Meta accusata di ‘censura sistematica’ di contenuti filo-palestinesi

Redazione di Middle East Monitor

21 dicembre 2023 – Middle East Monitor

Martedì l’organismo di vigilanza di Meta ha dichiarato che il gigante dei social media, precedentemente noto come Facebook, ha commesso un errore nel rimuovere due video raffiguranti ostaggi e vittime provocati dal massacro militare israeliano contro i palestinesi di Gaza. La decisione è conseguente al fatto che Meta è accusata da Human Right Watch di “censura sistematica di contenuti palestinesi.”

Uno dei casi vede coinvolto un video Instagram che raffigura le conseguenze di un attacco aereo vicino all’ospedale Al-Shifa di Gaza, mostrando minori feriti e uccisi. Un altro video che si dice sia circolato è un filmato Facebook dell’attacco del 7 ottobre, che rappresenta una donna israeliana che implora i suoi rapitori di non farle del male mentre viene presa come ostaggio. L’organismo di vigilanza ha ritenuto che questi video fossero cruciali per “informare il mondo riguardo la sofferenza umana da entrambe le parti.” Tuttavia i sistemi di moderazione automatica di Meta inizialmente hanno rimosso i contenuti.

Sulla base della selezione della revisione dell’organismo di vigilanza, Meta è tornata sui suoi passi in entrambi i casi, ripristinando i video con un avviso prima della visualizzazione. Mentre l’organismo di controllo ha approvato il ripristino dei contenuti, ha espresso disaccordo sulla decisione di Meta di evitare che i video siano raccomandati agli utenti. In una dichiarazione l’organismo di controllo ha sollecitato Meta a rispondere più tempestivamente al cambiamento di circostanze sul terreno, sottolineando il delicato equilibrio tra l’importanza di dare voce alle persone e della sicurezza.

Mentre i due casi sono relativi ad entrambe le parti, le misure restrittive di Meta sui contenuti filo-palestinesi sono su su un livello diverso, dato che sono assoggettati ad una “censura sistematica”, secondo un nuovo rapporto rilasciato oggi da Human Right Watch.

L’organizzazione per i diritti umani documenta come il gigante dei social media Meta ha progressivamente ristretto il discorso in rete relativo alla Palestina sulle piattaforme come Facebook e Instagram. Nell’analisi si trovano più di 1.050 casi in cui il contenuto è stato rimosso, gli account sospesi, ha avuto luogo l’oscuramento e hanno avuto luogo altre forme di censura, tutte contro voci filo-palestinesi.

Secondo Debora Brown, la direttrice associata per la tecnologia e i diritti umani di Human Right Watch, queste restrizioni significano aggiungere “danno alla beffa in un periodo di indicibili atrocità e di una repressione che sta già soffocando l’espressione dei palestinesi.” Il rapporto sostiene che in mezzo ad attacchi devastanti a Gaza, in cui gli israeliani hanno ucciso oltre 20.000 civili, molti dei quali minori e donne, le misure restrittive di Meta servono ad “appoggiare la cancellazione della sofferenza dei palestinesi.”

Human Right Watch ha documentato quello che chiama un modello di cancellazione indebita e soppressione di un discorso protetto, che include espressioni di pace a supporto della Palestina e un dibattito pubblico riguardo ai diritti umani dei palestinesi. Il rapporto indica che il problema deriva da erronee politiche di Meta e dalla loro contraddittoria e sbagliata implementazione, da dipendenza eccessiva da strumenti automatici per moderare i contenuti e da una indebita influenza governativa sulla rimozione di contenuti.

Meta dovrebbe consentire di esprimere sulle sue piattaforme discorsi protetti, anche sulle violazioni dei diritti umani e dei movimenti politici, ha affermato Human Right Watch. L’azienda dovrebbe cominciare a rivedere le sue politiche riguardo a “organizzazioni e individui pericolosi” per adeguarle agli standard internazionali per i diritti umani.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




L’ONU chiede un’indagine in seguito alle accuse mosse all’esercito israeliano di aver ucciso palestinesi disarmati

Redazione di Al Jazeera

21 dicembre 2023 – Al Jazeera

L’ufficio per i diritti umani dell’ONU invoca un’indagine per ‘possibili crimini di guerra’ a fronte della notizia che l’esercito israeliano avrebbe ‘giustiziato’ 11 uomini palestinesi a Gaza.

L’ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani ha chiesto un’indagine indipendente sulle accuse secondo cui l’esercito israeliano avrebbe “sommariamente giustiziato” almeno 11 uomini palestinesi in quello che ha definito “un possibile crimine di guerra”.

Le autorità israeliane devono immediatamente avviare un’indagine indipendente, accurata ed efficace su queste affermazioni e, se fossero comprovate, i responsabili devono essere consegnati alla giustizia e si devono implementare misure per evitare che tali serie violazioni si ripetano,” ha dichiarato mercoledì l’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani (OHCHR).

Al Jazeera ha parlato con vari testimoni del raid di martedì durante il quale i soldati israeliani avrebbero circondato e fatto irruzione in un edificio residenziale, andando da un piano all’altro, separando gli uomini dalle donne e dai bambini per poi uccidere 11 degli uomini davanti alle loro famiglie. I sopravvissuti hanno detto che gli uomini avevano dai 20 ai 30 anni.

Hanno visto che eravamo uomini con le loro mogli e bambini. Mio cognato ha tentato di parlare per spiegare che in casa eravamo tutti civili, ma l’hanno ammazzato,” ha detto uno dei sopravvissuti ad Al Jazeera descrivendo l’attacco contro le famiglie rifugiatesi nell’edificio al-Adwa nel quartiere Remal a Gaza City.

I soldati “fatto irruzione in ogni casa, hanno ucciso gli uomini e trattenuto le donne e i bambini. Non sappiamo dove si trovino ora. Hanno fatto la stessa cosa ad ogni piano. Tutte le donne sono state portate in una stanza. Quando sono arrivati da noi al sesto piano hanno cominciato a uccidere tutti gli uomini,” ha detto una donna, aggiungendo che hanno sparato a suo suocero e al figlio che sono morti all’istante.

I sopravvissuti hanno detto che i soldati israeliani hanno anche aggredito le donne e i bambini dopo averli ammassati in una stanza dell’edificio noto come Annan.

Quando tutte le donne erano in una stanza ci hanno sparato contro tre bombe da mortaio e poi hanno continuato a mitragliarci,” ci ha riferito una donna ferita.

Io sono stata colpita con una pallottola alla mano, mia figlia alla testa, la mia figlia più piccola è stata uccisa e mio figlio è stato accecato. Mio marito è stato giustiziato a sangue freddo. Tutte le mie altre figlie hanno subito gravi ferite, ossa fratturate, le carni lacerate. Siamo stati tutti colpiti da pallottole o schegge,” ha aggiunto.

L’analista Tamer Qarmout, assistente universitario presso l’Istituto di Studi Universitari a Doha, ha accolto favorevolmente la richiesta di indagini dell’ONU per “le uccisioni illegali”, precisando ad Al Jazeera che la questione fondamentale è come saranno condotte.

