Pace è giustizia, e la giustizia non ha bisogno di un partner

di Gideon Levy

Haaretz – 16 ottobre 2016

Israele non è nelle condizioni di chiedere una controparte per porre fine all’occupazione.

Deve porre fine all’occupazione. Non ha il diritto di porre condizioni prima di farlo.

Uno dei principali argomenti della propaganda israeliana – che non c’è una controparte per la pace – è anche uno dei peggiori. Infatti c’era, c’è e ci sarà un partner. Ma lasciamo perdere. Non c’è bisogno di nessun partner.

Molti israeliani ipocriti dicono di volere così fortemente i due Stati e di essere così contrari all’occupazione, – e poi arriva lo straziante lamento, che porta tutta la tristezza del destino ebraico – ma non c’è una controparte. Se solo ci fosse. Se solo. E’ disposto a tutto per la pace, ma non c’è nessuno con cui farla. E così egli deve, è obbligato contro la propria volontà, vittima miseranda che non è altro, a continuare l’occupazione. Negli ultimi anni questo discorsetto è diventato un trucco centrale della propaganda di Sion. Con l’eccezione dell’estrema destra, che afferma apertamente che vuole l’apartheid per sempre perché la nazione ebraica è superiore, tutti l’utilizzano.

La verità è che non c’è una controparte per continuare l’occupazione. Non c’è una controparte per l’interminabile dilazione e per le tattiche di rifiuto da parte di Israele. Non c’è una controparte per il ridicolo discorso di Israele sulla richiesta di riconoscimento come Stato ebraico, così come non c’è una controparte per le altre vuote richieste di Israele. Non c’è una controparte per l’incredibile insolenza ebraica [chutzpah, in yiddish] della richiesta di Israele per negoziati “senza precondizioni”, mentre la madre di tutte le precondizioni, l’attività di colonizzazione, prospera senza tregua.

Non c’è una controparte per Gerusalemme eternamente unita, e non ci sarà mai. Non c’è una controparte per le infinite richieste di sicurezza di Israele, come se fosse la parte debole, vittima di violenza, la cui sicurezza ed esistenza sarebbero in pericolo, piuttosto che il popolo palestinese, contro cui le azioni di Israele possono essere solo descritte come criminali.

E’ dubbio che si possa trovare un serio partner per la demilitarizzazione unilaterale, nient’altro che un’insolenza ebraica: sicuramente non ci saranno partner per lasciare la maggioranza dei coloni sul posto.

Non c’era una controparte quando Israele si rifiutò per anni di parlare con l’OLP e non ci sarà una controparte finché Israele continuerà a tenere la gente di Gaza in una gabbia. Non c’era una controparte quando Israele ha fatto tutto il possibile per schiacciare l’allora presidente palestinese Yasser Arafat e non c’è una controparte dopo che Israele ha fatto di tutto per trasformare il suo successore, Mahmoud Abbas, in una penosa barzelletta agli occhi del suo popolo. Né ci sarà un partner, finché continuerà l’occupazione – e non c’è niente di più violento – per la richiesta di Israele che finisca la resistenza violenta.

In breve, non c’è nessun partner. Come l’uomo che ha ucciso i suoi genitori e poi chiede clemenza sulla base del fatto che è un orfano – la classica definizione di insolenza ebraica- Israele ha fatto di tutto perché non ci sia una controparte, e poi si lamenta perché non c’è un partner.

In effetti, non ce n’è bisogno. Per ristabilire la giustizia, non c’è bisogno di una controparte. Israele non è nelle condizioni di chiedere una controparte per porre fine all’occupazione. Deve terminare l’occupazione. Non ha il diritto di fare richieste prima di farlo. Nella nebbia della propaganda israeliana, queste fondamentali verità sono state oscurate e dimenticate. Il semplice fatto che la vittima reale sia il popolo palestinese è stato dimenticato. Sono loro in pericolo mortale e loro vivono in condizioni disumane, il che dovrebbe essere cambiato prima di qualsiasi altra cosa. Non dovrebbero essere poste condizioni per restituire una parte della terra di un popolo, la sua libertà e dignità. Deve essere esattamente il contrario. Prima ripristinare la (parziale) giustizia per i palestinesi e poi parlare di qualunque altra questione. Israele non ha mai avuto un uomo di Stato che abbia cambiato tutto e si sia impegnato a porre fine all’occupazione prima di qualunque altra cosa. Si è sempre iniziato con un calcolo delle precondizioni poste da Israele. E’ sempre finita col dire che non c’è una controparte.

La controparte apparirà dopo. Dato che la maggior parte, non la totalità, del popolo palestinese vuole vivere in pace con Israele – 30 anni di copertura giornalistica dell’occupazione mi hanno persuaso di ciò, senza ombra di dubbio – è molto probabile che si troverà una controparte per porre fine all’occupazione. E sennò, tanto peggio per Israele. Ma neanche questo può assolverlo dai suoi obblighi di porre termine all’ingiustizia ed al male.

(traduzione di Amedeo Rossi)




Israele non ha attuato nessuna pulizia etnica nel 1948

Nota redazionale: pur non condividendone affatto i contenuti, e non potendo in questa sede entrare nel merito della sua fondatezza dal punto di vista storico (smentita ad esempio dai lavori di Ilan Pappé), abbiamo deciso di proporre questa risposta di Benny Morris all’articolo di Daniel Blatman su Haaretz.

Pensiamo infatti che i lettori di Zeitun possano essere interessati a seguire il dibattito storiografico innescato in Israele dalle dichiarazioni di Netanyahu in merito alla definizione di “pulizia etnica” nel caso di un ritiro dei coloni dai territori occupati della Cisgiordania e di Gerusalemme est. Va comunque ricordato quanto lo stesso Morris ha dichiarato al quotidiano Haaretz… “Senza la rimozione dei palestinesi, qui non avrebbe potuto nascere uno Stato ebraico… quel che penso è che questo posto sarebbe stato più tranquillo e avrebbe conosciuto meno sofferenza se la questione fosse stata risolta una volta per tutte. Se Ben Gurion avesse compiuto una grande espulsione e ripulito l’intero paese – l’intera Terra d’Israele, fino al fiume Giordano. Potremmo scoprire che questo fu il suo errore fatale. Se avesse portato a termine un’espulsione completa – invece di una parziale – avrebbe potuto stabilizzare lo Stato d’Israele per molte generazioni.”
E riguardo alle responsabilità di Ben Gurion e dei dirigenti sionisti ha affermato: “Dall’aprile del 1948, Ben Gurion trasmette l’idea del trasferimento. Non ci sono ordini espliciti nei suoi scritti, non c’è una precisa linea politica, ma traspare l’idea del trasferimento [di popolazione]. L’idea del trasferimento è nell’aria. L’intera leadership ha capito che questa era l’idea. Il corpo ufficiali capisce cosa gli viene richiesto. Sotto Ben Gurion, viene creato il consenso al trasferimento….Certo, Ben Gurion era un sostenitore del trasferimento. Aveva capito che non avrebbe potuto esistere uno Stato ebraico con una vasta minoranza araba ostile al suo interno. Non avrebbe mai potuto esistere uno Stato simile. Non sarebbe stato in grado di sopravvivere.”

Vedi: http://www.forumpalestina.org/Doc%20forumpalestina/2004/Febbraio04/27-02-0Nakba_ 1948_ Intervista_di_Benny-Morris.htm

di Benny Morris

Haaretz – 10 ottobre 2016

Il professor Daniel Blatman distorce la storia quando afferma che il nuovo stato di Israele, un paese che affrontava eserciti invasori, ha condotto una politica di espulsione delle popolazioni arabe locali.

In fondo al suo articolo della scorsa settimana, “Netanyahu, ecco che cosa è veramente la pulizia etnica”, il professor Daniel Blatman viene definito uno “storico”. In tal caso, Blatman ha tradito la sua professione attribuendomi posizioni che non ho mai sostenuto e distorcendo gli eventi della guerra del 1948.

Anzitutto nel suo articolo Blatman ignora il fatto fondamentale che sono stati i palestinesi a dare inizio alla guerra, quando hanno respinto il piano di compromesso delle Nazioni Unite ed hanno intrapreso azioni ostili in cui 1800 ebrei sono stati uccisi tra il novembre 1947 e la metà di maggio 1948. (In questo, tra l’altro, c’è differenza tra gli ebrei ed i serbi, che hanno iniziato le guerre in Yugoslavia negli anni 1990 ed hanno effettivamente attuato una pulizia etnica in Bosnia ed altrove).

Riguardo alla seconda fase della guerra del 1948, Blatman sostiene che i paesi arabi hanno invaso il futuro stato di Israele per salvare i loro fratelli palestinesi dalla pulizia etnica che gli ebrei avevano iniziato, e che la maggior parte di essi ha attaccato il nuovo stato di Israele a questo scopo. Nel corso di questa presunta pulizia etnica “più di 400.000” arabi – che secondo Blatman costituivano oltre la metà della popolazione araba palestinese – sono stati espulsi dalle loro case e costretti a fuggire dal 14 maggio (1948). (In realtà, all’epoca vi erano da 1,2 a 1,3 milioni di arabi nel paese.)

Il numero reale di coloro che sono fuggiti e sono stati costretti a fuggire era verosimilmente più basso, ma, cosa ancor più importante, gli stati arabi hanno attaccato lo stato di Israele soprattutto per nuocergli, se non per distruggerlo. Il fatto è che i loro leaders hanno minacciato l’invasione anche prima che fosse approvata la risoluzione dell’ONU il 29 novembre 1947 e prima che anche un solo arabo fosse stato cacciato dalla sua casa. Ed hanno continuato a minacciare un’invasione nei mesi seguenti, fino a maggio 1948.

Non è stata la tragedia palestinese a motivare i paesi arabi durante l’invasione. La verità è che la fuga e l’espulsione degli arabi dalle loro case prima della nascita dello stato di Israele, soprattutto da inizio aprile fino al 14 maggio 1948 [data della proclamazione dello Stato di Israele, ndt.] (è a tale proposito che sono stati sempre citati la presa di Jaffa, Tiberiade e Haifa ed il massacro di Deir Yassin) hanno alimentato l’estremismo tra le popolazioni arabe che circondavano il futuro Israele e sono state una delle ragioni per cui i leaders arabi hanno deciso di procedere all’invasione alla vigilia del 15 maggio.

Ma fattori più importanti hanno influenzato i leaders arabi nella loro decisione: per esempio, re Abdullah di Giordania voleva espandere i confini del proprio paese, il re egiziano intendeva negare a quello giordano ulteriori conquiste territoriali ed i leaders di Siria, Iraq ed Egitto temevano la reazione interna se non avessero effettuato l’invasione. La preoccupazione per il benessere degli arabi nel territorio, non ancora stato, di Israele non era il principale motivo dell’invasione araba.

Attaccare il neonato stato ebraico

Secondo Blatman, io ho sostenuto che “più di sei mesi prima che iniziasse l’invasione araba” i leaders dell’Yishuv, la comunità ebraica nella Terra di Israele, aspiravano ad espandere i confini del paese oltre quelli stabiliti dalla risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU, “e ridurre al minimo il numero” degli arabi che sarebbero rimasti nello stato ebraico.

Questo non ha senso, è una distorsione delle mie parole e della storia. Ovviamente i leaders, nei primi anni di vita di un paese, hanno interesse ad espanderne il territorio, ma c’è una grande differenza tra aspirazioni personali e politiche.

In termini politici, i leaders dell’Yishuv aspiravano ad ingrandire l’area dello stato che stava per nascere solo a partire da marzo-aprile 1948, non fin da novembre 1947. E questo è successo solo dopo quattro mesi di conflitto arabo contro l’Yishuv, che stava impostando una difesa strategica. Ed è successo solo dopo che i leaders arabi dichiararono apertamente, mattina, giorno e notte, che intendevano attaccare lo stato ebraico quando se ne fossero andati i britannici.

Riguardo al fatto di ridurre al minimo il numero di arabi, in nessun momento della guerra del 1948 fu presa una decisione da parte della leadership dell’Yishuv o dello stato di “espellere gli arabi” – né nell’ambito dell’Agenzia Ebraica né del governo di Israele; e neanche all’interno dello stato maggiore dell’Haganah [principale milizia sionista prima della creazione dell’esercito israeliano, ndt] o dell’esercito israeliano. E nessun partito importante nell’Yishuv, neppure i revisionisti [gruppi sionisti della destra nazionalista, ndt.], ha inserito tale politica nel suo programma.

E’ vero che negli anni ’30 ed all’inizio degli anni ’40 David Ben Gurion e Chaim Weizman hanno sostenuto il trasferimento di arabi dall’area del futuro stato ebraico. Ma in seguito hanno appoggiato la decisione dell’ONU, il cui piano prevedeva che più di 400.000 palestinesi rimanessero dove erano [cioè nel territorio dello Stato di Israele, ndt.].

E’ vero altresì che a partire da una certa fase della guerra Ben Gurion ha lasciato intendere ai suoi ufficiali che era preferibile che rimanessero nel nuovo paese meno arabi possibile, ma non diede mai loro l’ordine di “espellere gli arabi”. (Nel luglio 1948 si è espresso addirittura contro l’espulsione degli arabi di Nazareth, mentre ha ordinato a malincuore l’espulsione di quelli di Lod e Ramle.)

La logica del trasferimento che prevalse nel paese a cominciare dall’aprile 1948 non si è mai trasformata in una scelta politica ufficiale – il che spiega perché ci sono stati ufficiali che espulsero gli arabi ed altri che non lo fecero. Né gli uni né gli altri sono stati redarguiti o puniti.

Alla fine, nel 1948 circa 160.000 arabi sono rimasti nel territorio israeliano – un quinto della popolazione. Nel corso dei decenni questo numero è aumentato fino a 1,6 milioni. (In questo mese i loro leaders hanno deciso di non partecipare al funerale di Shimon Peres, che cercò di promuovere un accordo basato sulla soluzione di due stati.)

Nessuna politica di espulsione totale

Se Blatman legge i miei libri, può apprendere che già il 24 marzo 1948 Israel Galili, vice di Ben Gurion nel futuro Ministero della Difesa e capo dell’Haganah, ordinò a tutte le brigate dell’Haganah di non deportare gli arabi dal territorio destinato allo stato ebraico. Le cose cambiarono all’inizio di aprile a causa delle instabili condizioni dell’Yishuv e dell’imminente invasione araba. Ma non vi fu una politica di espulsione totale – in qualche luogo espulsero la popolazione, in altri no, e per la maggior parte gli arabi semplicemente scapparono.

E’ vero che a metà del 1948 il nuovo stato di Israele adottò una politica di divieto del ritorno dei rifugiati – gli stessi rifugiati che mesi e settimane prima avevano cercato di distruggere il nascituro stato. Ma io continuo a ritenere tale politica logica e giusta.

Non accetto la definizione di “pulizia etnica” per ciò che fecero gli ebrei nel futuro stato di Israele nel 1948. (Se prendiamo in considerazione Lod e Ramle, forse possiamo parlare di parziale pulizia etnica). E sicuramente non vi fu una pulizia etnica che fu “una delle più riuscite del XX secolo”, come l’ha definita Blatman. Al contrario.

Alla fine, 160.000 arabi sono rimasti sul territorio israeliano e non tutti quelli che hanno cercato di tornare dai paesi arabi dopo il 1948 sono stati espulsi, come sostiene Blatman. Molti lo sono stati, e a molti che in qualche modo sono ritornati è stato consentito di restare e sono diventati cittadini dello stato ebraico.

Detto per inciso, i paesi arabi hanno attuato una pulizia etnica e scacciato tutti gli ebrei fino all’ultimo dai territori che hanno conquistato nel 1948 – per esempio, i giordani a Gush Etzion e nella città vecchia di Gerusalemme ed i siriani a Masada, Sha’ar Hagolan e Mishmar Hayarden. Gli ebrei, d’altra parte, hanno lasciato rimanere gli arabi ad Haifa e Jaffa e nei villaggi lungo le strade principali del paese – l’autostrada Gerusalemme-Tel Aviv e Tel Aviv-Haifa – un fatto che non corrisponde all’affermazione secondo cui si è trattato di una pulizia etnica “riuscita”.

