L’insegnante palestinese sfollata non si è lasciata scoraggiare dalla guerra di Israele contro Gaza

Hala Alsafadi

14 febbraio 2024 – Middle East Eye

Finché vivo insegnerò ai bambini”, afferma Asma Mustafa, vincitrice di un premio per il suo lavoro di docente

Nel 2020, la palestinese Asma Mustafa, che insegna inglese di Gaza, ha vinto il Global Teacher Award, un premio cui partecipano migliaia di insegnanti da 110 Paesi. 

Nonostante viva in un’enclave sotto assedio con un limitato accesso al mondo esterno, Mustafa ha presentato idee creative per insegnare l’inglese con giochi e viaggi immaginari intorno al mondo. 

Quattro anni dopo Mustafa è stata costretta a sfollare nella zona di Al-Mawasi a Rafah, eppure resiste mentre la guerra di Israele continua ad avere un impatto su tutti gli aspetti della vita dei palestinesi.

Fino ad ora Mustafa ha dovuto scappare tre volte, la prima lasciando la sua casa nel nord di Gaza per rifugiarsi in una scuola al sud.

Dopo esserci spostati in una scuola, io e la mia famiglia ci siamo sistemati nella biblioteca. C’erano un sacco di libri. Prima ho cominciato a leggerli ai miei bambini e a quelli dei miei parenti,” dice Mustafa a Middle East Eye.

Non le ci è voluto molto per decidere di usare le sue conoscenze ed esperienze per aiutare anche gli altri bambini sfollati nella stessa scuola. 

Ho detto ai genitori che si trovavano in quella scuola che avrei usato una classe tutti i giorni dalle tre del pomeriggio per insegnare ai bambini e aiutarli ad affrontare la guerra intorno a loro e cercare di dare loro una sensazione di normalità,” afferma.

Ho preso in prestito i libri dalla biblioteca e letto delle storie, poi si discuteva insieme. Ho anche cercato di insegnare qualche parola in inglese, dato che l’ho insegnato per 16 anni.”

Al-Mawasi si trova vicino al confine con l’Egitto. Durante la guerra quest’area è stata definita come zona sicura da Israele, ma ora è a rischio di attacchi poiché l’invasione di Rafah sembra imminente. 

Centinaia di migliaia di persone sono arrivate qui ad al-Mawasi dal nord di Gaza, e al momento vivono in tende di fortuna. 

La consegna di aiuti umanitari resta molto limitata in questa zona sovraffollata. Un muro alto coperto di filo spinato che si vede facilmente separa l’area dalla Rafah egiziana. 

Dopo due mesi di lezioni quotidiane, i bombardamenti israeliani nella zona si sono intensificati. Ancora una volta Asma ha dovuto lasciare il posto che era diventato la sua casa e la classe che aveva dato a lei e ai bambini un po’ di stabilità. 

Questa volta non sapeva dove andare. Così con la sua famiglia sono sfollati all’estremo sud di Rafah, ad Al-Mawasi, e sono finiti a vivere in una tenda che si allaga ogni volta che piove.  

Appena mi sono sistemata in questa tenda e sono riuscita a capire cosa ci fosse successo, ho deciso di continuare quello che avevo cominciato a scuola, perché queste tende sono di nuovo piene di bambini che non vanno a scuola da ottobre,” aggiunge. 

Mustafa e più di due milioni di gazawi lottano non solo per trovare sicurezza e riparo dalle pallottole e dai bombardamenti israeliani, ma anche per servizi essenziali come elettricità, cibo, acqua, medicine e prodotti per l’igiene. 

Guardo ai bambini intorno a me come se fossero un tesoro,” spiega, descrivendo il motivo per cui è diventata un’insegnante volontaria durante la guerra.

Non dovrebbero mai smettere di studiare. Credo che se questi bambini perdono il loro elementare diritto all’istruzione, allora anche il futuro della Palestina andrà perso. 

Il mio dovere in qualità di insegnante è di prendermi cura delle menti degli studenti e di incoraggiarli a lottare per i propri diritti e la propria istruzione indipendentemente dalle circostanze.”

‘Mi mancano i miei libri di scuola’

Mustafa crede che i bambini di Gaza abbiano un disperato bisogno di riparo, cibo e acqua, ma che “bisogna anche prendersi cura dei loro cuori e menti” specialmente con il disagio psichico causato dalla guerra. 

Mentre i bambini in tutto il mondo non vedono l’ora che arrivino le vacanze e i fine-settimana per prendersi una pausa dai loro impegni scolastici, ironicamente i bambini di Gaza non aspettano altro che ritornare a scuola,” commenta.

Voglio bene alla maestra Asma Mustafa, lei è così divertente. Ci aiuta tantissimo mentre siamo qui nelle tende. Ci legge delle storie e poi ne discutiamo con lei, ma comunque vorrei che potessimo tornare nelle nostre classi e studiare normalmente,” dice Lama Kishko, una dei bambini che frequentano le lezioni di Mustafa, anche lei costretta a sfollare varie volte.

Mi mancano i miei libri di scuola e mi manca persino fare i compiti. Questa guerra ha colpito tutte le nostre menti. Sono stanca e voglio solo che finisca, così posso tornare alla mia vita normale,” confessa a MEE.

Anche Nahida Dalloul, un’altra ragazzina che abita in una tenda vicina, ha scelto di frequentare le lezioni quotidiane di Mustafa.

Voglio frequentarle perché non ho imparato niente per quattro mesi. Voglio studiare. Vorrei scrivere nei miei quaderni, vedere i miei compagni e insegnanti, scrivere alla lavagna e disegnare. Vorrei poter fare di nuovo tutto questo,” dice. 

Le lezioni di Mustafa hanno attirato l’ammirazione dei genitori che dicono che è riuscita a creare un’atmosfera che ha distolto l’attenzione dei bambini dalla guerra. Il suo insegnamento li ha aiutati a conoscersi fra di loro e fare amicizie. 

Un papà, la cui bambina frequenta le lezioni di Mustafa, crede che l’insegnante vincitrice di un premio importante abbia tolto un gran peso dalle spalle dei genitori.

Dice: “La maestra Asma ha contribuito a creare una vita nuova per questi bambini, che invece di parlare in continuazione della guerra e della ricerca dell’acqua adesso tornano in tenda con delle storie nuove da condividere con noi. I bambini restano insieme a giocare anche dopo la fine delle lezioni.”

Con l’escalation dell’operazione israeliana nel sud e le minacce di espansione via terra a Rafah, Mustafa e i suoi alunni sono costantemente nell’angoscia di dover lasciare ancora una volta tutto quello che hanno creato in quella zona.

Sono preoccupati perché forse saranno costretti a spostarsi da qualche altra parte perdendo quel senso di comunità che avevano trovato. 

Comunque Mustafa non si lascia scoraggiare da queste paure.

Finché vivo, insegnerò ovunque questa guerra mi costringerà ad andare,” conclude.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Reportage: un ministro israeliano ha bloccato un carico di farina verso Gaza

Redazione di Middle East Monitor

13 febbraio 2024 – Middle East Monitor

L’agenzia Anadolu riferisce che il ministro ultranazionalista delle Finanze Bezalel Smotrich sta bloccando un carico di farina diretto alla Striscia di Gaza, affermando che le forniture finanziate dagli Stati Uniti sono dirette all’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA).

Il carico è stato bloccato per settimane nel porto di Ashdod, nella parte meridionale di Israele, dal momento che Smotrich ha ordinato alle autorità doganali di “non lasciar passare la spedizione fin quando l’UNRWA sia il destinatario,” ha riferito martedì il sito americano di notizie Axios.

I più alti livelli dell’amministrazione Biden hanno ventilato la possibilità della spedizione di farina più di un mese fa, si afferma sul sito, citando funzionari statunitensi e israeliani.

Funzionari statunitensi hanno affermato che questa è una violazione dell’impegno che Benjamin Netanyahu ha personalmente preso con il presidente Biden molte settimane fa ed è un’altra ragione per cui il leader statunitense è deluso dal primo ministro israeliano” ha affermato la testata.

I gabinetti di guerra e di sicurezza israeliani hanno approvato la consegna della farina dal porto di Ashdod attraverso il valico di Kerem Shalom, si afferma sul sito web, citando anonimi funzionari israeliani.

Questi hanno aggiunto che Smotrich ha ordinato ai servizi doganali israeliani di “non lasciar proseguire la spedizione fin quando l’UNRWA è il destinatario.”

Smotrich e gli Stati Uniti non hanno emesso alcuna dichiarazione ufficiale sul rapporto.

Molti Stati, inclusi gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Germania, la Svizzera, l’Italia e il Canada, hanno sospeso i finanziamenti per l’UNRWA in seguito ad accuse israeliane.

L’agenzia delle Nazioni Unite ha affermato che sta indagando su queste accuse.

