Israele: tre persone uccise durante un attacco in una città ultraortodossa

Redazione di MEE

5 maggio 2022 – Middle East Eye

In corso un’intensa caccia all’uomo per catturare i due sospettati che hanno attaccato gli israeliani mentre il Paese festeggia il Giorno dell’Indipendenza.

Almeno tre persone sono state uccise giovedì in una città ultraortodossa nel centro di Israele nel corso di un attacco mentre il Paese festeggiava il Giorno dell’Indipendenza.

È in corso un’intensa caccia all’uomo per trovare i due sospettati di 19 e 20 anni.

Magen David Adom, la Croce Rossa israeliana, ha detto che l’attentato ha causato 7 vittime: tre morti, due feriti in condizioni critiche, uno grave e uno con ferite lievi.

Secondo i media israeliani uno degli aggressori ha usato un’arma da fuoco e l’altro un’ascia o un grosso coltello. Middle East Eye non è riuscita a verificare in modo indipendente le dichiarazioni.

Video postati sui social mostrano ambulanze che accorrono sulla scena dell’attacco e personale medico che presta soccorso ai feriti.

L’attacco avvenuto a Elad, una città ultraortodossa a circa 30 km a est di Tel Aviv, arriva dopo una serie di aggressioni mortali nelle ultime settimane.

Un totale di 14 israeliani è stato ucciso da marzo in quattro sparatorie e accoltellamenti. Tutti i cinque assalitori, palestinesi provenienti da Cisgiordania e Israele, sono stati in seguito uccisi.

Sono almeno 50 i palestinesi uccisi fino ad ora quest’anno dall’esercito israeliano in Cisgiordania.

L’attacco di giovedì è avvenuto a pochi giorni dal primo anniversario dell’offensiva militare israeliana su larga scala contro l’assediata Striscia di Gaza.

Il picco di violenza si è registrato lo scorso maggio quando Israele aveva tentato di espellere alcune famiglie palestinesi da Sheikh Jarrah, un quartiere nella Gerusalemme Est occupata, per far posto a coloni israeliani.

Questo causò proteste diffuse nella Cisgiordania occupata e nella comunità palestinese in Israele che portò a 11 giorni di bombardamenti israeliani contro Gaza.

Secondo le Nazioni Unite l’operazione militare israeliana uccise 256 palestinesi, inclusi 66 minori. In Israele i razzi lanciati da Gaza uccisero 13 persone.

(traduzione di Mirella Alessio)




La Corte annulla la messa fuori legge di associazioni di solidarietà con la Palestina

Ali Abunimah

2 maggio 2022 – The Electronic Intifada

Venerdì la guerra di Emmanuel Macron contro gli attivisti per i diritti dei palestinesi ha subito un’altra battuta d’arresto.

Il Consiglio di Stato, che in Francia svolge la funzione di corte suprema che giudica le azioni del governo, ha sospeso l’ordinanza del presidente che metteva al bando due associazioni di solidarietà con la Palestina.

La corte sostiene il diritto di fare appello al boicottaggio dei prodotti israeliani ed ha ritenuto infondate le accuse governative di “antisemitismo” contro le due associazioni.

A febbraio, su indicazione di Macron, il Ministro dell’Interno Gérald Darmanin aveva ordinato lo scioglimento del ‘Collettivo Palestina Vincerà’ e del ‘Comitato Azione Palestina’.

Il governo ha accusato le due associazioni di incitamento all’odio e alla violenza nei confronti di Israele.

In una sintesi delle sue decisioni il Consiglio di Stato ha comunicato di aver sospeso gli ordini del governo non avendo riscontrato prove del fatto che “le posizioni assunte da queste associazioni, benché molto nette e aspre, configurino un invito alla discriminazione, all’odio o alla violenza o una istigazione a commettere atti di terrorismo.”

Riguardo al ‘Comitato Azione Palestina’ la corte ha sentenziato che l’ordine del governo è stato “una grave e palesemente illegittima violazione della libertà di associazione e di espressione.”

In una conclusione relativa alla campagna BDS – boicottaggio, disinvestimento e sanzioni – a guida palestinese, il Consiglio di Stato ha stabilito che “l’appello al boicottaggio di determinati prodotti israeliani da parte del ‘Collettivo Palestina Vincerà’ non può di per sé giustificare un ordine di scioglimento in assenza di altri elementi di incitamento all’odio e alla violenza.”

Questo è in linea con la decisione unanime del giugno 2020 della Corte Europea per i Diritti Umani secondo cui le illegittime persecuzioni della Francia nei confronti degli attivisti che hanno invitato a questi boicottaggi violano le garanzie fondamentali di libertà di espressione.

L’amministrazione Macron ha cercato di eludere quella sentenza europea per continuare la sua repressione a favore di Israele.

Nessuna prova di antisemitismo

Con un colpo inferto ai tentativi di equiparare le critiche ad Israele e alla sua ideologia di Stato sionista al fanatismo anti-ebraico, il Consiglio di Stato ha ritenuto che il governo non ha fornito prove di “azioni antisemite” da parte delle due associazioni.

La sentenza integrale relativa al ‘Comitato Azione Palestina’ afferma chiaramente che “non è stabilito, contrariamente a quanto pretende il Ministero dell’Interno, che l’associazione abbia diffuso sul suo sito web pubblicazioni antisemite.”

Il governo deve ora corrispondere ad ognuna delle associazioni circa 3.000 dollari. La sentenza sospende con effetto immediato l’ordine di sciogliere le due associazioni in pendenza della sentenza definitiva attesa in un secondo momento.

Le decisioni del Consiglio di Stato non ammettono appello.

Il ‘Collettivo Palestina Vincerà’ ha salutato con favore la sentenza del Consiglio di Stato per “aver riaffermato la legittimità del sostegno al popolo palestinese” ed ha affermato di “festeggiare il fatto che potrà liberamente proseguire la sua lotta”.

