L’IDF vaccina i soldati israeliani contro la poliomielite dopo che è stata trovata un’elevata concentrazione di virus nelle acque reflue di Gaza

Ido Efrati

21 luglio 2024 – Haaretz

Secondo le informazioni in possesso dell’esercito israeliano non vi è alcuna conferma di casi clinici della malattia a Gaza, ma esiste una reale preoccupazione per una possibile epidemia di poliomielite, soprattutto date le condizioni a Gaza

Domenica l’esercito israeliano inizierà a vaccinare contro la poliomielite tutti i soldati che operano a Gaza o sono in procinto di entrarvi dopo che è stata trovata un’alta concentrazione del virus nelle acque reflue della Striscia.

La vaccinazione dei soldati avrà luogo in Israele nelle prossime settimane. L’esercito afferma che, in base alle informazioni in suo possesso, non ci sono casi attivi di poliomielite tra gli abitanti di Gaza.

Mercoledì scorso l’esercito è stato informato dal Ministero della Sanità che nei campioni di liquami di Gaza sotto monitoraggio era stata trovata un’alta concentrazione di poliovirus.

Di conseguenza il Ministero della Sanità e il Corpo medico dell’IDF [esercito israeliano, ndt.] hanno effettuato una valutazione e hanno deciso di lanciare una campagna di vaccinazione antipolio per tutte le forze di terra a Gaza, comprese le forze di combattimento e le forze ausiliarie.

In Israele i vaccini antipolio vengono somministrati durante linfanzia nell’ambito del programma di vaccinazione di routine e il tasso di vaccinazione è del 95%. Pertanto, i soldati ora a Gaza sono stati precedentemente vaccinati contro il virus.

Ciononostante, dopo una valutazione della situazione condotta dallIDF, con la partecipazione della responsabile del servizio sanitario pubblico, dott.ssa Sharon Elroi-Price e degli alti funzionari del Corpo medico, è stato raccomandato che i soldati venissero nuovamente vaccinati per ridurre ulteriormente il rischio di infezione e di trasmissione del virus in Israele.

Tuttavia, in considerazione del basso rischio, non vi è alcuna urgenza di vaccinare i soldati attualmente a Gaza, per cui verranno vaccinati in Israele durante le pause o le sostituzioni dei contingenti.

Lesercito ha già iniziato a vaccinare le truppe che dovrebbero entrare presto a Gaza. Entro due o tre settimane tutti i soldati che si trovano attualmente a Gaza o che siano in procinto di entrarvi dovrebbero essere vaccinati.

Inoltre, il personale medico militare a Gaza è stato informato sulla campagna di vaccinazione e gli è stato chiesto di ribadire le regole per mantenere ligiene personale sul campo e di prestare particolare attenzione alla comparsa di eventuali sintomi che potrebbero indicare la presenza della malattia.

L’IDF sottolinea che i soldati non utilizzano in alcun modo il sistema idrico locale di Gaza e che l’esercito porta regolarmente grandi quantità di acqua da Israele, tra cui milioni di bottiglie d’acqua per bere e lavarsi, tonnellate di ghiaccio, nonché docce da campo, sapone e salviette disinfettanti.

Per quanto riguarda una possibile epidemia di poliomielite a Gaza, l’esercito afferma che, secondo le informazioni in suo possesso, non vi è alcuna conferma di casi clinici della malattia, ma che esiste una reale preoccupazione per una possibile epidemia, soprattutto date le condizioni a Gaza. L’esercito e il Ministero della Sanità continueranno a monitorare le acque reflue e a seguire le informazioni mediche provenienti da Gaza.

Lesistenza del virus nei campioni di acque reflue non significa che esistano casi reali di infezione da poliomielite. Nel 2023, un milione di bambini israeliani è stato vaccinato attraverso una rapida campagna nazionale dopo che il virus è stato trovato in dei campioni di acque reflue, sebbene non sia stato diagnosticato un singolo caso clinico.

Nel 2022 in Israele è stato documentato un solo caso di poliomielite, il primo dal 1988, che ha portato a una campagna di vaccinazione incentrata su un aumento del tasso di vaccinazione in alcune aree di Gerusalemme dove la minaccia era concentrata.

L’infezione dal virus può verificarsi attraverso l’ingestione di acqua potabile contaminata, poiché il virus può essere trasmesso attraverso la saliva e le feci. Esistono tre diversi tipi di virus e la maggior parte delle persone infette non sviluppa alcun sintomo oppure manifesta sintomi lievi come febbre, perdita di appetito, mal di gola e debolezza, tipici di molte altre malattie.

Il 4-8% delle persone infette sviluppa una meningite lieve che si risolve completamente in modo spontaneo entro pochi giorni. Una piccola minoranza di casi – circa uno su mille – può sviluppare sintomi di paralisi.