Israele ha ripetutamente equiparato lo staff dell’UNRWA ai membri di Hamas nel tentativo di discreditarli, senza fornire alcuna prova delle dichiarazioni, mentre ha fatto dure azioni di pressione per chiudere l’UNRWA, dato che è l’unica agenzia ONU ad avere lo specifico mandato di occuparsi dei bisogni elementari dei rifugiati palestinesi. Se l’agenzia non esisterà più, sostiene Israele, allora non esisterà più neppure la questione dei rifugiati e il loro legittimo diritto a tornare alla loro terra è ingiustificato. Israele ha negato il diritto al ritorno fin dagli ultimi anni quaranta, anche se la sua adesione all’ONU è stata condizionata al fatto di permettere ai rifugiati palestinesi di tornare alle loro case e alla loro terra.

La guerra di Israele a Gaza ha spinto l’85% della popolazione del territorio ad una deportazione interna a fronte di gravi carenze di cibo, acqua pulita, e medicine, mentre secondo le Nazioni Unite il 60% dell’infrastruttura dell’enclave è stata danneggiata o distrutta.

Israele viene accusata di genocidio presso la Corte Internazionale di Giustizia, che questo gennaio con una sentenza preliminare ha ordinato a Tel Aviv di fermare gli atti di genocidio e di prendere misure per garantire che ai civili a Gaza sia fornita assistenza umanitaria.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Tribunale olandese ordina al governo di interrompere la fornitura di componenti degli F-35 a Israele

David Kattenburg

13 febbraio 2024 – Mondoweiss

Una corte di appello ha ordinato al governo olandese di cessare l’esportazione componenti di F-35 verso Israele, dicendo che “c’è un rischio evidente che i pezzi di ricambio degli F-35 da esportare saranno usati per commettere gravi violazioni del diritto umanitario internazionale.”

La sentenza ribalta una decisione del 15 dicembre della Corte Distrettuale dell’Aia che aveva rigettato la causa intentata da tre organizzazioni per i diritti umani olandesi con cui intendevano interrompere la fornitura di parti di ricambio degli F-35 a Israele. 

Questi pezzi di ricambio sono immagazzinati nella base aerea di Woensdrecht, sull’estuario della Schelda, uno dei tre ‘centri di distribuzione logistici’ europei del letale bombardiere F 35 Lighting II, prodotto dalla Lockheed Martin. Gli utilizzatori di F-35 di tutta l’Europea (e Israele) vanno là per acquistare ricambi in base a una autorizzazione generale che si applica a tutti i membri del “programma internazionale F-35.”

Per le organizzazioni olandesi di diritti umani che hanno avviato la causa riguardo ai ricambi dei F-35, la decisione della Corte di Appello riafferma la supremazia del diritto internazionale sugli accordi internazionali nel loro Paese e del ruolo dei gruppi di cittadini nel promuovere l’applicazione della legge.

[Per] questo governo, in questo momento, le relazioni commerciali e internazionali con gli Stati Uniti e Israele sono più importanti del diritto internazionale,” ha detto a Mondoweiss Gerard Jonkman, direttore del Forum dei Diritti. “E se questo Paese, con questo atteggiamento, deve ora interrompere le forniture di queste parti di ricambio a Israele, penso che ciò sia veramente significativo e sicuramente è un colpo duro per il governo olandese.”

La decisione della Corte

A una lettura attenta la decisione di lunedì della Corte di Appello lunga 18 pagine riguarda molto più che il rifornimento di parti di ricambio per cacciabombardieri con alte prestazioni in una guerra sempre più sanguinosa.

L’aspetto più significativo è l’enunciazione del primato della legge internazionale su commercio e politica estera, illegali e miopi, e il ruolo decisivo dei cittadini nella difesa dello stato di diritto. 

La corte riconosce l’interesse che ha lo Stato nell’assicurare che l’Olanda ottemperi ai suoi obblighi internazionali verso gli USA, un alleato importante,” hanno stabilito tre giudici della Corte di Appello. Ma, “l’ottemperanza con [i suoi] obblighi internazionali … ha un peso maggiore.”

Con uguale forza, la sentenza di ieri ha respinto le argomentazioni del governo secondo cui i cittadini e i gruppi della società civile olandese non hanno “interessi” da difendere per conto della popolazione civile di Gaza, né il diritto di esigere l’osservanza da parte del governo dei suoi impegni con l’UE e il più ampio diritto internazionale.

Le tre organizzazioni olandesi che hanno intentato la causa civile sugli F-35, Oxfam Novib, PAX Netherlands Peace Movement Foundation e The Rights Forum, “sono organizzazioni di pubblico interesse che perseguono, fra le altre cose, lo scopo che non si commettano gravi violazioni del diritto umanitario internazionale con parti di armi fornite dall’Olanda,” ha affermato la sentenza. Inoltre ha dichiarato che gli standard del Netherlands Customs Act [legge olandese sulle dogane] e dell’EU Common Agreement [Accordo Comune dell’Unione Europea] “servono appunto a proteggere gli interessi” delle organizzazioni olandesi della società civile.

È una tesi che potrebbe applicarsi altrove nel mondo, dove i diritti dei cittadini di opporsi all’esportazioni di armamenti o di denunciare funzionari stranieri ai sensi delle proprie legislazioni interne sono stati sbrigativamente respinti — nei Paesi Bassi, negli Stati Uniti e in Canada, per esempio.

La vendita di F-35 a Israele viola gli obblighi olandesi secondo l’Articolo 1 della Quarta Convenzione di Ginevra, che richiede agli Stati di “rispettare e assicurare il rispetto” delle convenzioni in “tutte le circostanze,” ha sostenuto l’avvocata Liesbeth Zegveld davanti alla Bassa Corte il 4 dicembre.

Zegveld ha anche sostenuto che l’esportazione olandese delle componenti degli F-35 a Israele viola il Trattato sul Commercio di Armi del 2014 e la Posizione Comune del Consiglio dell’Unione Europea del 2008. 

Essa stabilisce che alle licenze di esportazione “verrà negata l’approvazione se fosse in contrasto con … gli obblighi internazionali degli Stati membri,” o se “ci fosse un chiaro rischio che la tecnologia o gli equipaggiamenti militari da esportare possano essere usati per la repressione interna,” o per commettere “gravi violazioni del diritto umanitario internazionale,” o che “il destinatario potrebbe usare aggressivamente la tecnologia o gli equipaggiamenti militari … contro un altro Paese o per affermare con la forza una pretesa territoriale,” o con scopi “altri che gli interessi legittimi della sicurezza e difesa nazionale del destinatario.”

Bloccare l’esportazione di componenti degli F-35 non è nulla di nuovo. Secondo il NL Times tra il 2004 e il 2020 il governo olandese ha rifiutato di emettere permessi per l’esportazione di equipaggiamenti militari a Israele in 29 occasioni.  

Eppure il 4 dicembre gli avvocati del governo hanno detto alla Corte Distrettuale che l’esportazione di parti di ricambio per gli F-35 a Israele poteva continuare. La flotta israeliana di Adirs F-351 è centrale per la sua “strategia di sicurezza regionale,” hanno affermato. 

Gli avvocati del governo hanno anche sostenuto che, interrompendo le esportazioni di parti di ricambio per gli F-35, i Paesi Bassi sarebbero venuti meno agli accordi [che li impegnano a] fornire in modo affidabile dal magazzino di Woensdrecht, deludendo “le aspettative di tutti i partner degli F-35” e imponendo costi amministrativi a tutti i membri del programma internazionale F-35.

Gli avvocati del governo hanno detto alla Corte che, anche se si interrompesse l’esportazione, Israele si rivolgerebbe ad altre fonti. “I Paesi Bassi non hanno voce in capitolo.”

Scartando queste argomentazioni burocratiche, la giuria di tre giudici della Corte di Appello olandese ha ingiunto al governo dei Paesi Bassi di cessare tutte le esportazioni e il transito di parti di ricambio per gli F-35 verso Israele entro sette giorni dalla sentenza di ieri e di corrispondere a Oxfam Novib le spese di 7.800 dollari [circa 7.200 €]. 

Citando disposizioni del Trattato sul Commercio di Armi e la Posizione Comune del Consiglio dell’Unione Europea, la Corte di Appello ha deliberato che “c’è un evidente rischio che le parti degli F-35 da esportare siano usate per commettere gravi violazioni del diritto umanitario internazionale,” o per “facilitare” tali violazioni che sono già state commesse:

I fatti dimostrano che è stato causato un alto numero di vittime civili, incluse migliaia di minori, che migliaia di case sono state distrutte, che sono state usate le cosiddette ‘bombe stupide’ [a caduta libera], che ogni zona residenziale è attaccata se c’è anche solo la minima indicazione che vi avvengano attività terroristiche, che i limiti applicati in Precedenza [sic] riguardanti i ‘danni collaterali nell’attuale conflitto sono stati estesi, che la politica di avvisare i civili prima di un attacco è stata abbandonata, che la fornitura di acqua potabile, le panetterie e i mulini per la farina sono stati distrutti… e che molti degli ospedali di Gaza non funzionano più. Non è plausibile che questa distruzione sia stata inflitta esclusivamente su obiettivi militari o che costituisca un legittimo ‘danno collaterale’, non solo alla luce delle sue dimensioni senza precedenti, ma anche delle affermazioni fatte dagli stessi soldati israeliani. Basandosi su quanto sopra la Corte conclude anche che le violazioni del diritto umanitario internazionale per cui c’è un rischio evidente sono ‘serie’.”