L’associazione ha ringraziato gli attivisti che hanno protestato contro la misura del governo e diverse organizzazioni di solidarietà, comprese l’“Associazione di Solidarietà franco-palestinese” e l’“Unione per la Pace franco-ebraica” (UJFP), che hanno inoltrato al Consiglio di Stato comunicati in loro supporto.

UJFP ha salutato la sentenza come una “vittoria contro la criminalizzazione del movimento di solidarietà”.

Quasi 11.000 persone hanno firmato una petizione contro gli ordini di scioglimento.

Il ‘Comitato Azione Palestina’ ha detto che “vorrebbe dedicare questa vittoria al popolo palestinese e alla sua lotta.”

Questo è il secondo importante rifiuto nell’arco di una settimana contro le violazioni di Macron dei diritti fondamentali dei cittadini francesi.

Martedì il Consiglio di Stato ha annullato un decreto governativo che imponeva la chiusura di una moschea a Bordeaux.

Il Ministro dell’Interno di Macron ha emesso l’ordine all’inizio di quest’anno col pretesto che la moschea diffondeva odio contro Francia e Israele ed incitava al terrorismo.

Sentenza storica in Germania

La settimana scorsa in Germania un tribunale ha appoggiato il comitato locale di solidarietà con la Palestina contro le autorità cittadine di Stoccarda.

Il Centro Europeo di Supporto Legale (ELSC), un’organizzazione in difesa della libertà di espressione sulla Palestina, ha acclamato la decisione come “una sentenza storica” che “riafferma il diritto al boicottaggio”.

In seguito ad una campagna di diffamazione sui media israeliani, le autorità di Stoccarda hanno iniziato a negare all’ associazione di solidarietà l’accesso ai locali della città e si sono rifiutate di pubblicizzare le sue iniziative sul sito web della città.

Il Comune ha citato la risoluzione del 2019 approvata dal Bundestag, la camera bassa del parlamento tedesco, che denigrava come “anti-semita” il movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni.

Il tribunale tedesco ha affermato che la risoluzione del Bundestag non è vincolante e che le attività dell’associazione di solidarietà con la Palestina costituiscono una libera espressione tutelata dalla Costituzione.

Il Centro ELSC ha sottolineato che questa recente decisione è “coerente con una crescente tendenza nella giurisprudenza tedesca, che sostiene il diritto degli attivisti di utilizzare le strutture pubbliche per eventi collegati al BDS.”

Ali Abunimah

Co-fondatore di The Electronic Intifada e autore di ‘The battle for justice in Palestine’ (La lotta per la giustizia in Palestina), edito da Haymarket Books.

È anche autore di ‘One country: a bold proposal to end the israeli-palestinian impasse’. (Un unico Paese: una proposta coraggiosa per porre fine allo stallo israelo-palestinese).

Le opinioni sono esclusivamente dell’autore.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Un video mostra che politici israeliani hanno fatto pressioni sulla polizia per chiudere il caso dell’uccisione di Hassouna

Redazione Middle East Eye

1 maggio 2022 – Middel East Eye

Un centro legale fa appello contro il fatto che non si sia intrapreso nessun provvedimento contro i cinque ebrei israeliani sospettati a causa di un’indagine “inadeguata”.

Nel suo appello contro la decisione di archiviare il caso contro cinque sospettati ebrei, il centro legale Adalah ha affermato che sono state esercitate pressioni sulla polizia israeliana che ha svolto una “lacunosa” indagine relativa all’uccisione lo scorso anno di Moussa Hassouna, un cittadino palestinese di Israele.

Adalah, il Centro Legale per i Diritti della Minoranza Araba in Israele, ha presentato ricorso per conto della famiglia Hassouna dopo che un procuratore distrettuale ha archiviato la causa contro cinque ebrei israeliani sospettati per l’omicidio nell’ottobre 2021.

Hassouna, un cittadino palestinese di Israele di 31 anni, è stato ucciso nella città mista di Lod, conosciuta anche come Lydd, durante scontri tra palestinesi e attivisti israeliani di estrema destra, occorsi il 10 maggio dello scorso anno. Le violenze sono scoppiate quando si sono create tensioni in Israele e nei territori palestinesi occupati in seguito ad attacchi israeliani alla Moschea di Al-Aqsa e nel quartiere Sheikh Jarrah a Gerusalemme est.

Nell’appello inoltrato al Procuratore di Stato Amit Isman, Adalah ha sostenuto che, in base a prove investigative, la polizia ha condotto un’indagine “negligente” e “carente” con l’intento di chiudere il caso contro i sospettati di destra.

Il centro legale ha anche reperito nella documentazione dell’inchiesta un filmato che segnalava che sono state esercitate pressioni sull’indagine.

Il video ed altri materiali ritrovati nella documentazione investigativa da Adalah suggeriscono anche che nel corso dell’indagine importanti dirigenti politici hanno fatto pressioni illecite sulla polizia”, ha affermato Adalah in un comunicato stampa pubblicato sabato.

Adalah ha detto di aver anche inviato una lettera al procuratore generale Gali Baharav-Miara in cui si chiede che venga avviata una rapida indagine sulle interferenze da parte di personaggi politici.

L’ultima delle mie priorità’

Nel video del 12 maggio 2021 pubblicato da Adalah un inquirente dice che il capo di un laboratorio di armamenti si è rifiutato di analizzare le armi usate dai sospettati e avrebbe detto: “l Le analisi in questo caso sono l’ultima delle mie priorità”.

Un altro inquirente gli risponde: “Davvero? Che lo dica al ministro che telefona ogni 10 minuti per controllare a che punto sono le indagini.”

