‘Questo non è un conflitto: questo è apartheid’: più di 16.000 artisti firmano una lettera di solidarietà con la Palestina

Michael Arria

14 giugno 2021 – Mondoweiss

Più di 16.000 artisti, centinaia dei quali palestinesi, sei vincitori dell’Academy Award e otto scrittori vincitori del Premio Pulitzer, hanno firmato una lettera in cui si denuncia il sistema di apartheid israeliano e si sollecitano i Paesi a “interrompere i rapporti commerciali, economici e culturali.”

Più di 16.000 artisti hanno firmato una lettera che condanna il recente attacco israeliano contro Gaza e denuncia il sistema di apartheid del Paese. La lettera inoltre invita altri Paesi a “interrompere i rapporti commerciali, economici e culturali” con Israele.

Con il titolo “Una lettera contro l’apartheid”, il testo è stato scritto da sei artisti palestinesi che hanno chiesto di restare anonimi. Inizialmente è stata firmata da centinaia di artisti palestinesi, compresi i registi Annemarie Jacir, Elia Suleiman, e Farah Nabulsi; gli artisti figurativi Emily Jacir e Larissa Sansour; l’attrice Hiam Abbas; le musiciste Kamilya Jubran e Sama’ Abdulhadi; gli scrittori Elias Sanbar, Mohammed El-Kurd, Naomi Shihab Nye, Raja Shehadeh, Randa Jarrar, Suad Amiry e Susan Abulhawa.

In seguito artisti di tutto il mondo hanno firmato in sostegno al documento. Tra i sostenitori vi sono sei registi e attori vincitori dell’ Oscar: Alejandro Iñárritu, Asif Kapadia, Holly Hunter, Mike Leigh, Jeremy Irons, Julie Christie, Thandiwe Newton, Viggo Mortensen, Brian Cox, Michael Moore, Alia Shawkat, e Susan Sarandon; otto scrittori, poeti e drammaturghi vincitori del Premio Pulitzer: Benjamin Moser, Hisham Matar, Richard Ford, Viet Thanh Nguyen, Tyehimba Jess, Annie Baker, Lynn Nottage e Tony Kushner; molti altri, compresi Brian Eno, Angela Davis, Roger Waters, Cypress Hill, Ta-Nehisi Coates e Robert Wyatt.

Gli autori [della lettera] hanno anche detto a Mondoweiss che la decisione di restare anonimi era nata dal desiderio di parlare con una voce collettiva e che la lettera non venisse associata a specifiche persone o organizzazioni.

Uno degli organizzatori, in un comunicato stampa in cui si annunciava la dichiarazione, ha detto: “Una dimostrazione senza precedenti di unità, ispirata dai protagonisti più significativi di ciò che abbiamo visto svilupparsi in Palestina. I palestinesi di Gaza, Gerusalemme, Ramallah e di tutto il mondo hanno dimostrato che 70 anni di politiche israeliane non hanno spezzato la loro percezione di se stessi come palestinesi. Questa lettera riflette tutto questo.”

Nella lettera si legge: “Dipingere questo come una guerra tra due parti eguali è falso e mistificante. Israele è la potenza coloniale. La Palestina è colonizzata. Questo non è un conflitto: questo è apartheid.”

Dopo la più recente escalation di violenza da parte degli israeliani c’era la seguente domanda”, ha detto a Mondoweiss uno degli autori. “Tutti abbiamo avuto questa discussione riguardo a cosa potremmo fare e come potremmo usare le nostre reti. Come possiamo usare il nostro ruolo per organizzarci attorno a questo?”

Un altro obbiettivo era portare ad un pubblico più vasto questa terminologia che i palestinesi hanno elaborato per decenni”, hanno spiegato. “Abbiamo scritto questa lettera con un sincero senso di urgenza ed essa ha acquistato vita propria. Cerchiamo di equilibrare questa urgenza con una risposta a lungo termine che non sia legata solo agli eventi specifici che sono accaduti nelle ultime settimane. La lettera è stata innescata da essi, ma questi fatti sono solo una continuazione di tutto ciò che è accaduto per decenni, la lettera è un appello a lungo termine.”

Gli autori hanno detto che la quantità di persone che hanno voluto firmarla segnala il fatto che l’opinione pubblica sulla Palestina sta cambiando.

Ovviamente la gente ha ancora paura e c’è ancora la censura”, ha detto uno degli autori, “ma la confusione tra antisemitismo e sostegno alla liberazione della Palestina è qualcosa che volevamo contestare e smascherare direttamente nella lettera. E vedrete che c’è un folto numero di firmatari ebrei e anche di firmatari israeliani antisionisti. Penso che ci sia stato un cambiamento negli ultimi cinque anni nel grado di timore nell’esprimersi.”

Si può leggere la lettera integrale qui di seguito:

I palestinesi vengono attaccati ed uccisi impunemente dai soldati e da civili armati israeliani che sono dilagati per le strade di Gerusalemme, Lod, Haifa, Giaffa ed altre città al grido di “Morte agli arabi”. Nelle due ultime settimane si sono verificati anche diversi linciaggi di palestinesi disarmati e indifesi. Le famiglie del quartiere di Sheikh Jarrah continuano a subire la pulizia etnica e l’espulsione dalle loro case. Questi atti di assassinio, intimidazione e violento spossessamento sono protetti, se non attivamente incoraggiati, dal governo e dalla polizia israeliani.

