Incolpare la lobby israeliana per le politiche del Medio Oriente occidentale è fuorviante

Joseph Massad

16 luglio 2024 – Middle East Eye

Sostenere che la lobby israeliana controlli la politica statunitense in Medio Oriente equivale ad assolvere gli Stati Uniti dalla responsabilità delle loro politiche imperialiste nel mondo arabo.

Nelle ultime settimane la lobby israeliana è stata sempre più presente sul piano mediatico nel contesto delle stagioni elettorali in corso nel Regno Unito, in Francia e negli Stati Uniti.

Proliferano articoli sugli ingenti fondi che la lobby israeliana del Regno Unito ha donato ai candidati alle recenti elezioni, sull’interferenza ministeriale israeliana nelle recenti elezioni francesi o sulla sconfitta del rappresentante [democratico, ndt.] del Congresso degli Stati Uniti Jamaal Bowman a causa del sostegno del suo avversario da parte dell’American Israel Public Affairs Committee (Aipac), la più influente lobby filo-israeliana negli Stati Uniti.

Ciò si aggiunge alla copertura mediatica del ruolo che la lobby ha svolto dal 7 ottobre nel mettere a tacere le critiche a Israele e al suo genocidio a Gaza.

Come ho sostenuto in precedenti occasioni, spesso un’intensa fibrillazione affligge molti sostenitori filo-palestinesi negli Stati Uniti e nel mondo arabo quando le macchinazioni della lobby israeliana vengono denunciate dalla stampa occidentale.

Questa si basa sulla loro percezione che, una volta consapevole del potere eccessivo di questa lobby, l’opinione pubblica statunitense e occidentale correggerà le aberrazioni della politica estera statunitense nei confronti dei palestinesi e del Medio Oriente causate, secondo loro, dallinterferenza della lobby.

Il presupposto comune tra questi americani e arabi filo-occidentali che sostengono i palestinesi è che senza la lobby israeliana il governo degli Stati Uniti e le altre potenze occidentali diventerebbero più amichevoli o, per lo meno, molto meno ostili nei confronti di arabi e palestinesi.

Il fascino di questa argomentazione si fonda sull’intrinseca assoluzione del governo americano da ogni responsabilità e senso di colpa che merita per le sue politiche nel mondo arabo.

[Tale teoria] cerca di spostare la colpa delle politiche statunitensi dagli Stati Uniti su Israele e sulla sua lobby americana e dà false speranze a molti arabi e palestinesi che desiderano che lAmerica sia dalla loro parte invece che dalla parte dei loro nemici.

Studi critici

Per almeno mezzo secolo il formidabile potere delle lobby nel decidere le elezioni nei paesi occidentali e la loro influenza sulle università, sulla stampa e sulle istituzioni culturali ed educative sono stati oggetto di numerosi libri e articoli.

Forse la prima argomentazione di questo tipo, anche se esprimeva lievi critiche nei confronti delle forze filo-israeliane negli Stati Uniti, fu un articolo che George Ball, sottosegretario di Stato nelle amministrazioni Johnson e Kennedy, pubblicò su Foreign Affairs nel 1977.

Ball e suo figlio pubblicarono successivamente in forma di libro uno studio completo sull’argomento.

Tra gli altri libri pubblicati nel decennio successivo, They Dare to Speak Out: People and Institutions Confront Israel’s Lobby [Hanno il coraggio di parlare: persone e istituzioni si confrontano con la lobby israeliana, ndt] di Paul Findley del 1985. Findley era un ex deputato repubblicano degli Stati Uniti la cui campagna di rielezione fu impedita dalla lobby israeliana nel 1982 dopo che egli era rimasto in carica per 11 mandati alla Camera dei Rappresentanti.

Un ex presidente dell’Aipac descrisse Findley come “un pericoloso nemico di Israele”, cosa che ha portato alla sua fine politica.

Un altro libro sullo stesso tema, The Lobby: Jewish Political Power and American Foreign Policy [Potere politico ebraico e politica estera americana, ndt.], dellex giornalista del Time Magazine Edward Tivnan, fu pubblicato nel 1987.