Riguardo all’attuale preoccupazione su questa questione, è assurdo, per dirla in termini blandi, sostenere che cacciare le comunità ebraiche dalla Cisgiordania sia una “pulizia etnica”, ma c’è una logica nella presenza di ebrei in zone arabe, così come che arabi vivano nello stato ebraico. Nella situazione attuale, l’impresa di colonizzazione in Giudea e Samaria [come i sionisti israeliani definiscono la Cisgiordania occupata, ndt.] costituisce un ostacolo ad una possibile pace tra noi ed i palestinesi. Io mi sono sempre opposto a questa impresa, perché una divisione in due stati per due popoli è la soluzione giusta e logica.

Purtroppo Benjamin Netanyahu ha ragione quando dice che il principale ostacolo alla pace è la mancanza di volontà degli arabi da entrambe le parti della Linea Verde di accettare un compromesso basato su due stati per due popoli, ed il loro rifiuto della legittimazione dell’impresa sionista e dello stato di Israele.

Il professor Benny Morris, storico, è autore di “La nascita della questione dei rifugiati palestinesi rivisitata.”

(Traduzione di Cristiana Cavagna)




L’ “israelizzazione” di Gerusalemme non ha funzionato

L’ “israelizzazione” di Gerusalemme è un progetto che non ha funzionato. L’ultimo attacco lo testimonia.

Meron Rapoport

Middle East Eye – martedì 11 ottobre.

 

Israele sostiene di aver convinto i palestinesi di Gerusalemme a preferire il suo dominio. L’attacco di domenica, ampiamente appoggiato dalla maggior parte dei palestinesi, dimostra il contrario.

Via Haim Bar Lev, la strada a più corsie meglio nota come “Strada n. 1”, collega la città vecchia di Gerusalemme ai suoi quartieri settentrionali. Corre per lo più parallela al confine precedente al 1967, prima che Israele occupasse ed annettesse le zone palestinesi della città, allora sotto controllo giordano.

Costruita 20 anni fa, è stata parte dei tentativi di integrare il centro di Gerusalemme con i nuovi quartieri ebraici costruiti sulla “Linea Verde” [il confine tra Israele e Giordania precedente al 1967. Ndtr.], con lo scopo di circondare i quartieri palestinesi di Gerusalemme nord e consolidare l’idea di una Grande Gerusalemme sotto il perenne dominio ebraico-israeliano.

La metropolitana leggera, costruita un decennio fa, era stata pensata come un altro tentativo di “unificare” Gerusalemme, mettendo in collegamento gli estesi quartieri annessi, in cui vivono circa 100.000 israeliani, al cuore della città, passando attraverso i quartieri densamente abitati dai palestinesi. Il percorso della metropolitana leggera corre lungo la “Strada n.1”, associando i vecchi tentativi di “unificazione” con quelli nuovi.

Progetto fallito

Cosa abbastanza interessante, Misbah Abu Sbeih, un attivista islamista del quartiere di Silwan, a Gerusalemme est, ha iniziato il suo attacco a mano armata di domenica in una stazione della metropolitana leggera situato sulla “Strada n.1”, uccidendo un’ebrea sessantenne e, in seguito, un ufficiale di polizia israeliano.

Non era la prima volta che sia la metropolitana leggera che la “Strada n.1” sono state il bersaglio di attacchi palestinesi. Dopo il brutale assassinio del giovane Muhammed Abu Khdeir [bruciato vivo dai suoi rapitori. Ndtr.] da parte di estremisti ebrei due anni fa, i quartieri palestinesi di Gerusalemme nord sono esplosi con rabbia.

Molte delle azioni violente dell’attuale haba (“sfogo” in arabo) o “Intifada dei coltelli” palestinese, iniziata esattamente un anno fa a Gerusalemme, hanno avuto luogo in vari punti lungo la “Strada n.1”. I veri e propri simboli dei tentativi di unificare e “israelizzare” Gerusalemme sono diventati i luoghi caldi della violenza e della morte.

Nonostante la sua pretesa di rappresentare Gerusalemme, con le zone annesse, come una città unificata, per molti anni Israele ha ignorato Gerusalemme est, forse nella speranza che i suoi abitanti avrebbero preferito emigrare, rafforzando così il controllo di Israele su quelle aree. Ciò è stato molto evidente nelle restrizioni sulle costruzioni palestinesi in città. Almeno un terzo delle unità immobiliari di Gerusalemme est sono state costruite senza permessi.

Pur rappresentando circa il 40% degli 830.000 abitanti della città, i quartieri palestinesi ricevono solo il 10% del bilancio municipale, a volte anche meno, determinando il più alto livello di povertà in Israele, un impressionante 75.3% di popolazione sotto il livello di povertà a Gerusalemme est.

L’attuale sindaco, Nir Barkat, eletto otto anni fa, ha apparentemente tentato di cambiare questa situazione. Barkat, strenuo oppositore di ogni concessione politica ai palestinesi di Gerusalemme, ha sostenuto che solo migliorando le condizioni di vita nei quartieri palestinesi Israele avrebbe potuto affermare la propria sovranità indiscutibile sulla città.

Durante il mandato di Barkat gli investimenti a Gerusalemme est sono aumentati e la stampa israeliana si è riempita di articoli sul processo di “israelizzazione” attraverso il quale molti palestinesi gerosolimitani sono stati formati e poi assunti.

Una ricerca condotta dal “Washington Institute” [centro studi statunitense sulla politica in Medio Oriente. Ndtr.] nel 2011 – che ha rilevato che il 40% dei palestinesi di Gerusalemme avrebbe preferito la cittadinanza israeliana piuttosto che quella palestinese – è stata vista come una prova che questo processo di “israelizzazione” era in corso. Un recente sondaggio ha dato persino un dato più alto, il 52%, che sceglierebbe di essere israeliano se Gerusalemme fosse divisa tra Israele e un futuro Stato palestinese.

Gerusalemme instabile

Che i sondaggi siano giusti o sbagliati, è assolutamente evidente che questo presunto processo di “israelizzazione” è stato molto limitato. Come ha dimostrato Aviv Tartasky, un ricercatore dell’organizzazione per i diritti umani “Ir Amim” a Gerusalemme, le autorità israeliane non sono realmente pronte a “pagare il prezzo” di un vero e significativo coinvolgimento dei palestinesi nella vita cittadina di Gerusalemme.

Ogni tentativo dei palestinesi di chiedere pari diritti, persino legittimando implicitamente la sovranità israeliana in questa città contesa, è stato liquidato o persino umiliato.

Nonostante questo presunto processo di “israelizzazione”, o forse a causa di ciò, Gerusalemme è il luogo più instabile di tutte le zone palestinesi. Nel luglio 2014 Shu’afat e altri quartieri di Gerusalemme nord hanno iniziato la loro mini-intifada dopo l’uccisione del giovane Abu Khdeir.

Nell’ottobre 2015 un accoltellamento nella Città Vecchia è stato il segnale d’inizio dell'”Intifada dei coltelli”, che continua tuttora a fasi alterne. Proprio il luogo che Israele voleva “israelizzare” è diventato la culla dell’attuale ondata di violenza.

Questa è stata di nuovo una sorpresa per le autorità israeliane. Solo un mese fa, Barkat si è vantato con attivisti del Likud [il suo partito, di destra e al governo nazionale. Ndtr.] che Israele era riuscito a ripristinare la tranquillità a Gerusalemme est grazie alla sua politica ” del bastone e della carota”, riferendosi alla chiusura e ad altre punizioni collettive inflitte ai quartieri palestinesi dopo la prima ondata di accoltellamenti.

“Gli abitanti cattivi ora capiscono..che non conviene stare dalla parte del male,” ha detto, secondo quanto citato da Haaretz.

Il suo vice, Meir Turgeman, che è anche a capo della commissione edilizia locale, è stato ancora più esplicito: “Abbiamo sempre vissuto con la falsa speranza che se avessimo aiutato questo popolo (i palestinesi), esso avrebbe cambiato il suo comportamento animalesco,” ha detto Turgeman dopo gli omicidi di domenica, “ora risulta che non è servito.”

Come risposta all’aggressione, Turgeman ha anche annunciato che bloccherà ogni permesso di costruzione per i palestinesi.

Sogni rinviati

Ohad Hemo, corrispondente di “Canale 2″ [televisione privata. Ndtr.] israeliano, ha sostenuto che l’ascesa di Hamas e di altri gruppi islamisti a Gerusalemme è, in buona misura, prodotta da Israele. Secondo Hemo, il fatto che Israele abbia espulso l’Autorità Nazionale Palestinese da Gerusalemme est, un processo che è iniziato con la chiusura dell'”Orient House” [sede dell’OLP a Gerusalemme. Ndtr.] nel 2001, ha determinato un vuoto in cui Hamas si è infiltrato.

Abu Sbieh, l’aggressore di domenica, era attivo in varie organizzazioni islamiste. Era noto in tutta Gerusalemme est come il “leone di Al-Aqsa”, per la sua partecipazione in vari incidenti con poliziotti israeliani e attivisti di destra ebrei all’interno ed attorno a quello che i musulmani chiamano ” Haram a-Sharif” [la Spianata delle Moschee. Ndtr.] e che gli ebrei chiamano “Il Monte del Tempio”.

L’identificazione come difensore di Al-Aqsa contro i tentativi israeliani di modificare lo status del luogo sacro ad entrambi – sicuramente la questione più delicata per i palestinesi a Gerusalemme ed altrove – spiega l’ampio appoggio che l’azione di Abu Sbieh ha ricevuto a Gerusalemme est. Se c’è stato sconcerto tra l’opinione pubblica palestinese riguardo al coinvolgimento di palestinesi molto giovani, a volte persino bambini di 12 anni, in episodi di accoltellamento, questo non è il caso di Abu Sbieh.

Abu Sbieh. 39 anni, è lontano dal profilo medio dei palestinesi che hanno partecipato agli attacchi, reali o presunti, contro forze di sicurezza o civili israeliani. Il fatto che abbia usato un fucile automatico F16 può indicare che non si sia trattato solo di un altro attacco improvvisato e spontaneo. E’ più simile a quelli della Seconda Intifada che a quello cui abbiamo assistito lo scorso anno.

E’ troppo presto per dire se l’incidente di domenica segnerà davvero un punto di svolta verso uno scontro più violento tra israeliani e palestinesi. Persistono illazioni sui suoi reali motivi.

Ma ancora una volta Gerusalemme ha dimostrato che, soggetta all’attuale politica israeliana, ci sono molte più probabilità che possa diventare teatro di violenze, minacciando si espandersi in altri territori palestinesi, piuttosto che un laboratorio di “israelizzazione” forzata.

Meron Rapoport  è un giornalista e scrittore israeliano, vincitore del “Premio internazionale Napoli per il Giornalismo” per un’inchiesta sul furto di ulivi a danno di proprietari palestinesi. E’ stato capo della redazione notizie di Haaretz ed ora è un giornalista indipendente.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.

(traduzione di Amedeo Rossi)

 




Morti in cifre: un anno di violenze nei territori palestinesi occupati e in Israele

di Chloe Benoist

Ma’an News

4 ottobre 2016

Betlemme (Ma’an) – Nell’ottobre 2015 è iniziata quella che è stata di volta in volta definita come un’ondata di rivolta, una sollevazione palestinese o persino l’ “Intifada di Gerusalemme”.

Qualunque sia il nome, lo scorso anno ha visto un’intensificazione di violenze mortali nei territori palestinesi occupati e in Israele. Nel corso dell’anno, Ma’an ha raccolto i dati relativi a ogni persona che è morta come parte di quest’ultimo capitolo nel conflitto israelo-palestinese.

In totale, Ma’an ha registrato la morte di 274 individui dal primo ottobre 2015 al 30 settembre 2016. Di questi morti, 235 erano palestinesi (l’85,8% dei decessi), 34 erano israeliani (12,4%) e cinque (1,8%) stranieri – due americani, un eritreo, un sudanese e un giordano.

I primi sei mesi -dall’ottobre 2015 al marzo 2016 – hanno visto la grande maggioranza dei decessi, in seguito a scontri presso la moschea di Al-Aqsa nella Gerusalemme est occupata prima della festività ebraica di Rosh Hashanah. Con 234 morti in quei primi sei mesi, la percentuale di decessi da allora è drasticamente scesa, benché una serie di uccisioni in settembre abbia portato a temere che la violenza possa di nuovo aumentare.

Analisi delle vittime palestinesi

Dopo un anno è emersa una fotografia più chiara dei palestinesi che sono morti in questo lasso di tempo. Di questi 235 palestinesi, 231 sono stati uccisi da israeliani, due da altri palestinesi durante attacchi contro gli israeliani e due si sono uccisi mentre realizzavano o cercavano di realizzare attacchi. Prendendo in considerazione le statistiche, emerge un ritratto generale del palestinese medio che è morto durante questo periodo: un giovane uomo post adolescente o sui vent’anni, del distretto di Hebron in Cisgiordania, ucciso dalle forze di sicurezza israeliane.

In base ai dati di Ma’an, l’età media dei palestinesi uccisi è di 23 anni. Tuttavia l’età più frequente dei morti è 19 anni, con 22 giovani palestinesi di quest’età morti lo scorso anno.

I minorenni costituiscono un quarto delle vittime della violenza israeliana, con 60 palestinesi con meno di 18 anni uccisi, il più giovane dei quali era un bambino di 8 mesi assassinato dalle eccessive inalazioni di gas lacrimogeno durante scontri. In totale 11 bambini palestinesi al di sotto dei 14 anni sono stati uccisi, ed altri 49 con un’età tra i 15 e i 17 anni.

Altri 118 palestinesi con un’età tra i 18 e 24 anni sono stati uccisi, con un totale di 178 vittime palestinesi nello scorso anno nati nel periodo della firma degli accordi di Oslo del 1993 o dopo.

Tre quarti degli uccisi dall’ottobre 2015 non hanno mai conosciuto nient’altro che Oslo – il che sembra confermare il rapporto tra l’aumento della violenza e le frustrazioni relative al fallimento degli accordi per la formazione di uno Stato palestinese, in un contesto di peggioramento della situazione nei territori palestinesi occupati segnato da demolizioni di case, violente incursioni notturne e vertiginoso aumento delle colonie.

Mentre un certo numero di donne e ragazze palestinesi sono state uccise – 17 delle quali mentre avrebbero o effettivamente stavano mettendo in atto degli attacchi – durante questo periodo, il loro numero impallidisce a confronto di uomini e ragazzi palestinesi. Dei 235 palestinesi uccisi, 213 erano maschi e 22 femmine – poco meno di una ogni dieci vittime.

Dal punto di vista geografico la maggioranza delle morti palestinesi – per l’esattezza 161 – è avvenuta in Cisgiordania, mentre 36 sono accadute nella città di Gerusalemme, 29 nella Striscia di Gaza assediata e 9 in Israele.

Al contempo 182 erano originari della Cisgiordania, 20 residenti nella Gerusalemme est occupata, 29 di Gaza e 3 erano cittadini palestinesi di Israele. I residenti del distretto di Hebron, per un totale di 73 morti, hanno rappresentato il 31% dei palestinesi ammazzati, confermando che il distretto meridionale della Cisgiordania è l’epicentro dell’ondata di rivolta.

Cercare di quantificare le circostanze in cui i palestinesi sono morti, tuttavia, si dimostra una questione complicata. Mentre la maggioranza dei casi risulta chiara, con riprese video o testimoni oculari in grado di confermare i fatti, in molti esempi la versione ufficiale israeliana dei fatti in cui i palestinesi sono stati uccisi per mano delle forze di sicurezza israeliane o di coloni è stata duramente contestata. In molti casi, testimoni oculari hanno sostenuto che i palestinesi assassinati non costituivano una minaccia al momento della morte o che le forze israeliane hanno collocato apposta dei coltelli o hanno manipolato in altro modo il luogo del crimine.

A causa della difficoltà di accertare le circostanze esatte di ogni caso, Ma’an ha classificato gli attacchi come “presunti” quando la versione ufficiale israeliana dei fatti non ha registrato il ferimento di israeliani e non ci sono stati testimoni esterni, oppure questi testimoni hanno messo in dubbio la versione israeliana dei fatti.

Al contempo sono state classificate come attacchi reali le situazioni in cui non ci sia stato nessun testimone esterno ma ci sia stato il ferimento di israeliani. Questo sistema approssimativo di classificazione è un riflesso della nebulosità che continua quotidianamente a permeare il conflitto israelo-palestinese.

