Rapporto OCHA del periodo 10 – 23 aprile 2018 (due settimane)

La serie di dimostrazioni di massa, iniziate il 30 marzo nel contesto della “Grande Marcia del Ritorno”, è continuata a Gaza durante il periodo di riferimento [di questo Rapporto, cioè fino al 23 aprile]

Le manifestazioni hanno avuto luogo in cinque campi di tende situate a circa 600-700 metri dalla recinzione perimetrale con Israele. Alcune centinaia di manifestanti, su decine di migliaia, si sono avvicinati ed hanno tentato di fare una breccia nella recinzione, bruciare pneumatici, gettare pietre e, secondo fonti israeliane, lanciare bombe incendiarie ed altri ordigni esplosivi alle forze israeliane, o di collocarli lungo la recinzione. Queste ultime hanno usato proiettili di gomma, gas lacrimogeni e proiettili di arma da fuoco; un centinaio di cecchini sono stati schierati lungo la recinzione.

Dall’inizio delle proteste, fino al termine del periodo di riferimento, 34 palestinesi, tra cui quattro minori, sono stati uccisi dalle forze israeliane. Inoltre, cinque palestinesi sono stati uccisi a Gaza in altre circostanze ed altri due, entrati in Israele attraverso la recinzione, sono stati colpiti ed uccisi; i loro corpi sono ancora trattenuti dalle autorità israeliane. A Gaza, secondo il Ministero Palestinese della Salute, dal 30 marzo un totale di 5.511 palestinesi, tra cui almeno 454 minori, sono stati feriti dalle forze israeliane. Di questi, 3.369 persone (il 61%) sono state ricoverate in ospedale; 1.739 dei ricoverati erano stati colpiti da proiettili di arma da fuoco. Non sono stati segnalati ferimenti di israeliani. Il gran numero di vittime tra i manifestanti palestinesi disarmati, e l’alta percentuale di feriti da proiettili di arma da fuoco, ha suscitato preoccupazioni sull’uso eccessivo della forza. I medici dell’ospedale Shifa di Gaza riferiscono di aver curato lesioni non più viste dai tempi delle ostilità del 2014; alcune di tali lesioni possono causare inabilità permanente. Ciò solleva interrogativi sul tipo di munizioni usate dalle forze israeliane.

Per ulteriori informazioni e grafici: https://www.ochaopt.org/content/humanitarian-snapshot-mass-casualties-context-demonstrations-gaza-strip-0

Durante il periodo di riferimento, nove palestinesi, compreso un minore, sono stati uccisi dalle forze israeliane e 1.739 sono stati feriti nel contesto delle dimostrazioni nella Striscia di Gaza (inclusi nel conteggio di cui sopra). I nove morti sono costituiti da otto uomini ed un 14enne che, secondo fonti mediche, è stato colpito alla testa da un proiettile mentre si trovava a circa 50 metri dalla recinzione. Il Coordinatore Speciale delle Nazioni Unite per il Processo di Pace in Medio Oriente ha espresso indignazione per l’uccisione e ha chiesto un’indagine. L’Esercito Israeliano ha dichiarato che sarà svolta un’inchiesta su questo episodio. Il Coordinatore Umanitario, Jamie McGoldrick, ha chiesto tutela dei manifestanti palestinesi e finanziamenti urgenti per fronteggiare le esigenze umanitarie critiche generate dal massiccio aumento delle vittime a Gaza dal 30 marzo.

In diverse occasioni, nei giorni 12, 17 e 18 aprile, le forze israeliane hanno effettuato molteplici attacchi aerei e sparato colpi di carro armato su Gaza, mirando, a quanto riferito, a siti militari; un membro di un gruppo armato palestinese è stato ucciso e cinque altri sono rimasti feriti. È stato inoltre segnalato il danneggiamento di una casa.

In Cisgiordania, 331 palestinesi, tra cui 49 minori, sono stati feriti dalle forze israeliane durante proteste e scontri. Per l’85% circa, queste lesioni si sono verificate durante scontri scoppiati dopo le proteste in solidarietà con la Grande Marcia del Ritorno, svolta a Gaza. Gli scontri a Kafr Qalil (Nablus) hanno fatto contare il più alto numero di feriti; seguono i feriti conteggiati negli scontri avvenuti nei pressi del DCO di Al Bireh (Ramallah) e nella città di Abu Dis (Gerusalemme). La maggior parte delle lesioni (70%) sono state causate da inalazione di gas lacrimogeno necessitante trattamento medico, seguite da lesioni causate da proiettili di gomma (20%) e da pallottole di arma da fuoco (3%). In altri tre episodi, avvenuti in Cisgiordania, 24 palestinesi, tra cui due minori, sono stati feriti durante scontri con le forze israeliane intervenute a seguito di alterchi e scontri tra residenti palestinesi e coloni entrati in vari siti religiosi.

In Cisgiordania le forze israeliane hanno effettuato 183 operazioni di ricerca-arresto ed hanno arrestato 203 palestinesi, di cui 24 minori. Più di un terzo di queste operazioni hanno innescato scontri con i residenti. Nel Governatorato di Hebron è stata effettuato il più alto numero di arresti (55, di cui quattro minori) ed il maggior numero di operazioni (51).