A nessuno degli organismi che potrebbero indagare sui presunti crimini israeliani contro i palestinesi è permesso al momento di entrare nella Striscia di Gaza, ha fatto notare Qarmout.

Altri testimoni hanno riferito che gli uomini sono stati costretti a svestirsi prima di essere uccisi e un uomo ha detto che “neppure i ragazzini sono stati risparmiati. Sono stati tutti colpiti a bastonate. Hanno le ossa fratturate e sono ricoverati in ospedale.”

Non ci sono stati commenti dell’esercito israeliano in merito all’aggressione.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




A Betlemme, il luogo della nascita di Gesù, è tempo di lutto per i cristiani palestinesi

Laura Kingstaff

19 dicembre 2023 – Los Angeles Times

Betlemme, Cisgiordania – Non è [un articolo] sommesso. Né intende essere tale

Invece della visione bucolica della Natività il presepe mostra Gesù bambino avvolto in una kefiah palestinese a quadri, circondato da schegge di pietra, che evocano gli edifici bombardati nella Striscia di Gaza e i bambini sepolti sotto di essi.

Vedo Dio tra le macerie,dice Munther Isaac, il pastore palestinese di una storica chiesa luterana di Betlemme, la città della Cisgiordania celebrata dai cristiani come luogo della nascita di Gesù. E Cristo nacque sotto occupazione”.

Insieme ai parrocchiani ha allestito una scena di guerra, che rimarrà in chiesa per tutto il periodo natalizio. Anche se la visione è stridente, riconosce Isaac, non riesce a riassumere gli orrori quotidiani che accadono a sole 45 miglia di distanza, a Gaza.

I cristiani palestinesi, una minoranza in rapido calo in Terra Santa, questanno celebrano un Natale particolarmente cupo, cancellando i festeggiamenti natalizi in segno di solidarietà con i connazionali mentre la guerra di Israele contro i combattenti di Hamas continua.

In questo terzo mese di bombardamenti israeliani di Gaza, affiancati da unoffensiva di terra ad ampio raggio, entrambi scatenati dopo l’attacco di Hamas che ha ucciso centinaia di israeliani nelle loro case e dove si teneva un festival di musica allaperto, il bilancio delle vittime allinterno dellaffollata enclave costiera è, secondo i funzionari palestinesi, pari a più di 19.000, di cui circa due terzi donne e bambini.

A Betlemme, dove molti dei cristiani locali hanno parenti a Gaza, le ricorrenze natalizie saranno caratterizzate da preghiere, servizi religiosi e dalla processione annuale dei patriarchi cristiani, ma verranno evitati gli ornamenti tradizionali più festosi. Nessuna scintillante luce natalizia, nessun albero riccamente addobbato in Piazza della Mangiatoia, nessuna parata festosa con bande musicali.

“Come potremmo festeggiare?” chiede il sindaco della città, Hanna Hanania, il cui ufficio si affaccia su una Piazza della Mangiatoia quasi deserta. La piazza lastricata di fronte alla Chiesa della Natività, luogo di pellegrinaggio per i cristiani di tutto il mondo, in questo periodo dell’anno è solitamente animata, ma la maggior parte dei negozi di souvenir e dei ristoranti che la costeggiano sono sbarrati.

Betlemme, dove un tempo la maggioranza era cristiana e oggi tale comunità costituisce meno di un quinto della popolazione cittadina di circa 30.000 abitanti, è un microcosmo delle sofferenze della Cisgiordania. I posti di blocco la accerchiano e le pietrose colline terrazzate, dove di notte i pastori sorvegliavano le loro greggi, come recita il tradizionale canto natalizio, sono attraversate da unenorme barriera di sicurezza israeliana.

Circondata da insediamenti coloniali ebraici, la città ospita due campi profughi palestinesi ribollenti di malcontento, che vengono regolarmente attaccati dalle truppe israeliane.

Non è più la cittadina della Bibbia, dice il reverendo Mitri Raheb, rettore dellUniversità Dar al-Kalima di Betlemme. A 61 anni ricorda quando la visuale dalla vicina casa di famiglia era aperta sul versante di una montagna che diventava verde durante le piogge primaverili. Ora è interamente occupato da un insediamento coloniale, uno dei quasi 150 della Cisgiordania considerati illegali sulla base del diritto internazionale.

Per i cristiani palestinesi lattuale guerra segna una catastrofe nella catastrofe: il potenziale sradicamento di quella che era già una minuscola presenza cristiana a Gaza. Con meno di 1.000 su una popolazione di oltre 2 milioni di abitanti, il declino numerico della comunità in tempo di guerra è avvertito in modo sproporzionato.

Molti cristiani della zona di Betlemme hanno parenti a Gaza e sono terrorizzati per la loro incolumità.

Secondo funzionari palestinesi, una dependance della più antica chiesa ancora attiva di Gaza City, San Porfirio, è stata colpita dai bombardamenti israeliani in ottobre, coll’uccisione di almeno 16 delle centinaia di persone che vi si rifugiavano. L’ex senatore repubblicano degli Stati Uniti Justin Amash, un palestinese americano, ha pubblicato dei commenti angosciati sui social media a proposito di diversi parenti cristiani uccisi o mutilati durante il bombardamento.

“La nostra famiglia sta soffrendo gravemente”, ha scritto su X, ex Twitter, il repubblicano del Michigan diventato indipendente. Possa Dio vegliare su tutti i cristiani di Gaza e su tutti gli israeliani e palestinesi che soffrono, qualunque sia la loro religione o credo”.

Lo scorso fine settimana, due donne cristiane che si rifugiavano in un complesso di una chiesa cattolica romana a Gaza City sono state uccise dal fuoco dei cecchini israeliani, ha riferito il Patriarcato latino di Gerusalemme. I parenti le hanno identificate come madre e figlia – Naheda Anton, 71 anni, e sua figlia, Samr Anton, 58 anni – e hanno detto che dopo che la donna più anziana è stata colpita, sua figlia ha cercato di portarla in salvo ed è stata colpita a sua volta.

Jawdat Hanna Mikhail, nipote di una delle due donne e figlia della sorella dell’altra, ha detto che diversi altri membri della famiglia all’interno del complesso della Sacra Famiglia hanno cercato di raggiungere la coppia e anche loro sono stati colpiti e feriti.

“I cecchini sono appostati intorno alla chiesa”, dice Mikhail, 27 anni, che vive a Beit Sahur, appena fuori Betlemme. Nessuno può muoversi”.

Papa Francesco ha condannato luccisione delle donne. Una deputata britannica, Layla Moran, ha postato sui social media dei commenti sui membri della sua famiglia allargata, compresi due gemelli di 11 anni, anch’essi intrappolati nel complesso.

Ora non sono più sicura che sopravviveranno fino a Natale, ha dichiarato alla BBC.

Alcuni esperti osservatori delle tendenze demografiche cristiane affermano che, dopo anni di difficoltà, la piccola e sofferente comunità di Gaza è sullorlo dellestinzione.

Temo che questa guerra segnerà la fine della presenza cristiana a Gaza”, dice Raheb, il preside del college. “È una ferita sanguinante”.

