In centinaia piangono due palestinesi uccisi in seguito alle incursioni israeliane in Cisgiordania

MENA

Qassam Muaddi

Cisgiordania, 2 settembre 2022 – The New Arab

Yazan Afaneh, di 24 anni, è stato ucciso a Ramallah da un proiettile israeliano sparato al cuore, mentre il 25enne Samer Khaled è stato ucciso da un palestinese armato immediatamente dopo un’incursione israeliana a Balata.

Centinaia di palestinesi giovedì hanno preso parte ai funerali del 24enne Yazan Afaneh e del 25enne Samer Khaled, entrambi uccisi durante le incursioni militari israeliane in Cisgiordania occupata.

Nel campo profughi di Qalandia fuori Ramallah i palestinesi hanno pianto Yazan Afaneh, il secondo rifugiato del campo ucciso dalle forze israeliane in due settimane.

A inizio agosto le forze israeliane avevano ucciso nella sua casa l’abitante di Qalandia Mohammad Shaham, di 25 anni, trattenendo poi il suo corpo.

Yazan era un giovane semplice, con una vita normale e normali aspettative rispetto al proprio futuro”, ha detto suo padre a The New Arab, mentre riceveva le condoglianze nella sala del comitato di servizio popolare di Qalandia.

Era fuori casa quando ho ricevuto una telefonata da uno dei suoi amici, che mi ha detto che era stato ferito dall’esercito israeliano”, ricorda il padre. “Sono corso all’ospedale di Ramallah e ho saputo che era morto appena dopo l’arrivo.”

Mohammad Abu Latifah, un caro amico del defunto, ha detto che Afaneh era un barbiere conosciuto ed era gentile con tutti nel campo.

Era amico dei vecchi e dei giovani ed anche dei bambini”, dice Latifah.

Afaneh si trovava a Sateh Marhaba, Ramallah, quando veicoli dell’esercito israeliano sono entrati nel quartiere, provocando il lancio di pietre contro i soldati da parte della gente del luogo alla quale si è unito il giovane barbiere.

I soldati israeliani hanno iniziato a sparare e Yazan ha ricevuto una pallottola nel cuore…Prima dell’arrivo dell’ambulanza Yazan aveva perso molto sangue ed è morto prima di arrivare all’ospedale”, aggiunge.

La polizia palestinese lancia lacrimogeni sulle persone in lutto

Nel campo profughi Balata a Nablus centinaia di palestinesi hanno preso parte al funerale di Samer Khaled, di 25 anni, ucciso durante un’incursione israeliana nel campo dopo mezzanotte.

Il funerale è stato interrotto dalla polizia palestinese che ha lanciato candelotti lacrimogeni sul corteo. I partecipanti infuriati hanno bloccato diverse strade protestando, prima che il funerale proseguisse e il corpo di Khaled fosse finalmente deposto nel cimitero di Nablus.

E’ successo che l’esercito israeliano ha sostenuto di non aver ucciso Samer Khaled e quindi l’Autorità Nazionale Palestinese ha voluto eseguire un’autopsia sul suo corpo”, ha detto a The New Arab Ameen Abu Wardeh, un giornalista abitante di Nablus.

Ha detto che la famiglia ha respinto la richiesta e ha voluto procedere col funerale, facendo sì che la polizia palestinese cercasse di fermare il corteo e di portare il corpo all’obitorio per l’autopsia.

Le cose sono sfuggite di mano e sono scoppiati disordini”, ha detto Abu Wardeh.

Media israeliani hanno detto che dirigenti palestinesi avevano comunicato loro che Khaled probabilmente non era stato ucciso dal fuoco israeliano.

Il governatore di Nablus dell’ANP ha dichiarato che le forze israeliane avevano fatto irruzione a Balata dopo la mezzanotte di mercoledì e quando si è conclusa un veicolo non registrato è entrato nel campo profughi mentre un palestinese armato ha cercato di fermarlo. Ai veicoli non identificati è vietato entrare nel campo profughi dopo la mezzanotte.

Secondo la dichiarazione del governatore l’auto ha rifiutato di fermarsi e il palestinese armato ha aperto il fuoco, ferendo a morte alla nuca Samer Khaled. La dichiarazione del governatore ha aggiunto che in un’indagine sull’uccisione sono stati arrestati tre palestinesi.