Tuttavia, è stato solo quando nel 2006 gli eminenti politologi John Mearsheimer e Stephen Walt pubblicarono un articolo sulla lobby israeliana e la politica estera degli Stati Uniti, che hanno poi ampliato e pubblicato come libro nel 2008, che il suo ruolo nel plasmare la politica è diventato un argomento fondamentale di discussione nel mainstream statunitense, anche se solo per diffamare i suoi autori e difendere la lobby dalle loro convincenti argomentazioni.

Oltre alle valutazioni oggettive del ruolo della lobby israeliana, esiste una raccolta eterogenea di teorie cospirative antisemite e suprematiste bianche sulla presunta influenza degli “ebrei” nei Paesi occidentali e sul loro presunto controllo sul governo degli Stati Uniti.

Tuttavia i commentatori favorevoli alla lobby israeliana se ne servono come una clava da abbattere su coloro che avanzano critiche valide, che non hanno nulla a che fare con lantisemitismo – un trattamento riservato, tra gli altri, a Mearsheimer e Walt.

Discussioni sensate e ragionevoli sulla lobby israeliana spaziano tra coloro che sostengono che senza la formidabile influenza della lobby la politica statunitense nei confronti del Medio Oriente sarebbe meno ostile nei confronti dei palestinesi e coloro che credono che linfluenza della lobby non si estenda oltre un sostegno in grado di favorire il percorso dell’attuale politica statunitense verso una direzione già decisa.

La mia visione è sempre stata più vicina a questultima.

Un “nemico implacabile”

Sostenere che la lobby israeliana controlli la politica statunitense in Medio Oriente equivale ad assolvere gli Stati Uniti dalla responsabilità di tutte le loro politiche imperialiste nel mondo arabo e nel Medio Oriente in generale a partire dalla Seconda Guerra Mondiale.

Invece tale ipotesi afferma che Israele e la sua lobby avrebbero spinto gli Stati Uniti ad attuare politiche contrarie ai propri interessi nazionali e che portano benefici solo ad Israele.

Inoltre sottolinea che il fatto che il blocco degli Stati Uniti a tutto il sostegno internazionale e delle Nazioni Unite verso diritti dei palestinesi mentre armano e finanziano Israele nella sua guerra contro una popolazione civile e lo proteggono dalla collera della comunità globale, non dovrebbe essere imputato agli Stati Uniti e ai suoi alleati occidentali ma a Israele e alla sua lobby.

Ciò che questa linea di pensiero nasconde è il fatto che il governo degli Stati Uniti non ha mai sostenuto la liberazione nazionale nel Terzo Mondo.

Il primato degli Stati Uniti è quello di essere il nemico implacabile di tutti i gruppi di liberazione nazionale, compresi quelli europei, dalla Grecia allAmerica Latina, allAfrica e allAsia.

Il suo sostegno a gruppi come i mujaheddin afgani nella loro guerra contro il governo rivoluzionario afghano e lUnione Sovietica; Unita e Renamo, i principali alleati terroristici del Sudafrica dell’apartheid in Angola e Mozambico contro i rispettivi governi nazionali rivoluzionari anticoloniali; e i Contras contro il governo rivoluzionario sandinista in Nicaragua, sono tutti casi in cui gli Stati Uniti hanno sostenuto gruppi controrivoluzionari intenti a distruggere i governi rivoluzionari di liberazione nazionale.

Quindi il motivo per cui gli Stati Uniti se non fosse per la lobby israeliana sosterrebbero la liberazione nazionale palestinese è qualcosa che questa teoria non riesce a spiegare.

Quando ho avanzato queste argomentazioni per la prima volta ventanni fa nel corso di una conversazione, un accademico cristiano americano bianco filo-palestinese ha obiettato insistendo sul fatto che gli Stati Uniti hanno sostenuto il presidente egiziano Gamal Abdel Nasser contro linvasione tripartita dellEgitto del 1956 da parte di Francia, Gran Bretagna e Israele.

