Legge contro il BDS: il terreno sta diventando scivoloso per Israele

Ben White

15 gennaio 2018, Middle East Eye

Disumanizzare i palestinesi è stato finora più facile, ma decenni di attivismo ben radicato della società civile da parte di palestinesi con cittadinanza americana e dei loro alleati stanno dando frutti

Negli Stati Uniti, nel contesto del blocco del governo federale che prosegue, una battaglia per tentare di eliminare la campagna per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni [contro Israele] (BDS) sta diventando una notizia in primo piano.

Lo scorso giovedì per la seconda volta il Senato ha bloccato l’iter di una legge che include la norma “per combattere il BDS” che fornisce una copertura agli Stati che penalizzano attività economiche e individui che partecipano al boicottaggio contro Israele e contro le colonie israeliane nei territori palestinesi occupati.

I principali ostacoli

Mentre i democratici si sono rifiutati di appoggiare qualunque legge prima che si sia risolto il blocco delle attività federali, si attende un terzo tentativo di far progredire la norma contro il BDS. Il senatore democratico Bob Menendez ha affermato che la legge “tornerà ed avrà un massiccio appoggio bipartisan.”

Nonostante l’opposizione, la norma contro il BDS potrebbe alla fine diventare legge. Ma i gruppi che sostengono Israele, come l’AIPAC, che spingono per queste iniziative hanno affrontato – e continueranno ad affrontare – tre importanti ostacoli nei loro sforzi di fare della Palestina e dei diritti umani dei palestinesi un’eccezione.

Il primo è l’impegno culturale e costituzionale a favore della libertà di parola negli Stati Uniti. La forza di questo impegno è tale che persino alcuni convinti avversari del BDS si sono opposti a voce alta alla criminalizzazione della campagna di boicottaggio.

Un significativo elemento dell’opposizione alla legge è venuto dall’ American Civil Liberties Union [Unione per le Libertà Civili Americane, associazione USA che si occupa di difendere i diritti civili e politici nel Paese, ndtr.] (ACLU), e questa storica organizzazione ha denunciato quello che ha definito “una misura che intende sopprimere un’espressione politica legittima.”

Mentre l’ACLU ha ripetutamente affermato di non “prendere posizione sul boicottaggio di Israele, sul movimento BDS o sul conflitto israelo-palestinese”, l’organizzazione ha sostenuto che “gli Stati non dovrebbero sanzionare attività economiche sulla base delle forme d’espressione e associazione protette dal Primo Emendamento [della Costituzione USA, ndtr.].”

Attivismo palestinese

Quando il firmatario della proposta di legge, il senatore [repubblicano, ndtr.] Marco Rubio, ha difeso l’iniziativa negando le affermazioni secondo cui essa riguardava la libertà di parola, ciò ha semplicemente causato una pubblica figuraccia riguardo alla sua conoscenza della Costituzione. Un secondo ostacolo per quelli che intendono criminalizzare il BDS è il fatto che il boicottaggio ha una lunga tradizione e una lunga storia negli USA come forma di protesta popolare e di mobilitazione della società civile.

Come ha scritto l’ACLU: “I boicottaggi politici, compresi quelli di Paesi stranieri, hanno giocato un ruolo centrale nella storia di questa Nazione – dai boicottaggi di prodotti britannici durante la rivoluzione americana al boicottaggio degli autobus di Montgomery fino al disinvestimento nel Sud Africa dell’apartheid.”

Lo scorso luglio Amjad Iraqi, sulla “London Review of Books” [prestigiosa rivista britannica, ndtr.], ha citato una tradizione persino più estesa, che include il “boicottaggio da parte del movimento Swadeshi [movimento indiano per l’indipendenza dalla Gran Bretagna nato a metà ‘800, ndtr.] dei prodotti britannici in India”, “il boicottaggio economico della Germania nazista” da parte di organizzazioni ebraiche europee e americane negli anni ’30, e lo sciopero dell’uva di Delano [sciopero dei lavoratori agricoli, sostenuto da un boicottaggio da parte dei consumatori a danno dei produttori, ndtr.] nella California degli anni ’60.

