Studenti dell’università di Birzeit accusano l’Autorità Nazionale Palestinese di arresti politici

Redazione di The New Arab, PC, Social

2 novembre 2022 – The Palestine Chronicle

Una fonte locale vicina al consiglio degli studenti dell’università di Birzeit, presso Ramallah, ha riferito a The New Arab che, dopo che uno è stato rilasciato lunedì, altri otto studenti palestinesi continuano ad essere detenuti dall’Autorità Nazionale Palestinese.

Il consiglio degli studenti accusa l’ANP [Autorità Nazionale Palestinese, ndt.] di aver arrestato gli studenti per motivazioni politiche.

Domenica il consiglio degli studenti ha rilasciato una dichiarazione in cui ha annunciato che le forze di sicurezza dell’ANP avevano arrestato tre studenti che sono attivi nel movimento studentesco.

Noi del consiglio studentesco rifiutiamo l’ingiustizia e l’arroganza che privano gli studenti dei loro diritti ad una vita universitaria sicura,” si legge nel comunicato.

Domenica, decine di palestinesi, inclusi molti studenti, hanno fatto una manifestazione a Ramallah contro quella che hanno definito “detenzione politica” da parte dell’ANP, chiedendo l’immediato rilascio dei prigionieri.

Nel frattempo un gruppo di studenti continua a fare un sit-in dentro il campus d Birzeit, come forma di protesta contro le detenzioni operate dall’ANP, chiedendo l’immediato rilascio degli arrestati.

Le forze di sicurezza dell’ANP non hanno fatto alcun commento pubblico sulle incarcerazioni degli studenti dell’università di Birzeit.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




L’ultrà di destra Ben-Gvir emerge come protagonista nelle elezioni in Israele

Orly Halpern

1 novembre 2022 – Al Jazeera

Mentre Israele va al voto per la quinta volta in meno di quattro anni, incertezza e crescenti tensioni fanno aumentare il sostegno al famigerato uomo politico.

Gerusalemme – Fino all’anno scorso Ben-Gvir era meglio noto come un provocatore della frangia dell’estrema destra religiosa degli odiatori dei palestinesi.

Ora sembra stia per diventare il protagonista nelle elezioni parlamentari di martedì quando gli israeliani voteranno per la quinta volta in meno di quattro anni.

Ben-Gvir, un colono di Kiryat Arba, una delle colonie più estremiste nella Cisgiordania occupata (illegalmente secondo il diritto internazionale), è stato condannato per incitamento al razzismo, distruzione di proprietà, possesso di materiale di propaganda di un’organizzazione “terroristica” e sostenitore dell’organizzazione “terroristica” Kach, gruppo illegale fondato [nel 1971 dal rabbino] Meir Kahane, a cui si era unito quando aveva 16 anni.

Ma nelle elezioni del marzo 2021 Ben-Gvir con il suo partito Potere Ebraico è riuscito a entrare nel parlamento israeliano in coalizione con il partito Unione Nazionale di Bezalel Smotrich diventando [la coalizione] “Sionismo Religioso” su richiesta dell’allora primo ministro Benjamin Netanyahu che voleva assicurarsi che nessun voto di destra andasse perso nel suo tentativo di formare il futuro governo.

Netanyahu, sotto processo per corruzione, non è riuscito a diventare primo ministro, ma l’accordo ha consentito a Ben-Gvir di entrare in parlamento.

Ora la lista sta per diventare il terzo partito nella Knesset, il parlamento di Israele. E avendo Netanyahu il 50% di possibilità di formare il prossimo governo, Ben-Gvir e Smotrich stanno preparando i loro piani con l’obiettivo di cambiare la natura del sistema politico israeliano.

Uno dei loro obiettivi è minare il sistema giudiziario israeliano rimuovendo dal codice penale i reati di frode e abuso d’ufficio per cui Netanyahu è sotto processo, privando l’Alta Corte di Giustizia della facoltà di annullare leggi incostituzionali, e dare ai parlamentari il controllo sulla selezione dei giudici.

Sabato un parlamentare di Yesh Atid, il partito centrista del primo ministro Yair Lapid, ha associato un eventuale governo con Netanyahu e Ben-Gvir all’ascesa di Adolf Hitler dicendo: “Non lo sto paragonando a niente, ma anche Hitler è salito al potere in modo democratico”.

Ben-Gvir vuole anche espellere i palestinesi con cittadinanza israeliana “sleali”. In agosto un sondaggio online di una stazione radio locale ha rilevato che circa due terzi degli israeliani sono a favore della proposta.