Ma il sostegno degli Stati Uniti in questo sporadico caso, come gli ho ribattuto, era rivolto a tarpare le ali di Francia e Gran Bretagna. Questi ex imperi pensavano di poter ancora agire secondo uno stile imperiale dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando furono gli Stati Uniti a salvarli dallaggressione nazista.

Gli Stati Uniti si opposero inoltre alla decisione di Israele di coordinare la sua aggressione all’Egitto con questi ex imperi piuttosto che con il proprio governo.

Israele si rese presto conto che avrebbe potuto invece perseguire analoghe aggressioni contro i suoi vicini in coordinamento con gli Stati Uniti. Come previsto, gli Stati Uniti non si opposero affatto a nessuna delle successive invasioni israeliane (1967, 1978, 1981, 1982, 1985, ecc.) dei vicini Paesi arabi.

Interessi imperiali americani

Un argomento correlato secondo cui l’influenza della lobby israeliana sul governo degli Stati Uniti sarebbe ciò che ha portato all’invasione americana dell’Iraq è altrettanto poco convincente.

Questo non vuol dire che la lobby non abbia sostenuto attivamente lo sforzo bellico guidato dagli Stati Uniti (lo ha certamente fatto). Tuttavia stava semplicemente sollecitando una guerra già voluta e pianificata sulla base di interessi imperiali politici ed economici americani di importanza di gran lunga superiore.

Linvasione dellIraq segue una politica coerente degli Stati Uniti sin dalla Seconda Guerra Mondiale volta a rovesciare tutti i regimi del Terzo Mondo che insistono nel controllare le loro risorse nazionali, siano esse terra, petrolio o altri minerali preziosi.

Ciò si estende dallIran nel 1953 al Guatemala nel 1954, al resto dellAmerica Latina, fino agli attuali Venezuela e Iran.

Negli ultimi sessantanni in Africa così come nei Paesi asiatici è andata molto peggio.

Il rovesciamento di regimi tra cui quello di Jacobo Arbenz in Guatemala, di Joao Goulart in Brasile, di Mohammed Mossadegh in Iran, di Patrice Lumumba in Congo e di Salvador Allende in Cile, e i tentativi di rovesciare Hugo Chavez e Nicolas Maduro, sono esempi importanti, così come lo sono il rovesciamento di regimi nazionalisti come quello di Ahmad Sukarno in Indonesia e di Kwame Nkrumah in Ghana.

Il terrore scatenato contro le popolazioni che sfidavano i regimi imposti dagli Stati Uniti, da El Salvador e Nicaragua al Congo, e più tardi in Zaire, Cile Indonesia, ha provocato luccisione di centinaia di migliaia, se non milioni, in seguito alla repressione della polizia e dei militari addestrati a questi compiti importanti da parte degli Stati Uniti.

A ciò si aggiungono le invasioni dirette degli Stati Uniti dei Paesi del sud-est asiatico e dellAmerica centrale che nell’arco di decenni hanno ucciso milioni di persone.

Dato che la lobby israeliana non ha avuto alcun ruolo in tutte queste altre invasioni o interventi, perché allora gli Stati Uniti non avrebbero invaso lIraq (o lAfghanistan) o non avrebbero smesso di minacciare lIran autonomamente? Queste sono questioni politiche che i sostenitori della presunta presa mortale della lobby israeliana sul governo degli Stati Uniti non saranno mai in grado di spiegare.

Una simile linea di argomentazione sarebbe stata più convincente se la lobby israeliana avesse costretto il governo degli Stati Uniti a perseguire politiche in Medio Oriente incoerenti con le sue politiche globali altrove.

Ma la situazione è ben diversa.

Agende sovrapposte

Sebbene le politiche statunitensi in Medio Oriente possano spesso assumere un carattere più spietato rispetto alle loro politiche repressive e antidemocratiche in altre parti del mondo non mostrano delle incongruenze.

Si potrebbe facilmente sostenere che la forza della lobby israeliana è ciò che in realtà spiega questo carattere più spietato, ma anche questa affermazione non è del tutto convincente.

