I leader della chiesa condannano duramente l’attacco della polizia israeliana al funerale di Abu Akleh

La conferenza stampa di Monsignor Pizzaballa , patriarca cattolico di Gerusalemme e degli altri rappresentanti delle chiese cristiane. Foto: Ahmad Gharabli/AFP
image_pdfimage_print

Redazione

16 maggio 2022-Al Jazeera

Il patriarca cattolico di Gerusalemme ha accusato Israele di “mancare di rispetto alla chiesa” per quella che ha definito un'”invasione della polizia” al funerale di Shireen Abu Akleh.

Il Primate cattolico di Gerusalemme ha condannato il pestaggio da parte della polizia delle persone in lutto che trasportavano la bara della giornalista di Al Jazeera Shireen Abu Akleh, uccisa dalle forze israeliane mercoledì scorso, ed ha accusato le autorità israeliane di violare i diritti umani e di mancare di rispetto alla Chiesa cattolica.

Il patriarca cattolico Pierbattista Pizzaballa ha detto ai giornalisti lunedì al St Joseph Hospital che l’incidente, trasmesso in tutto il mondo, costituisce un “uso sproporzionato della forza” contro la folla di migliaia di persone che sventolavano bandiere palestinesi e si recavano dall’ospedale alla vicina chiesa cattolica di Gerusalemme Est. L’attacco della polizia, ha detto Pizzaballa ai giornalisti, “è una grave violazione delle norme e dei regolamenti internazionali, compreso il diritto umano fondamentale alla libertà di religione, che deve essere rispettato anche in uno spazio pubblico”.

Pizzaballa ha affermato “L’invasione della polizia israeliana e l’uso sproporzionato della forza, con l’assalto alle persone in lutto, il pestaggio con manganelli, l’uso di granate fumogene, gli spari di proiettili di gomma, lo spavento arrecato ai pazienti dell’ospedale, è una grave violazione delle norme e dei regolamenti internazionali”.

Il St Joseph Hospital ha anche rilasciato filmati delle telecamere di sorveglianza che mostrano le forze israeliane che assaltano l’edificio dove era stato deposto il corpo di Abu Akleh e afferma che 13 persone sono rimaste ferite a seguito del raid.

Imran Khan di Al Jazeera ha detto che l’ospedale, insieme alle autorità ecclesiastiche, intraprenderà un’azione legale contro le autorità israeliane per quello che è successo “La rabbia qui è palpabile”, ha detto Khan, parlando dall’ingresso dell’ospedale. “Abbiamo sentito il direttore generale [dell’ospedale] dire che nei suoi 31 anni non ha mai visto niente di simile”.

“Le autorità ospedaliere affermano che non c’era assolutamente alcun motivo per cui [le forze israeliane] entrassero all’interno”, ha continuato, aggiungendo che i tre concetti chiave per descrivere le azioni delle forze israeliane sono: vergognose, mancanza di rispetto e uso sproporzionato della violenza.

L’attacco di venerdì ha attirato condanne a livello mondiale e si è aggiunto allo shock e all’indignazione per l’omicidio di Abu Akleh mentre copriva un raid israeliano nella Cisgiordania occupata.

Abu Akleh, una palestinese americana che ha lavorato per Al Jazeera per 25 anni, è stata uccisa mentre copriva un raid militare israeliano nel campo profughi di Jenin. Era un nome familiare in tutto il mondo arabo, nota per aver documentato le difficoltà della vita palestinese sotto il dominio israeliano.

Testimoni, inclusi giornalisti che erano con lei, funzionari palestinesi e Al Jazeera, affermano che è stata uccisa dal fuoco dell’esercito israeliano.

I militari, dopo aver inizialmente affermato che i responsabili avrebbero potuto essere uomini armati palestinesi, in seguito hanno fatto marcia indietro e ora affermano che non è chiaro chi abbia sparato il proiettile mortale. Ma secondo il quotidiano israeliano Haaretz le autorità israeliane hanno interrogato il soldato che si ritiene abbia sparato il proiettile, il quale ha affermato che era seduto in un veicolo dell’esercito a 190 metri di distanza e di “non aver visto” Abu Akleh.

Dopo l’indignazione internazionale per le violenze al funerale, la polizia israeliana ha avviato un’indagine sulla condotta degli agenti che hanno attaccato le persone in lutto, facendo si che i portatori lasciassero quasi cadere la bara [a causa dei colpi ricevuti, ndt].

Ma il fratello di Abu Akleh, Anton, ha detto ad Al Jazeera che non c’è speranza di assistere ad un’indagine indipendente.

“La polizia israeliana inizialmente ha detto che stavano agendo secondo le istruzioni della famiglia, qualcosa che Tony [Anton] ha detto non essere mai accaduto”. Kahn afferma: “La versione della polizia israeliana è stata fatta completamente a pezzi”.

Indagini

Israele ha chiesto un’indagine congiunta con i palestinesi, affermando che il proiettile deve essere analizzato da esperti di balistica per raggiungere una conclusione certa. I funzionari palestinesi hanno rifiutato, dicendo che non si fidano di Israele.

Le organizzazioni per i diritti umani affermano che Israele ha una scarsa credibilità nelle indagini sugli illeciti commessi dalle sue forze di sicurezza.

Dopo aver detto in precedenza che avrebbero accettato un partner esterno, domenica i palestinesi hanno reso noto che avrebbero gestito le indagini da soli e fornito risultati molto presto.

“Ci siamo anche rifiutati di condurre un’indagine internazionale perché confidiamo nelle capacità della nostra agenzia di sicurezza”, ha annunciato il primo ministro Mohammed Shtayyeh. “Non consegneremo nessuna delle prove a nessuno perché sappiamo che queste persone sono in grado di falsificare i fatti”.

Diversi gruppi di ricerca e organismi per i diritti umani hanno avviato le proprie indagini.

Bellingcat, un consorzio internazionale di ricercatori con sede in Olanda, ha pubblicato un’analisi delle prove audio e video raccolte sui social media. Il materiale proviene da fonti sia palestinesi che militari israeliane e l’analisi ha preso in considerazione fattori come le marche temporali dei documenti digitali, localizzazioni dei video, ombre e analisi forensi dell’audio degli spari.

Il gruppo ha scoperto che per quanto uomini armati e soldati israeliani fossero entrambi nell’area, le prove sono a sostegno delle testimonianze secondo cui il fuoco israeliano ha ucciso Abu Akleh.

Sulla base di ciò che siamo stati in grado di esaminare i [soldati israeliani] erano nella posizione più vicina e avevano la visuale più chiara rispetto ad Abu Akleh”, ha affermato Giancarlo Fiorella, il ricercatore capo dell’indagine.

Fiorella ha riconosciuto che l’analisi non può essere certa al 100% senza prove come il proiettile, le armi usate dall’esercito e le posizioni GPS delle forze israeliane. Ma ha detto che l’emergere di ulteriori prove in genere rafforza le conclusioni preliminari e quasi mai le ribalta.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Pon