Daniel Goldman, 53 anni, uomo d’affari ebreo religioso e attivista sociale della città israeliana di Beit Shemesh, è deluso che così tanti ebrei religiosi sostengano Ben-Gvir.

Dice che deciderà cosa sia un test di lealtà e quindi a chi verrà permesso di essere un cittadino, il che non è accettabile, non solo da un punto di vista democratico, ma da un punto di vista ebraico,” dice Goldman ad Al Jazeera.

Come membro della comunità religiosa sionista, sono sconvolto che le opinioni [di] Smotrich e, in misura maggiore, di Ben-Gvir siano accettate dalla maggioranza della comunità a cui appartengo. Secondo la mia idea di giudaismo credo che noi abbiamo una responsabilità verso la minoranza, non solo la maggioranza, e questo include chiunque in Israele.”

Giorni bui’

I principali giornali israeliani hanno pubblicato editoriali che parlano di “elezioni decisive” e di “un ritorno ai secoli bui”.

L’ex ministro Limor Livnat, del partito di destra Likud, ha scritto venerdì sul giornale Yedioth che “un vero likudista non voterebbe per il Likud”, citando la decisione di Netanyahu di accogliere Ben-Gvir, “nel cuore della vita politica direttamente dalle frange della destra radicale e folle e farne un eroe”.

Ehud Barak, ex primo ministro laburista, ha profetizzato “giorni bui” se Ben-Gvir entrerà nel governo, mentre Zehava Galon, leader del partito di sinistra Meretz, ha detto che le elezioni “determineranno se qui ci sarà un Paese libero o una teocrazia ebraica”.

Ben-Gvir ha una lunga storia di provocazioni contro i palestinesi e la sinistra israeliana.

Nel 1995, al culmine degli Accordi di Pace di Oslo, il diciannovenne Ben-Gvir mostrò alle telecamere lo stemma strappato dal cofano dell’auto dell’allora primo ministro Yitzhak Rabin dichiarando: “Siamo arrivati alla sua macchina. Arriveremo anche a lui.”

Poche settimane dopo Rabin fu assassinato da un ultranazionalista israeliano a una manifestazione a sostegno dell’accordo di pace e del ritiro pianificato dal territorio palestinese.

Ben-Gvir era anche famoso perché sul muro di casa sua aveva messo in bella mostra la foto di Baruch Goldstein, l’americano-israeliano che nel 1994 massacrò 29 fedeli palestinesi a Hebron.

Da quando nella precedente elezione ha vinto un seggio nella Knesset, ha puntato una pistola contro dei parcheggiatori palestinesi a Tel Aviv, per cui è stato interrogato dalla polizia, e si è scontrato con il politico Ayman Odeh, cittadino palestinese di Israele, quando Odeh gli aveva impedito di entrare nella stanza d’ospedale dove si trovava un prigioniero palestinese in sciopero della fame.

Il mese scorso Ben-Gvir è andato nel quartiere di Sheikh Jarrah nella Gerusalemme Est occupata, dove le autorità israeliane stanno cercando di sfrattare delle famiglie palestinesi, con un gruppo di coloni che hanno tagliato le gomme delle macchine dei palestinesi e tentato di prendere d’assalto la casa di una famiglia. Quando i palestinesi hanno reagito lanciando pietre, ha estratto una pistola nonostante la presenza sulla scena della polizia.

Ben-Gvir ha dichiarato sabato che se il blocco di destra di Netanyahu si assicurasse la maggioranza lui esigerebbe di diventare ministro della Pubblica Sicurezza, cosa che gli darebbe autorità sulla polizia e sulla polizia di frontiera [corpo dell’esercito che opera nei territori occupati, N.d.T.].

Ben-Gvir sostiene che gli ufficiali della polizia israeliana e i soldati hanno le mani legate e vuole allentare le norme per permettere loro di sparare contro i palestinesi che lanciano pietre, ma non contro gli ebrei che fanno altrettanto.

Quello che veramente mi preoccupa è… il sostegno dei giovani, che la gente creda che usare violenza e potere sia il modo in cui dovremmo vivere, e non in base a eguaglianza e relazioni normali fra ebrei e arabi,” dice ad Al Jazeera Doubi Schwartz, un sessantatreenne attivista per la pace della città di Hod Hasharon, nel centro di Israele, “Ben-Gvir è una bandiera nera che sventola sopra la democrazia israeliana.”

Terreno fertile per l’estrema destra

Ci sono vari motivi dell’ascesa di Ben-Gvir. Un fattore che ha contribuito sono state le violenze dell’anno scorso nelle città “miste” dal punto di vista religioso, cominciate con i tentati sfratti a Sheikh Jarrah.