La risposta della Corte alle tesi del governo che non è obbligato a rivalutare le esportazioni di armi in conseguenza delle prove schiaccianti di crimini di guerra è tassativa.

Concedere permessi di esportazioni di armi che non necessitino mai di essere rivalutati anche se si commettono serie violazioni del diritto umanitario internazionale nel Paese di destinazione (incluso il rischio di genocidio, come sostengono le organizzazioni dei diritti umani olandesi), minerebbe l’EU Common Agreement, per non dire degli obblighi dei Paesi Bassi ai sensi delle Convenzioni di Ginevra e dei Protocolli Addizionali che obbligano gli Stati “a garantire che ‘in ogni circostanza’ un altro Stato agisca in accordo con il diritto umanitario internazionale,” ha dichiarato la Corte di Appello.

[Il ministro] non ha preso in considerazione … che se tale serio rischio esiste in base al [Common Agreement] ha già l’obbligo di impedire l’esportazione delle parti degli F-35 a Israele, a prescindere da ogni altra considerazione di politica estera, come le buone relazioni con Israele e gli Stati Uniti,” ha dichiarato la Corte.

In risposta alle altre argomentazioni del governo secondo cui Israele si rivolgerà agli USA per i ricambi dei suoi F-35, è in pericolo la sopravvivenza del deposito militare nella base aerea di Woensdrecht, accogliere le richieste di Oxfam avrebbe “conseguenze immediate, irreversibili e immense” “sulla posizione nel mondo,” dei Paesi Bassi che porterebbero a “dubitare” della sua “affidabilità,” con conseguente impatto sulla sicurezza olandese, europea e globale, per non citare il successo del progetto degli F-35 del Pentagono, la Corte si è dichiarata “non convinta.”

La reazione del governo olandese

La vendita delle parti di ricambio degli F-35 a Israele “non è illegale,” ha dichiarato il governo olandese in un comunicato stampa a poche ore dalla sentenza di ieri della Corte di Appello. “Il governo crede che stia allo Stato determinare la propria politica estera.” Il governo olandese pensa di ricorrere in appello, una decisione approvata da Israele.

Sono piuttosto sicuro che anche se facesse appello noi vinceremmo,” ha detto a Mondoweiss Jonkman del Rights Forum. “Ci vorranno molti soldi e molto tempo. Penso che sia inutile che il governo si appelli. È molto chiaro che in questo momento e in questo Stato non si possono mandare armi o parti di aerei o altro in un Paese di cui la Corte Internazionale di Giustizia sta dicendo che sta avvenendo un possibile genocidio.”

Il governo si consulterà presto con partner internazionali del programma F-35 per garantire il ruolo dell’Olanda nel programma,” continua la dichiarazione del governo, “Il governo farà tutto il possibile per convincere alleati e partner che l’Olanda resta un elemento affidabile del progetto e nella cooperazione per la difesa europea e internazionale. Tale cooperazione è importante per la stessa sicurezza nazionale dell’Olanda. Ma è anche essenziale per Israele perché l’aereo F-35 è fondamentale per la sicurezza di Israele, in particolare in relazione alle minacce che provengono dalla regione, per esempio da Iran, Yemen, Siria e Libano.” 

La decisione dello Stato di fare appello … è indipendente dalla situazione a Gaza,” continua il comunicato. “I Paesi Bassi continuano a invocare un cessate il fuoco immediato e temporaneo per permettere a quanti più aiuti umanitari possibili di raggiunge il popolo sofferente di Gaza. La situazione è estremamente grave. È chiaro che il diritto umanitario internazionale si applica in pieno e che anche Israele deve rispettarlo.”

John Dugard guarda alla posizione dell’Olanda con gli occhi del cinico. In risposta a una domanda di Mondoweiss, l’avvocato sudafricano ed ex relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nella Palestina occupata scrive:

I Paesi Bassi hanno ripetutamente e orgogliosamente affermato di essere la capitale del diritto internazionale nel mondo. In queste circostanze è strano che non siano riusciti ad avallare la decisione della CIG nella causa del Sudafrica contro Israele. È ancora più strano che abbia cosi rapidamente deciso di presentare appello contro la decisione sulle componenti degli F-35 che con tutta evidenza mette i Paesi Bassi in conflitto con la decisione della CIG. È un giorno triste per il diritto internazionale in Olanda: si è forse perso per strada?”

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Biden più vicino che mai alla rottura con Netanyahu sulla guerra a Gaza

Yasmeen Abutaleb, John Hudson e Tyler Pager

11 febbraio 2024 – The Washington Post

Con l’aumentare delle vittime alcuni assistenti esortano Biden a criticare apertamente il primo ministro israeliano

Secondo diverse persone che sono al corrente delle loro discussioni riservate, il presidente Biden e i suoi principali collaboratori sono più che mai vicini a una rottura con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu dall’inizio della guerra di Gaza, poiché non lo considerano più un partner costruttivo che possa essere influenzato anche in via confidenziale.

Secondo sei persone che sono al corrente delle conversazioni e che hanno parlato a condizione di restare anonime per trattare di considerazioni riservate, la crescente frustrazione nei confronti di Netanyahu ha spinto alcuni degli assistenti di Biden a esortarlo a essere più critico in modo esplicito nei confronti del primo ministro sull’operazione militare del suo Paese a Gaza.

Secondo queste persone il presidente, un convinto sostenitore di Israele che conosce Netanyahu da più di 40 anni, è stato finora in gran parte riluttante a rendere pubblica la sua personale frustrazione. Ma vi si sta lentamente avvicinando, hanno detto, dato che Netanyahu continua a far infuriare i funzionari di Biden con umiliazioni pubbliche e arroganti rifiuti alle più elementari richieste degli Stati Uniti.

Netanyahu ha irritato i funzionari statunitensi in diverse occasioni negli ultimi giorni. Ha condannato pubblicamente un accordo sugli ostaggi mentre il segretario di Stato Antony Blinken era nella regione nel tentativo di mediare l’accordo. Ha annunciato che l’esercito israeliano si sarebbe spostato nella città di Rafah, nel sud di Gaza, una mossa a cui i funzionari statunitensi si sono pubblicamente opposti perché Rafah è occupata da circa 1,4 milioni di palestinesi che vivono in condizioni disumane e sono fuggiti lì su ordine israeliano.

Netanyahu ha anche affermato che Israele non smetterà di combattere a Gaza finché non otterrà la “vittoria totale”, anche se i funzionari statunitensi credono sempre più che il suo obiettivo dichiarato di distruggere Hamas sia irrealizzabile.

Per ora la Casa Bianca ha respinto le richieste di sospendere gli aiuti militari a Israele o di imporgli condizioni, affermando che ciò non farebbe altro che incoraggiare i nemici di Israele. Ma alcuni degli assistenti di Biden sostengono che criticare apertamente Netanyahu gli permetterebbe di prendere le distanze da un leader impopolare e dalle sue politiche di terra bruciata, ribadendo al contempo il suo sostegno di lunga data a Israele stesso.

La frustrazione personale di Biden nei confronti di Netanyahu – che è andata accumulandosi da mesi – è risultata evidente giovedì, quando ha affermato che la campagna militare di Israele a Gaza è stata “eccessiva”, il suo rimprovero finora più aspro.

Il presidente ha anche parlato in modo molto più dettagliato delle sofferenze dei palestinesi, nonché del tempo e delle energie che ha speso cercando di convincere israeliani ed egiziani a concedere maggiori aiuti ai 40 km. di enclave. “Molte persone innocenti stanno morendo di fame”, ha detto Biden. “Molte persone innocenti sono in difficoltà e stanno morendo. E questo deve finire”.

Un particolare punto critico è il piano di Israele di lanciare una campagna militare a Rafah, la città più meridionale di Gaza che confina con l’Egitto e che si è ingrandita fino a diventare più di quattro volte la sua dimensione originale. “Vivono già in tende e non ricevono abbastanza cibo e acqua e gli dicono di andare da qualche altra parte”, ha detto un consigliere esterno della Casa Bianca. “Dove? E come dovrebbero arrivarci?”

Questo articolo si basa su interviste con 19 alti funzionari dell’amministrazione e consulenti esterni, molti dei quali hanno parlato a condizione di anonimato per discutere di colloqui riservati.

Gli assistenti della Casa Bianca affermano pubblicamente che non c’è stato alcun cambiamento nella strategia o nel messaggio di Biden. Ma molti dei suoi alleati sostengono che anche un brusco cambiamento della retorica avrà scarso effetto, a meno che gli Stati Uniti non inizino a imporre condizioni per il loro sostegno a Israele.

Finché sostieni senza condizioni l’operazione militare di Netanyahu a Gaza, non fa assolutamente alcuna differenza quanto cambi il tenore delle tue dichiarazioni”, ha detto Ben Rhodes, vice consigliere per la Sicurezza Nazionale dell’ex presidente Barack Obama. “Fondamentalmente bisogna decidere di non dare a Bibi un assegno in bianco in aiuti.” (“Bibi” è il soprannome comune di Netanyahu.)

