Nella giornata dei prigionieri palestinesi, la lotta dovrebbe riguardare la richiesta di libertà, non il Covid-19

Ramona Wadi

16 aprile 2020Middle East Monitor

L’annuale commemorazione della Giornata dei Prigionieri Palestinesi potrebbe facilmente trasformarsi in una celebrazione farsa. Quest’anno il 17 aprile sarà segnato da dichiarazioni che chiedono il rilascio dei prigionieri palestinesi dalle carceri israeliane per motivi umanitari dovuti alla pandemia di coronavirus. Tuttavia vi sarà una scarsa consapevolezza che il principio umanitario, quando collegato a circostanze momentanee, non è una base sufficiente per rivendicare il rispetto dei diritti umani. È la lotta legittima che dovrebbe sostanziare la richiesta di libertà, non il Covid-19.

Nel 2020 Israele ha già incarcerato 1.324 palestinesi; 5.000 persone in totale sono attualmente detenute delle carceri israeliane. A marzo, in coincidenza con lo scoppio del coronavirus nei territori palestinesi occupati, Israele ha incarcerato 357 palestinesi, compresi minori e donne.

Israele ha costruito una falsa narrazione sulla resistenza palestinese per promuovere la propria narrazione sulla sicurezza, di qui l’etichetta di “terroristi palestinesi”. In realtà i palestinesi hanno un legittimo diritto a condurre una lotta anticoloniale con qualunque mezzo a disposizione. Nella Giornata dei Prigionieri Palestinesi questo deve essere portato all’attenzione del mondo prima di far ricorso al paradigma umanitario, che sfrutta e offende i prigionieri privilegiando la pandemia rispetto alla loro libertà politica, ai loro diritti e alla liberazione della loro terra.

Se i principi umanitari fossero veramente umanitari, la lotta anticoloniale farebbe parte della narrazione internazionale. I prigionieri palestinesi sono stati descritti sulla base di singoli eventi e circostanze, invece che di principi politici e della causa palestinese, forse per accondiscendere alla tendenza della comunità internazionale a pretendere i diritti umani in base ai programmi umanitari. Di qui l’ampia pubblicizzazione data agli scioperi della fame, per esempio, o ad un possibile diffondersi del coronavirus tra i prigionieri palestinesi, che certamente sarebbe catastrofico. Tuttavia questi non sono che aspetti della più ampia narrazione della lotta per la libertà, ed enfatizzare situazioni momentanee piuttosto che la causa che sta alla radice della questione danneggia sia i prigionieri palestinesi che la causa anticoloniale.

Le giornate di commemorazione sono inutili se la celebrazione si limita ad una singola occasione senza un piano per un’azione costante. Quando vi è un contesto diverso dalla lotta dei prigionieri per la liberazione della Palestina, in questo caso la pandemia, è facile rovesciare le priorità in modo tale che essa prenda il sopravvento rispetto ai prigionieri e ai loro diritti. Se i palestinesi fossero sostenuti nella loro lotta anticoloniale dalla comunità internazionale, come dovrebbe essere, il discorso relativo al coronavirus e ai palestinesi sarebbe differente. Inoltre, quando la pandemia finirà, la richiesta di liberazione dei prigionieri politici palestinesi continuerà? Oppure essa scomparirà perché l’attivismo, nonostante tutte le buone intenzioni, ancora una volta si è servito della pandemia per mettere in luce temporaneamente le continue violazioni e negligenze del sistema penitenziario israeliano?

La Giornata dei Prigionieri Palestinesi dovrebbe essere celebrata come momento culminante per evidenziare una coerente strategia per la liberazione. Dopotutto, i prigionieri politici palestinesi hanno abbracciato la lotta anticolonialista in modo permanente. Devono essere rilasciati perché il loro anticolonialismo è una causa legittima e non è una violazione del diritto internazionale. Sostenere che i prigionieri palestinesi devono essere liberati per motivi umanitari durante la pandemia di coronavirus è scorretto, dal momento che è ben noto che i principi umanitari sono soggetti alle interpretazioni politiche della comunità internazionale. Perciò nella Giornata dei Prigionieri Palestinesi 2020 dobbiamo politicizzare i principi umanitari dal punto di vista della memoria collettiva e della narrazione del popolo palestinese, in modo da poter elaborare una strategia coerente che non dipenda da circostanze esterne.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autrice e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Monitor.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)