La Spagna non permetterà che le armi destinate ad Israele si fermino nei suoi porti

Redazione di Middle East Monitor

17 maggio 2024 – Middle East Monitor

Secondo l’agenzia Reuters oggi il ministro degli Esteri José Manuel Albares ha affermato che la Spagna non autorizzerà navi che trasportano armi per Israele facciano scalo nei suoi porti, dopo che lo Stato ha rifiutato a una nave di attraccare nel porto di Cartagena, a sud-est.

Venerdì il ministro spagnolo ha spiegato in una conferenza stampa: “Questa è la prima volta che lo abbiamo fatto perché è la prima volta che abbiamo individuato una nave che trasportava un carico di armi destinato ad Israele che voleva attraccare in un porto spagnolo.”

Albares ha sottolineato che la sua Nazione “farà la stessa cosa per ogni nave che trasporti armi in Israele che voglia attraccare in un porto spagnolo. Il ministero degli Esteri rifiuterà sistematicamente queste operazioni di attracco per una chiara ragione. Il Medio Oriente non ha bisogno di più armi, ha bisogno di più pace.”

Albares ha fatto notare che la nave è stata la prima a cui è stato impedito di attraccare in un porto spagnolo, osservando che questo è coerente con la decisione del governo di non rilasciare licenze per esportare armi verso Israele dal 7 ottobre, perché la Spagna non vuole contribuire alla guerra.

La Spagna è stato uno dei più espliciti e insistenti critici europei del modo in cui Israele ha portato avanti la sua guerra contro Gaza, affermando che rifiuta “l’uccisione indiscriminata di palestinesi a Gaza e in Cisgiordania.”

Madrid si è impegnata a riconoscere lo Stato di Palestina entro luglio.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Le macabre rassicurazioni USA che autorizzano il genocidio da parte di Israele

Ramona Wadi

14 maggio 2024 – Middle East Monitor

La scorsa domenica l’ambasciatore USA in Israele Jack Lew ha difeso l’azione genocida e la complicità con essa quando ha spiegato che “fondamentalmente niente è cambiato nel rapporto basilare” tra USA e Israele. Si tratta di parole che ovviamente il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu non aveva bisogno di sentire, ma che tuttavia affermano, per quanto riguarda Washington, la superiorità della narrazione sionista sulle leggi internazionali.

Strategicamente prima del rapporto del Dipartimento di Stato, che senza dubbio è stato riempito di intenzionale inconsistenza retorica, Lew ha ricordato al mondo che gli USA hanno ritardato l’invio di un solo carico di armi. Gli USA non possono negare che le loro armi siano state utilizzate da Israele per commettere un genocidio a Gaza, ma ovviamente aggiungere la narrazione sionista come contesto del motivo per cui le armi sono state utilizzate giustifica futuri invii di armi.

In definitiva il rapporto si è basato sulla costruzione e distruzione di verità sul genocidio da parte di Israele, perché quando si tratta di Israele persino la verità è ipotetica.

“Quello che il presidente ha detto è che non pensa che sia una buona idea fare una massiccia campagna di terra in un’area densamente popolata,” Lew ha proposto come spiegazione. “Ma ha specificamente affermato che le bombe da 900 chili non dovrebbero essere utilizzate in quel contesto.” Finora, ha aggiunto Lew, l’operazione militare israeliana a Rafah non ha “oltrepassato la zona che riguarda il nostro disaccordo.” Ma ovviamente non c’è alcuna area di disaccordo tra Israele e gli USA. Neppure il genocidio. Anzi, tali macabre rassicurazioni esprimono l’autorizzazione statunitense del genocidio israeliano.

È persino peggio il fatto che Lew non stia minimizzando il blocco alla consegna delle armi da parte di Biden, ma che la realtà che sta dietro all’immagine patinata aggiunta per il consumo dei media e dell’opinione pubblica rimanga la stessa. Ciò nonostante il fatto che molta della pretesa inconcludenza del rapporto del Dipartimento di Stato, che è stato pubblicato dopo il simbolico e irrilevante gesto di Biden, abbia chiaramente denunciato una mancanza di cooperazione da parte delle autorità israeliane riguardo al fatto che siano state commesse o meno violazioni delle leggi internazionali. Dato che agli occhi degli americani le azioni di Israele non parlano da sé, nonostante la quantità di prove, e che come sempre Israele rifiuta di collaborare, gli USA non vedono alcuna ragione di sospendere permanentemente l’invio di armi allo Stato di apartheid.

Non si dimentichi che gli USA hanno invaso Paesi e creato Stati falliti in base a prove false. “Portare la democrazia” era una giustificazione sufficiente. Quando si tratta di Israele, tuttavia, le prove non sono mai sufficienti, benché continuino ad accumularsi corpi di palestinesi uccisi e l’esercito israeliano si vanti apertamente dei bombardamenti e derida i palestinesi perché non sono capaci di vivere in mezzo alla devastazione creata dall’entità israeliana colonialista di insediamento. Solo l’assoluto potere politico consente a Israele di commettere apertamente un genocidio a Gaza, mentre gli USA dicono che non ci sono prove sufficienti.