In maggio il governo israeliano ha commesso un altro massacro a Gaza, bombardando indiscriminatamente e incessantemente i palestinesi nelle loro case, uffici, ospedali e nelle strade. Il bombardamento di Gaza fa parte di un intenzionale e ricorrente schema in cui intere famiglie vengono uccise e le infrastrutture locali distrutte. Questo contribuisce ad esacerbare condizioni che già sono invivibili in uno dei luoghi più densamente popolati al mondo, che, nonostante il temporaneo cessate il fuoco, rimane sotto assedio militare. Gaza non è un Paese separato: noi siamo un unico popolo, separato con la forza dalla struttura dello Stato israeliano.

Dipingere ciò come una guerra tra due parti uguali è falso e fuorviante. Israele è la potenza coloniale. La Palestina è colonizzata. Questo non è un conflitto: questo è apartheid.

Di fronte al crescente pericolo mortale delle due ultime settimane, i palestinesi si stanno unendo nuovamente. In Palestina e in tutto il mondo molte persone stanno scendendo in piazza, si organizzano sui social media, difendono le proprie case, si proteggono a vicenda e chiedono la fine della pulizia etnica, dell’apartheid, della discriminazione e dello spossessamento. Alle nostre comunità è stato sistematicamente negato il diritto al ritorno e sono state frammentate con la forza e cancellate fin dalla Nakba, la nascita del governo coloniale israeliano nel 1948, e questa recente riunificazione ci ha dato un po’ di indispensabile fiducia in mezzo alla rabbia e ai lutti delle ultime due settimane. Nonostante tutto ciò che sta accadendo, nonostante anni di disumanizzazione, stiamo incominciando ad avere qualche speranza.

Finalmente il mondo ha incominciato a chiamare il sistema israeliano col suo nome. All’inizio di quest’anno l’organizzazione israeliana per i diritti umani B’Tselem ha seguito l’esempio offerto da decenni di lavoro di intellettuali palestinesi e di difesa legale per dimostrare che non c’è discontinuità tra lo Stato israeliano e la sua occupazione militare: entrambi costituiscono un unico sistema di apartheid. A sua volta, Human Rights Watch ha pubblicato un minuzioso rapporto che accusa Israele di “crimini contro l’umanità di apartheid e persecuzione.”

Noi sottoscritti artisti e scrittori palestinesi ed i nostri compagni d’arte qui elencati vi chiediamo di unirvi a noi. Per favore non lasciate passare questo momento. Se le voci palestinesi saranno nuovamente messe a tacere, ci potrebbero volere generazioni per avere un’altra opportunità di libertà e giustizia. Vi chiediamo di unirvi a noi adesso, in questa critica congiuntura, e dimostrare il vostro sostegno alla liberazione palestinese.

Chiediamo la cessazione immediata e incondizionata della violenza israeliana contro i palestinesi. Chiediamo la fine del sostegno fornito dalle potenze globali ad Israele e al suo esercito, in particolare dagli Stati Uniti, che attualmente forniscono a Israele ogni anno 3,8 miliardi di dollari in modo incondizionato. Chiediamo a tutte le persone di coscienza di mettere in campo le proprie risorse per aiutare ad eliminare il regime di apartheid dei nostri tempi. Chiediamo ai governi che permettono questo crimine contro l’umanità di applicare sanzioni, di far leva sul senso di responsabilità internazionale e di interrompere i rapporti commerciali, economici e culturali. Invitiamo gli attivisti, specialmente i nostri colleghi artisti, a esercitare quanto meglio possono la loro influenza all’interno delle loro istituzioni e ambienti per sostenere la lotta palestinese per la decolonizzazione. L’apartheid israeliano è sostenuto dalla complicità internazionale, è nostra responsabilità collettiva rimediare a questo danno.

Abbiamo visto che i governi in Europa e altrove hanno recentemente adottato politiche di palese censura e promosso una cultura di autocensura nei confronti della solidarietà con i palestinesi. Confondere la critica legittima allo Stato di Israele e alle sue politiche verso i palestinesi con l’antisemitismo è una cosa cinica. Il razzismo, compreso l’antisemitismo ed ogni altra forma di odio sono esecrabili e non sono ben accetti nella lotta palestinese. È ora di affrontare queste tattiche per farci tacere e superarle. Milioni di persone in tutto il mondo vedono nei palestinesi un microcosmo della loro stessa oppressione e delle loro stesse speranze, ed alleati come ‘Black Lives Matter’ e ‘Jewish Voice for Peace’, insieme tra gli altri agli attivisti per i diritti degli indigeni, alle femministe e queer, stanno sempre più alzando la voce in loro sostegno.

Vi chiediamo di avere coraggio. Vi chiediamo di farvi avanti, di alzare la voce e prendere una chiara posizione pubblica contro questa incessante ingiustizia in Palestina.

L’apartheid deve essere abolito. Nessuno è libero finché non saremo tutti liberi.

Michael Arria è il corrispondente dagli USA di Mondoweiss. I suoi lavori sono comparsi su ‘In These Times’, ‘The Appeal’ e ‘Truthout. È autore di Medium Blue: The politics of MSNBC [Media blu: la politica di MSNBC, canale di notizie via cavo USA legato al partito Democratico, ndtr.].

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)