Il boicottaggio culturale di Israele: perché Sally Rooney ha ragione

Il boicottaggio culturale di Israele: perché Sally Rooney ha ragione

Analisi: Il boicottaggio accademico e culturale si fonda sul fatto che Israele utilizza entrambe questi ambiti come strumenti per commettere e mascherare violazioni dei diritti dei palestinesi, in violazione del diritto internazionale.

Yara Hawari

26 ottobre 2021  –  The New Arab

 

All’inizio di ottobre è stato reso noto che la scrittrice irlandese Sally Rooney ha rifiutato l’offerta dell’editore israeliano Modan di pubblicare il suo ultimo libro.

Molti organi di informazione sono stati inondati da titoli fuorvianti che affermavano erroneamente che Rooney avesse rifiutato il consenso alla pubblicazione del suo libro in ebraico.

In una dichiarazione pubblicata il 12 ottobre Rooney ha spiegato la propria posizione esprimendo il suo sostegno di vecchia data alla lotta palestinese e l’adesione alle linee guida del movimento per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni (BDS).

La scrittrice fa parte di una schiera di centinaia di esponenti della cultura irlandese che hanno preso posizione a favore del popolo palestinese e sono impegnati a sostenere il boicottaggio culturale di Israele.

Il BDS è un movimento guidato dai palestinesi che si ispira alla lotta anti-apartheid sudafricana che ha utilizzato i boicottaggi per fare pressione sul regime. L’appello al boicottaggio accademico e culturale, pubblicato nel 2004, chiede ad artisti e personalità della cultura internazionale di rifiutare la complicità con l’apartheid israeliano boicottando le istituzioni israeliane in assenza del loro completo riconoscimento dei diritti del popolo palestinese.

Questo appello è giunto dopo il fallimento per decenni di interventi, negoziati e progetti di dialogo internazionali, e si basa sulla necessità di “un quadro di riferimento palestinese che delinei i principi guida” su come confrontarsi con Israele.

Le richieste del movimento sono chiare: il riconoscimento dei diritti inalienabili del popolo palestinese secondo il quadro giuridico internazionale; la fine dell’occupazione militare delle terre palestinesi e arabe (comprese le alture del Golan siriane) in corso dal 1967, il riconoscimento dei diritti fondamentali dei cittadini palestinesi di Israele all’uguaglianza e il diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi, come previsto dalla risoluzione 194 delle Nazioni Unite.

Il Movimento BDS è quindi completamente in linea con il diritto internazionale. Inoltre il diritto al boicottaggio è stato sancito molte volte come strumento politico legale. È importante sottolineare che in questo caso il boicottaggio non è semplicemente una posizione di principio: è una tattica politica, che si ispira a una lunga storia di resistenza globale [nei Paesi del] sud del mondo, volta a portare avanti azioni che costringano Israele a rispettare il diritto internazionale. Fondamentalmente, il BDS prende di mira la complicità, non l’identità.

Il boicottaggio accademico e culturale si fonda sul fatto che Israele utilizza questi ambiti come strumenti per commettere e mascherare violazioni dei diritti dei palestinesi.

Ad esempio, molte delle istituzioni accademiche israeliane sono direttamente coinvolte nello sviluppo di sistemi di armamento e dottrine militari utilizzate dall’esercito israeliano contro il popolo palestinese.

Alcune di tali istituzioni accademiche, come l’Università di Ariel, sono persino costruite all’interno di colonie in Cisgiordania, universalmente riconosciute come illegali. Allo stesso modo, le istituzioni culturali israeliane sono esplicitamente utilizzate per promuovere l’idea che Israele sia un Paese “normale”.

Fino al punto che una volta un funzionario del ministero degli Esteri israeliano ha affermato: “Stiamo vedendo come la cultura sia uno strumento di prim’ordine dell’hasbara [propaganda istituzionale atta a mettere in buona luce all’estero lo Stato di Israele, ndtr.], e non faccio distinzioni tra hasbara e cultura”.

