Il giro d’Italia deve stare lontano da Israele

Tamara Nassar

22 settembre 2017,  Electronic Intifada

I palestinesi stanno chiedendo agli organizzatori del Giro d’Italia di annullare il progetto che vedrebbe partire da Gerusalemme la corsa di ciclismo del 2018.

Israele è stato annunciato come Paese ospite del più prestigioso avvenimento ciclistico dopo il Tour de France.

Secondo un post di appello alla mobilitazione del comitato nazionale del BDS palestinese, il gruppo dirigente per la campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni per i diritti dei palestinesi, ospitare uno degli eventi sportivi più seguiti al mondo “servirà ad Israele come indice di approvazione dell’oppressione israeliana dei palestinesi.”

L’appello alla mobilitazione invita gli attivisti a dire agli organizzatori della competizione: “Proprio come sarebbe stato inaccettabile per il Giro d’Italia iniziare dal Sudafrica dell’apartheid negli anni ’80, è inaccettabile iniziare la corsa da qualunque luogo sotto il controllo israeliano.”

E’ previsto che la corsa inizi a Gerusalemme, e poi si allontani in due direzioni, una da Haifa a Tel Aviv e l’altra da Bir al-Saba a Eilat. Questa sarà la prima volta che il Giro d’Italia inizierà fuori dall’Europa.

L’evento intende celebrare i 70 anni dell’”indipendenza israeliana” ed è stato coordinato dal magnate canadese-israeliano del settore immobiliare Sylvan Adams.

La corsa inizierà solo 10 giorni prima della commemorazione della Nakba, che segna i 70 anni da quando le forze sioniste espulsero 750.000 palestinesi, svuotando o distruggendo in questo processo centinaia di città, cittadine e villaggi.

Aperto a tutti?

Yariv Levin, il ministro israeliano del Turismo, ha affermato che ciò è parte degli sforzi per “trasformare radicalmente” Israele in una normale “destinazione per lo svago ed il turismo”.

Non è la prima volta che avvenimenti sportivi sono stati utilizzati per mascherare i crimini di Israele, distrarre dall’occupazione militare e normalizzarne l’immagine.

Questi tentativi sono anche intesi a rafforzare le pretese di Israele su Gerusalemme.

Il sindaco israeliano di Gerusalemme Nir Barkat, che sovrintende alla continua distruzione delle case palestinesi e all’espulsione forzata di palestinesi per far posto ai coloni ebrei, è comparso con altre personalità israeliane ad un evento per annunciare i progetti per il Giro d’Italia 2018.

Il nostro messaggio al mondo è chiaro: Gerusalemme, la capitale dello Stato di Israele, è aperta a tutti,” ha dichiarato, sottolineando che egli vede il Giro d’Italia come un sostegno alle rivendicazioni politiche di Israele.

Tuttavia Gerusalemme non è aperta a tutti. Le milizie sioniste occuparono la parte occidentale della città nel 1948, espellendo i residenti palestinesi e impossessandosi delle loro proprietà. Non venne loro consentito di tornare. Israele occupò la parte orientale nel 1967, e da allora ha continuato a costruirvi colonie in violazione delle leggi internazionali.

Israele ha obbligato migliaia di palestinesi di Gerusalemme ad andarsene dalla città come parte di quello che Human Rights Watch descrive come “il tentativo di consolidare una maggioranza ebraica a Gerusalemme” da parte di Israele.

Le limitazioni israeliane significano anche che frequentemente ai palestinesi che vivono altrove nella Cisgiordania occupata viene impedito di visitare la città.

Anche a malati di Gaza sono state spesso negate dalle autorità israeliane cure mediche negli ospedali di Gerusalemme.

La demolizione da parte di Israele delle case in Cisgiordania – ed anche a Gerusalemme est sotto la supervisione di Barkat – ha raggiunto un nuovo record nel 2016.

Finanziamenti israeliani

Il governo israeliano ha dato un forte sostegno all’evento ciclistico. Parte del percorso porterà i corridori in giro a visitare il parlamento israeliano, la Knesset, l’Alta Corte israeliana, il museo di Israele e la Città Vecchia di Gerusalemme.

Il governo israeliano ha anche detto che sta mettendo in atto la più grande operazione di sicurezza nella storia di Israele.

Sta anche coprendo i costi totali per ospitare il Giro d’Italia, che ammontano a circa 14 milioni di dollari per l’evento, circa un terzo dei quali arriveranno direttamente al gruppo mediatico RCS per i diritti di ospitalità.

Il gruppo mediatico RCS è l’impresa italiana che organizza la corsa.

L’investimento israeliano nell’avvenimento è parte dei tentativi di promuovere la propria immagine pubblica. Dall’attacco israeliano del 2014 contro Gaza, l’industria turistica israeliana è andata declinando, nonostante gli sforzi promozionali che godono di abbondanti finanziamenti.

Un recente sondaggio della BBC ha classificato Israele come uno dei quattro Paesi meno apprezzati al mondo.

Respingere

Sharaf Qutaifan, della PACBI, la “Palestinian Campaign for the Academic and Cultural Boycott of Israel” [“Campagna Palestinese per il Boicottaggio Accademico e Culturale di Israele”, ndt.], ha ricordato le continue violenze nei confronti degli atleti palestinesi e la distruzione di impianti sportivi da parte di Israele.

Sostenere che questa corsa in qualche modo “unirà” è risibile ed è un affronto per i palestinesi, obbligati per decenni ad intraprendere una letale corsa ad ostacoli fra bombe, pallottole, posti di blocco, interruzioni di strade e muri,” ha affermato.

Ma il direttore del Giro d’Italia Mauro Vegni ha sostenuto che qualunque difficoltà l’evento possa incontrare sarà esclusivamente logistico e non politico.

Attivisti palestinesi hanno lanciato la #RelocatetheRace campaign [“Campagna per spostare la corsa”, ndt.] per protestare contro gli organizzatori del Giro d’Italia, ricordando loro le violazioni dei diritti umani da parte di Israele lungo il percorso previsto e invitandoli a tenere l’evento altrove.

L’ambasciata italiana a Tel Aviv ed il gruppo della lobby dei cristiani sionisti “Christians United for Israel” [“Cristiani uniti per Israele”, ndt.] hanno plaudito alla decisione di iniziare la corsa a Gerusalemme.

Nonostante l’ostilità dei leader italiani verso il movimento di solidarietà con la Palestina, attivisti italiani sono tra quanti in Europa hanno intensificato il proprio impegno per lottare contro la complicità con l’apartheid israeliano e i tentativi di nascondere i suoi crimini.

Tamara Nassar è vice-redattrice di “The Electronic Intifada”.

(traduzione di Amedeo Rossi)

 




Presentate alla corte dell’Aja prove di apartheid, saccheggio ed assassinio da parte di Israele

Ali Abunimah

21 settembre 2017,Electronic Intifada

Mercoledì [20 sett.] quattro organizzazioni palestinesi per i diritti umani hanno presentato alla procura della Corte Penale Internazionale 700 pagine di prove di crimini di guerra e contro l’umanità da parte di Israele.

Ciò avviene mentre due comunità palestinesi in Cisgiordania devono affrontare un’imminente e totale distruzione da parte di Israele.

I crimini dettagliati nel dossier includono la persecuzione, l’apartheid, il furto esteso, la distruzione ed il saccheggio delle proprietà palestinesi e prove degli “omicidi ed assassinii deliberati” di centinaia di palestinesi dal 2014.

Shawan Jabarin, direttore del gruppo per i diritti umani Al-Haq, ha affermato che il dossier “fornisce una base convincente e ragionevole” perché la procura apra un’indagine in merito a possibili crimini di guerra e contro l’umanità da parte di Israele nella Cisgiordania occupata, compresa Gerusalemme est.

Questo è il quarto dossier che i gruppi per i diritti umani hanno presentato alla corte. Mentre questo si concentra sulla Cisgiordania, quelli precedenti riguardavano crimini commessi da importanti personalità civili e militari israeliane durante l’attacco del 2014 contro Gaza.

Minacce di morte e vessazioni

Jabarin ha presentato il documento alla corte dell’Aja insieme alla sua collega Nada Kiswanson. Kiswanson ed altri ricercatori per i diritti umani affiliati a Al-Haq sono stati bersaglio di una lunga campagna di vessazioni e di minacce di morte che un esperto analista israeliano ha collegato a “operazioni segrete” del governo israeliano.

Al-Haq ritiene che le minacce siano legate al lavoro di Kiswanson per preparare il dossier per la corte internazionale. Il governo dell’Olanda, dove si trova la corte, ha affermato che è stata aperta un’inchiesta penale in merito alle minacce.

Dominio degli ebrei israeliani”

In base alle affermazioni di Al-Haq, l’ultimo documento “prende in considerazione il tentativo di Israele di ampliare il proprio territorio e di garantirvi il dominio degli ebrei israeliani modificando la composizione demografica dei territori palestinesi occupati.”

Raji Sourani, direttore del “Palestinian Center for Human Rights” [“Centro Palestinese per i Diritti Umani”, ndt.], ha affermato che il trasferimento di coloni nelle terre palestinesi occupate da parte di Israele “costituisce un unico crimine di guerra in quanto accompagnato dalla confisca di parti consistenti di terra palestinese, dalla distruzione massiccia di proprietà palestinesi e dalla frammentazione del tessuto sociale e del modo di vita palestinesi.”

Benché le violazioni israeliane nella Cisgiordania occupata possano essere viste separatamente da quelle a Gaza, Issam Younis, direttore del “Al Mezan Center for Human Rights” [“Centro Al Mezan per i Diritti Umani”, ndt] ha spiegato come essi siano legati: “In ultima analisi l’isolamento di Gaza, oltre ai periodici attacchi militari su vasta scala, consente a Israele di consolidare il proprio controllo su tutti i territori palestinesi occupati e nega ai palestinesi il loro diritto, internazionalmente riconosciuto, all’autodeterminazione.”