Fatte queste avvertenze, i dati raccolti da Ma’an mostrano quanto segue:

– 69 palestinesi uccisi mentre commettevano o stavano cercando di commettere attacchi all’arma bianca

– 48 palestinesi uccisi mentre stavano presumibilmente cercando di commettere attacchi all’arma bianca

– 62 palestinesi uccisi dalle forze israeliane durante scontri o incursioni di polizia e/o esercito

– 13 palestinesi uccisi mentre commettevano attacchi con veicoli

– 8 palestinesi uccisi mentre presumibilmente commettevano attacchi con veicoli

– 8 palestinesi uccisi mentre commettevano attacchi con armi da fuoco

– 4 palestinesi uccisi mentre presumibilmente commettevano o cercavano di commettere attacchi con armi da fuoco

– 5 palestinesi uccisi mentre commettevano attacchi simultanei con armi da fuoco e all’arma bianca

– 3 palestinesi uccisi mentre commettevano attacchi simultanei con armi da fuoco e con veicoli

– 1 palestinese ucciso mentre commetteva un attacco simultaneo all’arma bianca con un veicolo

– 2 palestinesi uccisi mentre commettevano attacchi con ordigni esplosivi o incendiari

– 2 palestinesi uccisi mentre presumibilmente commettevano attacchi con ordigni esplosivi o incendiari

– 5 palestinesi uccisi da attacchi aerei e bombardamenti

– 5 palestinesi uccisi mentre assistevano ad atti di violenza

Basandosi su questi dati, 122 palestinesi, ossia il 52% , sono stati uccisi mentre commettevano o si afferma che stessero commetendo attacchi all’arma bianca, confermando l’impressione che lo scorso anno sia stato segnato da attacchi in scala ridotta con coltelli o armi simili.

Analisi delle vittime israeliane

Invece il profilo delle vittime israeliane della violenza disegna un’immagine diversa.

Per le vittime israeliane l’età media è stata di 37 anni, con la vittima più giovane, Hallel Ariel, che aveva 13 anni, l’unico minore israeliano ucciso nell’ondata di rivolta. Le età più frequenti sono state 19 e 21 anni, – un fatto che non sorprende, dato che la stragrande maggioranza degli attacchi palestinesi ha preso di mira soldati, che normalmente iniziano il servizio militare a 18 anni.

Tuttavia soldati e poliziotti contano solo 7 morti, il che può essere spiegato con l’alto livello di protezioni ed equipaggiamento protettivo indossato durante il servizio militare, che deve aver presumibilmente evitato ferite mortali in numerosi attacchi.

Al contempo 18 israeliani assassinati risiedevano nelle colonie illegali di Gerusalemme est e della Cisgiordania. Il fatto che i coloni siano meno armati o protetti dei soldati li ha resi bersagli più vulnerabili per gli attacchi, mentre le restrizioni agli spostamenti dei palestinesi fuori dai territori palestinesi occupati hanno reso gli israeliani che vi abitano obiettivi più accessibili per i palestinesi che intendevano attaccare israeliani.

Circa 24 israeliani sono stati uccisi in Cisgiordania e a Gerusalemme est, mentre altri 10 sono stati uccisi in Israele. All’interno di Israele, la città costiera di Tel Aviv è stata di gran lunga la più colpita, con tre attacchi separati che hanno ucciso 8 israeliani – così come un cittadino palestinese di Israele.

Riguardo al sesso, 8 degli israeliani uccisi erano donne, rappresentando il 23,5% delle vittime, con una sola di queste che faceva parte delle forze di sicurezza.

Riguardo invece alle circostanze della morte, secondo i dati di Ma’an:

– 16 israeliani sono stati uccisi in attacchi all’arma bianca

– 12 israeliani sono stati uccisi in attacchi con armi da fuoco

– 2 israeliani sono stati uccisi in attacchi, reali o presunti, con veicoli

– 2 israeliani sono stati uccisi in attacchi simultanei con armi da fuoco e all’arma bianca

– 2 israeliani sono stati uccisi da fuoco amico.

Mentre 32 israeliani sono stati uccisi dai palestinesi, due altri sono stati uccisi dalle forze israeliane che stavano cercando di sparare a presunti aggressori palestinesi.

Mentre il ritmo delle violenze si è significativamente ridotto dall’ottobre 2015, lo scorso mese ha visto un accentuato incremento delle vittime. L’ultima, il ventottenne Naseem Abu Meizar, è stato ucciso dalle forze israeliane il 30 settembre, mentre 7 palestinesi e un giordano sono stati uccisi dagli israeliani nello spazio di 5 giorni.

Circa un anno dopo che il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha reso pubblico un monito in cui metteva in relazione la violenza nei territori palestinesi occupati e in Israele con l’impatto sociale e politico dell’occupazione israeliana sui palestinesi, ma la recrudenscenza di violenza omicida resta una possibilità reale.

“Non possiamo ignorare il senso di disperazione che giunge con il lento svanire della speranza,” ha detto Ban all’epoca. “Dobbiamo porre fine al circolo senza fine, inutile e insensato di sofferenze e iniziare il duro lavoro necessario per ripristinare la convinzione che autentici progressi verso la pace siano possibili. Non fare ciò incoraggerà solo i sostenitori della violenza e della divisione.”

Qui di seguito trovate un elenco compilato da Ma’an con i palestinesi uccisi da israeliani, israeliani uccisi da palesitnesi e altre vittime della violenza dal 1 ottobre 2015 al 30 settembre 2016.

Palestinesi uccisi da israeliani

#

Data dell’attacco

Nome

Età

Sex

Luogo del decesso/ferite mortali

Causa della morte

Circostanze

Luogo di residenza

1

3 Ottobre 2015

Mohannad Shafiq Halabi

19

M

Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Surda, distretto di Ramallah

2

3 Ottobre 2015

Fadi Samir Mustafa Alloun

19

M

Gerusalemme ovest

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Issawiya, Gerusalemme est

3

4 Ottobre 2015

Huthayfa Othman Suleiman

18

M

Tulkarem, distretto di Tulkarem

Colpito dall’esercito, morto in seguito alle ferite

Scontri

Balaa, distretto di Tulkarem

4

4 Ottobre 2015

Abd al-Rahman Ubeidallah

13

M

Campo di rifugiati di Aida, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Scontri

campo di rifugiati di Aida, distretto di Betlemme

5

7 Ottobre 2015

Amjad Hatem al-Jundi

20

M

Kiryat Gat, Israele

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Yatta, distretto di Hebron

6

8 Ottobre 2015

Wissam Faraj

20

M

campo di rifugiati di Shufat, distretto di Gerusalemme

Ucciso dalla polizia di frontiera

Scontri

Campo di rifugiati di Shufat, distretto di Gerusalemme

7

8 Ottobre 2015

Thaer Abu Ghazaleh

19

M

Tel Aviv, Israele

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Città Vecchia, Gerusalemme est

8

8 Ottobre 2015

Ibrahim Ahmad Mustafa Aoud

27

M

Beit Ummar, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito, morto in seguito alle ferite

Scontri

Beit Ummar, distretto di Hebron

9

9 Ottobre 2015

Muhammad Fares Abdullah al-Jaabari

19

M

Colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

10

9 Ottobre 2015

Shadi Hussam Dawla

20

M

Al-Shujayya, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Al-Shujayya, Gaza

11

9 Ottobre 2015

Ahmad al-Harbawi

20

M

Al-Shujayya, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

campo di rifugiati di Al-Nuseirat, Gaza

12

9 Ottobre 2015

Abed al-Wahidi

20

M

Al-Shujayya, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Al-Shujayya, Gaza

13

9 Ottobre 2015

Muhammad al-Raqeb

15

M

Khan Yunis, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Bani Suheila, Gaza

14

9 Ottobre 2015

Ziad Nabil Sharaf

20

M

Khan Yunis, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Khan Yunis, Gaza

15

9 Ottobre 2015

Adnan Moussa Abu Elayyan

22

M

Khan Yunis, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Bani Suheila, Gaza

16

9 Ottobre 2015

Jihad Salim al-Ubeid

22

M

Abasan al-Kabirah, Gaza

Colpito dall’esercito, morto in seguito alle ferite

Scontri

Wadi al-Salqa, Gaza

17

10 Ottobre 2015

Ishaq Badran

16

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Kafr Aqab, Gerusalemme est

18

10 Ottobre 2015

Muhammad Saed Ali

19

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Campo di rifugiati di Shufat, distretto di Gerusalemme

19

10 Ottobre 2015

Marwan Barbakh

13

M

Abasan al-Kabirah, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Khan Yunis, Gaza

20

10 Ottobre 2015

Khalil Othman

15

M

Abasan al-Kabirah, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Khan Yunis, Gaza

21

10 Ottobre 2015

Ahmad Salah

24

M

Campo di rifugiati di Shufat, distretto di Gerusalemme

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Shufat, distretto di Gerusalemme

22

11 Ottobre 2015

Ahmad Sharaka

13

M

Al-Bireh, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di al-Jalazun, distretto di Ramallah

23

11 Ottobre 2015

Nour Rasmi Hassan

25

F

Gaza City, Gaza

Crollo della casa

Attacco aereo

Gaza City, Gaza

24

11 Ottobre 2015

Rahaf Yahya Hassan

2

F

Gaza City, Gaza

Crollo della casa

Attacco aereo

Gaza City, Gaza

25

11 Ottobre 2015

Khalil Hassan Abu Ubeid

25

M

Campo di rifugiati di Al-Bureij, Gaza

Colpito da una granata lacrimogena, morto in seguito alle ferite

Scontri

Khan Yunis, Gaza

26

12 Ottobre 2015

Mustafa Adel al-Khatib

18

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dall’esercito

Presunto attacco all’arma bianca

Jabal al-Mukabbir, Gerusalemme est

27

12 Ottobre 2015

Hassan Khalid al-Manasra

15

M

Colonia di Pisgat Zeev, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Beit Hanina, Gerusalemme est

28

12 Ottobre 2015

Mohammed Nazmi Elayyan Shamasma

23

M

Gerusalemme ovest

Ucciso dalla polizia

Tentativo di attacco all’arma bianca

Qatanna, distretto di Gerusalemme

29

13 Ottobre 2015

Bahaa Elayyan

22

M

Gerusalemme ovest

Ucciso dalla polizia

Attacco con arma bianca e arma da fuoco

Jabal al-Mukabbir, Gerusalemme est

30

13 Ottobre 2015

Alaa Daoud Ali Abu Jamal

33

M

Gerusalemme ovest

Ucciso da un civile

Attacco con arma bianca e arma da fuoco

Jabal al-Mukabbir, Gerusalemme est

31

13 Ottobre 2015

Mutaz Ibrahim Zawahreh

27

M

Betlemme, Betlemme distretto di

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Al-Duheisha, distretto di Betlemme

32

14 Ottobre 2015

Basil Bassam Ragheb Sidr

20

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia di frontiera

Presunto attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

33

14 Ottobre 2015

Ahmad Shaaban

23

M

Gerusalemme ovest

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Ras al-Amoud, Gerusalemme est

34

16 Ottobre 2015

Yahya Karira

20

M

Gaza City, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Gaza City, Gaza

35

16 Ottobre 2015

Eyad Khalil Awawdeh

26

M

Halhul, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Al-Muwarraq, distretto di Hebron

36

16 Ottobre 2015

Ihab Jihad Hanani

19

M

Beit Furik, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Scontri

Beit Furik, distretto di Nablus

37

16 Ottobre 2015

Yahiya Abd al-Qader Farhat

24

M

Checkpoint di Erez, Gaza

Ucciso dall’esercito, morto in seguito alle ferite

Scontri

Al-Shati, Gaza

38

16 Ottobre 2015

Mahmoud Hatim Hmeid

22

M

Gaza City, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Gaza City, Gaza

39

16 Ottobre 2015

Shawiq Jamal Jabr Ubeid

37

M

Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Jabaliya, Gaza

40

17 Ottobre 2015

Fadil Muhammad Awad al-Qawasmi

18

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso da un colono

Presunto attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

41

17 Ottobre 2015

Tareq al-Natsheh

16

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dalla polizia di frontiera

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

42

17 Ottobre 2015

Omar al-Faqih

23

M

Checkpoint di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso dalla polizia di frontiera

Attacco all’arma bianca

Qatanna, distretto di Gerusalemme

43

17 Ottobre 2015

Muataz Ahmad Hajis Uweisat

16

M

Colonia di Armon Hanatziv, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia di frontiera

Presunto attacco all’arma bianca

Jabal al-Mukabbir, Gerusalemme est

44

17 Ottobre 2015

Bayan Ayman Abd al-Hadi al-Esseili

17

F

Hebron, distretto di Hebron

Uccisa dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

45

18 Ottobre 2015

Muhannad al-Aqabi

21

M

Beersheba, Israele

Ucciso dall’esercito

Attacco con arma da fuoco

Hura, Israele

46

20 Ottobre 2015

Uday Hashim al-Masalma

24

M

Beit Awwa, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Beit Awwa, distretto di Hebron

47

20 Ottobre 2015

Bashar Nidal al-Jabari

15

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

48

20 Ottobre 2015

Hussam Ismail al-Jabari

17

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

49

20 Ottobre 2015

Hamzeh Moussa al-Imla

25

M

Colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Attacco con veicolo

Beit Ula, distretto di Hebron

50

20 Ottobre 2015

Ahmad al-Sarhi

27

M

vicino a al-Bureij, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Deir al-Balah, Gaza

51

21 Ottobre 2015

Mutaz Atallah Qassem

22

M

Vicino alla colonia di Adam, distretto di Gerusalemme

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Al-Eizariya, distretto di Gerusalemme

52

21 Ottobre 2015

Hashem al-Azzeh

54

M

Hebron, distretto di Hebron

Eccesso di gas lacrimogeni

Scontri

Hebron, distretto di Hebron

53

22 Ottobre 2015

Mahmoud Khalid Ghneimat

20

M

Beit Shemesh, Israele

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Surif, distretto di Hebron

54

24 Ottobre 2015

Ahmad Muhammad Said Kamil

16

M

Checkpoint di Al-Jalama, distretto di Jenin

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

55

25 Ottobre 2015

Dania Irsheid

17

F

Hebron, distretto di Hebron

Uccisa dalla polizia di frontiera

Presunto

tentativo di attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

56

26 Ottobre

2015

Raed Saket Abdul-Rahim Jaradat

22

M

Incrocio di Beit Einun, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Sair, distretto di Hebron

57

26 Ottobre

2015

Saad Muhammad Youssef al-Atrash

19

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Tentativo di attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

58

26 Ottobre

2015

Iyad Rawhi Jaradat

17

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Scontri

Sair, distretto di Hebron

59

27 Ottobre 2015

Shabaan Abu Shkeidem

17

M

Colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

60

27 Ottobre 2015

Shadi Nabil Abd al-Muti al-Qudsi

22

M

Colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

61

27 Ottobre 2015

Hammam Said

23

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Alleged attempted Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

62

28 Ottobre 2015

Islam Rafiq Hammad Ibeido

23

M

Colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

63

29 Ottobre 2015

Mahdi Mohammad Ramadan al-Muhtasib

23

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

64

29 Ottobre 2015

Farouq Abd al-Qader Omar Sidr

19

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

65

30 Ottobre 2015

Qassem Mahmoud Sabaneh

19

M

Checkpoint di Zaatara, distretto di Nablus

Ucciso dalla polizia di frontiera

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

66

30 Ottobre 2015

Ramadan Mohammad Faisal Thawabta

8 mesi

M

Beit Fajjar, distretto di Betlemme

Eccesso di gas lacrimogeni

Scontri

Beit Fajjar, distretto di Betlemme

67

30 Ottobre 2015

Ahmad Hamada Qneibi

24

M

Sheikh Jarrah, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Kafr Aqab, Gerusalemme est

68

31 Ottobre 2015

Mahmoud Talal Mahmoud Nazzal

18

M

Checkpoint di Al-Jalama, distretto di Jenin

Ucciso da una guardia giurata

Alleged attempted Attacco all’arma bianca

Qabatiya, Jenin distretto di

69

1 Novembre 2015

Fadi Hasan al-Faroukh

27

M

Beit Einun, distretto di Hebron

Ucciso dalla polizia di frontiera

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Sair, distretto di Hebron

70

2 Novembre 2015

Ahmed Awad Abu al-Rub

16

M

Al-Jalameh, distretto di Jenin

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

71

4 Novembre 2015

Ibrahim Skafi

22

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco con un veicolo

Tulkarem, distretto di Tulkarem

72

5 Novembre 2015

Malik Talal al-Sharif

25

M

Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

73

6 Novembre 2015

Tharwat al-Sharawi

72

F

Halhul, distretto di Hebron

Uccisa dall’esercito

Presunto attacco con un veicolo

Hebron, distretto di Hebron

74

6 Novembre 2015

Salameh Musa Abu Jame

23

M

Khan Yunis, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Bani Suheila, Gaza