Le forze israeliane recentemente hanno usato veicoli civili per irrompere in zone residenziali palestinesi, compresa la città vecchia di Nablus e il campo profughi Balata.

Negli ultimi due mesi Nablus è stata al centro di un’escalation militare israeliana. Le forze israeliane hanno ripetutamente assalito il settore orientale della città, spesso scortando i coloni al sito religioso della ‘Tomba di Giuseppe’ e con scontri a fuoco con palestinesi armati.

A fine luglio e inizio agosto le forze israeliane hanno aggredito anche la città vecchia di Nablus, ingaggiando una battaglia di ore con militanti palestinesi. Sono stati uccisi quattro combattenti palestinesi, oltre ad un adolescente.

Dirigenti USA visitano la regione

Le incursioni israeliane nelle città palestinesi proseguono mentre la vice Segretaria di Stato USA per gli Affari Esteri Barbara Leaf visita Israele e la Cisgiordania occupata per tre giorni, come parte di un più vasto giro della regione.

Secondo quanto riferito da media palestinesi, discuterà della recente escalation in Cisgiordania.

Mercoledì il Primo Ministro palestinese Mohammad Shtayyeh ha incontrato l’inviato USA nella regione, Hadi Amru, a Ramallah.

Secondo l’agenzia di notizie dell’ANP Wafa, Shtayyeh ha detto a Amru che il popolo palestinese “sta subendo una forte pressione” a causa di “misure repressive israeliane senza precedenti, compresi arresti e furti di terra, oltre all’assenza di una prospettiva politica”.

Secondo Wafa Shtayyeh ha anche chiesto a Amru di “non ostacolare” i rinnovati sforzi della Palestina per essere membro dell’ONU a pieno titolo.

Dall’inizio del 2022 le forze israeliane hanno ucciso più di 140 palestinesi in Cisgiordania e Striscia di Gaza.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Prigionieri palestinesi interrompono lo sciopero della fame di massa dopo che Israele “mette fine alle misure punitive”

Shatha Hammad

1 settembre 2022 – Middle East Eye

Almeno 1.000 prigionieri hanno sospeso il loro sciopero ore dopo aver avviato la loro iniziativa contro le dure condizioni nelle carceri israeliane

Almeno 1.000 prigionieri palestinesi hanno sospeso lo sciopero della fame giovedì dopo che le autorità carcerarie israeliane hanno acconsentito alle loro richieste di revocare le dure misure imposte da mesi nelle carceri.

Il Comitato Supremo Nazionale di Emergenza, che gestisce le proteste dei prigionieri, ha affermato in una dichiarazione che Israele “si è reso conto che i prigionieri sono pronti a pagare ogni prezzo per la loro dignità e i loro diritti.

E che dietro di loro c’è un popolo e una resistenza che sono disposti a pagare qualsiasi prezzo pur di sostenere i loro combattenti nelle carceri dell’occupazione.

Ecco perché il nemico ha deciso di fermare le sue decisioni ingiuste e le sue misure arbitrarie… e rispondere alle loro richieste”.

L’annuncio è arrivato poche ore dopo che i prigionieri hanno lanciato lo sciopero come parte di una serie di iniziative di crescente intensità da loro adottate da febbraio a causa della continua mancanza di risposte dell’Israel Prison Service (IPS) alle loro richieste di revocare le misure messe in atto nei loro confronti in seguito alla fuga di sei prigionieri dalla prigione di Gilboa nel settembre 2021.

Le misure punitive includevano la limitazione del tempo di aria, l’aumento delle restrizioni sui prigionieri che scontano pene lunghe – in particolare l’isolamento inflitto a quelli che scontano l’ergastolo – e il costante trasferimento dei prigionieri tra le strutture carcerarie, che porta a uno stato di instabilità all’interno delle carceri.

L’intensificarsi delle lotte

I prigionieri in sciopero avevano formato il Comitato Supremo Nazionale di Emergenza, composto da tutte le fazioni palestinesi nelle carceri, per approvare e gestire le proteste.

