ONG internazionali di difesa dei diritti umani condannano fermamente il vertice UE-Israele

Elis Gjevori

3 ottobre 2022 – Middle East Eye

Mentre l’Unione Europea affronta una crisi energetica legata alla guerra in Ucraina, Israele intende approfittare del vertice per consolidare i propri interessi.

Organizzazioni internazionali di difesa dei diritti umani condannano il vertice UE-Israele previsto oggi, affermando che non farebbe altro che legittimare l’“apartheid” che colpisce attualmente i palestinesi.

Secondo un comunicato di Amnesty International “Israele commette un crimine di apartheid nei confronti dei palestinesi” e “qualunque forma di cooperazione deve focalizzarsi sullo smantellamento del brutale sistema di oppressione e di dominazione attuato da Israele.”

L’UE cerca di rilanciare i suoi rapporti con Israele in occasione del vertice previsto questo lunedì, il primo tra le due parti dal 2012, soprattutto a causa della necessità di diversificare le proprie risorse energetiche in seguito alla guerra in Ukraina.

Questo vertice, denominato “Consiglio di associazione UE-Israele”, è stato annullato da Israele nel 2013 dopo la pubblicazione da parte dell’UE di una direttiva che ha avuto l’effetto di una bomba, in base alla quale tutti i futuri accordi con Israele escluderebbero le colonie israeliane nei territori palestinesi occupati.

Gli organismi israeliani che vogliono ottenere un finanziamento dall’UE dovevano quindi dimostrare attivamente l’assenza di qualunque legame diretto o indiretto con la Cisgiordania, Gerusalemme est o le alture del Golan occupate.

Pur se la politica ufficiale dell’UE a questo riguardo non è cambiata, Israele ha deciso di confermare il vertice. Tuttavia alcune organizzazioni in difesa dei diritti umani temono che Bruxelles finisca per cedere.

Le autorità israeliane impongono ai palestinesi requisizioni di terre, omicidi illegali, trasferimenti forzati e severe restrizioni alla circolazione, negando la loro umanità e l’eguaglianza di cittadinanza e di status”, afferma Amnesty International a proposito del vertice.

L’UE non può pretendere di condividere degli impegni in materia di diritti umani con uno Stato che pratica l’apartheid e che nei mesi scorsi ha chiuso gli uffici di note organizzazioni della società civile palestinese”, sottolinea Amnesty.

All’inizio di quest’anno le forze israeliane hanno perquisito e chiuso gli uffici di sette ONG palestinesi: Al-Haq, Addameer, Centro Bisan per la ricerca e lo sviluppo, Difesa dei Bambini Internazionale-Palestina, Unione dei comitati di donne palestinesi, Unione dei comitati del lavoro agricolo e Unione dei comitati dei lavoratori della sanità.

Crimini contro l’umanità”

In un comunicato anche Human Rights Watch (HRW) ha condannato il vertice.

I responsabili europei devono sapere che stringeranno la mano a rappresentanti di un governo che commette crimini contro l’umanità e che ha messo al bando importanti associazioni della società civile che si oppongono a questi abusi”, afferma la ONG.

Grace O’Sullivan, eurodeputata del partito dei verdi irlandesi, intervistata da Middle East Eye, sottolinea che è anche improbabile che questo vertice offra ai dirigenti UE l’occasione di esternare le loro preoccupazioni ai dirigenti israeliani.

Mi è stato detto che il Primo Ministro Lapid non vi parteciperà nemmeno di persona”, aggiunge, ritenendo “deludente il fatto che l’UE abbia organizzato questo incontro nella settimana di Yom Kippur (importante ricorrenza religiosa ebraica, ndt.), poiché questo limiterà il (suo) impegno nei confronti dei dirigenti israeliani.”

L’eurodeputata precisa che seguirà da vicino ciò che Josep Borrell, alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza, dichiarerà dopo l’incontro con i suoi interlocutori israeliani, in particolare per sapere se verranno menzionati i diritti umani e le colonie occupate.