Ovviamente Rafah non porterà alcun disaccordo tra Israele e gli USA. Proprio come Israele vuole portare a termine il suo piano genocida, lo stesso fanno gli USA. Allo stesso modo l’ONU non è mai tornato sui suoi passi dopo il piano di partizione del 1947. Perché invece non creare un giorno di solidarietà per i palestinesi, in cambio del fatto di averli obbligati a diventare rifugiati, vittime di pulizia etnica e ora ad affrontare per mesi un genocidio? L’ONU ha sostenuto Israele attraverso risoluzioni che gli chiedevano di tenerne conto. Gli USA appoggiano Israele con armi e sostegno diplomatico. Sempre lo stesso, giorno dopo giorno. Si tratterebbe di uno squallido intrigo, se non fosse per il fatto che questa ripetizione significa più palestinesi uccisi da Israele solo in nome della protezione di un progetto colonialista che in primo luogo non avrebbe mai dovuto nascere.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Il capo delle Nazioni Unite condanna l’attacco contro il personale ONU e chiede una ‘indagine completa’

Redazione di Middle East Monitor

13 maggio 2024 – Middle East Monitor

L’agenzia Anadolu riferisce che lunedì il segretario generale ONU Antonio Guterres ha condannato tutti gli attacchi contro il personale delle Nazioni Unite e ha chiesto un’indagine completa sull’uccisione di un membro dello staff nella Striscia di Gaza.

Il vice portavoce delle Nazioni Unite Farhan Haq ha affermato durante una conferenza stampa che “il segretario generale è stato profondamente rattristato per aver appreso della morte di un membro dello staff del dipartimento di sicurezza delle Nazioni Unite e del ferimento di un altro membro quando il loro veicolo ONU è stato colpito questa mattina mentre viaggiavano verso l’Ospedale Europeo a Rafah.”

Secondo Haq Guterres condanna tutti gli attacchi contro il personale ONU e ha chiesto un’indagine completa sull’incidente.

Osservando che la situazione [di guerra] a Gaza colpisce non solo i civili ma anche gli operatori umanitari, Haq ha affermato che il segretario ONU ha reiterato le richieste per un cessate il fuoco umanitario urgente e il rilascio degli ostaggi trattenuti a Gaza.

Haq ha inoltre affermato che l’ONU continua a raccogliere informazioni sull’incidente e ha aggiunto che dal 7 ottobre ad oggi a Gaza sono stati uccisi 196 dipendenti ONU.

Ha sottolineato che le Nazioni Unite stanno mantenendo i contatti con i funzionari per assicurare che dopo la fine del conflitto i colpevoli rendano conto [del proprio operato].

Alla domanda se il veicolo recasse il logo delle Nazioni Unite, Haq ha risposto che tutti i veicoli dell’organizzazione internazionale sono contrassegnati.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Il college più ricco di Cambridge vota per disinvestire dalle società produttrici di armi

Imran Mulla

12 Maggio 2024Middle East Eye

Fonti vicine al sindacato studentesco del Trinity affermano che il consiglio universitario, responsabile di importanti decisioni finanziarie e di altro tipo, ha votato a marzo per revocare gli investimenti del Trinity nelle società produttrici di armi.

Middle East Eye è in grado di rivelare che il Consiglio universitario del college più ricco dell’Università di Cambridge, il Trinity College di Cambridge, ha votato per il disinvestimento da tutte le società produttrici di armi.

MEE ha appreso da tre fonti ben informate vicine al sindacato studentesco del Trinity che il consiglio universitario, responsabile di importanti decisioni finanziarie e di altro tipo, ha votato per revocare gli investimenti del Trinity dalle società di armi all’inizio di marzo.

Secondo le fonti il college ha deciso di non annunciare che avrebbe disinvestito dalle compagnie di armi dopo che all’interno del college, l’8 marzo, un attivista ha deturpato un ritratto del 1914 di Lord Arthur Balfour, autore della famigerata Dichiarazione Balfour.

L’incidente ha suscitato un’ampia copertura mediatica nel Regno Unito e la condanna da parte di parlamentari britannici, tra cui il vice primo ministro Oliver Dowden.

Secondo il verbale ufficiale dell’incontro del sindacato degli studenti del Trinity College di sabato 11 maggio, il presidente del comitato del sindacato studentesco ha affermato che l’organismo si era incontrato con gli studenti e il college sugli investimenti del Trinity nelle società produttrici di armi israeliane.

“L’ultimo aggiornamento è che il Trinity sarà ed è in procinto di disinvestire; tuttavia il college non rilascerà una dichiarazione pubblica sulla questione”; il Presidente ha dichiarato:

“Questo perché il college non vuole essere visto giustificare gli sfregi inferti (nell’ultimo semestre) al ritratto di Arthur Balfour” e sostiene che al sindacato studentesco è stato detto che il college avrà disinvestito da tutte le società produttrici di armi “entro l’estate “.

Un altro membro del comitato del sindacato studentesco ha aggiunto: “Ci è stato detto che il consiglio del college ha votato a favore del disinvestimento”.

Il Trinity è amministrato dal Consiglio del college.

Il Trinity College di Cambridge non ha confermato smentito che il voto abbia avuto luogo, ma ha detto a MEE che: “Il Trinity College continua a rivedere regolarmente i suoi investimenti”.

MEE ha rivelato a febbraio che Trinity aveva investito 61.735 sterline (78.089 dollari) nella più grande azienda di armi israeliana, Elbit Systems, che produce l’85% dei droni e delle attrezzature terrestri utilizzate dall’esercito israeliano.

MEE ha anche riferito che il college aveva milioni di dollari investiti in altre società che armavano, sostenevano e traevano profitto dalla guerra di Israele a Gaza.

In risposta all’inchiesta il 28 febbraio il Centro Internazionale di Giustizia per i Palestinesi (ICJP), un’associazione per i diritti umani con sede nel Regno Unito, ha emesso un avviso legale al Trinity College avvertendo che i suoi investimenti potrebbero renderlo potenzialmente complice dei crimini di guerra israeliani.