Pressione

Il comportamento di Israele durante la guerra del 2014 contro Gaza, così come denunce di numerosi crimini in Cisgiordania, è attualmente oggetto di un esame preliminare da parte della procura dell’Aja. Deve decidere se aprire un’indagine accurata, che potrebbe portare a un’incriminazione formale di dirigenti e personale militare israeliani.

Non ci sono limiti di tempo per un esame preliminare, e la procura si trova sotto costante pressione da parte di Israele e degli Stati Uniti per lasciare che Israele se la cavi. Sono incentivati in ogni modo a starsene con le mani in mano.

Indagini farsa su se stesso

Lo scorso mese due gruppi per i diritti umani hanno concluso che il sistema israeliano di inchiesta su se stesso in merito a possibili crimini contro palestinesi da parte delle proprie forze è una farsa.

Centinaia di casi, compresa la nota uccisione di quattro ragazzini che giocavano a pallone su una spiaggia nel luglio 2014 [a Gaza, ndt.], non hanno portato a nessuna sanzione nei confronti dei responsabili.

Nel maggio 2016 B’Tselem ha annunciato che non avrebbe più collaborato con le inchieste per omicidio dell’esercito israeliano né per altri attacchi contro palestinesi nella Cisgiordania occupata.

Non aiuteremo più un sistema che copre le inchieste e serve come foglia di fico per l’occupazione,” ha spiegato il direttore del gruppo israeliano per i diritti umani.

Quando si tratta di crimini come l’apartheid e la colonizzazione, Israele ovviamente non fa niente per condurre indagini e punire se stesso – dato che questi crimini sono pianificati ed eseguiti dallo Stato stesso.

Ma persino in situazioni in cui Israele ha riconosciuto – almeno sulla carta – che una determinata azione era un crimine, nessuno ne ha pagato le conseguenze.

Ciò dovrebbe essere un importante fattore nelle decisioni della procura, perché, in base al suo statuto fondativo, la Corte Penale Internazionale interviene solo quando le autorità giudiziarie nazionali non sono disposte o non possono condurre procedimenti imparziali.

Villaggi che devono far fronte alla distruzione

Né le azioni della corte sono solo una questione di responsabilizzazione per il passato, ma per porre fine a crimini in corso.

Questo mese B’Tselem ha messo in guardia importanti dirigenti israeliani, compresi il primo ministro Benjamin Netanyahu, il ministro della Difesa Avigdor Lieberman e il capo di stato maggiore militare, che potrebbero essere personalmente imputabili per crimini di guerra se procedessero all’apparentemente imminente distruzione di Khan al-Ahmar e Susiya, due comunità della Cisgiordania.

La demolizione di intere comunità nei territori occupati è pressoché senza precedenti dal 1967,” ha affermato B’Tselem.

Robert Piper, direttore dell’aiuto umanitario ONU in Palestina, ha twittato: “Tener d’occhio la comunità beduina di Khan al-Ahmar a rischio di deportazione da parte delle autorità israeliane nei prossimi giorni.”

Egli ha involontariamente identificato un problema in cui l’ONU gioca un ruolo fondamentale: la cosiddetta comunità internazionale se ne sta in disparte e si limita a guardare come Israele commette quotidianamente crimini.

(traduzione di Amedeo Rossi)

 

 




Maestra canadese vince contro i tentativi della lobby israeliana di farla licenziare

Ali Abunimah – 18 Settembre 2017 , Electronic Intifada

La maestra elementare canadese Nadia Shoufani ha vinto una lotta durata un anno contro i tentativi di gruppi della lobby israeliana di farle perdere il lavoro.

Shoufani, che insegna a Mississauga, a ovest di Toronto, è stata oggetto di lamentele a causa di un discorso del luglio 2016 che ha tenuto durante un raduno in appoggio ai diritti dei palestinesi.

Lunedì Liz Stuart, presidentessa dell’Associazione degli Insegnanti Cattolici Inglesi dell’Ontario, ha detto in una dichiarazione a “The Electronic Intifada”: “All’inizio dell’anno il caso della signorina Shoufani è arrivato davanti al Collegio degli Insegnanti dell’Ontario ed è stato riconosciuto che non è stata in contrasto con la condotta che ci si attende da un insegnante.”

E’ in classe e non ha avuto sanzioni disciplinari.”

Ciononostante continua ed essere estremamente dispiaciuta che la sua integrità professionale sia stata pubblicamente messa in dubbio senza che ci sia stata una procedura corretta,” ha aggiunto Stuart. “Questo caso non avrebbe mai dovuto arrivare davanti al Collegio degli Insegnanti, e la signorina Shoufani non avrebbe dovuto passare per il calvario dei mesi scorsi.”

Il sindacato della Stuart ha rappresentato Shoufani davanti al Collegio degli Insegnanti dell’Ontario, un organismo riconosciuto, e davanti al consiglio scolastico.

Stuart ha affermato che Shoufani “è un’educatrice impegnata e sensibile, e noi siamo lieti che possa finalmente lasciarsi alle spalle tutto questo.”

Malefica campagna di calunnie”

In un post su Facebook della scorsa settimana Shoufani ha ringraziato amici e sostenitori che l’hanno aiutata a ottenere “una vittoria per me, per il movimento di solidarietà con la Palestina, per la libertà di espressione.”

Il post su Facebook non era pubblico, ma è stato citato dal gruppo di solidarietà con la Palestina “Samidoun”.

Shoufani non ha rilasciato dichiarazioni a “Electronic Intifada”.

Independent Jewish Voices” [“Voci Ebraiche Indipendenti”], uno dei gruppi che hanno appoggiato Shoufani, si è felicitato con lei per aver avuto la meglio contro una “malefica campagna di calunnie molto coordinata contro di lei, intesa a distruggere la sua carriera.”

La vittoria di Shoufani sulle organizzazioni con molte risorse, che hanno cercato di farne un esempio, invia alla società civile canadese il forte messaggio che quelli di noi che appoggiano i diritti umani dei palestinesi non soccomberanno mai alle tattiche aggressive dei gruppi della lobby israeliana,” ha aggiunto il gruppo di attivisti ebrei.

Sospesa per aver fatto sentire la propria voce

Shoufani è stata sospesa nel luglio 2016, quando il consiglio scolastico cattolico distrettuale “Dufferin-Peel” ha iniziato un procedimento nei suoi confronti in merito a un discorso in appoggio ai diritti dei palestinesi che aveva tenuto durante un raduno a Toronto.

La manifestazione segnava il “Giorno di al-Quds [Gerusalemme in arabo, ndt.]”, in genere l’ultimo venerdì del Ramadan, che molte persone celebrano come un giorno di solidarietà con i palestinesi.

Durante il suo intervento Shoufani ha difeso la lotta palestinese contro l’occupazione e la colonizzazione israeliane.

E’ subito stata presa di mira da una campagna di attivisti antipalestinesi che hanno cercato di farla licenziare perché avrebbe appoggiato il “terrorismo”.

Le associazioni della lobby israeliana “B’nai Brith Canada”, il “Centro per le Questioni di Israele ed ebraiche” e gli “Amici del Centro Simon Wiesenthal-Canada” sono state attivamente coinvolte nel tentativo di far tacere Shoufani.

I gruppi della lobby si sono concentrati sulle sue affermazioni riguardo a Ghassan Kanafani, il famoso scrittore palestinese che ha parlato della Palestina come una causa per tutti i rivoluzionari.

Kanafani, assassinato da uno squadrone della morte israeliano nel 1972, è un “martire”, ha detto Shoufani.

Kanafani è stato anche un importante membro del “Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina”, che il Canada ha classificato come organizzazione “terroristica” nel 2003, più di trent’anni dopo che un’auto bomba collocata dall’agenzia di spionaggio israeliana Mossad lo ha fatto esplodere a Beirut, insieme alla sua nipote adolescente, Lamis.

Diritto alla libertà di espressione

Un insegnante non dovrebbe mai aver paura che la propria reputazione professionale venga attaccata nel tentativo di evitare che eserciti il proprio diritto alla libertà di espressione,” ha detto a “The Electronic Intifada” Stuart, presidentessa del sindacato di Shoufani. “La signorina Shoufani si stava esprimendo come privata cittadina.”

Stuart ha aggiunto: “Abbiamo sempre sostenuto che noi insegnanti abbiamo diritto alle nostre opinioni politiche personali. Utilizziamo il nostro giudizio personale per stabilire se sia il caso di esprimere questi punti di vista in classe. Tuttavia, finché agiamo all’interno delle leggi, non c’è ragione per cui ci venga proibito di partecipare ad attività politiche al di fuori della scuola.”

Shoufani ha inoltre attirato in tutto il Canada e in altri Paesi una vasta solidarietà da parte di centinaia di colleghi insegnanti, che hanno firmato petizioni in appoggio al suo diritto di parola.

La vittoria di Shoufani è tanto più importante in quanto arriva nel mezzo di continui tentativi da parte dei gruppi della lobby israeliana e di dirigenti politici canadesi, compreso il primo ministro Justin Trudeau, di stigmatizzare ed emarginare quelli che appoggiano i diritti dei palestinesi – soprattutto il movimento per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni [contro Israele].

Ma recenti sondaggi mostrano che questi tentativi non corrispondono all’opinione pubblica: tra i canadesi c’è un ampio sostegno ai diritti dei palestinesi.

