Israele combatte contro i suoi figli migliori: gli ex soldati che hanno il coraggio di parlare

Zehava Galon

1 agosto 2021 – Haaretz

L’Agenzia delle Entrate si è arresa alla pressione da parte delle organizzazioni di destra e ha chiesto che venissero tolti dal proprio edificio i cartelli messi da Breaking the Silence [‘Rompere il silenzio’ – organizzazione non governativa israeliana fondata nel 2004 da militari contrari all’occupazione, ndtr.] per una campagna con cui chiedeva al ministro della Difesa e al ministro della Pubblica Sicurezza di agire in modo deciso contro la violenza dei coloni. Tale violenza è un evento quotidiano e il suo obiettivo è il terrore, in modo da espellere i palestinesi dalle proprie terre con la forza combinata dei coloni e dell’esercito e convincerli che non c’è motivo di ritornarvi. Se i palestinesi non coltivano la terra per parecchi anni, il governo la passerà ai coloni. E ora un altro ramo del governo si è unito ai teppisti mascherati di Yesha [l’alleanza dei comuni delle colonie illegali israeliane nella Cisgiordania occupata, che funge da guida informale per il movimento dei coloni. ndtr.] (Giudea e Samaria).

Qualche parola sui soliti sospetti: il rapper Yoav Eliasi, alias The Shadow [l’Ombra], è un noto teppista, coinvolto nel 2014 nell’organizzazione di attacchi contro attivisti di sinistra durante l’operazione “Margine Protettivo” contro Gaza. Arieh King, vicesindaco di Gerusalemme, diventò famoso nel 2014 quando, dopo l’assassinio di tre giovani studenti della yeshiva [scuola religiosa ortodossa ebraica, ndtr.], aveva invocato “i nostri Fineas” [un’allusione al personaggio biblico noto per il suo fanatismo, ndtr.] per punire i palestinesi, poche ore prima che tre persone autoproclamatesi fineasisti’ rapissero e uccidessero dandogli fuoco un quindicenne, Mohammed Abu Khdeir. C’è poi un attivista di destra, Shai Glick, che orgogliosamente si fa chiamare “una specie di terrorista.” Queste tre perle sono oggi la faccia dello Stato di Israele.

La decisione gli si è ritorta contro: l’Agenzia delle Entrate non aveva alcuna autorità legale di rimuovere i cartelli. E così sono stati tolti l’ultimo giorno della campagna e l’organizzazione Breaking the Silence è stata rimborsata dell’intera somma spesa per la campagna che continuerà. È comunque una giornata funesta quella in cui un’autorità ufficiale in Israele dichiara che la battaglia contro il crimine ideologico è un “atto politico”.

Lo Stato di Israele sta combattendo in modo determinato contro i suoi figli migliori, i soldati che hanno prestato servizio nei territori, ma che, diversamente dalla maggioranza dei loro colleghi, sono rimasti così scioccati da quello che hanno visto e che sono stati costretti a fare che hanno deciso che nessuno avrebbe più dovuto farlo. Hanno denunciato il regime quotidiano di orrori della dittatura militare nei territori, non tanto gli omicidi, che sono relativamente rari, ma piuttosto la sistematica, silenziosa, tacita violenza. Fino a quando non hanno rotto il silenzio.

E a causa di questo sono perseguitati. Attivisti dell’organizzazione sono stati attaccati ripetutamente. Il regime di occupazione israeliano protesta e sostiene che stanno raccontando al mondo quello che hanno visto, come se non fosse il mondo che finanzia le Forze di Difesa Israeliane [l’esercito israeliano, ndtr.] e sostiene il regime di occupazione. Contro di loro è stata approvata una legge con lo scopo di impedire loro di parlare agli studenti.

Anche questa, come la battaglia per la rimozione dei cartelli, gli si è rivoltata contro. Eppure, appellandosi a questa legge, la galleria Barbur [centro culturale e artistico indipendente, ndtr.] a Gerusalemme che ospitava Breaking the Silence, è stata chiusa dal Comune. Shai Glick si è vantato di aver messo in guardia la polizia sulla violenza prevista agli eventi dell’organizzazione, il che ha offerto alla polizia la scusa per annullarli.

Gli ebrei sono sempre stati in prima linea nelle lotte per i diritti umani, ovunque e contro ogni regime oppressivo. I rabbini hanno marciato accanto a Martin Luther King quando era molto pericoloso farlo perché i suoi sostenitori finivano ammazzati. E qui, proprio nello Stato degli ebrei, si butta nel cestino questa straordinaria tradizione. Lo Stato ebraico vuole così disperatamente la terra dell’Area C in Cisgiordania che si mette alla testa di chi cerca di far arretrare la rivoluzione dei diritti umani cominciata dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Come se non avessimo imparato nulla dal periodo in cui i regimi potevano trattare i propri cittadini come pareva loro. Verrà il giorno in cui quelli di Breaking the Silence saranno degli eroi e tutta la comunità che incoraggiava attacchi contro di loro abbasserà lo sguardo. Ma come ci libereremo dalla vergogna?

(traduzione dall’inglese Mirella Alessio)