Iraqi correttamente nota come “Israele insista che la causa palestinese non può essere inclusa nella gloriosa storia dei boicottaggi.” Ciò significa che Israele e i gruppi che lo sostengono devono affermare che il BDS è “diverso” – un compito reso più difficile da un terzo ostacolo per la repressione del BDS: l’attivismo palestinese.

Prendendo di mira il BDS, i gruppi filo-israeliani devono dimostrare che i palestinesi non meritano gli stessi diritti umani degli altri popoli, e in parallelo che Israele non dovrebbe essere considerato con gli stessi standard con cui sono giudicati altri Paesi, compresi quelli sottoposti a sanzioni da parte del Congresso.

Disumanizzare i palestinesi risultava di solito più facile – e lo è ancora troppo spesso –, ma decenni di attivismo ben radicato della società civile da parte di palestinesi con cittadinanza americana e dei loro alleati stanno dando frutti, e l’appoggio ai palestinesi viene sempre più espresso nei principali spazi dei media, della cultura e della politica.

Terreno scivoloso

Come ho descritto nel mio libro “Cracks in the Wall: Beyond Apartheid in Palestine/Israel” [Crepe nel muro: oltre l’apartheid in Palestina/Israele], la polarizzazione tra elettori repubblicani e democratici riguardo a Israele e ai palestinesi, con liberal e progressisti che sono sempre più lontani da Israele, è una manifestazione concreta di questi cambiamenti.

Questi cambiamenti non si limitano più alla base. Come ha informato il “New York Times” prima delle elezioni di medio termine per il Congresso, le nuove rappresentanti elette, Alexandria Ocasio-Cortez, Ilhan Omar e Rashida Tlaib, hanno tutte “osato interrompere quella che è stata l’ortodossia praticamente inviolabile di entrambi i partiti politici,” cioè “il forte appoggio ad Israele”. “Proponendo piattaforme elettorali che sottolineavano l’opposizione contro la discriminazione a danno di gruppi emarginati,” aggiunge il giornale, “le candidate hanno inserito la questione palestinese come ciò che definiscono un maggiore impegno per la giustizia sociale.”

Scrivendo la scorsa settimana sul quotidiano israeliano “Haaretz” [giornale israeliano di centro sinistra, ndtr.] il corrispondente [dagli USA] Amir Tibon ha messo in luce una “sfida” che devono affrontare “i diplomatici israeliani e gruppi come l’‘AIPAC’” nell’“attuale contesto politico” – “la crescente ‘ondata progressista’ all’interno del partito Democratico, molto critica verso Israele e che ora include due membri della Camera dei Rappresentanti che appoggiano apertamente il BDS.”

Non bisogna negare le energie molto significative che sono utilizzate per combattere contro il movimento BDS sia a livello dei singoli Stati che a livello federale – per non parlare della repressione e della censura sperimentate da studenti e facoltà nelle università. E, ribadisco, alla fine quest’ultimo progetto di legge potrebbe persino essere approvato.

Ma gli ostacoli che si trovano di fronte quelli che guidano la battaglia legislativa contro il BDS negli USA sono la prova che per Israele, a lungo abituato ad essere servito e riverito, il terreno sta diventando scivoloso.

Ben White è autore di “Israeli Apartheid: A Beginner’s Guide” [Apartheid israeliano: una guida per principianti] e di “Palestinians in Israel: Segregation, Discrimination and Democracy” [Palestinesi in Israele: segregazione, discriminazione e democrazia]. Scrive per Middle East Monitor e i suoi articoli sono stati pubblicati anche da Al Jazeera, al-Araby, Huffington Post, the Electronic Intifada, e nella rubrica del “The Guardian” “Comment is Free” [Il commento è libero] ed altri.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.

(traduzione di Amedeo Rossi)