Citando la mancanza di permessi edilizi israeliani, le autorità israeliane hanno demolito o sequestrato 16 strutture in sei località in Area C: non ci sono stati sfollamenti dalle abitazioni, ma le demolizioni/sequestri hanno riguardato i mezzi di sussistenza di 362 persone. Undici delle strutture oggetto dei provvedimenti di cui sopra si trovavano nell’Area C dei villaggi di Shuqba e Jibiya (entrambi in Ramallah), di Al ‘Auja (Jericho) e della comunità beduina palestinese di Sud ‘Anata (Gerusalemme). Quattro delle strutture mirate erano utilizzate come aule e due come servizi igienici di una scuola elementare che serve 24 studenti nella comunità pastorale di Khirbet Zanuta nel sud di Hebron. Una delle strutture interessate dai provvedimenti sopraccitati era utilizzata come aula scolastica dalla comunità beduina di Jabal al Baba, nell’Area C del Governatorato di Gerusalemme, ed era stata fornita come assistenza umanitaria in risposta a demolizioni precedenti. Questa specifica demolizione ha interessato 290 persone, di cui 151 minori. Jabal al Baba è una delle 46 comunità beduina palestinesi nella Cisgiordania centrale ad alto rischio di trasferimento forzato. Le forze israeliane hanno inoltre demolito un autolavaggio ed un parco giochi pubblico per bambini (entrambi situati vicino al checkpoint di Qalandiya e Kafr Aqab), pregiudicando il sostentamento di 86 persone; hanno anche demolito un laboratorio nel villaggio di Beiti Anan, in Gerusalemme (Area B), dove hanno sequestrato computer, stampanti ed altre attrezzature; a quanto riferito il sequestro è stato motivato da attività di incitamento; sono stati colpiti i mezzi di sussistenza di 17 persone.

Il 23 aprile, nella città di Jenin, le autorità israeliane hanno demolito una casa per motivi punitivi, sfollando sette persone, tra cui due minori. La casa demolita apparteneva alla famiglia del palestinese, attualmente imprigionato, che, nel gennaio 2018, partecipò ad un attacco in cui un colono israeliano venne ucciso. Dall’inizio del 2018, due case sono state demolite o sigillate per motivi punitivi, sfollando sette palestinesi.

Per mancanza di permessi edilizi israeliani, le autorità israeliane hanno emesso almeno 19 ordini di demolizione o di blocco-lavori contro strutture appartenenti a tre comunità nell’Area C. Le strutture comprendono undici case abitate in Khirbet Ghwein (Hebron), sette strutture di sostentamento in Ni’lin, ed una struttura abitativa nella comunità di Jawaya, nella zona di Yatta (Hebron).

In Cisgiordania tre palestinesi sono stati feriti da coloni israeliani e proprietà palestinesi sono state vandalizzate nel corso di undici episodi di violenza. Il 10 aprile, coloni israeliani hanno aggredito fisicamente e ferito un palestinese vicino Tell (Nablus). Secondo fonti della Comunità locale, in tre episodi distinti, circa 140 ulivi su terreni appartenenti a palestinesi dei villaggi di Rujeib, Burin ed ‘Urif (tutti a Nablus) sono stati vandalizzati da coloni israeliani provenienti, a quanto riferito, dagli insediamenti colonici di Yitzhar e Bracha. Inoltre, in altri cinque diversi episodi, coloni israeliani hanno bucato le gomme di 113 veicoli palestinesi, hanno spruzzato scritte del tipo “questo è il prezzo che dovete pagare” sui muri di dieci case palestinesi ed hanno incendiato una moschea nei villaggi di Lubban Ash Sharqiya e Aqraba (entrambi in Nablus), di Rammun e Burqa (entrambi a Ramallah), e di Beit IKSA (Gerusalemme). Due studenti palestinesi (11 e 12 anni) sono stati feriti e il loro scuolabus ed una casa hanno subìto danni in due separati episodi di lancio di pietre e di bottiglie incendiarie da parte di coloni sulle strade nei pressi di Durai (Hebron) e nella zona H2 della città di Hebron. La violenza dei coloni è andata aumentando dall’inizio del 2018, con una media settimanale di cinque attacchi recanti lesioni o danni alla proprietà, rispetto ad una media di tre attacchi nel 2017 e due nel 2016.

Secondo rapporti di media israeliani, quattro coloni israeliani, tra cui una donna, sono rimasti feriti e quattro veicoli sono stati danneggiati su strade vicino a Betlemme, Hebron, e Gerusalemme a seguito del lancio di bottiglie incendiarie e pietre da parte di palestinesi.

In Gaza, per la terza settimana consecutiva, continuano a verificarsi interruzioni di corrente fino a 20 ore al giorno; ciò pregiudica gravemente l’erogazione dei servizi essenziali, tra cui quelli sanitari, l’acqua potabile ed il trattamento delle acque reflue. La Centrale Elettrica di Gaza, a causa della mancanza di carburante, è totalmente inattiva dal 12 aprile, mentre le tre linee dell’elettricità egiziana sono fuori servizio dal 10 febbraio.

Il valico di Rafah, controllato dall’Egitto, è stato aperto per tre giorni (dal 12 al 14 aprile) in entrambe le direzioni, permettendo il rientro nella Striscia di 400 persone e l’uscita di 2.500. Dall’inizio del 2018, il valico è stato aperto solo tredici giorni; otto giorni in entrambe le direzioni e cinque giorni in una direzione. Secondo le autorità palestinesi di Gaza, più di 23.000 persone, inclusi casi umanitari ad alta priorità, sono registrate ed in attesa di attraversare il valico.

nota 1:

I Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei civili nei territori palestinesi occupati.

sono scaricabili dal sito Web di OCHAoPt, alla pagina: https://www.ochaopt.org/reports/protection-of-civilians

L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.

la versione in italiano è scaricabile dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:

https://sites.google.com/site/assopacerivoli/materiali/rapporti-onu/rapporti-settimanali-integrali

nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]

sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti

a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.

nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.

Associazione per la pace – Via S. Allende, 5 – 10098 Rivoli TO; e-mail: assopacerivoli@yahoo.it

þ