L’ICJP ha emesso un ulteriore avvertimento al Trinity il 30 aprile, ma non ha ancora ricevuto risposta dal college. Il 7 maggio l’associazione per i diritti umani ha presentato una denuncia formale alla Charity Commission [un organismo statale che controlla le organizzazioni di beneficienza, n.d.t.] chiedendo un’indagine sugli investimenti del Trinity.

MEE ha rivelato a febbraio che il college aveva anche investimenti per un valore di circa 3,2 milioni di dollari in Caterpillar, una società di macchinari pesanti con sede negli Stati Uniti che è stata a lungo bersaglio di campagne di boicottaggio per la vendita di bulldozer all’esercito israeliano, e in numerose altre società coinvolte nella guerra israeliana – tra cui General Electric, Toyota Corporation, Rolls-Royce, Barclays Bank e L3Harris Industries

Trinity non si è impegnato a disinvestire da tutte queste società.

Mira Naseer, responsabile legale dell’ICJP, ha rilasciato una dichiarazione in risposta alle ultime notizie:

“Questa è una vittoria importante per il movimento. Gli studenti di tutto il mondo hanno condotto una campagna instancabile per sollecitare le loro università a disinvestire dalle aziende produttrici di armi potenzialmente complici del genocidio di Israele e ora stiamo iniziando a vedere i risultati. Il fatto che il Trinity sia il college più ricco di Cambridge è una vera vittoria simbolica e altri college e università devono ora seguire l’esempio.

“Ma è importante ricordare che le aziende in cui Trinity investe non solo sono potenzialmente complici dell’ultimo attacco israeliano a Gaza, ma hanno anche una comprovata attività nella fornitura di attrezzature che sono state utilizzate nelle demolizioni di case, nell’illegale muro di separazione israeliano in Cisgiordania e intorno a Gerusalemme e altri strumenti dell’apartheid. È bello vedere che Trinity ha disinvestito dalle compagnie produttrici di armi, ma è solo il primo passo.”

Giovedì è stata pubblicata una lettera aperta scritta da accademici di Cambridge e firmata da oltre 1.700 dipendenti, ex studenti e studenti dell’università, in cui si esprime sostegno ai manifestanti che la scorsa settimana hanno allestito un accampamento di protesta che invita l’università a porre fine a qualsiasi potenziale complicità nella guerra di Israele a Gaza.

Lunedì circa un centinaio di studenti si sono riuniti sul prato fuori dal King’s College di Cambridge, dove hanno eretto delle tende e chiesto all’istituto di impegnarsi a disinvestire dalle società coinvolte nella guerra di Israele.

Si sono uniti agli studenti di oltre 100 università in tutto il mondo che hanno creato movimenti di protesta simili.

Gli organizzatori dell’accampamento hanno detto a MEE che chiedono che l’Università di Cambridge riveli tutti i suoi rapporti con aziende e istituzioni “complici nella pulizia etnica in corso in Palestina”.

Giovedì il Primo Ministro britannico Rishi Sunak ha convocato i vicerettori di 17 università per una “tavola rotonda sull’antisemitismo” a Downing Street e li ha esortati ad assumersi una “responsabilità personale” nella protezione degli studenti ebrei.

Lo stesso giorno il Trinity College di Dublino, la più prestigiosa università irlandese, dopo un sit-in di studenti che protestavano contro la guerra a Gaza ha annunciato che avrebbe disinvestito dalle società israeliane coinvolte nell’occupazione della Palestina.

Dagli eventi del 7 ottobre, quando un attacco guidato da Hamas al sud di Israele ha ucciso 1.171 persone e ne ha catturate e portate a Gaza prigioniere più di 200, l’enclave è stata sotto assedio totale e privata dei beni di prima necessità, mentre affrontava una devastante campagna di bombardamenti da parte di Israele.

Più di 35.000 palestinesi sono stati uccisi e circa 1,7 milioni sono stati sfollati in quello che la Corte Internazionale di Giustizia a gennaio ha descritto come un plausibile genocidio.

Secondo i funzionari sanitari sono rimaste ferite anche quasi 77.000 persone. Le cifre non includono decine di migliaia di morti che si ritiene siano sepolti tra le rovine di case, negozi, rifugi e altri edifici distrutti dalle bombe.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




“L’obiettivo è distruggere Gaza”: ecco perché Israele rifiuta il cessate il fuoco con Hamas

Mat Nashed

7 maggio 2024 Al Jazeera

Israele ha rifiutato il cessate il fuoco e lanciato un’operazione a Rafah, suscitando il timore che la guerra a Gaza possa protrarsi.

Israele sembra essere stato colto di sorpresa lunedì dall’annuncio che Hamas aveva accettato la proposta egiziano-qatarina di cessate il fuoco. Ma il governo di Israele ha chiarito rapidamente la sua posizione: la proposta non era accettabile e, per chiarire ulteriormente la questione, il suo esercito ha preso il controllo del lato palestinese del confine fra Egitto e Gaza a Rafah.

Per molti analisti il messaggio del governo israeliano è chiaro: non ci sarà un cessate il fuoco permanente e la devastante guerra a Gaza continuerà.

Israele vuole avere il diritto di continuare le operazioni a Gaza,” ha detto Mairav Zonszein, analista esperta di Israele-Palestina dell’International Crisis Group (ICG) [Ong con sede in Belgio che cerca di prevenire i conflitti, ndt.].

Ha aggiunto che un accordo sembra impossibile finché Israele si rifiuta di porre definitivamente fine alla guerra.