Il trattamento dei palestinesi e la messa in atto di misure reali a favore di uno Stato palestinese dovranno essere al centro di questi incontri”, ritiene.

Mi piacerebbe anche vedere dei progressi per quanto riguarda l’uccisione della giornalista americana-palestinese Shireen Abu Akleh e l’arresto di oltre 25 giornalisti palestinesi da parte di Israele solo in quest’anno. La libertà di stampa è gravemente minacciata in Israele e nei territori occupati.”

Un ordine del giorno completamente diverso

Tuttavia l’attuale atmosfera a Bruxelles e a Tel Aviv lascia prevedere un ordine del giorno completamente diverso.

La visita effettuata il mese scorso in Israele dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, allo scopo di rafforzare la cooperazione energetica, non è passata inosservata in Israele, alla luce delle opportunità che potrebbe offrire al Paese.

Traduzione [del discorso di Von der Leyen]: “Sono molto felice di essere in Israele. Lavoriamo fianco a fianco per rafforzare la collaborazione tra UE ed Israele. La mia visita sarà incentrata sulla sicurezza energetica e alimentare, l’intensificazione della cooperazione nell’ambito della ricerca, della sanità e della protezione ambientale. Discuteremo anche della situazione regionale e degli sforzi verso la costruzione di un Medio Oriente sicuro.”

Contemporaneamente alla visita della dirigente, Oded Eran, ex ambasciatore di Israele presso l’Unione Europea, ha dichiarato che la delicata situazione energetica in Europa offre a Israele l’occasione di approfondire i suoi rapporti con Bruxelles.

In agosto Israele ha registrato un aumento del 50% delle tariffe derivanti dalle esportazioni di gas nel 2022, sostenuto da prezzi mondiali record, mentre l’Europa affronta una imminente scarsità energetica in seguito all’invasione russa dell’Ucraina.

Anche se limitata, la capacità di Israele di rispondere alla domanda europea non è trascurabile. Così, mentre nel 2021 l’UE ha importato circa 155 miliardi di m3 dalla Russia, Israele potrebbe essere in grado di fornirle circa 10 miliardi di metri cubi all’anno.

(Traduzione dal francese di Cristiana Cavagna)




Palestinesi uccisi dall’esercito israeliano vicino a Ramallah

Zena Al Tahhan

3 ottobre 2022 – Al Jazeera

I palestinesi respingono l’affermazione dell’esercito israeliano secondo cui gli uomini avrebbero tentato di effettuare un attacco terroristico con un’auto.

Rettifica

Una precedente versione di questo articolo riportava, sulla base dei rapporti dell’agenzia di stampa statale palestinese Wafa e della stessa famiglia di Basbous, che Basel Basbous fosse uno dei due uomini uccisi dall’esercito israeliano a Jalazone. L’articolo è stato aggiornato mercoledì 5 ottobre 2022 dopo che è emerso che in realtà Basbous è rimasto ferito e che a Wafa e alla famiglia è stato erroneamente riferito il suo nome come uno degli uomini uccisi. Un portavoce del ministero della salute palestinese ha detto ad Al Jazeera che c’è stato “un errore di identificazione da parte degli israeliani”. L’esercito israeliano non ha rilasciato dichiarazioni sui nomi degli uomini uccisi.

Ramallah, Cisgiordania occupata Le forze israeliane hanno ucciso due palestinesi durante un raid vicino alla città di Ramallah, nella Cisgiordania centrale occupata.

I due uomini sono stati uccisi lunedì in un’auto appena fuori dal campo profughi di Jalazone, a nord di Ramallah.

Sono stati identificati come Khaled Anbar e Salameh Sharayah.

Un terzo uomo, Basel Basbous, è stato dato inizialmente come ucciso nell’attacco. Tuttavia mercoledì il portavoce del Ministero della Salute palestinese ha confermato che Basbous è sopravvissuto, ma è rimasto ferito ed è attualmente ricoverato in un ospedale israeliano.

