Netanyahu sta portando il proprio processo fuori dal tribunale

Ben Cospit

25 maggio 2020 Al Monitor

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu intende puntare sul tempo e rimandare il processo che lo riguarda per molti mesi e forse anche anni.

Il 24 maggio una scena una volta ritenuta impossibile è rimasta impressa come in un film. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha presieduto una riunione di governo al mattino ed è apparso in tribunale davanti a tre giudici nel pomeriggio. Il leader onnipotente di Israele ha già battuto il record del primo Primo Ministro israeliano David Ben-Gurion governando per 11 anni consecutivi – e 14 anni in totale. Ora, tuttavia, è sotto processo con l’accusa di corruzione, frode e violazione della pubblica fiducia. Da adesso in poi, Israele si trova di fronte a una situazione senza precedenti: lo stesso Stato muove accuse contro l’uomo che lo guida.

Non c’è dubbio che l’unica persona in grado di produrre uno scenario del genere senza batter ciglio sia lo stesso Netanyahu. A partire da ora, questa immagine farà parte del suo retaggio storico, oscurando tutte le altre sue attività e risultati. Nel prossimo anno e mezzo, prima di passare la propria carica al ministro della Difesa Benny Gantz, Netanyahu farà lo sforzo più ragionato della sua vita per rovesciare tale retaggio e crearsene uno più distinto. Vuole entrare nei libri di storia, non in prigione.

Netanyahu continua a sollevare la posta in gioco quasi ogni giorno. Chiunque pensasse che una volta comparso davanti alla corte avrebbe abbassato la testa, anche solo per la scena, e seguito le regole del gioco, si è sbagliato – e alla grande. Netanyahu ha salito i gradini della corte distrettuale di Gerusalemme alle 14:00 ora locale, un’ora prima dell’inizio del processo. Questo di per sé è insolito per lui. E si è presentato con un contingente di persone desiderose di difenderlo. Era circondato dai ministri del Likud, dai membri del parlamento e da altri a lui vicini, tutti nascosti dietro le mascherine. Si sono presentati per dichiarare: “Anche noi siamo sotto processo”.

Tuttavia, solo Netanyahu ha parlato. Ha pronunciato un lungo discorso bellicoso, lanciando durissime accuse a proposito di ogni fase dell’indagine contro di lui. Ha attaccato tutti, dalla polizia all’ufficio del procuratore di Stato, al procuratore generale Avichai Mandelblit. Con grande eleganza, ha ignorato il fatto di avere lui stesso nominato ai loro incarichi la maggior parte dei suoi inquirenti, tra gli altri il capo della polizia e il procuratore generale, persone considerate a lui vicine, sia politicamente che ideologicamente. Invece, Netanyahu ha tessuto una fantastica teoria della cospirazione, in cui una “mano invisibile” avrebbe trasformato l’intero sistema della legalità israeliana in un meccanismo al servizio del male, manovrato da lontano, con un’unica missione: rimuovere Netanyahu dalla sua carica.

Il punto più basso è stato toccato quando Netanyahu ha fatto ricorso agli orrori dell’Olocausto in propria difesa. Ha citato i sopravvissuti dell’Olocausto, che presumibilmente lo hanno chiamato prima che arrivasse in tribunale per dirgli: “Eravamo nelle foreste in Europa e stiamo pregando per te. I lupi stanno venendo a divorarti. ” Era Netanyahu al suo meglio, che toccava le corde più oscure della nazione, riferendosi alle eredità più sacre per il proprio tornaconto. Nulla è troppo quando si tratta di raggiungere il proprio obiettivo, in questo caso accelerare il processo di delegittimazione dell’intero sistema legale, continuare la politica della terra bruciata e scatenare la guerra totale che ha dichiarato contro tutti coloro che stiano cercando di fargli del male.

Netanyahu è un uomo di talento. È molto intelligente ed è navigato. Sa che i brutali attacchi lanciati da lui e dai suoi messaggeri contro il sistema legale israeliano non lo aiuteranno in tribunale. Se avranno un qualche impatto sui tre giudici, sarà negativo. Ma Netanyahu non è più padrone del suo destino. Sapeva che tutti stavano aspettando di vedere le foto di lui seduto in totale disgrazia nel gabbiotto degli imputati, quindi ha deciso di creare un’immagine di vittoria – una foto di lui in piedi sulle scale del tribunale come un moderno Alfred Dreyfus, che pronuncia il suo discorso di “J’accuse” basato su mezze verità, bugie e fatti irrilevanti, mentre si sbraccia come un pazzo e incolpa tutti tranne se stesso, ovviamente.

Netanyahu sa esattamente cosa sta facendo. La valutazione prevalente è che stia aumentando intenzionalmente la sua popolarità fra una metà del pubblico israeliano, cioè nel campo della destra. Seduto davanti ai suoi giudici non è più padrone del proprio destino. Lo sono loro. Ma mentre nelle piazze le tensioni si gonfiano e le proteste di massa si fanno sentire sempre più forti, finché manterrà il potere politico Netanyahu sarà in grado di negoziare con il procuratore generale un patteggiamento che non includa alcun giorno di prigione e alle condizioni che gli siano più vantaggiose.

Questa è la strategia di Netanyahu. Con la quale può vincere le prossime battaglie, ma c’è anche una ragionevole possibilità che alla fine perda la guerra. Anche l’ex presidente Moshe Katzav al suo processo decise di fare la guerra e attese fino all’ultimo minuto per rifiutare il patteggiamento senza periodo di detenzione che gli fu offerto dall’accusa. Questa decisione alla fine seppellì Katzav. Fu condannato per molestie sessuali con una lunga pena detentiva. Netanyahu sa che dal 24 maggio potrebbe anche ritrovarsi in prigione. Questa è un’altra immagine ancora inconcepibile per il pubblico israeliano. “Re Bibi” nell’uniforme arancione di prigioniero? Dopo tutto quello che abbiamo visto oggi, mai dire mai!

Cosa succede adesso? Gli avvocati che rappresentano Netanyahu – che viene processato insieme all’editore di Yedioth Ahronoth Arnon Mozes e a Shaul Elovitch ex direttore del sito web Walla – stanno giocando sul tempo. Ieri hanno chiesto una dilazione di almeno due mesi prima della prossima udienza e di molti altri mesi fino alla fase probatoria del processo. La strategia di Netanyahu è di attendere fino alla metà del 2021 prima di iniziare la fase probatoria, il che significherebbe che sarebbe di nuovo nel ruolo di primo ministro dopo il termine del previsto mandato di Gantz. Egli spera che allora il processo sia ancora in corso.

Di fronte a questa strategia ci sono tre giudici con la reputazione di duri. È difficile immaginare che la giuria, guidata dal veterano della giustizia Rivka Friedman-Feldman, consentirà a Netanyahu e ai suoi avvocati di trascinare il processo per anni prima di giungere a un verdetto per il primo grado di giudizio. Tutto indica che i giudici perseguiranno un processo rapido con tre sessioni a settimana al fine di completare il procedimento iniziale in due o tre anni al massimo.

Per quel che riguarda Netanyahu, questa è l’ennesima tappa di una guerra senza fine in cui è il perpetuo perdente anche se è un primo ministro che può fare ciò che vuole. Comunque tutti sono contro Netanyahu e Netanyahu è contro tutti. Finora è sempre stato il vincitore. Questa volta, tuttavia, sembra che la vittoria non dipenda da lui, indipendentemente da ciò che fa. Ci sono altri fattori in gioco, e lui non ha alcun controllo su di essi.

(traduzione dall’inglese di Luciana  Galliano)