Quest’anno Israele ha ucciso quasi 3 palestinesi alla settimana

Maureen Clare Murphy

29 novembre 2019 – Electronic Intifada

Venerdì 29 novembre il sedicenne Fahd al-Astal è morto dopo essere stato colpito all’addome dalle forze di occupazione israeliane durante le proteste lungo il confine tra Gaza e Israele.

Lo stesso giorno, Raed Rafiq Ahmad al-Sirsawi, 30 anni, è morto per le ferite riportate il 13 novembre nel corso della spirale di violenza israeliana contro Gaza.

Le loro morti portano a 132 il numero totale di palestinesi deceduti finora nel corso dell’anno a causa del fuoco israeliano. Ciò equivale a una media di quasi tre morti alla settimana.

Nel contempo un totale di 10 israeliani sono morti nello stesso periodo a causa della violenza palestinese.

Tredici volte più palestinesi che israeliani sono morti quest’anno per la violenza legata all’occupazione.

 

Prigioniero muore sotto custodia israeliana

Ma questa cifra non include i palestinesi che sono morti nelle carceri israeliane, tra cui Sami Abu Diyak, che martedì 26 novembre si è arreso al cancro [mentre era sotto la] custodia di Israele, fra le accuse di anni di mancanza di cure mediche.

Abu Diyak quest’anno è il quinto palestinese a morire nelle prigioni israeliane.

Contribuiscono alle morti palestinesi non comprese nelle statistiche della mortalità legata al conflitto anche le restrizioni agli spostamenti [inflitte] da Israele.

Tra questi casi vi sono [quelli dei] palestinesi morti in attesa del permesso di viaggio per [essere sottoposti] a cure mediche non disponibili nella Striscia di Gaza assediata.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità riferisce che in ottobre Israele ha accolto solo il 58% delle oltre 1.750 domande presentate dai palestinesi di Gaza bisognosi di cure mediche in Israele e in Cisgiordania.

L’ organizzazione sanitaria internazionale ha anche affermato che il tasso di permessi concessi da Israele per i palestinesi feriti durante le proteste lungo il confine Gaza-Israele è molto più basso del tasso complessivo di concessioni. Da quando la Grande Marcia del Ritorno di Gaza è iniziata il 30 marzo 2018, è stato autorizzato solo il 18% delle domande di cure mediche in Israele e in Cisgiordania per i feriti nel corso delle proteste.

 

Trattamenti crudeli verso i pazienti

[Il caso di] una paziente preso in esame dall’Organizzazione Mondiale della Sanità illustra il trattamento crudele da parte di Israele nei confronti dei palestinesi a Gaza che richiedono cure mediche specialistiche.

Identificata dall’organizzazione sanitaria mondiale come Sherehan, una donna di 33 anni madre di quattro figli, la paziente è stata indirizzata dai medici di Gaza ad un ospedale nella città di Ramallah, in Cisgiordania, per cure mediche specialistiche dopo averle riscontrato un tumore addominale in crescita.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità “per Sherehan questo significava [dover] richiedere che Israele le rilasciasse un permesso per uscire da Gaza. Dal suo primo rinvio, al momento [Sherehan] ha fatto per 12 volte richiesta per [poter] uscire da Gaza per l’assistenza sanitaria e ogni volta senza successo.”

Le è stato negato un permesso otto volte, mentre in tre occasioni alla data del suo appuntamento la sua domanda è risultata “in fase di studio”, e una volta le è stato detto che il trattamento di cui aveva bisogno era disponibile a Gaza.

“Secondo il Ministero della Salute di Gaza, la complessa assistenza multidisciplinare richiesta per Sherehan non è disponibile localmente”, afferma l’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Sherehan ha dichiarato all’organizzazione: “Ho sofferto un anno di malattia, ma negli ultimi tre mesi mi sono sentita così abbattuta e depressa. Il tumore sta diventando più grande e i miei sintomi stanno peggiorando. Non dispongo di cure, solo di antidolorifici.”

Pur negando ai palestinesi come Sherehan l’accesso alle cure mediche necessarie, l’esercito israeliano si vanta dei suoi soldati che donano i capelli ai malati di cancro.

Il COGAT [coordinamento delle attività governative nei territori, ndtr.], il braccio burocratico dell’occupazione militare israeliana che si occupa delle autorizzazioni per le domande di viaggio presentate da pazienti come Sherehan, si è lamentato del rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Secondo il COGAT, in ottobre è stato accolto solo il 51% di tutte le domande di pazienti, il che è inferiore alla cifra del 58% fornita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Diamo a Cesare quel che è di Cesare – almeno il COGAT desidera essere riconosciuto come più crudele di quanto suggeriscono i rapporti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

 

Maureen Clare Murphy è redattrice associata di The Electronic Intifada e vive a Chicago.

 

(traduzione dall’Inglese di Aldo Lotta)