Se stipuli un accordo di cessate il fuoco, allora [alla fine] sarà necessario il cessate il fuoco”, ha detto ad Al Jazeera.

Il bombardamento di Rafah da parte di Israele ha l’obiettivo apparente di smantellare i battaglioni di Hamas e assumere il controllo del valico Gaza-Egitto, che Israele accusa Hamas di utilizzare per contrabbandare armi nell’enclave assediata. Ma le associazioni umanitarie hanno subito segnalato che la chiusura del valico avrà conseguenze disastrose per oltre un milione di palestinesi che vivono a Rafah, quasi tutti già sfollati.

E metterebbe a repentaglio anche le speranze di raggiungere un accordo tra Israele e Hamas, che Egitto, Qatar e Stati Uniti hanno passato giorni a cercare di mediare insieme a William Burns, il capo della Central Intelligence Agency (CIA), fortemente impegnato.

Israele ha affermato che i termini del cessate il fuoco di Hamas differiscono dalle proposte precedenti. Ma gli analisti ritengono che il problema più ampio sia che Israele non è disposto ad accettare un cessate il fuoco permanente, anche dopo che Hamas avrà liberato gli ostaggi israeliani.

Gli ultimi due giorni hanno dimostrato che Israele non stava realmente negoziando in buona fede. Nel momento in cui Hamas ha accettato l’accordo, Israele ha cercato di farlo saltare iniziando l’attacco a Rafah”, ha detto Omar Rahman, esperto di Israele-Palestina presso il Consiglio del Medio Oriente per gli Affari Globali, un think tank di Doha in Qatar.

L’obiettivo è distruggere completamente Gaza”, ha detto ad Al Jazeera.

Sicuri della vittoria?

Rafah è diventata l’ultimo rifugio per i palestinesi in fuga dagli attacchi israeliani nelle regioni centrali e settentrionali dell’enclave. Ci sono stati alcuni attacchi, ma l’esercito israeliano non ha inviato – fino a lunedì – forze di terra ad occupare il territorio.

Ma dopo aver condotto operazioni di terra nel resto di Gaza, e con Hamas ancora operativo e decine di ostaggi israeliani ancora detenuti, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha lanciato l’attacco, anche se è ancora da determinare fino a che punto si spingeranno i militari dentro Rafah.

Il dilemma che Netanyahu si trova ad affrontare è che ha promesso agli israeliani la vittoria contro Hamas – e la grande maggioranza degli ebrei israeliani sostiene un’invasione di Rafah, secondo un sondaggio condotto a marzo dall’Israeli Democracy Institute. Ma gli Stati Uniti, nonostante il loro schiacciante sostegno a Israele durante tutta la guerra a Gaza, hanno chiarito che non sosterranno un’invasione su vasta scala.

Il gabinetto di guerra israeliano potrebbe cercare di soddisfare l’opinione pubblica portando avanti l’offensiva di Rafah e rifiutando inizialmente un cessate il fuoco, ha affermato Hugh Lovatt, esperto di Israele-Palestina presso il Consiglio europeo per le Relazioni Estere (ECFR).

Potrebbe essere troppo difficile per il governo israeliano accettare una proposta che viene vista [dall’opinione pubblica israeliana] assecondare le condizioni di Hamas”, ha detto ad Al Jazeera. “Si può pensare che entrando a Rafah, Israele stia dicendo ‘abbiamo preso il controllo del corridoio, abbiamo sradicato le infrastrutture terroristiche e ora possiamo accettare il cessate il fuoco’ ”.

Aggrappato al potere

La carriera politica di Netanyahu dipende anche dalla continuazione della guerra a Gaza, dicono gli analisti ad Al Jazeera, che spiegano come un cessate il fuoco permanente potrebbe condurre al collasso della sua coalizione di estrema destra, portando ad elezioni anticipate e alla sua rimozione dal potere.

Il ministro israeliano della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir e il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, entrambi di estrema destra, avrebbero minacciato di abbandonare e far crollare la coalizione di Netanyahu se Israele accettasse un accordo vincolante e un cessate il fuoco.

Khaled Elgindy, analista per Israele-Palestina presso il Middle East Institute, ritiene che l’accettazione da parte di Hamas di una proposta di cessate il fuoco metta Netanyahu in una posizione imbarazzante poiché non può più sostenere che sul tavolo non ci sia un accordo ragionevole.

Netanyahu ha bisogno che la guerra continui e si espanda per poter restare al potere. Personalmente non ha altra motivazione”, ha detto ad Al Jazeera.

Lovatt, del Consiglio europeo per le Relazioni Estere, ha aggiunto che l’invasione di Rafah comporta rischi a medio e lungo termine anche per Netanyahu e Israele. Teme che se Israele intensificherà significativamente la sua offensiva su Rafah perderà i restanti ostaggi israeliani senza avvicinarsi all’obiettivo dichiarato di “sradicare Hamas”.

Se Israele entra a Rafah e provoca carneficine e distruzione certo non si avvicinerà al suo obiettivo strategico e penso che ciò creerà ulteriori complicazioni per Netanyahu nelle settimane e nei mesi a venire”, ha detto ad Al Jazeera.

A maggio il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha messo in guardia Netanyahu dall’invasione di Rafah e ha affermato che tale mossa rappresenterebbe il superamento di una “linea rossa”.

Lovatt ritiene che gli Stati Uniti dovrebbero penalizzare Netanyahu per aver ignorato la minaccia di Biden. Ha aggiunto che gli Stati Uniti dovrebbero sospendere gli aiuti militari e chiarire che la proposta di cessate il fuoco accettata da Hamas è in linea con quella che il capo della CIA Burns ha contribuito a mediare.

