La censura militare israeliana blocca il più alto numero di articoli in oltre un decennio

La troupe girnalistica turca bloccata a un checkpoint . Foto: Nati Shohat/Flash90
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Haggai Matar

20 maggio 2024 – +972 Magazine

Il brusco aumento della censura nei media nel 2023 si verifica mentre il governo israeliano pregiudica ulteriormente la libertà di stampa, soprattutto durante la guerra a Gaza.

Nel 2023 la censura militare israeliana ha bloccato la pubblicazione di 613 articoli di organi di informazione in Israele, segnando un nuovo record a partire da quando +972 Magazine ha iniziato a raccogliere dati nel 2011. La censura ha anche eliminato parte di ulteriori 2.703 articoli, la cifra più alta dal 2014. Complessivamente l’esercito ha impedito la pubblicazione di informazioni in media 9 volte al giorno.

Questi dati sulla censura sono stati forniti dal censore militare in risposta ad una richiesta sulla libertà di informazione avanzata da +972 Magazine e dal Movimento per la Libertà di Informazione in Israele.

La legge israeliana impone a tutti i giornalisti che lavorano in Israele o per una pubblicazione israeliana di sottoporre ogni articolo che abbia a che fare con “questioni di sicurezza” alla censura militare per il controllo preventivo alla pubblicazione, come previsto dai “regolamenti di emergenza” promulgati dopo la creazione di Israele e tuttora in vigore. Questi regolamenti consentono alla censura di eliminare totalmente o parzialmente gli articoli ad essa sottoposti, come anche quelli già pubblicati senza il suo controllo. In nessun’altra “democrazia occidentale” che si definisca tale esiste una simile istituzione.

Per evitare interferenze arbitrarie o politiche l’Alta Corte nel 1989 ha stabilito che la censura può intervenire solo quando vi sia “una quasi certezza che possa derivare un reale danno alla sicurezza dello Stato” dalla pubblicazione di un articolo. Tuttavia la definizione da parte della censura di “questioni di sicurezza” è molto ampia, dettagliata in 6 pagine fitte di sottotemi relativi all’esercito, alle agenzie di intelligence, al commercio di armi, ai detenuti amministrativi, ad aspetti degli affari esteri di Israele, ed altro ancora. Come riferito da The Intercept (agenzia no profit americana di informazioni online, ndtr.), all’inizio della guerra la censura ha distribuito linee guida più specifiche riguardo a quali tipi di nuovi argomenti debbano essere sottoposti al controllo prima della pubblicazione.

Cosa sottomettere alla censura è una scelta del direttore di una pubblicazione e gli organi di informazione non possono rivelare l’interferenza della censura – per esempio segnalando dove un articolo è stato censurato – cosa che lascia nell’ombra la maggior parte della sua attività. La censura ha l’autorità di incriminare i giornalisti e di multare, sospendere, chiudere o addirittura sporgere denunce penali contro organi di informazione. Tuttavia non vi sono casi conosciuti di tale attività negli ultimi anni e la nostra richiesta al censore di specificare le denunce presentate lo scorso anno non ha ricevuto risposta.

Per ulteriori informazioni sulla censura militare israeliana e sulla posizione di +972 Magazine nei suoi confronti si può leggere la lettera che abbiamo indirizzato ai nostri lettori nel 2016.

L’informazione relativa alla censura è di particolare importanza, soprattutto in periodi di emergenza”, ha detto a +972 l’avvocato Or Sadan del Movimento per la Libertà di Informazione. “Durante la guerra abbiamo osservato l’ampio divario tra gli organi di informazione israeliani e internazionali, come anche tra i media tradizionali e i social media. Benché sia ovvio che vi siano informazioni che non possono essere rivelate al pubblico in periodi di emergenza, è opportuno per il pubblico essere a conoscenza dell’ampiezza delle informazioni tenute nascoste.

La rilevanza di tale censura è chiara: c’è una gran quantità di informazioni che i giornalisti hanno ritenuto adatte alla pubblicazione, riconoscendo la loro importanza per il pubblico, che la censura ha scelto di non autorizzare”, continua Sadan. “Speriamo e crediamo che la rivelazione di questi numeri, anno dopo anno, creeranno qualche disincentivo all’uso incontrollato di questo strumento.”

Una tendenza in tempo di guerra

Anche se il censore ha respinto la nostra richiesta di fornire un’analisi delle cifre della censura per mese, per organo di informazione e per ambiti di interferenza, è chiaro che la ragione del picco dell’ultimo anno è l’attacco di Hamas del 7 ottobre e il conseguente bombardamento israeliano di Gaza. L’unico anno in cui vi è stato un analogo livello di censura è il 2014, quando Israele scatenò quello che allora fu il più vasto attacco alla Striscia: in quell’anno la censura intervenne in un numero maggiore di articoli (3.122), ma ne eliminò leggermente meno (597) rispetto al 2023.