In un tweet dello stesso giorno l’allora ministro della Pubblica Sicurezza, Amir Ohana, ha chiesto il rilascio dei sospettati, affermando che erano cittadini rispettosi della legge che avevano agito per autodifesa.

Il legale di Adalah, Nareman Shehadeh-Zoabi, ha detto che “il comportamento delle autorità responsabili di applicare la legge e dei dirigenti politici, in questo caso, dimostra che questi gruppi di vigilanti avevano il loro pieno appoggio e venivano addirittura considerati come ‘forze aggiuntive’ per le autorità.”

Nel suo appello Adalah ha richiesto che il procuratore di Stato riapra l’indagine che, afferma, è stata condotta in modo inadeguato.

Sostiene che la polizia non ha adottato misure investigative indispensabili relativamente all’interrogatorio dei sospettati, all’analisi balistica, alla raccolta e all’esame delle prove, all’analisi della scena del crimine e alla raccolta delle testimonianze.

Nell’ottobre dello scorso anno l’ufficio del procuratore distrettuale centrale di Israele ha detto che stava per archiviare l’indagine sull’uccisione di Hassouna a causa della mancanza di prove e delle affermazioni dei sospettati che sostenevano di aver sparato per “autodifesa”.

Secondo Adalah la polizia si è basata esclusivamente sulle affermazioni di ebrei israeliani per stabilire la sequenza degli eventi e non ha acquisito le deposizioni di nessuno dei testimoni palestinesi.

Questa ingiusta decisione conferisce legittimità ai crimini delle milizie terroriste ebraiche e le incoraggia ad uccidere e far violenza agli arabi sotto la protezione degli apparati dello Stato”, ha affermato un comitato popolare palestinese di Lod in una dichiarazione in seguito alla chiusura dell’indagine.

Khaled Zabarqa, un avvocato membro del comitato, al momento ha detto a Middle East Eye che la decisione di archiviare il caso ha sconvolto la famiglia di Hassouna e l’ha fatta sentire “come se il loro figlio fosse stato ucciso un’altra volta”.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Un giornale studentesco della università di Harvard appoggia il movimento BDS

Redazione di MEMO

1 maggio 2022 – Middle East Monitor

Un quotidiano gestito dagli studenti dell’università di Harvard ha annunciato il supporto e il sostegno per la campagna per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) contro l’occupazione israeliana, facendone uno dei più significativi passi intrapresi da una università americana contro l’occupazione.

Il comitato di redazione dell’Harvard Crimson ha annunciato sul suo giornale di ieri che adesso “orgogliosamente” appoggia il movimento BDS, affermando che “siamo orgogliosi di offrire infine il nostro supporto alla liberazione della Palestina e al BDS – ed esortiamo chiunque a fare altrettanto”.

Il comitato di redazione del giornale ha ammesso che, mentre in precedenza avevano una posizione “scettica”, questa è mutata in un sostegno totale della campagna BDS, insistendo che “in questo periodo il peso – delle violazioni israeliane dei diritti umani e del diritto internazionale e del grido di libertà [riferimento a un film sul Sudafrica dell’apartheid sulla vicenda di Stephen Biko, ndtr.] della Palestina – richiede questo passo.

Questo mutamento di pensiero, vi si afferma, è avvenuto attraverso le campagne educative e il materiale illustrativo presentati dalla Campagna di Solidarietà con la Palestina (Palestine Solidarity Campaign) dell’università.

Il comitato di redazione, oltre ad evidenziare l’occupazione israeliana in corso del territorio palestinese, le violazioni dei diritti umani a danno dei palestinesi e le costanti violazioni del diritto internazionale da parte di Tel Aviv, ha riconosciuto che c’è un “soverchiante squilibrio di potere” nella trattazione e nel dibattito attorno alla questione dello Stato di Israele e della Palestina.

Quello squilibrio, che pende massicciamente a supporto della narrativa israeliana all’interno delle istituzioni e dell’amministrazione americana, permette a 26 Stati nella Nazione di imporre pressioni legali sulle società che decidono di boicottare lo Stato di Israele.

Il comitato di redazione del giornale riconosce, da questo punto di vista, che “siamo pienamente consapevoli del privilegio del fatto di avere una testata istituzionale ed efficacemente anonima. Anche in questa sede universitaria molti dei nostri coraggiosi colleghi che sostengono la liberazione della Palestina possono essere trovati in liste di osservati speciali che tacitamente e vergognosamente li collegano al terrorismo.”

Nato nel 2005, il movimento BDS promuove il boicottaggio dei prodotti israeliani provenienti dai territori palestinesi occupati della Cisgiordania, così come il boicottaggio di e il disinvestimento da società che gestiscono o hanno contratti con l’occupazione in corso.

Lotte a favore e contro il movimento sono state viste in università in tutte le Nazioni occidentali, in particolare negli USA, e hanno portato famose istituzioni come la Columbia University, l’università di Manchester e l’università dell’Illinois a Urbana-Champaign (UIUC) ad approvare risoluzioni e ad adottare misure a supporto del BDS.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Le forze di sicurezza israeliane uccidono un palestinese in un’incursione nella Cisgiordania occupata

Redazione di Al Jazeera

26 aprile 2022, Al-Jazeera

Il Ministero della Sanità palestinese ha annunciato che Ahmad Owaidat, di 20 anni, è stato ucciso durante una incursione israeliana a Gerico.

Secondo il Ministero della Sanità palestinese le forze di sicurezza israeliane hanno ucciso un palestinese durante una incursione nel campo profughi di Aqabet Jaber a Gerico, nella Cisgiordania occupata.

L’uomo è stato identificato come Ahmad Ibrahim Owaidat di 20 anni. Il Ministero della Sanità ha affermato che è stato colpito alla testa nelle prime ore di martedì.