Inoltre, se il virus penetra nel sistema nervoso può causare insufficienza respiratoria, che è una delle complicanze più comuni e pericolose della malattia.

Il vaccino antipolio viene normalmente somministrato in Israele in sei dosi: quattro contenenti virus inattivato e due contenenti virus vivo indebolito, somministrate in età compresa tra due e 18 mesi. Una dose di richiamo viene somministrata nell’ambito del ciclo di vaccinazioni alletà di sette anni in seconda elementare.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Ho raccontato agli israeliani la tragedia di una donna di Gaza. Il pubblico era scioccato

Sheren Falah Saab

16 luglio 2024 Haaretz

Ho portato la sofferenza di Gaza a Tel Aviv. Ne ho letto le parole ad alta voce. Volevo che gli israeliani che non hanno mai sentito parlare di Gaza conoscessero la vita dei palestinesi dall’altra parte della barriera

Era una serata relativamente tranquilla di inizio maggio 2023. Ero stata invitata a parlare di futuro attraverso lo specchio dell’arte durante un evento culturale a Tel Aviv. Ci ho pensato molto prima di preparare la conferenza e istintivamente ho deciso di parlare del futuro nelle zone di conflitto e di guerra, in particolare nella Striscia di Gaza.

Ho raccontato la storia dell’artista Zainab al-Qolaq. La sua vita è cambiata completamente la notte del 16 maggio 2021. Quella notte Israele ha bombardato il centro di Gaza City durante l’operazione Guardiani del Muro e 22 membri della sua famiglia sono stati uccisi, tra cui suo fratello, le sorelle e la madre. La stessa Al-Qolaq è rimasta intrappolata sotto le macerie per 12 ore, senza sapere cosa ne fosse stato di loro. Da allora è rimasta in silenzio e per un anno ha dipinto la perdita subita.

Al-Qolaq, che ha 24 anni, ha studiato inglese e letteratura all’Università Islamica di Gaza. Sulla scia degli studi, ha detto in seguito, si è spinta a cercare modi per esprimersi. “È così che mi sono ritrovata a dipingere”, ha detto in un’intervista al canale televisivo palestinese Al-Quds. “Non c’è futuro per l’arte a Gaza, ma nonostante questo dipingo, con un piglio che ha sorpreso anche me stessa. E lentamente sono cresciuta.”

I suoi dipinti mostrano membri della sua famiglia con volti incompleti, a colori cupi, a volte nella tomba o in altre immagini che ne ricordano la morte. Quella sera ho mostrato i suoi quadri al pubblico. In effetti, ho portato la sofferenza di Gaza a Tel Aviv. Ho letto le sue parole ad alta voce. Volevo che gli israeliani che non hanno mai sentito parlare di Gaza conoscessero la vita dei palestinesi dall’altra parte della barriera – la sofferenza di Al-Qolaq, che se avesse vissuto altrove sarebbe ormai un’artista affermata.

“Vuoi sapere cosa succede quando un intero edificio crolla con delle persone dentro?” ha scritto sul mio account X. “Come è possibile raccontare le ore trascorse sotto le macerie, mentre urlavo e imploravo aiuto? Anche le pietre della casa piangevano insieme a me. O raccontare i momenti prima dell’esplosione, quando la mia famiglia è corsa verso la tromba delle scale e l’intero edificio ha tremato? Devo raccontarti del brusco passaggio tra il sentirsi al sicuro con la mia famiglia e poi la lotta per la vita e l’incontro con la morte? Hai pensato per un momento di essere al mio posto e immaginare come sarebbe sopravvivere e scoprire che avevo perso tutti: mia madre, mia sorella, tutta la famiglia? Non riesco a ricordare tutto quel tempo sotto le macerie. Ma la grande tragedia è stata dopo, quando mi hanno salvato e ho scoperto cosa avevo perso.”

Ricordo di aver letto ad alta voce le parole di Al-Qolaq e la mia voce si è strozzata. Tattenevo il fiato per non piangere. Scrivere per i lettori non è come parlare ad alta voce. Questo richiede uno sforzo diverso. E quando le parole sono state pronunciate e risuonano nello spazio, hanno un significato diverso.

Questo è esattamente quello che è successo quando ho finito di parlare. Ho guardato il pubblico, i loro volti sorpresi, lo shock che hanno subito in quel momento. E quello che ho visto nei loro occhi era la paura della verità. In quel momento, quando ho capito che gli israeliani hanno paura di scoprire che a Gaza vivono esseri umani, giovani donne come Zainab al-Qolaq – che ha molto talento, che aveva dei sogni che erano stati recisi alla radice. La guerra le ha distrutto la vita. Questa è la difficile, amara verità. Ma ho visto con i miei occhi quanto fosse difficile per il pubblico presente all’evento digerire la sua tragica storia.