Gli scontri a Lod e in altre città miste arabo-ebraiche hanno causato un enorme trauma a molti ebrei israeliani. Non stiamo palando di palestinesi in regime di occupazione. Stiamo palando di cittadini israeliani palestinesi che hanno incendiato sinagoghe e attaccato a caso ebrei per le strade, che hanno aggredito i vicini,” dice Yossi Klein Halevi, senior fellow presso lo Shalom Hartman Institute e autore di Letters to my Palestinian Neighbor [Lettere al mio vicino palestinese].

Poi è intervenuto Ben-Gvir e ha cominciato a fare quello che Ben-Gvir fa meglio… sobillare. E ha organizzato bande ebree di ‘contro-linciaggio’. È sceso in strada e ha organizzato la rabbia.”

La maggior parte degli ebrei israeliani non sa che l’undici maggio 2021 a Lydd (Lod) c’erano la polizia ed ebrei legati alla comunità ebraica nazionalista Garin Torani, che per prima aveva attaccato i palestinesi in città. I palestinesi hanno risposto lanciando pietre e alcune ore dopo in città i membri della Garin hanno aperto il fuoco sui palestinesi e ucciso Moussa Hassouneh, 32 anni e padre di tre figli, che i palestinesi sostengono non fosse coinvolto [negli scontri].

Nei giorni seguenti c’è stata un’escalation di violenza per l’arrivo di ebrei armati provenienti da colonie nella Cisgiordania occupata e dal resto del Paese che hanno attaccato i palestinesi nelle proprie case e per strada, dando fuoco a un cimitero musulmano, ad auto e negozi. C’è stata violenza da parte dei palestinesi e un abitante ebreo è stato ucciso, ma la maggioranza dei media ebraici ha riportato solo gli attacchi contro ebrei e proprietà ebraiche.

Dopo tre giorni Kobi Shabtai, commissario della polizia israeliana, ha accusato Ben-Gvir per i disordini nelle città ebraico-palestinesi.

Ben-Gvir ha anche beneficiato del tempismo delle ultime elezioni e del panorama politico frammentato.

Il processo di pace non esiste più, da marzo in Israele c’è stata una serie di attacchi di palestinesi e le forze israeliane hanno condotto incursioni quasi quotidiane nella Cisgiordania occupata, uccidendo decine di palestinesi.

Durante i periodi di incertezza e tensione, quando la gente vuole una risposta e la sinistra non ne ha una immediata, il terreno è fertile per i messaggi della destra che risponde in un modo molto più populista,” spiega Daniel Bar-Tal, psicologo politico presso l’Università di Tel Aviv. “E questo è il fenomeno Ben-Gvir.”

Dopo gli scontri a Sheikh Jarrah a ottobre [Ben-Gvir] ha postato una foto con se stesso e due dei suoi bambini in una sala giochi mentre impugnano enormi mitragliatrici di plastica con la didascalia: “Dopo gli scontri a Shimon Hatzadik [colonia ebraica in un quartiere palestinese di Gerusalemme est, N.d.T.] ho portato i bambini in una sala giochi per insegnare loro cosa fare ai terroristi. Buone feste e Shabbat Shalom [Che sia un sabato di pace, in ebraico, N.d.T.].”

(tradotto dall’inglese da Mirella Alessio)




Punito per aver detto la verità sull’estrema destra israeliana

Sheren Falah Saab

31 ottobre 2022 – Haaretz

Questo è ciò che è successo quando un presentatore televisivo ha osato dire la verità sulle posizioni politiche razziste di Smotrich e Ben-Gvir, sconvolgendo un ecosistema mediatico che per lo più intende ripetere i messaggi di Netanyahu e dei suoi alleati.

In questi giorni la verità disturba, soprattutto se detta nei mezzi di comunicazione israeliani. La tempesta sulle considerazioni di Arad Nir sabato nel notiziario di Channel 12 [Canale 12, rete televisiva privata israeliana, ndt.] “World Order” [Ordine internazionale] ne sono la dimostrazione assoluta. “In base ai sondaggi pubblicati questo fine settimana non c’è ancora una scelta definitiva tra il blocco leale al leader dell’opposizione Benjamin Netanyahu, sotto processo per corruzione, frode e abuso d’ufficio, e la coalizione di partiti che gli si oppongono,” ha detto Nir. “E ciò persino dopo che Netanyahu ha legittimato l’estremista di destra Itamar Ben-Gvir e lo ha spinto ad allearsi con Bezalel Smotrich, che vuole che lo Stato di Israele venga governato in base alla legge della Torah, in un partito il cui nome provoca un certo disagio: Otzma Yehudit [Potere ebraico].” Nir non ha detto niente di nuovo. Al contrario, è fedele alla verità e accurato rispetto ai fatti.