Israele ha lanciato la sua campagna militare punitiva in risposta al brutale attacco di Hamas del 7 ottobre, quando i miliziani hanno fatto irruzione attraverso la recinzione di confine tra Israele e Gaza e hanno ucciso 1.200 persone, molte delle quali civili, e hanno preso circa 253 ostaggi. Da allora, secondo il Ministero della Sanità di Gaza, gli attacchi aerei e i raid israeliani hanno ucciso più di 28.000 palestinesi e provocato lo sfollamento di oltre l’80% dei 2,3 milioni di abitanti di Gaza, mentre l’assedio dell’enclave ha creato una vera catastrofe umanitaria.

La Casa Bianca ha fatto cauti passi negli ultimi giorni per segnalare la sua crescente frustrazione. Biden ha emesso un memorandum sulla sicurezza nazionale volto a garantire che i Paesi che ricevono armi statunitensi rispettino determinate linee guida, tra cui non ostacolare l’assistenza umanitaria.

All’inizio di questo mese Biden ha anche emesso un ordine esecutivo che impone sanzioni a quattro coloni della Cisgiordania per violenza contro i palestinesi, un’azione di cui Netanyahu si è lamentato durante un incontro privato con Blinken la scorsa settimana, hanno detto i funzionari. E giovedì il portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale John Kirby ha detto che un’operazione israeliana a Rafah “sarebbe un disastro per la popolazione, e noi non la sosterremmo” – la critica più forte con cui la Casa Bianca si è opposta ad un’operazione militare israeliana.

Alcuni degli assistenti del presidente hanno sostenuto che Biden può ancora appoggiare Israele pur denunciando Netanyahu. Ma secondo diverse persone che hanno familiarità con il suo pensiero Biden, che gli assistenti dicono abbia un attaccamento viscerale allo Stato ebraico, ha la tendenza a vedere il primo ministro e lo Stato di Israele come la stessa cosa, e si è opposto all’idea di criticare un primo ministro in carica, soprattutto in tempo di guerra.

Secondo due ex funzionari di Obama, quando era vicepresidente Biden riteneva che Obama e Netanyahu fossero troppo spesso pubblicamente in disaccordo.

Eppure la pazienza di Biden si sta esaurendo, per il modo in cui Israele ha condotto la sua campagna militare, e il presidente sta anche pagando un crescente prezzo politico per il suo sostegno a Israele, mentre Netanyahu sembra desideroso di ottenere un tornaconto politico snobbando pubblicamente Biden. Mentre Biden si avvia verso una faticosa campagna di rielezione, i sondaggi mostrano che i giovani elettori, le persone di colore, i musulmani e gli arabi americani disapprovano fortemente la sua gestione della guerra.

Per mesi i funzionari statunitensi hanno esercitato pressioni sugli israeliani affinché consentissero l’arrivo a Gaza di maggiori aiuti umanitari, tra cui cibo, acqua e medicine, ma hanno dovuto affrontare ripetute resistenze da parte di Netanyahu e del suo governo. I manifestanti israeliani hanno anche bloccato l’ingresso dei camion degli aiuti attraverso il valico di frontiera con Gaza di Kerem Shalom.

Un alto funzionario dell’amministrazione che parla regolarmente con il presidente ha affermato che i commenti insolitamente taglienti di Biden giovedì riflettono ciò che ha detto a lungo in privato.

Non penso che qualcuno possa guardare a ciò che gli israeliani hanno fatto a Gaza e non dire che è esagerato”, ha detto il funzionario. “È tutto frustrante con gli israeliani. Hanno pensato a ciò che avverrà dopo a Gaza? No. Non si sono cimentati con le domande veramente difficili”.

Biden tiene profondamente a portare più aiuti umanitari a Gaza, ha detto il funzionario, aggiungendo che “ci pensa costantemente” ed è frustrato dagli ostacoli che Israele sta frapponendo. “Tutto è una continua lotta”, ha detto il funzionario.

Alla frustrazione dei funzionari statunitensi si aggiunge il loro profondo scetticismo sulla capacità di Israele di raggiungere l’obiettivo dichiarato della vittoria militare totale.

Come riportato per la prima volta dal New York Times, funzionari a conoscenza di un briefing a porte chiuse la scorsa settimana, dei funzionari dell’intelligence statunitense hanno detto ai parlamentari che, sebbene Israele abbia ridotto le capacità militari di Hamas, dopo più di 100 giorni dall’inizio della sua campagna non è vicino all’eliminazione del gruppo.

I leader statunitensi sono scettici nei confronti dell’affermazione di Netanyahu secondo cui avrebbe distrutto due terzi delle squadre combattenti di Hamas, e avvertono che l’alto livello di vittime civili sta garantendo che per decenni a venire accanto a Israele vivrà una popolazione radicalizzata.

Nell’immediato futuro i funzionari statunitensi sono quasi interamente concentrati sulla conclusione di un accordo che vedrebbe il rilascio di molti dei restanti 130 ostaggi israeliani a Gaza in cambio di prigionieri palestinesi e una pausa a lungo termine nei combattimenti.

Funzionari della Casa Bianca hanno affermato che un cessate il fuoco temporaneo consentirebbe loro di far arrivare a Gaza gli aiuti umanitari di cui c’è disperatamente bisogno. Sperano anche che possa fornire lo spazio per iniziare ad affrontare le questioni più difficili del futuro, tra cui chi governerà Gaza, come rendere possibile la nascita di uno Stato palestinese e come riformare l’Autorità Palestinese che governa alcune parti della Cisgiordania.

I funzionari della Casa Bianca sono sempre più vicini alla conclusione che Netanyahu sia concentrato sulla propria sopravvivenza politica a prescindere da qualsiasi altro obiettivo, e che sia ansioso di presentarsi come colui che tiene testa al sostegno di Biden per la soluzione a due Stati. Durante una conferenza stampa il mese scorso, Netanyahu ha rimproverato pubblicamente Biden per il suo sostegno allo Stato palestinese, affermando che un primo ministro israeliano deve essere “capace di dire no ai nostri amici”.

Netanyahu sta giocando la propria politica in patria, e se pensa che denigrare pubblicamente Biden lo possa aiutare, lo farà”, ha detto Frank Lowenstein, ex funzionario del Dipartimento di Stato che ha contribuito a condurre i negoziati israelo-palestinesi del 2014.

Gli assistenti dicono che uno dei motivi principali per cui Biden non ha criticato prima Netanyahu è il suo rapporto decennale con il primo ministro. Biden afferma spesso di dire a Netanyahu: “Ti voglio bene Bibi, anche se non ti sopporto”.

Talvolta Netanyahu ha contribuito a rafforzare la visione di Biden di Israele come un eroico baluardo contro l’antisemitismo globale. Secondo una persona presente allo scambio, che parla a condizione dell’anonimato per descrivere un colloquio privato, durante una visita quando Biden era vicepresidente Netanyahu gli mostrò foto di immagini grossolanamente antisemite provenienti da Hamas e sostenne che quella istigazione era la ragione per cui non si poteva fare la pace con i palestinesi.

Man mano che la frustrazione di Biden cresce, il presidente parla meno di frequente con il leader israeliano. Secondo un alto funzionario dell’amministrazione presente alla conversazione, la loro ultima conversazione, a metà gennaio, era stata in gran parte incentrata sul potenziale accordo sugli ostaggi.

Biden spingeva Netanyahu a “buttare giù un’offerta e mettere alla prova Hamas”, ha detto il funzionario. Il presidente ha poi parlato con il presidente egiziano Abdel Fatah El-Sisi e con l’emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani, esortandoli a fare pressione su Hamas affinché le due parti potessero avvicinarsi a un accordo.

In questo contesto, il presidente e i suoi collaboratori si sono arrabbiati quando la scorsa settimana Netanyahu ha pubblicamente rifiutato l’ultima proposta di Hamas sugli ostaggi poche ore dopo che Blinken, che era in Israele per la quinta volta dall’inizio della guerra, aveva dichiarato che era una proposta promettente.

La resa alle ridicole richieste di Hamas – che abbiamo appena sentito – non porterà alla liberazione degli ostaggi, e provocherà solo un altro massacro”, ha detto Netanyahu.

Ore dopo Blinken ha espresso le critiche sinora più acute sull’alto numero di vittime civili a Gaza, sulle restrizioni israeliane agli aiuti e sulla retorica incendiaria di Netanyahu e dei suoi ministri che, secondo lui, causano “profonde preoccupazioni” agli Stati Uniti.

