Sultan Suleiman e Salah al-Din, attraverso una parte del quartiere di Sheikh Jarrah e una parte della zona industriale di Wadi al-Joz. Il primo giugno una quarantina di proprietari di attività economiche palestinesi in questa zona ha ricevuto, come Kurd, ordini di espulsione.

Secondo l’avvocato Jbara con questo progetto l’amministrazione comunale evidenzia la sua idea per questa zona, la cui realizzazione sarà completata nel 2025, definendo il panorama organizzativo del centro di Gerusalemme est nei prossimi 30 anni. Ciò crea una situazione per la quale ogni progetto che non corrisponda a questa idea sarà bocciata.

Spiegando le tappe che un progetto deve seguire prima di essere messo in pratica, l’avvocato sostiene che la questione è prima discussa nella commissione municipale, poi è trasmessa a una commissione distrettuale competente per l’approvazione. A quest’ultimo stadio si suppone in genere che gli abitanti dei quartieri presi di mira siano consultati, prima dell’approvazione al terzo e ultimo stadio.

Attualmente i progetti relativi alla zona industriale di Wadi al-Joz sono stati affrontati dalla commissione distrettuale, ma non sono stati presentati all’opinione pubblica per conoscere le obiezioni. L’avvocato Jbara racconta che la commissione distrettuale non ha approvato il progetto perché il Comune di Gerusalemme non ha preso misure per avvertire i proprietari dei negozi e degli edifici. L’amministrazione municipale si è quindi affrettata ad inviare delle notifiche d’espulsione per proseguire nel progetto.

Wadi al-Joz è una zona sensibile e penso che la commissione distrettuale ritenga che questo progetto non sia praticabile perché ignora completamente le officine e cerca di concretizzare il sogno di un parco tecnologico ed edifici di sedici piani,” ritiene l’avvocato.

Quando la municipalità ha inviato gli avvisi di espulsione ha affermato che i commercianti della città utilizzano le strutture in modo improprio, anche se sono state costruite da parecchi anni, e che è giunto il momento di far rispettare la legge contro queste violazioni. Jbara definisce “impudenti” questa affermazione, sottolineando che da cinquant’anni le autorità percepiscono le tasse pagate dai proprietari di queste strutture e sanno che essi lavorano nella manutenzione di veicoli.

L’avvocato assicura ai proprietari di officine a Wadi al-Joz che esistono molteplici risorse giudiziarie a loro favore e che il Comune non li espellerà con la forza, perché non è proprietaria degli edifici in cui essi lavorano. Potrebbe tuttavia accusarli con il pretesto di “utilizzo irregolare”.

Il progetto del Comune a Wadi al-Joz non è che una tessera del puzzle del rafforzamento del controllo israeliano sui quartieri palestinesi che circondano la Città Vecchia, compresi Silwan e Sheikh Jarrah, grazie ad organizzazioni dei coloni che avviano lunghe e costose azioni giudiziarie per espellere i palestinesi dalle loro case e sostituirli con dei coloni.

Questi progetti saranno il chiodo sulla bara del controllo organizzato (di Israele) sul settore immobiliare a Gerusalemme,” dichiara l’avvocato Jbara, aggiungendo che ciò si inscrive nel quadro dell’adeguamento della zona con la “visione finale [israeliana] dello status quo politico di Gerusalemme.”

Secondo i mezzi di comunicazione israeliani il progetto “Silicon Wadi” sarà il più importante di Gerusalemme est, in quanto comprende una superficie di 200.000 m2 di imprese tecnologiche che forniranno delle possibilità di lavoro a 10.000 diplomati e laureati palestinesi. Oltre alle imprese tecnologiche, saranno costruiti negozi e hotel e tredici strade saranno trasformate in “arterie pedonali che nel mese di agosto accoglieranno regolarmente visite guidate e spettacoli di strada.”

Ebreizzazione

Moshe Lion, il sindaco di Gerusalemme, ha dichiarato al giornale Israel Hayom [quotidiano gratuito di destra, ndtr.] che si tratta di una tappa storica per compensare le carenze di Israele nei confronti dei palestinesi di Gerusalemme e che un simile progetto rafforzerebbe la fiducia nell’amministrazione comunale.

Queste dichiarazioni non sono nuove. Dal suo arrivo al potere, Moshe Lion ha messo in pratica una politica comunicativa che intende dipingere il Comune come un alleato dei palestinesi della città, che intenderebbe garantire loro una vita decente.

Ha promosso questi slogan grazie a varie attività di intrattenimento messe in pratica a Gerusalemme est durante il periodo di quarantena a causa del COVID-19 e durante il mese sacro del Ramadan. Tuttavia dal suo arrivo al potere i bulldozer israeliani hanno continuato a demolire edifici palestinesi a Gerusalemme o ad obbligare i palestinesi a demolire le loro stesse case con il pretesto della mancanza di licenze edilizie.

Il presidente del consiglio di amministrazione della Camera Araba del Commercio e dell’Industria di Gerusalemme, Kamal Obeidat, dice a MEE che è ingiusto evacuare queste proprietà, alcune delle quali risalgono al 1957.

Sostiene che il numero di imprese nella zona industriale varia tra le 160 e le 180. La Camera, aggiunge, ha discusso con i proprietari fondiari privati della zona per capire a fondo la natura delle riunioni che il capo di gabinetto del sindaco ha avuto con loro.

Durante il primo incontro il delegato municipale ha fatto pubblicità al progetto ed ha parlato della sua importanza per i palestinesi. Durante il secondo ha fatto appello ad investitori arabi e durante il terzo ha suggerito l’idea che Google potrebbe aderire al progetto.

Kamal Obaidat spiega che la Camera Araba del Commercio e dell’Industria considera il progetto sospetto, ritenendo che saranno imprese israeliane che monopolizzeranno la proprietà e la gestione delle imprese del parco tecnologico, ebreizzando così tutta la zona.

Adel al-Jaaba, uno dei proprietari fondiari che l’amministrazione comunale ha incontrato, afferma di aver assistito a due sedute, durante le quali il Municipio ha presentato l’idea del progetto e l’ha esortato a chiedere un permesso per costruire degli immobili molto alti. I rappresentanti municipali hanno dichiarato che, nel caso in cui lui e gli altri proprietari non fossero in grado di ottenere i permessi e che le imprese di tecnologia avanzata fossero disposte ad affittare gli edifici non appena completati, il Comune si farebbe carico della costruzione.

Jaaba possiede un terreno di 950 m2 su cui ha un negozio di prodotti per l’edilizia. Nel caso in cui il progetto “Silicon Wadi” venga approvato, dovrà demolirlo e chiedere al suo posto un permesso edilizio per un edificio di vari piani. In caso contrario il Comune prenderà l’iniziativa di distruggerlo, insieme a una storica zona industriale di circa 35.000 m2.

(traduzione dal francese di Amedeo Rossi)