Laumento della violenza evidenzia anche la complessa interazione interna nei territori palestinesi occupati tra i cristiani e la stragrande maggioranza musulmana. Recenti sondaggi suggeriscono che la popolarità di Hamas tra i palestinesi è in aumento sia in Cisgiordania che a Gaza nonostante, o a causa, del devastante attacco transfrontaliero contro Israele del 7 ottobre che ha dato il via alla guerra.

Nel 2007, quando Hamas prese il controllo della stretta fascia mediterranea, la popolazione cristiana di Gaza contava circa 3.000 persone; circa due terzi di loro se ne sono andati negli anni successivi, prima dell’inizio di questa guerra.

Sebbene generalmente più ricchi e meglio istruiti della popolazione nel suo insieme i cristiani di Gaza hanno sopportato, o sono stati allontanati, a causa delle stesse privazioni degli altri palestinesi: disoccupazione diffusa, mancanza di opportunità, battaglie periodiche tra Israele e Hamas. Ma sono rimasti raggelati anche dallomicidio irrisolto, nei primi giorni del governo di Hamas, di un importante direttore di una libreria cristiana che prima della sua morte aveva ricevuto minacce da gruppi jihadisti.

A Betlemme un decreto dellAutorità Nazionale Palestinese al governo della Cisgiordania impone che il sindaco, il vicesindaco e la maggioranza del consiglio comunale della città debbano essere cristiani. In precedenza, ha raccontato il sindaco, la maggioranza del consiglio era detenuta da una coalizione sostenuta da Hamas, che oltre a possedere un braccio armato si configura anche come movimento politico.

Sono i nostri vicini”, dice il sindaco.

Nella Chiesa della Natività, lantica basilica in pietra calcarea venerata dai cristiani come luogo della nascita di Cristo, i tempi duri hanno contribuito a smorzare le tensioni fra i tre ordinamenti cristiani che condividono il controllo dei locali.

Negli anni passati gli scontri giurisdizionali su angoli e fessure dei recessi bui e profumati di incenso della chiesa a volte si sono trasformati in alterchi fisici.

Padre Issa Thaljieh, un parroco greco-ortodosso di 40 anni presso la Chiesa della Natività, afferma che ora c’è una relativa armonia tra gli ordinamenti, e le loro controversie ampiamente oscurate dalla guerra.

Padre Issa, nato e cresciuto a Betlemme, dice che fin dall’infanzia ha sentito la potente attrazione della bellezza spirituale connessa non solo alla basilica ma alla città stessa, anche se il conflitto in corso con Israele ha sfigurato il paesaggio biblico che circonda Betlemme.

Anche se potrebbe vivere e lavorare altrove, dice che sente il dovere di restare e amministrare il suo gregge sempre più piccolo.

Il profondo dolore per la morte e la distruzione di Gaza pervade la ricorrenza, afferma il sacerdote, ma egli vede questo periodo anche come un faro di speranza tanto necessaria.

Questi sono tempi molto, molto tristi, dice. Ma il messaggio di Betlemme e il messaggio del Natale, che è il messaggio di pace, è più importante che mai”.

Laura King è una giornalista che lavora a Washington, DC per il Los Angeles Times. Membro dello staff Estero/Nazionale, si occupa principalmente di affari esteri. In precedenza ha ricoperto il ruolo di capo redazione a Gerusalemme, Kabul e Il Cairo.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Medici Senza Frontiere afferma che la situazione umanitaria nella Cisgiordania occupata è ‘estremamente critica’

Redazione di Middle East Monitor

19 dicembre 2023 – Middle East Monitor

Medici Senza Frontiere (Médicins Sans Frontières) ha descritto la situazione umanitaria nella Cisgiordania occupata da Israele come ‘estremamente critica’, in particolare a Jenin, data l’aggressione in corso contro i palestinesi da parte dello Stato di occupazione.

Oggi la situazione nella Cisgiordania, e particolarmente a Jenin, è estrema”, ha spiegato la coordinatrice a Jenin dell’organizzazione, Luz Saavedra. “Vediamo una significativa ripresa della violenza contro i civili, ed è andata crescendo rapidamente dal 7 ottobre.” Attacchi contro il sistema sanitario sono drammaticamente aumentati e sono diventati sistematici, ha sottolineato. Strade e infrastrutture, come anche acquedotti e fognature, sono stati distrutti.

Nelle scorse settimane,” ha aggiunto Saavedra, “le forze israeliane hanno assediato molti ospedali a Jenin, provocando un diretto impedimento alle cure sanitarie e hanno anche colpito e ucciso un ragazzo nella struttura dell’ospedale Khalil Suleiman. Il blocco delle cure sanitarie è sfortunatamente diventato una pratica comune. Durante ogni incursione diversi ospedali, incluso quello pubblico, sono stati circondati dalle forze israeliane.”

La mancanza di rispetto per gli ospedali è sconcertante, afferma un funzionario di Medici Senza Frontiere. “Da ottobre, siamo stati testimoni di un ragazzo di 14 anni colpito e ucciso nella struttura dell’ospedale, con i soldati che hanno sparato molte volte fuoco vivo e lacrimogeni contro l’ospedale, e infermieri sono stati costretti a spogliarsi e ad inginocchiarsi per strada. A fianco della violenza diretta, il costante blocco all’accesso alle cure sta anche mettendo a rischio le vite degli abitanti del campo e sembra che sia diventato una procedura operativa standard delle forze militari durante e dopo le incursioni militari a Jenin.”

In conclusione, ha sottolineato che l’organizzazione non può fornire le cure ai pazienti che non vanno in ospedale. “Le persone in stato di necessità devono poter avere un accesso sicuro al servizio sanitario e le strutture sanitarie devono essere protette.”

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Editoriale. Antisemitismo. L’estrema destra sbiancata attraverso il suo sostegno a Israele

Alain Gresh e Sarra Grira

19 dicembre 2023 – Orient XXI

La scena sarebbe stata impensabile nemmeno troppo tempo fa: deputati e sostenitori dell’estrema destra, alcuni compagni di strada del Gruppo Unione Difesa [sindacato studentesco di estrema destra, ndt.] (GUD) , che sfilano accanto a gruppi estremisti ebrei come la Lega di Difesa Ebraica (LDJ) e il Bétar [movimento giovanile del partito revisionista sionista fondato da Vladimir Jabotinsky, ndt.], durante la “marcia contro l’antisemitismo” del 12 novembre a Parigi. Nello stesso momento una parte della sinistra, che ha accettato di far da garante a questa manifestazione, veniva fischiata.

In poche settimane le autorità francesi, spalleggiate da diverse forze politiche e dai media, hanno rimosso l’ultimo ostacolo alla “normalizzazione” dell’estrema destra nello spazio politico, tollerando, anzi felicitandosi, della partecipazione del Rassemblement National (RN) [partito francese di estrema destra sovranista di Marine Le Pen, nato dal Front National, ndt.] e di Reconquète [partito francese di estrema destra fondato dal giornalista Eric Zemmour, ndt.] alla marcia del 12 novembre contro l’antisemitismo. L’odio per gli ebrei quindi non è più collegato agli eredi del Front National – partito co-fondato da un vecchio combattente delle SS – che continuano ad affermare che Jean-Marie Le Pen non è antisemita.