Sono tornata in macchina da Tel Aviv al mio villaggio e ho pianto per tutto il viaggio. Perché per la prima volta avevo sperimentato di persona la profondità della negazione da parte degli israeliani nei confronti degli abitanti della Striscia di Gaza. Hanno preso le mie osservazioni come se fossi un visitatore da un altro pianeta, e come se Gaza fosse su Marte. Non capivano veramente (o non volevano capire) il significato esistenziale dell’essere un abitante di Gaza – vivere sotto assedio, soffrire ogni guerra, con una probabilità molto alta di perdere tutta la famiglia.

La guerra attuale non ha fatto altro che acuire ciò che già sapevo riguardo alla totale mancanza di desiderio da parte degli israeliani di riconoscere l’esistenza e l’esperienza dei palestinesi – soprattutto se sono cittadini di Gaza. Dall’inizio della guerra mi sono occupata della situazione umanitaria a Gaza. Ci sono momenti in cui rileggo l’elenco dei morti e sono distrutta dentro. Quando sono sola piango. Intere famiglie sono state cancellate: madri, figli, nonni e nonne. Il mio cuore è spezzato.

Come raccontare tutto questo a un pubblico israeliano preoccupato solo di sé stesso? Che non ha alcuna reale intenzione di sapere cosa stia succedendo dall’altra parte della barricata? Come si può rompere il muro del negazionismo israeliano? Ogni volta che mi ritrovo lì e mi pongo queste domande non trovo una sola risposta giusta.

A volte esito a guardare i notiziari israeliani (su qualsiasi canale, senza eccezioni) perché questo aggrava la mia disperazione di giornalista. Gaza non esiste nel mainstream israeliano – non nei notiziari, né nelle conversazioni quotidiane degli israeliani, né negli eventi culturali, né al tavolo dei decisori. Questa è una delle forme di disumanizzazione più crudele e dura.

Quanti israeliani conoscono la storia di Zainab al-Qolaq? O le storie dei palestinesi che hanno perso le loro famiglie nella guerra attuale? Quanti israeliani sono disposti ad ammettere che questa guerra ha perso ogni giustificazione e non fa altro che aggravare la paura della morte che aleggia sugli abitanti di Gaza?

Vite, desideri e ambizioni

Riconoscere che gli abitanti di Gaza esistono in carne e ossa e vederli come esseri umani che hanno vite, desideri e ambizioni sono cose che non entrano nemmeno nella testa dell’israeliano medio. Basta scorrere i feed israeliani su X o TikTok per scoprire le varie forme di disumanizzazione, che si tratti di ridicolizzare e scimmiottare gli abitanti di Gaza, o di soldati che si fotografano con biancheria femminile dopo aver fatto irruzione nelle case dei gazawi, o delle varie forme di negazione della portata della distruzione e delle tragedie che si verificano a Gaza a causa della prolungata campagna di bombardamenti.

“Non ci sono innocenti a Gaza.” Questa frase è diventata parte del consenso israeliano, tirata fuori in ogni conversazione per ripulire la coscienza degli israeliani. Si tratta di uno dei più grandi fallimenti morali: il fatto che gli israeliani percepiscano la realtà degli abitanti di Gaza attraverso il filtro fornito da qualche altro israeliano, solitamente attraverso la lente della sicurezza.

Solo pochi chilometri separano Tel Aviv da Gaza, ma i miei disperati sforzi per dare voce agli abitanti di Gaza – ripetutamente, sia prima che dopo il 7 ottobre – sono stati ignorati. Eppure la capacità di provare compassione ed empatia per la sofferenza di un altro è un valore vitale, unico nell’esperienza umana.

La guerra attuale è la continuazione di un fallimento morale già in corso. E la mia paura più profonda è che gli israeliani stiano percorrendo una strada a senso unico dalla quale non c’è ritorno – che perdano permanentemente la capacità di provare compassione per i palestinesi, soprattutto della Striscia di Gaza.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Borrell dell’Unione Europea: “L’UNRWA non è una organizzazione terroristica”

Redazione di Palestine Chronicle

15 luglio 2024 – Palestine Chronicle

L’agenzia Anadolu riferisce che lunedì il responsabile della politica estera dell’Unione Europea, Josep Borrell, ha ripetuto il rifiuto di etichettare l‘agenzia ONU per i rifugiati palestinesi come “organizzazione terroristica”.

Borrell ha affermato che “rifiutiamo ogni tentativo di etichettare l’UNRWA come ‘organizzazione terroristica’. Come può un’agenzia delle Nazioni Unite essere considerata una organizzazione terroristica?”

Queste considerazioni sono state fatte durante una conferenza congiunta con il ministro degli Esteri giordano Ayman Safadi a Bruxelles ai margini del quindicesimo incontro del Consiglio d’Associazione tra Unione Europea e la Giordania.

Borrell ha anche affermato che l’Unione Europea, insieme ad altri donatori internazionali, continuerà s supportare e finanziare l’UNRWA.