La notizia degli omicidi è arrivata intorno alle 7:00 (04:00 GMT, 06 ora italiana) di lunedì.

Un testimone, che ha voluto rimanere anonimo, ha detto che la sparatoria è avvenuta davanti alla sua casa.

“Ho sentito il rumore degli spari intorno alle 3:30 del mattino, ho guardato fuori dalla mia finestra, c’era un’auto, all’interno i ragazzi a cui avevano sparato”, ha detto ad Al Jazeera.

I soldati li hanno tirati fuori dall’auto e li hanno messi sul ciglio della strada. Sono stati lasciati sanguinare a terra per circa 40 minuti. Dopodiché hanno preso i loro corpi”.

“Lo scenario più probabile è che i tre siano stati sorpresi dall’esercito”, afferma l’uomo, aggiungendo che i soldati israeliani erano appostati nascosti alla vista in diversi punti della zona intorno al luogo in cui si trovava l’auto degli uomini.

L’esercito israeliano ha affermato che i suoi soldati stavano tentando di arrestare un sospetto a Jalazone quando hanno pensato che i tre uomini stessero pianificando un attacco con l’auto contro di loro.

I membri della famiglia di Basbous lo negano fermamente.

Basbous, che lavora in una panetteria, è uno di 10 fratelli di cui uno si trova attualmente in una prigione israeliana.

Sua sorella Baraa dice che il fratello era uscito con i suoi amici per vedere cosa stesse succedendo avendo sentito che l’esercito israeliano stava compiendo un’irruzione nella zona.

Baraa, parlando con noi nella sua casa di famiglia a Jalazone, nega che suo fratello abbia attaccato i soldati israeliani.

“Mio fratello non ha fatto nulla”, riferisce ad Al Jazeera. “I suoi amici lo hanno chiamato e sono usciti, hanno pensato che non ci fossero grossi problemi, avrebbero semplicemente fatto un giro per vedere se ci fossero stati degli scontri”.

“Ogni giovane del campo che sente che c’è l’esercito va ad osservare, anche da lontano”, continua Baraa.

Un’altra sorella, Rasha, di 37 anni, dice che Basbous aveva trascorso la sera precedente con suo figlio.

“Ha accompagnato mio figlio a casa intorno alle 3 del mattino e poi, dopo che i suoi amici lo hanno chiamato, è andato a vedere cosa stava succedendo”, racconta Rasha ad Al Jazeera.

“Negli ultimi tre giorni l’esercito ha compiuto delle irruzioni nel campo e quando arrivano sparano indiscriminatamente”, prosegue.

“Non siamo al sicuro nemmeno nelle nostre case”, dice, aggiungendo che una volta mentre nel corso di un’incursione osservava fuori dalla finestra la sua casa è stata colpita da colpi di arma da fuoco.

“Dico a chiunque affermi qualcosa sui palestinesi, sono loro [gli israeliani] a venire da noi e non siamo al sicuro nemmeno nelle nostre stesse case … vengono e uccidono i nostri giovani con un proiettile”.

In un primo tempo la famiglia di Basbous, dopo che l’agenzia di stampa ufficiale palestinese Wafa aveva fatto il suo nome, era convinta che fosse stato ucciso dall’esercito israeliano.

Tuttavia, secondo il ministero della Salute palestinese, sembra che all’origine ci sia stato un errore di identità.

Il governatorato di Ramallah ed el-Bireh ha osservato lunedì uno sciopero generale con la chiusura completa dei negozi in segno di lutto per i due uomini uccisi.

Israele sta effettuando raid quasi quotidiani in Cisgiordania, in gran parte concentrati sulle città di Jenin e Nablus, dove si sono costituiti nuovi gruppi armati palestinesi.