Questo antisemitismo non avrebbe alcun legame nemmeno con Reconquête, il cui dirigente Eric Zemmour continua a ripetere, nonostante le sue condanne, che il maresciallo Pétain avrebbe “salvato gli ebrei francesi”. Ormai questo razzismo si manifesterebbe soprattutto attraverso “la diserzione della France Insoumise [movimento politico di sinistra radicale, lanciato da Melanchon, ndt.]”, secondo Dov Alfon, direttore di Liberation, per il quale “la partecipazione del Rassemblement National alla marcia civica” sarebbe semplicemente “imbarazzante” (sic). E per non interrompere un così virtuoso cammino, alcuni partecipanti a questa marcia hanno sventolato, contrariamente a quanto affermato da molti media, delle bandiere israeliane, avallando così la confusione – troppo frequente, troppo sistematica, troppo pericolosa – tra Israele e gli ebrei. Un gesto in linea con l’intenzione già manifestata dal Presidente Emmanuel Macron nel luglio 2017, in occasione della commemorazione del rastrellamento del Velodromo d’Inverno [la più grande retata di ebrei in Francia durante la seconda guerra mondiale, ndt.] al fianco di Benjamin Netanyahu, di fare di Israele il depositario della lotta contro l’antisemitismo nel mondo.

Ebrei? No, israeliani

L’esempio è venuto dall’alto. Il governo di Emmanuel Macron, quello stesso che affermava che Philippe Pétain fu “un grande soldato”, desiderava commemorare la nascita di Charles Maurras, difensore dell’antisemitismo di Stato. Quanto al Ministro dell’Interno Gérald Darmanin, ha scritto un libro per spiegare che Napoleone Bonaparte “si interessò a dirimere le difficoltà relative alla presenza di decine di migliaia di ebrei in Francia. Alcuni di loro praticavano l’usura e davano origine a disordini e lamentele.”

Per il Rassemblement National il processo di ‘sbiancamento’ è iniziato nel 2011: Marine Le Pen affermava allora il sostegno del suo partito ad Israele, mentre Louis Aliot, suo compagno e numero due di quello che ancora si chiamava Front National, si recò a Tel Aviv e nelle colonie per cercare di sedurre l’elettorato francese. Di che far dimenticare i conti del padre e rassicurare le autorità israeliane che, dopo parecchi anni, non nascondono i loro legami con questi sionisti antisemiti, di cui il populista ungherese Victor Orban è uno dei capofila. Recentemente Israele ha avviato un dialogo con il partito Alleanza per l’Unità dei Romeni, che glorifica Ion Antonescu, il leader del Paese durante la seconda guerra mondiale. Collaborò coi nazisti e fu responsabile della morte di 400.000 ebrei. Dall’Austria alla Polonia, Netanyahu non conta più i suoi alleati di estrema destra, neofascisti, spesso negazionisti o nostalgici del III Reich.

La classe dirigente israeliana in realtà non fa che perpetuare così una tradizione che risale ai tempi dei padri fondatori del sionismo: trovare negli antisemiti europei degli alleati per la loro impresa, e che si protrae sulla scia della “convergenza coloniale”. L’universitario israeliano Benjamin Beit-Hallahmi scriveva, a proposito dell’alleanza tra il suo Paese e il Sudafrica dell’apartheid negli anni 1960-1980, il cui partito al potere dal 1948 aveva avuto simpatie per la Germania nazista:

“Si possono detestare gli ebrei e amare gli israeliani perché, in parte, gli israeliani non sono ebrei. Gli israeliani sono dei coloni e dei combattenti, come gli afrikaners [bianchi di origine olandese e ugonotta insediati dell’Africa meridionale, ndt.].”

Così, trovare degli accordi con l’antisemitismo europeo è da tempo la scelta dei dirigenti israeliani, che non si interessano alla lotta contro questo razzismo se non per mettere a tacere le critiche al loro governo, sulla scia di Netanyahu che definisce “antisemita” ogni velleità della Corte Penale Internazionale (CPI) o dell’ONU di indagare sui crimini di guerra commessi dall’esercito israeliano. Il giornalista Amir Tibon di Haaretz racconta quanto questa alleanza sia “una priorità delle forze religiose di destra in Israele, che propongono ai nazionalisti europei uno scambio: Israele vi fornirà un timbro di approvazione (alcuni lo hanno cinicamente definito un “certificato kasher”) e in cambio voi sosterrete le colonie israeliane nella Cisgiordania occupata.” Troviamo la stessa strategia nei confronti degli Stati Uniti, quando Netanyahu chiude un occhio sulle frequentazioni antisemite di Donald Trump, sull’ideologia dei fondamentalisti cristiani, la lobby filoisraeliana più potente a Washington che lo sostiene, o quando riceve il padrone di X (ex Twitter) Elon Musk a Gerusalemme alcuni giorni dopo aver approvato un tweet antisemita di quest’ultimo. Se il miliardario americano alla fine si è scusato, la sua piattaforma ha visto crescere del 60% i tweet antisemiti dopo che lui ne ha assunto il controllo.

La Palestina come catalizzatore

È proprio intorno alla “convergenza coloniale” che si articola il “nuovo antisemitismo” contro cui marciano, fianco a fianco, i partiti cosiddetti repubblicani e quelli di estrema destra. I loro due bersagli? Da una parte la sinistra anti-colonialista, quella che rifiuta la gerarchia dei razzismi, che non ne denuncia uno (l’antisemitismo) per negare l’esistenza dell’altro (l’islamofobia), e i musulmani nel loro insieme, che ancora ieri venivano chiamati “gli arabi”, i più anziani dei quali marciavano già 40 anni fa contro il razzismo di Stato. Questa sinistra che ha rifiutato di sbiancare il RN viene demonizzata, definita antisemita per la minima critica contro Israele, mentre il Ministro dell’Interno in nome della lotta contro l’antisemitismo, prima di essere richiamato all’ordine dai tribunali, vieta ripetutamente ai sostenitori delle vittime palestinesi di manifestare o di radunarsi.

Il fatto è che gli israeliani come i dirigenti di estrema destra europei percepiscono i musulmani come il nemico principale. Il genocidio in corso a Gaza serve da catalizzatore di questa strategia. Intorno alla difesa di Israele si ritrovano l’estrema destra e i sostenitori di questo Stato, entrambi ricorrendo all’immaginario dello “scontro delle civiltà” in atto dall’11 settembre 2001. Alle dichiarazioni bellicose e escatologiche di Netanyahu, che parla di lotta del “popolo della luce” contro “il popolo delle tenebre” fanno eco le affermazioni di Gilles-William Goldnadel su Le Figaro che evocano “la battaglia finale” tra “l’essere occidentale, la sua cultura pacifica e democratica” e “l’oriente”. Tra la realtà coloniale nella Palestina occupata e quella fantasmatica di un “imbarbarimento” delle periferie (ovviamente musulmane) di cui i “bianchi” sarebbero le prime vittime, non c’è che un passo, che una parte sempre più ampia della classe politica supera allegramente. Parallelismi evidenziati dal giornalista Daniel Schneidermann in un tweet del 30 novembre:

“Civilizzati contro barbari: a volte ho l’impressione che mi si raccontino storie analoghe quando mi si parla di Gaza e quando mi si parla di Crépol [dove venne assassinato in una rissa il giovane Thomas. Molti responsabili e editorialisti hanno strumentalizzato l’incidente facendone un caso di “razzismo anti-bianco”, ndt.]