Altri sono ancora più apertamente complici. Modan, la casa editrice israeliana rifiutata dalla Rooney, si vanta sul suo sito web di produrre e commercializzare libri per il Ministero della Difesa israeliano.

Coloro che hanno preso parte alla lotta contro l’apartheid in Sudafrica hanno da tempo sottolineato l’importanza del boicottaggio culturale e accademico come un modo per fare pressione non solo dall’interno ma anche dall’esterno.

Ecco le parole di South African Artists Against Apartheid [Artisti sudafricani contro l’apartheid, progetto musicale nato nel 1985 per protestare contro il regime dell’apartheid in Sudafrica, ndtr.]: “Quando artisti e sportivi hanno iniziato a rifiutare di esibirsi in Sudafrica, gli occhi del mondo si sono rivolti verso le ingiustizie che qui venivano praticate verso le persone di colore. Questo ha quindi creato un’ondata di pressione sui politici e sui leader mondiali che rappresentano il loro elettorato, per esigere un cambio di regime – questo ha contribuito a un Sudafrica libero, democratico e non razzista”.

L’arcivescovo Desmond Tutu, vincitore del premio Nobel per la pace, ha spesso affermato l’importanza del boicottaggio per porre fine all’apartheid. In occasione dell’esibizione della Cape Town Opera [l’Orchestra dell’Opera di Città del Capo, ndtr.] a Tel Aviv, ha dichiarato: “Proprio come affermavamo durante l’apartheid che sarebbe stato inappropriato per gli artisti internazionali esibirsi in Sudafrica, in una società fondata su leggi discriminatorie e segregazione razziale, così sarebbe sbagliato che la Cape Town Opera si esibisse in Israele”.

Sebbene anche altri Paesi siano colpevoli di violazione del diritto internazionale e dei diritti di altri popoli, come era vero all’epoca del movimento di boicottaggio sudafricano, l’accusa che coloro che sostengono il BDS stiano prendendo di mira esclusivamente Israele è un argomento intellettualmente debole.

Coloro che aderiscono al BDS stanno rispondendo direttamente a un appello della società civile palestinese. Lo stesso BDS è un movimento antirazzista e internazionalista che ha molte connessioni con altre lotte in tutto il mondo, dal Kashmir a Black Lives Matter negli Stati Uniti. In effetti, il BDS non può essere considerato in maniera isolata da altri movimenti in crescita in tutto il mondo che chiedono responsabilizzazione e giustizia.

Nonostante ciò che ne dicono i detrattori, il movimento BDS ha successo e sta prendendo slancio. Migliaia di artisti e personalità della cultura in tutto il mondo hanno firmato dichiarazioni a sostegno del movimento di boicottaggio, come una presa di posizione del 2015 nel Regno Unito.

Tra coloro che hanno approvato il boicottaggio culturale ci sono Arundhati Roy, Judith Butler, Naomi Klein e Angela Davis. Sulla scena accademica migliaia di campus hanno adottato risoluzioni del BDS con la richiesta che i luoghi in cui studiano non siano complici dell’oppressione palestinese. La “Israeli Apartheid Week ” [Settimana dell’apartheid israeliano, ndtr.] ora è saldamente inserita nel calendario dei gruppi studenteschi progressisti di tutto il mondo.

La Rooney quindi non è affatto sola nella sua solidarietà pubblica con il popolo palestinese e nell’adesione alle linee guida del movimento BDS.

Dopo decenni dalla sua fondazione, Israele continua a intensificare le sue violente aggressioni militari, la conquista della terra palestinese e la distruzione delle case palestinesi. Di fronte alla totale impunità e alla mancanza di un intervento internazionale, il BDS fornisce agli alleati e agli amici internazionali un modo per sostenere la lotta palestinese dalla base.

Rispondere a questo invito è il minimo che possa fare chi ha valori progressisti e internazionalisti.

Yara Hawari è la collaboratrice per la politica palestinese di Al-Shabaka, la rete palestinese di politica.

Le opinioni esposte in questo articolo sono espressamente dell’autrice e non rappresentano necessariamente quelle di The New Arab, della sua direzione editoriale o della sua redazione.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)