Secondo il Ministero della Salute dall’inizio dell’anno nei territori occupati [in seguito alla guerra] del 1967 sono stati uccisi dalle forze israeliane circa 160 palestinesi di cui 51 ad agosto nel corso dei tre giorni di assalto israeliano contro la Striscia di Gaza assediata.

Organizzazioni locali e internazionali per i diritti umani hanno condannato ciò che chiamano uso eccessivo della forza da parte di Israele e “prassi di sparare per uccidere” contro i palestinesi, compresi dei sospetti aggressori, nella Cisgiordania occupata e nella Striscia di Gaza.

Secondo Human Rights Watch [organizzazione non governativa internazionale che si occupa della difesa dei diritti umani, ndt.] politici israeliani di alto livello hanno incoraggiato “i soldati e la polizia israeliani a uccidere i palestinesi sospettati di aver attaccato gli israeliani anche quando non rappresentino più una minaccia”.

L’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite ha rilevato nei rapporti che le forze israeliane “usano spesso armi da fuoco contro i palestinesi per un semplice sospetto o come misura precauzionale, in violazione degli standard internazionali”.

Giovedì nel corso di uno dei raid più recenti compiuto in una città vicino a Betlemme, un bambino di sette anni è morto dopo che i suoi famigliari gli hanno detto che era ricercato dai soldati israeliani [il bambino, Rayyan Suleiman, è morto in seguito ad un attacco cardiaco mentre i soldati israeliani facevano irruzione nella sua casa, ndt.].

Il Dipartimento di Stato americano ha chiesto che venga fatta un’indagine sulla morte di Rayyan Suleiman.

Sempre nel 2022 sono state uccise venti persone nel corso di attacchi compiuti da palestinesi in Israele e in Cisgiordania.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Gli Stati Uniti chiedono un’indagine sulla morte nella Cisgiordania occupata di un bambino palestinese di 7 anni

YUMNA PATEL – 30 settembre 2022 

Mondoweiss

La famiglia di Rayan Suleiman afferma che il cuore del bambino di sette anni si è fermato e che è crollato a terra mentre scappava terrorizzato dai soldati israeliani che avevano fatto irruzione nella sua casa alla ricerca di presunti “lanciatori di pietre”.

Un bambino palestinese di sette anni è morto giovedì; il suo cuore si è fermato, verosimilmente per essere stato inseguito e terrorizzato dai soldati israeliani che facevano irruzione nella sua casa.

Rayan Yasser Suleiman, 7 anni, è stato dichiarato morto giovedì pomeriggio all’ospedale governativo di Beit Jala, poco dopo aver perso i sensi vicino alla sua casa nella città di Tuqu’, nella parte meridionale della Cisgiordania occupata.

La famiglia di Rayan afferma che il suo cuore si è fermato e che è crollato a terra mentre scappava per la paura dai soldati dell’esercito israeliano che stavano facendo irruzione nella sua casa alla ricerca di presunti “lanciatori di pietre” in città.

“Ieri i soldati israeliani hanno detto che nel villaggio alcuni bambini hanno lanciato pietre contro di loro”, ha riferito a Mondoweiss Muhammad Adel Suleiman, 27 anni, cugino di Rayan, poche ore dopo che il piccolo è stato sepolto nel villaggio.

Muhammad dice che non stava succedendo nulla nel villaggio in quel momento, “nessuno scontro, niente”, quando i soldati israeliani hanno fatto irruzione nelle case della città, sostenendo che fossero stati lanciati sassi contro di loro da alcuni ragazzi del posto.

“Hanno fatto irruzione nel villaggio e hanno iniziato a cercare i bambini nelle case”, ha raccontato Muhammad. “Hanno perquisito alcune case prima di venire a ispezionare quella di Rayan, dopo averlo visto con i fratelli vicino a casa. Rayan era il più giovane di tre: Ali di 8 e Khalid di 10.

“I soldati si sono avvicinati alla casa e hanno iniziato a bussare con violenza alla porta”, ha detto Mohammad sottolineando che in quel momento tutti e tre i ragazzi erano all’interno della casa. I soldati avrebbero voluto arrestare Ali e Khalid, sostenendo che avessero lanciato pietre contro i soldati.

