Secondo gli USA le colonie non violano le leggi

Le colonie israeliane non violano le leggi internazionali, dice Pompeo

L’annuncio del Segretario di Stato Usa è stato criticato dai gruppi di diritti umani come un sostegno alle illegali colonie israeliane

Redazione di MEE e agenzie

18 novembre 2019 – Middle East Eye

 

Le colonie israeliane nella Cisgiordania occupata non sono ” in contraddizione con le leggi internazionali, ” ha annunciato Mike Pompeo con una decisione che annulla decenni di decisioni di Washington e che è stata immediatamente condannata dai portavoce palestinesi.

Il Segretario di Stato Usa ha detto lunedì che l’amministrazione Trump crede “che quello che abbiamo fatto oggi sia un riconoscimento della realtà così com’è sul terreno”. “La creazione di insediamenti civili israeliani non è, in sé, in contraddizione con il diritto internazionale” ha detto Pompeo ai reporter.

La decisione annulla un parere legale del Dipartimento di Stato risalente al 1978, che affermava che gli insediamenti civili violano le leggi internazionali. Redatta da Hebert Hansell, l’allora consigliere legale del Dipartimento di Stato, l’opinione giuridica vecchia di 41 anni è stata a lungo la base delle decisioni degli USA sulle colonie israeliane.

All’epoca Hansell aveva detto che Israele era un “occupante belligerante” della Cisgiordania e della Striscia di Gaza, così come della penisola egiziana del Sinai e delle Alture del Golan.

L’annuncio di Pompeo viene dopo una serie di provvedimenti decisamente filo-israeliani presi dal presidente Usa Donald Trump dal momento del suo insediamento, inclusa la controversa decisione di spostare l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme.

Trump a marzo ha anche riconosciuto la sovranità israeliana sulle Alture del Golan siriane occupate, una mossa che ha attirato critiche a livello internazionale e ha aumentato il timore che l’amministrazione Usa voglia dare il via libera all’annessione dei territori palestinesi occupati da parte di Israele.

Secondo la quarta Convenzione di Ginevra, di cui Washington è firmataria, una potenza occupante non può spostare la sua popolazione civile nel territorio che occupa.

Secondo l’ong israeliana per i diritti umani B’Tselem ci sono circa 200 insediamenti israeliani ufficiali nella Cisgiordania occupata, includendo Gerusalemme Est, con circa 620.000 residenti.

Lunedì l’associazione ha detto che l’amministrazione Trump con il suo “farsesco annuncio dà l’ok non solo al progetto israeliano degli insediamenti illegali, ma anche ad altre violazioni dei diritti umani in altre parti del mondo, annullando i principi delle leggi internazionali “.

Inoltre la mossa riporta “il mondo indietro di oltre 70 anni “, commenta B’Tselem.

‘Irresponsabile’

I palestinesi hanno inoltre attaccato l’annuncio dell’amministrazione Trump, per voce di Saeb Erekat, parlamentare e diplomatico di lungo corso, che ha definito la mossa “irresponsabile” e “una minaccia alla stabilità, sicurezza e pace globali “.

“Ancora una volta, con questo annuncio l’amministrazione Trump sta dimostrando la portata della sua [minaccia] al sistema internazionale,” ha dichiarato Erekat.

Omar Shakir, direttore di Human Rights Watch, ong israeliana e palestinese, ha twittato che comunque la decisione “non cambia niente.”

“Trump non può spazzare via decenni di diritto internazionale con un decreto” ha detto Shakir.

Che gli insediamenti israeliani nei territori palestinesi occupati siano una violazione di leggi umanitarie internazionali è stato ampiamente documentato dalle organizzazioni di diritti umani.

Anche Amnesty International ha detto: “La decisione di Israele che dura da tempo di insediare i civili nei territori occupati è considerata un crimine di guerra in base allo statuto della Corte Penale Internazionale”

“Che fosse prevedibile non la rende meno provocatoria” ha aggiunto Omar Baddar, il vice-direttore dell’Arab American Institute, un’associazione di difesa con sede a Washington.

Baddar ha detto “che sarebbe stato più onesto” se l’amministrazione Trump “avesse annunciato che si considera Israele al di sopra della legge e di finirla qui”.

Anche il senatore americano Bernie Sanders, in corsa per la diventare candidato a presidente per il partito democratico nel 2020, si è espresso contro la decisione di lunedì. “Le colonie israeliane nei territori occupati sono illegali” ha twittato.

“Questo è chiaro in base al diritto internazionale e alle molte risoluzioni dell’Onu. Ancora una volta Trump sta isolando gli Stati Uniti e minando la diplomazia per assecondare la sua base [elettorale] estremista”.

Israele accoglie positivamente la decisione

Non sorprende che le autorità israeliane abbiano accolto positivamente l’annuncio Usa, e l’ufficio del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu l’ha definita “una decisione importante che corregge un errore storico”.

Il ministro degli esteri Israel Katz ha anche detto che la decisione ha chiarito che “non ci può essere alcun dibattito sul diritto del popolo ebraico alla Terra d’Israele”.

“Io vorrei ringraziare l’amministrazione Trump per il suo sostegno coerente e deciso a Israele e il suo impegno a incoraggiare le relazioni fra i popoli della regione per creare un Medio Oriente prospero e stabile” ha detto Katz.

Netanyahu non è riuscito a formare un governo di maggioranza in seguito alle elezioni di settembre in Israele, e ha dovuto permettere al rivale Benny Gantz di tentare di mettere insieme una coalizione. Se Gantz ci riuscisse, Netanyahu dovrebbe dimettersi dal suo incarico di primo ministro.

La rabbina Alissa Wise, vice-direttrice esecutiva di Jewish Voice for Peace [organizzazione di ebrei USA antisionisti, ndtr.], ha detto che l’annuncio Usa sugli insediamenti mira a fornire un sostegno politico sia a Netanyahu che a Trump, in vista della rielezione nel 2020.

“L’amministrazione Trump non si è mai dedicata alla promozione della pace, ma ha invece sostenuto le carriere politiche di Netanyahu e di Trump, perpetuando ad ogni costo il controllo e dominio israeliani sulla terra e sulle vite palestinesi ” ha dichiarato Wise.

“Pompeo e l’amministrazione Trump non possono riscrivere le leggi internazionali.”

Anche l’Unione Europea ha risposto agli Usa dichiarando che la sua posizione sulle colonie israeliane “è chiara e non è cambiata”. “Tutta l’attività di colonizzazione è illegale secondo il diritto internazionale ed erode la possibilità di una soluzione a due Stati e le possibilità di una pace durevole”. L’Unione ha anche richiesto a Israele di “porre fine a tutte le attività degli insediamenti, in linea con i suoi obblighi di potenza occupante”.

Il comunicato di lunedì giunge a meno di una settimana da quando il Dipartimento di Stato aveva condannato l’Alta Corte europea per aver dimostrato un “pregiudizio anti-israeliano” dopo che aveva deciso che i prodotti degli insediamenti israeliani devono essere chiaramente etichettati come tali.

Il Dipartimento ha avvertito che la decisione della Corte Europea di Giustizia “avrebbe incoraggiato, facilitato e promosso” il movimento di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) per i diritti dei palestinesi.

 

( Traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)

 




I palestinesi condannano il ribaltamento della politica USA sulle colonie israeliane

Al Jazeera e agenzie di informazione

19 novembre 2019 – Al Jazeera

Gli USA dicono di non considerare più illegali le colonie israeliane, provocando aspre critiche da parte dei palestinesi e delle associazioni per i diritti

Palestinesi, associazioni per i diritti, politici ed altri hanno aspramente criticato l’amministrazione Trump dopo l’annuncio che gli Stati Uniti non considerano più le colonie israeliane nella Cisgiordania occupata come “incompatibili” con il diritto internazionale.

Dopo aver studiato attentamente tutti gli aspetti del dibattito legale, questa amministrazione concorda ….che l’insediamento di colonie civili israeliane in Cisgiordania non è di per sé in contrasto con il diritto internazionale”, ha detto lunedì il Segretario di Stato USA Mike Pompeo quando ha dato l’annuncio.

Ha detto che l’amministrazione del presidente USA Donald Trump non si atterrà più all’opinione legale del Dipartimento di Stato del 1978 che affermava che le colonie erano “contrarie al diritto internazionale”.

Secondo diverse Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza ONU, la più recente nel 2016, le colonie israeliane sono illegali in base al diritto internazionale, in quanto violano la Quarta Convenzione di Ginevra, che vieta ad una potenza occupante di trasferire la propria popolazione nell’area da essa occupata.

L’annuncio USA, l’ultimo di una serie di iniziative dell’amministrazione Trump a favore di Israele, ha sollevato critiche immediate da parte di palestinesi, associazioni per i diritti e politici in tutto il mondo.