75

8 Novembre 2015

Sulaiman Aqel Muhammad Shahin

22

M

Checkpoint di Zaatara, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Attacco con un veicolo

Al-Bireh, distretto di Ramallah

76

9 Novembre 2015

Rasha Muhammad Oweisi

24

F

Checkpoint di Eliyahu vicino alla colonia di Alfei Menashe, distretto di Qalqiliya

Uccisa dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Qalqiliya, distretto di Qalqiliya

77

10 Novembre 2015

Sadeq Ziad Gharbiyeh

16

M

Al-Sawahrah al-Sharqiyah, distretto di Gerusalemme

Ucciso dalla polizia di frontiera

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Sanur, distretto di Jenin

78

10 Novembre 2015

Muhammad Nimr

37

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso da una guardia giurata

Presunto attacco all’arma bianca

Al-Issawiya, Gerusalemme est

79

11 Novembre 2015

Ibrahim Abd al-Halim Yousif Dawood

16

M

Al-Bireh, distretto di Ramallah

Colpito dall’esercito, morto in seguito alle ferite

Scontri

Deir Ghassan, distretto di Ramallah

80

11 Novembre 2015

Mahmoud Said Elayyan

20

M

Ramallah, distretto di Ramallah

Colpito dall’esercito, morto in seguito alle ferite

Scontri

Anata, distretto di Gerusalemme

81

12 Novembre 2015

Abdullah Azzam Shalaldah

28

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso da soldati mascherati

Incursione dell’esercito

Sair, distretto di Hebron

82

12 Novembre 2015

Issa al-Shalaldah

22

M

Hebron, distretto di Hebron

Colpito dall’esercito, morto in seguito alle ferite

Scontri

Sair, distretto di Hebron

83

13 Novembre 2015

Hassan Jihad al-Baw

23

M

Halhul, Hebron distretto di

Ucciso dall’esercito

Scontri

Halhul, Hebron distretto di

84

13 Novembre 2015

Lafi Yousif Mustafa Awad

22

M

Budrus, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Scontri

Budrus, distretto di Ramallah

85

16 Novembre 2015

Laith Assad Manasra

21

M

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

86

16 Novembre 2015

Ahmad Abu al-Aish

28

M

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Scontri

Qalandiya campo di rifugiati di, distretto di Ramallah

87

17 Novembre 2015

Muhammad Munir Hassan Saleh

24

M

Turmusayya, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Shooting attack

Arura, distretto di Ramallah

88

Novembre 22, 2015

Issa Thawabta

34

M

Colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Beit Fajjar, distretto di Betlemme

89

22 Novembre 2015

Ashraqat Taha Ahmad Qatanani

16

F

Huwwara, distretto di Nablus

Scappato, ucciso da un colono

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Nablus, distretto di Nablus

90

22 Novembre 2015

Shadi Khasib

32

M

Gerusalemme ovest

Ucciso da un colono

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Al-Bireh, distretto di Ramallah

91

23 Novembre 2015

Hadeel Wajih Awwad

14

F

Gerusalemme ovest

Uccisa da una guardia giurata

Attacco all’arma bianca

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

92

Novembre 23, 2015

Ahmad Jamal Taha

16

M

Route 443, Ramallah distretto di

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Qutna, Ramallah distretto di

93

23 Novembre 2015

Alaa Khalil Sabah Hashash

16

M

Huwwara, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Tentativo di attacco all’arma bianca

Nablus, distretto di Nablus

94

23 Novembre 2015

Samah Abd al-Mumen Ahmad

18

F

Huwwara, distretto di Nablus

Colpita dall’esercito, morta in seguito alle ferite

Spettatrice di un tentativo di attacco all’arma bianca

Amuriyya, distretto di Nablus

95

25 Novembre 2015

Muhammad Ismail Shubaki

19

M

Vicino al campo di rifugiati di al-Fawwar, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Campo di rifugiati di Al-Arrub, distretto di Hebron

96

26 Novembre 2015

Yahya Yusri Taha

21

M

Qatanna, distretto di Gerusalemme

Ucciso dall’esercito

Scontri

Qatanna, distretto di Gerusalemme

97

26 Novembre 2015

Samer Hassan Mbadda Sarisi

51

M

Checkpoint di Zaatara, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Jenin, distretto di Jenin

98

26 Novembre 2015

Khalid Mahmoud al-Jawabreh

19

M

Campo di rifugiati di Al-Arrub, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Al-Arrub, distretto di Hebron

99

27 Novembre 2015

Fadi Muhammad Mahmoud Khasib

25

M

Vicino alla colonia di Kfar Adumim, distretto di Gerusalemme

Ucciso da un colono

Attacco con un veicolo

Al-Bireh, distretto di Ramallah

100

27

Novembre 2015

Omar Arafat Issa al-Zaaqiq

19

M

Beit Ummar, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco con un veicolo

Beit Ummar, distretto di Hebron

101

29 Novembre 2015

Baseem Abd al-Rahman Mustafa Salah

38

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Nablus, distretto di Nablus

102

29 Novembre 2015

Ayman Samih al-Abbasi

17

M

Silwan, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Scontri

Silwan, Gerusalemme est

103

1 Dicembre, 2015

Mamoun al-Khatib

16

M

Gush Etzion Colonia di, Betlemme distretto di

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Doha, distretto di Betlemme

104

1 Dicembre 2015

Maram Ramiz Hassouna

19

F

Checkpoint di Enav, distretto di Tulkarem

Uccisa dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Rafidia, distretto di Nablus

105

3 Dicembre 2015

Mazin Hasan Ureiba

35

M

Checkpoint di Hizma distretto di Gerusalemme

Ucciso dall’esercito

Attacco con arma da fuoco

Abu Dis, distretto di Gerusalemme

106

3 Dicembre 2015

Izz al-Din Abdallah Muhammad Raddad

21

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Saida, distretto di Tulkarem

107

4 Dicembre 2015

Taher Faysal Fannoun

19

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

108

4 Dicembre 2015

Mustafa Fadhil Fannoun

15

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

109

4 Dicembre 2015

Anas Bassam Hammad

21

M

vicino alla colonia di Ofar, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Attacco con un veicolo

Silwad, distretto di Ramallah

110

4 Dicembre 2015

Abd al-Rahman Barghouthi

26

M

Abud, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Abud, distretto di Ramallah

111

6 Dicembre 2015

Omar Skafi

21

M

Gerusalemme ovest

Ucciso dalla polizia

Attacco con un veicolo e all’arma bianca

Beit Hanina, Gerusalemme est

112

7 Dicembre 2015

Ihab Fathi Miswadi

21

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dalla polizia di frontiera

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

113

8 Dicembre 2015

Malik Akram Shahin

19

M

Campo di rifugiati di Al-Duheisha, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Incursione dell’esercito

campo di rifugiati di Al-Duheisha, distretto di Betlemme

114

9 Dicembre 2015

Abd al-Rahman Miswadeh

21

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso da una guardia giurata

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

115

11 Dicembre

2015

Omar al-Hroub

55

M

Halhul, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco con un veicolo

Deir Samit, distretto di Hebron

116

11 Dicembre

2015

Uday Irsheid

24

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Scontri

Hebron, distretto di Hebron

117

11 Dicembre

2015

Sami Shawqi Madhi

41

M

campo di rifugiati di Al-Bureij,

Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

campo di rifugiati di Al-Bureij,

Gaza

118

14 Dicembre 2015

Abd al-Muhsen Hassuneh

21

M

Gerusalemme ovest

Ucciso dalla polizia

Attacco con un veicolo

Beit Hanina, Gerusalemme est

119

16 Dicembre 2015

Ahmad Jahajha

20

M

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Presunto attacco con un veicolo

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

120

16 Dicembre 2015

Hikmat Hamdan

29

M

campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Presunto attacco con un veicolo

Al-Bireh, distretto di Ramallah

121

17 Dicembre 2015

Abdullah Hussein Nasasra

15

M

Checkpoint di Huwwara, Nablus distretto di

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Beit Furik, distretto di Nablus

122

18

Dicembre 2015

Muhammad Abd al-Rahman Ayyad

21

M

Silwad, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Attacco con un veicolo

Silwad, distretto di Ramallah

123

18

Dicembre, 2015

Nashaat Asfour

34

M

Sinjil, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Scontri

Sinjil, distretto di Ramallah

124

18 Dicembre 2015

Mahmoud Muhammad Saed al-Agha

20

M

Khan Yunis, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Khan Yunis, Gaza

125

23

Dicembre 2015

Issa Assaf

21

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

126

23 Dicembre 2015

Anan Abu Habsa

20

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

127

24 Dicembre 2015

Wisam Abu Ghwaila

22

M

vicino alla colonia di Geva Binyamin, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Attacco con un veicolo

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

128

24 Dicembre 2015

Iyad Jamal Issa Ideis

25

M

Checkpoint di Ari, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Yatta, distretto di Hebron

129

24 Dicembre 2015

Muhammad Zahran Abdul-Halim Zahran

22

M

Colonia di Ariel, distretto di Salfit

Ucciso da una guardia giurata

Attacco all’arma bianca

Kafr al-Dik, distretto di Salfit

130

24 Dicembre 2015

Bilal Zayid

23

M

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

131

25 Dicembre 2015

Hani Rafiq Wahdan

22

M

Shujayya, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Shujayya, Gaza

132

25 Dicembre 2015

Mahdia Mohammad Ibrahim Hammad

39

F

Silwad, distretto di Ramallah

Uccisa dalla polizia

Presunto attacco con un veicolo

Silwad, distretto di Ramallah

133

25 Dicembre 2015

Yousif Abu Sbeikha al-Buheiri

48

M

Al-Maghazi, campo di rifugiati di Gaza

Ucciso dall’esercito, deceduto in seguito alle ferite

Scontri

Campo di rifugiati di Al-Maghazi, Gaza

134

26 Dicembre 2015

Maher al-Jabi

56

M

Checkpoint di Huwwara, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Attacco con un veicolo

Nablus, distretto di Nablus

135

26 Dicembre 2015

Musab Mahmoud al-Ghazali

26

M

Gerusalemme ovest

Ucciso dalla polizia

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Silwan, Gerusalemme est

136

27 Dicembre 2015

Muhammad Rafiq Hussein Sabana

17

M

Huwwara, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

137

27 Dicembre 2015

Nour al-Deen Muhammad Abdul-Qadir Sabana

23

M

Huwwara, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

138

31 Dicembre 2015

Hassan Ali Hassan Bozor

22

M

Checkpoint di Huwwara, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Attacco con un veicolo

Raba, distretto di Jenin

139

5 Gennaio 2016

Ahmad Younis Kawazba

17

M

Incrocio della colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Sair, distretto di Hebron

140

7 Gennaio 2016

Ahmad Salim Abd al-Majid Kawazba

21

M

Incrocio della colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Sair, distretto di Hebron

141

7 Gennaio 2016

Alaa Abed Muhammad Kawazba

17

M

Incrocio della colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Sair, distretto di Hebron

142

7 Gennaio 2016

Muhannad Ziyad Kawazba

20

M

Incrocio della colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Sair, distretto di Hebron

143

7 Gennaio 2016

Khalil Muhammad al-Shalaldah

16

M

Beit Einun junction, Hebron distretto di

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Sair, distretto di Hebron

144

8 Gennaio 2016

Nashat Melhem

29

M

Arara, Israele

Ucciso dalla polizia

Astante durante una sparatoria mortale

Arara, Israele

145

9 Gennaio 2016

Ali Abu Maryam

26

M

Checkpoint di Al-Hamra, distretto di Tubas

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Al-Judeida, distretto di Jenin

146

9 Gennaio 2016

Said Abu al-Wafa

38

M

Checkpoint di Al-Hamra, distretto di Tubas

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Al-Zawiya, distretto di Jenin

147

12 Gennaio 2016

Srour Ahmad Abu Srour

21

M

Beit Jala, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Aida, distretto di Betlemme

148

12 Gennaio 2016

Muhammad Ahmad Khalil Kawazba

23

M

Incrocio di Beit Einun, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Sair, distretto di Hebron

149

12 Gennaio 2016

Adnan Hamid al-Mashni

17

M

Incrocio di Beit Einun, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Complice in presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Al-Shuyukh, distretto di Hebron

150

13 Gennaio 2016

Mousa Zaiter

23

M

Beit Lahiya, Gaza

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco con esplosivo

Jabaliya, Gaza

151

14 Gennaio 2016

Muayyad Awni Jabbarin

20

M

Incrocio di Beit Einun, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Sair, distretto di Hebron

152

14 Gennaio 2016

Haitham Mahmoud Abd al-Jalil

31

M

Checkpoint vicino a Asira al-Shamaliya, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Presunto attacco all’arma bianca

Asira al-Shamaliya, distretto di Nablus

153

15 Gennaio 2016

Muhammad Abu Zayed

19

M

Campo di rifugiati di Al-Bureij, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Al-Bureij, Gaza

154

15 Gennaio 2016

Muhammad Majdi Qaita

26

M

Campo di rifugiati di Al-Bureij, Gaza

Ucciso dall’esercito

Scontri

Khan Yunis, Gaza

155

17 Gennaio 2016

Wissam Marwan Qasrawa

21

M

Checkpoint di Huwwara, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Misliya, distretto di Nablus

156

23 Gennaio 2016

Ruqayya Eid Abu Eid

13

F

Colonia di Almon, distretto di Gerusalemme

Uccisa da una guardia giurata

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Anata, distretto di Gerusalemme

157

25 Gennaio 2016

Hussein Muhammad Abu Ghush

17

M

Colonia di Beit Horon, distretto di Ramallah

Ucciso da una guardia giurata

Attacco all’arma bianca

Qalandiya campo di rifugiati di, distretto di Ramallah

158

25 Gennaio 2016

Osama Youssef Allan

23

M

Colonia di Beit Horon, distretto di Ramallah

Ucciso da una guardia giurata

Attacco all’arma bianca

Beit Ur al-Tahta, distretto di Ramallah

159

31Gennaio 2016

Amjad Jaser Sukkari

34

M

Checkpoint vicino alla colonia di Beit El, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Attacco con armi da fuoco

Nablus, distretto di Nablus

160

1 Febbraio, 2016

Ahmad Hassan Tuba

19

M

vicino alla Colonia di Salit, distretto di Tulkarem

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Kafr Jammal, distretto di Tulkarem

161

3 Febbraio 2016

Ahmad Rajeh Ismail Zakarneh

19

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia di frontiera

Sparatoria, attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

162

3 Febbraio 2016

Muhammad Ahmad Hilmi Kamil

19

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia di frontiera

Sparatoria, attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

163

3 Febbraio 2016

Najeh Ibrahim Abu al-Rub

20

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia di frontiera

Sparatoria, attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

164

5 Febbraio 2016

Haitham Ismail Muhammad al-Baw

14

M

vicino a Halhul, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Presunto attacco con bottiglie molotov

Halhul, distretto di Hebron

165

10 Febbraio 2016

Omar Yousef Madi al-Jawabreh

16

M

Campo di rifugiati di Al-Arrub, Hebron distretto di

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Al-Arrub, distretto di Hebron

166

13 Febbraio 2016

Kilzar Muhammad Abd al-Halim Azmi al-Uweiwi

18

F

Hebron, distretto di Hebron

Uccisa dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

167

14 Febbraio 2016

Nihad Raed Muhammad Waqed

15

M

Vicino a al-Araqa, distretto di Jenin

Ucciso dall’esercito

Presunto attacco con arma da fuoco

al-Araqa, distretto di Jenin

168

14 Febbraio 2016

Fuad Marwan Khalid Waqed

15

M

vicino a al-Araqa, distretto di Jenin

Ucciso dall’esercito

Presunto attacco con arma da fuoco

al-Araqa, distretto di Jenin

169

14 Febbraio 2016

Naim Ahmad Yousif Safi

17

M

Checkpoint di Mazmoria, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Al-Ubeidiya, distretto di Betlemme

170

14 Febbraio 2016

Mansour Yasser Abdul-Aziz Shawamrah

20

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Presunto attacco con arma da fuoco

Al-Qubeiba, distretto di Gerusalemme

171

14 Febbraio 2016

Omar Muhammad Amro

20

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Presunto attacco con arma da fuoco

Al-Qubeiba, distretto di Gerusalemme

172

19 Febbraio 2016

Muhammad Abu Khalaf

20

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Kafr Aqab, Gerusalemme est

173

19 Febbraio 2016

Abed Raed Abdullah Hamad

20

M

Silwad, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Attacco con un veicolo