“Stiamo entrando in una nuova fase di confronto con il carceriere, anche con l’annuncio ufficiale dello scioglimento delle strutture delle varie organizzazioni in ​​tutte le carceri in un intento di ribellione contro le decisioni [dell’Israel Prison Service] come ultima passaggio prima di iniziare uno sciopero della fame a tempo indeterminato”, ha affermato il comitato in un comunicato di sabato.

Lo scioglimento delle strutture organizzative mira a costringere le autorità israeliane a trattare i prigionieri come individui e non attraverso le organizzazioni che li rappresentavano.

Secondo il Palestine Prisoners Club ci sono attualmente 4.550 palestinesi detenuti nelle carceri israeliane – inclusi 175 minori, 32 donne, 730 detenuti amministrativi e 551 che stanno scontando l’ergastolo.

I prigionieri hanno iniziato la loro azione contro l’IPS il 22 agosto in varie carceri israeliane, con iniziative che includevano il rifiuto dei pasti e delle code per i controlli di sicurezza. Il 29 agosto i detenuti si sono impegnati a indossare l’uniforme dell’IPS in ogni momento all’interno delle celle e nei cortili, manifestando la loro disponibilità a un confronto con le autorità carcerarie.

Sciopero per richieste di base

Qadri Abu Bakr, capo della commissione per i prigionieri dell’Autorità Nazionale Palestinese, ha detto a Middle East Eye che la maggior parte delle richieste sono legate a bisogni umani quotidiani negati ai prigionieri dallo scorso settembre, inclusi dispositivi elettrici, alcuni prodotti alimentari e prodotti per la pulizia.

Le richieste riguardano anche l’isolamento di un gran numero di prigionieri, il trasferimento frequente e improvviso di detenuti tra le carceri, le restrizioni alle visite dei familiari e un trattamento appropriato per i prigionieri malati.

Abu Bakr ha affermato che l’Autorità Nazionale Palestinese stava lavorando per fare luce sulla questione a livello internazionale, mentre le istituzioni dei prigionieri avevano anche preparato attività di solidarietà che sarebbero state organizzate nella maggior parte delle città palestinesi.

L’IPS aveva informato i prigionieri che le misure adottate erano state decise a livello politico e lì sarebbero state risolte. Tuttavia, nonostante le continue richieste dei prigionieri, l’Autorità Nazionale Palestinese non ha messo in opera serie iniziative né per fare pressione su Israele né per spingere la questione a livello internazionale.

Amani Sarahneh, una portavoce del Palestine Prisoners Club, ha detto a MEE che lo sciopero della fame collettivo è la continuazione delle precedenti proteste dei prigionieri dal settembre 2021, in seguito alla formazione da parte dell’IPS di un comitato per punire i prigionieri, principalmente quelli che scontano lunghe condanne.

Da allora i prigionieri hanno intrapreso una serie di azioni per ribellarsi e disobbedire ai nuovi regolamenti imposti dall’IPS.

“Ultimamente l’IPS ha intensificato le sue operazioni di trasferimento di prigionieri tra le celle e tra le carceri e li ha informati dell’intenzione di continuare con queste misure”, afferma Sarahneh.

All’inizio di quest’anno, l’IPS ha falsamente promesso la fine di queste misure, portando allo sciopero della fame.

Sarahneh afferma che l’obiettivo dell’IPS di spostare i prigionieri in varie celle e tra le carceri è rompere la loro struttura organizzativa, limitare la loro stabilità all’interno della prigione e rendere difficile la visita delle loro famiglie.

“I prigionieri del movimento della Jihad islamica sono tra i prigionieri che affrontano le maggiori difficoltà all’interno del carcere, soprattutto dopo la fuga dei sei prigionieri nel settembre 2021”, dice Sarahneh.

‘Un minimo di dignità’

La maggior parte dei fuggitivi da Gilboa erano membri della Jihad islamica, il che ha portato l’IPS a vendicarsi imponendo dure restrizioni ai prigionieri del gruppo, incluso l’isolamento dagli altri detenuti e il trasferimento di figure di spicco in altre carceri.

“Negli ultimi due anni abbiamo assistito a violente irruzioni nelle carceri e a un aumento della violenza usata per reprimere i prigionieri… e abbiamo un fondato timore che la repressione si intensifichi nei prossimi giorni”, dice Sarahneh.