Un portavoce del presidente palestinese Mahmoud Abbas ha detto che la decisione degli USA “è totalmente contraria al diritto internazionale.”

Washington “non è qualificata né autorizzata ad annullare le risoluzioni del diritto internazionale e non ha il diritto di concedere legittimità ad alcuna colonia israeliana”, ha dichiarato il portavoce della presidenza palestinese Nabil Abu Rudeinah.

Hanan Ashrawi, una importante negoziatrice palestinese e membro del comitato esecutivo dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, ha scritto su Twitter, di fronte alla dichiarazione di Pompeo, che l’iniziativa rappresenta un altro colpo “al diritto internazionale, alla giustizia e alla pace.”

Il Ministro degli Esteri della Giordania, Ayman Safadi, ha avvertito che il cambiamento di posizione degli USA potrebbe comportare “pericolose conseguenze” sulle prospettive di riavviare il processo di pace in Medio Oriente.

Safadi ha detto in un tweet che le colonie israeliane nel territorio sono illegali ed annientano la prospettiva di una soluzione con due Stati, in cui uno Stato palestinese dovrebbe esistere a fianco di Israele, cosa che i Paesi arabi ritengono essere l’unica via per risolvere il pluridecennale conflitto arabo-israeliano.

‘Un regalo a Netanyahu’

Più di 600.000 israeliani vivono attualmente in colonie nella Cisgiordania occupata, compresa Gerusalemme est occupata. Vi risiedono circa 3 milioni di palestinesi.

Le colonie sono state considerate per molto tempo un gravissimo ostacolo ad un accordo di pace israelo-palestinese.

Gruppi di monitoraggio hanno detto che, da quando Trump è diventato presidente, Israele ha accelerato la creazione di colonie.

L’annuncio di lunedì ha segnato un’altra significativa tappa in cui l’amministrazione Trump si è schierata a favore di Israele e contro le posizioni dei palestinesi e degli Stati arabi ancor prima di svelare il suo piano di pace israelo-palestinese a lungo rinviato.

Nel 2017 Trump ha riconosciuto Gerusalemme capitale di Israele e nel 2018 gli USA hanno aperto ufficialmente un’ambasciata nella città. La posizione politica USA precedentemente era stata che lo status di Gerusalemme doveva essere definito dalle parti in conflitto.

Nel 2018 gli USA hanno anche annunciato la cancellazione dei finanziamenti all’UN Relief and Works Agency [Agenzia ONU per l’Aiuto e il Lavoro] (UNRWA), l’agenzia ONU per i rifugiati palestinesi.

E in marzo Trump ha riconosciuto l’annessione israeliana delle Alture del Golan occupate nel 1981, facendo un favore al Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, cosa che ha provocato una dura risposta da parte della Siria, che un tempo deteneva lo strategico territorio.

Lunedì Netanyahu ha plaudito al cambio di politica, dicendo che la mossa degli USA “corregge uno storico errore”.

Yousef Munayyer, direttore esecutivo della Campagna per i diritti dei palestinesi, ha definito l’annuncio di Pompeo “un altro regalo a Netanyahu e un semaforo verde ai leader israeliani per accelerare la costruzione di colonie e anticipare un’ annessione formale.”

Attualmente Netanyahu sta subendo pressioni interne su due fronti, dopo che all’inizio dell’anno in Israele si sono svolte elezioni inconcludenti. Il suo principale rivale politico, l’ex capo di stato maggiore Benny Gantz, ha due giorni per cercare di formare un governo per sostituire Netanyahu, che sta anche affrontando una possibile incriminazione in tre casi di corruzione.

Nell’ultima campagna elettorale Netanyahu ha promesso di annettere ampie parti della Cisgiordania, una mossa che metterebbe ulteriormente a rischio una soluzione con due Stati.

Gantz ha accolto positivamente l’iniziativa statunitense, dicendo in un tweet che “il destino delle colonie dovrebbe essere deciso da accordi che rispettino le esigenze di sicurezza e promuovano la pace.”

Pompeo ha negato la volontà di dare sostegno a Netanyahu, dicendo: “La tempistica di questo (annuncio) non è collegata a niente che abbia a che fare con politiche interne in Israele o altrove.”

Reazioni

Un portavoce dell’Ufficio ONU per i Diritti Umani (OHCHR) ha detto di “condividere la posizione da tempo adottata dall’ONU sulla questione che le colonie israeliane violano il diritto internazionale.”

Rupert Colville ha detto anche che ci sono diverse risoluzioni ONU, come anche sentenze della Corte Internazionale di Giustizia (CIG) che si riferiscono alla questione.

Il 9 luglio 2004 la CIG nel suo parere consultivo ha affermato che la costruzione da parte di Israele del muro di separazione e l’espansione delle colonie sono illegali ed alterano la composizione demografica dei Territori Palestinesi Occupati (TPO), compromettendo in tal modo gravemente la possibilità per i palestinesi di esercitare il proprio diritto all’autodeterminazione”, ha detto martedì ai giornalisti.

Al contempo l’Unione Europea ha detto di continuare a credere che l’attività di colonizzazione israeliana nei territori palestinesi occupati sia illegale in base al diritto internazionale e vanifichi le prospettive di una pace duratura.

La UE chiede ad Israele di porre fine all’attività di colonizzazione, in conformità con i suoi obblighi in quanto potenza occupante”, ha detto il capo della politica estera europea Federica Mogherini in una dichiarazione in seguito all’iniziativa USA.

Kenneth Roth, direttore esecutivo di Human Rights Watch, ha tweettato: “La fittizia dichiarazione di Pompeo non cambia niente. Trump non può spazzare via con questo annuncio decenni di diritto internazionale consolidato secondo cui le colonie israeliane sono un crimine di guerra.”

Anche il senatore USA Bernie Sanders, uno dei più importanti candidati democratici alle elezioni presidenziali USA, , ha detto la sua su Twitter: “Le colonie israeliane nei territori occupati sono illegali.

Risulta chiaro dal diritto internazionale e da molte risoluzioni delle Nazioni Unite. Ancora una volta il signor Trump sta isolando gli Stati Uniti e compromettendo la diplomazia per assecondare la propria base [elettorale] estremista”, ha detto Sanders.

 

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)

 

 




La contestazione di Harvard: ‘I dirigenti israeliani alla fine hanno parlato ad una platea vuota’

Azad Essa da New York

15 Novembre 2019 – Middle East Eye

Dani Dayan, diplomatico israeliano ed ex leader del movimento dei coloni israeliani, ha parlato ad una platea semivuota dopo che gli studenti hanno inscenato una spettacolare protesta

Mercoledì circa 100 studenti hanno inscenato una spettacolare protesta durante un evento nella Scuola di Diritto di Harvard, dove avrebbe parlato Dani Dayan, console generale di Israele a New York.

Proprio quando Dayan stava per iniziare il suo intervento, i contestatori, che avevano occupato la maggior parte del centro della sala, si sono alzati, hanno sollevato cartelli dove era scritto “Le colonie sono un crimine di guerra”, quindi hanno voltato le spalle a Dayan e sono usciti in silenzio.

Quando la sala si è svuotata, si è potuto udire Dayan che diceva: “Ricordo che si faceva così all’asilo”.

Ma è stata l’azione silenziosa degli studenti a impressionare l’uditorio.

Dayan è stato lasciato a parlare su “La strategia legale delle colonie israeliane” ad una sala per lo più vuota.

Su internet il video dell’uscita degli studenti è diventato virale e sono piovute parole di incoraggiamento e congratulazioni per aver preso posizione e aver messo a disagio Dayan.

Vedere 100 persone alzarsi in piedi contemporaneamente e in silenzio ha avuto effetto”, ha detto a Middle East Eye Samer Hjouj, uno degli organizzatori della protesta. “Appena abbiamo saputo dell’evento ci siamo organizzati e questo ci è costato molto tempo, ma avevamo un gruppo in ogni scuola di Harvard che cercava persone che ci potessero aiutare a realizzare la protesta.”

Dayan, l’ex leader del movimento dei coloni israeliani, ritenuto uno dei principali ostacoli al processo di pace, nel 2012 ha scritto sul New York Times che “I coloni israeliani sono qui per restarci.”

Circa 650.000 israeliani vivono in colonie nella Cisgiordania occupata.

Le colonie sono illegali in base al diritto internazionale e sono considerate un crimine di guerra.

Menachem Butler e Noah Feldman, insieme al ‘Programma Julis-Rabinowitz sul diritto ebraico e israeliano’ (che hanno co-organizzato l’evento), hanno detto a MEE che, pur essendo assolutamente lecito che gli studenti abbiano espresso contrarietà e disapprovazione in quel modo, non hanno alcun rimorso per aver ospitato l’evento.