Silwad, distretto di Ramallah

174

19 Febbraio 2016

Khaled Yousif Taqatqa

21

M

Beit Fajjar, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Scontri

Beit Fajjar, distretto di Betlemme

175

20 Febbraio 2016

Qusay Diab Abu al-Rub

15

M

Checkpoint di Beita, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

176

26 Febbraio 2016

Mahmoud Muhammad Ali Shaalan

17

M

Checkpoint di Beit El, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Deir Dibwan, distretto di Ramallah

177

1 Marzo 2016

Iyad Omar Sajadiyya

22

M

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

178

1 Marzo 2016

Nahid Fawzi Muteir

24

M

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito, deceduto in seguito alle ferite

Scontri

Campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

179

2 Marzo 2016

Labib Khaldoon Anwar Azzam

17

M

Colonia di Eli, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Qaryut, distretto di Nablus

180

2 Marzo 2016

Muhammad Hisham Ali Zaghlawan

17

M

Colonia di Eli, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Qaryut, distretto di Nablus

181

4 Marzo 2016

Amani Husni Sabatin

34

F

Incrocio della colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Uccisa dall’esercito

Presunto attacco con un veicolo

Husan, distretto di Betlemme

182

8 Marzo 2016

Fadwa Ahmad Abu Teir

50

F

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia di frontiera

Presunto tentativo di Attacco all’arma bianca

Umm Tuba, Gerusalemme distretto di

183

8 Marzo 2016

Fouad Abu Rajab al-Tamimi

21

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia di frontiera

Attacco a mano armata

Issawiya, Gerusalemme est

184

8 Marzo 2016

Bashar Masalha

22

M

Jaffa, Israele

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Al-Hajja, distretto di Qalqiliya

185

8 Marzo 2016

Abd al-Rahman Radad

17

M

Petah Tikva, Israele

Ucciso dalla polizia

Attacco all’arma bianca

Al-Zawiya, distretto di Salfit

186

9 Marzo 2016

Abd al-Malak Saleh Abu Kharoub

19

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco con arma da fuoco

Kafr Aqab, Gerusalemme est

187

9 Marzo 2016

Muhammad Jamal al-Kalouti

21

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Ucciso dalla polizia

Attacco con arma da fuoco

Kafr Aqab, Gerusalemme est

188

9 Marzo 2016

Ahmad Yousef Amer

16

M

Al-Zawiya, distretto di Salfit

Ucciso dall’esercito

Tentativo di attacco all’arma bianca

Masha, distretto di Salfit

189

12 Marzo 2016

Yasin Suleiman Abu Khusah

9

M

Beit Lahiya, Gaza

Razzo dell’esercito sulla sua casa

Attacco aereo

Beit Lahiya, Gaza

190

12 Marzo 2016

Israa Suleiman Abu Khusah

6

F

Beit Lahiya, Gaza

Razzo dell’esercito sulla sua casa

Attacco aereo

Beit Lahiya, Gaza

191

14 Marzo 2016

Qasem Farid Jaber

31

M

Vicino alla colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Sparatoria, attacco con un veicolo

Hebron, distretto di Hebron

192

14 Marzo 2016

Ameer Fuad al-Junaidi

22

M

Vicino alla colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Sparatoria, attacco con un veicolo

Hebron, distretto di Hebron

193

14 Marzo 2016

Yousef Mustafa Tarayra

18

M

Vicino alla colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Sparatoria, attacco con un veicolo

Bani Naim, distretto di Hebron

194

17 Marzo 2016

Ali Jamal Muhammad Taqatqa

19

M

Vicino alla colonia di Ariel, distretto di Salfit

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Beit Fajjar, distretto di Betlemme

195

17 Marzo 2016

Ali Abd al-Rahman al-Kar Thawabta

20

M

Vicino alla colonia di Ariel, distretto di Salfit

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Beit Fajjar, distretto di Betlemme

196

18 Marzo 2016

Mahmud Ahmad Abu Fanunah

21

M

Incrocio della colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

197

19 Marzo 2016

Abdullah Muhammad al-Ajlouni

18

M

Checkpoint di Abu Rish vicino alla colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

198

24 Marzo

2016

Abd al-Fattah Yusri al-Sharif

21

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

199

24 Marzo

2016

Ramzi Aziz al-Qasrawi

21

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

200

14 Aprile 2016

Ibrahim Baradiya

54

M

Campo di rifugiati di Al-Arrub, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Campo di rifugiati di Al-Arrub, distretto di Hebron

201

27 Aprile 2016

Maram Salih Hassan Abu Ismail

23

F

Checkpoint di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso da una guardia giurata

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Qatanna, distretto di Gerusalemme

202

27 Aprile 2016

Ibrahim Salih Hassan Taha

16

M

Checkpoint di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso da una guardia giurata

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Qatanna, distretto di Gerusalemme

203

3 Maggio 2016

Ahmed Riyad Abd al-Aziz Shehada

36

M

Vicino alla colonia di Dolev di, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Presunto attacco con un veicolo

campo di rifugiati di Qalandiya, distretto di Ramallah

204

4 Maggio 2016

Arif Sharif Jaradat

22

M

Sair, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito, deceduto in seguito alle ferite

Scontri

Sair, distretto di Hebron

205

5 Maggio 2016

Jana Aytah al-Amur

59

F

Khan Yunis, Gaza

Bombardamento dell’esercito

Attacco dell’esercito

Khan Yunis, Gaza

206

23 Maggio 2016

Sawsan Ali Dawud Mansur

17

F

Checkpoint di Ras Biddu, distretto di Gerusalemme

Ucciso dalla polizia

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Biddu, distretto di Gerusalemme

207

2 Giugno 2016

Ansar Hussam Harasha

25

F

Checkpoint di Innab, distretto di Tulkarem

Uccisa dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Qaffin, distretto di Tulkarem

208

21 Giugno

2016

Mahmoud Raafat Badran

15

M

Vicino a Beit Ur al-Tahta, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Astante durante il lancio di pietre

Beit Ur al-Tahta, distretto di Ramallah

209

24 Giugno 2016

Majd al-Khadour

18

F

Vicino alla colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Uccisa dall’esercito

Attacco con un veicolo

Bani Naim, distretto di Hebron

210

30 Giugno 2016

Muhammad Nasser Tarayra

17

M

colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Ucciso da una guardia giurata

Attacco all’arma bianca

Bani Naim, distretto di Hebron

211

30 Giugno 2016

Wael Abu Saleh

46

M

Netanya, Israele

Ucciso da un civile

Attacco all’arma bianca

Shweika, distretto di Tulkarem

212

1 Luglio 2016

Sarah Tarayra

27

F

Hebron, Hebron distretto di

Uccisa dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Bani Naim, distretto di Hebron

213

1 Luglio 2016

Muhammad Mustafa Habash

63

M

Checkpoint di Qalandiya, distretto di Ramallah

Gaz lacrimogeni

Scontri

Asira al-Shamaliya, distretto di Nablus

214

13 Luglio 2016

Anwar al-Salaymeh

22

M

Al-Ram, distretto di Gerusalemme

Ucciso dall’esercito

Incursione dell’esercito

Anata, distretto di Gerusalemme

215

18 Luglio 2016

Mustafa Baradiya

51

M

Vicino al campo di rifugiati di Al-Arrub, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Beit Fajjar, distretto di Betlemme

216

19 Luglio 2016

Muhyee Sidqi al-Tibakhi

12

M

Al-Ram, distretto di Gerusalemme

Ucciso dall’esercito

Scontri

Al-Ram, distretto di Gerusalemme

217

29 Luglio 2016

Muhammad Faqih

29

M

Surif, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Incursione dell’esercito

Dura, distretto di Hebron

218

31 Luglio2016

Rami Muhammad Zaim Awartani

31

M

Checkpoint di Huwwara, distretto di Nablus

Ucciso dall’esercito

Tentativo di attacco all’arma bianca

Nablus, distretto di Nablus

219

Agosto 16, 2016

Muhammad Abu Hashhash

17

M

Campo di rifugiati di al-Fawwar, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di al-Fawwar, distretto di Hebron

220

24 Agosto 2016

Sari Muhammad Abu Ghurab

24

M

vicino alla colonia di Ariel, distretto di Salfit

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Qabatiya, distretto di Jenin

221

26 Agosto 2016

Iyad Zakariya Hamed

38

M

vicino a Silwad, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Astante vicino ad un posto militare

Silwad, distretto di Ramallah

222

5 Settembre 2016

Mustafa Nimr

27

M

Campo di rifugiati di Shufat, distretto di Gerusalemme

Ucciso dalla polizia di frontiera

Scontri

Campo di rifugiati di Shufat, distretto di Gerusalemme

223

9 Settembre 2016

Abd al-Rahman Ahmad al-Dabbagh

15

M

vicino al campo di rifugiati di Bureij, Gaza

Si suppone ucciso dall’esercito

Scontri

Campo di rifugiati di Bureij, Gaza

224

15 Settembre 2016

Muhammad Ahmad Abd al-Fattah al-Sarrahin

30

M

Beit Ula, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito, deceduto in seguito alle ferite

Incursione dell’esercito

Beit Ula, distretto di Hebron

225

16 Settembre 2016

Fares Moussa Muhammad Khaddour

18

M

Vicino alla colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Presunto attacco con un veicolo

Bani Naim, distretto di Hebron

226

16 Settembre 2016

Muhammad Thalji Kayid Thalji al-Rajabi

15

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

227

17 Settembre 2016

Hatim Abd al-Hafeeth Shaludi

25

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

228

19 Settembre 2016

Muhannad Jameel al-Rajabi

21

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dalla polizia di frontiera

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

229

19 Settembre 2016

Ameer Jamal al-Rajabi

17

M

Hebron, distretto di Hebron

Ucciso dalla polizia di frontiera

Attacco all’arma bianca

Hebron, distretto di Hebron

230

20 Settembre 2016

Issa Salim Mahmoud Tarayra

16

M

Incrocio di Wadi al-Joz, distretto di Hebron

Ucciso dall’esercito

Presunto tentativo di attacco all’arma bianca

Bani Naim, distretto di Hebron

231

30

Settembre 2016

Nasim Abu Meizar

28

M

Checkpoint di Qalandiya, distretto di Ramallah

Ucciso dall’esercito

Attacco all’arma bianca

Kafr Aqab, Gerusalemme

Israeliani uccisi da palestinesi

#

Data dell’attacco

Nome

Età

Sesso

Lugo del decesso/ferite mortali

Causa della morte

Soldato/poliziotto

Luogo di residenza

1

1Ottobre 2015

Naama Henkin

30

F

Vicino a Beit Furik, distretto di Nablus

Sparatoria da un auto in corsa

No

Colonia di Nerya, distretto di Ramallah

2

1Ottobre 2015

Eitam Henkin

31

M

Vicino a Beit Furik, distretto di Nablus

Sparatoria da un auto in corsa

No

Colonia di Nerya, distretto di Ramallah

3

3 Ottobre 2015

Aharon Banita

21

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Attacco all’arma bianca

Colonia di Beitar Illit, distretto di Betlemme

4

3 Ottobre 2015

Nehemia Lavi

41

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Attacco all’arma bianca

No

Città Vecchia, Gerusalemme est

5

13 Ottobre 2015

Richard Lakin

76

M

Jabal al-Mukabbir, Gerusalemme est

Sparatoria e attacco all’arma bianca, deceduto in seguito alle ferite

No

Gerusalemme ovest

6

13 Ottobre 2015

Haim Haviv

78

M

Jabal al-Mukabbir, Gerusalemme est

Attacco all’arma bianca

No

Colonia di East Talpiot, Gerusalemme est

7

13 Ottobre 2015

Alon Govberg

51

M

Jabal al-Mukabbir, Gerusalemme est

Attacco all’arma bianca

No

Colonia di East Talpiot, Gerusalemme est

8

13 Ottobre 2015

Yeshayahu Krishevsky

59

M

Gerusalemme ovest

Attacco all’arma bianca

No

Gerusalemme ovest

9

18 Ottobre 2015

Omri Levi

19

M

Beersheba, Israele

Sparatoria

Sdei Hemed, Israele

10

20 Ottobre 2015

Avraham Hasno

54

M

vicino a al-Fawwar, distretto di Hebron

Investito da una macchina in un presunto incidente

No

Colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

11

4 Novembre 2015

Binyamin Yakobovitch

19

M

Vicino a Halhul, distretto di Hebron

Investito da una macchina, deceduto in seguito alle ferite

Kiryat Ata, Israele

12

13

Novembre 2015

Yaakov Litman

40

M

Vicino alla colonia di Otniel, Hebron distretto di

Sparatoria

No

Colonia di Kiryat Arba, Hebron distretto di

13

13

Novembre 2015

Natanel Litman

18

M

vicino alla colonia di Otniel, distretto di Hebron

Sparatoria

No

Colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

14

19 Novembre 2015

Yaakov Don

48

M

Colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Sparatoria

No

Colonia di Alon Shvut, distretto di Betlemme

15

19 Novembre 2015

Aharon Yesayev

32

M

Tel Aviv, Israele

Attacco all’arma bianca

No

Holon, Israele

16

19 Novembre 2015

Reuven Aviram

51

M

Tel Aviv, Israele

Attacco all’arma bianca

No

Ramle, Israele

17

22 Novembre 2015

Hadar Buchris

21

F

Colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Attacco all’arma bianca

No

Safed, Israele

18

23 Novembre 2015

Ziv Mizrahi

18

M

Vicino a Beit Ur al-Tahta, distretto di Ramallah

Attacco all’arma bianca

Colonia di Givat Zeev, distretto di Gerusalemme

19

7 Dicembre 2015

Gennady Kaufman

41

M

Hebron, distretto di Hebron

Attacco all’arma bianca, deceduto in seguito alle ferite

No

Colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

20

23 Dicembre 2015

Reuven Birmajer

45

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Attacco all’arma bianca

No

Kiryat Yearim, Israele

21

1 Gennaio 2016

Shimon Ruimi

30

M

Tel Aviv, Israele

Sparatoria

No

Ofakim, Israele

22

17 Gennaio 2016

Alon Bakal

26

M

Tel Aviv, Israel

Sparatoria

No

Karmiel, Israele

23

1 Gennaio 2016

Dafna Meir

38

F

Colonia di Otniel, distretto di Hebron

Attacco all’arma bianca

No

Colonia di Otniel, distretto di Hebron

24

25 Gennaio 2016

Shlomit Krigman

23

F

Colonia di Bet Horon, distretto di Gerusalemme

Attacco all’arma bianca, deceduto in seguito alle ferite

No

Colonia di Shadmot Mehola, distretto di Tubas

25

3 Febbraio 2016

Hadar Cohen

19

F

Città Vecchia, Gerusalemme est

Sparatoria Attacco all’arma bianca

Or Yehuda, Israele

26

18 Febbraio 2016

Tuvia Yanai Wissman

21

M

Colonia di Shaare Benyamin, distretto di Ramallah

Attacco all’arma bianca

Colonia di Maale Mikhmas, distretto di Gerusalemme

27

7 Giugno 2016

Eido Ben Aryeh

42

M

Tel Aviv, Israele

Sparatoria

No

Ramat Gan, Israele

28

7 Giugno 2016

Elana Nave

39

F

Tel Aviv, Israele

Sparatoria

No

Tel Aviv, Israele

29

7 Giugno 2016

Michael Fayge

58

M

Tel Aviv, Israele

Sparatoria

No

Midreshet Ben Gurion, Israele

30

7 Giugno 2016

Mila Mishayiv

33

F

Tel Aviv, Israele

Sparatoria

No

Rishon LeZion, Israele

31

30 Giugno 2016

Hallel Yafa Ariel

13

F

Colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

Attacco all’arma bianca

No

Colonia di Kiryat Arba, distretto di Hebron

32

1 Luglio 2016

Michael Mark

48

M

Route 60, distretto di Hebron

Sparatoria

No

Colonia di Otniel, distretto di Hebron

Altre vittime di violenze

#

Data dell’attacco

Nome

Età

Sesso

Lugo del decesso/ferite mortali

Causa della morte

Nationalità

Ucciso da

Luogo di residenza

1

18 Ottobre 2015

Haftom Zarhum

29

M

Beersheba, Israele

Ucciso per essere scambiato per un aggressore

Eritreo

Guardia giurata israeliana

Israele

2

19 Novembre 2015

Shadi Zuhdi Ratib Arafa

24

M

Colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Sparatoria

Palestinese

Cecchino palestinese

Hebron, distretto di Hebron

3

19 Novembre 2015

Ezra Schwartz

18

M

Colonia di Alon Shvut, distretto di Betlemme

Sparatoria

Americano

Cecchino palestinese

Stati Uniti

4

23 Dicembre 2015

Ofer Ben Ari

46

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Fuoco amico

Israeliano

Polizia di frontiera israeliana

Gerusalemme ovest

5

1 Gennaio 2016

Amin Shaaban

42

M

Tel Aviv, Israele

Sparatoria

Palestinese con cittadinanza israeliana

Palestinese con cittadinanza israeliana

Lyd, Israele

6

23 Gennaio 2016

Muhammad Nabil Halabiya

17

M

Gerusalemme est

Trasportava una bomba artigianale esplosa in anticipo

Palestinese

Si è ucciso da solo

Abu Dis, Gerusalemme est

7

7 Febbraio 2016

Kamil Hassan

32

M

Ashkelon, Israele

Ha attaccato con un’arma bianca un soldato israeliano

Sudanese

Soldato israeliano

Israele

8

24 Febbraio

2016

Eliav Gelman

31

M

Colonia di Gush Etzion, distretto di Betlemme

Fuoco amico

Israeliano

Soldato israeliano

Colonia di Karmi Tzur, distretto di Hebron

9

8 Marzo 2016

Taylor Force

29

M

Jaffa, Israele

Accoltellato

Americano

Aggressore palestinese

Stati Uniti

10

18Aprile 2016

Abd al-Hamid Abu Srour

19

M

Gerusalemme

Attacco dinamitardo, deceduto in seguito alle ferite

Palestinese

Suicida

Campo di rifugiati di Aida, distretto di Betlemme

11

16 Settembre 2016

Said al-Amr

28

M

Città Vecchia, Gerusalemme est

Presunto tentativo di accoltellamento

Giordano

Polizia di frontiera

Giordania

(Traduzione di Amedeo Rossi)




Senza la prospettiva di uno Stato, i palestinesi si adattano ad un limitato autogoverno

di Amira Hass,

Haaretz, 9 ottobre 2016

 

Gaza è alle prese con la prima condanna a morte inflitta ad una donna. In Cisgiordania la gente è sempre più convinta che l’ANP (Autorità Nazionale Palestinese) sia un’istituzione permanente, nonostante tutte le previsioni in senso opposto.