(traduzione di Amedeo Rossi)

 




Hamas si impegna a sciogliere il comitato amministrativo e a tenere elezioni

Ma’an News – 17 settembre 2017

Betlemme (Ma’an) – Hamas, il partito che di fatto governa la Striscia di Gaza, si è impegnato a sciogliere il proprio comitato amministrativo, che gestisce l’enclave costiera assediata, ed ha affermato di essere pronto a tenere elezioni generali, come passo per la riconciliazione con l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) guidata da Fatah.

Una dichiarazione del movimento Hamas ha affermato che la decisione è una risposta ai recenti sforzi diplomatici dell’Egitto per riconciliare le fazioni rivali, mentre il presidente dell’ANP Mahmoud Abbas ha chiesto ad Hamas di porre fine al comitato amministrativo, di restituire il controllo del piccolo territorio all’ANP e di tenere elezioni presidenziali e legislative.

Hamas e l’ANP guidata da Fatah sono stati coinvolti in un conflitto più che decennale dal 2006, quando Hamas vinse le elezioni legislative palestinesi e scoppiò un sanguinoso conflitto tra i due gruppi.

Nonostante numerosi tentativi di riconciliarli, i dirigenti palestinesi hanno ripetutamente mancato di dare seguito alle promesse di riappacificazione e di tenere le elezioni a lungo attese, in quanto entrambi i movimenti si sono spesso incolpati a vicenda dei numerosi errori politici.

Il movimento Hamas domenica ha affermato di aver sciolto il comitato amministrativo, formato all’inizio di quest’anno con grande indignazione dell’ANP, di accettare per la prima volta dal 2006 di tenere elezioni generali, di iniziare colloqui con Fatah e consentire al governo di riconciliazione nazionale di gestire Gaza.

Nell’aprile 2014 Hamas ha firmato un accordo di riconciliazione con l’OLP, che doveva preparare la strada ad elezioni generali entro la fine del 2014. Tuttavia quell’anno un devastante attacco israeliano di 50 giorni contro Gaza, così come una disputa sul pagamento dei salari a decine di migliaia di [membri delle] forze di sicurezza di Hamas, hanno bloccato subito il proseguimento dell’accordo verso la riconciliazione.

La crisi politica palestinese da allora non ha fatto che continuare a peggiorare, ed Hamas ha detto di aver formato il comitato dopo che il governo di intesa non si era preso la responsabilità dell’amministrazione di Gaza. L’ANP ha sostenuto che Hamas stava cercando di formare un “governo ombra” per rendere Gaza indipendente dalla Cisgiordania.

Negli ultimi mesi l’ANP è stata anche accusata di aver fatto cadere deliberatamente l’impoverita Striscia di Gaza ancor più in una catastrofe umanitaria – tagliando i finanziamenti per il combustibile da Israele, le medicine e i salari degli impiegati civili e degli ex-prigionieri – per strappare ad Hamas il controllo sul territorio.

Lo scorso mese Abbas ha minacciato di intraprendere ulteriori misure repressive contro il territorio impoverito se Hamas non avesse ottemperato senza condizioni alle richieste dell’ANP per porre fine al comitato amministrativo, restituire il controllo dell’enclave all’ANP e tenere elezioni presidenziali e legislative.

In seguito all’accettazione di queste condizioni basilari da parte di Hamas domenica, l’importante dirigente di Fatah Mahmoud Aloul ha detto all’agenzia di stampa Reuters di accogliere favorevolmente ma con cautela la posizione di Hamas. “Se questa è la dichiarazione di Hamas, allora si tratta di un segnale positivo,” avrebbe detto. “Noi del movimento Fatah siamo pronti a mettere in atto la riconciliazione.”

L’agenzia di stampa “Wafa”, dell’ANP, ha detto che anche il membro del comitato centrale di Fatah Azzam al-Ahmed ha plaudito alla decisione di Hamas di sciogliere il comitato amministrativo.

Al-Ahmed, che attualmente si trova al Cairo per i colloqui di riconciliazione con Hamas condotti dall’Egitto, ha detto a “Wafa” che si è tenuta una lunga riunione tra la delegazione di Fatah al Cairo e il capo dei servizi segreti egiziani, il ministro Khaled Fawzi, in cui hanno rinnovato i continui sforzi esercitati dall’Egitto per porre fine alla divisione interna palestinese.

Secondo il reportage di “Wafa” Al-Hamed ha confermato notizie secondo cui la delegazione di Fatah si è incontrata con i dirigenti di Hamas e “ha salutato l’appello di Hamas per un governo di unità che riprenda il suo lavoro normale a Gaza, così come il suo accordo per tenere elezioni presidenziali e legislative.”

Wafa” ha detto che il dirigente di Fatah ha anche affermato che ci saranno incontri bilaterali tra dirigenti di Fatah e di Hamas, seguiti da una riunione di tutte le fazioni palestinesi che hanno siglato l’accordo di riconciliazione del maggio 2011 “al fine di iniziare passi concreti per mettere in atto l’accordo,” ed ha espresso la speranza che nei prossimi giorni si possa “assistere a passi concreti e tangibili.”

Anche Nickolay Mladenov,  coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente, ha rilasciato una dichiarazione in cui ha accolto positivamente l’annuncio di Hamas. “Plaudo al recente comunicato di Hamas in cui annuncia lo scioglimento del comitato amministrativo a Gaza e il consenso a permettere al governo di unità nazionale di prendere il controllo a Gaza,” ha affermato.

Mi congratulo con le autorità egiziane per i loro incessanti sforzi per determinare questa situazione positiva. Tutti i partiti devono cogliere questa opportunità per ristabilire l’unità ed aprire una nuova pagina per il popolo palestinese,” ha proseguito l’inviato dell’ONU. “Le Nazioni Unite sono pronte ad assistere qualunque tentativo a questo proposito. E’ fondamentale che la grave situazione umanitaria a Gaza, in particolare la durissima crisi elettrica, sia affrontata come una priorità.”

Questo sviluppo è arrivato inoltre dopo che la scorsa settimana il capo del comitato centrale del movimento Hamas Ismail Haniyeh ed altri importanti membri di Hamas si sono incontrati con funzionari dell’intelligence egiziana al Cairo, con colloqui centrati sulla disponibilità di lavorare per l’unità nazionale.

La dirigenza di Hamas ha detto agli egiziani di essere disposta a consentire al governo di riconciliazione nazionale palestinese di farsi carico di Gaza e di svolgere le elezioni, purché tutte le fazioni palestinesi tengano una conferenza al Cairo dopo l’elezione di un governo nazionale che si faccia carico della Cisgiordania, della Striscia di Gaza e di Gerusalemme est.

Una fonte egiziana vicina ai servizi di sicurezza ha detto al giornale israeliano “Haaretz” che Hamas sta cercando di dimostrare all’Egitto che non sta ostacolando la riconciliazione e sta accogliendo le richieste, sperando di raccoglierne i frutti se e quando i colloqui dovessero essere messi in dubbio da parte dell’ANP.

Negli scorsi mesi Hamas ha cercato di migliorare i rapporti con il Cairo, incrementando la sicurezza sulle frontiere, compresa la costituzione di una zona cuscinetto militare, nella speranza che l’Egitto attenui l’applicazione del brutale assedio decennale israeliano del territorio ed apra il valico di Rafah.

Sabato anche una delegazione di Fatah inviata da Abbas al Cairo ha discusso dei tentativi egiziani per riconciliare i palestinesi.

Nel contempo domenica Abbas è arrivato a New York per partecipare ai lavori della settantaduesima sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Mercoledì, prima del discorso del presidente palestinese giovedì all’ONU, incontrerà il presidente USA Donald Trump.

(traduzione di Amedeo Rossi)




Partito israeliano approva un piano di annessione per obbligare i palestinesi ad andarsene

Yotam Berger – 13 settembre 2017, Haaretz

Con l’approvazione di Netanyahu, il congresso di un partito di destra discute il proprio piano per annettere i territori palestinesi e proporre un ultimatum di resa o espulsione.

Martedì il congresso della fazione “Unione Nazionale”, che ha eletto dei parlamentari nel partito Habayit Hayehudi [“Casa Ebraica”, partito di estrema destra dei coloni, ndt.], presente nella Knesset [il parlamento israeliano, ndt.] ha approvato un piano per annettere in pratica i territori, favorendo nel contempo la partenza degli abitanti palestinesi o consentendo loro di rimanere, ma senza diritto di voto.

L’approvazione del piano, denominato dai suoi sostenitori il “Piano per la decisione”, è stata attivamente promossa dal deputato di Habayit Hayehudi Bezalel Smotrich. Esso intende “modificare il discorso e presentare una vera alternativa ad ogni piano basato sulla divisione della terra,” secondo una dichiarazione di “Unione Nazionale”.

Dopo un centinaio di anni di gestione del conflitto, è giunto il momento di prendere una decisione,” ha detto Smotrich all’assemblea. “I principi (della Sinistra) nell’arco di pochi anni sono stati accettati da una parte crescente della dirigenza israeliana. Prima a sinistra, e poi, sfortunatamente, anche a destra, che nella sua grande maggioranza ha perso la propria fede nella giustezza del nostro percorso ed è stata trascinata verso la soluzione dei due Stati.

La prospettiva del ‘Piano per la decisione’ non è nuova,” ha detto Smotrich. “Queste sono le fondamenta su cui è stato costruito il sionismo. Non accettiamo che qui ci siano due narrazioni che sono uguali. C’è una parte che è giusta e un’altra che sta minando il diritto di Israele ad esistere come Stato ebraico.”

Smotrich ha aggiunto: “Dobbiamo inculcare nella consapevolezza degli arabi e del mondo intero che non ci sono possibilità di costituire uno Stato arabo sulla Terra di Israele.”