“Mio zio ha cercato in tutti i modi di impedire ai soldati di prendere i bambini, e si sono sentite urla in tutta la casa”, dice Mohammad. “Rayan è uscito dalla sua stanza per vedere cosa stava succedendo, e quando i soldati lo hanno visto hanno iniziato a urlare anche contro di lui”.

Mohammad racconta che Rayan si è spaventato e ha iniziato a correre per la casa mentre i soldati lo inseguivano nel tentativo di catturarlo. Terrorizzato, Rayan è corso in strada, dove è crollato a terra.

“Ho sentito alcune persone urlare, quindi sono uscito per vedere cosa stava succedendo”, ha detto Muhammad, che vive alla porta accanto.

Qualcuno diceva che un bambino era caduto da casa mentre l’esercito lo inseguiva. Quando ho visto Rayan sdraiato per strada, l’ho preso in braccio e poi gli ho tolto i vestiti per controllare se era ferito, ma non ho visto né sangue né ferite”, ha detto Muhammad, trascurando le prime voci secondo cui Rayan era caduto e morto per la caduta.

“Era privo di sensi, ho cercato di svegliarlo versandogli dell’acqua in faccia”, ha detto Mohammad. “Ho provato a muovergli il viso e poi le mani, ma il corpo era inerte e non si muoveva”.

La famiglia ha portato d’urgenza Rayan all’Ospedale Governativo di Beit Jala, dove poco dopo è stato dichiarato morto. I medici hanno detto alla famiglia che era morto a causa di un infarto.

“Ora nel villaggio, dopo il martirio di Rayan, in tutti aleggia un sentimento di tristezza, rabbia e odio”, dice Mohammad, aggiungendo che la madre di Rayan è stata portata in ospedale diverse volte da quando suo figlio è morto, e il padre di Rayan è sotto shock e rifiuta di parlare con chiunque.

Il mio messaggio al mondo è che vogliamo solo vivere in sicurezza e pace. Pace e sicurezza per i bambini”.

Richieste indagini

A seguito della notizia della morte di Rayan l’esercito israeliano ha rilasciato una dichiarazione secondo cui “l’indagine iniziale non mostra alcun collegamento tra le ricerche delle Forze israeliane nell’area e la tragica morte del bambino”, ha riferito Reuters.

Gli articoli sui media israeliani, sia su Haaretz che The Times of Israel, hanno citato fonti dell’esercito e della sicurezza israeliane che sostengono che i soldati avrebbero interrogato i genitori dei ragazzi “senza che i bambini fossero presenti”. Le fonti affermano anche che non avrebbero inseguito Rayan.

Giovedì durante una conferenza stampa il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha affermato di “auspicare un’indagine approfondita e immediata sulle circostanze intorno alla morte del bambino” e che “si spezza il cuore nell’apprendere della morte di un bambino palestinese innocente”.

“Come il presidente Biden e il segretario Blinken hanno ripetuto numerose volte, palestinesi e israeliani meritano entrambi di vivere in modo sicuro e di godere di uguali misure di libertà e prosperità”, ha affermato il portavoce.

Anche il rappresentante della UE in Cisgiordania, striscia di Gaza e UNRWA ha rilasciato dichiarazioni simile, affermando di essere rimasto “scioccato dalla tragica morte” di Rayan. “Secondo il diritto internazionale, i bambini godono di una protezione speciale. Le circostanze di questo incidente devono essere rapidamente e completamente indagate dalle autorità israeliane al fine di assicurare i colpevoli alla giustizia”.

Anche il Consolato Generale del Regno Unito a Gerusalemme ha fatto eco alla richiesta di un’indagine sulla morte di Rayan.