Ma perché essere fedele ai fatti quando dai giornalisti di Channel 12 ci si aspetta che ripetano i messaggi del padrone, il capo dell’opposizione C e compagni? A Channel 12 sono abituati ad agire solo all’interno del quadro dei limiti prestabiliti per loro e come portavoce di Netanyahu. Nel caso di Nir è inquietante il fatto che Avi Weiss, il direttore generale di Channel 12 News, abbia richiamato e rimproverato Nir.

Cosa c’è di inquietante nelle affermazioni di Nir? Non ha fatto altro che mettere uno specchio davanti alla situazione politica di Israele ed è suffragato dai fatti, in quanto sono stati presentati in continuazione nelle discussioni politiche sui media negli ultimi due anni. Nir non ha normalizzato il razzismo e non ha glorificato il kahanismo [ideologia del defunto rabbino di estrema destra Meir Kahane, cui Ben-Gvir si ispira, ndt.]. Le sue parole sono la pura verità sulla politica israeliana e su come Netanyahu ha legittimato con le sue mani il capo di Otzma Yehudit, il deputato Itamar Ben-Gvir, e si è preso la briga di metterlo in contatto con il capo di Sionismo Religioso, Bezalel Smotrich. Ma pare che a Channel 12 temano la verità e i fatti e sia più facile agire all’interno del quadro delle “interpretazioni” funzionali solo alla narrazione del nostro padrone. Nir è stato l’unico che abbia osato sfidare le imbeccate messe sulla dei giornalisti di Channel 12, ed egli è stato redarguito e persino convocato per un chiarimento.

Di fatto è stato Channel 12, che sostiene di agire in un quadro di oggettività conservando un delicato equilibrio, che recentemente ha presentato un sondaggio che includeva la domanda: “Concordi con l’affermazione secondo cui il governo si appoggia su sostenitori del terrorismo?” [in riferimento al partito arabo-israeliano Ra’am, che faceva parte della coalizione di governo, ndt.]. Amit Segal, che ha presentato il sondaggio, si è preso la briga di spiegare: “Una maggioranza di personalità influenti lo pensa: il 47% è d’accordo, il 43% dissente.”

Segal non è stato rimproverato ed ha persino ricevuto il sostegno e la legittimazione per una domanda che molte persone pensano inciti e normalizzi il razzismo contro i cittadini arabi di Israele. Anche i partecipanti alla discussione sono rimasti in silenzio. Ciò era quello che ci si aspettava da Nir, che continuasse a stare zitto, annuisse e persino che dipingesse le azioni politiche di Netanyahu e della sua banda come liberalismo, democrazia e la volontà del popolo. Proprio ora, solo a un giorno da elezioni cruciali, è dovere di ogni giornalista rispettabile e dedito alla professione presentare la verità e i fatti, anche quando sono imbarazzanti per il direttore generale dell’impresa di notizie o per Segal.

Nir ha cercato di rompere il muro del silenzio in base al quale Channel 12 opera ed ha osato dire un’altra verità che la maggior parte della gente sceglie di ignorare riguardo a Otzma Yehudit. Nei suoi commenti sul partito Nir è stato moderato e non ha menzionato il fatto che Ben-Gvir è l’uomo che disse di Yitzhak Rabin, dopo aver strappato lo stemma dalla macchina dell’allora primo ministro: “Siamo arrivati alla sua auto, arriveremo anche a lui.” Nir non ha neppure citato le dichiarazioni di Ben–Gvir sulla cosiddetta “Legge delle Espulsioni” e i treni per trasferire parlamentari come il capo di Hadash [partito arabo-israeliano laico di sinistra, ndt.], Ayman Odeh. Non ha neppure citato, e forse è il caso di ricordarlo al direttore generale dell’impresa, quello che ha detto Smotrich lo scorso anno dal podio della Knesset [il parlamento israeliano, ndt.], rivolto ai parlamentari arabi con una dichiarazione che rappresenta assolutamente razzismo, odio e incitamento alla violenza: “Siete qui per sbaglio, perché (il fondatore e primo capo del governo di Israele David) Ben Gurion non finì il lavoro e non vi espulse nel 1948.”

