Il giro d’Italia deve stare lontano da Israele

Tamara Nassar

22 settembre 2017,  Electronic Intifada

I palestinesi stanno chiedendo agli organizzatori del Giro d’Italia di annullare il progetto che vedrebbe partire da Gerusalemme la corsa di ciclismo del 2018.

Israele è stato annunciato come Paese ospite del più prestigioso avvenimento ciclistico dopo il Tour de France.

Secondo un post di appello alla mobilitazione del comitato nazionale del BDS palestinese, il gruppo dirigente per la campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni per i diritti dei palestinesi, ospitare uno degli eventi sportivi più seguiti al mondo “servirà ad Israele come indice di approvazione dell’oppressione israeliana dei palestinesi.”

L’appello alla mobilitazione invita gli attivisti a dire agli organizzatori della competizione: “Proprio come sarebbe stato inaccettabile per il Giro d’Italia iniziare dal Sudafrica dell’apartheid negli anni ’80, è inaccettabile iniziare la corsa da qualunque luogo sotto il controllo israeliano.”

E’ previsto che la corsa inizi a Gerusalemme, e poi si allontani in due direzioni, una da Haifa a Tel Aviv e l’altra da Bir al-Saba a Eilat. Questa sarà la prima volta che il Giro d’Italia inizierà fuori dall’Europa.

L’evento intende celebrare i 70 anni dell’”indipendenza israeliana” ed è stato coordinato dal magnate canadese-israeliano del settore immobiliare Sylvan Adams.

La corsa inizierà solo 10 giorni prima della commemorazione della Nakba, che segna i 70 anni da quando le forze sioniste espulsero 750.000 palestinesi, svuotando o distruggendo in questo processo centinaia di città, cittadine e villaggi.

Aperto a tutti?

Yariv Levin, il ministro israeliano del Turismo, ha affermato che ciò è parte degli sforzi per “trasformare radicalmente” Israele in una normale “destinazione per lo svago ed il turismo”.

Non è la prima volta che avvenimenti sportivi sono stati utilizzati per mascherare i crimini di Israele, distrarre dall’occupazione militare e normalizzarne l’immagine.

Questi tentativi sono anche intesi a rafforzare le pretese di Israele su Gerusalemme.

Il sindaco israeliano di Gerusalemme Nir Barkat, che sovrintende alla continua distruzione delle case palestinesi e all’espulsione forzata di palestinesi per far posto ai coloni ebrei, è comparso con altre personalità israeliane ad un evento per annunciare i progetti per il Giro d’Italia 2018.

Il nostro messaggio al mondo è chiaro: Gerusalemme, la capitale dello Stato di Israele, è aperta a tutti,” ha dichiarato, sottolineando che egli vede il Giro d’Italia come un sostegno alle rivendicazioni politiche di Israele.

Tuttavia Gerusalemme non è aperta a tutti. Le milizie sioniste occuparono la parte occidentale della città nel 1948, espellendo i residenti palestinesi e impossessandosi delle loro proprietà. Non venne loro consentito di tornare. Israele occupò la parte orientale nel 1967, e da allora ha continuato a costruirvi colonie in violazione delle leggi internazionali.

Israele ha obbligato migliaia di palestinesi di Gerusalemme ad andarsene dalla città come parte di quello che Human Rights Watch descrive come “il tentativo di consolidare una maggioranza ebraica a Gerusalemme” da parte di Israele.

Le limitazioni israeliane significano anche che frequentemente ai palestinesi che vivono altrove nella Cisgiordania occupata viene impedito di visitare la città.

Anche a malati di Gaza sono state spesso negate dalle autorità israeliane cure mediche negli ospedali di Gerusalemme.

La demolizione da parte di Israele delle case in Cisgiordania – ed anche a Gerusalemme est sotto la supervisione di Barkat – ha raggiunto un nuovo record nel 2016.

Finanziamenti israeliani

Il governo israeliano ha dato un forte sostegno all’evento ciclistico. Parte del percorso porterà i corridori in giro a visitare il parlamento israeliano, la Knesset, l’Alta Corte israeliana, il museo di Israele e la Città Vecchia di Gerusalemme.

Il governo israeliano ha anche detto che sta mettendo in atto la più grande operazione di sicurezza nella storia di Israele.

Sta anche coprendo i costi totali per ospitare il Giro d’Italia, che ammontano a circa 14 milioni di dollari per l’evento, circa un terzo dei quali arriveranno direttamente al gruppo mediatico RCS per i diritti di ospitalità.

Il gruppo mediatico RCS è l’impresa italiana che organizza la corsa.

L’investimento israeliano nell’avvenimento è parte dei tentativi di promuovere la propria immagine pubblica. Dall’attacco israeliano del 2014 contro Gaza, l’industria turistica israeliana è andata declinando, nonostante gli sforzi promozionali che godono di abbondanti finanziamenti.

Un recente sondaggio della BBC ha classificato Israele come uno dei quattro Paesi meno apprezzati al mondo.

Respingere

Sharaf Qutaifan, della PACBI, la “Palestinian Campaign for the Academic and Cultural Boycott of Israel” [“Campagna Palestinese per il Boicottaggio Accademico e Culturale di Israele”, ndt.], ha ricordato le continue violenze nei confronti degli atleti palestinesi e la distruzione di impianti sportivi da parte di Israele.

Sostenere che questa corsa in qualche modo “unirà” è risibile ed è un affronto per i palestinesi, obbligati per decenni ad intraprendere una letale corsa ad ostacoli fra bombe, pallottole, posti di blocco, interruzioni di strade e muri,” ha affermato.

Ma il direttore del Giro d’Italia Mauro Vegni ha sostenuto che qualunque difficoltà l’evento possa incontrare sarà esclusivamente logistico e non politico.

Attivisti palestinesi hanno lanciato la #RelocatetheRace campaign [“Campagna per spostare la corsa”, ndt.] per protestare contro gli organizzatori del Giro d’Italia, ricordando loro le violazioni dei diritti umani da parte di Israele lungo il percorso previsto e invitandoli a tenere l’evento altrove.

L’ambasciata italiana a Tel Aviv ed il gruppo della lobby dei cristiani sionisti “Christians United for Israel” [“Cristiani uniti per Israele”, ndt.] hanno plaudito alla decisione di iniziare la corsa a Gerusalemme.

Nonostante l’ostilità dei leader italiani verso il movimento di solidarietà con la Palestina, attivisti italiani sono tra quanti in Europa hanno intensificato il proprio impegno per lottare contro la complicità con l’apartheid israeliano e i tentativi di nascondere i suoi crimini.

Tamara Nassar è vice-redattrice di “The Electronic Intifada”.

(traduzione di Amedeo Rossi)