E così il senatore Stephane Ravier, membro di Reconquète, può dichiarare al senato l’11 ottobre, durante una seduta di interpellanze al governo:

“Questi Fratelli Musulmani che vivono in mezzo a noi a causa della folle politica di immigrazione che tutti voi avete sostenuto qui, miei cari colleghi, per debolezza o per convinzione, bisogna trattarli come in Israele: con una risposta radicale e spietata.”

Così, ecco il nemico interno, ieri ebreo, oggi musulmano. Anch’esso asservito alla retorica elettoralista dell’estrema destra, il governo francese ha deciso di fare della lotta contro l’immigrazione “la sua grande causa” e cerca disperatamente di ottenere il sostegno dei repubblicani [partito della destra storica, ndt.] che nulla separa, su questa questione come su molte altre, dal Rassemblement National.

Oggi c’è una volontà di accordo”, ha dichiarato a questo proposito la presidente dell’Assemblea Nazionale Yael Braun-Pivet. Dopo il suo arrivo alla presidenza Macron ha trasformato, o piuttosto proseguito la trasformazione, del secolarismo del 1905 in secolarismo punitivo contro i musulmani. Ha agitato lo spettro del separatismo facendo di tutto perché i musulmani francesi non si sentano a casa sul nostro territorio. Se gli atti antisemiti sono stati giustamente denunciati, nessuna parola pubblica si è alzata contro l’ondata di affermazioni apertamente arabofobe e islamofobe, addirittura incitazioni all’assassinio e alla violenza, sui canali televisivi e sulle reti social, anche nei confronti di giornalisti musulmani.

Questi due pesi e due msure, l’immobilismo della Francia e dell’Unione Europea di fronte al genocidio in corso a Gaza e lo scatenarsi di violenza islamofoba istituzionale avranno una sola conseguenza: scavare un fossato sempre più largo non solo tra i Paesi del nord e del sud – in particolare tra la Francia e il Maghreb – rendendo concreto il discorso dello “scontro di civiltà”, ma anche all’interno stesso delle nostre società. La stigmatizzazione permanente di una parte dei nostri concittadini e degli immigrati, oltre al bavaglio imposto ad ogni voce critica riguardo a Tel Aviv, avrà un solo effetto: nutrire una collera che si trasformerà in odio e si abbatterà ciecamente nelle strade delle nostre città.

Alain Gresh

Specializzato in Medio Oriente, autore di diversi lavori, tra cui ‘De quoi la Palestine est-elle le nom?’ [la Palestina di che cosa è il nome?]

Sarra Grira

Giornalista, caporedattrice di Orient XXI.

(Traduzione dal francese di Cristiana Cavagna)




CONFLITTI ARMATI. Necessaria un’indagine internazionale urgente che indaghi sui crimini di guerra israeliani dopo che dei civili palestinesi sono stati sepolti vivi nell’ospedale Kamal Adwan di Gaza

16 dicembre 2023 – Euro-Med Human Rights Monitor

Ginevra – Secondo quanto riferito lesercito israeliano avrebbe seppellito vivi dei civili palestinesi all’esterno dellospedale Kamal Adwan nella città di Beit Lahia, nel nord della Striscia di Gaza, dopo nove giorni consecutivi di assedio totale dell’area, tra raid e orribili atrocità. È necessaria l’apertura di un’indagine internazionale indipendente sui fatti riportati, ha affermato Euro-Med Human Rights Monitor in un comunicato stampa diffuso sabato.

Sulla base di testimonianze che lorganizzazione con sede a Ginevra ha ricevuto dai media e dal personale medico sul posto, questa mattina, prima di lasciare la struttura medica, i bulldozer israeliani hanno seppellito vivi dei civili palestinesi nel cortile dellospedale. Dei testimoni hanno detto che tra i cumuli di terra era visibile almeno uno dei corpi e hanno confermato che la vittima è stata ferita prima di essere sepolta e uccisa.

Secondo Euro-Med Monitor i bulldozer dell’esercito israeliano sono entrati questa mattina nell’ospedale e hanno completamente distrutto la sua sezione sud lasciando dietro di sé, dopo diversi giorni di assedio e attacchi ininterrotti, una grande devastazione. L’organizzazione per i diritti umani riferisce che nove giorni fa i carri armati israeliani avevano cinto d’assedio lospedale mentre i cecchini prendevano il controllo degli edifici circostanti e sparavano su chiunque passasse.

Le squadre di Euro-Med Monitor continuano a documentare ciò che è accaduto oggi all’ospedale Kamal Adwan e hanno sottolineato la necessità di aprire un’indagine internazionale sulle orribili violazioni di cui la struttura è stata testimone negli ultimi giorni contro pazienti, sfollati e personale medico nel quadro di un deliberato e sistematico attacco di Israele, a partire dal 7 ottobre, contro le strutture sanitarie della Striscia di Gaza.

Lunedì 11 dicembre l’esercito israeliano ha bombardato in maniera mirata il reparto maternità dellospedale, uccidendo due donne e i loro due bambini e amputando le gambe di una terza donna. Il giorno successivo (martedì 12 dicembre) i militari hanno arrestato il direttore dellospedale, il dottor Ahmed Al-Kahlot, e hanno trasferito più di 70 operatori sanitari dallospedale a una destinazione sconosciuta.

Da allora i soldati hanno preso più volte dassalto lospedale, trasformando i suoi tetti e gli edifici in caserme militari e hanno imposto un assedio totale a coloro che erano intrappolati allinterno privandoli di cibo e acqua. Un testimone oculare che ha chiesto lanonimato per timore di ritorsioni ha affermato che i soldati israeliani 48 ore dopo l’invasione dellospedale e l’imposizione di un rigido assedio hanno ordinato a tutti gli uomini, compreso il personale medico, di riunirsi nel cortile dellospedale. Li hanno poi separati in gruppi di cinque e li hanno fotografati per confermare la loro identità.

L’esercito israeliano ha successivamente costretto ad uscire in gruppi la maggior parte delle persone intrappolate nellospedale, tra cui 65 feriti, 12 bambini in terapia intensiva, sei neonati prematuri, 2.500 sfollati e 100 membri del personale medico. A quasi 10 metri dall’ospedale hanno costretto i maschi a togliersi tutti i vestiti, ad eccezione dei boxer. Hanno tenuto le vittime all’aperto per sei ore prima di arrestarne circa 50-60; gli altri sono stati rilasciati e costretti a recarsi nelle scuole adibite a rifugio. Circa 50 pazienti, insieme alle loro famiglie, e cinque medici e infermieri, sono stati trattenuti in uno dei reparti dellospedale senza cibo, acqua o elettricità.