Oltre ai timori sul nuovo conflitto tra israeliani e palestinesi a Gaza, gli arresti dell’esercito in Cisgiordania, le notizie sull’avamposto di Amona ed i nuovi espropri di terre, i palestinesi sono alle prese con alcune questioni interne, o almeno parzialmente interne.

Mercoledì 5 ottobre c’è stato un precedente a Gaza. Per la prima volta un tribunale palestinese ha comminato la pena di morte ad una donna, a Khan Yunis. Una corte distrettuale l’ha incolpata di omicidio premeditato di suo marito.

Il nome della vittima è stato reso noto a gennaio dopo che è stato trovato il suo corpo: si tratta di Riad Abu Anza, di 36 anni. La stampa ha pubblicato solamente le iniziali dell’imputata, anche se era a tutti noto chi fosse e da quale famiglia provenisse.

Subito dopo che i sospetti erano caduti su di lei, una delegazione di Hamas si è recata in visita alla casa dell’ucciso e, in una conferenza stampa, ha chiesto che la famiglia e gli altri mostrassero moderazione e lasciassero lavorare gli inquirenti. Queste espressioni erano un chiaro avvertimento che sarebbe stato difficile arginare una sanguinosa faida.

Il corpo di Abu Anza, che mostrava i segni di numerose ferrite da coltello, è stato trovato sabato 30 gennaio, dove c’era in passato l’insediamento israeliano di Atzmona (l’area degli ex insediamenti di Gush Katif è ora conosciuta come “i territori liberati”). La famiglia aveva informato della sua scomparsa tre giorni prima.

Nel giro di sei ore la polizia di Gaza ha raggiunto sua moglie, che inizialmente ha negato ogni coinvolgimento. Ma di fronte a prove evidenti, ha confessato. Una videocamera di sicurezza nella zona (che è stata trasformata in fiorenti progetti agricoli sotto Hamas o gente legata al gruppo e alle basi militari) ha filmato Abu Anza insieme ad una donna coperta fino agli occhi da un niqab (indumento islamico femminile che copre tutto il corpo e il capo, ndtr.). In seguito, un’impronta rilevata sul luogo è stata trovata perfettamente corrispondente alle scarpe della donna, e sui suoi vestiti è stato trovato del sangue.

All’inizio del processo le è stato attribuito un difensore d’ufficio. Delle attiviste femministe hanno detto ad Haaretz che poiché lei aveva confessato non aveva richiesto un avvocato di fiducia. Attivisti palestinesi per i diritti umani l’hanno visitata in prigione; lei ha raccontato loro che quando era una studentessa universitaria la sua famiglia l’aveva fatta sposare con Abu Anza, più vecchio di lei, contro la sua volontà.

Lui aveva problemi di salute mentale. I media palestinesi riferivano che era “un balordo”, i vicini dicevano che era “un disgraziato”. Aveva divorziato dalla prima moglie perché non gli aveva dato dei figli. La seconda moglie aveva dato alla luce un maschietto.

Le attiviste femministe hanno riferito che probabilmente lui la picchiava e la violentava sistematicamente, e quando lei era scappata dalla sua famiglia quest’ultima aveva preso le parti del marito e la aveva costretta a tornare da lui. Hanno detto che si aspettavano che il giudice prendesse in considerazione queste circostanze.

Se è stato davvero questo a portare all’omicidio, è anche una sconfitta dei gruppi per i diritti delle donne e del ministero palestinese per gli affari sociali. Lei non ha ritenuto di poter rivolgersi a loro; forse non sapeva che ci fosse qualcuno a cui rivolgersi. Adesso ha il diritto di appellarsi contro la sentenza di morte per impiccagione; le attiviste sperano che questa volta si convincerà ad assumere un avvocato di fiducia.

In base alla legge palestinese, l’esecuzione di una sentenza di morte (prevista dalla legislazione della Giordania, dell’Egitto e da quella rivoluzionaria dell’OLP) è possibile solo se è confermata dal presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese. Ma il regime di Hamas a Gaza non riconosce più come valida la presidenza di Mahmoud Abbas. A partire dalla separazione dei due governi palestinesi nel 2007 e la creazione di un sistema giudiziario separato a Gaza, la gran maggioranza delle sentenze di morte è stata emessa là e solo a Gaza esse sono state eseguite.

Dal 2005 Abbas non ha firmato sentenze di morte; probabilmente le critiche dei gruppi palestinesi ed internazionali per i diritti umani hanno avuto effetto. Dal 1994, sono state pronunciate 72 sentenze di morte dai tribunali palestinesi. Dal 2010, solo due sono state emesse in Cisgiordania.

Secondo il sito web di B’Tselem, ufficialmente sono state eseguite 13 sentenze. Ma alcuni prigionieri condannati a morte sono stati assassinati mentre si trovavano nelle prigioni dell’ANP ed alcuni sono stati uccisi da uomini armati dopo che erano fuggiti dalla prigione durante i bombardamenti israeliani nell’inverno 2008-2009.

Dalla creazione del sistema giudiziario separato di Hamas nel 2007, sono state emesse altre 68 condanne a morte nella Striscia di Gaza, 33 delle quali sono state eseguite. Queste cifre non includono i prigionieri uccisi da Hamas durante la guerra di Gaza nell’estate del 2014.

Un alto funzionario di Hamas ha detto ad un ospite europeo che, in assenza della pena capitale, le famiglie sarebbero precipitate in sanguinose faide. Ma un attivista per i diritti umani di Gaza sostiene che alcune persone continuano ad agire lo stesso per ottenere vendetta. “Purtroppo la maggioranza della popolazione della Striscia di Gaza è tuttora favorevole alla pena di morte”, ha detto.

Gli scagnozzi di Abbas

Nel pomeriggio di martedì 4 ottobre parecchie decine di uomini e donne hanno risposto all’appello del Movimento Giovanile Palestinese a prendere parte a Ramallah ad una manifestazione contro la partecipazione di Mahmoud Abbas al funerale di Shimon Peres. Circa 15 minuti dopo, altri giovani sono arrivati portando bandiere di Fatah; gridavano il loro appoggio ad Abbas e ai leaders di Fatah per gli anni a venire. “Siamo convinti che (la leadership) sappia che cosa è bene per la patria e per il popolo”, ha dichiarato ai giornalisti un manifestante.

Questa scena si è ripetuta tantissime volte negli ultimi anni. Soprattutto in occasione di manifestazioni il cui principale bersaglio è Abbas, si svolgono contromanifestazioni in cui almeno alcuni dei partecipanti sono persone pagate dai servizi di sicurezza dell’ANP. Queste persone danno inizio agli scontri. Martedì pomeriggio alcuni manifestanti, sia uomini che donne, sono stati picchiati.

Alcune manifestanti donne hanno denunciato che i loro aggressori le hanno anche molestate sessualmente. Muhammad Karaja, un avvocato impegnato nel sostegno dei prigionieri di Addameer (associazione di difesa dei prigionieri palestinesi, ndtr.) ed in gruppi per i diritti, era presente nel suo ruolo di monitorare la condotta delle autorità negli eventi pubblici. E’ stato colpito alla faccia ed alla testa ed ha avuto bisogno di cure mediche.

Ha identificato i suoi aggressori come membri dei servizi di sicurezza. Altri si trovavano lì vicino e non sono intervenuti in suo aiuto, pur essendo lui conosciuto come avvocato.

L’aggressione nei suoi confronti e la dispersione violenta della manifestazione hanno portato ad una serie di condanne. Mercoledì l’ordine forense ha organizzato proteste in diverse città della Cisgiordania. Gruppi per i diritti umani hanno chiesto che gli aggressori vengano perseguiti. Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina ha incolpato dell’aggressione direttamente Abbas.

Intanto il sito di informazioni Amad (legato a Fatah ed oppositore di Abbas) è venuto a conoscenza che il servizio di sicurezza preventivo ha compiuto degli arresti per interrogare dei membri di Shabiba, il movimento giovanile di Fatah, a Bir Zeit. Questo è successo subito dopo che il gruppo ha distribuito volantini in cui si chiedevano le dimissioni di Abbas per aver partecipato al funerale di Peres.

Secondo il reportage, l’agenzia per la sicurezza dell’ANP sospettava che il deposto dirigente di Fatah Mohammed Dahlan fosse la persona che stava dietro all’appello di Shabiba. Tra l’altro, già mercoledì Amad ha riferito che Abbas aveva tenuto un basso profilo per due giorni; questo, prima dell’informazione ufficiale che Abbas era stato in ospedale per esami cardiaci.

Insegnanti indipendenti fastidiosi

Il Ministero dell’Educazione dell’ANP ha messo in guardia a chiare lettere gli insegnanti che intendessero riprendere il loro sciopero. Nel migliore dei casi, i loro salari verranno ridotti. Nel caso peggiore, saranno licenziati. E’ stato detto loro in duri termini, in un comunicato stampa, che “il ministro non starà con le braccia incrociate di fronte al tentativo organizzato palese di sovversione, e alla insistenza di alcuni nel partecipare alla distruzione dell’insegnamento in Palestina rinnovando lo sciopero nelle nostre scuole.”

Il comunicato stampa del Ministero dell’Educazione, riportato dall’agenzia di notizie Wafa, è pieno di altre pesanti affermazioni, come ad esempio: “l’istigazione (da parte di alcuni insegnanti) si salda all’attacco israeliano contro il Ministero dell’Educazione palestinese. Non lasciatevi fuorviare, qui ci sono di mezzo considerazioni personali ed interessi privati.”

A marzo gli insegnanti delle scuole pubbliche avevano accettato di interrompere lo sciopero, che la gente aveva appoggiato, dopo che Abbas aveva promesso di intervenire per applicare le condizioni dell’accordo sui salari del 2013. Ma le promesse – soprattutto quella di adeguare i salari al costo della vita – devono ancora essere mantenute.

Intanto è stato creato un sindacato indipendente degli insegnanti – al di fuori del sindacato tradizionale che fa integralmente parte dell’OLP e dipende da Fatah e dal suo capo. Chiaramente è questa attività indipendente che irrita particolarmente le autorità palestinesi.

Legge sulla previdenza sociale migliorata

E adesso le buone notizie. La legge sulla previdenza sociale per i lavoratori del settore privato, approvata da Abbas in febbraio, è stata emendata e migliorata dopo una valanga di critiche. Queste si sono esplicitate in manifestazioni, seminari con la partecipazione di attivisti sociali e docenti universitari, denunce sui media e assemblee pubbliche.

Da quando il Consiglio Legislativo Palestinese è stato privato dei suoi poteri legislativi nel 2007, la legiferazione è stata trasferita ai ministri e ad Abbas. Ovviamente ciò ha rafforzato il carattere autoritario dell’Autorità Palestinese.

Però a volte i membri eletti del Consiglio Legislativo riescono ad intervenire nel processo legislativo, discutere le bozze e sollevare obiezioni, come hanno fatto nel caso della legge sulla previdenza sociale. I piccoli partiti di sinistra vi hanno giocato un ruolo importante.

La legge migliorata, positivamente recepita, è stata annunciata mercoledì 28 settembre e comprende i seguenti risultati: una garanzia governativa (statale, nella formulazione della legge) per il fondo pensioni dei lavoratori, una modifica del rapporto tra i contributi del lavoratore e quelli del datore di lavoro dal 7,5% e 8% del salario rispettivamente al 7% e 9%, ed una riduzione del periodo lavorativo a fini pensionistici da 360 mesi a 300 per gli uomini e da 300 a 240 per le donne.

Inoltre la pensione minima sarà il 75% del salario minimo mensile (attualmente 1.450 shekels, cioè 382 dollari)[341,32 euro, ndtr] le donne avranno diritto al congedo per maternità dopo tre mesi di lavoro anziché sei, vi sarà esenzione dalle tasse per un prelievo una tantum dei risparmi sul fondo pensioni e il numero di lavoratori rappresentanti nel consiglio sociale per la sicurezza passerà da quattro a sei.

Infine ci sarà un intervento positivo per i disabili, che potranno godere di una pensione dopo 10 anni di lavoro ed il pagamento ai figli disabili nel caso di morte di un genitore assicurato, anche se i figli hanno più di 21 anni; un intervento positivo per i lavoratori che svolgono mansioni pericolose; il trasferimento della pensione al marito nel caso di morte della moglie assicurata.

Oltre alle conquiste ottenute dalla protesta sociale palestinese, l’approvazione di una legge sulla previdenza sociale – che fa riferimento a situazioni di pagamenti e rimborsi che avverranno tra decenni e la cui formulazione ha creato preoccupazione a molti palestinesi per mesi – indica qualcosa di più. Nonostante tutte le previsioni di un imminente tracollo – o perché Abbas non ha successori, o per via dell’instabilità di Fatah, o ancora perché le restrizioni israeliane impongono un’economia debole – i difficili rapporti tra la popolazione e le istituzioni di un limitato autogoverno si stanno adeguando alla situazione presente.

La situazione attuale non dipende quindi da una sola persona. Nonostante le dure critiche interne all’ANP, ai suoi fallimenti politici e nazionali, la percezione di essa come un’istituzione permanente ed esistente sta iniziando a radicarsi.

La trasformazione dell’ANP in uno Stato appare molto lontana. Ma sembra che proprio la speranza che essa assolva al suo ruolo e sia al servizio della società possa essere un’altra strada per sostenerla.

Traduzione di Cristiana Cavagna




Rapporto OCHA del periodo 20 settembre- 3 ottobre

Il 25 settembre, in una prigione israeliana, dopo 13 anni di detenzione è morto un detenuto palestinese di 40 anni, originario del villaggio di Ya’bad (Jenin). Secondo fonti ufficiali palestinesi, la morte sarebbe da attribuire al peggioramento dello stato di salute ed alla mancanza di cure mediche;

tale versione viene contestata dalle autorità israeliane. Il 29 settembre, a Beit Hanoun (Striscia di Gaza), un trentenne componente di un gruppo armato palestinese è morto e altri tre sono rimasti feriti, secondo quanto riferito, in conseguenza di un incidente verificatosi in una galleria sotterranea. Il 27 settembre, nella città di Nablus, nel corso di una operazione di ricerca-arresto, le forze di sicurezza palestinesi hanno ucciso un palestinese e ne hanno ferito altri tre.