Owaidat è stato trasferito nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Ramallah ed è rimasto lì per diverse ore prima che ne fosse dichiarato il decesso.

Le forze di sicurezza israeliane hanno effettuato una incursione nel campo prima dell’alba e hanno arrestato almeno due palestinesi.

In risposta all’uccisione, il movimento di Fatah a Gerico e nella valle del Giordano ha annunciato uno sciopero generale per martedì.

Altri due palestinesi sono stati uccisi durante la scorsa settimana nella Cisgiordania; Lutfi al-Labadi di 21 anni e Hanan Khdour di 18 anni sono stati colpiti durante una incursione dell’esercito israeliano nella zona di Jenin.

La tensione è alta a Gerusalemme e in Cisgiordania.

Un incremento degli attacchi da parte dei palestinesi ha portato all’uccisione di 14 persone in Israele dal 22 marzo. Nel frattempo dall’inizio dell’anno gli israeliani hanno ucciso almeno 46 palestinesi residenti nella Cisgiordania.

Le incursioni dei coloni scortati dalla polizia durante la scorsa settimana, quando la festività della Pasqua ebraica e il Ramadan, il mese sacro per i mussulmani, si sono sovrapposti, ha provocato scontri giornalieri con i palestinesi nell’area della moschea di Al-Aqsa, con molti palestinesi feriti e arrestati.

Lo scorso anno settimane di protesta contro le deportazioni di palestinesi a Gerusalemme Est occupata e incursioni delle forze di sicurezza israeliane ad Al-Aqsa durante il Ramadan sono sfociate in una diffusa sollevazione in Israele e nei territori palestinesi occupati e in una offensiva di 11 giorni contro Gaza assediata.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Nega di essere palestinese o muori

Salman Abu Sitta 

17 marzo 2022 – Middle East Monitor

Nega di essere palestinese o muori.” Questo è il messaggio proposto ai rifugiati palestinesi dall’UNRWA [United Nations Relief and Works Agency, ossia Agenzia dell’ONU per il Soccorso e il Lavoro per i rifugiati palestinesi, ndtr.]. È un messaggio incredibilmente scioccante, contrario al diritto internazionale e al mandato stesso dell’UNRWA. L’UNRWA ha ceduto al ricatto americano per conto di Israele: tagliare i fondi a meno che la Palestina scompaia dai libri e dalla memoria.

Questa è la scoperta a cui siamo arrivati dopo il primo incontro con le scuole UNRWA e, tra tutti i posti, proprio in quelle a Gaza.

A settembre dell’anno scorso la Palestine Land Society [Società Palestinese della Terra] aveva lanciato un concorso fra studenti delle scuole superiori a Gaza con il titolo “Questo è il mio villaggio.” Gli studenti dovevano scrivere un tema sulle loro origini in Palestina, fare una ricerca sulle proprie radici chiedendo a genitori e nonni dei loro villaggi di origine e di come fossero diventati rifugiati durante la Nakba (Catastrofe), come fossero arrivati nei campi dell’UNRWA e di cosa sia il loro Diritto al Ritorno. Gli studenti dovevano ottenere testimonianze autentiche dalle proprie famiglie e dai vicini, condurre la propria ricerca su altre fonti e aggiungere, se possibile, foto, mappe o ricordi familiari.

Le scuole pubbliche di Gaza hanno accolto l’idea e informato gli studenti. Le scuole dell’UNRWA, per ordine del personale straniero, hanno proibito la distribuzione dei volantini di invito dell’UNRWA.

Sfidando la proibizione, abbiamo chiesto ai volontari di distribuire i volantini agli studenti ai cancelli delle scuole. La risposta è stata straordinaria. Hanno presentato domanda 1800 studenti. Prevedibilmente la maggioranza assoluta proveniva da scuole dell’UNRWA.

Quattro dei cinque finalisti erano rifugiati e provenivano da queste scuole. Alla cerimonia di premiazione i rappresentanti dell’UNRWA non si sono presentati. Assolutamente vergognoso!

In tutte le scuole abbiamo distribuito mappe della Palestina che mostrano i villaggi svuotati dei loro abitanti e quelli esistenti nel 1948. Di nuovo le scuole dell’UNRWA le hanno rifiutate per ordini superiori.

Com’è possibile che l’UNRWA volti le spalle al proprio mandato e violi il diritto internazionale?

La risposta, timida, ma poco convincente, è stata che i donatori americani, su istruzione di Israele, avevano seguito pedestremente la compiacente Unione Europea e proibito riferimenti alla storia e alla geografia palestinesi, a città e villaggi palestinesi, alla Nakba e alla pulizia etnica per evitare il taglio dei fondi ai servizi dell’UNRWA.

Un ricatto odioso: nega di essere palestinese e o morirai di fame o i tuoi figli senza le scuole vagheranno per le strade. Far tacere la Palestina, negare i crimini di guerra della Nakba, rinnegare la propria patria, la Palestina, questo è il prezzo che si deve pagare per un po’ di cibo e la privazione di un’identità, destinati a essere per sempre dei rifugiati. Neanche George Orwell avrebbe potuto immaginare un tale scenario, né Shakespeare nel suo Mercante di Venezia.

Ciò è avvenuto in nome della “Neutralità”, in un documento intitolato Framework for Cooperation between the US and UNRWA 2021-2022 (Cooperation Framework), [Quadro di Cooperazione fra gli USA e l’UNRWA 2021-2022] che equipara vittima e carnefice.

Si sa che questo documento nella sua interezza, inclusi gli allegati, definisce gli impegni fra UNRWA e gli Stati Uniti per il 2021 e il 2022 riguardo agli interventi.

Questo Quadro non costituisce un accordo internazionale e non stabilisce alcun obbligo fra le parti giuridicamente vincolante né in base al diritto internazionale né alle leggi nazionali. L’UNRWA non ha alcuna autorità per firmarlo.