Dirgham al-Araj, un ex prigioniero che ha trascorso 20 anni nelle carceri israeliane, ha detto a MEE: “L’obiettivo dello sciopero della fame è chiedere il ripristino di un minimo di dignità migliorando le condizioni di vita”.

Araj è stato rilasciato dal carcere nel 2019 e ha partecipato a diversi scioperi della fame collettivi nelle carceri nel 2004, 2011, 2012 e 2017.

Araj afferma che le difficili condizioni di vita nelle carceri sono state la motivazione principale che ha portato i prigionieri ad avviare uno sciopero della fame, un’azione strategica intrapresa dai detenuti solo dopo aver esaurito tutti i loro tentativi di negoziare con l’IPS.

Araj aggiunge che dopo la Seconda Intifada, durata tra il 2000 e il 2005, i prigionieri hanno iniziato a chiedere condizioni migliori, con il numero di palestinesi nelle carceri israeliane che a un certo punto ha raggiunto i 10.000.

Araj, professore del corso sul movimento dei prigionieri all’Università Al-Quds, ha affermato che gli scioperi della fame hanno avuto successo in passato quando hanno ottenuto il sostegno popolare. Ha detto che lo sciopero della fame del 1992 è stato il più riuscito, poiché si è svolto in tutte le carceri insieme a manifestazioni e marce diffuse nella maggior parte delle città occupate della Cisgiordania, che hanno esercitato pressioni su Israele.

“Mobilitare le piazze significa un grande costo economico e di sicurezza per Israele e quindi esercita pressione su di esso in molti modi”, afferma.

“Quindi solo le piazze palestinesi sono in grado di far sì che gli scioperi dei prigionieri abbiano successo”.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




Per chiunque abbia radici palestinesi come me, la serie comica di Netflix Mo è una TV rivoluzionaria

Arwa Mahdawi

31 agosto 2022 – The Guardian

Sono atea, ma sono sicurissima di aver assistito ad un miracolo grazie al comico palestinese-americano Mo Amer. La sua nuova semi-autobiografica serie comica Mo è divertente e, non importa quale sia il tuo vissuto, io garantisco che nella serie troverai molto in cui identificarti. Se sei di discendenza palestinese come me, Mo è molto più che solo una risata: è un pezzo di TV rivoluzionaria.

La Palestina non è esattamente un tema principale nella cultura popolare. Se senti questa parola con la P in televisione è usualmente durante le notizie e di solito non è niente di positivo. E’ lo stesso per gli arabi in generale, naturalmente. Se siamo in televisione, noi siamo usualmente dei terroristi. E anche se non siamo demonizzati, tendiamo ad essere una barzelletta – non le persone che dicono le barzellette. I palestinesi, comunque, sono disumanizzati su tutto un altro livello. Non puoi neanche pronunciare questa parola con la P senza che ciò causi problemi: un conduttore della Canadian Broadcasting Corporation una volta dovette scusarsi per aver usato il termine Palestina (invece di “territori palestinesi”), per amor di Dio. Essere palestinese significa sentirti dire costantemente che non esisti o essere accusato da certe voci pro-Israele di essere antisemita solo perché tu affermi che esisti. Io ho scritto solo una manciata di articoli sull’essere palestinese; ogni volta che ne presento uno ho attacchi di ansia per giorni per le inevitabili diffamazioni e azioni di troll online dopo la pubblicazione.

Tutto questo è perché Mo, uno show che è orgogliosamente incentrato sull’essere palestinese-americano, ha per me una importanza davvero grande. Sono rimasta a bocca aperta per l’incredulità su ciò che vedevo. Aspetta, ho pensato, stanno veramente dicendo “Palestina” molte volte in un episodio? Hanno veramente appena citato il fatto che gli agricoltori palestinesi hanno i loro olivi bruciati dai coloni israeliani – un fatto ricorrente che i notiziari o evitano o ignorano? Hanno davvero parlato di tutto ciò e reso divertente diffonderlo? Non posso dirti quanto significativo sia vedere i palestinesi trattati con umanizzante buonumore. Grazie per questo Mo.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)