Il nostro programma invita persone di opinioni molto diverse su Israele e Palestina. Dayan è un diplomatico del governo israeliano che ha illustrato la politica del governo israeliano. Certamente delle organizzazioni internazionali considerano le colonie una violazione [delle Convenzioni] di Ginevra. Non è così per il governo di Israele”, ha detto Butler, che è il coordinatore del Programma per i Progetti Giuridici Ebraici.

Analogamente Feldman, che aveva presentato Dayan appena prima della contestazione, ha detto che il fatto che “qualcuno abbia posizioni sul diritto internazionale che io o il mio governo consideriamo errate non significa che tali posizioni non debbano essere affrontate”.

L’opinione di Dayan sulla legalità delle colonie è quella del suo governo – ed io ho piacere di ospitare rappresentanti del governo israeliano, esattamente come sono felice di ospitare rappresentanti palestinesi. Finché la posizione del governo israeliano è coinvolta nelle colonie, la pace sarà quasi impossibile da raggiungere”, ha detto Feldman, docente nella Scuola di Diritto.

Ma gli studenti attivisti dicono che le argomentazioni che suggeriscono che sia una questione di tolleranza di diverse opinioni accademiche sono una distorsione della verità.

Hjouj sostiene che avevano deciso di non invitare Dayan per evitare di dare credibilità ad una posizione insostenibile.

Rami Younis, uno studente della Harvard Divinity School [una delle scuole che fanno parte dell’università di Harvard, in Massachussets, ndtr.], che ha contribuito ad organizzare la contestazione silenziosa, ha detto che, dato che il console generale israeliano è una persona la cui intera vita si è incentrata sull’esproprio e il furto, “dovrebbe essere processato in un tribunale internazionale e non invitato a parlare di fronte ad un pubblico ‘progressista’.”

Allo stesso modo Amaya Arregi, studentessa della Fletcher School [scuola di specializzazione in affari internazionali, in Massachussets, ndtr.], che ha preso parte alla protesta, ha affermato che, anche se la libertà accademica è fondamentale, lei si è stupita di come la Scuola di Diritto potesse giustificare “l’invito ad un politico israeliano a parlare di come loro continuano a violare il diritto internazionale.”

Gli hanno dato un ampio spazio e avrebbe parlato impunemente. Il fulcro della sessione era esattamente quali metodi legali usa Israele per portare avanti il suo progetto coloniale. Abbiamo avuto l’impressione che la Scuola di Diritto di Harvard stesse aprendo la strada perché simili opinioni diventassero normali negli incontri accademici”, ha aggiunto Arregi.

Gli studenti hanno anche sostenuto che Harvard è stracolma di posizioni a favore di Israele, comprese conferenze di ex agenti del Mossad [servizio segreto israeliano, ndtr.].

Harvard invita molti relatori israeliani – di tutte le posizioni politiche. Ma i relatori palestinesi devono essere graditi all’amministrazione. Non inviterebbero mai uno come Omar Barghouti, che appoggia la campagna di boicottaggio”, ha detto Hjouj.

Ma Hamzah Raza, studente laureato della Harvard Divinity School, che ha partecipato alla protesta, ha detto che l’efficace azione di mercoledì gli ha indicato che sempre più giovani negli Stati Uniti stanno diventando sostenitori dei diritti umani dei palestinesi.

Il fatto che praticamente tutta la sala si sia svuotata significa qualcosa per lui. Le persone che continuano a mantenere simili posizioni si troveranno a parlare a platee sempre più vuote”, ha detto.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Strage di civili a Gaza

Moatasim Dalloul da Gaza City

14 Novembre 2019 – Middle East Eye

I palestinesi seppelliscono i loro morti mentre nella Striscia di Gaza entra in vigore il cessate il fuoco

Due giorni di attacco israeliano lasciano 34 vittime palestinesi, compresi otto membri della stessa famiglia morti nella loro casa

Dopo due giorni di crescente violenza nella Striscia di Gaza, che ha lasciato almeno 34 morti palestinesi, giovedì mattina è entrato in vigore un cessate il fuoco.

Musab al-Breem, un portavoce della Jihad Islamica, ha detto a Middle East Eye che il suo movimento ha fissato le condizioni per accettare la tregua, mediata dall’Egitto e dall’ONU, e che Israele ha accettato le condizioni.

Breem ha detto: “L’occupazione si è arresa alle condizioni della resistenza.”

Khader Habib, importante dirigente del gruppo, ha detto a MEE che l’accordo è stato mediato dall’Egitto e dalle Nazioni Unite e che Israele ha accettato di interrompere immediatamente gli attacchi contro Gaza, compresi i raid aerei e le uccisioni mirate, e di cessare l’uso di proiettili letali contro i manifestanti dell’enclave palestinese.

“La resistenza palestinese ha ottenuto una grande vittoria, in quanto ha avuto l’impegno da parte di Israele della fine degli attacchi aerei, degli assassinii e dell’uso di munizioni vere contro i manifestanti di Gaza,” ha detto Habib. “La resistenza palestinese ha provocato molti danni all’occupazione israeliana. Israele ha imparato che prendere di mira i dirigenti palestinesi avrà conseguenze devastanti. Il cessate il fuoco è stato mediato dall’Egitto e dall’ONU. Sono le parti che hanno la responsabilità di occuparsi di ogni violazione israeliana.”

In cambio la Jihad Islamica ha accettato di interrompere il lancio di razzi su Israele.

 

Approntati i funerali

Il cessate il fuoco, entrato in vigore alle 5,30 (4,30 ora italiana), è arrivato dopo un bilancio di morti a causa dei raid aerei israeliani sulla Striscia di Gaza salito a 34 da martedì, dopo che fonti ufficiali palestinesi hanno detto che otto membri della stessa famiglia erano stati uccisi.

Statistiche delle vittime rese pubbliche dal ministero della Sanità di Gaza hanno mostrato che il numero totale di morti ha incluso otto minorenni e tre donne. Il ministero dell’Educazione ha confermato la morte di almeno sei studenti delle elementari e delle superiori.

I feriti sono stati 111, compresi 46 minori e 20 donne, ha affermato il ministero.

Sul terreno prevale una calma tesa in tutta la Striscia di Gaza, con il suono dei droni militari israeliani che ronzano ancora sulla testa.

Mentre entra in vigore il cessate il fuoco, la gente riapre i negozi, le strade sono piene di auto e la vita quotidiana inizia a tornare normale.

Le scuole e tutte le altre istituzioni governative rimangono chiuse, come era stato loro ordinato mercoledì pomeriggio, quando il bombardamento israeliano contro Gaza era in corso.

In tutta la Striscia di Gaza la scena era diversa negli ospedali, dove i parenti dei morti durante l’attacco israeliano durato due giorni stavano preparandoli per il funerale.

Anche decine di parenti dei feriti negli attacchi stavano in coda presso le porte delle camere d’ospedale in attesa di visitarli.

 

“Non era mai stato coinvolto in alcuna azione della resistenza”

Said Abu Karam, del quartiere di al-Toffah, nel nord di Gaza City, è appena tornato a casa dopo aver fatto visita a suo cognato all’ospedale al-Shifa, il più grande di Gaza, dove viene curata la maggior parte dei casi più gravi.

“È stato ferito durante un raid aereo israeliano che ha preso di mira una casa abbandonata nel quartiere,” dice Abu Karam di suo cognato.

“Era a circa 50 metri dalla casa, ma alcune schegge l’hanno colpito a una coscia e provocato una grave ferita,” afferma Abu Karam, aggiungendo che ora si trova in condizioni stabili.

La situazione è diversa per Abdallah Ayyad, che ha perso tre familiari in un attacco aereo israeliano nei pressi della loro casa nel quartiere di al-Zaytoun, a sudest di Gaza City.

“Mio cugino Raafat era un contadino e non è mai stato coinvolto in attività della resistenza,” sostiene Ayyad.

“I miei altri parenti erano giovani e la loro unica colpa era vivere in una casa situata in una zona agricola,” afferma. “Stavano giocando insieme nei pressi della loro casa.”

Durante le precedenti escalation e offensive Israele ha colpito chiunque si spostasse in zone agricole e in spazi vuoti, perché alcuni gruppi palestinesi lanciavano razzi da questi luoghi.

 

Uccisi otto membri della stessa famiglia

Giovedì mattina il ministero della Sanità di Gaza ha detto che otto palestinesi della stessa famiglia sono stati uccisi da un raid aereo israeliano.

Testimoni affermano che la casa della famiglia al-Sawarka, situata a est della città di Deir al-Balah, nella zona centrale della Striscia di Gaza, è stata colpita verso l’una e un quarto del mattino.

Durante la notte dalle macerie sono stati estratti sei corpi e due sono stati portati via dopo l’alba.

