Una lobby del partito democratico americano difende la demolizione israeliana di un villaggio palestinese
Alex Kane
16 dicembre 2020 – +972
Un rapporto svela che Democratic Majority for Israel [Maggioranza Democratica Per Israele] respingendo le critiche del proprio partito alla maggiore demolizione in Cisgiordania negli ultimi dieci anni ne incolpa i palestinesi.
Quando il 3 novembre i bulldozer israeliani hanno preso d’assalto e demolito il paesino di Humsa al-Fuqa (Khirbet Humsa), in Cisgiordania, 11 famiglie palestinesi sono rimaste senza casa, ma hanno anche attirato l’attenzione di alcuni Democratici a Washington.
Due settimane dopo le demolizioni, avvenute approfittando del giorno delle elezioni USA, Mark Pocan, parlamentare del Wisconsin, e 39 dei suoi colleghi del Congresso hanno inviato una lettera al Segretario di Stato, Mike Pompeo, criticando le azioni di Israele che costituiscono “una grave violazione del diritto internazionale” e un esempio di “annessione strisciante.” Nella lettera Pocan chiedeva anche che Pompeo verificasse se Israele aveva usato macchinari di fabbricazione americana.
La demolizione di Humsa al-Fuqa ha attirato grande attenzione nelle ultime settimane. Nella Cisgiordania occupata, l’esercito rade al suolo regolarmente edifici palestinesi senza permessi israeliani, che sono comunque praticamente impossibili da ottenere. Ma questa demolizione in particolare, approvata dalla Corte Suprema, ha causato la distruzione di 76 strutture, il numero più grande in una singola operazione negli ultimi dieci anni.
“Non ci sono scuse per l’annessione de facto di territori palestinesi e l’America non può più restare in silenzio davanti a questi abusi dei diritti umani,” ha detto Pocan in una dichiarazione dopo la pubblicazione della lettera.
Ora il gruppo di pressione Democratic Majority for Israel [Maggioranza Democratica Per Israele] (DMFI) sta cercando di sminuirne il contenuto. In una nota mandata a dipendenti Democratici del Congresso e in possesso di +972 Magazine, il gruppo dice che i membri che avevano firmato la lettera di Pocan erano “male informati,” e continua dando la colpa ai palestinesi che abitavano nel villaggio perché “sapevano di essere in pericolo,” giustificando in effetti l’operazione.
Il documento ci dà l’occasione di dare un’occhiata al dibattito sulla Palestina che si fa sempre più acceso fra i membri progressisti e quelli conservatori del partito Democratico e di vedere come DMFI stia tentando di intralciare i tentativi di criticare l’occupazione israeliana a Washington.
DMFI è l’ultima lobby filoisraeliana ad aprir bottega a Washington, ma i suoi membri non sono degli sconosciuti in parlamento. Guidati dal consigliere democratico di lungo corso Mark Mellman, la leadership e il consiglio di amministrazione sono affollati di affiliati con stretti legami con l’American Israel Public Affairs Committee (AIPAC) [Comitato per gli Affari Pubblici Americani e Israeliani], l’influente gruppo lobbistico israeliano a Washington.
“È assolutamente ingiustificabile trovare scuse a chi butta la gente fuori casa nel mezzo di una pandemia globale,” dice Emily Mayer, responsabile politico di IfNotNow, gruppo ebraico anti-occupazione che ha esaminato la nota di DMFI. “Ma non è una sorpresa perché il documento sintetizza perfettamente la natura di DMFI: dietro la facciata progressista ripete argomenti pericolosi che giustificano lo status quo.”
Giustificare le demolizioni israeliane
Le due pagine di DMFI a commento della lettera di Pocan sono state diffuse il primo dicembre. Nel documento si sottolinea che la demolizione di Humsa al-Fuqa è avvenuta nell’Area C della Cisgiordania che, secondo gli accordi di Oslo, si trova “sotto il pieno controllo israeliano”. Non si fa nessun riferimento al fatto che, secondo il diritto internazionale, la zona, come il resto della Cisgiordania, è sotto occupazione militare.
Facendo eco alla giustificazione fornita dall’esercito israeliano, il documento continua dicendo che la comunità era stata “illegalmente collocata nel centro di un’area che dal 1972 è usata dall’esercito israeliano per esercitazioni militari operative,” e che per questo motivo, “coloro che vivono nell’accampamento si sono consapevolmente messi in pericolo.”
Inclusa nel documento c’è una foto aerea dove è segnata la zona di fuoco dell’esercito israeliano, che include Humsa, presa dal sito di Regavim, un gruppo di coloni di destra il cui logo appare nell’immagine nell’angolo in alto a sinistra.
“Forse sarebbe stato meglio se il governo israeliano si fosse astenuto da un simile passo o lo avesse fatto diversamente,” scrive DMFI, “ma cercare di etichettare la rimozione di queste 7 tende e 8 recinti per animali come ‘illegale’ o ‘annessione strisciante’ o (come hanno fatto alcuni) ‘pulizia etnica’ riflette ignoranza dei fatti o l’intenzione di creare ostilità contro Israele malgrado i fatti.”