Sembra che Israele stia aggirando la proposta di cessate il fuoco su cui ha lavorato Will Burns. È una mossa grave contro la diplomazia statunitense e penso che gli Stati Uniti debbano puntare i piedi”, ha detto Lovatt ad Al Jazeera.

Si tratta di salvare Netanyahu da lui stesso e Israele da sé stesso”.

Gli Stati Uniti hanno ritardato la vendita di migliaia di armi di precisione a Israele, ma Elgindy è scettico sul fatto che gli Stati Uniti eserciteranno maggiori pressioni per evitare una catastrofe a Rafah.

Afferma che Biden sembra ancora non comprendere l’errore strategico di Israele a Gaza e la portata del disastro che ha consentito.

Alcune persone nell’amministrazione Biden sono arrivate a questa conclusione [che Israele ha commesso un errore strategico], ma non sono coloro che prendono le decisioni. Non sono il presidente”, ha detto ad Al Jazeera.

Zonszein, del Gruppo di Crisi, ha aggiunto che non è chiaro fino a che punto gli Stati Uniti si spingeranno per costringere Netanyahu ad accettare un cessate il fuoco, ma ha detto che gli Stati Uniti sembrano aver dato garanzie in privato ai mediatori che qualsiasi cessate il fuoco porterebbe infine alla fine permanente della guerra.

“Gli Stati Uniti sono molto intenzionati a fermare questa invasione di Rafah e penso che abbiano la capacità di fermarla”, ha detto. “Semplicemente non si vuole dare l’impressione di aiutare Hamas, ed è quindi una situazione complicata”.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Ventisei Stati membri dell’Unione Europea chiedono a Netanyahu un cessate il fuoco

Redazione di MEM

7 maggio 2024 – Middle East Monitor

Nella giornata di oggi i ministri degli Esteri di ventisei Stati membri dell’Unione Europea hanno emesso una dichiarazione congiunta come risposta all’ordine di evacuazione della città di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza.

I ministri degli Esteri hanno chiesto al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di non proseguire nell’attacco.

L’alto rappresentante per gli Affari Esteri e le Politiche di Sicurezza dell’Unione Europea Josep Borrell ha affermato che Israele dovrebbe rinunciare al suo attacco di terra a Rafah e ha sottolineato che l’Unione Europea e la comunità internazionale dovrebbero agire per prevenire un simile scenario.

Borrell ha affermato che Israele dovrebbe porre fine al suo attacco di terra a Rafah, aggiungendo che l’Unione Europea e la comunità internazionale potrebbero e dovrebbero agire per prevenire un simile scenario.

Borrell ha condiviso un post sulla rete sociale X: “L’ordine di evacuazione dei civili da Rafah preannuncia il peggio: più guerra e carestia.”

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




ESCLUSIVO: “Sei stato avvertito”: i senatori repubblicani minacciano il procuratore della Corte Penale Internazionale

Redazione Zeteo e Mehdi Hasan

06 maggio 2024 – ZETEO

Nella lettera, ottenuta da Zeteo si minacciano sanzioni in difesa di Netanyahu.

Un gruppo di influenti senatori repubblicani ha inviato una lettera al procuratore capo della Corte Penale Internazionale (CPI) Karim Khan diffidandolo dall’emettere mandati di arresto internazionali contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e altri funzionari israeliani, e minacciandolo di “severe sanzioni” se lo fa.

In una concisa lettera di una pagina ottenuta in esclusiva da Zeteo e firmata da 12 senatori repubblicani tra cui Tom Cotton dell’Arkansas, Marco Rubio della Florida e Ted Cruz del Texas, Khan viene informato che qualsiasi tentativo da parte della CPI di spiccare mandati di arresto per Netanyahu e i suoi colleghi perché rendano conto delle loro azioni a Gaza sarà interpretato “non solo come una minaccia alla sovranità di Israele ma anche alla sovranità degli Stati Uniti”.

Prendi di mira Israele e noi prenderemo di mira te”, dicono i senatori a Khan, aggiungendo che “sanzioneremo i tuoi dipendenti e collaboratori e escluderemo te e la tua famiglia dall’accesso agli Stati Uniti”.

In modo piuttosto minaccioso, la lettera conclude: “Sei stato avvertito”.

In una dichiarazione rilasciata a Zeteo il senatore democratico Chris Van Hollen del

Maryland ha affermato: “Va bene esprimere opposizione a una possibile azione giudiziaria, ma è assolutamente sbagliato interferire in una questione giudiziaria minacciando gli ufficiali giudiziari, i loro familiari e i loro dipendenti di vendetta. Questo bullismo è qualcosa che si addice alla mafia, non ai senatori americani”.

Sebbene né Israele né gli Stati Uniti siano membri della CPI, i territori palestinesi sono stati ammessi con lo status di Stato membro nell’aprile 2015. Khan, un avvocato britannico, è stato nominato procuratore capo della CPI nel febbraio 2021, e una settimana prima la Corte aveva già deciso, a maggioranza, che la sua giurisdizione territoriale si estendeva a “Gaza e Cisgiordania”.

In seguito agli attacchi del 7 ottobre 2023 Khan ha annunciato che la Corte aveva giurisdizione su qualsiasi potenziale crimine di guerra commesso sia dai militanti di Hamas in Israele che dalle forze israeliane a Gaza. La Corte Penale Internazionale, secondo lo Statuto di Roma del 2002, può accusare individui di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio – e recenti rapporti suggeriscono che i funzionari israeliani sono sempre più convinti che la Corte Penale Internazionale stia preparando mandati di arresto per Netanyahu e altri alti funzionari di gabinetto e militari.