Secondo il ministero della Sanità i morti sono stati Rasmi al-Sawarka, 45 anni, Mariam al-Sawarka, 45 anni, Yusra al-Sawarka, 43 anni, Waseem al-Sawarka, 13 anni, Mohannad al-Sawarka, 12 anni, e Muaz al-Sawarka, 7 anni.

Il ministero ha detto che gli altri due membri della famiglia che sono stati portati via dopo l’alba erano minorenni, identificandoli come Salim e Firas. La loro età non è ancora stata fornita.

 

“In Medio Oriente non c’è bisogno di altre guerre”

Israele ha scatenato un attacco aereo contro Gaza dopo aver assassinato l’importante comandante della Jihad Islamica Bahaa Abu al-Atta e sua moglie martedì mattina.

Il gruppo armato ha iniziato una rappresaglia lanciando salve di razzi contro Israele e impegnandosi a proseguire i suoi attacchi.

Nikolai Mladenov, l’inviato ONU per il processo di pace in Medio Oriente, ha detto che il cessate il fuoco è stato il risultato di uno sforzo congiunto di Egitto e ONU.

“L’Egitto e l’ONU hanno lavorato duramente per evitare che un’escalation ancora più pericolosa all’interno e attorno Gaza portasse alla guerra,” ha scritto su Twitter.

“Le prossime ore e i prossimi giorni saranno cruciali. TUTTI devono mostrare la massima moderazione e fare la propria parte per evitare spargimento di sangue. In Medio Oriente non c’è bisogno di altre guerre.”

 

 

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)

 




Quale precisione da parte di Israele?

Yvonne Ridley

13 novembre 2019 – Middle East Monitor

La propaganda sulla precisione degli israeliani cerca di giustificare il massacro di innocenti

Le forze israeliane “di difesa” (IDF), nome assolutamente fuorviante, e i loro sostenitori si arrabbiano molto quando i componenti dell’esercito, quinta potenza militare al mondo, sono accusati di prendere di mira donne e bambini innocenti.Si rilasciano veementi smentite a livello mondiale, anche se è esattamente quello che succede come conseguenza inevitabile del fatto di lanciare materiali altamente esplosivi in aree densamente abitate da civili.

Persino mentre stanno ancora cadendo le bombe, la propaganda israeliana ingrana la quarta. Ieri un tweet delle IDf annunciava drammaticamente: “ULTIME NOTIZIE. Abbiamo appena attaccato il comandante della Jihad islamica a Gaza, Baha Abu Al Ata. Al Ata era direttamente responsabile di centinaia di attacchi terroristici contro civili e soldati israeliani. Il suo prossimo attacco era imminente.” Questo messaggio era poi subito seguito da un altro post che sosteneva che l’azione mortale era “un attacco chirurgico”.

Questa affermazione è discutibile. Quello che il team della propaganda delle IDF, l’hasbara, ha dimenticato di riportare era che, colpendo Abu Al-Ata, l’esercito di occupazione aveva anche ucciso la moglie e gravemente ferito quattro dei loro figli e una vicina. Non c’era niente di “preciso” o “chirurgico” a proposito di questo attacco: si tratta probabilmente di un crimine di guerra.

Wikipedia spiega che quando si lanciano missili Hellfire, “usati in varie uccisioni di personaggi di alto profilo” e altre bombe cosiddette intelligenti in un’area residenziale si uccideranno dei civili. I civili non-combattenti non erano protetti in alcun modo durante la Seconda guerra mondiale, il che spiega perché fu redatto l’Articolo 33 della Convenzione di Ginevra nel 1949. Esso stabilisce che nessuno possa essere punito per un’infrazione che non ha commesso personalmente. Sono proibite le misure di rappresaglia nei confronti delle persone protette e dei loro beni.

Ora dobbiamo assistere e testimoniare a tale doppia oscenità: non solo Israele ignora la Convenzione di Ginevra uccidendo dei civili, ma anche i lobbysti pro-Israele che difendono tale azione. Fra i molti tweet postati a sostegno dell’attacco militare, uno che ha attirato la mia attenzione proveniva dal direttore delle pubbliche relazioni di una ONG tedesca: Josias Terschüren mi attaccava quando ho avuto l’ardire di far notare che in aree abitate da civili non esiste una cosa come “l’attacco chirurgico.”

“Apparentemente nessuno, a parte il bersaglio, il terrorista, e sua moglie, sono morti nell’attacco chirurgico e due dei suoi figli sono stati feriti in modo serio” twittava Terschüren. “Questo può succedere, ed è successo, ad altri familiari di terroristi. Nessun civile è stato ferito.”

Perciò, agli occhi di questa persona, né la moglie di Abu Al-Ata né i suoi figli possono essere considerati civili innocenti: sono membri della “famiglia di un terrorista”.

Quando ho messo in discussione questo punto, il direttore delle pubbliche relazioni di “Iniziativa 27 gennaio” un’organizzazione sull’Olocausto con sede a Berlino, ha risposto: “Mi riferivo alle sue critiche agli attacchi israeliani in aree densamente popolate. Tutto quello che volevo dire era che, a parte i suoi familiari, nessun altro civile è stato colpito. È un fatto comune, seppur sfortunato e spiacevole, nei casi di membri delle famiglie dei terroristi”.

Io non sono sicura se Terschüren, che si descrive “conservatore” e “cristiano”, abbia deliberatamente diffuso questa spregevole propaganda o se sia lui stesso una vittima della  propaganda di Israele, perché questa è un’arma di cui le IDF usano e abusano con grande abilità.

Consideriamo questo, per esempio: “Questa mattina abbiamo ucciso un comandante della Jihad islamica in #Gaza” hanno twittato ieri le IDF. “Questo è il motivo per cui ti dovrebbe importare.” Il video che accompagnava il testo includeva scene tratte da filmati di attacchi terroristi inclusi quelli dell’11 settembre, quelli a Mumbai, Manchester, Parigi, in Svezia, Indonesia e Nigeria, nessuno dei quali aveva niente a che fare con i palestinesi. Cercare di collegare i gruppi della resistenza palestinese agli attacchi terroristici transnazionali altrove è semplicemente disonesto. Questi non sono filiali di Al-Qaeda o Daesh, non importa quante volte le IDF e i lacchè di Israele cerchino di convincerci del contrario. Semplicemente non è vero.

Ma questo è quanto siamo arrivati ad aspettarci da un Paese che non può giustificare in altro modo il proprio terrorismo di stato. “Bugie, dannate bugie, e propaganda israeliana” come avrebbe potuto dire Mark Twain.  Purtroppo tale propaganda sembra funzionare, a giudicare dai social media: quelli che sono anti-palestinesi ci cascano completamente, probabilmente perché alimenta il loro razzismo e odio innati.

Dopo l’assassinio di Abu Al-Ata e di sua moglie le IDF sono state impegnate in altri “attacchi chirurgici”. Il totale dei morti, al momento in cui scrivo, è di 23 palestinesi, dei quali i lobbisti pro-Israele affermano che solo 12 erano “membri accertati di gruppi terroristi”. Dopo tutto, gli attacchi non erano per niente chirurgici.

Forse i 18 innocenti coinvolti in tutto ciò erano le mogli e i bambini di “terroristi”. E questo va bene, secondo gli illusi e accecati sostenitori dei crimini. I loro sofismi per giustificare l’assassinio di uomini, donne e bambini innocenti sono disgustosi.

Le opinioni espresse in quest’articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Monitor.

 

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)

 

 




Dieci morti a Gaza

Dieci morti a Gaza mentre Israele provoca una nuova guerra

Maureen Clare Murphy

12 novembre 2019 – Electronic Intifada

 

Gli attacchi missilistici israeliani contro Gaza e il lancio di razzi dal territorio sono continuati fino al tardo pomeriggio di martedì [12 novembre 2019] dopo che l’assassinio di un dirigente della Jihad Islamica all’inizio della giornata ha innescato lo scontro militare più grave da mesi.

Secondo il ministero della Sanità di Gaza durante il giorno dieci palestinesi sono stati uccisi negli attacchi israeliani. Nel contempo Israele ha chiuso i punti di transito dal territorio assediato e ha ridotto la zona di pesca a sei miglia nautiche dalla costa di Gaza.

Martedì sera il portavoce dell’ala militare della Jihad Islamica ha giurato che “le prossime ore segneranno una vittoria per il popolo palestinese. Israele ha iniziato questa campagna, ma sarà avvisato quando questa finirà.”

Baha Abu al-Ata, 42 anni, descritto dai media israeliani come il comandante militare della Jihad Islamica nella zona nord di Gaza, è stato ucciso da un attacco aereo contro la sua casa nel quartiere di Shujaiyeh a Gaza City.

Anche sua moglie, Asma Abu al-Ata, 38 anni, è stata uccisa nell’attacco israeliano. Altre sette persone, compresi quattro minorenni, sono rimasti feriti e alcune case vicine e una scuola sono state danneggiate.