Borrell ha affermato che “concordiamo sul fatto che è fondamentale preservare l’insostituibile ruolo dell’UNRWA in tutta la regione, includendo sicuramente anche la Giordania.”

Non c’è stato alcun commento israeliano immediato sulla dichiarazione di Borrell.

Verso la fine di maggio il parlamento israeliano, la Knesset, ha votato una mozione preliminare per approvare una legge che designi l’UNRWA come “organizzazione terroristica”.

La legge inoltre impone che venga applicata la legge anti-terrorismo all’agenzia dell’ONU e che vengano interrotte tutte le comunicazioni e le relazioni tra Israele e l’agenzia.

Israele ha fatto azioni di lobby per chiudere l’UNRWA, dato che è l’unica agenzia ONU che ha un mandato specifico per occuparsi dei bisogni fondamentali dei rifugiati palestinesi.

Tel Aviv ha ripetutamente equiparato il personale UNRWA ai membri di Hamas con l’obiettivo di screditarlo, ma senza fornire prove delle accuse.

L’UNRWA è stata fondata da una risoluzione ONU nel 1949 e deve fornire assistenza e protezione ai rifugiati nelle sue cinque aree operative: Giordania, Siria, Libano, Cisgiordania e Striscia di Gaza.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Macron si è scontrato con Netanyahu riguardo all’‘inaccettabile’ interferenza nelle elezioni francesi

Redazione di Middle East Eye

10 luglio 2024 – Middle East Eye

Il presidente francese si è infuriato quando un ministro israeliano ha pubblicamente e ripetutamente lodato la leader dell’estrema destra Marine Le Pen.

Secondo un nuovo rapporto, il presidente francese Emmanuel Macron durante una telefonata si è lamentato con il primo ministro Benjamin Netanyahu riguardo all’“inaccettabile” interferenza nelle elezioni francesi.

Axios ha riferito che Macron era infuriato a causa del ripetuto apprezzamento pubblico per la candidata dell’estrema destra Marine Le Pen da parte dal ministro israeliano per la Diaspora Amichai Chikli [del Likud, partito di destra di Netanyahu, ndt.].

Chikli, che è anche responsabile per la lotta contro l’antisemitismo in Europa e nel resto della diaspora, ha ripetutamente lodato Le Pen e il suo Rassemblement National, nonostante il suo tradizionale antisemitismo.

In un’intervista rilasciata all’inizio di questo mese Chikli ha affermato che Le Pen sarebbe “eccellente per Israele” ed è stato anche fotografato con la leader dell’estrema destra. Chikli ha dichiarato che Netanyahu era “della stessa idea” riguardo a Le Pen.

Due fonti a conoscenza della telefonata hanno riferito ad Axios che durante la telefonata della scorsa settimana Macron ha detto a Netanyahu: “Questo è inaccettabile”, riferendosi ai commenti del ministro.

Domenica scorsa una difficile alleanza tra i partiti di sinistra e centristi francesi ha impedito la vittoria del partito di estrema destra di Marine Le Pen nelle elezioni parlamentari.

Nel primo turno delle elezioni una settimana fa il Rassemblement National è risultato il primo partito e puntava ad assicurarsi la maggioranza dei seggi nel parlamento francese. Tuttavia dopo un voto tattico nel secondo turno ha vinto il Nuovo Fronte Popolare di sinistra, spingendo il Rassemblement National al terzo posto, dopo i sostenitori di Macron.

Si dice che Netanyahu abbia garantito a Macron di aver detto ai suoi ministri di non commentare le elezioni parlamentari francesi, ma Chikli ha continuato ad esprimere supporto per il Rassemblement National.

Le Pen e il Rassemblement National hanno preso una posizione decisamente filo-israeliana riguardo agli affari esteri e negli ultimi anni sono stati accusati di aver preso una direzione islamofoba.

L’ex leader del partito e padre di Marine Le Pen, Jean-Marie Le Pen, è stato ripetutamente accusato di antisemitismo e si è riferito in modo tristemente noto alle camere a gas naziste come a “un dettaglio della storia”.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Attraverso gli occhi di chi è bendato: uno sguardo alle violazioni israeliane dei diritti umani palestinesi

Samah Jabr

3 luglio 2024 – Middle East Monitor

Di recente sulle reti sociali sono comparsi molti video inquietanti di palestinesi bendati. Uno di questi mostra soldati israeliani nella Cisgiordania occupata che obbligano palestinesi arrestati e bendati ad ascoltare in continuazione per otto ore una canzoncina per bambini, “Meni Meni Meni Mamtera”. Questo video è diventato virale, scatenando la tendenza su Tik Tok per cui israeliani si prendono gioco dei detenuti palestinesi rievocando quella scena. Persino Yinon Magal, ex- parlamentare [del partito di estrema destra Casa Ebraica, ndt.] della Knesset e conduttore di programmi televisivi, ha partecipato a questa attività con i suoi bambini.