Durante il raid i soldati hanno distrutto i cancelli esterni dellospedale, parte dell’edificio amministrativo e la farmacia; hanno bruciato il magazzino dei medicinali prima di demolirlo; hanno distrutto il pozzo dell’acqua, il generatore di elettricità e la centrale per l’erogazione dell’ossigeno; hanno scavato una grande fossa nel cortile dell’ospedale e hanno riesumato circa 26 corpi di persone morte che, non potendo essere sepolte nei cimiteri a causa degli attacchi israeliani in corso, erano state precedentemente seppellite nel cortile. I bulldozer israeliani hanno rimosso i corpi in modo umiliante, afferma Euro-Med Monitor, violandone la dignità.

Euro-Med Monitor fa sapere che, sebbene l’esercito israeliano abbia pubblicato un’immagine con quattro individui che lasciano un ospedale con dei Kalashnikov nel tentativo di dipingerli come miliziani, la sua indagine iniziale ha rivelato che le persone raffigurate sono un medico qualificato, un infermiere e due civili sfollati, a cui i soldati hanno imposto di impugnare le armi degli agenti di sicurezza israeliani posti a guardia dei cancelli dell’ospedale.

Euro-Med Monitor ha ricevuto testimonianze che confermano che in ospedale un uomo anziano è stato recentemente lasciato morire di fame mentre un altro è stato ucciso da un cane dell’esercito israeliano che gli è stato aizzato contro. Altri, tra cui due pazienti, oltre ai bambini, sono morti nel reparto di terapia intensiva per non aver potuto ricevere cure mediche adeguate. L’organizzazione per i diritti umani afferma che le atrocità commesse dalle forze israeliane nell’ospedale Kamal Adwan fanno parte dei ripetuti e sistematici attacchi dell’esercito israeliano contro strutture sanitarie e ambulanze con i loro equipaggi, in corso dal 7 ottobre, che mirano a distruggere il sistema sanitario della Striscia di Gaza e costituiscono un crimine di guerra secondo le norme del diritto internazionale umanitario.

Euro-Med Human Rights Monitor sottolinea che ospedali, strutture mediche e veicoli sono obiettivi civili che godono di una protezione speciale ai sensi del diritto internazionale umanitario e del diritto bellico. Pertanto, la protezione specifica cui hanno diritto gli ospedali non viene meno sempre che non vengano utilizzati da una parte in conflitto per commettere, al di fuori delle loro funzioni umanitarie, una azione dannosa verso il nemico”. Le leggi umanitarie internazionali – leggi che Israele viola palesemente – sottolineano che il personale medico deve essere protetto e autorizzato a svolgere il proprio lavoro.

Finora Israele non ha fornito alcuna prova concreta che dimostri che gli ospedali nella Striscia di Gaza vengano utilizzati per scopi diversi dall’impiego sanitario. Euro-Med Monitor ha espresso grave preoccupazione per la trasformazione degli ospedali di Gaza da parte dell’esercito israeliano in caserme militari, postazioni di cecchini e centri di detenzione per personale medico, pazienti e sfollati interni, considerando in particolare il gran numero di civili feriti nella Striscia a causa del genocidio in corso da parte di Israele nei confronti dei palestinesi.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Guerra Israele-Palestina: quale sarà l’impatto dell’allagamento dei tunnel di Gaza con acqua di mare?

Rayhan Uddin a

14 dicembre 2023 – Middle East Eye

Pompare acqua di mare nella rete di tunnel danneggerà le risorse idriche e l’agricoltura – e potrebbe violare il diritto internazionale, dicono gli esperti a MEE

Prima dell’implacabile bombardamento israeliano contro Gaza, per i palestinesi l’accesso ad acqua pulita nell’enclave assediata era già scarsa. Potrebbe essere in procinto di peggiorare ulteriormente.  

Secondo un’inchiesta del Wall Street Journal di mercoledì l’esercito israeliano ha cominciato a pompare acqua di mare nei tunnel usati da Hamas.

La scorsa settimana il WSJ, citando funzionari USA, ha riferito che Israele aveva finito di montare almeno cinque grandi pompe per acqua di mare vicino al campo profughi di al-Shati nel nord di Gaza, pompe che possono attingere acqua dal mar Mediterraneo e spostare migliaia di metri cubi all’ora.

Si dice che funzionari israeliani stiano valutando un piano per allagare i tunnel durante parecchie settimane per tentare di smantellare la rete e indebolire i gruppi armati palestinesi.

Studiosi specializzati in acqua, diplomazia e conflitti hanno detto a Middle East Eye che gli allagamenti avranno effetti dannosi sull’ambiente, fra cui l’inquinamento delle già devastate risorse idriche di Gaza e il danneggiamento delle sue coltivazioni.

Secondo uno degli esperti l’impatto potrebbe costituire una violazione del diritto umanitario internazionale. 

Israele non ha fornito alcun dettaglio ufficiale sul piano di allagamenti, ritenendo l’informazione top secret. La durata e l’intensità delle misure proposte sono perciò sconosciute.

Mentre la portata complessiva e le dimensioni dell’impatto sono poco chiare, possiamo ragionevolmente aspettarci che almeno parte dell’acqua di mare filtrerà nel terreno dai tunnel, particolarmente in zone dove essi sono già stati danneggiati,” dice a MEE Juliane Schillinger, una ricercatrice presso l’Università di Twente, in Olanda. 

Schillinger, specializzata nell’interazione fra conflitti e gestione dell’acqua, afferma che le infiltrazioni potrebbero portare a un inquinamento localizzato del terreno e della falda con acqua di mare. 

È importante tenere presente che qui non stiamo solo parlando di acqua con un alto contenuto di sale – l’acqua lungo la costa mediterranea è anche inquinata da acque reflue non trattate che sono continuamente scaricate nel Mediterraneo dal sistema fognario di Gaza che funziona male,” spiega.

Danni all’agricoltura

L‘acquifero costiero di Gaza, l’unica fonte di acqua nell’enclave assediata, è già inquinato a causa dell’eccessivo pompaggio e dei liquami.

L’acqua è fornita in modo intermittente ai palestinesi nel territorio tramite pompe controllate da Israele che, all’inizio dell’attuale conflitto degli inizi di ottobre, le ha chiuse completamente per parecchi giorni.

Circa il 96% dell’acqua per uso domestico di Gaza è contaminato e non adatto al consumo umano, di conseguenza la maggior parte dei palestinesi conta su autobotti private senza controlli e impianti di desalinizzazione non autorizzati.

Secondo uno studio del 2021 quest’acqua è spesso contaminata. La guerra di Israele contro Gaza ha costretto a chiudere almeno tre dei maggiori impianti di desalinizzazione. 

La pessima qualità dell’acqua di Gaza è il risultato di una situazione in cui non c’è un contesto significativo perché i palestinesi possano determinare una propria gestione delle risorse idriche,” ci dice Michael Mason, professore di geografia ambientale presso la London School of Economics

Mason attribuisce la mancanza di controllo “a effetti duraturi e destabilizzanti del blocco israeliano, a sottosviluppo economico e ai frequenti conflitti armati”.

Aggiunge che ogni prospettiva di ricostruzione post-bellica di infrastrutture idriche si baserà sull’accesso alla falda, che sarà ancora più salinizzata e inquinata dai piani di allagamento.