L’anno scorso i rappresentanti della censura hanno anche effettuato visite di persona negli studi televisivi di notizie, come è accaduto precedentemente in periodi in cui il governo ha dichiarato lo stato di emergenza e continuava a monitorare le reti di informazione e social per violazioni della censura. Il censore ha rifiutato di dettagliare l’ampiezza del proprio coinvolgimento nelle produzioni televisive e il numero degli interventi retroattivi effettuati riguardo ad articoli pubblicati in precedenza.

Sappiamo comunque, grazie alle informazioni rivelate da The Seventh Eye (l’unica rivista israeliana indipendente che monitorizza la libertà di informazione, ndtr.), che nonostante l’attiva accondiscendenza dei media israeliani – il numero delle presentazioni alla censura è quasi raddoppiato l’anno scorso fino a 10.527 – il censore ha identificato ulteriori 3.415 articoli contenenti informazioni che avrebbero dovuto essere sottoposte a controllo e 414 che sono stati pubblicati in violazione delle sue disposizioni.

Anche prima della guerra il governo israeliano aveva sviluppato una serie di misure per indebolire l’indipendenza dei media. Questo ha portato Israele ad una discesa di 11 posti nell’annuale Indice Mondiale della Libertà di Stampa per il 2023, seguita da un’ulteriore discesa di quattro posti nel 2024 (adesso si trova al posto 101 su 180).

Da ottobre la libertà di stampa in Israele è peggiorata ulteriormente e il censore si è trovato nel mirino di battaglie politiche. Secondo i rapporti dell’emittente pubblica di Israele, Kan, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha spinto per una nuova legge che obbligherebbe il censore a bloccare in maniera più estesa le notizie ed ha anche suggerito che i giornalisti che pubblicano rapporti sul gabinetto di sicurezza senza l’approvazione della censura dovrebbero essere arrestati. Il capo della censura militare, general maggiore Kobi Mandelblit, ha anche sostenuto che Netanyahu gli aveva fatto pressione perché ampliasse la censura sui media, persino in casi che non avevano alcuna giustificazione in termini di sicurezza.

In altri casi le misure restrittive del governo israeliano sui media hanno interamente bypassato la censura e le sue attività. A novembre il ministro delle comunicazioni Shlomo Karhi ha escluso Al-Mayadeen dalla diffusione sulla TV israeliana e in aprile la Knesset ha approvato una legge per vietare le attività di media stranieri su raccomandazione delle agenzie per la sicurezza. Il governo ha applicato la legge all’inizio di questo mese quando il gabinetto ha votato all’unanimità per chiudere Al Jazeera in Israele e la chiusura sembra che sarà estesa anche alla Cisgiordania. Lo Stato sostiene che il canale qatariota metta in pericolo la sicurezza dello Stato e collabori con Hamas, cosa che il canale nega.

La decisione non danneggerà l’operatività di Al Jazeera al di fuori di Israele, né impedirà interviste con israeliani via Zoom (rivelazione: a volte chi scrive rilascia interviste a Al Jazeera via Zoom) e gli israeliani possono ancora accedere al canale tramite reti private virtuali e antenne satellitari. Ma i giornalisti di Al Jazeera non potranno più inviare corrispondenze dall’interno di Israele, cosa che ridurrà la possibilità del canale di dare rilievo a voci israeliane nei suoi reportage.

L’Associazione per i Diritti Civili in Israele e Al Jazeera hanno presentato una petizione all’Alta Corte contro la decisione e anche l’Unione dei Giornalisti ha rilasciato una dichiarazione contro la decisione del governo (rivelazione: chi scrive è membro del consiglio di amministrazione dell’Unione).

Nonostante questi attacchi ai media, le minacce più gravi poste dal governo e dall’esercito israeliano, in particolare durante la guerra, sono quelle ai giornalisti palestinesi. I dati sul numero di giornalisti palestinesi a Gaza uccisi dagli attacchi israeliani dal 7 ottobre vanno da 100 (secondo il Comitato per la Protezione dei Giornalisti) a oltre 130 (secondo il Sindacato dei Giornalisti Palestinesi). Quattro giornalisti israeliani sono stati uccisi negli attacchi del 7 ottobre.

L’aumentata interferenza del governo nei media israeliani non assolve la stampa ufficiale dalla mancanza di informazione sulla campagna dell’esercito di distruzione di Gaza. La censura militare non impedisce alle pubblicazioni israeliane di descrivere le conseguenze della guerra per i civili palestinesi a Gaza o di presentare il lavoro dei giornalisti palestinesi all’interno della Striscia. La scelta di negare al pubblico israeliano le immagini, le voci e le storie di centinaia di migliaia di famiglie in lutto, orfani, feriti, senza casa e persone affamate è una scelta che i giornalisti israeliani fanno in prima persona.

In collaborazione con Local Call

Haggai Matar è un giornalista israeliano vincitore di premi e un attivista politico ed è direttore esecutivo di +972Magazine.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)