Avendo lavorato per quasi vent’anni con vittime palestinesi di tortura, posso testimoniare direttamente le gravissime conseguenze di tali pratiche. Bendare e incappucciare sono prassi comunemente utilizzate da esercito, polizia e investigatori israeliani durante la detenzione e gli interrogatori. Spesso messe in atto insieme alla tortura, queste pratiche rendono quasi impossibile per le vittime identificare i propri torturatori, impedendo di conseguenza i tentativi di denuncia. Questi atti sono diventati sempre più sfrontati, in quanto si svolgono spesso davanti a telecamere durante le azioni genocide che attualmente avvengono a Gaza. Molti detenuti raccontano di essere stati isolati dal loro contesto durante buona parte, quando non tutto il tempo passato in detenzione. Questa prassi riprovevole solleva gravi preoccupazioni legali, etiche e psicologiche.

Bendare gli occhi, in quanto metodo di deprivazione sensoriale, è particolarmente dannoso. Ha profonde conseguenze psicologiche e fisiologiche, sia a breve che a lungo termine, tra cui danni alla vista, traumi, ansia, attacchi di panico, disorientamento, problemi cognitivi e allucinazioni. La deprivazione sensoriale accentua la differenza di potere tra la vittima con gli occhi bendati e chi interroga, amplificando la sensazione di vulnerabilità, paura e impotenza. A causa di tale impedimento la vittima dipende maggiormente da altri sensi, che intensificano la sofferenza fisica e l’impatto dell’interrogatorio.

L’isolamento può portare ad accentuare lo stress e la disperazione, aumentando la possibilità che l’individuo fornisca informazioni o si adegui alle richieste di chi lo interroga. Questi risultati sono coerenti con la nostra conoscenza clinica secondo cui la deprivazione sensoriale può portare a gravi problemi di salute mentale e a conseguenze traumatiche.

Questa tecnica serve anche a disumanizzare la vittima. Gli investigatori impediscono il contatto visuale delle vittime con il loro contesto e con gli stessi investigatori, riducendone la sensazione di identità personale, soggettività e libero arbitrio, rendendo più facile per chi interroga esercitare il controllo. Il metodo accentua nella vittima la sensazione di disorientamento, oggettificazione e suggestionabilità. Questa deliberata deprivazione sensoriale intende creare un contesto in cui è più probabile che la vittima soccomba alle pressioni durante l’interrogatorio.

Molte delle vittime di tortura che ho esaminato e che durante la detenzione hanno subito settimane di deprivazione sensoriale, tra cui il bendaggio degli occhi, hanno descritto sintomi di dissociazione. Possono vivere esperienze di depersonalizzazione, una sensazione di irrealtà e un profondo distacco dal loro contesto; questi sintomi possono persistere anche quando la deprivazione visiva finisce e possono avere un impatto profondo sulla loro salute mentale. Altri hanno iniziato ad aver paura del buio e non riescono ad addormentarsi spontaneamente.

Mentre gli israeliani sostengono che bendare [i detenuti] è una misura efficace legata alla sicurezza, sappiamo che metodi psicologici estremi spesso forniscono informazioni inattendibili. Sotto costrizione è più probabile che le persone forniscano dichiarazioni false o esagerate.

Penso che bendare gli occhi serva senza dubbio a proteggere i soldati israeliani dallo sguardo dei palestinesi e da ogni possibilità di contatto visivo con le persone che stanno interrogando. Questa separazione dall’aspetto umano delle azioni israeliane è un meccanismo di difesa psicologico, e consente ai soldati di tenere una distanza emotiva dall’impatto del loro comportamento. Essa può contribuire a un più complessivo processo di disumanizzazione attraverso cui i soldati diventano insensibili al costo umano delle loro azioni. Studi sulla psicologia dei militari indicano che tale distacco può portare a una maggiore aggressività e probabilità di commettere violazioni dei diritti umani.

È fondamentale riconoscere che l’uso di bendare gli occhi e della tortura è generalmente definito una violazione dei diritti umani. Ma non possiamo dimenticare quello che abbiamo visto, anche quando Israele sta cercando di bendare gli occhi del mondo per non fargli vedere le sue azioni genocide e di ammanettare l’opinione pubblica internazionale perché non condanni queste azioni. I palestinesi chiedono alla comunità internazionale di fissare lo sguardo su Israele e chiedere conto a quanti perpetrano tali pratiche. Solo opponendoci a queste violazioni possiamo proteggere la nostra visione dei diritti umani e conservare la prospettiva di un mondo migliore.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Coloni israeliani gettano rifiuti in una fonte d’acqua palestinese vicino a Gerico

Redazione di Middle East Monitor

2 luglio 2024 – Middle East Monitor

Oggi coloni israeliani hanno inquinato la fonte d’acqua di Al-Auja, a nord della città di Gerico, in Cisgiordania occupata, gettandovi dei rifiuti.