Venerdì l’ufficio del procuratore capo con sede all’Aja ha pubblicato una dichiarazione senza precedenti su Twitter, in cui si chiede la fine delle minacce di ritorsioni contro la Corte Penale Internazionale e dei tentativi di “ostacolare” e “intimidire” i suoi funzionari. La dichiarazione aggiunge che tali minacce potrebbero “costituire un reato contro l’amministrazione della giustizia” ai sensi dello Statuto di Roma.

La tempistica di questo inusuale avvertimento pubblico ora ha più senso: la lettera dei senatori statunitensi era stata inviata a Khan una settimana prima, il 24 aprile.

Nella loro lettera i dodici senatori repubblicani ricordano a Khan che gli Stati Uniti “hanno dimostrato nell’American Service-Members’ Protection Act [ASPA, legge di protezione degli americani in servizio] fino a che punto siamo disposti a spingerci per proteggere la [nostra] sovranità”.

L’ASPA, convertito in legge da George W. Bush nel 2002, da allora è diventato ampiamente noto come “L’atto di invasione dell’Aja” perché autorizza il presidente degli Stati Uniti “a utilizzare tutti i mezzi necessari e appropriati” per ottenere il rilascio non solo di cittadini americani, ma anche di alleati imprigionati o detenuti dalla CPI.

Il gruppo di senatori repubblicani – che comprende anche il leader della minoranza Mitch McConnell del Kentucky e Tim Scott della Carolina del Sud, che si ritiene siano nella lista dei candidati alla vicepresidenza di Donald Trump – afferma che l’emissione di eventuali mandati di arresto per i leader di Israele da parte della Corte Penale Internazionale sarebbe “illegittima e priva di base legale”, oltre a “dimostrare” “l’ipocrisia e i doppi standard” della Corte. I senatori sottolineano che Khan non ha emesso mandati di arresto per i leader di Iran, Siria, Cina o Hamas. Non menzionano, tuttavia, il fatto che i tre paesi elencati non sono membri della CPI, né sono accusati di aver commesso crimini di guerra sul territorio di un membro della CPI. Per quanto riguarda i funzionari di Hamas, è stato riferito che il procuratore capo sta, di fatto, anche “valutando mandati di arresto per i leader di Hamas”.

Se Khan emetterà un mandato di arresto per Netanyahu nei prossimi giorni non sarà la prima volta che perseguirà un controverso leader mondiale per presunti crimini di guerra – o sarà sanzionato per questo. Nel marzo 2023, la Corte Penale Internazionale ha emesso un mandato d’arresto nei confronti del presidente russo Vladimir Putin per la sua presunta responsabilità “per il crimine di guerra di deportazione illegale di popolazione (bambini)”. Il governo russo ha risposto inserendo Khan nella lista dei “ricercati”.

All’epoca il presidente Biden definì “giustificato” il mandato d’arresto per Putin e affermò che era un “ottimo risultato”. E, due anni prima, nell’aprile 2021, Biden ha revocato le sanzioni statunitensi che erano state imposte dall’amministrazione Trump al procuratore della Corte Penale Internazionale sulla scia di un’indagine sull’azione militare statunitense in Afghanistan.

Venerdì l’addetta stampa della Casa Bianca Karine Jean-Pierre ha detto ai giornalisti che l’amministrazione si oppone a “qualsiasi minaccia o intimidazione nei confronti di funzionari pubblici… compresi i funzionari della Corte Penale Internazionale” ma che il presidente “non sostiene questa indagine investigativa.” La Casa Bianca ha rifiutato di commentare per Zeteo la lettera dei senatori, così come l’ufficio del procuratore capo della Corte Penale Internazionale dell’Aia.

La senatrice Katie Britt dell’Alabama, una delle firmatarie repubblicane della lettera, ha detto a Zeteo che “non si tratta di una minaccia, ma di una promessa”. Gli altri 11 senatori repubblicani che hanno firmato la lettera non hanno risposto alle richieste di commento di Zeteo al momento della pubblicazione.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




Mentre continuano i colloqui per il cessate il fuoco a Gaza Netanyahu afferma che Israele invaderà Rafah

Redazione di Al Jazeera

30 aprile 2024-Al Jazeera

Il primo ministro israeliano Netanyahu dice che le forze israeliane entreranno nella città meridionale di Gaza “con o senza un accordo”.

Mentre sono in corso difficili negoziati di tregua per raggiungere un accordo di cessate il fuoco, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha ribadito la sua promessa che Israele lancerà un assalto di terra a Rafah, nel sud di Gaza.

Martedì Netanyahu ha detto che Israele distruggerà i battaglioni di Hamas a Rafah “con o senza un accordo” per ottenere la “vittoria totale” nella guerra che dura da quasi sette mesi.

Israele e Hamas stanno negoziando un potenziale accordo di cessate il fuoco e uno scambio tra ostaggi detenuti da gruppi palestinesi a Gaza con prigionieri detenuti nelle carceri israeliane.

L’idea che fermeremo la guerra prima di raggiungere tutti i suoi obiettivi è fuori discussione. Entreremo a Rafah ed elimineremo lì i battaglioni di Hamas, con o senza un accordo, per ottenere la vittoria totale,” ha detto il primo ministro in un incontro con le famiglie degli ostaggi detenuti dai gruppi armati a Gaza.