Il pedaggio quotidiano che le sue operazioni militari continuano a infliggere a civili innocenti rimane troppo alto”, ha detto mercoledì Blinken ai giornalisti in una conferenza stampa a Tel Aviv. “Gli israeliani sono stati disumanizzati nel modo più orribile il 7 ottobre. Da allora gli ostaggi sono stati disumanizzati ogni giorno. Ma questa non può essere una licenza per privare altri della loro umanità”.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




La spiaggia inglese di Bournemouth trasformata in un enorme memoriale per i minori uccisi da Israele a Gaza

Redazione di Middle East Monitor

6 febbraio 2024 – Middle East Monitor

L’agenzia Anadolu riferisce che in una commovente esposizione di solidarietà e commemorazione, la spiaggia di Bournemouth è diventata un telo funebre e per la sensibilizzazione che gli attivisti hanno composto per evidenziare il devastante prezzo delle morti di minori a Gaza.

Guidati dal gruppo di campagna politica “Guidati dagli asini”, volontari hanno trasformato cinque chilometri di spiaggia in un immenso memoriale, usando i commoventi simboli dei vestiti dei minori.

Dal 7 ottobre, quando 36 minori israeliani sono stati uccisi, Israele ha ucciso oltre 11.500 minori palestinesi a Gaza e in Cisgiordania. È impossibile immaginare questo numero. Ecco come appare. Una fila lunga 5 chilometri” ha affermato il gruppo su X [precedentemente Twitter, ndt.].

Magliette e pantaloni dei minori, sistemati meticolosamente lungo la spiaggia, servono come crudo promemoria del costo umano del conflitto.

Noi stiamo cercando di mostrare esattamente il livello di quanto sta accadendo, perché è molto difficile per le persone capire numeri di tali dimensioni. Così tanti minori sono stati uccisi a Gaza e i nostri politici e altri governi nel mondo non stanno davvero facendo nulla per fermarlo,” ha detto lunedì il portavoce del gruppo, James, a radio Bournemouth One.

Tocca a persone come noi cercare di costruire questa immagine molto potente per svegliare la gente e affermare che c’è bisogno di un cessate il fuoco,” ha aggiunto.

Israele ha lanciato un’offensiva letale contro la Striscia di Gaza in seguito all’attacco di Hamas del 7 ottobre, uccidendo almeno 27.585 palestinesi e ferendone 66.978, mentre si ritiene che circa 1.200 israeliani siano rimasti uccisi nell’attacco di Hamas.

Tuttavia in seguito è stato rivelato da Haaretz  che elicotteri e carri armati dell’esercito israeliano hanno di fatto ucciso molti dei 1.139 soldati e civili che Israele afferma essere stati uccisi dalla resistenza palestinese.

L’offensiva israeliana ha portato allo sfollamento interno dell’85% della popolazione di Gaza con grave carenza di cibo, acqua pulita e medicine, mentre secondo le Nazioni Unite il 60% delle infrastrutture dell’enclave è stato danneggiato o distrutto.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




la giapponese Itochu interrompe i rapporti con la israeliana Elbit Systems a seguito della sentenza della CIG

Redazione CNN Business

6 febbraio 2024 – CNN Business

In seguito alle proteste l’azienda giapponese ha posto termine alla cooperazione con la più grande impresa nel settore della difesa di Israele che rifornisce l’esercito in guerra a Gaza

Una delle più grandi aziende del Giappone, la Itochu, ha deciso di interrompere la sua collaborazione con un’importante impresa del settore della difesa israeliana a causa della perdurante guerra di Israele contro Gaza.

L’unità di aviazione della Itochu Corp interromperà la sua collaborazione strategica con la Elbit Systems israeliana entro la fine del mese, dopo che la Corte Internazionale di Giustizia ha ordinato a Israele di impedire atti di genocidio contro i palestinesi e di fare di più per aiutare i civili.

Itochu Aviation, Elbit Systems e Nippon Aircraft Supply (NAS) nel marzo dello scorso anno avevano firmato un protocollo d’intesa (MOU) di collaborazione strategica.

Tenendo conto dell’ordine della Corte Internazionale di Giustizia del 26 gennaio e del fatto che il governo giapponese sostiene il lavoro della Corte, abbiamo già sospeso le nuove attività collegate al MOU e stiamo pianificando di sospendere il MOU entro la fine di febbraio”, ha dichiarato il responsabile del settore finanziario, Tsuyoshi Hachimura.

Martedì un portavoce della Itochu ha detto alla CNN che l’azienda giapponese aveva chiesto indicazioni al Ministero degli Affari Esteri del Giappone, che aveva detto all’azienda di rispettare le conclusioni della CIG “in buona fede”. 

La CIG ha ordinato a Israele di “prendere tutte le misure” per limitare le morti e le distruzioni provocate da una delle più sanguinose campagne militari di questo secolo, impedire e punire l’incitamento al genocidio proveniente da pubblici funzionari israeliani e garantire l’accesso agli aiuti umanitari.

Hachimura, il responsabile finanziario dell’azienda, ha dato l’annuncio lunedì durante una presentazione degli utili.

La Itochu, che nel 2023 ha conseguito utili per 104 miliardi di dollari, è stata bersaglio di proteste studentesche a Tokyo per il suo accordo di collaborazione con il “mercante di morte” Elbit Systems.

Appelli al boicottaggio di Itochu

A novembre l’amministratore delegato di Elbit Bezhalel Machlis ha detto che l’azienda aveva aumentato la produzione con l’intento di sostenere l’esercito israeliano, che usufruisce “ampiamente” dei suoi servizi.

A gennaio i manifestanti giapponesi si sono radunati di fronte alla sede centrale di Itochu con cartelli che recavano scritto: “Itochu fa soldi uccidendo! Imperdonabile!” e “Itochu è complice del massacro!”.

Il mese scorso i manifestanti hanno consegnato a mano una petizione, firmata da più di 25.000 persone, direttamente a Itochu, chiedendo all’azienda di interrompere la collaborazione con Elbit.

Un manifestante di fronte alla sede centrale dell’azienda giapponese ha detto che Itochu è coinvolta in una collaborazione con “un’impresa che appoggia il sistema razzista e genocida di Israele.”

Interrompere questa collaborazione manderebbe un messaggio dal Giappone a Israele e al mondo che non tollererà soluzioni violente”, ha aggiunto il manifestante.

Anche una delle filiali di Itochu in Malesia, la FamilyMart, è stata costretta a emanare un comunicato secondo cui “non contribuisce, non fa donazioni né affari con Israele” in seguito agli appelli al boicottaggio dell’azienda.

McDonald’s e Starbucks hanno visto i loro profitti subire un duro colpo a causa del conflitto a Gaza, che le aziende imputano al boicottaggio delle loro posizioni considerate filoisraeliane.

Secondo CNBC [rete televisiva finanziaria, ndtr.] le azioni McDonald’s lunedì sono scese di quasi il 4%, in seguito a notizie che una caduta delle vendite in Medio Oriente aveva contribuito alle mancate entrate del quarto trimestre.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Amnesty International: l’“agghiacciante disprezzo” di Israele per la vita nella Cisgiordania occupata

Redazione Al Jazeera

5 febbraio 2024 – Al Jazeera.

Durante la guerra a Gaza Israele ha scatenato una violenza mortale illegale contro i palestinesi in Cisgiordania, afferma l’organizzazione per i diritti umani.

Israele ha scatenato una forza mortale al di fuori della legge contro i palestinesi nella Cisgiordania occupata, commettendo uccisioni illegali e mostrando “un agghiacciante disprezzo per le vite dei palestinesi”, afferma Amnesty International.

L’organizzazione per i diritti umani ha affermato in un rapporto pubblicato lunedì che le azioni di Israele nel territorio si sono intensificate durante la guerra a Gaza e che il suo esercito e altri corpi armati stanno commettendo numerosi atti illegali di violenza che costituiscono chiare violazioni del diritto internazionale.

Gli occhi del mondo sono puntati soprattutto sulla Striscia di Gaza, dove l’esercito israeliano ha ucciso più di 27.000 palestinesi, soprattutto donne e bambini, dall’inizio della guerra il 7 ottobre. Ma Amnesty ha scritto nel suo rapporto che le forze israeliane stanno commettendo uccisioni illegali anche nei territori palestinesi occupati.

Il documento è stato redatto mediante interviste a distanza con testimoni, primi soccorritori e residenti locali, nonché video e foto verificati.

Sotto la copertura degli incessanti bombardamenti e delle atrocità commesse a Gaza, le forze israeliane hanno scatenato la loro mortale violenza in contrasto con le norme internazionali contro i palestinesi nella Cisgiordania occupata, compiendo uccisioni illegali e mostrando un agghiacciante disprezzo per le vite dei palestinesi”, ha dichiarato Erika Guevara-Rosas, direttore della ricerca globale, del patrocinio e delle linne guida di Amnesty International.

Questi omicidi illegali sono in palese violazione del diritto umano internazionale e sono commessi impunemente nel contesto del mantenimento del regime istituzionalizzato di oppressione e dominio sistematici di Israele sui palestinesi”.

Già prima della guerra i palestinesi in Cisgiordania erano sottoposti regolarmente a raid israeliani mortali, ma da ottobre si è verificato un aumento esponenziale nel numero di attacchi.