Brad Parker, Avvocato Senior e Consulente Politico di Defense for Children International Palestine (DCIP) [ONG internazionale impegnata nella difesa e promozione dei diritti del fanciullo, ndr.], ha dichiarato a Mondoweiss che “i bambini palestinesi nella Cisgiordania occupata vivono in un contesto iper-militarizzato in cui le forze israeliane uccidono, detengono illegalmente e torturano impunemente i bambini”.

Le forze israeliane non conoscono limiti nel tentativo di controllare una popolazione palestinese sotto occupazione estremamente giovane attraverso intimidazioni, minacce, incursioni notturne, punizioni collettive e instillando paura. Le norme internazionali sui diritti dell’infanzia e le stesse leggi israeliane vietano l’arresto e il perseguimento di un bambino di sette anni, ma i soldati israeliani pesantemente armati ignorano palesemente questo fatto, inseguendo e trattenendo regolarmente i bambini palestinesi, incutendo loro paura e assicurandosi che non abbiano spazi sicuri per crescere bene e in salute”, ha affermato Parker.

Secondo DCIP, dall’inizio dell’anno 22 minori palestinesi sono stati uccisi da soldati e coloni israeliani nella Cisgiordania occupata.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Sarebbe un disastro se Liz Truss spostasse l’ambasciata del Regno Unito a Gerusalemme

Avi Shlaim

28 settembre 2022 – Middle East Eye

Minacciando un’improvvisa svolta della pluriennale politica britannica, lei ha promesso di prendere in considerazione lo spostamento dell’ambasciata in Israele a Gerusalemme.

Durante la sua campagna per diventare leader del partito conservatore britannico, Liz Truss ha detto ai Conservatori Amici di Israele (CFI) che, se eletta, avrebbe preso in considerazione il trasferimento dell’ambasciata britannica da Tel Aviv a Gerusalemme. Successivamente, durante una sessione all’ONU, il primo ministro Truss ha ripetuto al suo “caro amico” Yair Lapid, il premier israeliano ad interim, la promessa di revisione. 

Lo status di Gerusalemme è il tema più spinoso del conflitto israelo-palestinese, uno dei conflitti internazionali più aspri, prolungati e irrisolvibili dell’epoca contemporanea. Gerusalemme Est, con il resto della Cisgiordania e la Striscia di Gaza, fu conquistata da Israele nella guerra [dei Sei Giorni] del giugno 1967 e da allora è sempre stata vista dalla comunità internazionale come territorio occupato. 

Israele reclama l’intera città quale sua eterna e indivisa capitale, mentre i palestinesi rivendicano la parte orientale come capitale del loro futuro Stato.

I politici israeliani naturalmente sono stati felicissimi che Truss, con una delle sue prime decisioni di politica estera da primo ministro, abbia ventilato l’idea di spostare l’ambasciata a Gerusalemme, in tal modo riconoscendo in tal modo la sovranità israeliana sulla città.

I leader palestinesi hanno avvertito che spostare l’ambasciata minerebbe la soluzione dei due Stati e compromesso le loro relazioni con la Gran Bretagna. Husam Zomlot, l’ambasciatore palestinese nel Regno Unito, ha detto che è stato “estremamente increscioso” che Truss abbia usato la sua prima apparizione all’ONU come primo ministro per “impegnarsi a violare potenzialmente il diritto internazionale”. 

Violare le risoluzioni dell’ONU

È difficile pensare a un problema di politica estera che abbia meno bisogno di una revisione che l’ubicazione dell’ambasciata britannica in Israele. Spostare la sede a Gerusalemme violerebbe una serie di risoluzioni dell’ONU ed equivarrebbe a un’improvvisa svolta delle politiche britanniche dal 1967. Esse, parte di un ampio consenso internazionale, hanno statuito che tutte le ambasciate dovevano restare a Tel Aviv fino a quando si fosse raggiunto un accordo generale di pace tra Israele e i palestinesi, con Gerusalemme quale capitale condivisa tra i due Stati. 

