Il doloroso percorso di un conflitto secolare.
Alessandra Mecozzi (a cura di), Il lungo cammino della Palestina. 1917-2017, Edizioni Q, Roma, 2017, pp. 200, 10 €.
Cristiana Cavagna
“Noi sappiamo che la nostra libertà non può dirsi compiuta senza la libertà dei palestinesi”
Nelson Mandela
Questa frase è significativamente riportata nella quarta di copertina di questo prezioso libro: a chiunque stia a cuore quella libertà, è indispensabile conoscere il cammino della Palestina, ed è a questo obbiettivo che il libro curato da Alessandra Mecozzi dà un semplice, chiaro e ben documentato contributo.
Il volume è frutto di un lavoro collettivo, nato dalla collaborazione tra l’associazione ‘Cultura è libertà’ di Roma e l’Association Belgo-palestinienne, di cui sono stati tradotti ed aggiornati fino al 2017 i testi di “La Palestine dans tous ses états”, stampato a Bruxelles.
Scrive nella sua prefazione Wasim Dahmash, saggista palestinese, docente di lingua e letteratura araba all’Università di Cagliari: “Evidenzierò la ragione per cui del ‘problema israelo-palestinese’ non si parla, avvolto com’è da un ostracismo tacito che coinvolge diversi livelli di responsabilità, delle istituzioni in generale, la politica, le università, i media. Una ragione che da sola basterebbe a motivare la pubblicazione del volume…”
Da questa fine d’anno, del ‘problema’ si parla in realtà parecchio, dopo la “bomba atomica” fatta scoppiare dal presidente Trump con il suo riconoscimento di Gerusalemme capitale di Israele: ma con quanta conoscenza di causa, e soprattutto con quanta onestà storica ed intellettuale, se ne parla nei media?
A maggior ragione quindi, questa disamina storica, questa documentazione che comprende dati, schede e mappe geografiche, è uno strumento davvero utile: ad orientarsi, per chi poco conosca del ‘problema’; a puntualizzare alcune tappe fondamentali del ‘cammino della Palestina’ (dalla fine dell’800 fino ad oggi), per chi già conosce e si impegna nelle battaglie per i diritti dei palestinesi; ad avere a disposizione un’ agile ‘cassetta degli attrezzi’, per chi voglia fare informazione, sensibilizzazione, formazione riguardo al ‘problema’, dalle scuole alle università, ai quartieri, alle associazioni….agli amici.
100, 70, 20 anni fa….
“Ci è sembrato un buon modo per ricordare che il 2017 segna 100 anni dall’occupazione della Palestina e dalla Dichiarazione Balfour, 70 anni dalla partizione della Palestina votata dall’ONU, 50 dalla guerra dei 6 giorni e dall’occupazione dei territori palestinesi, che dura ancora oggi.” Così la nota introduttiva della curatrice, che precede una ricca e circostanziata cronologia , che va dagli ultimi decenni dell’800 (che vedono la nascita del movimento sionista) alla risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU del 2016 che ribadisce l’illegalità delle colonie israeliane.
A questa cronologia complessiva si aggiungono nel corso del volume i percorsi temporali che segnano le singole trattazioni ( il diritto internazionale e i ‘piani di pace’; Gerusalemme, la colonizzazione e l’annessione dei territori palestinesi, il muro di separazione; l’economia palestinese e la crisi di Gaza; vittime, prigionieri e rifugiati palestinesi; i partiti politici e la resistenza palestinese; antisemitismo e antisionismo) e consentono di contestualizzare gli avvenimenti.
Ricco è anche l’apparato di rimandi a testi di approfondimento per ogni argomento trattato (particolarmente interessante e stimolante il capitolo che riguarda la discussione sui termini di antisemitismo e antisionismo, spesso confusi e sovrapposti, con riferimenti bibliografici a testi di Halper, Chomsky, Pappe).