Abbiamo scritto a Philippe Lazzarine, Commissario Generale dell’UNRWA, facendoglielo notare e sottolineando come, nelle scuole dell’UNRWA si impedisca agli studenti di sapere dove siano Majdal, Faluja [due villaggi palestinesi spopolati nel 1947-49 che ora si trovano in territorio israeliano, ndtr.], Isdud [l’attuale città israeliana di Ashdod, ndtr.], di cosa sia la Nakba, della cacciata del proprio popolo e della distruzione di 500 villaggi.

Questa è davvero una guerra senza precedenti contro i rifugiati e contro i palestinesi come popolo. Contrasta con il mandato dell’UNRWA, che dovrebbe essere perseguito, come stabilito dalla Risoluzione 302 dell’Assemblea Generale fermo restando il paragrafo 11 della Risoluzione 194.

Va parimenti contro l’Articolo 29(1) della Convenzione dei Diritti del Fanciullo. Cancellare la storia e geografia dei minori, negando o limitando le loro opportunità e diritti di conoscere i propri villaggi di origine, come siano diventati rifugiati, il loro diritto al ritorno e il motivo per cui è loro negato, viola tutti e cinque i commi dell’Articolo 29(1) della Convenzione.

Inoltre contravviene alle disposizioni contro le discriminazioni della Convenzione per l’Eliminazione di tutte le forme di Discriminazione Razziale – CERD (articoli 5(e)(v)) e, in base alla Convenzione per la Soppressione e la Punizione del Crimine di Apartheid (articolo 2(c)), è uno degli indicatori dell’apartheid. Fin dagli anni ’80 l’applicabilità ai palestinesi di entrambe le convenzioni è stata ampiamente analizzata dalla commissione ONU della Dichiarazione dei diritti umani (a cominciare dalla CERD) e più recentemente dal rapporto dell’ESCWA [Commissione Economica e Sociale delle Nazioni Unite per l’Asia occidentale] e dai rapporti di ONG locali e internazionali come Amnesty International, Human Rights Watch e B’tselem.

Lo Statuto di Roma del 1998, la base giuridica della Corte Penale Internazionale, definisce come criminali di guerra anche i complici dei criminali di guerra. Mettere a tacere i crimini di guerra rientra fra queste violazioni. Perciò stendere un velo di silenzio sulla storia e sulla geografia palestinesi è un crimine di guerra.

Abbiamo anche scritto a Moritz Bilagher, direttore ad interim dell’’UNRWA – dipartimento Istruzione, e ad altri funzionari. Ci è stato suggerito di intitolare la mappa della Palestina da distribuire “Palestina storica.” Qui stiamo spaccando il capello in quattro. Etichettare la mappa con la dicitura “Palestina storica” annulla la distinzione fra Palestina come luogo geografico e Palestina come Stato.

La Palestina è la patria dei palestinesi da almeno 2.000 anni. Il suo popolo è conosciuto in tutto il mondo come “palestinesi”, anche nei documenti dell’UNRWA.

La Palestina come Stato è una questione politica, non sta all’UNRWA prendere una decisione in materia. Né la Palestina né Israele come Stati hanno dei confini generalmente riconosciuti, o sono riconosciuti universalmente dagli Stati membri dell’ONU.

I comitati popolari nei campi profughi hanno protestato contro questa azione con modalità che senza dubbio con il tempo si amplieranno. Un gruppo di avvocati di diritto internazionale sta mettendo a punto una memoria ufficiale sul tema che potrebbe portare a una petizione presso il Consiglio per i Diritti Umani.

Noi invitiamo tutti coloro che sono interessati a protestare contro il ricatto USA e l’asservimento dell’UNRWA.

Mandate le vostre proteste a:

UNRWA Commissioner General Philippe LazzarineLazzarini@unrwa.org

UNRWA Acting/ Head, Education Dpt, Moritz BilagherM.bilagher@unrwa.org

UNRWA Head of External Relations, Tamara AlrifaiT.alrifai@unrwa.org

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Israele utilizza droni armati di lacrimogeni contro i fedeli ad al-Aqsa

Maureen Clare Murphy

22 aprile 2022 – Electronic Intifada

Nella tarda serata di venerdì [22 aprile], dopo che la polizia israeliana ha utilizzato la violenza contro i fedeli palestinesi che seguivano le preghiere alla mattina presto nella moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme, sarebbe stato lanciato un razzo da Gaza. La violenza israeliana contro i palestinesi durante il terzo venerdì di Ramadan ha di nuovo minacciato di estendersi all’interno di Gaza.

Dopo l’attacco israeliano contro il luogo sacro della scorsa settimana, c’è stata un’intensa attività diplomatica per cercare di evitare uno scontro su vasta scala a Gaza come quello che ha devastato il territorio nel maggio dello scorso anno. Quegli 11 giorni di pesanti lanci di razzi da Gaza e di bombardamenti israeliani erano stati in larga parte causati dalla violenza contro i fedeli ad Al-Aqsa durante il Ramadan.

Nel corso della settimana la situazione è rimasta incerta, in quanto mercoledì i nazionalisti ebrei-israeliani hanno marciato a Gerusalemme scandendo slogan anti-palestinesi come “morte agli arabi”. Alla fine di quel pomeriggio da Gaza è stato lanciato un razzo, caduto in una zona disabitata nei pressi di Sderot, nel sud di Israele. Giovedì mattina Israele ha effettuato raid contro Gaza, seguiti da altri razzi e da colpi di arma da fuoco sparati dal territorio assediato.

Non si hanno notizie di feriti a Gaza o in Israele.

Parrebbe che sia Hamas, che governa Gaza, che Naftali Bennett, il primo ministro israeliano, stiano cercando di evitare un’altra grave escalation.