Il richiamo a Nir evidenzia il meccanismo in base al quale opera Channel 12, il controllo repressivo del modo di pensare che blocca ogni possibilità di pensiero critico. L’idea del trasferimento e di una seconda Nakba [Catastrofe, cioè l’espulsione di centinaia di migliaia di palestinesi nella guerra del 1947-49, ndt.] non è comparsa dal nulla, sono cose che sono state dette da Smotrich e Ben-Gvir con la legittimazione di Netanyahu, sotto processo per reati penali. Questo non è solo un rimprovero, ma la riduzione al silenzio di un giornalista che non vuole ignorare la politica di razzismo etnico di Ben-Gvir e Smotrich nè partecipare alla censura che priva i cittadini della possibilità di giudicare la realtà senza una propaganda dettata dall’alto.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




L’ennesima elezione in Israele: perché ai palestinesi non interessa?

Mohamad Kadan

30 ottobre 2022-Aljazeera

Molti palestinesi con cittadinanza israeliana non voteranno il 1° novembre, sentendosi delusi dai loro politici.

Quando il 1° novembre Israele terrà la sua quinta elezione in meno di quattro anni, la maggior parte del mondo lo vedrà come un altro segno di divisione nella politica israeliana. La lotta dell’ex primo ministro Benjamin Netanyahu per mantenere il potere e sfuggire all’accusa di corruzione ha incoraggiato la frammentazione politica e ha prodotto una serie di governi instabili.

Ma mentre in superficie la politica israeliana può sembrare afflitta da instabilità, c’è un notevole consenso politico su questioni chiave in materia di sicurezza, politica economica ed estera. Invece una reale divisione ha regnato nella comunità palestinese in Israele.

In effetti prima del voto l’umore tra noi, palestinesi con cittadinanza israeliana, è piuttosto pessimista. Secondo un recente sondaggio non più del 39% dei palestinesi che hanno diritto di voto in Israele si presenterà alle urne. Ciò potrebbe avere un grave effetto sui risultati, portando potenzialmente i voti dei partiti palestinesi al di sotto della soglia necessaria per entrare alla Knesset.

Allora perché noi palestinesi siamo così riluttanti ad andare alle urne in Israele? Molto ha a che fare con le strategie dei nostri partiti che non sono riuscite a produrre alcun cambiamento significativo nella situazione precaria in cui ci troviamo.

Un cambio di direzione

I palestinesi con cittadinanza israeliana hanno avuto il diritto di votare alle elezioni israeliane sin dalla fondazione dello Stato nel 1948.

I partiti palestinesi, anche quando si sono frammentati, sono rimasti ideologicamente vicini l’uno all’altro e fedeli al loro ruolo di portavoce della comunità palestinese, per richiamare l’attenzione sulle ingiustizie che ha dovuto affrontare e opporsi ai governi israeliani di qualsiasi orientamento politico e alle loro politiche sioniste.

È stato così fino al 2015, quando è stata formata da una coalizione di partiti palestinesi la Joint List [Lista Unita]. Ayman Odeh, il leader della nuova formazione, immaginava che la presenza palestinese alla Knesset avrebbe potuto giocare un ruolo nella costruzione di una grande base liberaldemocratica in Israele. Quell’anno ha vinto 13 seggi alla Knesset ed è riuscita a mobilitare circa il 63% degli elettori palestinesi aventi diritto, 10 punti percentuali in più rispetto alle elezioni precedenti.

Nelle elezioni del settembre 2019, la Joint List ha vinto nuovamente 13 seggi, diventando la terza forza dell’organo legislativo. Il successo dell’alleanza è arrivato mentre Netanyahu ha condotto una campagna tossica e anti-palestinese, sperando di mantenere il potere.

Odeh si sentiva fiducioso dopo questi risultati e ha deciso di schierarsi contro Netanyahu e con il suo avversario, l’ex capo di stato maggiore Benny Gantz. Di conseguenza, dopo le elezioni ha annunciato che la Joint List avrebbe sostenuto Gantz per la carica di primo ministro – [sarebbe stata] la prima volta che un partito palestinese avrebbe fatto parte della maggioranza di un premier sionista.

Gantz non solo non è riuscito a formare un governo, ma ha respinto con arroganza il sostegno della Joint List. Dopo le elezioni del marzo 2020, in cui la Joint List ha ottenuto 15 seggi, la Knesset è stata nuovamente bloccata e ancora una volta la coalizione dei partiti palestinesi ha appoggiato l’ex capo di stato maggiore contro Netanyahu. Questa volta il “tradimento” di Gantz è stato ancora più eclatante: ha deciso di formare un governo di unità nazionale con il suo avversario [cioè Netanyahu, ndt.].

Un anno dopo, Mansour Abbas, capo del partito Ra’am, ha deciso di fare un passo avanti nella strategia di Odeh. Il suo partito è uscito dalla coalizione Joint List prima delle elezioni del marzo 2021 e ha iniziato a dialogare ancora di più con i partiti israeliani.