Il piano è stato approvato all’unanimità dai delegati presenti, che includevano i parlamentari di Habayit Hayehudi Smotrich e Moti Yogev e il ministro dell’Agricoltura Uri Ariel. Il segretario del partito Naftali Bennett, tuttavia, non è stato presente al congresso, né ha inviato un messaggio registrato, mentre lo ha fatto il primo ministro Benjamin Netanyahu.

Il piano di Smotrich presenta una specie di ultimatum di resa o espulsione ai palestinesi in cui “verranno offerte due alternative agli arabi della Terra di Israele:

1. Chiunque sia pronto e disposto a rinunciare alla realizzazione delle proprie aspirazioni nazionali potrà rimanere qui e vivere come singolo individuo nello Stato ebraico.

2. Chiunque non sia pronto e disposto a rinunciare alla realizzazione delle proprie aspirazioni nazionali riceverà da noi assistenza per emigrare in uno degli Stati arabi.”

C’è anche una terza possibilità.

Chiunque insista a scegliere la terza ‘opzione’ – continuare a far ricorso alla violenza contro l’esercito israeliano, lo Stato di Israele e la popolazione ebraica, sarà risolutamente preso in consegna dalle forze di sicurezza con maggiore decisione di ora e in condizioni più sicure per noi.”

Il piano invoca inoltre una “decisione per la colonizzazione.”

Smotrich propone di offrire “autogoverno” agli arabi nei territori occupati, che “verrebbero divisi in tre governi municipali regionali che saranno nominati con elezioni democratiche,” su base distrettuale.

Secondo il piano, “questi governi si adattano alla struttura culturale e della famiglia estesa della società araba.” L’obiettivo è “di smantellare la collettività nazionale palestinese.” Viene sottolineato che “gli arabi di Giudea e Samaria [denominazione israeliana della Cisgiordania occupata, ndt.] saranno in grado di condurre la loro vita quotidiana, ma in un primo tempo non potranno votare per il parlamento israeliano.”

Come lo stesso Smotrich ha scritto nel passato in merito al piano, “la grande sfida in questo contesto sarà la sfida democratica: la necessità di persuadere il mondo che tra tutte le diverse alternative, quella dei diritti democratici senza il diritto di voto al parlamento è la meno peggio. Certamente è una sfida, ma possiamo affrontarla.”

Razzisti? Noi?

I membri di “Unione Nazionale” sembrano offendersi quando gli viene chiesto di spiegare perché il loro piano non è razzista. “Dio ce ne guardi,” dice il segretario del partito Ofir Sofer. “E’ chiaro che ci sono delle difficoltà nel discuterlo utilizzando i concetti che abbiamo oggi. Ma non è razzismo,” afferma.

  Sofer aggiunge che, benché il piano utilizzi il termine “gli arabi della Terra di Israele,” non significa che gli arabo-israeliani perderebbero la loro cittadinanza.

Il piano propone la cittadinanza,” aggiunge. “La propone a lungo termine. (Anche oggi) gli arabo-israeliani non fanno il servizio militare e gli arabi di Gerusalemme est non votano per la Knesset. Per questo penso che non si tratti di razzismo. Non puoi creare due situazioni contraddittorie – la colonizzazione e l’Autorità Nazionale Palestinese. Ma non voterei mai per un piano razzista.”

Sofer contesta anche l’uso del termine “espulsione”. “Quando abbiamo parlato di espulsione?” chiede. “Stiamo parlando di incoraggiare l’emigrazione. E’ successo per gli eritrei, ecc. Qui ci stiamo riferendo esattamente ai militanti del terrorismo, a quelli che appoggiano il terrorismo. Lei è a favore di incoraggiare l’emigrazione degli eritrei e non dei terroristi?”

Per quanto riguarda una spiegazione su cosa significherà “preso in consegna dalle forze di sicurezza“ con cui il piano mette in guardia quelli che rifiutano di andarsene e conservano aspirazioni nazionali, sia il piano che Sofer sono vaghi.

Il programma di Smotrich può suonare effimero, ma ha ricevuto il riconoscimento da parte di Netanyahu, che ha inviato un messaggio videoregistrato al congresso.

Sono contento di sentire che avete dedicato le discussioni del congresso al tema del futuro della Terra di Israele. Fino a non molti anni fa, questo Paese era spopolato ed abbandonato, ma da quando siamo tornati a Sion, dopo generazioni in esilio, la Terra di Israele sta fiorendo,” ha detto Netanyahu nel saluto registrato.

Il primo ministro ha aggiunto: “In meno di 70 anni siamo riusciti a costruire un Paese prospero, leader mondiale in economia, tecnologia, sicurezza, agricoltura, sicurezza informatica, salute e in molti altri campi. Stiamo costruendo il Paese e ci stiamo insediando sulle montagne, nelle valli, in Galilea, nel Negev e anche in Giudea e Samaria, perché questo è il nostro Paese. Ci è stato concesso il privilegio di vivere sulla terra, ed abbiamo l’obbligo di conservarla con cura.”

Il saluto del premier ha ricevuto applausi piuttosto scarsi. La spiegazione più comune di questo tra gli attivisti di “Unione Nazionale” è la loro convinzione che Netanyahu non creda realmente al piano, ma stia semplicemente tentando di superare a destra Bennett, di Habayit Hayehudi. “Sta facendo l’occhiolino alla Destra,” dice un delegato. “Capisce che i voti sono a destra,” dice un altro.

Per il ministro dell’Agricoltura Ariel, non è sufficiente che Netanyahu stia prestando attenzione.

Il ‘Piano per la decisione’ è importante, soprattutto dal punto di vista della consapevolezza,” dice Ariel. “Non basta che ci sia mezzo milione di ebrei in Giudea e Samaria, e con l’aiuto di dio ce ne sarà un milione. Dobbiamo raggiungere la consapevolezza, riconoscere la giustezza (del potere e della colonizzazione israeliani in Cisgiordania). Dire: ‘Onorevole primo ministro, signor Netanyahu, non ci sono e non ci saranno mai due Stati tra il Giordano e il mare.’ Gliel’ho detto varie volte: ‘Tu sai che non ci saranno mai due Stati.’ Ma le discussioni giorno e notte sui due Stati indeboliscono ed erodono la consapevolezza della giustizia del nostro cammino, che la Terra di Israele è nostra.”

L’assenza di Bennett dal congresso non è stata casuale; quelli che lo conoscono dicono che il ministro dell’Educazione non è molto entusiasta delle proposte di Smotrich. Pochi anni fa Bennett ha presentato il suo “Piano di pacificazione”, che includeva l’annessione di alcune parti dei territori, ma nessun meccanismo di trasferimento della popolazione.

Benché Habayit Hayehudi e “Unione Nazionale” siano strettamente legati e abbiano corso insieme per la Knesset, i seguaci di Bennett dicono che egli sa che non riuscirà mai a raggiungere i vertici politici a cui aspira – in altre parole, la carica di primo ministro – in una lista unitaria con “Unione Nazionale”. Pensa che una lista che include convinzioni politiche come quelle di Smotrich non potrà mai essere un partito di governo. La loro alleanza è stata strategica, ma se egli avrà l’opportunità di candidarsi con un partito che possa attrarre più voti centristi, sarà felice di separarsi [da “Unione Nazionale”].

Ariel ne è ben consapevole. Per questo, nel suo discorso, ha chiesto a Bennett di mantenere l’alleanza. “Faccio un appello al mio collega ed amico, il ministro Bennett – l’unità è un valore. E quando si tratta di questioni politiche, può portare a risultati molto maggiori di altre cose. Per questo noi dell’’Unione Nazionale’ stiamo lottando per l’unità del nostro campo.”

(traduzione di Amedeo Rossi)




Perché l’ONU ha partecipato ad una conferenza israeliana con un simpatizzante del nazismo?

 

Maureen Clare Murphy -14 September 2017, Electronic Intifada

Che cosa ci faceva il coordinatore speciale dell’ONU per il processo di pace in Medio Oriente in una conferenza sull’antiterrorismo insieme a sostenitori del genocidio e ideologi di destra che vedono il mondo come un conflitto tra la civiltà giudaico-cristiana e i suoi nemici?

Di per sé la presenza di Nickolay Mladenov alla conferenza annuale dell’Istituto Internazionale per l’Antiterrorismo ad Herzliya [sede di un’università privata che ha stretti rapporti con i servizi di sicurezza e l’esercito israeliani, ndt.] è sconvolgente, così come le sue affermazioni come oratore principale.
 
Durante una parte improvvisata prima di esporre le sue osservazioni scritte, Mladenov ha affermato che in futuro l’Europa, come Israele, dovrà sempre più discutere dell’“equilibrio tra diritti umani individuali e sicurezza, tra lo Stato e l’individuo e tra quello che si può e si deve fare e quello che non si può e non si deve fare, in base alle leggi dello Stato e al diritto internazionale nella lotta contro il terrorismo.”
 
Che i diritti non si possano negoziare, ma siano da “bilanciare”, è una strana nozione da suggerire da parte di un importante funzionario dell’ONU.
 
Il discorso di Mladenov è stato esposto alla presenza della ministra della Giustizia israeliana, Ayelet Shaked, che a suo tempo ha promosso un appello genocida a favore del massacro delle madri palestinesi “che fanno nascere piccoli serpenti.”
Ha condiviso questo appello sulla sua pagina Facebook nel 2014, poco prima dell’attacco israeliano contro Gaza che ha ucciso più di uno ogni 1.000 palestinesi che vivono lì.
 
Diritti individuali versus sionismo
 
Shaked più di recente ha denigrato il sistema giudiziario che lei stessa dirige, per quello che ha definito il suo rispetto dei diritti umani a spese del sionismo, l’ideologia dello Stato di Israele.
 