Tuttavia fonti ufficiali di Hamas avrebbero detto a mediatori internazionali che le continue violazioni ad Al-Aqsa potrebbero innescare un altro scontro militare con Israele.

Negli ultimi giorni il gruppo della resistenza ha ripetutamente chiesto una mobilitazione di massa dei palestinesi in difesa di Al-Aqsa e di Gerusalemme.

Venerdì alcuni palestinesi, lanciando pietre e facendo esplodere petardi dopo le preghiere mattutine, si sono scontrati con la polizia antisommossa israeliana schierata attorno al complesso della moschea a Gerusalemme.

La polizia israeliana ha sparato lacrimogeni, proiettili ricoperti di gomma e granate stordenti verso i palestinesi all’interno del complesso, ma non hanno fatto irruzione né sparato nella moschea di al-Aqsa come avevano fatto lo scorso venerdì.

Quel giorno [15 aprile] più di 150 fedeli sono rimasti feriti e più di 400 sono stati arrestati negli attacchi contro la moschea documentati da decine di video che hanno circolato in rete.

La Mezzaluna Rossa palestinese ha affermato che questo venerdì, che segna l’inizio degli ultimi 10 giorni del Ramadan, sono rimasti feriti più di 30 palestinesi, 14 dei quali sono stati ricoverati in ospedale.

Il complesso di Al-Aqsa, dove estremisti israeliani hanno tentato senza successo di realizzare il sacrificio di un animale durante la festa della Pasqua ebraica che termina sabato, è vietato ai non-musulmani durante gli ultimi 10 giorni del mese di digiuno.

Venerdì più di 150.000 palestinesi avrebbero partecipato alle preghiere della sera ad Al-Aqsa.

Video pubblicati sulle reti sociali mostrano droni che sparano lacrimogeni sulla folla di fedeli venerdì ad Al-Aqsa.

Le forze israeliane hanno sparato anche proiettili ricoperti di gomma contro giornalisti all’interno del complesso. Un candelotto sparato dalle forze israeliane vi ha incendiato un albero.

Secondo quanto riportato, venerdì, per la prima volta da vent’anni, sulla Cupola della Roccia della moschea di Al-Aqsa è stata issata una bandiera palestinese.

Apartheid”

Venerdì un esperto di diritti umani dell’ONU ha accusato della crescente violenza israeliana contro i palestinesi delle ultime settimane “l’inazione internazionale”.

Michael Lynk, il relatore speciale ONU sui diritti umani in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, ha affermato che la pluridecennale occupazione israeliana “è diventata indistinguibile dalle pratiche di apartheid” ed “è basata sulla discriminazione istituzionale di un gruppo razziale-nazionale-etnico a danno di un altro.”

Ha aggiunto che “la storia ci insegna l’amara lezione che il dominio straniero prolungato e indesiderato è invariabilmente imposto con la violenza e con essa contrastato.”

Nel contempo venerdì l’ufficio del segretario generale dell’ONU Antonio Guterres ha ripetuto le trite espressioni di “profonda preoccupazione”.

Il portavoce di Guterres ha affermato che il segretario è “attivamente impegnato con i leader a fare tutto il possibile per ridurre le tensioni, le azioni e i discorsi provocatori e ripristinare la calma.”

Allo stesso modo l’inviato di Guterres per il Medio Oriente, Tor Wennesland, ha sottolineato la riduzione delle tensioni martedì, mettendo falsamente sullo stesso piano da una parte le autorità dell’occupazione israeliana e dall’altra i palestinesi che resistono all’oppressione coloniale.

Egli ha fatto indirettamente riferimento alla “diffusione di disinformazione e incitamento alla violenza” implorando i “dirigenti di tutte le parti” a “ridurre le tensioni, creare condizioni di tranquillità e garantire che venga protetto lo status quo (ad al-Aqsa).”

The Times of Israel [giornale israeliano in lingua inglese, ndtr.] ha evidenziato che i riferimenti di Wennesland alla disinformazione e all’incitamento sono “praticamente identici alle argomentazioni usate dai politici israeliani” secondo cui Hamas e altri partiti stanno “fomentando le tensioni” sostenendo che Israele intende cambiare lo status quo ad Al-Aqsa.

Osservatori palestinesi denunciano una campagna mistificatoria intesa a minimizzare la reale minaccia posta contro i luoghi santi da estremisti ebrei che intendono distruggere Al-Aqsa e che godono dell’appoggio di parlamentari israeliani.

Un’analisi di Nir Hasson pubblicata da Haaretz, importante quotidiano israeliano, smentisce l’idea che Israele abbia “piani segreti” per cacciare i musulmani da Al-Aqsa “e trasformarla in un luogo sacro ebraico.” La sua tesi è che il cosiddetto movimento del Monte del Tempio, che intende distruggere Al-Aqsa e costruire al suo posto un tempio ebraico, è un gruppo di estremisti che sono “invisi tra molti israeliani.”

Ma, come osserva Zvi Bar’el, un altro editorialista di Haaretz, l’esproprio di proprietà palestinesi attorno al complesso della moschea e le attività edilizie da parte di Israele nelle vicinanze portano a una “diagnosi realistica” secondo cui una guerra sul luogo sacro “sia solo questione di tempo”.

C’è un precedente storico di rovesciamento dello status quo di un importantissimo luogo santo palestinese. Nel 1994, dopo che un colono ebreo nato negli Stati Uniti massacrò 29 fedeli nella moschea di Ibrahim [Tomba dei patriarchi per gli ebrei, ndtr.] a Hebron, le forze israeliane divisero il luogo sacro e chiusero la contigua Città Vecchia, in precedenza molto animata.

I palestinesi temono che, senza una forte resistenza, Israele approfitterà di qualunque opportunità per imporre misure simili ad Al-Aqsa.