Il supervisore generale dell’organizzazione Al-Baydar per la difesa dei diritti dei beduini, Hassan Malihat, ha riferito che l’obiettivo dei coloni era di contaminare l’acqua della sorgente, privando i palestinesi locali di acqua pulita da bere.

Inoltre, secondo l’agenzia di notizie Wafa, le autorità di occupazione israeliana hanno comminato sanzioni contro i beduini provenienti dalle comunità vicine che con i trattori stavano cercando di raccogliere acqua da bere e per il bestiame.

Malihat ha sottolineato il fatto che gettare rifiuti in una fonte d’acqua provoca rischi immediati e futuri per la salute degli abitanti del posto ed anche importanti minacce ambientali. Ha sottolineato che questa azione è una violazione delle norme dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e delle leggi umanitarie internazionali. Negli ultimi anni i villaggi di Al-Auja hanno subito campagne di demolizioni, persecuzioni e ripetuti attacchi e violazioni da parte di coloni e soldati occupanti.

A causa del fatto che si trovano ‘nell’Area C’ della Cisgiordana occupata, che è territorio palestinese sotto il controllo amministrativo e militare israeliano, le autorità occupanti vietano ai suoi abitanti l’accesso ai servizi di base.

Dalla Naksa del 1967, Israele ha occupato la sponda ovest del fiume Giordano [la Cisgiordania, ndt.] che i palestinesi vedono come il cuore di uno stato indipendente.

Israele ha aumentato le incursioni nella Cisgiordania da quando è cominciata la guerra a Gaza a ottobre. Dati delle Nazioni Unite mostrano che dal 7 ottobre nel territorio palestinese sono state uccise almeno 553 persone, un quarto delle quali sono minori.

Secondo il diritto internazionale sia la Cisgiordania sia Gerusalemme Est sono territori occupati. Pertanto la costruzione di tutte le colonie è illegale.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Entro 48 ore tutti i centri sanitari di Gaza cesseranno di funzionare – Ministero della Salute

Redazione di Palestine Chronicle

30 giugno 2024 – The Palestine Chronicle

Domenica il Ministero della Sanità di Gaza ha dichiarato che entro 48 ore gli ospedali e le stazioni di ossigeno in tutta la Striscia cesseranno le operazioni in seguito allesaurimento del carburante causato dalla guerra israeliana in corso.

In una dichiarazione il Ministero ha avvertito che entro 48 ore i restanti ospedali, centri sanitari e stazioni di ossigeno smetteranno di funzionare”.

Il Ministero ha osservato che questa situazione è prevista a causa dellesaurimento del carburante necessario per il funzionamento dei generatori, del quale Israele impedisce lingresso a Gaza insieme ad altre forniture essenziali come medicine e cibo, in un quadro di inasprimento delle restrizioni nei confronti della Striscia”.

Ha rilevato che le scorte di carburante sono quasi esaurite nonostante le rigorose misure di austerità attuate dal Ministero per conservare le scorte rimanenti il ​​più a lungo possibile, data l’insufficiente quantità disponibile per il funzionamento”.

Il ministero ha esortato tutte le organizzazioni internazionali e umanitarie pertinenti a intervenire tempestivamente fornendo il carburante necessario, nonché i generatori elettrici e i pezzi di ricambio necessari per la manutenzione”.

Venerdì Hossam Abu Safiya, direttore dell’ospedale Kamal Adwan nel nord di Gaza, ha affermato che l’ospedale avrebbe cessato a breve le operazioni a causa della carenza di carburante necessario per i suoi generatori elettrici.

La PRCS evacua

Domenica la Mezzaluna Rossa Palestinese (PRCS) ha evacuato la sua sede amministrativa temporanea nel sud della Striscia di Gaza a causa degli attacchi israeliani nella zona.

L’organizzazione “ha evacuato completamente la sua sede amministrativa temporanea nell’area di Mawasi Khan Younis a causa della caduta di schegge sull’edificio e dei bombardamenti diretti, che costituivano un pericolo per il personale che lavora all’interno”, ha affermato sabato su X.

Larea di Al-Mawasi è stata designata dallesercito israeliano come rifugio sicuroper i palestinesi in seguito allinvasione di terra di Rafah allinizio di maggio.

Tuttavia le forze israeliane hanno attaccato l’area da quando i palestinesi già precedentemente sfollati e rifugiatisi a Rafah sono stati costretti a sfollare ad Al-Mawasi.

Genocidio in corso

Attualmente sotto processo davanti alla Corte Internazionale di Giustizia per genocidio contro i palestinesi, dal 7 ottobre Israele sta conducendo una guerra devastante contro Gaza.

