Venezuela: perché Israele vuole che Maduro venga rovesciato *

Ahmad Moussa

Lunedì 11 febbraio 2019 , Middle East Eye

Il sostegno americano-israeliano al rovesciamento di Maduro si iscrive nel quadro di un più complessivo progetto regionale che prende di mira la solidarietà con la Palestina

*Nota redazionale: Abbiamo deciso di tradurre questo articolo, benché risalga al febbraio scorso, in quanto la crisi venezuelana è diventata di drammatica attualità in questi giorni e il testo che segue offre interessanti indicazioni sul rapporto tra quanto avviene nel Paese latinoamericano e le vicende mediorientali.

Diversi fattori e importanti elementi hanno alimentato l’attuale disastrosa situazione in Venezuela, ma l’ingerenza israeliana negli affari latino-americani è raramente citata.

Dopo la morte del presidente venezuelano Hugo Chávez il suo successore, Nicolás Maduro, ha rapidamente dovuto affrontare le sfide di un’economia sull’orlo del naufragio, di un’iperinflazione e di una mancanza di medicine e prodotti alimentari dovuta alla caduta del prezzo del barile di petrolio nonostante le notevoli riserve del Paese.

Le manifestazioni contro l’aggravamento della situazione socio-economica hanno portato a una polarizzazione e a un’impasse politica. I campi pro e contro il governo si scontrano senza una terza opzione alternativa né speranza di riconciliazione interna.

La comparsa dell’autoproclamato presidente ad interim, Jaun Guaidó, sostenuto da Paesi come gli Stati Uniti, il Canada, l’Australia e Israele – anche se le Nazioni Unite, la più alta carica giudiziaria del Paese e i militari rifiutano la sua leadership e Maduro ha chiesto elezioni anticipate – pone questa domanda: quali interessi rappresenta?

Lotta a favore dell’autodeterminazione

Il caos politico in Venezuela è il risultato di una combinazione tra l’estrema vulnerabilità di uno Stato petrolifero e le conseguenze delle politiche imperialiste e delle iniziative che alimentano la corruzione interna. Ciononostante il sostegno americano-israeliano al rovesciamento di Maduro si iscrive in un programma più vasto che intende consolidare una campagna antipalestinese in America latina a spese del popolo venezuelano.

Benché nel 1947 la maggioranza dei Paesi dell’America latina abbia appoggiato il piano di partizione [della Palestina] delle Nazioni Unite, che costituì ufficialmente lo Stato di Israele e portò alla Naqba [l’espulsione della popolazione palestinese, ndt.], la regione è stata nettamente favorevole ai palestinesi, e accoglie la più grande presenza palestinese al di fuori del mondo arabo.

La solidarietà con la lotta palestinese a favore dell’autodeterminazione ha raggiunto il suo apogeo durante gli anni di Chávez fino ad oggi, in quanto i dirigenti hanno apertamente criticato le flagranti violazioni del diritto internazionale commesse da Israele. Il Venezuela ha rotto i suoi rapporti diplomatici con Israele nel 2009, in seguito alla sua campagna militare contro Gaza [operazione “Piombo Fuso”, ndt.].

L’Alleanza Bolivariana per i Popoli della nostra America (ALBA) è stata creata dal Venezuela e da Cuba durante l’era di Chávez. Gli Stati Uniti e Israele restano i soli Paesi ad aver votato contro la risoluzione annuale dell’ONU intesa a mettere fine al blocco di più di mezzo secolo contro Cuba. Inoltre il recente voto dell’ONU a favore della creazione di uno Stato palestinese, così come i tentativi fatti dalla Palestina per ottenere il riconoscimento internazionale, beneficiano di un consistente appoggio in America latina, soprattutto in Venezuela.

Sotto l’amministrazione Trump si assiste a un lento e constante cambiamento per imporre delle politiche antipalestinesi, come la riduzione dell’aiuto americano all’agenzia per i rifugiati dell’UNRWA [agenzia ONU per i rifugiati palestinesi nei campi profughi, ndt.] e all’Autorità Nazionale Palestinese, e l’adozione dell’“accordo del secolo” che distrugge ogni speranza per le aspirazioni nazionali palestinesi.

Ideologia neoconservatrice

L’amministrazione Trump ha rafforzato l’estrema destra politica diffondendo l’ideologia neoconservatrice del sionismo cristiano in tutta l’America Latina. Il voto dell’ONU di condanna dello spostamento dell’ambasciata americana a Gerusalemme è stato respinto dal Guatemala, dall’Honduras e dal Brasile in un contesto regionale di rafforzamento dei legami “per la sicurezza” con Israele. Paesi come il Cile, il Brasile, l’Argentina, il Costa Rica, la Colombia, il Perù, il Paraguay e l’Ecuador hanno riconosciuto Guaidó.

È estremamente indicativo che l’amministrazione Trump abbia fatto di Elliot Abrams il suo nuovo inviato americano per il Venezuela, rafforzando l’idea che gli Stati Uniti e Israele vedano in questa situazione un’occasione per rovesciare Maduro e instaurare un regime filo-israeliano nel Paese.

Abrams è stato condannato per il suo ruolo nello scandalo Iran-Contra, che implicava un piano americano-israeliano inteso a fornire segretamente armi all’Iran, in un contesto di embargo sulle armi in nome della liberazione degli ostaggi [dell’ambasciata americana a Teheran, ndt.]. Il fine ultimo era finanziare la contro-insurrezione e i guerriglieri, sostenuti dagli Stati Uniti, che lottavano contro il socialismo o il comunismo [del governo sandinista in Nicaragua, ndt.].

Abrams è stato anche implicato nella massiccia violazione dei diritti umani perpetrata da regimi filo-americani nel Salvador e in Guatemala, come dai ribelli nicaraguensi della Contra negli anni ’80, che hanno fatto decine di migliaia di morti.

Prospettive per il futuro

Abrams è stato in seguito graziato dall’amministrazione Bush e nominato consigliere aggiunto alla sicurezza nazionale in vista della promozione di una strategia dell’ex-presidente George H. W. Bush che consisteva nell’ “adozione di un approccio democratico all’estero”, sulla falsariga del ruolo giocato nel fallito tentativo di colpo di Stato contro Chavez.

Abrams è al contempo ferocemente filo-israeliano. Ha criticato l’amministrazione Obama per aver penalizzato l’illegale espansione delle colonie di insediamento nei territori palestinesi, il che fa di lui il candidato ideale per il programma antipalestinese in America latina.

La direzione che sta prendendo il Venezuela non è di buon auspicio per la regione, soprattutto dal punto di vista della solidarietà con la Palestina, vista la storica e attuale ingerenza sionista.

La presa del potere riuscita del Venezuela da parte delle forze filo-americane implicherà il rafforzamento della politica antipalestinese con una strategia interventista che cancelli e “tolga di mezzo” la Palestina da questa regione.

La speranza è nelle mani del popolo venezuelano, della società civile e dei movimenti di base latino-americani. Solo il futuro ci dirà se potranno mettere fine a questo progetto, sostenuto da Israele, di porre fine alla solidarietà con la Palestina nel continente.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.

Ahmad Moussa è uno studioso e attivista per i diritti umani, e collaboratore regolare ed editorialista di numerose agenzie di notizie internazionali. È professore di questioni indigene e mediorientali. È anche attivista per i diritti umani con un master in Diritto internazionale e Diritti umani. Moussa è attualmente coinvolto in una ricerca per un dottorato in Studi sulla guerra.

(traduzione di Amedeo Rossi)