Adolescente muore dopo uno scontro a fuoco

Nel contempo venerdì, quattro giorni dopo essere stato ferito alla testa da forze israeliane nel villaggio di Yamoun nei pressi della città di Jenin, nel nord della Cisgiordania, il diciottenne Lutfi Labadi è morto in conseguenza delle lesioni subite. Dopo l’annuncio del suo decesso sulle reti sociali ha circolato una sua foto.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




La polizia israeliana ha bloccato la via a centinaia di persone che marciavano verso il quartiere musulmano di Gerusalemme

Jonathan Lis, Jack Khoury, Nir Hasson 

 20 aprile 2022  Haaretz

Hamas dice che Israele dovrebbe assumersi la piena responsabilità delle conseguenze della marcia

Il parlamentare di estrema destra Ben-Gvir si unisce ai manifestanti, e in 20 sfondano le barriere per raggiungere la Porta di Damasco

Mercoledì la polizia israeliana ha bloccato la strada per la Porta di Damasco a Gerusalemme mentre centinaia di attivisti di destra hanno sfidato gli ordini della polizia e hanno iniziato a marciare verso il quartiere musulmano della Città Vecchia.

Con l’aumentare della tensione, circa 20 persone sono riuscite a sfondare le barriere della polizia e a raggiungere la Porta, ma sono state respinte dagli agenti.

La polizia ha arrestato due palestinesi nell’area della Porta di Damasco, uno con l’accusa di aver lanciato una bottiglia [molotov] e l’altro con l’accusa di aver lanciato pietre contro le forze di sicurezza.

Gli organizzatori di destra hanno accusato il governo del divieto di esporre la bandiera della marcia, contestando l’affermazione della polizia secondo cui avrebbero inizialmente accettato di marciare lungo un percorso alternativo per poi tornare sull’accordo.

“Seguiremo il percorso pianificato attraverso la Città Vecchia e speriamo che la polizia abbia coraggio e accompagni la marcia”, hanno detto. “In ogni caso, la polizia non può impedire alle persone di camminare con una bandiera fino al Muro Occidentale nei territori dello Stato di Israele. Non esiste un ordine del genere”.

Sebbene gli organizzatori abbiano inizialmente affermato che non avrebbero marciato in violazione agli ordini della polizia, in seguito hanno invitato il pubblico a recarsi in piazza Safra davanti al municipio di Gerusalemme alle 17:00 per l’inizio della marcia, dicendo: “Riporteremo la sensazione di sicurezza per le strade di Gerusalemme”.

Mercoledì scorso Hamas ha reagito con un comunicato stampa in cui si lanciava un avvertimento all’occupazione e ai manifestanti che si avvicinassero ai luoghi santi, aggiungendo che la “leadership dell’occupazione” si sarebbe dovuta assumere la piena responsabilità delle conseguenze di quelle definite mosse pericolose e provocatorie.

“Sappiamo cosa è successo l’anno scorso durante la marcia e il lancio dei razzi da Gaza che ha portato all’operazione Guardian of the Walls [Guardiano delle Mura: 11 giorni di bombardamenti su Gaza da parte di Israele nel maggio 2021, ndtr.], e non vogliamo un Guardian of the Walls 2, quindi la polizia non approverà la marcia e in questo caso lo farà secondo la legge”, ha detto ad Haaretz un alto ufficiale di polizia.

Il ministro degli Esteri Yair Lapid ha criticato la marcia programmata definendola “una provocazione che ci danneggia”. Ha aggiunto che “si tratta di estremisti interessati a lanciare provocazioni. Quello che vogliono è che ci sia violenza e una escalation che faccia saltare Gerusalemme. Non permetteremo loro di far saltare Gerusalemme per la loro politica”.

Il legislatore di estrema destra Itamar Ben-Gvir era presente alla marcia, nonostante mercoledì il primo ministro Naftali Bennett gli avesse proibito di recarsi alla Porta di Damasco nella Città Vecchia. “Non c’è motivo al mondo per un ebreo di non poter marciare lungo le mura di Gerusalemme”, ha detto Ben-Gvir. “Il nostro problema è Naftali Bennett, che ha lasciato spazio alla polizia”.

Ben-Gvir ha anche annunciato che avrebbe insediato un ufficio volante in piazza Tzahal, il luogo in cui la polizia aveva eretto delle barricate sulla strada per la Porta di Damasco.

La marcia si svolge nel pieno di crescenti tensioni a Gerusalemme, con scontri tra forze di sicurezza e palestinesi culminati venerdì con l’ingresso delle forze israeliane nella moschea di Al-Aqsa.

Altri scontri si sono verificati mercoledì mattina tra i palestinesi e la polizia nel complesso del Monte del Tempio a Gerusalemme, un luogo che è stato a lungo un punto focale della violenza israelo-palestinese.

Una bottiglia molotov lanciata da un palestinese ha appiccato un piccolo incendio nella moschea di Al-Aqsa, che è stato rapidamente spento, mentre i palestinesi hanno anche lanciato pietre contro la polizia presente per proteggere gli ebrei che visitavano il luogo sacro durante le festività pasquali.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Giovane donna palestinese muore in seguito alle ferite subite vicino a Jenin

International Middle East Media Center

19 aprile, 2022 – IMEMC (International Middle East Media Center) News

Fonti mediche palestinesi hanno riferito che lunedì sera una giovane donna palestinese è morta a causa delle gravi ferite infertele dai soldati palestinesi che il 9 aprile avevano invaso un villaggio vicino a Jenin, nel nord della Cisgiordania occupata.

La fonte ha affermato che la giovane donna, Hanan Mahmoud Khdour, di 18 anni, è stata colpita all’addome da un proiettile vero dopo che l’esercito ha sparato parecchi colpi contro un’automobile in cui si trovava quando i soldati hanno invaso la città di Jenin.