Il 30 settembre, al checkpoint di Qalandia, a nord di Gerusalemme, un palestinese ha aggredito con un coltello le forze israeliane, ferendo un soldato. L’autore (28 anni), proveniente dalla città di Kafr ‘Aqab (Gerusalemme), è stato ucciso nel corso dell’episodio. Nelle due settimane di riferimento sono stati registrati altri tre presunti attacchi palestinesi contro israeliani: un 16enne palestinese è stato ucciso, con armi da fuoco, ad un posto di blocco volante all’entrata del villaggio di Bani Na’im (Hebron), dopo un presunto tentativo di accoltellamento di un soldato israeliano; altri due ragazzi palestinesi (14 e 15 anni) sono stati feriti, uno al checkpoint di Jaljoulia (Qalqiliya) e l’altro presso l’insediamento colonico di Kiryat Arba (Hebron), secondo quanto riferito, dopo aver tentato di compiere aggressioni con il coltello. In entrambi i casi non sono stati segnalati feriti israeliani.

In Cisgiordania, complessivamente, le forze israeliane hanno ferito 75 palestinesi, soprattutto durante scontri tra palestinesi e forze israeliane. Due soldati israeliani, a quanto riferito, sono stati feriti da una bottiglia incendiaria durante scontri nel campo profughi di Ad Duheisha (Betlemme). Inoltre, in un episodio verificatosi nei pressi della Scuola Al Khalil, nella zona H2 di Hebron controllata da Israele, 40 studenti hanno inalato gas lacrimogeno, subendo lesioni che hanno richiesto l’intervento medico.

Nella Striscia di Gaza, durante scontri con lancio di pietre da parte palestinese, le forze israeliane hanno ferito con armi da fuoco dieci civili palestinesi; gli scontri erano scoppiati nei pressi della recinzione perimetrale tra Israele e Gaza, nel corso di quattro diverse proteste. Inoltre, in almeno 28 occasioni, le forze israeliane hanno aperto il fuoco di avvertimento verso persone presenti o in avvicinamento ad Aree ad Accesso Riservato (ARA) di terra e di mare. Non sono stati segnalati feriti, ma è stato interrotto il lavoro di agricoltori e pescatori.

In Cisgiordania, durante il periodo di riferimento, le forze israeliane hanno condotto quasi 200 operazioni di ricerca ed hanno arrestato circa 300 palestinesi, tra cui 18 minori; alcune delle operazioni hanno innescato scontri violenti. Nei governatorati di Betlemme, Hebron e Gerusalemme sono stati registrati i più alti numeri di operazioni e di arresti. A Gerusalemme, la polizia israeliana ha emanato ordini di interdizione all’ingresso nel Complesso di Haram al Sharif / Monte del Tempio per 19 palestinesi: sei mesi per cinque di loro, due settimane per i rimanenti.

Il 22 settembre, al checkpoint di Gilbert, nella città di Hebron, le forze israeliane hanno impedito a 23 studentesse di attraversare per recarsi a scuola. Inoltre, dopo una presunta aggressione con coltello vicino al checkpoint, le forze israeliane hanno dichiarato l’area “zona militare chiusa” e, per dieci giorni, hanno negato a due famiglie l’accesso alle loro case. Le forze israeliane hanno anche chiuso gli ingressi principali di sette villaggi ed impedito l’accesso veicolare alla strada 60 a più di 40.000 persone, soprattutto nel tratto compreso tra i checkpoint di Huwwara e di Za’atara (Nablus).

In Cisgiordania, durante il periodo di riferimento, a causa della mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, le autorità israeliane hanno demolito 46 strutture, 16 delle quali erano state fornite come assistenza umanitaria in risposta a precedenti demolizioni; fra esse un’aula scolastica e un parco giochi nella comunità beduina di Abu Nuwar (governatorato di Gerusalemme). Le demolizioni hanno comportato lo sfollamento di 56 palestinesi, tra cui 25 minori, mentre altre 185 persone sono state coinvolte in modi diversi. Due terzi di queste strutture sono state demolite tra il 26 e il 28 settembre presso nove comunità palestinesi. L’episodio più grave si è verificato a Khirbet Tell el Himma (Tubas), mentre 10 delle 16 demolizioni hanno avuto luogo nel governatorato di Gerusalemme.

Il 23, 29 e 30 settembre, 14 famiglie palestinesi (73 persone, tra cui 30 minori) della comunità Humsa al Bqai’a nella Valle del Giordano settentrionale (Tubas) sono state evacuate dalle loro case per cinque ore al giorno, per dare spazio ad esercitazioni militari israeliane. L’Amministrazione Civile israeliana aveva consegnato a queste famiglie gli ordini di evacuazione il 22 settembre.

In Al ‘Isawiya, zona di Gerusalemme Est, a causa della mancanza di permessi di costruzione rilasciati da Israele, l’Amministrazione Civile israeliana ha consegnato nove ordini di demolizione nei confronti di nove edifici, ponendo 40 famiglie palestinesi sotto minaccia di sfollamento. Altri dieci ordini di arresto lavori sono stati emessi a Khirbet ad Deir (Betlemme), Khallet Al Hajar (Hebron), e nei villaggi di Al Funduq e Jinsafut, entrambi in Qalqiliya.

Sono stati registrati cinque presunti attacchi di coloni israeliani che hanno provocato danni a proprietà palestinesi. In particolare: ulivi palestinesi nei villaggi di As Sawiya e Yatma (Nablus); altri 20 ulivi in Jinsafut (Qalqiliya); incendi di terreni coltivati nel villaggio di Yanun e di materiali da costruzione nel villaggio di Burin, entrambi in Nablus. Secondo i media israeliani, si sono verificati anche tre episodi di lancio di pietre da parte palestinese contro veicoli israeliani, con lievi danni alla metropolitana leggera di Gerusalemme e ad altri due veicoli: uno vicino al villaggio di Beit Liqya sulla strada 443, l’altro nei pressi della Barriera di sicurezza dell’insediamento colonico di Psagot, entrambi in Ramallah.

Durante il periodo di riferimento il valico di Rafah, sotto controllo egiziano, è stato eccezionalmente aperto per tre giorni (21-23 settembre) in una sola direzione, secondo quanto riferito, principalmente per consentire il rientro a Gaza di 2.290 pellegrini. Secondo le autorità palestinesi di Gaza, dall’inizio del 2016, circa 27.000 persone sono registrate e in attesa di uscire da Gaza attraverso Rafah.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati settimanalmente in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informazio-ni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

sono scaricabili dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it; Web: https://sites.google.com/site/assopacerivoli

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Donne disarmate su una piccola imbarcazione adesso sono una minaccia alla sicurezza d’Israele?

Mercoledi 5 Ottobre, ore 18 Middle East Monitor

Innanzitutto la nostra preoccupazione va alla sicurezza delle donne imbarcate sulla Zeytun che è stata intercettata ieri dalla marina militare israeliana in acque internazionali.

Israele, come sappiamo, ha il record di violenze contro imbarcazioni civili, non solo quelle che hanno tentato di rompere il blocco illegale di Gaza, ma prende di mira anche i pescatori palestinesi.Tutti noi- la popolazione palestinese e i suoi sostenitori a livello internazionale- tirano un sospiro di sollievo se non ci sono feriti da segnalare. La barca ha compiuto una missione esclusivamente umanitaria: infrangere simbolicamente l’assedio di Gaza.

Sarebbe una bella cosa vedere i media occuparsi di tutta la faccenda, senza tenere in considerazione l’affermazione israeliana che la barca e le donne a bordo pongono una minaccia alla sicurezza nazionale dello Stato. Tale affermazione, naturalmente, è assolutamente insensata; Israele è così insicuro da essere minacciato da donne disarmate su una piccola imbarcazione?

Dato il primato israeliano di attacchi ai civili, gran parte delle informazioni dei media si è incentrata su se e come Israele avrebbe bloccato l’imbarcazione in acque internazionali. In qualunque altro luogo ciò verrebbe condannato come un atto di pirateria, ma Israele non ne paga le conseguenze..

Il paradosso è che Israele continuerà ad essere lodato come “l’unica democrazia del Medio Oriente” mentre continua a trattare con disprezzo il diritto internazionale. Coloro che resistono, o provano a porre termine all’occupazione militare israeliana della Palestina affrontano la riprovazione e l’accusa di terrorismo.

È tempo che la comunità internazionale imponga sanzioni al colpevole di questa storia, lo Stato sionista di Israele. Le sanzioni non dovrebbero colpire solamente le merci provenienti dalle colonie illegali, ma anche quelle imprese che traggono profitti dall’occupazione, ovunque esse si trovino. E devono essere bloccate le forniture di armi e munizioni.

Tentativi internazionali quali quello della Flottiglia delle donne verso Gaza sono del tutto pacifici; non vi è nulla di sinistro o di subdolo in quello che hanno programmato di fare. In questo caso, donne di tutto il mondo vogliono abbracciare le sorelle e i bambini palestinesi in solidarietà con la loro lotta contro l’ingiustizia e l’oppressione.

I politici dell’Europa, delle Americhe, dell’Asia, dell’Africa e dell’Oceania devono sapere che se forniscono aiuto materiale, politico o militar, a Israele e alla sua occupazione, la marea della pubblica opinione gli si riverserà contro. Ciò spiega perché tentativi come quello della Flottiglia delle donne a Gaza sono un successo anche se non infrangono il blocco. Temendo un’imbarcazione piena di donne disarmate, Israele ha già perso la guerra d’immagine; la credibilità delle sue dichiarazioni circa “la sicurezza nazionale” ha subito un ulteriore colpo. Il mondo sa che il blocco di Gaza è immorale; ora lo sanno anche Israele e i suoi politici

Questo è il testo di una dichiarazione pubblica scritto da attivisti italiani solidali con la Palestina

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( traduzione di Carlo Tagliacozzo)




Netanyahu, ecco che cosa è veramente la pulizia etnica

di Daniel Blatman,

Haaretz – 3 ottobre 2016

    1. La pretesa di Benjamin Netanyahu che il trasferimento dei coloni dalla Cisgiordania sarebbe “pulizia etnica” è assolutamente insensata. Se vuole sapere che cosa sia la pulizia etnica, deve tornare al 1948, non al 2005.

L’ultimo colpo da maestro del “nuovo storico” Benjamin Netanyahu continua a raccogliere seguaci.

Il primo ministro ha recentemente dichiarato che l’evacuazione degli insediamenti coloniali nei territori occupati – che sono caratterizzati da segregazione razziale e risultano illegali rispetto a qualunque standard giuridico internazionale – si configurerebbe come pulizia etnica.

L’ultimo della sua lista di accoliti è Moshe Arens [politico del partito di destra Likud, ndt.], che ha scritto: “ La pulizia etnica è la rimozione forzata di gruppi etnici o religiosi da un determinato territorio allo scopo di renderlo omogeneo dal punto di vista etnico o religioso” (“Pulizia etnica degli ebrei da Gaza e altrove”, Haaretz, 19 settembre). Conclude quindi che ogni volta che gli ebrei sono stati evacuati dalle loro case contro la loro volontà – a cominciare dai residenti di Gush Etzion nel 1948 fino ai coloni della Striscia di Gaza nel 2005 – è stata perpetrata una pulizia etnica e le vittime sono stati gli ebrei. Questa è un’assurdità che non trova il minimo riscontro nelle definizioni giuridiche riconosciute.

Il concetto di pulizia etnica è recente, è entrato nel linguaggio pubblico e giuridico nel 1992 durante la guerra in Bosnia. I serbi bosniaci attaccarono i musulmani in Bosnia, con l’obbiettivo di espellerli dal territorio in cui vi era una popolazione mista verso zone a maggioranza omogenea di musulmani bosniaci.

Gli stessi serbi utilizzarono il termine per la prima volta nel 1981, quando i serbi del Kosovo furono attaccati dai musulmani albanesi. Nel lessico internazionale degli anni ’90 il termine veniva identificato con la guerra nella ex Yugoslavia, quando i soldati di gruppi etnici attaccavano altre minoranze (serbi, croati, albanesi, kosovari, musulmani bosniaci) allo scopo di cacciarli con la forza verso differenti zone dove vivevano membri della stessa minoranza: i croati in Croazia, i serbi in Serbia, i kosovari albanesi in Albania, ecc.

A partire da allora, il termine è stato sottoposto ad esame critico da parte di esperti legali e ricercatori, poiché esso viene spesso usato come un eufemismo in casi che in realtà dovrebbero essere catalogati come genocidio.

Il fenomeno della pulizia etnica non è di semplice definizione. Da un lato, è diverso dall’esercitare pressioni per l’emigrazione e il trasferimento di popolazione; d’altro lato, è anche diverso dal genocidio. C’è ampio consenso nel campo della ricerca sul fatto che la pulizia etnica sia una forma di migrazione forzata – che può diventare violenta e spietata – di una popolazione indesiderata da un determinato territorio a causa di odio razziale, etnico, religioso, politico, strategico o ideologico.

E’ esattamente ciò che è successo nel 1948. Lo storico israeliano Benny Morris ha valutato che la maggior parte degli arabi del paese, oltre 400.000, furono incoraggiati ad andarsene o espulsi durante la prima fase della guerra – anche prima dell’attacco degli eserciti delle nazioni arabe. Alcuni ricercatori hanno ipotizzato che l’aggressione araba ad Israele in realtà iniziò perché Israele aveva adottato una politica di pulizia etnica. Ciò in quanto era difficile trovare una spiegazione alla massiccia evacuazione militare di quasi 500.000 residenti palestinesi ed alla giustificazione della loro espulsione col fatto che le aree in cui vivevano erano da ritenersi appartenenti allo stato ebraico in base al Piano di Ripartizione delle Nazioni Unite.

Morris sostiene che oltre sei mesi prima che iniziasse l’invasione araba la leadership ebraica tentò di espandere il territorio destinato all’insediamento dello stato ebraico e di ridurre al minimo il numero di arabi che avrebbero vissuto sulle sue terre. In altri termini, circa mezzo milione di palestinesi furono scacciati con la forza dal territorio in cui vivevano, in quanto erano una popolazione indesiderata, da un punto di vista etnico, razziale, religioso, di prospettiva strategica, o da tutti quanti questi punti di vista.

Le centinaia di comunità in cui viveva la popolazione araba vennero rase al suolo o cedute ad insediamenti ebraici alla fine della guerra. Le proprietà arabe del valore di decine di milioni di sterline palestinesi (valuta della Palestina durante il mandato britannico, di valore pari alla sterlina inglese, ndtr.) furono rubate e confiscate. Chi tentava di ritornare fu espulso con la forza o ucciso. La pulizia etnica applicata in Palestina nel 1948 fu una delle più riuscite del XX secolo.

Il metodo di pulizia etnica nei confronti dei palestinesi vale anche per la popolazione ebrea che viveva negli insediamenti di Gush Etzion. Ma occorre ricordare che vi erano là solo quattro comunità e poche centinaia di ebrei. Ci sono altre differenze fondamentali tra la pulizia etnica adottata contro i palestinesi e quella adottata a Gush Etzion e Gush Katif, differenze che coloro che approvano l’interpretazione di Netanyahu ignorano.

Nel 1992 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite insediò una commissione di esperti il cui compito era proporre una definizione condivisa di pulizia etnica e fornire al sistema giuridico internazionale degli strumenti per definire il crimine e punire i responsabili.

In una nota, la commissione descrisse la pulizia etnica come “intesa ad ottenere la distruzione fisica di un gruppo, interamente o in parte” . E, in seguito, come l’evacuazione di popolazione da un’area ad un’altra in “circostanze tali da condurre alla morte dell’intera popolazione evacuata, o di parte di essa – se, per esempio, le persone fossero trascinate fuori dalle loro case e costrette a percorrere lunghe distanze in un paese in cui sono esposte alla fame, alla sete, al caldo, al freddo e alle epidemie. “

Lo scopo di questa formulazione era analizzare i punti in cui pulizia etnica e genocidio coincidono, e in quali condizioni la pulizia etnica si trasforma nel crimine di genocidio. Ma se consideriamo ciò che la commissione di esperti ha stabilito, possiamo vedere che sostenere che l’evacuazione degli ebrei dalle comunità individuate dal governo sia pulizia etnica è totalmente privo di senso.