Quando era ministra degli Affari Esteri, Truss non ha fatto tentativi di spostare l’ambasciata. Si può solo supporre che abbia promosso la revisione per motivi di opportunismo politico: per ingraziarsi Israele e i suoi sostenitori in Gran Bretagna e, più precisamente, il CFI, i cui membri includono la maggior parte del governo e circa l’80% dei parlamentari conservatori senza vincolo di mandato. 

Recentemente una delle testate israeliane ha descritto Truss come potenzialmente “il primo ministro britannico più filoisraeliano di sempre”. Questo senza dubbio voleva essere un complimento, ma ignora le responsabilità storiche dell’Inghilterra di aver generato il problema sin dall’inizio.

Il conflitto israelo-palestinese fu creato in Gran Bretagna. Tutto cominciò nel 1917 con la Dichiarazione Balfour per sostenere un focolare nazionale per il popolo ebraico in Palestina, sebbene all’epoca gli ebrei fossero solo il 10% della popolazione del Paese. L’impegno che non sarebbe stato a spese delle “comunità non ebraiche” fu completamente ignorato dai successivi governi britannici. La dichiarazione quindi permise una sistematica occupazione coloniale sionista della Palestina, un processo che continua ancora oggi.

Nel giugno 1967, Israele completò l’occupazione dell’intera Palestina storica. Due settimane dopo la fine degli scontri, Israele annetté unilateralmente Gerusalemme Est, accorpandola a Gerusalemme Ovest. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU denunciò immediatamente quelle misure come illegali e non valide.

Nel 1980, quando la Knesset annetté formalmente Gerusalemme Est, il Consiglio di Sicurezza censurò Israele “nel modo più assoluto”. Il Regno Unito votò tutte quelle risoluzioni.

Sdegno e condanna

Il presidente USA Donald Trump è stato il primo leader al mondo a rompere l’accordo di lunga data della comunità internazionale di non insediare le ambasciate a Gerusalemme fino al raggiungimento di una soluzione a due Stati del conflitto israelo-palestinese. Nel 2018 la sua decisione di spostare l’ambasciata americana a Gerusalemme suscitò lo sdegno nel mondo arabo e provocò diffusa condanna internazionale. Portò anche a scoppi di violenza in cui decine di palestinesi furono uccisi dalle forze israeliane. Theresa May, premier britannica dell’epoca, criticò la decisione.

Il tanto magnificato “accordo del secolo” di Trump fu un rozzo tentativo di ridefinire la soluzione dei due Stati come un Grande Israele che includesse un terzo della Cisgiordania e tutta Gerusalemme, e un mini-Stato palestinese frammentato e circondato da colonie e basi militari israeliane. Fu immediatamente respinta con disprezzo dall’Autorità Palestinese (ANP).

Nonostante tutti gli sforzi di Trump solo tre Stati hanno seguito il suo esempio di spostare le loro ambasciate a Gerusalemme: Kosovo, Guatemala e Honduras. Tutti gli altri 82 Paesi con missioni diplomatiche in Israele hanno optato per tenere le loro ambasciate a Tel Aviv. Alcuni, inclusa la Gran Bretagna, hanno anche un consolato generale a Gerusalemme Est che funge da canale di comunicazione con l’ANP a Ramallah. 

Nella sua singolare postura filoisraeliana e apparente indifferenza riguardo ai diritti palestinesi, Truss appartiene alla maggioranza del suo partito. Tutti e tre i primi ministri per i quali è stata ministra sono stati convinti sostenitori di Israele. David Cameron si è descritto come un “amico appassionato” di Israele, sostenendo che nulla avrebbe potuto rompere tale amicizia. 

Quando era premier,Teresa May fu probabilmente la leader più filoisraeliana in Europa. In un discorso al CFI nel 2016 descrisse Israele come un “Paese straordinario… una democrazia fiorente, un faro di tolleranza, un motore di imprenditorialità e un esempio per il resto del mondo”. Respinse accanitamente una petizione pubblica, di cui io fui uno dei firmatari, per porgere scuse ufficiali per la Dichiarazione di Balfour. 