Hamas ha ripetutamente affermato che non accetterà un accordo che non includa un cessate il fuoco permanente e un ritiro completo delle forze israeliane da Gaza – questi sono stati i principali punti critici dei negoziati.

Per mesi Netanyahu si è ripetutamente impegnato a procedere con l’invasione di Rafah, nonostante l’esplicita contrarietà da parte del principale alleato di Israele, gli Stati Uniti.

Le agenzie umanitarie hanno avvertito che un assalto a Rafah, dove hanno trovato rifugio più di un milione di palestinesi sfollati, sarebbe catastrofico.

Martedì il segretario delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha esortato Israele a non procedere con un attacco militare che “costituirebbe un’intollerabile escalation che ucciderebbe migliaia di civili e costringerebbe centinaia di migliaia di persone a fuggire”.

Assalto incombente

La radio dell’esercito israeliano ha affermato che un piano per attaccare Rafah otterrà il via libera “nei prossimi giorni” se non verrà raggiunto un accordo di cessate il fuoco con Hamas.

La radio israeliana GLZ, attribuendo le informazioni a “funzionari della sicurezza”, ha affermato in un post sui social media che “verrà dato l’ordine di lanciare un’operazione a Rafah” se non verranno fatti progressi entro pochi giorni nei “negoziati per un accordo”.

In un post su X il media israeliano N12 ha riferito che, secondo quanto riferito dalle famiglie degli ostaggi, Netanyahu ha detto loro che l’evacuazione della popolazione a Rafah è già iniziata.

Tuttavia, il capo dell’UNRWA Philippe Lazzarini ha dichiarato martedì che “alla popolazione non è stato ancora chiesto di evacuare Rafah.

Ma c’è la sensazione che se non ci sarà un accordo di cessate il fuoco questa settimana, potrebbe accadere in qualsiasi momento”, ha detto durante una conferenza stampa a Ginevra.

L’agenzia di stampa Reuters ha riferito che “una persona vicina al primo ministro Benjamin Netanyahu” ha detto che Israele sta aspettando la risposta di Hamas alla sua proposta prima di inviare una squadra in Egitto per continuare i colloqui per il cessate il fuoco.

Secondo il ministro degli Esteri britannico David Cameron la proposta israeliana prevede una pausa di 40 giorni nei combattimenti invece di un cessate il fuoco permanente come Hamas ha ripetutamente chiesto.

Una risposta da parte di Hamas all’ultima proposta di Israele è prevista entro mercoledì sera, ha riferito Stefanie Dekker di Al Jazeera. [Oggi, 2 maggio, ore 09,30 ora italiana, la risposta non è ancora arrivata, ndt.]

Hamas valuta la proposta

Il segretario di Stato americano Antony Blinken non ha risposto direttamente ai giornalisti quando gli è stato chiesto dei piani di Netanyahu di procedere con l’assalto di terra. Ha invece sottolineato che l’obiettivo di Washington è raggiungere un accordo di tregua e il rilascio degli ostaggi.

Ora tocca ad Hamas. Niente più ritardi, niente più scuse. Il momento di agire è adesso,” ha detto Blinken alla stampa alla periferia della capitale della Giordania, Amman. “Nei prossimi giorni vogliamo vedere questo accordo concretizzarsi.”

[Una tregua] è il modo migliore, il modo più efficace, per alleviare le sofferenze e anche per creare un contesto in cui si possa sperare di andare avanti verso qualcosa che sia veramente sostenibile e offra una pace duratura per le persone che ne hanno così disperatamente bisogno”, ha aggiunto.

Si prevede che nel suo ultimo viaggio nella regione, iniziato lunedì in Arabia Saudita, Blinken visiterà Israele.

Hamas ha detto che continua a valutare la proposta israeliana. Un alto funzionario del gruppo ha osservato che [Israele] persiste nell’ignorare le richieste per la fine definitiva della guerra.

Dal documento israeliano emerge chiaramente che stanno ancora insistendo su due questioni principali: non vogliono un cessate il fuoco permanente e non stanno parlando in modo serio del ritiro da Gaza. In effetti stanno ancora parlando della loro presenza, il che significa che continueranno ad occupare Gaza”, ha detto Hamdan lunedì ad Al Jazeera.

Abbiamo domande cruciali per i mediatori. Se ci saranno risposte positive, penso che potremo andare avanti”.

Egitto, Qatar e Stati Uniti stanno mediando i colloqui tra Israele e Hamas.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




Guerra contro Gaza: politici israeliani preoccupati per ‘mandati d’arresto segreti da parte della Corte Penale Internazionale’

Redazione di Middle East Eye

30 aprile 2024 – Middle East Eye

Secondo alcune informazioni, alcuni legali dello Stato ebraico pensano che i mandati di arresto potrebbero essere annunciati solo dopo che i funzionari israeliani viaggiassero nei Paesi europei

Secondo un media israeliano, i legali per conto di Israele presso la Corte Penale Internazionale nella città olandese dell’Aia sono preoccupati che i mandati d’arresto contro funzionari israeliani possano essere stati emessi segretamente.

Un rapporto stilato da Ynet afferma che i legali sono preoccupati che i politici israeliani possano scoprire dei mandati senza preavviso dopo essere arrivati negli Stati europei.

Il rapporto afferma che le basi legali per tali mandati potrebbero essere le dichiarazioni fatte da molti leader israeliani durante la guerra in corso contro Gaza, nelle quali hanno avvertito i palestinesi nel territorio assediato che gli sarebbero stati negati cibo e aiuti.