E’ stata immediatamente ricoverata all’ospedale specializzato Ibn Sina di Jenin ed è rimasta in condizioni critiche finché è morta per le ferite.

Stava andando a scuola a Jenin quando i soldati hanno aperto il fuoco contro l’auto durante l’invasione della città.

Centinaia di palestinesi hanno partecipato al suo corteo funebre a Jenin prima di dirigersi verso il suo villaggio, Faqqu’a, ad est di Jenin.

Il giorno in cui è stata ferita i soldati israeliani hanno sparato ad almeno 10 palestinesi e ucciso un giovane, Ahmad Nasser Sa’adi, di 21 anni, nel campo profughi di Jenin.

In aprile sono stati uccisi dall’esercito israeliano 19 palestinesi, compresi tre donne e tre minori:

    1. Aprile 18, 2022: Hanan Mahmoud Khdour, 18 anni.
    2. Aprile 15, 2022: Shawkat Kamal ‘Aabed, 17 anni
    3. Aprile 14, 2022: Mustafa Faisal Abu ar-Rob, 31anni
    4. Aprile 14, 2022: Sha’s Fuad Kamamji, 29 anni
    5. Aprile 14, 2022: Fawwaz Ahmad Hamayel, 45 anni
    6. Aprile 13, 2022: Omar Mohammad Elyan, 20 anni
    7. Aprile 13, 2022: Qussai Fuad Hamamra, 14 anni
    8. Aprile 13, 2022: Mohammad Hasan Assaf, 34° anni
    9. Aprile 12, 2022: Abdullah Tayseer Mousa Srour, 41 anni
    10. Aprile 11, 2022: Mohammad Hussein Zakarna, 17anni
    11. Aprile 10, 2022: Mohammad Ali Ghneim, 21anni
    12. Aprile 10, 2022: Ghada Ibrahim Ali Sabateen, 48 anni
    13. April 10, 2022: Maha Kathem Zaatari, 24 anni
    14. Aprile 9, 2022: Ahmad Nasser Sa’adi, 21 anni
    15. Aprile 8, 2022: Ra’ad Fathi Hazem, 29 anni
    16. Aprile 2, 2022: Saif Hifthy Abu Libda, 25 anni
    17. Aprile 2, 2022: Khalil Mohammad Tawalba, 24 anni
    18. Aprile 2, 2022: Sa’eb Tayseer Abahra, 30 anni
    19. Aprile 1, 2022: Ahmad Younis al-Atrash, 29 anni

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Finora nel 2022 Israele ha ucciso 5 volte i palestinesi uccisi nello stesso periodo del 2021

Redazione di MEMO

20 aprile 2022 – Middle East Monitor

In una dichiarazione rilasciata venerdì, l’Euro-Med Human Rights Monitor [ong palestinese con sede in Svizzera, ndtr.] ha affermato che nei giorni scorsi, dopo aver ricevuto luce verde dai politici, le forze di occupazione israeliane hanno intensificato l’uso della forza contro i palestinesi della Cisgiordania e di Gerusalemme Est occupate.

L’Euro-Med Human Rights Monitor ha affermato che la sua equipe aveva documentato l’uccisione di 18 palestinesi nella prima metà di aprile, molti dei quali sono stati uccisi in seguito alla dichiarazione del primo ministro israeliano Naftali Bennet rilasciata l’8 aprile in cui ha dato indicazione all’esercito israeliano di combattere una implacabile guerra a ciò che ha descritto come “terrorismo”.

L’Euro-Med Human Rights Monitor ha affermato che “questa mattina [15 aprile] la violenza delle forze di sicurezza israeliane si è estesa alla moschea di Al-Aqsa, in quanto numerose forze di polizia hanno assaltato il piazzale della moschea e attaccato i fedeli all’interno, ferendo più di 150 palestinesi e arrestandone altri 400”.

Nella dichiarazione si afferma che la decisione delle forze di sicurezza israeliane di irrompere nella moschea di Al-Aqsa e l’attacco ingiustificato ai fedeli riflette la temerarietà dei governanti israeliani e un apparente desiderio di inasprire le tensioni.

L’Euro-Med Human Rights Monitor ha aggiunto che “questo può avere gravi ripercussioni sulla stabilità a Gerusalemme e ovunque nei territori palestinesi. E’ quello che è accaduto a maggio dello scorso anno”.

L’Euro-Med Human Rights Monitor ha documentato l’uccisione dall’inizio del 2022 in vari incidenti di 47 palestinesi, inclusi otto bambini e due donne, da parte delle forze di sicurezza israeliane, constatando che il numero è cinque volte superiore a quello degli uccisi nello stesso periodo dello scorso anno, quando il numero era stato di dieci.

L’Euro-Med Human Rights Monitor ha spiegato che l’autorizzazione dei politici israeliani alle forze di sicurezza per operare con “piena libertà per annientare il terrorismo” sembra aver spianato la strada a pretesti infondati per uccidere e vessare civili palestinesi presso i punti di controllo militari e nelle città, villaggi e paesi della Cisgiordania e a Gerusalemme Est.

L’Euro-Med Human Rights Monitor considera i politici israeliani pienamente responsabili per l’uccisione dei palestinesi, specialmente “donne e bambini disarmati uccisi a sangue freddo e che non stavano rappresentando alcun rischio per le vite dei soldati israeliani”.

Nella dichiarazione l’Euro-Med Human Rights Monitor mette in relazione l’incremento delle uccisioni di palestinesi con le istruzioni impartite alle forze di occupazione il 20 dicembre 2021, che hanno dato il permesso ai soldati nella Cisgiordania occupata di aprire il fuoco su giovani palestinesi che lanciano le pietre e bottiglie molotov.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)