Anzitutto perché sappiamo bene che un paese non può attuare una pulizia etnica su una popolazione che appartiene allo stesso gruppo etnico. Può perpetrare un genocidio (come fecero i Kmer rossi in Cambogia), ma l’evacuazione di una popolazione di uno specifico gruppo etnico e il suo re- insediamento all’interno di una popolazione dello stesso gruppo non configura pulizia etnica. E’ ciò che il governo ha deciso di fare riguardo agli sfollati da Gush Katif nel 2005 e a quelli dell’insediamento di Yamit nel Sinai nel 1982.

In secondo luogo, non c’è nulla di più lontano dalla verità che descrivere le persone sfollate da Yamit o dalla regione di Gaza nei termini di una miserabile popolazione sradicata dalle proprie case e lasciata alla fame, alla sete ed esposta a rischio per la propria esistenza.

Israele si impegnò a prendersi cura delle famiglie sfollate e stanziò a tal fine somme enormi. Se i coloni saranno evacuati in futuro dai territori occupati, il governo garantirà loro nuovamente una rete di sicurezza, che gli consentirà di ricominciare adeguatamente la loro vita in Israele.

Sono i palestinesi quelli che, a partire dalla pulizia etnica di cui sono state vittime nel 1948 fino ad oggi, sono rimasti esposti alla fame, alla deprivazione, alla violenza e ad ulteriori espulsioni dalle proprie case. E sono quelli che vivono in povertà nell’enorme ghetto di Gaza e nei campi profughi della Cisgiordania. Tutte le interpretazioni surrettizie di Netanyahu e dei suoi sostenitori non potranno nascondere nulla di tutto ciò.

L’autore è uno storico dell’Olocausto e capo dell’Istituto per il popolo ebraico contemporaneo all’Università ebraica di Gerusalemme.

Traduzione di Cristiana Cavagna




Un anno di rivolta: chi erano i palestinesi uccisi dalle forze israeliane?

Middle East Monitor – 1 ottobre 2016

Ben White

E’ passato un anno da quando è iniziata la rivolta anticoloniale condotta da giovani palestinesi, caratterizzata da proteste e attacchi contro le forze israeliane ed i coloni nei Territori Palestinesi Occupati (TPO), insieme alla brutale violenza ed alle misure punitive delle autorità israeliane.

La cronologia non è definita; verso il primo ottobre 2015 la violenza dei palestinesi contro l’occupazione è andata gradualmente aumentando, con alti e bassi, per un anno. Qualcuno l’ha definita l'”Intifada di Gerusalemme”. Altri l’hanno descritta come “meno di un’Intifada e più di una esplosione di protesta popolare.”

Secondo un articolo di Quds News Network pubblicato questa settimana, 246 palestinesi sono stati uccisi durante lo scorso anno, e altri 18.500 sono stati feriti. Altre fonti parlano di 230 vittime (l’agenzia “Ma’an News”) o “più di 225” (Amnesty International).

La maggior parte dei palestinesi è stata uccisa mentre stava compiendo attacchi, o presunti attacchi; in luglio, per esempio, la Mezzaluna rossa palestinese ha affermato che 139 degli allora 218 morti in totale erano assalitori o presunti tali (poco meno dei 2/3).

Tuttavia, come l’Associated Press [agenzia di stampa USA. Ndtr.] ha affermato all’inizio di questo mese: “I palestinesi hanno spesso accusato gli israeliani di utilizzo eccessivo della forza contro aggressori e detto in molti casi che i supposti assalitori non lo erano neppure.” Questa fondamentale informazione è, purtroppo, raramente presente in molti articoli delle agenzie di notizie.

Sicuramente un certo numero di palestinesi – in genere giovani adulti – ha condotto attacchi durante lo scorso anno, la maggior parte dei quali ha preso di mira le forze militari israeliane di occupazione o coloni nei TPO. Alcuni di questi aggressori sono stati uccisi quando non rappresentavano più un pericolo.

Ma le forze israeliane – anche durante incidenti in cui i soldati hanno cambiato per varie volte la loro versione dei fatti – hanno ucciso anche palestinesi falsamente etichettati come aggressori, così come palestinesi a cui hanno sparato in irruzioni per arrestarli o durante la repressione di manifestazioni.

E’ significativo notare che, persino secondo le autorità israeliane, il numero di palestinesi uccisi in un contesto esclusivamente di proteste e incursioni durante lo scorso anno (71) è il doppio del numero totale di israeliani uccisi da palestinesi (33, più due persone straniere).

I palestinesi uccisi dalle forze armate israeliane sono di rado “umanizzati” in Occidente. Nei media, la loro morte merita – al massimo – un paio di righe che includono sempre la versione dei fatti del portavoce dell’esercito israeliano (e spesso solo la sua versione). E poi tutti passano ad altro.

Ecco allora un’istantanea dei costi umani del regime di apartheid israeliano e alcune delle storie di questi palestinesi che hanno perso la vita nell’ anno trascorso.

Abd al-Rahman Obeidallah, 13 anni. Ucciso il 5 ottobre 2015

Obeidallah è stato colpito a morte da un soldato israeliano nel campo di rifugiati di Aida, a nord di Betlemme. Era in piedi e stava osservando gli scontri tra gli abitanti e le forze di occupazione a circa 70 metri di distanza, quando è stato raggiunto da un proiettile letale al petto. Obeidallah era uno di cinque figli, e il suo fratello diciassettenne Mohammed lo ha descritto come il suo “miglior amico”. Secondo sua madre Dalal, il ragazzino aveva “sempre sognato di andare a trovare” una zia di Gerusalemme, ma, ha aggiunto, ” ci viene negato visitare Gerusalemme”. L’esercito israeliano in seguito ha sostenuto che l’uccisione di Obeidallah non era stata “intenzionale”. Un’inchiesta penale sulla sparatoria è stata aperta dall’Avvocatura Generale dell’Esercito Israeliano (AGE) , ma dopo un anno non ci sono notizie di una conclusione.

Shadi Dawla, 24 anni. Ucciso il 9 ottobre 2015.

Shadi è stato ucciso quando le forze israeliane hanno aperto il fuoco contro manifestanti palestinesi che lanciavano pietre verso le torri di guardia dell’esercito lungo la recinzione di confine a est di Gaza City. Quel giorno 6 palestinesi sono stati uccisi e 145 feriti, quando soldati israeliani ben protetti hanno falciato manifestanti disarmati con proiettili letali. Shadi lavorava con suo padre come elettricista, e secondo il suo fratello minore stava pensando di sposarsi. “(Shadi) non era solo mio fratello”, ha detto, “era un buon amico. Stavamo sempre insieme. Parlavamo sempre tra di noi e ci chiedevamo consigli a vicenda.” Più di 20 palestinesi, compreso un bambino di 10 anni, sono stati uccisi lo scorso anno dall’esercito israeliano nelle proteste contro la barriera a Gaza. Nessuna inchiesta israeliana è stata aperta su nessuna di queste morti.

Nur Hassan, 26 anni. Uccisa l’11 ottobre 2015.

Nur Hassan,all’epoca incinta di 5 mesi, è stata uccisa insieme alla sua figlia di tre anni Rahaf in un attacco aereo israeliano contro la sua casa nel quartiere di a-Zeitun della Striscia di Gaza. La casa è stata colpita in pieno e completamente distrutta. Il bombardamento, avvenuto in piena notte mentre la famiglia dormiva, è stato descritto dall’esercito israeliano come un attacco contro un “luogo di produzione di armi”. La casa di Hassan si trovava in una zona agricola, circondata da oliveti e frutteti, con cui la famiglia si guadagnava da vivere. In un video ampiamente diffuso, il padre sopravvissuto, Yihya, sorregge il corpo di Rahaf dicendo ripetutamente: “Svegliati, figlia mia.” Anche Mohammed, il secondo figlio, di cinque anni, è sopravvissuto al bombardamento. Non c’è stata nessuna inchiesta israeliana.

Dania Ershied, 17 anni. Uccisa il 25 ottobre 2015.

Ershied è stata uccisa ad un checkpoint davanti alla moschea di Ibrahim di Hebron, in quello che secondo le autorità israeliane era stato un tentativo di accoltellamento da parte di una “terrorista”. Tuttavia resoconti di testimoni oculari riportati da gruppi per i diritti umani lo smentiscono. Durante una seconda indagine, ufficiali della polizia di frontiera avrebbero iniziato a gridarle di far vedere il suo coltello. Secondo Amnesty International, “colpi di avvertimento sono stati sparati ai suoi piedi, spingendola a retrocedere e ad alzare le mani. Ha gridato alla polizia di non avere nessun coltello ed aveva ancora le mani in alto quando la polizia ha di nuovo aperto il fuoco, colpendola sei o sette volte.” Dania era studentessa della Scuola Superiore Femminile Al-Rayyan di Hebron, ed è stata uccisa con la sua uniforme scolastica. Non c’è nessuna inchiesta sulla sua morte.

Ra’ed Jaradat, 22 anni. Ucciso il 26 ottobre 2015.

Jaradat è stato ucciso dopo aver attaccato le forze di occupazione israeliane fuori dal villaggio di Beit Einun, nei pressi di Hebron. Ha accoltellato un soldato prima di essere colpito più volte, anche dopo che era steso a terra immobile. Jaradat era uno studente di contabilità all’università Al-Quds, ed era originario del villaggio di Sair, un altro villaggio della zona di Hebron. Dopo l’uccisione di Dania Ersheid (vedi sopra), Jaradat ha scritto su Facebook: “Immagina se fosse tua sorella!” Suo padre affranto ha detto ai giornalisti: “Noi viviamo bene, mio figlio non aveva bisogno di niente. Ma l’unica cosa che manca nelle vite di questi giovani è la libertà.”

Tharwat al-Sharawi, 72 anni. Uccisa il 6 novembre 2015.

Al-Sharawi è stata uccisa dalle forze di occupazione israeliane mentre si stava avvicinando a un distributore di Hebron. L’esercito israeliano sostiene che questa madre di sei figli aveva tentato un attacco con la macchina. Eppure un video dell’incidente rivela che l’auto stava andando abbastanza piano da permettere ai soldati di spostarsi tranquillamente dalla sua direzione prima di aprire il fuoco sul veicolo mentre stava entrando nello spiazzo della stazione di servizio. Gli spari, continuati ben dopo che aveva superato i soldati, hanno ferito anche un dipendente della stazione di servizio. Il figlio di Al-Sharawi ha detto che la madre stava andando a pranzo a casa di sua sorella. Secondo Amnesty International l’uso di una violenza omicida da parte delle forze israeliane sarebbe stato illegale anche se la signora anziana stesse ponendo in pratica un attacco. Tuttavia la procura generale militare ha deciso di non aprire nessuna indagine penale.

Abdullah Shalaldah, 28 anni. Ucciso il 12 novembre 2015.

Abdullah Shalaldah è stato ucciso in una stanza di ospedale dalle forze di occupazione israeliane mascherate da civili palestinesi (di cui uno su una sedia a rotelle che fingeva di essere incinta). I soldati sono entrati in una stanza del terzo piano dell’ospedale con l’intenzione di arrestare il paziente, Azzam Shalaldah. Appena hanno fatto irruzione nella stanza, hanno sparato per tre volte alla testa ed alla parte superiore del corpo del cugino del paziente, Abdullah. L’esercito israeliano ha sostenuto che aveva aggredito i soldati, ma alcuni testimoni hanno detto che era disarmato ed è stato ucciso mentre usciva dal bagno dove era andato a lavarsi per pregare. A Sair migliaia di persone hanno partecipato al funerale di Shalaldah. Non c’è nessuna inchiesta israeliana sulla sua morte.

Lafi Awad, 22 anni. Ucciso il 13 novembre 2015.

Awad è stato ucciso durante una manifestazione presso il “Muro di separazione” a Budrud. Dopo le preghiere del venerdì, gli abitanti hanno marciato verso il “Muro”, costruito sulla terra del villaggio, dove le forze israeliane li stavano aspettando. Dopo qualche ora di scontri, un gruppo più ridotto di giovani si è avvicinato al “Muro”, solo per essere preso in un imboscata dai soldati. Awad è stato agguantato e aggredito, ma ha cercato di liberarsi. Quando si è messo a scappare, un soldato israeliano gli ha sparato alle spalle. Altri soldati israeliani hanno impedito di portarlo al più presto in ospedale. L’esercito israeliano ha sostenuto che un “rivoltoso” aveva cercato di impadronirsi dell’arma di un soldato. Lafi era uno di otto figli. Nel 2013 era stato arrestato e detenuto per 17 mesi per aver aiutato a distruggere una videocamera di sorveglianza dell’odiato “Muro”. Nessuna indagine penale è stata aperta sulla sua uccisione.

Mohammed Abu Khalaf, 20 anni. Ucciso il 19 febbraio 2016

Abu Khalaf, di Kafr Aqab, nella Gerusalemme est occupata, è stato colpito ed ucciso dalle forze israeliane fuori dalla Porta di Damasco, dopo aver accoltellato e ferito due poliziotti di frontiera. In una ripresa video girata da una troupe di Al Jazeera che si trovava per caso sul posto, le forze israeliane hanno sparato a lungo su Abu Khalaf anche dopo che era steso al suolo immobile. Le autorità israeliane hanno trattenuto il corpo di Mohammed per 200 giorni, restituendolo alla famiglia per il funerale solo il 6 settembre 2016. “Oggi la sofferenza per una ferita inguaribile è stata riaperta quando abbiamo ricevuto il suo corpo e lo abbiamo sepolto,” ha detto ai giornalisti sua madre Rula. Le autorità israeliane hanno in seguito deciso che nessuna imputazione sarebbe stata presentata contro i poliziotti coinvolti.

Anwar Al-Salaymeh, 22 anni. Ucciso il 13 luglio 2016.

Al-Salaymeh è stato colpito a morte dalle forze di occupazione israeliane mentre stava viaggiando con i suoi amici a a-Ram, in Cisgiordania. L’esercito israeliano ha affermato che i soldati hanno solo aperto il fuoco per impedire un tentativo di investimento con l’auto. I passeggeri sopravvissuti, tuttavia, hanno affermato che si stavano dirigendo verso una panetteria e non sapevano della presenza di forze israeliane nella zona, una versione dei fatti confermata da prove raccolte dall’associazione per i diritti umani B’Tselem. Al-Salaymeh, che si era sposato tre mesi prima della morte, stava andando a prendere dei biscotti per la moglie incinta quando è stato ucciso. Secondo suo padre, Al-Salaymeh “era stato di grande aiuto per la famiglia – e per questo aveva lasciato la scuola superiore e si era messo a lavorare.” Non c’è stata nessuna indagine sulla sua morte.

Muhyee al-Din Tabakhi, 10 anni. Ucciso il 19 luglio 2016.

Tabakhi è stato colpito da una cosiddetta granata “spugna nera” [proiettili ricoperti di materiale spugnoso nero, usati contro le manifestazioni e considerati non letali. Ndtr.], sparata da membri della polizia di frontiera a a-Ram, nella Gerusalemme est occupata. E’ morto poco dopo in ospedale. Scontri tra i giovani del luogo e le forze israeliane nella zona sono frequenti a causa di lavori in corso sul “Muro di separazione”. Poco prima che Tabakhi venisse colpito, alcuni giovani avevano lanciato pietre contro una jeep della polizia di frontiera, inducendo un poliziotto a scendere dal veicolo e a inseguirli. Il bambino di 10 anni è stato colpito al petto da una distanza di circa 30 metri. Anche un adulto che era intervenuto in soccorso è stato colpito ad una mano. Un portavoce della polizia israeliana ha semplicemente notato che non era stato usato nessun “proiettile letale”.

Muhammad Abu Hashhash, 19 anni. Ucciso il 16 agosto 2016.

Abu Hashhash è stato ucciso dalle forze di occupazione israeliane durante una brutale incursione durata un giorno nel campo di rifugiati di al- Fawwar, nei pressi di Hebron. E’ stato colpito alla schiena nel momento in cui stava uscendo dalla porta di casa da un cecchino israeliano nascosto in una casa palestinese a circa 30-40 metri di distanza. I soldati israeliani avevano fatto un piccolo buco nel muro della casa, attraverso il quale il ragazzo è stato ucciso. Abu Hashhash era un appassionato giocatore di pallone in un campo di circa 9.500 abitanti. Durante quella stessa incursione, le forze israeliane hanno ferito almeno 52 altri abitanti. anche con munizioni letali. Nel momento in cui sto scrivendo, non ci sono notizie di un’inchiesta dell’esercito israeliano sulla sua morte.

(traduzione di Amedeo Rossi)