Non voglio far parte di nessun blocco, di destra o di sinistra. Rappresento qui un altro blocco che mi ha eletto per servire il mio popolo e mi ha incaricato di presentare le richieste dell’opinione pubblica araba”, ha detto dopo le elezioni in cui il suo partito ha ottenuto quattro seggi.

L’argomento avanzato da Abbas era che i palestinesi devono uscire dal loro autoisolamento politico ed essere più coinvolti nella formazione del governo israeliano, indipendentemente dalla sua ideologia. Ciò avrebbe consentito loro una maggiore influenza politica e l’opportunità di difendere i propri interessi a livello di governo.

Tuttavia nella sua collaborazione con i partiti politici israeliani Abbas ha rilasciato una serie di dichiarazioni problematiche. Ha affermato che “Israele è uno Stato ebraico e tale rimarrà” e ha rifiutato di descrivere i coloni israeliani come “violenti”. Inoltre ha sostenuto di non accettare di chiamare Israele uno “Stato di apartheid”.

Strategia fallita

Il cambio di strategia è stato disastroso per la Joint List. Ha profondamente deluso molti elettori palestinesi che hanno toccato con mano che i partiti palestinesi non dovrebbero sostenere un primo ministro sionista, tanto meno uno accusato di crimini di guerra contro i palestinesi. Ciò si è riflesso nelle elezioni israeliane del 2021, quando [la Joint List] ha ottenuto solo sei seggi.

In apparenza la strategia di Abbas poteva sembrare aver più successo, ma in realtà non è stato così. La frammentazione della Knesset e la sua volontà di impegnarsi con i partiti israeliani lo [Abbas] hanno reso l’ago della bilancia nel complicato processo di formazione del governo nel 2021. Ha raggiunto un accordo con la coalizione israeliana, che ha formato il governo, per garantire maggiori finanziamenti per le comunità palestinesi in Israele, una sospensione delle demolizione delle case palestinesi e il riconoscimento delle città beduine palestinesi.

Tre villaggi sono stati effettivamente “legalizzati”, ma ciò è avvenuto in cambio dell’accordo di Abbas e del suo partito alla creazione di nuovi insediamenti israeliani nel deserto del Naqab [Negev in ebraico, ndt]. Le case palestinesi continuano a essere demolite dagli israeliani e non si è visto nessun cambiamento significativo nei settori dell’istruzione, della salute, delle infrastrutture e altro nelle comunità palestinesi

Secondo molti palestinesi Abbas ha rinunciato a troppo per troppo poco. In cambio di un miglioramento temporaneo invece che di soluzioni strutturali ai grandi problemi che la comunità deve affrontare, ha rinnegato le posizioni palestinesi di lunga data contro l’occupazione israeliana e l’apartheid.

Le sue posizioni controverse hanno anche minato la posizione palestinese nella politica israeliana, legando la legittimità delle richieste dei palestinesi alla loro accettazione del sionismo piuttosto che ai loro diritti come comunità che vive su questa terra da secoli.

Sia le strategie di Abbas che quelle di Odeh sono state criticate, anche da ex colleghi della loro coalizione. Sami Abou Shehadeh, dell’Assemblea Nazionale Democratica (Al-Tajammu’), ha suggerito che i partiti palestinesi dovrebbero tornare alla loro posizione di opposizione.

Ma quella strategia è stata inefficace anche perché funziona all’interno dei limiti dello spazio politico israeliano, che è appunto quello dell’apartheid. Per più di sette decenni votare e avere membri palestinesi alla Knesset non ha fermato l’espropriazione israeliana dei palestinesi, la violenza contro i palestinesi o l’approvazione di leggi anti-palestinesi.

Le comunità palestinesi in Israele sono estremamente povere, prive di risorse, sottosviluppate e trascurate. Le infrastrutture si stanno sgretolando, i tassi di criminalità sono alti, la disoccupazione è schiacciante e la povertà è molto diffusa.

Noi palestinesi sappiamo che non c’è speranza di cambiamento con ciò che i nostri politici offrono in questo momento. Mentre si avvicina il voto del primo novembre, io, come molti palestinesi, mi chiedo: perché votare e agire come se avessimo diritti o pari cittadinanza?

Sarò uno dei tanti palestinesi che non voteranno. La mia speranza è che la bassa affluenza alle urne sia un campanello d’allarme per la classe politica palestinese e inneschi un importante dibattito aperto all’interno della comunità sulla strada da seguire.

Se per noi negli ultimi 70 anni nulla è cambiato e la situazione sta solo peggiorando, è evidente che abbiamo bisogno di una revisione radicale della politica palestinese in Israele.