Il sionismo non può continuare, e, lo affermo in questa sede, non continuerà ad inchinarsi al sistema dei diritti individuali intesi in modo universalistico che li separa dalla storia della Knesset (il parlamento israeliano) e dalla storia del diritto che tutti noi conosciamo,“ ha dichiarato Shaked.
 
Ha descritto la cosiddetta “Legge sullo Stato-Nazione” di Israele – che impone all’Alta Corte israeliana di favorire il “carattere ebraico” dello Stato rispetto a quello “democratico” – come una “rivoluzione morale e politica.”
E’ stato in presenza di estremisti etnocratici come Shaked, che rifiutano il concetto di diritti universali, che Mladenov ha affermato che “resistere fermamente contro il terrorismo deve essere parte integrante di ogni processo di pace,” e che “dobbiamo opporci al terrorismo ogniqualvolta e ovunque si manifesti.”
 
Uno dei co-relatori di Mladenov alla conferenza è stato Gilad Erdan, ministro israeliano degli Affari Strategici che supervisiona un programma di “attività segrete” per combattere il movimento non violento di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) in appoggio ai diritti dei palestinesi.
 
Secondo un importante analista israeliano, queste attività possono riguardare “campagne diffamatorie, persecuzione e minacce alla vita degli attivisti” così come “infrangere e violare la loro privacy.”
 
Minacce contro i difensori dei diritti umani
 
Erdan ha promesso che gli attivisti del BDS “sapranno che pagheranno un prezzo per questo,” minacciando esplicitamente il difensore dei diritti umani e co-fondatore del movimento BDS Omar Barghouti.
Erdan ha anche dichiarato che “ogni terrorista dovrebbe sapere che non sopravviverà agli attacchi che sta per perpetrare,” una politica di “sparare a vista” messa in atto contro decine di presunti assalitori palestinesi, compresi bambini, che corrisponde di fatto ad una sentenza di morte – nonostante il bando alla pena capitale in Israele.
 
Mladenov concorda con la politica israeliana secondo cui il “bilanciamento” tra diritti individuali e sicurezza necessita di un compromesso persino riguardo al diritto alla vita di un individuo?
 
In ogni caso sembra che Mladenov pensi che i palestinesi non abbiano il diritto all’autodifesa o alla resistenza.
 
Durante il suo discorso si è vantato di un rapporto redatto lo scorso anno dal cosiddetto “Quartetto per la Pace in Medio Oriente” (cioè l’ONU, l’UE, gli USA e la Russia) che identifica “l’incremento della militanza” da parte di gruppi palestinesi e, con le parole di Mladenov, “quello che sta succedendo a Gaza”, come un ostacolo alla pace.
 
Le sue osservazioni fanno eco alla posizione presa dal suo collega Robert Piper, il capo coordinatore delle questioni umanitarie dell’ONU in Palestina. L’ufficio di Piper quest’anno ha pubblicato un rapporto segnalando l’allineamento dell’organizzazione mondiale con Israele ed i suoi sostenitori internazionali nello spingere per la resa totale di Gaza.
 
Quel rapporto reputa illegittimo il governo di Hamas lì – nonostante la vittoria del partito nelle ultime elezioni legislative palestinesi – a causa del suo rifiuto di ottemperare alla richiesta del Quartetto di “riconoscere il diritto di Israele ad esistere e di rinunciare alla violenza.” Una richiesta simile di rinunciare alla violenza e di riconoscere il diritto all’esistenza dei palestinesi non è stata fatta ad Israele .
 
 
Resistenza al terrorismo di Stato
 
Alla conferenza di Herzliya Mladenov ha detto che Israele ha “convissuto per decenni con il terrorismo”, ma non ha ricordato che lo Stato stesso [di Israele] è stato fondato sul terrorismo e sulla pulizia etnica.
 
Né ha riconosciuto che i palestinesi, come qualunque altro popolo occupato, hanno il diritto all’autodifesa – un diritto riconosciuto dalle leggi internazionali.
 
Ma l’antiterrorismo è il paradigma attraverso il quale Stati come gli USA ed Israele – utilizzando una violenza massiccia e indiscriminata contro civili, di cui non sono mai stati chiamati a rispondere – portano avanti i propri interessi egemonici.
 
Un’occupazione militare infinita e bellicosa consente inoltre ad Israele di vendere la sua esperienza “antiterroristica” e i suoi armamenti come “collaudati in battaglia” – sulla pelle dei palestinesi.
 
L’antiterrorismo è il ringhioso smalto del “marchio Israele” e sembra che l’ONU se lo sia comprato.
 
Durante il suo discorso Mladenov ha ricordato che il segretario generale dell’ONU Antonio Guterres ha recentemente formato un ufficio per l’antiterrorismo – un impegno che ha comportato “approfondite discussioni” con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e con esponenti dell’esercito israeliano.
 
Mladenov ha solo accennato alla necessità di un orizzonte politico che conservi la speranza di un futuro migliore in Medio Oriente.
 
 “Sacrifici umani”
 
Non ha evocato uno scontro di civiltà come David Friedman, il curatore fallimentare [di un casinò di Trump, ndt.] e finanziatore delle colonie, che funge da inviato di Trump in Israele.
 
Durante il suo discorso alla conferenza Friedman ha ripetutamente fatto riferimento al “terrorismo islamista radicale.”
 
Friedman che, come Mladenov, ha espresso le proprie opinioni nell’anniversario degli attacchi dell’11 settembre negli USA, ha affermato: “Sappiamo che gli israeliani non solo condividono il nostro lutto di fronte al terrorismo, ma anche la nostra determinazione a colpire i terroristi islamici radicali ovunque siano e di garantire che le loro tattiche non diventino mai dei successi politici.”
 
Ha letto un elenco di attacchi condotti da palestinesi contro israeliani, e di telefonate di condoglianze che ha recentemente fatto alle famiglie di israeliani uccisi da aggressori palestinesi, compresi due poliziotti che, ha detto, sono stati accoltellati da “terroristi islamisti radicali” – confondendo i palestinesi che resistono all’occupazione militare israeliana con i combattenti dello Stato Islamico in Siria. Friedman ha sostenuto che gli israeliani non sono i soli nella regione a soffrire in conseguenza del terrorismo, ma non si riferiva ai palestinesi uccisi dalle forze di occupazione israeliane.
 
Riprendendo l’ormai sfatato argomento secondo cui le scuole palestinesi insegnano “l’istigazione” [alla violenza contro gli israeliani, ndt.], Friedman ha affermato: “I ragazzi palestinesi che imparano a odiare gli ebrei invece di imparare matematica e scienze sono i sacrifici umani della causa dell’estremismo radicale.”
 
Non importa che le forze israeliane abbiano ucciso più di trenta bambini palestinesi nel 2016 – facendone così l’anno più sanguinoso per i bambini palestinesi in Cisgiordania da più di un decennio – ed ucciso decine di bambini nelle loro case a Gaza nell’estate del 2014.
 
La maggiore attenzione dei media nei confronti della conferenza sull’antiterrorismo a Herzliya ha riguardato la partecipazione di Sebastian Gorka, il consigliere di Donald Trump recentemente destituito e pseudo-intellettuale con legami con gruppi nazisti e violentemente anti-semiti in Europa.
 
Gorka ha ricevuto una calda accoglienza quando ha assicurato ad un pubblico che  ne ha condiviso il discorso che “America ed Israele sono Stati fondatori della civilizzazione giudaico-cristiana e insieme sfideremo i nostri comuni nemici.”
Che cosa ha a che vedere un inviato ONU per la pace con una simile compagnia?
 
(traduzione di Amedeo Rossi)
 



“Proud Boys” e “Liste nere”: gli attivisti BDS negli USA devono affrontare nuove minacce

Nada Elia

Mercoledì 13 settembre 2017 , Middle East Eye

Attivisti nelle università degli USA stanno affrontando nuove minacce da violente organizzazioni suprematiste bianche.

Giusto in tempo per il nuovo anno scolastico, la scorsa settimana l’università di Stanford ha pubblicato un documento che afferma che gli studenti ebrei dei college in California non hanno vissuto situazioni di antisemitismo e si sentono a proprio agio con la loro religione.

Contrariamente a impressioni ampiamente condivise, abbiamo trovato un’immagine della vita nei campus che non è né minacciosa né allarmistica. In generale gli studenti hanno affermato di sentirsi a proprio agio nei loro campus e, più in particolare, a proprio agio come ebrei nei campus che frequentano,” riporta la sintesi del rapporto, aggiungendo che gli studenti intervistati studiano all’università statale di San Francisco, a Berkeley, all’Irvine, all’UCLA e alla Stanford.

Nonostante i risultati del rapporto, organizzazioni ultraconservatrici hanno fatto scritte sui muri dei campus, dalla Georgetown University alla Washington State University fino all’università delle Hawaii, in genere pochi giorni, a volte poche ore, prima che le scuole aprissero le loro porte agli studenti. E, anche se questo inquietante fenomeno non è nuovo, quest’anno potrebbe acquisire maggiore forza, con la crescita a livello nazionale della cosiddetta “alt-right” [estrema destra, ndt.].

Una delle nuove minacce nei campus è “Proud Boys” [“Ragazzi Orgogliosi”], un gruppo di destra di maschi “sciovinisti occidentali” fondato nel 2016, le cui tattiche rivelano un progetto sia antisemita che anti-palestinese ed anti BDS. I “Proud Boys” sono per lo più ex-militari, armati, e alcune sezioni includono membri di colore, il che complica le accuse di “suprematismo bianco”.

Sostengono di promuovere la supremazia dell’ “Occidente”, e un’insegna sulla loro pagina Facebook proclama “I ‘Proud Boys’ non sono alt-right”, anche se spiegano di essere (tra varie altre questioni) a favore delle armi, di Trump, della polizia, contro l’Islam e antifemministi.