La guerra l’ha già ulteriormente danneggiata in conseguenza dei danni alle infrastrutture fognarie e delle infiltrazioni di metalli pesanti per l’uso indiscriminato di bombe,” aggiunge Mason. 

Schillinger precisa che nel caso che Hamas abbia immagazzinato materiali tossici nei tunnel, l’inquinamento potrebbe essere accentuato dal dilavamento di tali sostanze nel suolo e nella falda.

L’allagamento con acqua di mare causerebbe danni a lungo termine anche all’agricoltura, già da tempo devastata dalle azioni di Israele.

L’uso agricolo della terra è stato gravemente colpito dagli attacchi militari, dall’occupazione e dall’evacuazione della popolazione,” continua Mason. 

Ipotizzando che il settore agricolo possa in qualche modo risorgere in futuro, la falda acquifera impregnata di sale limiterà enormemente la scelta delle coltivazioni.”

Oltre all’impatto sull’ambiente, il piano di allagamento solleva preoccupazioni sulla sicurezza degli israeliani presi come ostaggi durante l’attacco di Hamas e che potrebbero essere imprigionati nei tunnel.

Lo scorso mese alcuni degli ostaggi rilasciati hanno testimoniato di essere stati tenuti o nei tunnel o in nascondigli.

Violazione del diritto internazionale

Non sarebbe la prima volta che i tunnel vengono allagati per indebolire Hamas: l’Egitto l’aveva fatto con liquami nel 2013 e due anni dopo con acqua di mare.

Il Cairo lo fece per prevenire il contrabbando di armi, risorse e il passaggio di combattenti che sarebbe avvenuto fra il sud di Gaza e la penisola del Sinai. 

Otto anni fa ciò causò l’allagamenti di case e imprese civili, oltre a danni alle risorse idriche e alle colture. 

Probabilmente Israele sosterrà che tale azione è “proporzionata” come obiettivo militare ai sensi del diritto internazionale, dato l’uso della rete da parte dei combattenti palestinesi. 

Mason però aggiunge che causare danni a lungo termine all’ambiente è illegale. 

 “Un allagamento prolungato ed esteso della rete dei tunnel violerebbe le norme di diritto umanitario internazionale consuetudinario che proibiscono atti di guerra intesi a causare, o che ci si aspetta causino, vasti e gravissimi danni a lungo termine all’ambiente naturale,” precisa. 

Tale violazione del diritto umanitario internazionale è resa ancor più probabile perché l’acquifero è essenziale alle necessità della popolazione civile ed è già a un punto di non ritorno da un tracollo a lungo termine.”

Middle East Eye ha contattato l’esercito israeliano a proposito dell’impatto dell’allagamento dei tunnel, ma al momento di andare in stampa non ha ricevuto risposta. 

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Guerra Israele-Palestina: il gabinetto di guerra israeliano “blocca la proposta del capo del Mossad” di riprendere i colloqui in Qatar

Redazione di MEE

14 dicembre 2023-Middle East Eye

David Barnea si è offerto di avviare i negoziati sugli ostaggi, ma secondo Channel 13 i ministri non vogliono che sia Israele a fare la prima mossa

Il capo del Mossad si è offerto di recarsi in Qatar per riavviare i negoziati per la liberazione dei prigionieri israeliani detenuti a Gaza, ma secondo un rapporto pubblicato dall’ emittente israeliana Channel 13 il gabinetto di guerra israeliano ha rifiutato l’offerta,

Secondo fonti affidabili su questa questione, David Barnea non è stato inviato a Doha a causa della percezione [del governo israeliano, ndt.] che gli alti funzionari di Hamas in Qatar siano stati esautorati dai suoi leader a Gaza.

Il rapporto, pubblicato mercoledì sera, afferma che i ministri israeliani non proporranno un accordo né avvieranno colloqui, a meno che non siano convinti che Hamas intenda stringere un altro accordo.

Le fonti hanno detto a Channel 13 che il primo ministro Benjamin Netanyahu, il ministro della Difesa Yoav Gallant e il politico dell’opposizione Benny Gantz, che fa parte del gabinetto di guerra, sono tutti d’accordo sul fatto che Israele non dovrebbe prendere l’iniziativa per un accordo.

Il rapporto afferma inoltre che Netanyahu e Gallant sono favorevoli ad aspettare che Hamas faccia una mossa, mentre Gantz ritiene che i mediatori del Qatar dovrebbero essere spinti a portare avanti i negoziati.

Giovedì, Al-Araby al-Jadeed [sito di notizie noto anche come The New Arab, ndt.] citando fonti egiziane ha riferito che Israele si è rivolto all’Egitto per condurre negoziati su un accordo per il rilascio dei prigionieri.

Le fonti dicono che il capo dell’intelligence egiziana Abbas Kamel ha parlato al telefono con Barnea domenica.

Il capo dell’ufficio politico di Hamas a Gaza, Basem Naim, ha negato che siano avvenuti nuovi negoziati sui prigionieri con i mediatori.

A Gaza sono ancora tenuti prigionieri circa 140 ostaggi

Alla fine di novembre una pausa di sette giorni ha dato una breve tregua ai palestinesi dell’enclave che erano stati sotto costante bombardamento israeliano. Ha inoltre aperto la strada al rilascio di palestinesi detenuti nelle carceri israeliane e di ostaggi tenuti prigionieri a Gaza.

Circa 240 palestinesi sono stati rilasciati dalle carceri israeliane in cambio di 105 ostaggi tenuti prigionieri a Gaza.

I palestinesi rilasciati erano donne e giovani. La CNN ha riferito che dei primi 150 palestinesi rilasciati, 98 non erano stati accusati di alcun reato.

Si ritiene che gli ostaggi liberati da Gaza fossero tutti civili, tra cui diverse donne e bambini. La stragrande maggioranza sono cittadini israeliani, anche se molti hanno la doppia nazionalità. Tra i liberati figurano 23 cittadini thailandesi. Si ritiene che circa altre 140 persone siano rimaste prigioniere a Gaza, secondo le stime ufficiali israeliane. Secondo Hamas, diversi prigionieri israeliani sono stati uccisi dai bombardamenti e dai raid israeliani.

La campagna di bombardamenti israeliana che dura da due mesi ha ucciso oltre 18.608 palestinesi a Gaza, tra cui oltre 7.000 minori.

Ciò è avvenuto dopo l’attacco a sorpresa di Hamas nel sud di Israele, che ha ucciso almeno 1.140 persone, per lo più civili.

(traduzione dall’inglese di Giuseppe Ponsetti)




Sospesa la cerimonia per l’attribuzione di un premio dopo che l’autrice ha paragonato Gaza ai ghetti ebraici dell’epoca nazista

Kate Connolly da Berlino

14 dicembre 2023 – The Guardian

La giornalista russo-statunitense Masha Gessen aveva vinto il premo tedesco Hannah Arendt per il pensiero politico

Una fondazione tedesca ha affermato che non consegnerà più il premio per il pensiero politico a un’importante giornalista russo-statunitense dopo aver criticato come “inaccettabile” un recente saggio dell’autrice in cui fa un paragone tra Gaza e un ghetto ebraico nella Germania occupata dai nazisti.