Le opinioni espresse in questo articolo sono proprie dell’autore e non riflettono necessariamente la linea editoriale di Al Jazeera.

(traduzione dall’inglese di Giuseppe Ponsetti)




Come nelle carceri israeliane i prigionieri palestinesi sono vittime di incuria

Lubna Abdelwahab Abuhashem

29 0ttobre 2022 We are not Numbers

Souad al-Amour, 65 anni, ha atteso a lungo il rilascio del figlio, Sami al-Amour, detenuto dal 2008. Le sue speranze, tuttavia, sono state distrutte perché Sami è morto in una prigione israeliana.

Il 39enne detenuto palestinese, condannato a 19 anni, è morto nel 2021 per un disturbo cardiaco. L’Israel Prison Service (IPS) [il servizio carcerario israeliano, sotto la giurisdizione del Ministero della Pubblica Sicurezza, è responsabile della supervisione delle carceri in Israele, ndt.] ha affermato che Sami aveva una malattia cardiologiaca congenita. “Nel corso dei 25 anni in cui ha vissuto con me Sami non è mai andato in ospedale per disturbi cardiaci”, racconta Souad. Ogni giorno si arrampicava e scendeva dalla erta collina a forma di cono vicina alla nostra casa”.

Souaad sapeva solo che in prigione suo figlio soffriva di problemi di stomaco e ipertensione. Nessuno sa come sto vivendo adesso. Non posso credere che sia morto. Non me lo sarei mai aspettato; non sapevo che negli ultimi tre mesi la sua salute si fosse deteriorata”, dice Souad.

Hussain al-Zuraei, un ex detenuto che si è trovato per un po’ insieme a Sami nella stessa prigione, ha detto a The Palestine Chronicle: Negli ultimi giorni Sami pesava 37 chilogrammi pur non conducendo nessuno sciopero della fame. Era strano. Abbiamo lottato con l’IPS affinché ricevesse le cure necessarie”.

Il giorno prima della sua morte l’IPS ha trasferito Sami all’ospedale con il Bosta, il veicolo carcerario israeliano con sedili di metallo, dove i detenuti palestinesi restano ammanettati per tutto il tragitto. E’ stato costretto a trasportare da sé la sua borsa con i vestiti.

Sami e gli altri detenuti sul Bosta hanno dovuto aspettare ore davanti all’ingresso per motivi di sicurezza. I detenuti hanno detto a Hussain che durante l’attesa le condizioni di Sami sono peggiorate, per cui hanno picchiato rumorosamente contro il metallo per far venire un’infermiera o chiunque altro. Nessuno ha risposto.

Hassan Kenita, a capo del dipartimento per gli affari dei detenuti e degli ex detenuti dei governatorati meridionali, ha detto a The Palestine Chronicle: Sami è un vivido esempio di una politica di incuria sanitaria. Logicamente, si dovrebbero seguire le procedure più immediate per portare un paziente in ospedale. Se avessero avuto davvero l’intenzione di salvarlo, le cose sarebbero andate diversamente. Invece lo hanno trasferito col Bosta, che non è attrezzato per i pazienti”.

Souad non ha ancora ottenuto il corpo di suo figlio poiché l’IPS rifiuta la richiesta di rilascio di un cadavere fino a quando non ha scontato tutti gli anni della pena.

Aspetto il suo corpo. Voglio vederlo. Piango fino all’ultima lacrima ogni giorno, si lamenta sua madre. Cosa accadrebbe se lo rilasciassero dal momento che è morto? Prendetevi cura degli altri detenuti. Mio figlio è morto. Eppure sono tanti i detenuti ancora nelle carceri”.

Ancora viva solo per aspettare

In lacrime, una madre palestinese ricorda come continui a contare insonne i giorni e le ore nell’attesa del prossimo incontro con suo figlio. Ogni due mesi compie un lungo ed estenuante viaggio di nove ore per fargli visita per 45 minuti.

La madre del detenuto israeliano chiede a Palestine Chronicle di non menzionare il suo nome poiché l’IPS le impedirebbe di far visita a suo figlio, condannato all’ergastolo, e per la preoccupazione che la pubblicazione delle sue sofferenze all’interno del carcere possa dar luogo a delle rappresaglie nei suoi confronti.

Nella mia ultima visita, il 23 agosto 2022, sembrava così stanco e mi ha detto che era rientrato dalla clinica tre giorni prima. C’era stato per essere sottoposto a ventilazione polmonare in seguito ad un attacco d’asma”, dice la madre del detenuto. Nel sentire questo non ho potuto fare a meno di scoppiare in lacrime. Non sono vicino a lui. Nessuno dei suoi fratelli è con lui”, afferma con dolore.