Rapporti tesi

Boris Johnson fece fare un ulteriore passo in avanti alla politica conservatrice di ‘Israele First’, collocando Israele al di sopra del diritto internazionale. Resistette ai tentativi di far sì che dovesse render conto delle sue azioni illegali e dei suoi crimini di guerra. Nel 2021 annunciò che si opponeva alle indagini del Tribunale Penale Internazionale sui presunti crimini di guerra nei territori occupati, osservando in una lettera al CFI che, anche se il suo governo rispettava l’indipendenza del Tribunale, si opponeva a questa particolare inchiesta.

Questa indagine dà l’impressione di essere un attacco fazioso e pregiudiziale contro un amico e alleato del Regno Unito,” scrisse. La logica perversa di questa dichiarazione sta nel fatto che essere un amico e alleato del Regno Unito colloca Israele al di sopra del diritto e del controllo internazionali.

Come Johnson, Truss è un’appassionata sostenitrice di una Gran Bretagna dopo-Brexit globale. Però violare il diritto internazionale non farà nulla per promuovere questa immagine, né aiuterà a ottenere quell’accordo commerciale con gli USA sbandierato come uno dei più grandi vantaggi di una politica estera indipendente.

Quando era ministra degli Esteri, Truss dichiarando a gran voce l’intenzione di annullare unilateralmente l’accordo con l’Unione Europea sull’Irlanda del Nord, aveva già danneggiato la sua relazione con il presidente USA Joe Biden, che pensava avrebbe posto in pericolo l’accordo del Venerdì Santo [firmato nel 1998, pose fine alla guerra civile nell’Irlanda del Nord, N.d.T.].

Seguire l’esempio di Trump e spostare l’ambasciata britannica a Gerusalemme non sarebbe ben accolto alla Casa Bianca. Sebbene non abbia annullato la decisione di spostare l’ambasciata americana, Biden ha preso una serie di misure per limitare i danni fatti dal suo predecessore ed è ritornato a collaborare con gli alleati attraverso l’ONU.

Trasferire l’ambasciata britannica da Tel Aviv a Gerusalemme sarebbe moralmente indifendibile, legalmente discutibile e politicamente dannoso. Sarebbe uno dei più violenti attacchi britannici a un futuro Stato palestinese dalla Dichiarazione di Balfour. Incoraggerebbe inoltre Israele a continuare ad agire impunemente, rafforzando l’arroganza del suo potere.

Israele e i suoi sostenitori in questo Paese [la Gran Bretagna, N.d.T.] sicuramente accoglierebbero positivamente questa decisione, nonostante i danni alla reputazione britannica nel mondo.

Piuttosto che riconsiderare la sede della sua ambasciata, il governo britannico dovrebbe rivalutare la sua relazione con Israele alla luce della realtà di oggi. Negli ultimi due anni i rapporti di tre importanti organizzazioni per i diritti umani hanno concluso che Israele è diventato uno Stato di apartheid. Tali relazioni documentano attentamente la continua pulizia etnica attuata da Israele, la confisca delle terre, le demolizioni delle abitazioni, la persecuzione dei difensori dei diritti umani, l’incarcerazione di minori e la tolleranza nei confronti della violenza dei coloni. 

La triste verità è che dal 1967 Israele è diventato dipendente dall’occupazione. Un vero amico non è indulgente con chi ha una dipendenza, ma cerca di aiutarlo a disintossicarsi. 

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la posizione editoriale di Middle East Eye.

Avi Shlaim è professore emerito di Relazioni Internazionali presso l’Università di Oxford e autore di The Iron Wall: Israel and the Arab World (2014) [Il muro di ferro. Israele e il mondo arabo, edizioni Il Ponte, 2003] e di Israel and Palestine: Reappraisals, Revisions, Refutations (2009) [Israele e Palestina: riesami, revisioni, refutazioni] (2009).

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)