Venerdì Masha Gessen avrebbe dovuto ricevere il premio Hannah Arendt per il pensiero politico. Ma la cerimonia di premiazione ora non avrà luogo come previsto dopo che la Heinrich Böll Foundation (HBS), affiliata al partito dei Verdi, ha affermato di aver ritirato il proprio appoggio. L’HBS sostiene di aver preso questa decisione in accordo con il senato di Brema, la città portuale del nord in cui era previsto che avesse luogo la premiazione.

Secondo il giornale tedesco Die Zeit, che ha pubblicato la notizia, il premio sarà ancora assegnato a Gessen, ma “in un contesto diverso”, sabato e non venerdì. Non risulta ancora chiaro chi lo presenterà, cosa verrà consegnato e se Gessen e altri ospiti invitati pensano ancora di parteciparvi.

L’HBS ha affermato di dissentire e rifiutare il paragone tra Gaza e i ghetti ebraici in Europa fatto da Gessen in un saggio del 9 dicembre sul New Yorker [famosa rivista statunitense di sinistra, ndt.].

Nel saggio Gessen critica l’incondizionato appoggio tedesco a Israele, richiamando l’attenzione sulla risoluzione del Bundestag del 2019 che condanna come antisemita il movimento BDS per il boicottaggio di Israele e citando un ebreo critico con la politica della Germania sul ricordo dell’Olocausto, secondo il quale la cultura della memoria è “andata in tilt”.

Nel paragrafo che ha attirato l’attenzione della HBS Gessen scrive che “ghetto” sarebbe “il termine più appropriato” per descrivere Gaza, ma la parola “provocherebbe accese polemiche per il confronto tra la situazione dei gazawi assediati e quella degli ebrei rinchiusi in un ghetto. Ciò ci avrebbe anche dato il linguaggio per descrivere quello che sta succedendo ora a Gaza. Il ghetto viene liquidato.”

La fondazione afferma che Gessen ha sottinteso che Israele intenda “liquidare Gaza come un ghetto nazista,” aggiungendo che “questa affermazione è inaccettabile per noi e la rifiutiamo.”

Gessen è stata contattata dal Guardian per un commento.

Su X/Twitter ha scritto che nessun mezzo di comunicazione tedesco rappresentativo ha cercato di contattarla, nonostante giovedì la storia sia stata ampiamente raccontata sui media tedeschi.

La Heinrich Böll Foundation ha annunciato ad agosto che Gessen aveva vinto il premio in base a una decisione presa da una giuria indipendente. All’epoca essa ha affermato che “come analista del declino e della speranza, Gessen ha informato sui giochi di potere e le tendenze totalitarie così come sulla disobbedienza civile e l’amore per la libertà.”

Sostenitori di Gessen, che è ebrea e i cui nonni e bisnonni sono stati tra i membri della famiglia uccisi dai nazisti, hanno subito evidenziato l’ironia di sospendere un premio concesso in memoria di Arendt, storica, filosofa e teorica politica antitotalitaria ebrea-americana nata in Germania, che coniò la frase “la banalità del male” riguardo al processo contro l’importante nazista Adolf Eichmann, che lei raccontò come giornalista per The New Yorker.

Samantha Rose Hill, autrice del profilo di Hannah Arendt ed editrice della raccolta di poesie di Arendt, l’ha definito “un affronto alla memoria di Hannah Arendt. In base alla sua stessa logica, la Heinrich Böll Foundation dovrebbe cancellare del tutto il premio Hannah Arendt.”

Un altro accademico ha affermato che, in base alle ragioni fornite per questa decisione, “Hannah Arendt oggi in Germania non avrebbe ottenuto il premio Hannah Arendt.”

In un’intervista pubblicata martedì da Die Zeit Gessen ha parlato delle reazioni che Arendt dovette affrontare in quanto fu una delle prime a criticare Israele, mettendo in guarda contro la costituzione di uno Stato puramente ebraico in Palestina, di conseguenza con l’esclusione della popolazione araba.

In una lettera aperta scritta con Albert Einstein e altri intellettuali ebrei Arendt, sottolinea Gessen, paragonò persino il Partito della Libertà israeliano [partito della destra sionista, ndt.] ai nazisti dopo che aveva messo in atto violenze con motivazioni razziali contro civili.

“Sono consapevole che, soprattutto in Germania, questo tipo di paragone è subito visto come una relativizzazione dell’Olocausto. È per questo che è molto importante per me che una pensatrice così differenziata e intelligente come Arendt non abbia avuto timore a fare questo paragone,” ha detto Gessen al giornale.

In riferimento alle persone che in Germania sono sospettose nei confronti della sfida “alla logica della politica tedesca della memoria” per paura di essere accusate di antisemitismo, ha aggiunto: “Il problema è che queste critiche a Israele sono spesso viste come antisemite, che penso sia l’autentico scandalo antisemita. Ciò ignora il vero antisemitismo.”

In una lettera aperta pubblicata mercoledì la sezione di Brema della German-Israeli Society ha affermato che le dichiarazioni di Gessen hanno “chiarito che il premio avrebbe onorato una persona il cui pensiero è in evidente contrasto con quello di Hannah Arendt.”

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Trovati in una scuola di Gaza corpi di donne, minori e neonati ‘colpiti a morte dalle forze israeliane’

Redazione di The New Arab

13 dicembre 2023 – The New Arab

A quanto riferito l’esercito israeliano ha colpito ed ucciso palestinesi che si erano rifugiati in una scuola vicino al campo profughi di Jabalia, nella parte settentrionale di Gaza.

I corpi di più di una decina di palestinesi che sarebbero stati colpiti a morte dalle forze israeliane sono stati trovati mercoledì in una scuola nella parte settentrionale di Gaza.

Almeno 15 corpi crivellati di proiettili e decomposti sono stati trovati ammucchiati nella scuola Shadia Abu Ghazala ad ovest del campo profughi di Jabalia, in un’area chiamata Al-Faluja. La scuola è stata usata come rifugio per le persone sfollate a causa dei bombardamenti israeliani.

Testimoni oculari e parenti delle vittime hanno affermato che sono state colpite a bruciapelo dalle truppe israeliane. A quanto pare le vittime sono state uccise nella notte tra martedì e mercoledì, ma ciò non può essere confermato.

Un video sconvolgente dei corpi è stato ottenuto da Al Jazeera e condiviso sui social media.

Precedentemente mercoledì Israele ha bombardato la scuola primaria per ragazzi Abu Hussein di Jabalia gestita dalle Nazioni Unite, uccidendo e ferendo decine di persone.

Israele ha continuamente bersagliato scuole ed ospedali dove avevano trovato rifugio decine di migliaia di palestinesi sfollati per la brutale campagna militare aerea e terrestre israeliana.

Intere famiglie ed edifici multipiano sono stati spazzati via dagli attacchi dell’aviazione israeliana e la maggior parte delle 18.600 persone uccise dal 7 ottobre sono donne e minori.

Ci sono state richieste internazionali di portare Israele davanti ad una corte di giustizia per il genocidio in corso a Gaza.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)