Secondo il Ministero della Sanità di Gaza nel genocidio israeliano in corso a Gaza 37.877 palestinesi sono stati uccisi e 86.969 feriti.

Inoltre in tutta la Striscia almeno 7.000 persone risultano disperse, presumibilmente morte, sotto le macerie delle loro case.

Organizzazioni palestinesi e internazionali affermano che la maggior parte delle persone uccise e ferite sono donne e minori.

La guerra israeliana ha provocato una grave carestia, soprattutto nel nord di Gaza, con la morte di molti palestinesi, soprattutto minori.

Laggressione israeliana ha anche provocato lo sfollamento forzato di quasi due milioni di persone provenienti da tutta la Striscia di Gaza, di cui la stragrande maggioranza costretti a rifugiarsi nella città meridionale, densamente affollata, di Rafah, vicino al confine con lEgitto in quello che è diventato il più grande esodo di massa in Palestina a partire dalla Nakba del 1948.

Israele afferma che il 7 ottobre, durante loperazione ‘Al-Aqsa Flood’ (‘Tempesta di Al-Aqsa’, ndtr.), sono stati uccisi 1.200 soldati e civili. I media israeliani hanno pubblicato rapporti che suggeriscono che quel giorno molti israeliani sarebbero stati uccisi dal fuoco amico”.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Sotto le macerie, imprigionati, sepolti” – a Gaza scomparsi 20.000 minori

Redazione di Palestine Chronicle

25 giugno 2024 – The Palestine Chronicle

Molti di loro sono intrappolati sotto le macerie, imprigionati, sepolti in tombe anonime o separati dalle loro famiglie.

Secondo lorganizzazione non governativa internazionale Save the Children a Gaza oltre 20.000 minori palestinesi risultano dispersi a causa dell’incessante attacco israeliano contro la Striscia.

Molti di loro sono intrappolati sotto le macerie, imprigionati, sepolti in tombe anonime o separati dalle loro famiglie.

In una dichiarazione rilasciata lunedì lorganizzazione benefica con sede nel Regno Unito ha descritto le difficoltà nell’impegno di raccolta e verifica delle informazioni nell’attuale situazione di Gaza, dove continuano gli attacchi terrestri e aerei israeliani.

Lorganizzazione stima che vi siano almeno 17.000 minori non accompagnati e separati dalle loro famiglie, circa 4.000 probabilmente intrappolati sotto le macerie e un numero imprecisato di sepolti in fosse comuni.

“Altri sono stati fatti scomparire con la forza, compreso un numero indefinito di minori arrestati e trasferiti forzatamente fuori da Gaza e la loro ubicazione è sconosciuta alle loro famiglie con denunce di maltrattamenti e torture”, dichiara Save the Children.

Le famiglie sono torturate sulla mancanza di notizie rispetto all’ubicazione dei i loro cari. Nessun genitore dovrebbe essere costretto a scavare tra le macerie o nelle fosse comuni nel tentativo di trovare il corpo del proprio figlio”, afferma Jeremy Stoner, direttore regionale di Save the Children per il Medio Oriente.

Nessun bambino dovrebbe trovarsi solo, senza protezione in una zona di guerra. Nessun bambino dovrebbe essere detenuto o tenuto in ostaggio”, aggiunge.

Genocidio a Gaza

Dal 7 ottobre Israele sta conducendo una guerra devastante contro Gaza e oggi è sotto processo davanti alla Corte Internazionale di Giustizia per genocidio nei confronti dei palestinesi.

Secondo il Ministero della Sanità di Gaza nel genocidio israeliano in corso dal 7 ottobre 37.626 palestinesi sono stati uccisi e 86.098 feriti.

Inoltre in tutta la Striscia almeno 7.000 persone risultano disperse, presumibilmente morte sotto le macerie delle loro case.

Organizzazioni palestinesi e internazionali affermano che la maggior parte delle persone uccise e ferite sono donne e minori.

La guerra israeliana ha provocato una grave carestia, soprattutto nel nord di Gaza, con la morte di molti palestinesi, soprattutto minori.

Laggressione israeliana ha anche provocato lo sfollamento forzato di quasi due milioni di persone provenienti da tutta la Striscia di Gaza, costretti nella stragrande maggioranza a rifugiarsi nella sovraffollata città meridionale di Rafah, vicino al confine con lEgitto – in quello che è diventato il più grande esodo di massa dei palestinesi dalla Nakba del 1948.

Israele afferma che il 7 ottobre durante loperazione Al-Aqsa sono stati uccisi 1.200 soldati e civili. I media israeliani hanno pubblicato rapporti che rivelano come quel giorno molti israeliani siano stati uccisi dal fuoco amico”.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Il più grande fondo pensioni della Norvegia vende il suo pacchetto di azioni Caterpillar a causa dell’espansione coloniale israeliana

Redazione di MEE

26 giugno 2024 – Middle East Eye

l maggior fondo pensioni della Norvegia ha revocato la propria partecipazione in Caterpillar Inc. a causa del suo coinvolgimento nelle violazioni dei diritti nei territori occupati palestinesi.