Ho spesso sostenuto che è proprio la centralità di Israele nella strategia statunitense in Medio Oriente a spiegare, in parte, la forza della lobby israeliana e non il contrario.

In effetti, alcuni citano come prova dello straordinario potere della lobby il ruolo dei membri filo-israeliani, e soprattutto pro-Likud, dellamministrazione Bush (o anche dellamministrazione Clinton), per non parlare di quelli di Obama, Trump o Biden, insieme ai miliardari americani filo-israeliani.

Tuttavia si potrebbe sostenere che sono stati questi politici e miliardari statunitensi che, a partire dagli anni 90, hanno spinto il Likud e altri partiti politici israeliani ad abbracciare unagenda più aggressiva. Istigazione che oggi persiste nel contesto della guerra genocida di Israele contro i palestinesi di Gaza.

Ciò non vuol dire che i leader della lobby israeliana non si vantino regolarmente della loro influenza cruciale sulla politica statunitense al Congresso e alla Casa Bianca.

Recentemente hanno celebrato il loro successo nello sconfiggere Bowman e si sono regolarmente vantati del loro ruolo dalla fine degli anni ’70.

Ma la lobby è potente negli Stati Uniti perché le sue principali rivendicazioni riguardano la promozione degli interessi statunitensi e il suo sostegno a Israele è contestualizzato nel sostegno al militarismo americano e alla sua strategia complessiva in Medio Oriente.

La lobby israeliana svolge oggi lo stesso ruolo che negli anni ’50 svolgeva nel caso della Cina a sostegno di Taiwan contro la Repubblica popolare cinese e che, riguardo Cuba, svolge ancora contro il governo rivoluzionario cubano e a sostegno degli esuli cubani controrivoluzionari.

Il fatto che la lobby israeliana sia più influente di qualsiasi altra lobby nella politica estera degli Stati Uniti non è perché disponga di un enorme potere tale da allontanare gli Stati Uniti dal suo interesse nazionale”. Semmai dimostra solo quanto sia importante Israele per la strategia globale degli Stati Uniti.

La lobby israeliana non potrebbe vendere il suo messaggio e non avrebbe alcuna influenza se Israele fosse un Paese comunista o antimperialista o se si opponesse alla politica statunitense in altre parti del mondo. In effetti, questa sarebbe un’ipotesi ridicola.

Approvazione araba

Alcuni sostengono che, per quanto comunque Israele faccia in modo di far coincidere i propri interessi con quelli degli Stati Uniti, la sua lobby ingannerebbe deliberatamente i politici statunitensi spostando la loro posizione da una valutazione obiettiva su quanto sarebbe realmente nel miglior interesse dell’America e quanto di Israele.

La tesi è che il sostegno degli Stati Uniti a Israele porterebbe i gruppi politici e militanti in Medio Oriente che si oppongono a Israele a diventare ostili agli stessi Stati Uniti e a prenderli di mira con attacchi.

Tale sostegno costerebbe agli Stati Uniti anche la perdita di una copertura mediatica amichevole nel mondo arabo, inciderebbe sul potenziale di investimento nei Paesi arabi e indebolirebbe i suoi alleati regionali arabi.

Ma nulla di tutto ciò è necessariamente vero.

Gli Stati Uniti sono stati in grado di essere il più grande sostenitore e finanziatore di Israele, nonché il suo più convinto difensore e fornitore di armi, pur mantenendo alleanze strategiche con la maggior parte, se non tutte, le dittature arabe, compresa lAutorità Nazionale Palestinese, sia sotto Yasser Arafat che con Mahmoud Abbas.

In effetti, più gli Stati Uniti sono intransigenti nel sostenere lattuale genocidio dei palestinesi da parte di Israele, più esso viene abbracciato dai governanti arabi fantoccio.

Inoltre le società e gli investimenti statunitensi hanno la più ampia presenza in tutto il mondo arabo, soprattutto, ma non esclusivamente, nel settore petrolifero.

