Il coronavirus è una manna per la tecnologia militare israeliana

Il giorno della Nakba un poliziotto sorveglia pronto a sparare Foto di Shadi Jarar'ah
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Maureen Clare Murphy

20 maggio 2020 – Electronic Intifada

Molta della retorica sulla risposta globale alla pandemia da coronavirus è stata militarizzata, provocando i danni che le metafore belliche della politica del terrore tendono ad evocare.

In Israele questa militarizzazione è stata più che una metafora.

Un nuovo rapporto dell’associazione “Who Profits” [A chi giova], che controlla chi trae profitto dall’occupazione dimostra che il ministero della Difesa e le industrie belliche di Israele, sia private che statali, sono “state in prima linea” nella risposta del Paese al coronavirus.

Ciò “evidenzia la profonda distorsione militarista che sorregge l’economia e il regime politico israeliani e la simbiosi tra la sfera civile e l’apparato militare,” afferma “Who Profits”.

Electronic Intifada ha già informato su come l’israeliano NSO Group, implicato nell’uccisione del giornalista saudita Jamal Khashoggi, stia cercando di esportare il suo sistema di spionaggio per il tracciamento dei contatti durante il coronavirus, visto come un passo fondamentale per porre fine ai blocchi totali generalizzati.

Secondo “Who Profits”, NSO Group collabora con il ministero della Difesa israeliano per “sviluppare, rendere operativo e eventualmente esportare un sistema centralizzato di dati per valutare le probabilità che una persona venga infettata dal virus.”

Deriva pericolosa”

Nel contempo il capo della sua divisione tecnologica ha detto ai media che il Mossad, il servizio di spionaggio israeliano per l’estero tristemente noto per gli assassinii extragiudiziari, ha ottenuto illecitamente equipaggiamento sanitario.

Lo Shin Bet, l’organismo di spionaggio interno di Israele, ha fornito il suo “estesissimo database segreto… che raccoglie continuamente dati in tempo reale su tutti i cittadini israeliani” con il fine di tracciare i contatti.

“Consentire allo Shin Bet di utilizzare i suoi metodi segreti e senza controllo in questioni relative ai civili potrebbe creare una deriva pericolosa che può portare al suo intervento in ulteriori aspetti della vita civile,” ha avvertito Suhad Bishara, avvocatessa di “Adalah”, una associazione per i diritti umani che ha avviato una campagna contro il tracciamento per la sorveglianza.

Due unità di élite dell’intelligence militare israeliana stanno ora conducendo ricerche sanitarie legate al coronavirus.

Queste unità sono la normalmente segretissima Unità 81, che sviluppa tecnologia spionistica avanzata, e l’Unità 8200, generalmente considerata come l’equivalente israeliana della National Security Agency [organismo del ministero della Difesa Usa che si occupa di sicurezza nazionale, ndtr.] degli Stati Uniti.

Nel 2014 riservisti dell’Unità 8200 hanno rivelato che essa utilizza una sorveglianza generalizzata e invasiva per obbligare a collaborare con Israele palestinesi nella Cisgiordania occupata e nella Striscia di Gaza.

Sul pesante coinvolgimento delle agenzie spionistiche israeliane hanno informato in modo acritico, se non elogiativo, i mezzi di comunicazione internazionali, che hanno omesso di menzionare il loro scopo principale: la repressione del popolo palestinese e della sua lotta per la liberazione.

Come nota “Who Profits”, il “nuovo incarico di carattere sanitario non ha distolto l’apparato militare israeliano dalla sua funzione e ragion d’essere principali: il costante controllo militare sulla popolazione civile palestinese.”

Questo rimane “il lavoro ‘essenziale’ dell’esercito,” aggiunge l’organizzazione di controllo.

Dalla repressione militare all’innovazione civile

In precedenza “Who Profits” aveva evidenziato come le competenze sviluppate nel contesto dell’occupazione e applicate a un ‘apparentemente innocua industria civile aiutino le industrie belliche israeliane a promuovere “una versione ripulita delle loro tecnologie repressive.”

Il trasferimento di queste tecnologie all’industria sanitaria per combattere il coronavirus dimostra ancora una volta quanto “l’apparato militare statale funzioni come un laboratorio, un punto di riferimento, un cliente e un incubatore delle innovazioni tecnologiche israeliane.”

Con meno di 50 casi gravi o critici al momento della stesura di questo articolo, Israele sembra essere riuscito ad arginare la diffusione del virus, nonostante il suo trattamento discriminatorio e negligente dei palestinesi.

Le industrie belliche israeliane hanno “nuove prospettive di guadagno materiale e simbolico,” afferma “Who Profits”.

E avendo vinto la guerra – o almeno la prima battaglia – contro il coronavirus “il potenziale per future esportazioni è innegabile.”

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)