Secondo i dati dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA), nel 2023 Israele ha ucciso almeno 507 palestinesi nella Cisgiordania occupata, tra cui almeno 81 minori, rendendolo l’anno più letale da quando l’organizzazione ha iniziato a registrare vittime nel 2005.

I numeri delle Nazioni Unite mostrano anche che 299 palestinesi sono stati uccisi dall’inizio della guerra fino alla fine del 2023, un aumento del 50% rispetto ai primi nove mesi dell’anno. Almeno altri 61 palestinesi, tra cui 13 minori, sono stati uccisi dalle forze israeliane a gennaio, ha detto l’ONU.

Uccisioni deliberate”

L’analisi di Amnesty International di un raid israeliano durato 30 ore nel campo profughi di Nour Shams a Tulkarem, avvenuto il 19 ottobre, dimostra le tattiche impiegate dall’esercito israeliano.

In quel raid i soldati israeliani hanno utilizzato un gran numero di veicoli militari e soldati per assaltare più di 40 case. Hanno distrutto effetti personali, praticato buchi nei muri per le postazioni dei cecchini, tagliato acqua ed elettricità al campo profughi e usato bulldozer per distruggere strade pubbliche, reti elettriche e infrastrutture idriche.

Alla fine del raid avevano ucciso 13 palestinesi, tra cui sei minori, quattro dei quali sotto i 16 anni, e avevano arrestato 15 palestinesi.

Un agente della polizia di frontiera israeliana è stato ucciso dopo che un ordigno esplosivo improvvisato è stato lanciato contro un convoglio militare.

Tra le persone uccise durante il raid c’era un quindicenne disarmato di nome Taha Mahamid, a cui le forze israeliane hanno sparato uccidendolo davanti a casa sua mentre usciva per verificare se le forze israeliane avevano lasciato l’area, ha affermato Amnesty.

Non gli hanno dato alcuna possibilità”, ha detto Fatima, la sorella di Taha. “In un attimo mio fratello è stato eliminato. Tre proiettili sono stati sparati senza alcuna pietà. Il primo proiettile lo ha colpito alla gamba. Il secondo nello stomaco il terzo in mezzo agli occhi. Non ci sono stati scontri. … Non c’è stato alcun conflitto.”

Il padre di Taha, Ibrahim, ha cercato di portare in salvo suo figlio e nonostante fosse disarmato è stato raggiunto da colpi di arma da fuoco e ha riportato gravi lesioni interne.

“Questo uso non necessario della forza letale dovrebbe essere indagato come possibile crimine di guerra in quanto omicidio volontario o intenzione di cagionare grandi sofferenze o gravi lesioni al corpo o alla salute”, ha affermato Amnesty.

Ma questo per quella famiglia non è stata la fine dell’operazione israeliana. Circa 12 ore dopo l’omicidio di Taha l’esercito israeliano ha fatto irruzione nella casa e ha rinchiuso i familiari, compresi tre bambini, in una stanza sotto la supervisione di un soldato per circa 10 ore.

Hanno anche praticato dei fori nei muri di due stanze per posizionare i cecchini con vista sul quartiere. Un testimone ha detto che i soldati hanno perquisito la casa, picchiando un membro della famiglia, e uno è stato visto urinare sulla soglia.

Gli estesi danni arrecati dai bulldozer israeliani alle strette strade del campo profughi hanno impedito il passaggio delle ambulanze, ostacolando l’evacuazione medica dei feriti.

Prendere di mira le ambulanze, uccidere i manifestanti

Amnesty ha anche documentato casi in cui le forze israeliane hanno aperto il fuoco direttamente su ambulanze e personale medico.

Impedire l’assistenza medica ai palestinesi è ormai “una pratica di routine” da parte delle forze israeliane, ha affermato l’organizzazione per i diritti umani.

Ha documentato un caso in cui i soldati israeliani hanno impedito alle ambulanze di raggiungere le vittime che hanno finito col morire dissanguate.

“Le vittime sono state successivamente raccolte da un’ambulanza militare israeliana e i loro corpi devono ancora essere restituiti alle famiglie”, ha detto Amnesty.

L’organizzazione ha anche documentato come l’esercito israeliano reprima sparando proiettili veri e lacrimogeni sulla folla le proteste pacifiche dei palestinesi tenute in solidarietà con il popolo di Gaza.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




Secondo un sondaggio, il 72% degli israeliani dice che l’invio di aiuti a Gaza deve essere fermato

Redazione di Middle East Monitor

31 gennaio 2024 – Middle East Monitor

Secondo un nuovo sondaggio metà degli israeliani si oppone ad un accordo tra Israele e le fazioni della resistenza palestinese che vedrebbe i prigionieri di guerra israeliani rilasciati da Gaza in cambio di migliaia di palestinesi detenuti nelle carceri israeliana e un cessate il fuoco di 45 giorni.

Pubblicato oggi dal Canale 12 israeliano, il sondaggio rivela che “il 50% degli israeliani si oppone ad un accordo secondo il quale i prigionieri israeliani siano rilasciati in cambio di un cessate il fuoco di 45 giorni ed il rilascio di migliaia di prigionieri palestinesi dalle carceri israeliane.”

Secondo il sondaggio “il 35% degli israeliani supporta tale accordo, mentre il 15% non dà una risposta specifica.”

Sempre secondo il sondaggio, tra coloro che hanno votato per la coalizione del primo ministro Benjamin Netanyahu il 12% appoggia la proposta e il 75% si oppone ad essa.” Il sostegno sale al 53% tra [gli elettori del]l’opposizione.

Cosa molto preoccupante, il 72% dei 503 intervistati ha detto che “l’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza deve essere fermato finché i prigionieri israeliani non saranno rilasciati” mentre solo il 21% afferma che gli aiuti dovrebbero continuare ad entrare a Gaza.

Secondo il sondaggio, se le elezioni israeliane si tenessero adesso il Partito di Unità Nazionale [centrista, ndt.] di Benny Gantz otterrebbe 27 dei 120 seggi della Knesset [il parlamento israeliano ndt.] rispetto ai 12 che ha attualmente.

Invece se le elezioni si tenessero oggi il partito Likud, guidato dal primo ministro Netanyahu, “scenderebbe dai 32 seggi che ha attualmente a 18.”

Secondo Canale 12 i partiti che si oppongono alla coalizione di Netanyahu otterrebbero 73 seggi, mentre quelli che sostengono il primo ministro ne otterrebbero 47. Attualmente i partiti che supportano Netanyahu hanno 64 seggi alla Knesset.

È necessario superare la soglia minima di almeno 61 rappresentanti alla Knesset per formare un governo.

Nelle ultime settimane sono aumentate le richieste di tenere elezioni anticipate. Queste sono state rifiutate da Netanyahu che ha affermato che nessuna elezione può essere effettuata in tempo di guerra.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Giustiziati nel sonno: come le forze israeliane hanno assassinato tre palestinesi durante un’incursione in un ospedale della Cisgiordania

SHATHA HANAYSHA

30 gennaio 2024 – Mondoweiss

Le forze israeliane travestite da operatori ospedalieri e civili sono entrate nell’ospedale Ibn Sina di Jenin e hanno assassinato tre palestinesi mentre dormivano. Questo sfrontato omicidio segna un’escalation senza precedenti nella guerra di Israele contro i palestinesi in Cisgiordania.

Abeer Al-Ghazawi è andata a dormire la scorsa notte sentendosi rassicurata, sapendo che suo figlio, Basel, era in un letto dell’ospedale Ibn Sina di Jenin, accompagnato da suo fratello Mohammed. Per lei l’ospedale rappresentava il posto più sicuro nella loro città natale, Jenin. Per mesi, l’esercito israeliano ha intensificato le sue operazioni nella città settentrionale della Cisgiordania e nel suo campo profughi, conducendo violenti raid e attacchi di droni che hanno ucciso decine di persone.

Basel, 19 anni, era in cura per un grave infortunio subito lo scorso ottobre quando un attacco di droni israeliani lo ha reso paraplegico, costretto su una sedia a rotelle. Ad accompagnarlo in ospedale c’erano il fratello maggiore Mohammed, 24 anni, e il loro amico Mohammed Jalamneh, 28 anni. Secondo testimoni, nelle prime ore del mattino di martedì 30 gennaio, i tre giovani dormivano nella stanza d’ospedale di Basel quando un’unità sotto copertura delle forze speciali israeliane è entrata nella loro stanza al terzo piano dell’ospedale e li ha giustiziati a bruciapelo, con armi da fuoco silenziate.

Una decina di membri delle forze speciali israeliane travestiti da operatori ospedalieri e civili palestinesi – tra cui soldati vestiti da donne palestinesi velate, uno con un marsupio per infanti e lavoratori dell’ospedale, e un altro travestito da paziente su sedia a rotelle – si sono infiltrati nell’unità di terapia intensiva dell’ospedale, aggredendo l’infermiera di turno.

Ripresi dalle telecamere a circuito chiuso, i soldati israeliani travestiti possono essere visti muoversi nel reparto ospedaliero con i fucili d’assalto spianati. Mentre alcuni soldati depongono i loro marsupi e altri travestimenti, si può vedere almeno un soldato che tiene sotto tiro un civile. Il civile è in ginocchio con le mani dietro la testa. Il soldato israeliano toglie la giacca all’uomo e poi gliela mette in testa.