Un intero esercito di giornali arabi, stazioni televisive private e statali e una miriade di stazioni televisive satellitari di proprietà dei principi arabi del Golfo, per non parlare degli enormi siti web e dei notiziari internet finanziati da ONG occidentali, sono schierati per promuovere il punto di vista degli Stati Uniti.

Celebrano la cultura americana, trasmettono i suoi programmi televisivi e tentano di vendere le posizioni statunitensi nel modo più efficace possibile, ostacolati solo dalle limitazioni poste dal buon senso in considerazione delle politiche statunitensi nella regione.

Anche la trasgressiva rete Al Jazeera si è fatta in quattro per accogliere il punto di vista degli Stati Uniti ma, ancora una volta, è spesso minata dalle attuali politiche statunitensi nella regione.

Sotto la tremenda pressione e la minaccia di bombardamento da parte degli Stati Uniti durante l’invasione dell’Iraq Al Jazeera ha smesso di riferirsi alle forze armate statunitensi in Iraq come “forze di occupazione”, optando per “forze della coalizione”.

Beneficio reciproco

Nelle loro argomentazioni finanziarie sullenorme influenza della lobby israeliana molti sottolineano la fantastica quantità di denaro che gli Stati Uniti danno” a Israele – un costo troppo esorbitante e sproporzionato rispetto a ciò che gli Stati Uniti ottengono in cambio.

In effetti, gli Stati Uniti spendono molto di più per le proprie basi militari nel mondo arabo, tra cui Qatar, Bahrein, Giordania, Arabia Saudita, Kuwait ed Emirati Arabi Uniti – per non parlare di quelle in Europa, Africa o Asia – rispetto a quanto spendano per Israele.

Tra il 7 ottobre 2023 e il gennaio 2024, gli Stati Uniti hanno speso 1,6 miliardi di dollari per il rafforzamento militare in Medio Oriente in funzione della difesa dei propri interessi imperiali. Tra il 2001 e il 2019, gli Stati Uniti hanno speso 6,4 trilioni di dollari solo nelle guerre in Afghanistan, Iraq, Siria e Pakistan.

Israele è stato davvero molto efficace nel fornire servizi a buon prezzo al suo padrone americano, sia convogliando armi illegali verso le dittature centroamericane negli anni 70 e 80, sia aiutando regimi paria come Taiwan e il Sud Africa dellapartheid nello stesso periodo.

Ha inoltre sostenuto organizzazioni filo-americane, comprese quelle fasciste, allinterno del mondo arabo per indebolire i regimi arabi nazionalisti, dal Libano allIraq al Sudan.

È venuto in aiuto di regimi arabi conservatori filoamericani quando minacciati, come in Giordania nel 1970. E ha aggredito senza indugio regimi nazionalisti arabi: nel 1967 lEgitto e la Siria e nel 1981 lIraq quando distrusse il reattore nucleare del paese.

Mentre a metà degli anni 60 gli Stati Uniti erano riusciti a rovesciare Sukarno e Nkrumah con sanguinosi colpi di Stato, Nasser rimase saldo al potere finché Israele non lo neutralizzò definitivamente nella guerra del 1967.

È grazie a questo importante servizio che gli Stati Uniti hanno aumentato in modo esponenziale il loro sostegno a Israele.

Inoltre la neutralizzazione dellOLP da parte di Israele nel 1982 fu un servizio non trascurabile a molti regimi arabi e ai loro protettori statunitensi, che fino ad allora non erano riusciti a controllare completamente lorganizzazione.

Nessuna delle basi militari americane per le quali vengono spesi molti più miliardi può vantare un record così stellare.

Alcuni potrebbero ribattere col sostenere che se ciò fosse vero allora perché gli Stati Uniti avrebbero dovuto intervenire direttamente in Kuwait e Iraq?

In quei casi fu necessario lintervento diretto degli Stati Uniti non potendo essi fare affidamento su Israele per delicatezza, in quanto includerlo in una tale coalizione avrebbe messo in imbarazzo gli alleati arabi. Sebbene ciò possa aver mostrato un’inutilità di Israele come alleato strategico, gli Stati Uniti non potevano fare affidamento su nessuna delle sue basi militari per sferrare le invasioni e hanno dovuto inviare il proprio esercito per completare il lavoro.