Ci sono molte contraddizioni interne all’organizzazione. Per esempio, anche se dichiarano di essere a favore dei gay, durante una protesta all’università di New York nella quale stava parlando Gavin McInnes, il fondatore dei “Proud Boys”, un loro membro è stato sentito dire che dovevano lottare contro “i froci vestiti di nero”.

I “Proud Boys” hanno programmato riunioni e campagne di reclutamento nei campus in tutto il Paese, e le loro conversazioni sui social media rivelano anche un profondo antisemitismo.

Mentre si stanno delineando le linee della battaglia, con molti docenti e dipendenti delle università che si uniscono alla nuova rete “Campus antifascisti” e che si impegnano a non accettare questi gruppi nei propri campus, i “Proud Boys” potrebbero incrementare la violenza, soprattutto in quanto l’ultimo passo dell’iniziazione per l’ammissione al loro gruppo comprende “una grande lotta per la causa.”

Devi picchiare, spaccare la faccia di un antifa [gruppi antifascisti che lottano anche con la violenza contro gli estremisti di destra nelle università e in piazza, ndt.], e magari essere arrestato,” dice McInnis, co-fondatore di “Proud Boys” e di “Vice” [“Vizio”, giornale “libertario” e sito in rete fondato in Canada, ndt.].

Lista nera’ BDS

L’altro nuovo fronte di battaglia dei campus, che finora si è limitato solo a New York, ma con piani dichiarati di prendere di mira persone a livello nazionale, è il nuovo gruppo “BDS fuorilegge”.

Chiamano esplicitamente se stessi una “lista nera”. Nelle scorse settimane studenti, docenti universitari, giornalisti, membri di gruppi no profit e lavoratori della cultura hanno ricevuto questa mail (fornita a MEE da un destinatario):

(Nome) Sappi che sei stato identificato come un sostenitore del BDS.

Secondo le nuove norme dello Stato di New York, singole persone e organizzazioni che si impegnano o promuovono le attività del BDS contro alleati degli USA non riceveranno più finanziamenti pubblici o appoggio.

Inoltre lo Stato e i suoi enti non faranno più affari o ingaggeranno queste organizzazioni e singole persone in quanto sono state considerate problematiche ed anti-americane.

Sei segnato.

Sei stato identificato.

 Hai un ristretto margine di opportunità per smetterla e rinunciare o affrontare le conseguenze delle tue azioni con un procedimento giudiziario. Nel caso tu abbia abbandonato il tuo modo sbagliato di agire del passato, contattaci all’indirizzo admin@outlawbds.com, in modo che il tuo profilo venga eliminato dalla lista nera.

 Per il tuo profilo visitaci qui:

www.outlawbds.com

Poiché le minacce contro i militanti del BDS sono aumentate nel corso degli ultimi anni, avvocati attivisti hanno fondato “Palestine Legal”, un’organizzazione con sede a Chicago che si dedica a difendere i diritti civili e costituzionali di persone che negli USA si pronunciano a favore della libertà dei palestinesi.

Parecchi sostenitori del BDS che hanno ricevuto questa mail hanno contattato l’organizzazione, che ha emesso un comunicato in cui afferma che ogni tentativo di “mettere in una lista nera” i sostenitori del boicottaggio è anticostituzionale e serve esclusivamente per intimidire e minacciare gli attivisti.

In quanto docente consigliera di “Studenti per la Giustizia in Palestina”, membro di “Docenti per la Giustizia in Palestina” all’università ‘Davis’ e organizzatrice del boicottaggio accademico coinvolta in campagne nazionali, ho notato l’effetto agghiacciante che le liste nere sioniste e le campagne di diffamazione hanno avuto su attivisti coinvolti nel movimento per la giustizia in Palestina, soprattutto nei campus in cui gli amministratori puniscono sistematicamente gli studenti che osano chiedere uguaglianza e giustizia per il popolo palestinese,” ha detto a MEE Sunaina Maira, docente di Studi Asiatici e Americani all’università della California “Davis” e membro della campagna USA per il boicottaggio accademico e culturale di Israele.

Le tattiche che i gruppi di attivisti ‘alt-right’ e nazionalisti bianchi stanno utilizzando per attaccare docenti e indebolire la libertà accademica sono state a lungo utilizzate dai sionisti in tutti gli USA per creare quello che Steven Salaita ha chiamato l’ ‘eccezione palestinese’ alla libertà di parola,” ha affermato.

In particolare studenti palestinesi/arabi e musulmani lottano contro la cancellazione della loro identità e contro l’ignoranza della loro storia nelle classi e devono anche fare i conti con il razzismo anti-palestinese/anti-arabo e con l’islamofobia, che nell’attuale periodo storico si è solo intensificata.”

Amministrazioni universitarie sono state anche decisamente implacabili nei confronti di organizzazioni studentesche filo- palestinesi e filo-BDS, come dimostrato dalle misure disciplinari contro di loro.

Per esempio lo scorso anno la Fordham University non ha approvato la formazione di una sezione di SJP [Students per la Justice in Palestine, Studenti per la Giustizia in Palestina, ndt.], e, più di recente, la sezione di SJP all’ UC [Università della California] Irvine è stata messa sotto osservazione per due anni, benché l’ Irvine sia uno dei campus presi in considerazione dallo studio di Stanford, che dimostra che gli studenti ebrei si sentono a proprio agio, sicuri e non minacciati nei campus che frequentano.

Tattica intimidatoria’

Tuttavia alcuni sostenitori del BDS stanno mettendo in ridicolo la minaccia della “lista nera”, in quanto molti hanno postato sulle reti sociali che vogliono essere inclusi in quella bella lista, fornendo dettagli sulla loro adesione e sulla loro militanza. E molte persone inserite nella lista nera stanno anche ignorando la minaccia.

Come illustrato da ‘Palestine Legal’, il messaggio mail di ‘BDS Fuorilegge’ è una tattica intimidatoria senza valore,” ha detto a MEE Remi Kanazi, una poetessa e attivista del BDS di New York che è stata inserita nella lista sul sito “BDS Fuorilegge”.

E’ un altro tentativo, anche se grossolano, di mettere a tacere i palestinesi e gli attivisti del BDS attraverso metodi coercitivi,” afferma. “Ma attualmente il BDS sta solo conquistando terreno. Magari non abbiamo una macchina propagandistica multimilionaria e rappresentanti dello Stato che ci sostengono, ma abbiamo la verità e la storia dalla nostra parte.

Dal movimento ‘Black Lives’ [‘Black Lives Matter’, le vite dei neri valgono, gruppo che lotta contro l’uccisione dei neri da parte della polizia negli USA, ndt.] a gruppi studenteschi e associazioni accademiche in tutto il Paese, la gente si sta facendo avanti, spesso con grave rischio di essere attaccata, per manifestare un appoggio basato sui principi a favore della liberazione dei palestinesi, e questa base non farà che rafforzarsi andando avanti,” ha detto Kanazi.

Con lo scopo ultimo di porre fine alle violazioni dei diritti umani del popolo palestinese, il BDS ha sempre affermato di essere innanzitutto un movimento antirazzista. In quanto tale si oppone e denuncia ogni forma di razzismo, compreso l’antisemitismo. In effetti una percentuale significativa dei membri delle sezioni di “Studenti per la Giustizia in Palestina” a livello nazionale è ebrea, come lo sono molti attivisti all’interno di vari gruppi filo-palestinesi per la giustizia, dalla “Campagna USA per i diritti dei palestinesi” alla “Campagna USA per il Boicottaggio Accademico e Culturale di Israele” fino a “Voci ebraiche per la Pace”, ed altri ancora.

Per quanto ho osservato all’università delle Hawaii, i “Proud Boys” hanno una struttura che presuppone di fare dichiarazioni pubbliche su razzismo ed antisemitismo che sono contraddittorie e confuse,” dice a MEE Cynthia Franklin, docente dell’università delle Hawaii, co-fondatrice di “Jewish Voice for Peace Hawaii” [“Voci ebraiche per la pace- Hawaii”] e membro del collettivo organizzatore della campagna per il boicottaggio accademico e culturale di Israele.

Questa incoerenza e questa idiozia da setta non significa che non vadano presi sul serio,” afferma.

Il loro programma è coerentemente –e violentemente – antisemita, anti-indigeni, razzista e patriarcale,” sostiene Franklin. “Insieme ad altre influenze stanno creando un’insicurezza nel mio campus, dove stanno comparendo delle svastiche. Questo è inquietante e preoccupante, e secondo me, in quanto ebrea che è anche antisionista, richiede nuove strategie organizzative contro l’antisemitismo così come contro il sionismo.”

Quindi, poiché le tensioni politiche nazionali si fanno strada nei campus di tutto il Paese, quest’anno gli studenti e i docenti dovranno indubbiamente acquisire molto più di un sapere puramente accademico.

Nada Elia è una scrittrice e commentatrice politica palestinese della diaspora, che attualmente lavora sul suo secondo libro”Chi chiami ‘minaccia demografica’? Note dall’Intifada globale.” Docente (in pensione) di Studi di Genere e Globali, è membro del collettivo dirigente della campagna USA per il boicottaggio accademico e culturale di Israele (USACBI).

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autrice e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.

(traduzione di Amedeo Rossi)




Jewish Voice for Peace  invita i giovani ebrei a boicottare “Birthright Israel”

Allison Kaplan Sommer – 2 settembre 2017,Haaretz

La campagna #ReturnTheBirthright dichiara che “è fondamentalmente ingiusto che a noi venga concesso un viaggio gratis in Israele mentre i rifugiati palestinesi non possono tornare alle loro case”

Il discusso gruppo filo-palestinese “Jewish Voice For Peace” [Voci Ebraiche per la Pace, ndt] ha lanciato una campagna per convincere giovani ebrei a non partecipare ai viaggi di “Birthright Israel”  [“Diritto di Nascita Israele”, ndt.], proprio mentre gli studenti dei college stanno tornando nei campus e riprendono le iscrizioni per le visite invernali.