Fuori dall’inquadratura delle riprese della telecamera di sorveglianza diffuse dall’ospedale Ibn Sina le forze speciali si sono fatte strada verso la stanza di Basel. Lì sono entrate nella stanza dove dormivano i tre giovani. I soldati hanno sparato cinque colpi, uccidendo Basel, suo fratello Mohammed e il loro amico Mohammed mentre dormivano. Nel giro di 10 minuti le forze si sono ritirate dalla scena.

Un testimone oculare e paziente dell’ospedale, che ha chiesto l’anonimato, ha informato Mondoweiss di aver sentito delle urla nel corridoio, di essere uscito e di aver visto tre persone armate davanti a lui. Uno dei soldati, ha raccontato il testimone, tratteneva l’infermiera di turno e “la picchiava continuamente sulla testa”.

I soldati hanno urlato all’uomo di tornare nella sua stanza. Ha detto a Mondoweiss che quando ha tentato di uscire di nuovo dalla sua stanza per vedere cosa stava succedendo i soldati hanno sparato verso la sua stanza.

Ha continuato affermando che, dopo che i soldati si erano ritirati, si è precipitato nella stanza in cui erano entrati solo per trovare i tre martiri “che giacevano nei loro letti, con il sangue che scorreva dalle loro teste”. Ha detto che l’operazione all’interno della stanza non è durata più di tre minuti e che si è reso conto, quando li ha sentiti parlare ebraico, che le persone che ha visto erano “musta’ribeen”, il termine arabo per le unità speciali delle forze israeliane che si travestono da palestinesi per effettuare rapimenti e omicidi nei territori palestinesi occupati.

Il testimone ha descritto quello che ha visto come “la scena più straziante” a cui aveva assistito in vita sua. Quando ha cercato di sdraiarsi e riposare dopo l’attacco ha detto che non riusciva a dormire, perché la scena orribile dei letti d’ospedale insanguinati gli scorreva nella mente.

Mondoweiss ha visitato la scena dell’assassinio poche ore dopo che ha avuto luogo. Il letto accessibile ai disabili dove dormiva Basel era macchiato di sangue. Il cuscino su cui giaceva era insanguinato e coperto di frammenti di cervello e cranio.

Accanto al letto di Basel c’erano i resti del suo ultimo pasto.

Inoltre il sangue di suo fratello e del loro amico era schizzato sulle pareti e sul pavimento della stanza dove dormivano.

Lo Shin Bet (Shabak), l’agenzia di intelligence interna israeliana, e l’esercito israeliano hanno riconosciuto in una dichiarazione congiunta di essere coinvolti nell’operazione all’interno dell’ospedale. Hanno dichiarato di aver “bloccato un gruppo di militanti di Hamas che si nascondevano nell’ospedale Ibn Sina nella città di Jenin mentre pianificavano di lanciare un attacco a breve”.

Mohammed Jalamneh è stato rivendicato da Hamas come un suo membro e i due fratelli, Basel e Mohammed, sono stati rivendicati come membri dal gruppo palestinese della Jihad islamica. Si dice che tutti e tre i giovani fossero combattenti della Brigata Jenin, un gruppo di resistenza palestinese all’interno di Jenin e nel campo profughi di Jenin che comprende più fazioni della resistenza.

Mentre Basel era effettivamente disabile e relegato su una sedia a rotelle, né lui né suo fratello o l’amico erano attivamente impegnati in un combattimento armato quando sono stati colpiti alla testa. Secondo l’ospedale quando sono stati assassinati i tre stavano dormendo.

Tuttavia, nonostante le gravi accuse secondo cui l’assassinio costituisce un crimine di guerra, i responsabili israeliani hanno festeggiato l’operazione.

“Mi congratulo vivamente con i commando della marina della polizia israeliana per la loro impressionante operazione di ieri sera in collaborazione con l’IDF e lo Shin Bet nel campo profughi di Jenin che ha portato all’eliminazione di tre terroristi”, ha dichiarato il Ministro della Sicurezza Nazionale israeliano Itamar Ben Gvir nel corso del video su X (ex Twitter).

Walid Jalamneh, padre del martire Mohammed, ha respinto e denunciato la dichiarazione ufficiale dell’esercito israeliano esprimendo il suo sgomento per l’intrusione nell’ospedale e la violazione della sacralità delle strutture mediche. Ha affermato che l’attacco è stato un “crimine evidente e una violazione delle leggi internazionali”.

Ha detto: “Sì, è vero che mio figlio è ricercato dagli occupanti [israeliani], ma l’irruzione nell’ospedale in questo modo mentre era in compagnia del suo amico e il suo fratello malato è un crimine

La Brigata Jenin, l’ala militare del Movimento della Jihad islamica, ha denunciato in un comunicato l’assassinio dei tre martiri all’interno dell’ospedale.

Il gruppo ha promesso di rispondere e ha affermato il proprio impegno a “continuare il cammino aperto dai martiri con il loro sangue puro”, sostenendo che questi omicidi non indeboliranno la loro determinazione.

Il Ministero della Sanità palestinese ha rilasciato una dichiarazione in cui invita urgentemente l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, le istituzioni internazionali e le organizzazioni per i diritti umani a porre tempestivamente fine alla “serie quotidiana di crimini commessi dall’occupazione contro le persone e i centri sanitari nella Striscia di Gaza” e in Cisgiordania” e ad offrire la “protezione necessaria alle strutture e al personale medico”.

La dichiarazione sottolinea inoltre che questo crimine è “parte di una serie di decine di crimini commessi dalle forze di occupazione contro strutture e personale medico” e ricorda che il diritto internazionale prevede una protezione generale e specifica per i luoghi civili, compresi gli ospedali, come stipulato nella Quarta Convenzione di Ginevra e Primo e Secondo Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 1977, nonché dalla Convenzione dell’Aja del 1954.

Wesam Sbeihat, direttore del Ministero della Salute a Jenin, ha dichiarato a Mondoweiss: “L’intrusione nei reparti e nelle stanze dell’ospedale, così come l’esecuzione e l’assassinio all’interno dell’ospedale di un paziente e dei suoi compagni è un crimine che viene documentato e aggiunto all’elenco dei crimini dell’occupazione contro le équipe mediche e gli ospedali. L’occupazione deve essere ritenuta responsabile dei suoi crimini”.

Sbeihat ha proseguito: “Abbiamo anche il referto medico del paziente assassinato oggi; è stato sottoposto a riabilitazione medica per mesi contrariamente a quanto affermato dagli occupanti secondo cui si nascondeva all’interno dell’ospedale”.

Dal 2022 Israele tenta di eliminare la resistenza nel campo e nella città di Jenin attraverso vari mezzi, tra cui bombardamenti aerei, omicidi ed esecuzioni di militanti. Tuttavia questa è la prima volta che gli occupanti hanno invaso un ospedale ed effettuato un’operazione di assassinio al suo interno.

Questo fatto è anche successo pochi giorni dopo che la Corte Internazionale di Giustizia ha stabilito che l’accusa di genocidio avanzata dal Sudafrica contro Israele era “plausibile”, ordinando a Israele di “prevenire atti di genocidio” a Gaza.

Dall’inizio della campagna militare israeliana nella Striscia di Gaza il 7 ottobre l’esercito e il governo israeliani hanno continuato a perpetuare la narrazione secondo cui i gruppi militanti palestinesi utilizzano gli ospedali per le loro operazioni. Nonostante la mancanza di prove concrete dell’esistenza di “centri di comando” di Hamas all’interno o sotto gli ospedali di Gaza, Israele ha continuato ad attaccare gli ospedali di Gaza mentre le sue forze di terra si facevano strada attraverso la Striscia.

Il capo di stato maggiore dell’esercito israeliano, Herzi Halevi, ha commentato l’assassinio avvenuto in ospedale, sostenendo che i tre giovani erano “coinvolti in una cellula terroristica che pianificava un grave attacco contro civili israeliani”. Halevi ha affermato che l’esercito israeliano “non permetterà che gli ospedali diventino una copertura per il terrorismo”.

Ha continuato: “Non vogliamo trasformare gli ospedali in campi di battaglia. Ma siamo ancora più determinati a non permettere che gli ospedali a Gaza, in Giudea e Samaria [così chiamano la Cisgiordania, ndtr.], in Libano, in superficie o nei cunicoli dei tunnel e nei tunnel sotto gli ospedali, diventino un luogo che funge da copertura per il terrorismo e che consente ai terroristi di nascondere armi, riposarsi, uscire per sferrare un attacco”.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




Voci dalla Cisgiordania occupata: “Continuerò a parlare con amore”

Dylan Hollingsworth

30 gennaio 2024 al Jazeera

Cisgiordania occupata – Proseguendo le conversazioni di Al Jazeera con persone della Cisgiordania occupata, su come considerino le infinite tragiche notizie dalla Striscia di Gaza assediata e bombardata, e sulle circostanze del tentare di rifarsi una vita come palestinese sotto occupazione, ecco quattro storie di palestinesi:

Un giovane cristiano sconcertato per come il messaggio di pace e di perdono nato con Cristo in Palestina possa essere dimenticato così barbaramente.