Nel frattempo nella capitale siriana la casa di Akram al-Ajouri, il capo dell’ala militare della Jihad Islamica, è stata presa di mira da un attacco aereo. La Siria ha accusato Israele dell’attacco.

Nel raid sarebbero state uccise due persone, compreso uno dei figli di al-Ajouri.

Combattenti palestinesi a Gaza hanno risposto all’attacco con il lancio di razzi che sono arrivati fino a Tel Aviv.  Ziad al-Nakhala, segretario generale della Jihad Islamica, ha affermato che “siamo in guerra” e che il primo ministro israeliano “ha oltrepassato ogni limite” uccidendo Abu al-Ata.

A Sderot, città del sud di Israele, una fabbrica di giocattoli è stata tra i luoghi colpiti dai razzi sparati da Gaza, e le immagini di una telecamera di sicurezza hanno mostrato un razzo che ha raggiunto un’autostrada, quasi colpendo un motociclista.

Martedì non ci sono informazioni di vittime gravi israeliane.

Martedì mattina un missile ha colpito gli uffici della Commissione Palestinese Indipendente per i Diritti Umani a Gaza City, ferendo leggermente un membro del personale.

Amnesty International ha condannato l’attacco, affermando che “aggressioni che prendono di mira edifici civili (sono) una violazione delle leggi internazionali.”

Il quotidiano israeliano “Haaretz” [giornale di centro sinistra, ndtr.] in seguito ha informato che il palazzo degli uffici a Gaza City era stato colpito da un razzo sparato da Gaza che è caduto troppo vicino, e non da un missile israeliano.

Israele ha sostenuto di aver sparato missili contro gruppi che lanciavano razzi in Israele e la Jihad Islamica avrebbe confermato la morte di uno dei suoi combattenti. L’esercito israeliano ha anche affermato di aver preso di mira fabbriche sotterranee e depositi di armi, così come campi di addestramento della Jihad Islamica.

In un discorso televisivo il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha affermato che l’assassinio di Abu al-Ata è stato approvato 10 giorni fa.

“Questo terrorista ha lanciato centinaia di razzi e pianificava ulteriori attacchi,” ha detto Netanyahu. “Era una bomba a orologeria.”

“Non siamo interessati a un’escalation, ma se necessario risponderemo,” ha aggiunto Netanyahu.

Aviv Kohavi, capo di stato maggiore dell’esercito israeliano, ha affermato che Abu al-Ata “ha agito in ogni modo per sabotare i tentativi di una tregua con Hamas.”

“Ci stiamo preparando da terra, cielo e mare per un’escalation,” ha aggiunto Kohavi.

In Israele alcuni commentatori hanno sollevato sospetti sulla tempistica e sui motivi dell’assassinio di Abu al-Ata.

Scrivendo per il quotidiano israeliano “Haaretz”, Chemi Shalev ha suggerito che Netanyahu intenda sabotare le possibilità che la “Lista Unitaria”, una fazione parlamentare prevalentemente composta da cittadini palestinesi di Israele, stringa un accordo per sostenere un governo guidato da Benny Gantz.

Gantz, il leader della coalizione “Blu e Bianco”, sta al momento cercando di formare un governo dopo che Netanyahu non ci è riuscito in seguito alle inconcludenti elezioni israeliane di settembre. Mentre i colloqui per formare una coalizione di governo proseguono, Netanyahu rimane capo del governo israeliano ad interim.

Gantz ha negato che gli sviluppi possano influire sui negoziati per un governo di coalizione, e ha detto che l’esercito israeliano ha preso la “decisione giusta” nell’uccidere Abu al-Ata.

Martedì molti mezzi di informazione in ebraico hanno informato che Netanyahu ha voluto l’uccisione di Abu al-Ata dopo che razzi sparati da Gaza lo hanno obbligato a lasciare il palco durante un comizio la settimana prima che si tenessero le elezioni di settembre.

Secondo il “Times of Israel” [quotidiano israeliano indipendente in lingua inglese, ndtr.] “Netanyahu era furioso e ha fatto subito pressioni su alti dirigenti della sicurezza perché approvassero l’assassinio di Abu al-Ata,” ma l’operazione è stata rimandata.

Ismail Haniyeh, il capo dell’ala politica di Hamas, ha accusato Israele del tentativo di impedire “il percorso per ristabilire la nostra unità nazionale” assassinando Abu al-Ata. Lo scorso mese Hamas ha indicato di essere pronta a tenere elezioni, che non ci sono più state dalla sorprendente vittoria del gruppo della resistenza alle elezioni legislative del 2006.

Nel contempo martedì Naftali Bennett, un acceso antiarabo, ha assunto il ruolo di ministro della Difesa israeliano. Netanyahu è stato titolare del portafoglio del ministero mentre i negoziati per la formazione del futuro governo israeliano sono in corso.

In precedenza Bennett si era vantato del suo sanguinoso passato. “Ho ucciso molti arabi nella mia vita, e non ho nessun problema al riguardo,” ha detto Bennett durante una riunione di governo nel 2013.

L’Unione Europea, la Germania, gli USA e il Regno Unito hanno condannato il lancio di razzi da Gaza, ma non l’esecuzione extragiudiziaria che l’ha determinato, appoggiando implicitamente l’attacco israeliano.

Il Comitato Nazionale del [movimento per il] Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni palestinese ha affermato che “la società civile internazionale deve agire per rendere Israele responsabile quando i governi non lo fanno.”

Amnesty International ha descritto gli sviluppi sui confini tra Gaza e Israele come “profondamente preoccupanti”, aggiungendo che “la successiva escalation della violenza tra Israele e i gruppi armati palestinesi suscita timori di un aumento dello spargimento di sangue tra i civili.”

L’associazione per i diritti umani ha affermato: “Israele ha precedenti nel perpetrare gravi violazioni delle leggi umanitarie internazionali a Gaza, compresi crimini di guerra, con impunità e dimostrando uno sconvolgente disprezzo per le vite dei palestinesi.”

L’uccisione di Abu al-Ata da parte di Israele martedì ricorda l’assassinio del comandante militare di Hamas Ahmed al-Jabari a Gaza sette anni fa in questo stesso mese.

Uccidendo al-Jabari Israele ruppe un cessate il fuoco con i gruppi armati di Gaza. Ciò scatenò alcuni giorni di duri combattimenti e un’invasione terrestre che uccise 170 palestinesi, tra cui più di 100 civili.

Durante quell’offensiva dieci membri della famiglia al-Dalu e due loro vicini vennero uccisi in un solo attacco israeliano contro un edificio residenziale a Gaza City.

Egitto e ONU starebbero cercando di riportare alla calma l’attuale situazione e di evitare uno scontro su vasta scala.

Questo articolo è stato aggiornato dalla sua pubblicazione iniziale per includere nuovi sviluppi.

 

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)

 




boicottaggio contro Puma

Puma continua ad aiutare Israele a mascherare con lo sport le violazioni dei diritti umani

Imprese come Puma, che supporta le associazioni sportive israeliane, ignorano consapevolmente l’oppressione degli atleti palestinesi.

 Aya Khattab

27 Ottobre 2019 | Al Jazeera

 

Da quando ho iniziato a giocare a pallone da ragazzina, il mio sogno è sempre stato farlo nella nazionale femminile palestinese di calcio. E ci sono riuscita! Mi sono fatta strada attraverso le diverse categorie, cominciando con la squadra under 16, ed ora sono difensore nella nazionale.

Realizzare il mio sogno non ha però comportato soltanto duro lavoro, ma anche l’affrontare un’ulteriore aspetto del sistema israeliano di oppressione militare e discriminazione razziale.

Essere un atleta in Palestina non è semplice. Qui non si può dire che il gioco sia al di sopra di politica e conflitto. Qui siamo circondati da posti di blocco israeliani, barriere di separazione, strade segregate e colonie. Le infrastrutture israeliane di occupazione e apartheid negano a tutti i palestinesi, atleti inclusi, qualsivoglia libertà di movimento. Siamo costantemente vessati, minacciati e umiliati dalle forze israeliane. Quando siamo in campo, non ci è concesso il lusso di dimenticare l’occupazione.

Quando viaggiamo per gli allenamenti o per un evento siamo continuamente costretti a subire perquisizioni umilianti ai checkpoint militari. Le partite vengono interrotte da incursioni di militari armati. I campi da gioco vengono fagocitati dalla continua espansione degli insediamenti illegali, i nostri stadi devastati dalle bombe israeliane.

Dedicarsi alla carriera di atleta in Palestina è senz’altro una lotta costante, poiché l’occupazione israeliana pone delle barriere di fronte a noi ad ogni passo. Questo è il motivo per cui ci aspettiamo che il resto del mondo, ed in particolar modo le imprese e le istituzioni sportive, si mostrino consapevoli della nostra sofferenza e ci appoggino. Questo è il motivo per cui rifiutiamo i tentativi di alcune industrie o di certe marche dello sport di mascherare l’occupazione israeliana.