La KLP con sede a Oslo all’inizio di questo mese ha venduto le proprie azioni e obbligazioni della società per un valore di 728 milioni di corone norvegesi (69 milioni di dollari).

Kiran Aziz, capo del settore investimenti responsabili dell’azienda, ha detto che le attrezzature della società con sede in Texas vengono usate “per demolire case ed infrastrutture palestinesi per sgombrare il terreno alle colonie israeliane” ed ha anche fatto riferimento all’uso dell’equipaggiamento Caterpillar da parte dell’esercito israeliano.

Benché Caterpillar si sia mostrata disposta ad aprire un dialogo con KLP, le risposte della società non sono risultate credibili riguardo alla sua capacità di ridurre realmente il rischio di violazione dei diritti di persone in situazioni di guerra o conflitto, o di violazione del diritto internazionale”, ha detto Aziz secondo Bloomberg [compagnia leader globale nelle informazioni economiche e finanziarie, ndt.].

La società non è in grado di fornirci assicurazioni che non stia facendo niente del genere.”

Caterpillar è tra le società citate dall’Ufficio delle Nazioni Unite dell’Alto Commissario per i Diritti Umani che sarebbero a rischio di “complicità in gravi violazioni delle leggi internazionali sui diritti umani e del diritto umanitario internazionale” a causa delle sue forniture a Israele.

In marzo il governo norvegese ha emesso un avviso formale contro ogni attività commerciale o finanziaria con le colonie illegali israeliane nei territori palestinesi occupati.

Il Ministro degli Esteri norvegese ha affermato in una dichiarazione che l’avviso è stato emesso nel contesto della crescente espansione delle colonie e della “accresciuta violenza coloniale contro i palestinesi”.

KLP ha fatto riferimento all’avviso del governo norvegese nella sua decisione di disinvestimento.

Dal 7 ottobre, quando un attacco di combattenti di Hamas nel sud di Israele ha ucciso 1.140 persone, le aggressioni dei coloni in Cisgiordania sono sempre più frequenti.

Secondo l’ONU e le associazioni per i diritti, da allora centinaia di palestinesi sono stati uccisi in Cisgiordania dalle truppe israeliane e dai coloni.

Israele ha anche incrementato la costruzione di insediamenti illegali.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Manifestanti pro-Palestina bloccano il porto italiano di Genova

Redazione di Middle East Monitor

25 giugno 2024 – Middle East Monitor

L’agenzia Anadolu riferisce che martedì attivisti solidali con la Palestina hanno inscenato una protesta al porto di Genova, nel Nord Italia, contro una consegna di armi ad Israele.

Martedì mattina presto i manifestanti, che comprendevano associazioni della società civile e sindacati dei portuali, hanno bloccato il porto in solidarietà con i palestinesi della Striscia di Gaza.

L’agenzia di stato italiana ANSA ha riferito che oltre 500 manifestanti hanno impedito il passaggio di camion che trasportavano container che dovevano essere caricati sulle navi.

I gruppi hanno criticato la fornitura di armi a Israele e hanno sostenuto che il porto di Genova è un punto di transito per le armi usate nel “massacro” dei palestinesi.

Un gruppo chiamato “giovanipalestinesi” ha scritto su Instagram che i container in arrivo al porto sono stati bloccati martedì mattina alle 6 ore locali.

Il gruppo ha aggiunto: “Sappiamo molto bene che la macchina da guerra comincia dalla logistica che invia armi, munizioni e tecnologia che hanno causato il genocidio del nostro popolo.”

Dall’incursione di Hamas oltre il confine del 7 ottobre 2023 che ha provocato 1.200 vittime, Israele ha ucciso più di 37.600 palestinesi. Il massacro ha ridotto il territorio in macerie e ha provocato una carestia.

Tuttavia da allora Haaretz [giornale israeliano di centro sinistra, ndt.] ha rivelato che elicotteri e carri armati dell’esercito israeliano hanno di fatto ucciso molti del 1.139 soldati e civili che Israele ha dichiarato essere stati ammazzati dalla resistenza palestinese.

Avendo violato la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che chiedeva un immediato cessate il fuoco, Israele ha dovuto affrontare una condanna internazionale a fronte della sua continua e brutale offensiva a Gaza [iniziata] dall’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023.

Israele è accusato di genocidio dalla Corte Internazionale di Giustizia, che con la sua ultima sentenza ha ordinato a Tel Aviv di fermare immediatamente le sue operazioni nella città meridionale di Rafah, dove un milione di palestinesi aveva cercato rifugio dalla guerra prima che fosse invasa il 6 maggio.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)