Un difensore dei diritti umani il cui lavoro di una vita è stato di proteggere il popolo palestinese dalla negazione dei suoi diritti.

Un padre che si sveglia ogni giorno nell’angoscia perché ha il terrore che uno dei suoi figli a Gaza sia stato ucciso durante la notte.

E una madre il cui figlio ha compiuto il sacrificio estremo della sua giovane vita perché ha intrapreso l’unica strada che gli è sembrata possibile per combattere contro l’ingiustizia.

Nota: le interviste sono state modificate per motivi di lunghezza e chiarezza.

Abu Ghazaleh, cristiano palestinese, Ramallah

Siamo palestinesi.

Siamo rimasti qui nel corso della storia, musulmani, ebrei o cristiani… la [nostra] prima identità è palestinese.

E anche se sono cristiano palestinese… questo non mi pone fuori dall’ambito del conflitto palestinese. Non consideriamo la religione come la forza trainante o il motivo per difendere la mia terra o rivendicare i miei diritti.

Per me la religione è un modo per contattare Dio, mentre il mio diritto di esistere su questa terra è un mio diritto come palestinese, indipendentemente dalla mia religione.

Questa è la terra di Gesù, la terra dove Cristo ha predicato, dove Gesù è venuto e da qui il cristianesimo si è diffuso nel mondo.

Se vogliamo parlarne dal punto di vista religioso noi cristiani siamo più legati a questa terra di chiunque altro, musulmani o ebrei.

Ma non facciamo distinzioni in base alla religione, piuttosto se si crede nel diritto di vivere in libertà, pace e felicità.

“Le due cose che amo di più nella Bibbia sono: ‘Amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono.’ Dio dice che anche se il tuo nemico ti augura la morte e ti odia, devi amarlo perché attraverso l’amore gli insegnerai la strada giusta.

‘Ma con la violenza non gli insegnerai la retta via. Se tu uccidi e lui uccide, le uccisioni continueranno. Se ami, l’amore crescerà.’

Questa frase… è magnifica. Significa che ami qualcuno che ti augura la morte e molte cose orribili.

Non importano le nostre divergenze con gli israeliani, continuerò a parlar loro con amore, affetto e pace.

Ma questo non significa che se un israeliano mi uccide io rimango in silenzio. Se mi uccide l’accuserò, ma il mio obiettivo principale non sarà toglierlo di mezzo, ucciderlo o eliminarlo, come fa lui con me”.

Shawan, direttore generale di Al-Haq [ONG palestinese indipendente per i diritti umani fondata nel 1979, ndt.], Ramallah

“I funzionari americani, l’amministrazione, posso dire che stanno aiutando e sono complici dei crimini di guerra che avvengono in Palestina. Siamo uccisi dalle armi americane.

Noi veniamo uccisi e gli israeliani godono dell’impunità, perché gli americani usano il veto per non ritenere responsabile Israele della sua prolungata occupazione e delle atrocità che accadono quotidianamente contro i palestinesi.

Come l’uccisione di palestinesi. Come espandere qui gli insediamenti o le colonie. Come la confisca delle terre. Come le demolizioni di case. Come il saccheggio delle nostre risorse naturali… come l’acqua, i minerali, la terra, tutto. Gli israeliani non ci hanno lasciato nulla.

Ora molti delle giovani generazioni americane sono più consapevoli della situazione rispetto a prima. E per questo motivo credo che dagli Stati Uniti venga una speranza, nonostante questa orribile situazione.

Ma il nostro caso non è iniziato il 7 ottobre. Il nostro caso ha ormai 75 anni.

Metà della nostra gente è rifugiata in tutto il mondo. L’80% della popolazione della Striscia di Gaza. Gaza misura 360 km quadrati. Si tratta di 2,3 milioni di persone in un luogo molto piccolo e densamente popolato.

E comunque gli israeliani attaccano e uccidono i civili. E l’hanno dichiarato fin dall’inizio, hanno detto: ‘Sono animali umani’, proprio per disumanizzare da subito i palestinesi.

“E hanno detto: ‘Taglieremo l’acqua’, e lo hanno fatto. ‘Taglieremo l’assistenza umanitaria’, e lo hanno fatto.

Che cosa possono ottenere gli israeliani se non seminare sempre più odio nelle menti del popolo palestinese? Questo non porterà la pace. Ciò che porterà la pace è se godiamo del nostro diritto fondamentale all’autodeterminazione.

Questo è il vostro risultato, il risultato americano. Ma sei il principale sostenitore di Israele e non dici al tuo amico: “Ehi, ragazzi, questo non va bene e non è giusto”. Perché se sei un vero amico devi dire ai tuoi amici di evitare di commettere atti illeciti. L’America, in questo momento, non lo sta facendo”.

Raed, palestinese di Gaza con permesso di lavoro israeliano, Ramallah

“Questa guerra non è né la prima né l’ultima per me.

Ho perso metà della mia famiglia nella guerra del 2014 in al-Wehda Street, vicino all’ospedale al-Shifa, quando più di 100 persone furono uccise in una sola zona.

Bambini innocenti sono stati presi di mira dagli aerei israeliani. Sostenevano che ci fossero dei tunnel sotto le case. Mia madre era lì, la moglie di mio fratello e i figli di mio fratello sono stati uccisi.

Ogni corpo che ho recuperato era mutilato, ognuno peggio del precedente. Alcuni erano stati decapitati…

“Soffriamo moltissimo, non riusciamo a dormire e siamo perseguitati dagli incubi. I miei figli soffrono e la maggior parte delle volte preferisco spegnere il telefono per evitare di parlare con loro.

«Dicono: ‘Papà, eri qui con noi prima del 7 ottobre’. Ma io non posso, sento morire i miei figli e non posso fare niente per loro.

Questa non è solo la mia sofferenza, ma quella di tutti i giovani qui. Capita di perdere un amico carissimo una volta in 20 o 30 anni, ma qui ogni giorno perdi le persone più care.

E non siamo responsabili di questa guerra. Siamo lavoratori rispettabili e i nostri figli sono innocenti. Non hanno niente a che fare con questa faccenda. Israele prende di mira coloro che sono coinvolti e coloro che non lo sono. Cerca vendetta sui bambini.

“Perché? O è per annientarci una volta per tutte oppure per non permetterci di piangere gli uni per gli altri. È difficile, come padre, svegliarsi e guardare il telefono per controllare come sta tuo figlio solo per scoprire che è morto, o sapere che tua moglie o tuo fratello sono morti.

Dammi un motivo per cui uno qualsiasi dei nostri figli debba essere coinvolto in questo atto barbarico.

Sono d’accordo, Hamas ha ucciso centinaia di persone il 7 ottobre, ma non puoi annientare un’intera nazione… stanno distruggendo l’intero Paese”.

Amal, madre in lutto e casalinga, Dair Jarir

“Qais era di buon cuore ed era molto colpito dalle cose che accadevano intorno a lui.

Tutti i giovani qui, quando hanno visto cosa stava succedendo ad Al-Aqsa… quelle madri e quelle donne trascinate dagli israeliani, gli si è spezzato il cuore e si sono sentiti impotenti.

Quando sono comparse a Nablus la Fossa dei Leoni e a Jenin le Brigate Jenin, i giovani hanno cominciato a credere di avere uno spazio per agire.

Certo, non ne sapevamo nulla, non ne avevamo idea. Ci raccontava che era con i suoi amici. Non sapevamo che avrebbe fatto quello che ha fatto.

Non poteva sopportare di vedere i giovani martirizzati a Jenin, Nablus, e gli assalti ad Al-Aqsa sono stati la goccia che ha fatto traboccare il vaso… riposi in Dio la sua anima. Non abbiamo ancora ricevuto il suo corpo.

Qais ha portato la vita nella nostra casa, lui e suo fratello. Ci prendeva in giro e qualche volta era testardo, ma la nostra casa era piena di vita.

Adesso siamo come zombi, non c’è più vita in casa nostra. Se avessimo avuto il suo corpo fin da subito e lo avessimo seppellito sarebbe più facile.

Non penso ad altro che a come è Qais, che aspetto ha, cosa hanno prelevato dal suo corpo e cosa gli hanno lasciato.

A volte mio marito viene e mi trova congelata, con il corpo così freddo anche se fa caldo e mi copre con delle coperte. Ma non riesco a scaldarmi. Dico: ‘Qais è gelato’.

So, e nella nostra religione tutti sappiamo, che l’anima è con Dio, ma… non lo so. Le madri non vogliono mai seppellire i propri figli, ma in questa situazione preferiremmo poterli seppellire.

Quando sarà sepolto, potrò recitare il Corano per lui, visitare la sua tomba e piangere accanto ad essa.

Vogliono torturare le famiglie detenendo i corpi dei martiri… una punizione collettiva per le famiglie”.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)