Una fonte che ha parlato all’organo di stampa ha affermato che a quanto pare il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sta usando tattiche “minacciose” contro il procuratore Karim Khan, paragonando il suo comportamento a quello di un “elefante in una cristalleria.”

Gli israeliani stanno anche cercando assicurazioni dal segretario di stato statunitense Antony Blinken che Washington interverrebbe per bloccare ogni azione intrapresa dalla Corte Penale Internazionale.

In precedenza il quotidiano israeliano Maariv aveva riferito che Netanyahu è “spaventato e inusualmente stressato” dalla possibilità di un imminente mandato d’arresto.

Washington ha già affermato che la Corte Penale Internazionale non ha alcuna autorità per perseguire i leader israeliani.

Supporto al Congresso statunitense

Israele sta già affrontando presso la Corte Internazionale di Giustizia altre accuse di genocidio riguardo il suo attacco militare in corso a Gaza dopo la denuncia presentata dal Sud Africa.

La guerra ha ucciso finora almeno 34.500 palestinesi a Gaza, la maggioranza dei quali donne e minori.

Alcuni politici presso il Congresso statunitense, dove Israele ha una grande influenza e supporto, hanno promesso di prendere misure punitive contro la Corte Penale Internazionale se perseguisse personalità pubbliche israeliane.

Il portavoce della Camera dei Deputati, Mike Johnson, ha avvertito che se si creasse un precedente con l’emissione di mandati di arresto per i leader israeliani, i politici americani potrebbero essere i prossimi.

Mentre Johnson è repubblicano, anche il suo avversario, il Partito Democratico, è massicciamente filo-israeliano e contrario a ogni azione della Corte Penale Internazionale.

Secondo Axios alcuni membri del Congresso stanno promuovendo una legge per sanzioni contro la Corte Penale Internazionale, mentre altri stanno discutendo se ritirarsi dallo Statuto di Roma in base al quale è stata creata la corte.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




‘Peggioramento delle condizioni’. A Gaza due bambini muoiono per l’aumento delle temperature

Redazione di Palestine Chronicle

28 aprile 2024 – Palestine Chronicle

Due bambini sarebbero morti a causa dell’insolita ondata di caldo nella Striscia di Gaza assediata, mentre il ministero della Salute palestinese segnala che l’acqua non potabile sta mettendo a rischio le vite degli abitanti.

Domenica l’Agenzia dell’ONU per i Rifugiati Palestinesi (UNRWA) ha dichiarato su X che “con il salire delle temperature le condizioni di vita a Gaza stanno peggiorando.”.

Philippe Lazzarini, il commissario generale dell’UNRWA, ha detto: “Ci è stata segnalata la morte di almeno due bambini a causa del caldo eccessivo.”

Cos’altro c’è da sopportare: morte, fame, malattie, sfollamenti e adesso vivere in strutture simili a serre sotto un sole cocente,” ha sottolineato.

Lazzarini ha spiegato che negli ultimi giorni “a Gaza c’è stata un’insolita ondata di caldo che ha reso le già disumane condizioni di vita persino peggiori per il milione e mezzo di persone che a Rafah vivono sotto teloni di plastica. Non possiamo permettere oltre a queste sofferenze che si proceda con una massiccia operazione militare. Questa guerra deve finire, si è già aspettato troppo un cessate il fuoco a Gaza.”

Nessuna possibilità di potabilizzare l’acqua

Sabato il ministero della Salute palestinese ha detto che con la chiusura del laboratorio per la salute pubblica e con l’impossibilità di testare la potabilità dell’acqua, oltre al “divieto di ingresso del cloro”, o altre alternative per trattare l’acqua potabile, attuato da Israele, “tutti gli abitanti della Striscia di Gaza stanno usando acqua contaminata mettendo a repentaglio la propria vita.”

Il ministero ha anche messo in guardia sulla diffusione di malattie risultanti dalle acque reflue e dall’accumulo di rifiuti in strada e fra le tende degli sfollati.”

Il ministero ha detto che tutto ciò va ad aggiungersi “alla diffusione di rettili e insetti e all’aumento delle temperature, una situazione che “segnala un imminente disastro sanitario”.

Mercoledì il ministero ha comunicato casi di meningite ed epatite.

Oltre 34.000 morti

Al momento presso la Corte Internazionale di Giustizia è stata intentata una denuncia per il genocidio dei palestinesi contro Israele, che dal 7 ottobre ha scatenato una guerra devastante a Gaza.

Secondo il ministero della Salute di Gaza sono stati uccisi 34.454 e feriti 77.575 palestinesi nell’attuale genocidio attuato da Israele a Gaza iniziato il 7 ottobre.

Inoltre ci sono almeno 7.000 dispersi, presumibilmente morti sotto le macerie delle loro case in tutta la Striscia.

Organizzazioni palestinesi e internazionali dicono che la maggioranza dei morti e dei feriti sono donne e bambini.

La guerra israeliana ha causato una gravissima carestia, specialmente nel nord di Gaza, provocando la morte di molti palestinesi, quasi tutti bambini.

L’aggressione israeliana ha inoltre causato lo sfollamento forzato di circa due milioni di persone in tutta la Striscia, dove la maggioranza è stata costretta a concentrarsi nella già sovraffollata città di Rafah, vicino al confine con l’Egitto in quello che è diventato il più ampio esodo di massa palestinese dalla Nakba del 1948.

Israele dice che 1.200 fra soldati e civili sono stati uccisi il 7 ottobre durante l’operazione Diluvio Al-Aqsa. I media israeliani hanno pubblicato resoconti che suggeriscono che quel giorno molti degli israeliani sono stati uccisi dal ‘fuoco amico’.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)