Il cammino della Palestina
Il lungo cammino della Palestina si snoda a partire dall’occupazione dell’ottobre del 1917 da parte delle truppe britanniche e dalla dichiarazione Balfour di alcuni giorni dopo (2 novembre), che esplicita l’obbiettivo di “creare una sede nazionale per il popolo ebraico”: viene raccontato attraverso schede tematiche che illuminano i principali nodi dell’occupazione israeliana.
Sono elencate le più importanti tra le tantissime Risoluzioni dell’ONU, tutte inapplicate (Israele agisce totalmente al di fuori del diritto internazionale), fino alla condanna, nel 2004, della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja che dichiara illegale il muro di separazione costruito da Israele.
Si dà poi conto dei vari ‘piani di pace’, dagli Accordi di Oslo del 1993 al ‘Patto di Ginevra’ del 2003, tutti senza esito.
Viene affrontata la questione cruciale, oggi particolarmente attuale, di Gerusalemme est e delle colonie israeliane in continua espansione: il trasferimento forzato di popolazione palestinese, la confisca di proprietà private palestinesi, il diniego di permessi di costruzione e le conseguenti demolizioni di case, i 130 chilometri di muro già costruiti intorno e dentro a Gerusalemme, perseguono l’obbiettivo di portare a termine la ‘giudaizzazione’ di Gerusalemme, “rimettendo in causa il suo statuto di città aperta per le 3 religioni monoteiste”.
Due schede tematiche esaminano la situazione dello ‘strangolamento’ dell’economia palestinese e la questione dell’acqua: appropriazione delle terre e dell’acqua con il controllo delle falde acquifere; una terza è dedicata ad un approfondimento sulla ‘crisi umanitaria, economica e politica’ di Gaza, una prigione a cielo aperto di 360 km2 per circa 2 milioni di abitanti.
Un’accurata serie di dati accompagna le schede relative alle vittime del ‘conflitto’, ai prigionieri politici ed ai rifugiati.
Colonizzazione e resistenza.
Un filo ‘nero’ caratterizza il cammino tratteggiato, un filo che ha contraddistinto le politiche sulla Palestina, da quella della potenza britannica a quelle di tutti i governi israeliani: la colonizzazione, o meglio la colonizzazione da insediamento, e la discriminazione verso i palestinesi che presenta ormai caratteristiche di apartheid. Scrive con estrema chiarezza Dahmash nella prefazione: “…Le costanti della politica coloniale britannica, fino ad arrivare alla pulizia etnica della Palestina e la conseguente creazione dello Stato di Israele, sono gli stessi assi portanti che hanno guidato la politica di tutti i governi israeliani fino ad oggi……eminenti sudafricani, tra cui l’arcivescovo Desmond Tutu, nel visitare la Palestina sono stati colpiti dal modello dell’apartheid israeliano, secondo loro ancora più scientifico e feroce di quello sudafricano.”
Ma i palestinesi sono “un popolo che resiste”: “esistere, è resistere”, si legge sul muro di Qalqiliya, che viene riportato nel capitolo, tra gli ultimi, che parla della lotta dei palestinesi, definendola, come riconosciuto dal diritto internazionale, ‘resistenza legittima contro un’occupazione illegittima’, pur condannando senza ambiguità gli attentati suicidi contro i civili.
Non manca un riferimento finale al movimento BDS (Boicottaggio, disinvestimento, sanzioni), lanciato nel 2005 da un’ampia coalizione di associazioni e sindacati palestinesi, a cui sempre più personalità ed organizzazioni aderiscono in tutto il mondo, e che il regime israeliano cerca in tutti i modi di reprimere.
Cristiana Cavagna è traduttrice e collaboratrice del sito Zeitun.info, Notizie sulla Palestina.
Già insegnante di diritto nelle scuole superiori, da anni è socia ed attivista di Amnesty International e Un Ponte per… Ha viaggiato in Palestina e Libano.