Suo figlio, in prigione dall’età di vent’anni, prima della detenzione non soffriva di alcuna malattia. Tuttavia ora, dopo aver scontato 21 anni di pena, soffre di ulcera allo stomaco, attacchi d’asma, anemia ed emorroidi. Ha subito quattro operazioni per le emorroidi ma tutte senza successo; non riesce ancora a sedersi correttamente.

“Ad ogni visita, gli dico: ‘Voglio rompere questo vetro che ci separa.’ Voglio solo allungare la mano verso mio figlio e toccarlo. È mio figlio e non posso toccarlo”, dice.

La madre è consapevole di non avere informazioni complete sulla vita in prigione di suo figlio. Mio figlio non mi dice tutto per evitare che io non mi abbatta”.

Tuttavia, Peraltro Alaa AbuJazer, un ex detenuto e rappresentante dei detenuti per il periodo 2006-2021, ha affermato che secondo le statistiche del 2019 il 90% dei detenuti nelle prigioni israeliane soffre di diversi tipi di problemi allo stomaco. La carne di pollo che mangiano i carcerati è disgustosa e non nutriente. Non ha nulla a che vedere col pollo”, dice Alaa.

Alaa spiega perché molti detenuti soffrono di anemia ed emorroidi: Una volta al mese ogni detenuto può acquistare tre chilogrammi di frutta e verdura. Quindi, ognuno compra circa due chili di verdure come cipolle e patate e un chilo di frutta. E a ciascuno di noi vengono consegnati a proprie spese 180 grammi di un qualche tipo di frutta al giorno. Per sentirci sazi facciamo affidamento principalmente su riso e pane”.

Tanti hanno le emorroidi poiché nel periodo dell’istruttoria i detenuti dormono per terra, che è umida. Con il pretesto di “motivi di sicurezza” le finestre delle stanze della prigione sono troppo piccole quindi il vapore proveniente dalla cucina e dalle docce calde le riempie. Non c’è ventilazione, così tanti detenuti hanno attacchi d’asma.

Mohammed Abuhashem, ricercatore legale presso il Centro palestinese per i diritti umani, ha chiarito: La Quarta Convenzione di Ginevra, nei suoi articoli (89-92), impone allo Stato detentore l’obbligo di garantire il diritto alla salute dei carcerati fornendo loro la necessaria assistenza medica, nonché condizioni sanitarie adeguate, tra cui un’alimentazione corretta ed equilibrata, misure di prevenzione sanitaria e strutture di detenzione adeguate. Tali diritti non possono essere alienati in nessun caso, nemmeno col pretesto di ragioni di sicurezza”.

Alcuni detenuti contraggono l’influenza molte volte senza essere curati. Quando diciamo loro che qualcuno ha l’influenza, dicono che deve prendere un antidolorifico e bevande calde. L’infiammazione in sede polmonare non trattata si aggrava e si trasforma in un attacco d’asma”, rivela Alaa.

La madre racconta che in una delle visite suo figlio le ha detto che se verrà rilasciato vuole che lei gli prepari delle verdure ripiene, una torta di spinaci e somaqia, un piatto palestinese. Continuo a pregare Allah di lasciarmi vivere fino a quando non verrà rilasciato per potergli preparare tutto il cibo che gli manca, dice la madre.

Kenita dice: Nel 1987 Ibrahim Alyan, un ex detenuto, ha sofferto di disturbi cardiaci e ha subito un intervento chirurgico a cuore aperto che ha avuto successo. È ancora vivo ed è molto attivo. Oggi, sotto i nuovi governi israeliani che impongono nuove politiche, se un detenuto ha l’ipertensione o il diabete, ci si aspetta il peggio: la morte. Nonostante Israele sia ora sicuramente più evoluto in campo medico che in passato”.

Abuhashem aggiunge: Le testimonianze secondo cui i detenuti subiscono le conseguenze di una sistematica e intenzionale incuria medica costituiscono forti indizi sulla possibile configurazione di crimini di guerra e potrebbero equivalere a un genocidio contro i detenuti palestinesi; tuttavia devono essere raccolte delle prove che dimostrino tali crimini. L’IPS deve aprire le carceri ad ispezioni e indagini internazionali in modo che il mondo intero possa sapere cosa sta succedendo contro i detenuti palestinesi all’interno delle carceri israeliane”.

Questo articolo è co-pubblicato insieme con Palestine Chronicle.

(tradotto dall’inglese da Aldo Lotta)