Con lo slogan “#ReturnTheBirthright” [“Restituisci il diritto di nascita”], JVP sta lavorando per convincere ebrei dai 18 ai 26 anni, che possono essere scelti per un viaggio di 10 giorni gratis, a rifiutare l’allettante offerta.

Un “giuramento” sul suo sito web prende la forma di una petizione online in cui giovani ebrei dichiarano: “Non parteciperemo a un viaggio “Birthright” perché è fondamentalmente ingiusto che a noi venga concesso un viaggio gratis in Israele mentre i rifugiati palestinesi non possono tornare alle loro case. Ci rifiutiamo di essere complici di un viaggio di propaganda che maschera il razzismo sistematico e la quotidiana violenza che i palestinesi che vivono sotto un’occupazione senza fine devono affrontare. Il nostro ebraismo è fondato su valori di solidarietà e di liberazione, non di occupazione e di apartheid. Su queste basi restituiamo il “Birthright”, e chiediamo ad altri giovani ebrei di fare altrettanto.”

Birthright Israel” invia giovani adulti ebrei a fare un viaggio di dieci giorni in Israele con l’obiettivo di rafforzare l’identità ebraica e il rapporto con lo Stato ebraico. I viaggi sono finanziati attraverso una collaborazione tra lo Stato di Israele e un gruppo di donatori nordamericani. I primi finanziatori del progetto sono stati Michael Steinhardt e Charles Bronfman, ma negli ultimi anni Sheldon Adelson, miliardario delle case da gioco, grande donatore del partito Repubblicano e sostenitore del primo ministro Benjamin Netanyahu, ha inondato il progetto con 250 milioni di dollari, diventando il suo principale benefattore.

Ben Lorber, responsabile di JVP per i campus, ha affermato che la nuova campagna nazionale è sorta da un certo numero di iniziative contro “Birthright Israel” in singoli campus, che hanno suggerito al gruppo di estendere il movimento ai campus di tutto il Paese.

E’ una cosa di cui gli studenti ebrei stanno discutendo e che stanno facendo da tempo,” ha detto Lorber. “E’ un’ingiustizia fondamentale che a noi, in quanto giovani ebrei, venga offerta la possibilità di questi viaggi gratis e che possiamo diventare cittadini di Israele se in seguito lo decidiamo, mentre ai nostri amici e compagni di classe palestinesi viene negata la stessa relazione con la terra da cui provengono i loro genitori o i loro nonni.”

La campagna, ha aggiunto, è rivolta, oltre che agli studenti, ai giovani adulti ebrei che hanno terminato l’università che potrebbero star pensando a viaggiare con “Birthright”. Lorber, che ha quasi trent’anni, ha detto di aver deciso per parte sua di non viaggiare con “Birthright” negli anni in cui poteva essere scelto.

E’ stata una decisione cosciente. Ero molto contrariato dall’annuncio pubblicitario che mi diceva: ‘Guarda questo bel viaggio gratis, puoi andare in spiaggia, fare un’escursione a Masada, metterti in rapporto con la tua patria,’ mentre i palestinesi che conosco hanno parenti che sono stati bombardati a Gaza, e non possono visitare Gerusalemme.”

Per contro, il capo di un’altra organizzazione studentesca ebraica, “J Street U”, che si definisce “filo-israeliana, per la pace”, ha detto di non credere che i giovani ebrei debbano essere dissuasi dal viaggiare in Israele grazie a “Birthright”.

Ben Elkind, direttore di “J Street U”, afferma che per lui fare un viaggio con “Birthright” è stato “una parte importante del mio impegno riguardo a Israele e al più generale conflitto israelo-palestinese” e di credere che “sia importante incoraggiare gli studenti a impegnarsi piuttosto che a non impegnarsi” sulla questione.

Mi sento profondamente coinvolto nelle questioni e nelle preoccupazioni” espresse dalla campagna di JVP, dice. “Penso che (gente come) Adelson non sia stata una forza produttiva nelle politiche su questo problema, e ritengo che ci siano ragioni per essere veramente preoccupati per la mancanza di libertà di movimento a danno dei palestinesi. Ma non sono sicuro che la risposta debba essere il boicottaggio di “Birthright”. Penso che potenzialmente ci siano iniziative alternative più utili.”

Elkind dice che “andare con “Birthright” non significa che la gente ne esca con le posizioni politiche di Sheldon Adelson.”

A questo scopo “J Street U” incoraggia i propri membri a rimanere in Israele oltre il periodo di viaggio con “Birthright” e ad approfittare del crescente numero di “programmi integrativi” in cui chi rimane dopo il tour con “Birthright” risulta “più profondamente impegnato nelle politiche della Cisgiordania.”

Mentre Lorber concorda con il fatto che  sia “uno sviluppo positivo” che alcuni dei giovani ebrei che vanno con “Birthright” prolunghino il proprio soggiorno con programmi alternativi e si informino ulteriormente sul dramma dei palestinesi, egli crede comunque che sia meglio rifiutare del tutto il viaggio. “Per noi si torna all’ingiustizia fondamentale. Accettando questo viaggio, diventi complice delle relazioni pubbliche di “Birthright” e sei parte di un viaggio che i palestinesi non possono fare.”

Il “manifesto” della campagna approfondisce con ulteriori dettagli queste ragioni: “Fare un viaggio di “Birthright” oggi significa giocare un ruolo attivo nell’aiutare la promozione da parte dello Stato del ‘ritorno’ degli ebrei, respingendo il diritto al ritorno dei palestinesi. Non è sufficiente accettare quest’offerta del governo israeliano e conservare una prospettiva critica durante il viaggio. Rifiutiamo l’offerta di un viaggio gratis da parte di uno Stato che non ci rappresenta, un viaggio che è ‘gratis’ solo perché è stato pagato con la spoliazione dei palestinesi.”

Il manifesto “supplica” i giovani ebrei di stare lontani da “un viaggio sponsorizzato da donatori reazionari e dal governo israeliano, dove la continua oppressione e l’occupazione dei palestinesi vi verranno nascoste, solo perché è gratis. Ci sono altri modi per noi di rafforzare la nostra identità ebraica, insieme con quelli che condividono i nostri valori.”

JVP si definisce contraria al “fanatismo e all’oppressione contro ebrei, islamici e arabi” e “chiede la fine dell’occupazione israeliana in Cisgiordania, nella Striscia di Gaza e a Gerusalemme est; sicurezza ed autodeterminazione per israeliani e palestinesi; una soluzione giusta per i rifugiati palestinesi basata sui principi stabiliti dalle leggi internazionali; la fine delle violenze contro i civili; pace e giustizia per tutti i popoli del Medio Oriente.”

Il gruppo è stato frequentemente e duramente criticato dalla maggior parte della comunità ebreo-americana per la sua partecipazione attiva alla campagna di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS). Secondo l’“Anti-Defamation League” [“Lega contro la Diffamazione”, potente gruppo filo-israeliano statunitense, ndt.] “Jewish Voice for Peace (JVP) è il maggiore e più influente gruppo ebraico anti-sionista negli USA. Nonostante il tono neutrale del suo nome, JVP lavora per dimostrare l’opposizione ebraica allo Stato di Israele e per allontanare l’appoggio dell’opinione pubblica dallo Stato ebraico.”

Birthright Israel” non ha risposto alla richiesta da parte di Haaretz di una replica.

(traduzione di Amedeo Rossi)

 

 




La polizia israeliana attacca manifestanti e ne arresta 5 durante proteste a Sheikh Jarrah

Ma’an News

9 settembre 2017

Gerusalemme (Ma’an) – Venerdì la polizia israeliana ha arrestato almeno cinque manifestanti, tra cui due minorenni palestinesi, durante una protesta non violenta fuori dalla casa della famiglia Shamasna nel quartiere di Sheikh Jarrah di Gerusalemme est occupata, presa martedì da coloni israeliani, e nel contempo una madre è stata ferita mentre cercava di impedire l’arresto del figlio quattordicenne.

Testimoni hanno raccontato a Ma’an che la polizia israeliana ha aggredito e spinto dimostranti palestinesi durante una manifestazione a Sheikh Jarrah dopo che palestinesi avevano recitato le preghiere del venerdì fuori dalla casa di proprietà della famiglia Shamasna da 53 anni, con un’azione di protesta non violenta contro l’espulsione.

La famiglia è stata cacciata dalla casa durante un’espulsione unanimemente condannata dopo che coloni israeliani hanno sostenuto di esserne proprietari.

Durante la protesta le forze israeliane hanno arrestato Mutaz Mahmoud al-Sau, di 14 anni, e suo fratello Muhammad, di 12.

Mentre Mutaz stava per essere arrestato, sua madre ha tentato di impedirlo abbracciandolo e aggrappandosi a lui. Mahmoud, il padre del ragazzo, ha detto a Ma’an che sua moglie ha subito ferite sulla nuca dalla polizia israeliana che la spingeva via. E’ stata portata in ospedale per essere curata.

Mahmoud ha raccontato a Ma’an che la polizia israeliana ha rilasciato Mutaz senza condizioni. Tuttavia Muhammad è stato liberato a condizione che rimanga agli arresti domiciliari per cinque giorni. Ha anche il divieto di avvicinarsi per due settimane alla via della casa della famiglia Shamasna, nonostante viva a pochi metri di distanza.

Testimoni hanno detto a Ma’an che un attivista straniero è stato ferito alla testa dopo che le forze israeliane lo hanno spinto durante la protesta.