Il testo conclude che una “soluzione negoziata dei due Stati” porrebbe fine alle demolizioni e invita l’Autorità Nazionale Palestinese a “ritornare al tavolo dei negoziati.”
In risposta alle domande di +972, Mark Mellman, il direttore di DMFI, ha detto che la sua organizzazione “è fortemente schierata a favore di una soluzione negoziata dei due Stati, il che include critiche pubbliche e private alla proposta di annessione del governo israeliano, allo sviluppo di colonie nel corridoio “E-1” (Gerusalemme est) e al cambiamento delle politiche USA del Segretario Pompeo a favore di un’espansione delle colonie.”
Mellman continua: “Il documento di DMFI chiarisce che noi non prendiamo posizione sulla distruzione dell’accampamento, ma segnaliamo invece i problemi nel contenuto della lettera al Congresso e l’intento dei suoi autori che non hanno interpretato correttamente i fatti, usando un linguaggio esagerato. Nel sottolineare che gli abitanti non hanno diritti legali e che hanno montato il loro accampamento in una zona destinata da 48 anni per esercitazioni militari, noi seguivamo le sentenze della Corte Suprema Israeliana dell’anno scorso che abbiamo citato e che, in altri casi, aveva giustamente impedito ai coloni ebrei di sfrattare dei palestinesi da terre di loro proprietà.”
“Democratici che si mascherano a favore dell’impunità”
Dagli anni ‘70, l’esercito israeliano ha dichiarato che il 18% della Cisgiordania occupata è una zona per esercitazioni militari. Secondo Al-Haq, associazione palestinese per i diritti umani, lì vivono circa 6200 palestinesi con un grave rischio di demolizioni ed evacuazioni. Al-Haq dice che le minacce israeliane di sfratti e le restrizioni all’accesso alle risorse “creano un’atmosfera oppressiva con cui si fa pressione sui palestinesi perché abbandonino queste aree e si trasferiscano altrove.” Nel frattempo, la Corte Suprema ha come al solito approvato lo sfratto di queste comunità, legalizzando in pratica l’uso di queste zone da parte dell’esercito quale pretesto per espellere i palestinesi.
Debra Shushan, direttrice del gruppo progressista per gli affari governativi, in un documento di risposta di J Street [gruppo ebraico statunitense sionista ma contrario all’occupazione, ndtr.] fatto circolare fra i parlamentari democratici e ottenuto da +972 Magazine, respinge le affermazioni di DMFI. Lei asserisce che le tesi di DMFI “rispecchiano quelle di Regavim” e che “Israele ha destinato molte zone per esercitazioni per cacciare comunità palestinesi e mantenere il controllo da parte di Israele.”
“DMFI sta cercando di proteggere Israele dalle critiche sulle sue politiche che mettono a repentaglio la prospettiva di uno Stato palestinese e di una fine negoziata al conflitto israelo-palestinese,” conclude Shushan. “Minando la soluzione dei due Stati usando fonti e argomenti di destra pro-annessione, la difesa di DMF delle demolizioni ed espulsioni forzate non solo va contro i valori democratici, ma danneggia il futuro di Israele.”
Le attività di DMFI, fondato nel gennaio 2019, vogliono zittire le critiche del partito Democratico verso Israele. Nei quasi due anni di esistenza ha speso milioni di dollari per difendere i Democratici da fondamentali accuse da parte di progressisti che difendevano i diritti dei palestinesi. Secondo The Intercept [sito di controinformazione statunitense, ndt.] DMFI, con l’aiuto di donatori dell’AIPAC [American Israel Public Affairs Committee, Comitato per gli Affari Pubblici Americano-Israeliano, principale organizzazione della lobby filoisraeliana, ndtr.] ha anche speso molto in annunci che attaccavano Bernie Sanders durante le primarie presidenziali 2020; sebbene essi non citassero Israele, Sanders nella sua campagna elettorale ha ripetutamente criticato il governo israeliano.
Nel frattempo in Campidoglio DMFI ha duramente attaccato parlamentari democratiche progressiste come Betty McCollum [che ha presentato un disegno di legge per subordinare gli aiuti militari USA a Israele al rispetto dei diritti dei minori palestinesi, ndtr.] e Rashida Tlaib [parlamentare di origine palestinese appartenente al gruppo progressista “The Squad”, ndtr.], per la loro difesa dei diritti dei palestinesi mentre proclamava di sostenere “un progetto di politiche progressiste.”
“L’AIPAC è diventata così dannosa per i Democratici dopo l’instancabile lavorio per sabotare il primo presidente afroamericano che sono saltati fuori altri gruppi che sperano di portare avanti un progetto simile con un altro nome,” secondo Yousef Munayyer, un dottorando presso l’Arab Center Washington DC. “Questi personaggi [del DMFI] si nascondono dietro la maschera democratica per smerciare la stessa vecchia storia, facendo credere che le incessanti violazioni dei diritti umani da parte di Israele siano incredibilmente complicate e che, alla fin fine, siano i palestinesi a essere colpevoli per le proprie sofferenze.”
Alex Kane è un giornalista di New York i cui articoli su Israele/Palestina, libertà civili e politica estera USA sono stati pubblicati, tra gli altri, da Vice News, The Intercept, The Nation, In These Times.
(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)