L’anno scorso, la multinazionale dell’abbigliamento sportivo Puma ha firmato un contratto di sponsorizzazione della durata di quattro anni con la IFA, la Israel Football Association [la federazione calcistica israeliana, ndtr.]. La IFA include squadre provenienti dalle colonie israeliane illegali, costruite su terreni sottratti alle famiglie palestinesi violando le leggi internazionali.

La complicità dell’IFA nella prassi israeliana di occupazione illegale è stata ripetutamente condannata da consiglieri delle Nazioni Unite, decine di parlamentari europei, personaggi pubblici, dalla società civile e da associazioni per i diritti umani.

La sponsorizzazione dell’IFA da parte di Puma e la legittimazione internazionale che ne consegue lasciano intendere al regime israeliano razzista e di destra che l’ espansione delle colonie illegali ottenuta con l’ espulsione di famiglie palestinesi dalle terre dei loro avi può continuare impunemente.

Puma sostiene che lo sport “ha la capacità di trasformarci e darci potere”. É vero. Lo sport ha cambiato la mia vita e quella di molti palestinesi, che hanno perseverato nel seguire i propri sogni nonostante le scoraggianti condizioni dettate dall’occupazione.

Tuttavia, anziché dare potere a persone come noi, che ogni giorno si rapportano con l’oppressione, Puma ha scelto di dare potere e supporto ai nostri oppressori.

Più di duecento squadre palestinesi hanno richiesto alla compagnia di attenersi ai suoi stessi codici etici e annullare l’accordo con l’IFA.

Qual è stata la risposta di Puma alle continue richieste di riconsiderare il contratto? Un risibile tentativo di schivare le critiche appellandosi alla “dedizione verso l’uguaglianza universale”, mentre insiste nel sottoscrivere le violazioni dei diritti umani dei palestinesi perpetrate da Israele, e aiuta lo Stato ebraico a mascherare con lo sport il suo sistema di oppressione.

Nel frattempo, l’edizione della Coppa di Palestina di quest’anno è stata cancellata a causa di nuove restrizioni israeliane alla libertà di movimento dei palestinesi. Israele aveva inizialmente negato l’autorizzazione a raggiungere la Cisgiordania a tutti i giocatori della squadra uscita vincitrice dalla Coppa di Gaza, eccetto uno. Quando la squadra ha ripresentato la domanda, Israele ha negato l’autorizzazione a tutti i giocatori eccetto cinque.

Nel 2018, i proiettili dei cecchini israeliani hanno ucciso 183 palestinesi a Gaza, ferendone più di 6,000, nel corso delle manifestazioni pacifiche mirate ad ottenere la fine dell’asfissiante assedio israeliano alla striscia (in atto da ormai dodici anni), e il rispetto del diritto al ritorno, sancito dalle Nazioni Unite. I cecchini israeliani hanno stroncato la carriera di promettenti atleti palestinesi, inclusi calciatori, pugili, ciclisti, pallavolisti.

Una commissione di indagine delle Nazioni Unite ha scoperto che i soldati israeliani hanno intenzionalmente preso di mira ed ucciso civili palestinesi che partecipavano alle manifestazioni, il che può costituire un crimine di guerra.

Ciononostante, la posizione di Puma è rimasta immutata. Ecco perché sostenitori del BDS [Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni, movimento che propone il boicottaggio di Israele fintanto che non accetti di accogliere importanti richieste relative ai diritti umani dei palestinesi, ndtr.] in tutto il mondo hanno intrapreso azioni più incisive contro l’impresa. In migliaia hanno invitato a smettere di acquistare i prodotti Puma finché il marchio non mette fine alla sponsorizzazione dell’IFA.

Lo scorso giugno le associazioni per i diritti umani in venti Nazioni del mondo hanno protestato contro tale sponsorizzazione nei negozi Puma, negli uffici e durante le partite di squadre sponsorizzate dal marchio. Oggi riproporranno tale protesta per una seconda giornata di azione globale, con più di 50 manifestazioni in tutto il mondo.

Sta a tutti noi pretendere che Puma risponda per il fatto di non rispettare i principi dello sport e della correttezza.

In quanto giovane e determinata donna palestinese che ha fatto dell’andare oltre i limiti e del superare ostacoli parte essenziale della propria vita, non permetterò che il sistema di oppressione israeliano mi impedisca di vivere il mio sogno.

Tutti coloro che credono nella libertà e nella giustizia possono unirsi a me e pretendere che Puma rispetti il proprio impegno di promuovere il cambiamento sociale, mettendo fine alla sponsorizzazione della nostra oppressione.

 

(Traduzione dall’inglese di Jacopo Liuni)




Israele assassina a Gaza l’importante leader della Jihad Islamica Bahaa abul-Ata

Moatasim Dalloul da Gaza

12 Novembre 2019 – Middle East Eye

La Jihad Islamica ha anche annunciato che Akram al-Ajjouri, membro del suo ufficio politico, è sopravvissuto a un attacco israeliano contro la sua casa a Damasco.

All’alba di martedì [12 novembre 2019] l’esercito israeliano ha annunciato di aver assassinato

In un comunicato congiunto l’esercito israeliano e l’Agenzia per la Sicurezza Generale (Shin Bet), hanno affermato di aver effettuato un attacco aereo alle 4 del mattino prendendo di mira l’edificio in cui si trovavano abul-Ata e sua moglie.

Il comunicato afferma che al-Ata era il “capo supremo della Jihad Islamica” e che l’assassinio è stato approvato una settimana fa dal primo ministro israeliano e ministro per la Sicurezza, Benjamin Netanyahu.

In una dichiarazione la Jihad Islamica ha confermato la morte di abul-Ata, il comandante del gruppo nel nord della Striscia di Gaza, e di sua moglie Asmaa durante un attacco israeliano contro la loro casa a est di Gaza City. Il ministero della Salute palestinese ha affermato che nello stesso attacco aereo i fratelli e la sorella della coppia, Salim, Mohammed Layan e Fatima, insieme alla loro vicina Hanan Hellis, sono rimasti feriti e sono in condizioni stabili.

La Jihad Islamica ha anche annunciato che Akram al-Ajjouri, membro del suo ufficio politico, è sopravvissuto a un attacco israeliano nella sua casa di Damasco e che suo figlio e un certo numero di guardie del corpo sono stati uccisi.

Circa un’ora dopo le uccisioni a Gaza, parecchi allarmi per il lancio di razzi sono risuonati nella parte meridionale di Israele, comprese Ashdod, Beit Elazari, Ashkelon, Zikim, Karmia, e a nord fino a Holon e Rishon le Zion, alla periferia di Tel Aviv, segnalando che erano in corso rappresaglie della Jihad Islamica.

Secondo le informazioni della polizia, ad Ashdod non sono state riportate vittime, ma sono stati danneggiati alcuni veicoli.

Il quotidiano israeliano Haaretz [di centro sinistra, ndtr.] ha affermato che sono in corso preparativi per un’ulteriore escalation, con scuole e ogni attività non essenziale chiuse nella zona presa di mira, e le autorità locali stanno predisponendo rifugi.

In seguito alle ultime uccisioni a Gaza, Benny Gantz, il leader di “Blu e Bianco” [partito di centro destra di opposizione che ha vinto le ultime elezioni, ndtr.] attualmente incaricato di formare il futuro governo israeliano, ha detto su Twitter: “Stanotte i dirigenti politici e l’IDF (esercito israeliano) hanno preso la giusta decisione per la sicurezza dei cittadini di Israele e della gente del sud [di Israele]

Blu e Bianco’ sosterrà ogni giusta attività per la sicurezza di Israele e mette la sicurezza del popolo al di sopra della politica.”

Nuova guerra israeliana”

Parlando con Middle East Eye, Khalid al-Batch, membro dell’ufficio politico della Jihad Islamica, ha affermato: “Questi crimini sono l’annuncio di una nuova guerra israeliana contro il popolo palestinese e l’occupazione israeliana ne è responsabile.”

Riguardo al tempismo dell’assassinio, Batch ha detto: “L’occupazione israeliana sta scaricando le sue crisi interne sui palestinesi e sui loro gruppi della resistenza.”

A proposito del tentativo di assassinio di Ajjouri, ha affermato: “L’occupazione israeliana ha oltrepassato i confini per aggredire i palestinesi.

Ci deve essere una risposta massiccia che sia all’altezza dei crimini.”

Batch ha detto che il suo movimento e la sua ala militare sono pronti alla rappresaglia e a difendere il popolo palestinese a Gaza e ovunque.

Tutte le altre fazioni palestinesi, compresi Hamas, Fatah, il Fronte Popolare e il Fronte Democratico hanno condannato l’“aggressione” israeliana e hanno anche dato la colpa all’occupazione israeliana per ogni possibile escalation.