Salih Thiab, un attivista del posto, ha detto a Ma’an che le forze israeliane hanno arrestato lui e due militanti della solidarietà internazionale pochi minuti dopo che la manifestazione è stata allontanata [dalla casa dei Shamasna]. Ha aggiunto che qualche ora dopo lo hanno rilasciato, dopo essere stato interrogato come indagato per aver violato la legge. Anche a Thiab è stato vietato di recarsi nella parte occidentale di Sheikh Jarrah per due settimane.

I due attivisti stranieri, secondo Thiab, sono rimasti nel carcere israeliano dopo essere stati accusati di “aver attaccato la polizia israeliana e i coloni.”

Non è stato possibile contattare sul momento un portavoce della polizia israeliana per un commento.

I militanti locali hanno sottolineato che manifestazioni settimanali saranno organizzate ogni venerdì per protestare contro l’occupazione da parte dei coloni della casa degli Shamasna e contro altre espulsioni guidate dai coloni che sono in corso nel quartiere.

La famiglia Shamasna è stata l’ultima famiglia palestinese ad essere espulsa dal quartiere dal 2009 in base ad una legge israeliana che consente ad ebrei israeliani di rivendicare il possesso di proprietà che in precedenza erano di ebrei prima del 1948, quando in migliaia fuggirono da Gerusalemme est durante la guerra arabo-israeliana.

Tuttavia questa legge non si estende ai palestinesi, centinaia di migliaia dei quali nel 1948 furono espulsi dalle loro terre e case in quello che oggi è Israele.

Sheikh Jarrah è diventato un obiettivo fondamentale per le rivendicazioni di proprietà degli ebrei, in quanto una volta il quartiere sarebbe stato la zona in cui viveva la comunità ebraica nel XIX° secolo.

Nel 2009 le famiglie Um Kamel al-Kurd, Ghawi e Hanoun sono state definitivamente espulse dalle loro case, mentre i coloni israeliani hanno in parte occupato la casa della famiglia al-Kurd, che da anni vive ancora di fianco a loro. Più di 60 palestinesi sono stati espulsi durante l’ondata di sgomberi del 2009.

Domenica altre sei famiglie palestinesi hanno ricevuto notifiche di fratto, che ordinano loro di lasciare le loro case entro 30 giorni a causa di reclami dei coloni israeliani sulle loro proprietà.

Secondo la comunità internazionale, ogni colonia israeliana costruita a Gerusalemme est occupata è illegale in base alle leggi internazionali, nonostante l’annessione de facto del territorio da parte di Israele.

L’ONU ha comunicato che 180 famiglie palestinesi – che comprendono 818 persone, 372 delle quali bambini – sono a rischio di sfratto forzato a Gerusalemme est a causa di espulsioni promosse dai coloni. L’UNRWA [l’agenzia ONU per i rifugiati palestinesi, ndt.] ha sottolineato che a Sheikh Jarrah il 60% delle persone a rischio di espulsione è composto da rifugiati palestinesi.

(traduzione di Amedeo Rossi)




I palestinesi esortano i docenti universitari dell’Ue a porre fine alla collaborazione con i torturatori israeliani

Ali Abunimah, 

4 Settembre 2017, Electronic Intifada

Docenti universitari palestinesi stanno esortando i loro colleghi europei a porre fine alla loro collaborazione con un progetto dell’Unione Europea che finanzia i torturatori israeliani.

La Federazione Palestinese dei Sindacati dei Docenti ed Impiegati Universitari ed il PACBI, la campagna palestinese per il Boicottaggio accademico e culturale di Israele, stanno sollecitando l’università belga di Lovanio e l’istituto di ricerche portoghese INESC-ID ad uscire dal programma “LAW-TRAIN” finanziato dall’UE.

Invitano anche tre professori universitari inglesi indicati come supervisori – Claire Nee dell’università di Portsmouth, Jo Taylor e William Finn, entrambi dell’istituto di formazione della polizia – a porre fine al loro ruolo nel progetto.

LAW-TRAIN” ha avuto inizio nel maggio 2015 con lo scopo apparente di “armonizzare e condividere tecniche di interrogatorio tra i Paesi coinvolti per far fronte alle nuove sfide della criminalità transnazionale.”

E’ un progetto in comune con il ministero della Sicurezza Pubblica israeliano, la polizia e l’università israeliana di Bar-Ilan.

Ma in giugno esperti di diritto internazionale hanno affermato che “LAW-TRAIN” viola le norme UE e le leggi internazionali perché il ministero della Pubblica Sicurezza israeliano “è responsabile di, o complice in, torture, altri crimini contro l’umanità e crimini di guerra.”

Finanziare i crimini di guerra

I docenti universitari affermano che la polizia israeliana e l’università Bar-Ilan sono anche direttamente coinvolte in numerose violazioni, comprese esecuzioni extragiudiziarie, torture, crimini di guerra e collusione con la polizia segreta di Israele.

La collaborazione con queste istituzioni tramite “LAW-TRAIN” non solo non tiene conto dei diritti umani dei palestinesi,” aggiungono, “ma fornisce il via libera perché quei metodi di tortura proseguano, e, ancora peggio, li presenta come un esempio da seguire in Europa.”

Fonti ufficiali europee sostengono che “LAW TRAIN” ha superato un esame ed una valutazione etica, ma, secondo esperti di diritto, il procedimento è stato lacunoso ed ha ignorato normative chiave europee che vietano di finanziare individui o enti coinvolti in gravi comportamenti scorretti.

LAW-TRAIN” è finanziato in base a “Horizon 2020”, un programma dell’UE che fornisce milioni di dollari ai produttori di armi israeliani e a violatori dei diritti umani sotto forma di appoggio alla “ricerca”. Per esempio, “Horizon 2020” sta fornendo milioni di dollari alla “Elbit Systems”, un’industria israeliana che sta aiutando l’esercito israeliano ad aggirare un bando internazionale contro le bombe a grappolo.

All’inizio di quest’anno il commissario per la scienza dell’UE Carlos Moedas ha visitato Israele per festeggiare il ruolo di Israele in “Horizon 2020”.

Politica accondiscendente dell’Europa

La logica ufficiale dell’appoggio incondizionato dell’UE ad Israele sembra essere che, impegnandosi nel “dialogo” e rassicurando Israele, questo si senta sufficientemente sicuro da fare passi verso la “pace” e la mitica soluzione dei due Stati.

Ma l’accondiscendenza dell’UE ha avuto l’effetto esattamente opposto, incoraggiando semplicemente Israele a commettere più crimini. Nel 2014, per esempio, l’UE ha lanciato un “dialogo” inteso a convincere Israele a congelare la demolizione di case e strutture palestinesi nella Cisgiordania occupata. Secondo un’analisi, Israele ha risposto accelerando le demolizioni delle strutture finanziate dall’UE.

Negli ultimi anni Israele ha distrutto almeno il valore di 74 milioni di dollari di progetti finanziati dall’UE con totale impunità.

Lo scorso mese Israele ha demolito parecchie scuole e progetti finanziati dai contribuenti europei in Cisgiordania. La risposta dell’UE è stata un debole comunicato, seguito da altri favori ad Israele.

Ironicamente, una delle proteste formulate con parole più dure – anche se innocue – contro le demolizioni è venuta dal governo del Belgio, che è profondamente complice di “LAW-TRAIN”: molte autorità giudiziarie belghe sono coinvolte nel programma.

Ma il fallimento più spettacolare della politica accondiscendente dell’UE si è esplicitato nella forma della recente promessa del primo ministro Benjamin Netanyahu secondo cui Israele non smantellerà nessuna colonia dalla Cisgiordania occupata – distruggendo l’alibi persino del più ingenuo dei dirigenti dell’UE che Israele sia interessato a una soluzione dei due Stati.

Tutte le colonie israeliane sono illegali in base alle leggi internazionali, e persino l’UE afferma di opporvisi.

Ma non c’è da sorprendersi che Israele stia accelerando il suo furto e la sua colonizzazione della Cisgiordania: l’ambasciatore dell’UE a Tel Aviv lo scorso anno ha affermato pubblicamente che prodotti degli insediamenti israeliani sono i “benvenuti” sui mercati europei – anche se i principali gruppi per i diritti umani stanno chiedendo un divieto totale degli scambi commerciali con le colonie.

Ignari

Agendo come se fossero ignari, questa settimana i burocrati dell’UE hanno continuato a gratificare Israele con la visita di Elżbieta Bieńkowska, la commissaria “alle attività imprenditoriali” del blocco di 28 Paesi.

Il suo obiettivo è promuovere un’ulteriore “cooperazione” in campi quali scienza e tecnologia – spesso un nome in codice per sviluppo di armamenti e commercio di armi.

La visita di Bieńkowska è l’ultima di una sfilata di funzionari UE di alto livello a Tel Aviv che ha incluso il commissario alla scienza Moedas.

Un altro importane funzionario ha recentemente garantito l’appoggio dell’UE ai tentativi di Israele per mettere a tacere le critiche alle sue politiche, con il pretesto di lottare contro l’antisemitismo.

Funzionari dell’UE continuano anche a calunniare il movimento nonviolento per il Bboicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni con affermazioni che l’UE non può dimostrare, come l’asserzione secondo cui le attività del BDS hanno portato a un aumento degli episodi di antisemitismo.

Il chiaro e costante messaggio da Bruxelles a Tel Aviv è che l’UE non solo tollera i crimini di Israele, ma che li appoggia entusiasticamente.

E’ improbabile che ciò cambi finché i cittadini europei non rafforzeranno il messaggio che non consentiranno più che il loro danaro sia impropriamente utilizzato dai funzionari dell’UE e dalle istituzioni accademiche europee per appoggiare il regime israeliano di occupazione, colonialismo di insediamento e di apartheid.

(traduzione di Amedeo Rossi)