Le basi americane nel Golfo hanno fornito un supporto essenziale, ma lo stesso ha fatto Israele.

È vero che l’operazione Alluvione al-Aqsa ha completamente ribaltato l’importanza militare strategica di Israele per gli Stati Uniti.

La sconfitta militare di Israele contro la resistenza palestinese continua a richiedere l’aiuto militare americano e britannico. Le sue richieste di sostegno occidentale sono iniziate già l8 ottobre al fine di puntellare la sua potenza militare, con ulteriori richieste di rinforzi in aprile.

Gli Stati Uniti, il Regno Unito e le basi statunitensi in Giordania hanno svolto la maggior parte del lavoro nella difesa di Israele dalle ritorsioni missilistiche iraniane in seguito al bombardamento israeliano del consolato iraniano a Damasco.

Tuttavia per gli Stati Uniti le evidenti debolezze di Israele non hanno alterato il ruolo che svolge nella regione. Ciò include la distruzione di ogni resistenza agli interessi statunitensi e di tutto ciò che potrebbe indebolire la sua strategia, compresa la posizione di Israele nel contesto.

Affermazioni esagerate

Essendo la forza più importante della lobby israeliana l’Aipac è davvero potente nella misura in cui incoraggia politiche che si accordino con gli interessi degli Stati Uniti e siano in sintonia con l’ideologia imperiale dominante degli Stati Uniti.

Gli ultimi nove mesi hanno ampiamente chiarito che il potere della lobby israeliana, sia a Washington che nei campus universitari, non si basa esclusivamente sulle sue capacità organizzative o sullomogeneità ideologica.

Affermazioni esagerate da parte della lobby – e dei suoi nemici – riguardo al suo reale potere agiscono non poco su inclinazioni antisemite proprie di leader del Congresso, decisori politici e amministratori universitari consolidando le loro convinzioni, con il risultato che essi si adeguano alla linea.

In un contesto del genere, non importa se la lobby abbia un potere reale o immaginario.

Finché leader di governo e, più in particolare, amministratori universitari crederanno che sia così sulla base dei loro pregiudizi antisemiti o di valutazioni oggettive, essa rimarrà efficace e potente.

Qualcuno potrebbe quindi chiedersi: senza tale influenza da parte di una potente lobby israeliana, cosa sarebbe cambiato nella politica statunitense in Medio Oriente?

La risposta, in breve, sta nei dettagli e nellintensità, ma non nella direzione, nel contenuto o nellimpatto di tali politiche.

Quindi la lobby israeliana è così tanto potente negli Stati Uniti?

Avendo affrontato tutto il peso del suo potere negli ultimi due decenni attraverso la sua enorme influenza sulla mia università e le intense campagne di pressione per farmi licenziare rispondo con un sì deciso.

È la lobby la principale responsabile delle politiche statunitensi nei confronti dei palestinesi e del mondo arabo? Assolutamente no.

Il mondo arabo, e soprattutto i palestinesi, si oppongono agli Stati Uniti a causa della loro storia di continue politiche ostili agli interessi della maggior parte delle persone in quei Paesi.

Il suo unico obiettivo è stato quello di salvaguardare i propri interessi e quelli della minoranza dei regimi che nella regione servono tali interessi, compreso Israele.

È solo con la fine di politiche dannose da parte degli Stati Uniti, e non della lobby che le sostiene, che il genocidio israeliano in corso contro i palestinesi potrebbe cessare.

Il governo degli Stati Uniti e i suoi alleati occidentali sono quelli che hanno la piena responsabilità di favorire, incoraggiare e difendere il diritto di Israele a commettere un genocidio contro i palestinesi.

Gli sforzi della lobby israeliana per far sì che gli Stati Uniti sostengano Israele ancor più di quanto non facciano sono un atto di complicità nel genocidio in corso, ma certamente non sono la causa principale di questo mostruoso crimine.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)