Il portavoce di Hamas Hazim Qasim ha detto a MEE: “L’occupazione sionista ha la colpa delle conseguenze di questo assassinio e di questa pericolosa escalation.

La resistenza contro l’occupazione israeliana continuerà e si accentuerà. Il criminale assassinio del dirigente della Jihad Islamica non rimarrà impunito.”

Qasim ha detto che i comandi congiunti delle ali militari delle fazioni palestinesi decideranno quanto grande e quanto lunga sarà la rappresaglia.

Ha detto che Hamas non prenderà mai da sola una decisione su qualunque problema palestinese, e che ogni misura deve essere discussa con altre fazioni palestinesi e una decisione collettiva verrà presa insieme a loro.

Netanyahu si prende il merito

Parlando con MEE l’analista politico Adnan abu-Amer ha detto che l’uccisione di abul-Ata è stato il primo assassinio di un importante leader della resistenza palestinese dal 2012, quando Israele uccise l’importante dirigente delle brigate Al-Qassam, l’ala militare di Hamas, Ahmed al-Jaabari.

Egli non esclude che l’uccisione possa portare a una più ampia escalation di violenza in quanto la Jihad Islamica sicuramente vendicherà l’uccisione dei suoi dirigenti.

Altre fazioni non rimarranno in silenzio, sopratutto Hamas, afferma, sostenendo che l’esercito israeliano ha detto di essere pronto per una serie di scontri che dureranno per un paio di giorni.

Abu-Amer afferma che il tempismo dell’assassinio di abul-Ata è legato alle conseguenze delle elezioni israeliane, in quanto Netanyahu ne ricaverà parecchi vantaggi.

Sostiene che Netanyahu sarebbe capace di rinviare la formazione di un governo di coalizione e spingere i politici israeliani ad accettare una coalizione d’emergenza guidata da lui.

Il primo ministro israeliano sarebbe anche in grado di rivendicare il risultato dell’uccisione di abul-Ata, in quanto ha intenzionalmente approvato l’operazione qualche ora prima di incaricare Naftali Bennett [leader del partito dei coloni “Nuova Destra”, ndtr.] alla guida del ministero della Difesa.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




I lacrimogeni devastano le condizioni di vita a Gaza

Amjad Ayman Yaghi

6 novembre 2019 – The Electronic Intifada

Attraverso le sue fotografie Atia Darwish ha documentato come, nonostante il fatto di essere sottoposta a un brutale blocco israeliano, la gente di Gaza riesca ancora a trovare momenti di gioia.

La sua immagine di bambini palestinesi che mangiano un’anguria in spiaggia è stata ospitata in un’esposizione all’aperto che in settembre ha circolato in Libano.

Molti di quelli che si sono meravigliati dell’immagine probabilmente non erano a conoscenza del fatto che l’uomo che l’ha fotografata attualmente non può lavorare. Darwish ha perso parzialmente la vista – indispensabile per un fotografo – a causa di ferite inflittegli da Israele.

Il 14 dicembre dello scorso anno Darwish stava lavorando durante le proteste della Grande Marcia del Ritorno nella zona orientale di Gaza. Stava scattando foto da circa mezz’ora quando è stato ferito da un candelotto lacrimogeno.

Darwish ha perso conoscenza. Quando l’ha riacquistata, si è ritrovato in terapia intensiva all’ospedale al-Shifa di Gaza City.

Il candelotto lo aveva colpito sotto l’occhio sinistro. Ha perso alcune ossa attorno all’occhio e anche la mascella è stata danneggiata.

L’occhio ha continuato a sanguinare per una settimana e il mio orecchio nei due giorni successivi,” dice.

Darwish teme di non poter recuperare la vista.

Nel febbraio di quest’anno è andato a farsi curare in Egitto. Lì un medico gli ha diagnosticato una fibrosi della retina e ha detto che non è curabile.

Posso solo essere sottoposto ad [un intervento di] chirurgia estetica,” dice Darwish. “Mi sento abbandonato. Il mondo non considera le bombe lanciate contro di noi da Israele come pericolose. Ma possono uccidere persone e i sogni dei nostri giovani.”

Darwish con l’occhio sinistro non può vedere a più di 15 cm. È anche diventato parzialmente sordo.

Il drammatico cambiamento del suo aspetto provocato dalla ferita lo ha scioccato. “Quando sono tornato a Gaza (dall’Egitto), mi sono sentito senza speranza guardando le vecchie foto di me su Facebook e Instagram,” dice. “Non sarò mai più così.”

Darwish spera di riprendere a lavorare come fotografo, facendo affidamento sul suo occhio destro. “Dovrò stare più attento,” afferma.

Non era la prima volta che Darwish veniva colpito da un candelotto lacrimogeno mentre fotografava la Grande Marcia del Ritorno.

Nel luglio dello scorso anno uno di questi candelotti lo ha colpito alla gamba destra. In seguito ha dovuto essere curato per le ustioni.

Non letali?

Le sue ferite sono tutt’altro che rare. Benché l’esercito israeliano descriva i lacrimogeni come “non letali”, queste armi hanno ucciso [dei] palestinesi.

Almeno sette persone sono morte perché colpite da candelotti lacrimogeni sparati da Israele durante le proteste della Grande Marcia del Ritorno, iniziate il 30 marzo 2018. Quattro delle vittime erano minorenni.

Hasan Nofal è morto dopo essere stato colpito a febbraio da un lacrimogeno sparato verso i manifestanti. Aveva solo 16 anni.

Suo padre Nabil sta ancora cercando di capire cosa sia successo.

In un primo tempo, quando ha saputo che Hasan era stato ferito, Nabil non ha pensato che la ferita potesse essere troppo grave. Hasan si trovava ad una distanza sufficiente dalla barriera che separa Gaza da Israele, ha pensato Nabil.

Hasan è morto quattro giorni dopo essere stato portato in ospedale.

Mio figlio era innocente,” dice Nabil. “Israele sa che le bombe che lancia stanno uccidendo persone?”

Mentre la loro tragedia viene spesso ignorata dai mezzi di comunicazione occidentali, i manifestanti sono regolarmente feriti a Gaza. “Al Mezar”, un’organizzazione per i diritti umani, ha informato che solo il 25 ottobre 13 persone che hanno partecipato alla Grande Marcia del Ritorno sono state direttamente colpite da candelotti lacrimogeni. Ahmad Ammar, un ventitreenne di al-Shujaiyeh, un quartiere di Gaza City, è stato colpito da uno di questi candelotti a settembre. La bocca e la guancia destra sono rimaste gravemente ustionate, provocando danni a lungo termine al suo volto.

Ero lontano dalla barriera di confine,” dice Ammar. “Stavo bevendo un succo perché avevo la nausea a causa dei gas lacrimogeni, che hanno un forte odore. Quando ho iniziato lentamente ad allontanarmi ho sentito qualcuno gridarmi di stare attento alle bombe lacrimogene visibili vicino a me. Mi sono girato e improvvisamente sono stato colpito da una di loro.”

Disoccupato

Ammar ha perso conoscenza. “Quando mi sono risvegliato ero in ospedale,” racconta. “Alcuni dei miei amici erano vicino a me. Ho chiesto loro uno specchio per vedere la mia faccia, ma si sono rifiutati di darmelo.”

Ammar era solito vendere ortaggi in un mercato locale. Da quando è stato ferito non è tornato a lavorare. Non può pensare ad altro che alla sua ferita e ad ottenere una terapia correttiva. “Ho bisogno di una chirurgia estetica,” dice. “Sfortunatamente non si può avere a Gaza. Alcuni dottori mi hanno detto che qui non abbiamo le risorse necessarie. E fuori da Gaza è molto cara.”

I lacrimogeni che l’occupazione israeliana spara contro di noi uccidono i nostri sogni e le nostre speranze,” afferma. “Ogni giorno mi alzo e mi vedo allo specchio. Mi sento malissimo.”

Anche Mohammad Fseifes è rimasto disoccupato a causa delle ferite riportate durante una protesta a fine maggio.

Lavorava nelle costruzioni e nell’agricoltura nella zona di Khan Younis a Gaza. Da quando è rimasto ferito non è riuscito a trovare un lavoro.

Da circa cinque mesi ha frequenti dolori alla testa e stenta a dormire. Non si sente sufficientemente bene neppure per giocare a pallone.

Fseifes si trovava nei pressi della barriera di confine quando le truppe israeliane lo hanno colpito con un candelotto lacrimogeno. “Ricordo di essere caduto a terra,” dice. “Sei giorni dopo mi sono svegliato e ho visto mio padre. Ho forti dolori alla testa. Il medico mi ha detto che il mio cranio è stato fratturato.”

Sono molto triste quando mi guardo allo specchio,” aggiunge. “Il medico dice che posso essere operato al cranio, ma solo fuori da Gaza. Non so cosa ne sarà di me.”

Amjad Ayman Yaghi è un giornalista con sede a Gaza.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




P sta per Palestina: paura e disgusto nella biblioteca dei bambini

Nada Elia

4 novembre 2019-11-11  MIDDLE EAST EYE

L’autrice Golbarg Bashi dice di aver ricevuto attacchi e intimidazioni da parte di gruppi sionisti relativamente a un libro per bambini che insegna l’alfabeto

Quando le forze di sicurezza hanno circondato l’edificio a Highland Park nel New Jersey, l’autrice –  che ha avuto bisogno di una scorta armata della polizia – ha dovuto entrare da una porta sul retro. Un suo amico, membro di ‘Jews for Palestinian Right of Return’ [Ebrei per il diritto al ritorno dei palestinesi] era al suo fianco durante l’evento.

Fuori, la polizia era pronta ad agire. Il timore era che membri della‘Jewish Defense League’ [Lega per la difesa ebraica], considerata dall’FBI un gruppo terrorista di destra, sarebbero intervenuti ad attaccare i clienti della biblioteca, come avevano fatto due an ni prima per un’altra presentazione dello stesso libro.

Infatti, posizionati su entrambi i lati dell’entrata della biblioteca, sotto una pioggia battente, vi erano due gruppi. Da una parte c’erano i sostenitori, con uno striscione colorato con la scritta: “Sosteniamo le nostre biblioteche, la libertà di parola e i diritti dei palestinesi.”

Sull’altro lato, imitando i raduni di nazionalisti bianchi che sono oggi una triste presenza in alcune parti degli USA, gli avversari intonavano slogan pro Trump e gridavano insulti all’autrice.

Calunniata come terrorista

 “Mi sono sentita come un bambino afro-americano scortato dentro una scuola di bianchi a lui ostile negli anni ‘60”, ha detto a MEE l’autrice, Golbarg Bashi.

 “La comunità, gli utenti della biblioteca, non mi volevano, mi consideravano una minaccia. Nel periodo della desegregazione, i bianchi sostenevano che i neri fossero pericolosi, che i ragazzi neri avrebbero violentato le ragazze bianche. Oggi, la paura riguarda i palestinesi – nessuno dovrebbe nemmeno sapere che esistono ed il mio piccolo libriccino autofinanziato è considerato una minaccia.”

Infatti, dalla pubblicazione del suo libro per bambini nel 2017, Bashi è stata calunniata come terrorista e antisemita ed ha ricevuto minacce di morte. I sionisti hanno anche costretto una libreria indipendente di New York a smettere di tenere il libro e a formulare scuse per averlo tenuto in magazzino.

Secondo il titolare di quella libreria, l’ultima volta che aveva ricevuto simili minacce è stata decenni fa, dopo che l’Iran ha emesso una fatwa contro Salman Rushdie per il suo libro ‘I versetti satanici’.

Per garantire che non ci fosse una folla ostile accalcata nel locale della biblioteca, era necessaria una registrazione preventiva, riservata ai bambini in possesso della tessera della biblioteca, accompagnati da un genitore.

Il libro in questione, percepito come “minaccia” dai membri della comunità sionista di Highland Park, era ‘P is for Palestine’ [P sta per Palestina], un libro di alfabeto che fornisce insegnamenti sul Paese con semplici illustrazioni colorate. “A” sta per Arabo, “B” sta per Betlemme, “D” sta per Dabke [popolare danza mediorientale, ndtr.], e, il più contestato, “I” sta per Intifada.

Implicazioni legali

La presentazione, che alla fine si è svolta il 20 ottobre, era stata programmata come data alternativa ad una precedente presentazione in maggio, che aveva dovuto essere rinviata quando è scoppiato il finimondo nella comunità di Highland Park riguardo al libro, che alcuni ritenevano contenesse materiale offensivo.

Secondo il ‘New Jersey Jewish News’, “dopo che è stata annunciata per la prima volta la presentazione di Bashi, il conseguente finimondo ha attirato l’attenzione dell’Organizzazione Sionista Americana e dell’ Office for Intellectual Freedom of the American Library Association [Ufficio per la Libertà Intellettuale dell’Associazione Bibliotecaria Americana] (AMA). L’AMA ha contattato i funzionari della biblioteca dicendo che non era giusto cancellare un evento a causa di ipotetiche implicazioni legali o finanziarie.

La biblioteca ha ricevuto anche una lettera fermata da ACLU [American Civil Liberties Union, Unione per le Libertà Civili negli USA, organizzazione non governativa orientata a difendere i diritti civili e le libertà individuali negli Stati Uniti] del New Jersey, dal ‘Centro per i diritti costituzionali’, con sede a New York, e da  Palestine Legal [organizzazione per la difesa dei diritti civili e costituzionali delle persone che si esprimono a favore del popolo palestinese negli USA, ndtr.], che informava la biblioteca che essi ritenevano incostituzionale una cancellazione, segnalando che annullare la presentazione avrebbe potuto provocare un ricorso legale.”

Sicuramente è stato solo dopo l’invio delle lettere da parte di queste associazioni per i diritti civili che la biblioteca ha accettato di riprogrammare la presentazione.

Ma la vicenda potrebbe non finire qui : la presentazione del libro potrebbe ancora essere contestata come una violazione delle leggi federali anti-discriminazione (Titolo VI).

La biblioteca è stata minacciata di azione legale in quanto il libro è promosso da ‘Jewish Voice for Peace’ [Voci ebraiche per la pace, gruppo di ebrei antisionisti, ndtr.] di New York, un’organizzazione progressista che sostiene i diritti dei palestinesi, e da ‘Samidoun’, la rete di solidarietà con i prigionieri palestinesi.

Una lettera del 4 ottobre di Marc Greendorfer, un avvocato di Zachor [organizzazione per la memoria dell’olocausto, ndtr.], aveva avvertito la biblioteca che il centro legale anti-BDS [Movimento per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni contro Israele, ndtr.] avrebbe intrapreso un’azione contro di essa e il distretto di Highland Park per aver ospitato l’evento.

 “Sulla base di informazioni da noi ricevute, due dei principali promotori della presentazione, ‘Samidoun’ e ‘Jewish Voice for Peace’, hanno legami con organizzazioni che praticano la discriminazione e forniscono appoggio ad organizzazioni terroristiche”, affermava la lettera, suggerendo che la presentazione avrebbe violato le disposizioni anti-discriminazione del Titolo VI e potenzialmente anche le leggi anti-terrorismo, e che “se la biblioteca procedesse a tenere  questa presentazione noi sporgeremo denuncia presso il Dipartimento dell’Educazione.”

 ‘Praticamente vietato’

A quanto pare, secondo Bashi, il direttore della biblioteca l’ha successivamente informata che tutti i posti erano stati immediatamente prenotati nel giorno stesso dell’apertura delle registrazioni da noti sionisti in possesso della tessera della biblioteca, che prima si erano opposti alla presentazione. Alla fine, solo un piccolo gruppo di bambini si è presentato alla presentazione del 20 ottobre, e Bashi ha detto di aver avuto la netta sensazione che gli adulti che li accompagnavano fossero ostili.

Bashi ha detto a MEE che, quando lei ha rotto il ghiaccio con i bambini, scherzando con loro e domandandogli quali fossero le loro materie preferite a scuola, i genitori si sono irritati e alla fine “hanno strattonato i bambini fuori” dal locale.

Eppure, alla fine della sua presentazione, Bashi ha gentilmente offerto alla biblioteca una copia del libro, che la biblioteca non ha accettato.

 “Il mio libro è praticamente vietato”, ha detto Bashi, dato che le biblioteche pubbliche non lo accettano, mentre le librerie tradizionali stanno cedendo agli attacchi sionisti  contro i loro dipendenti e dirigenti e anch’esse rifiutano di accettarlo.

Bashi ha anche avuto la sua serie di problemi con i grandi distributori di libri online, dove ‘P is for Palestine’ è segnalato come esaurito, mentre il suo secondo libro, ‘Counting up the olive tree’ [Contare gli  alberi di ulivo] non viene neanche menzionato.

Fortunatamente, per coloro che desiderano una copia di uno dei libri o di entrambi, essi sono disponibili tramite il ‘Palestine Online Store’ – attualmente l’unico sito che contiene questi magnifici doni.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autrice e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.

Nada Elia è una scrittrice e commentatrice politica palestinese della diaspora, che attualmente sta lavorando al suo secondo libro, “Chi chiamate ‘minaccia demografica’?: Note dall’Intifada globale.” E’ docente (in pensione) di Studi di genere e globali ed è membro del gruppo dirigente della campagna USA per il Boicottaggio Accademico e Culturale di Israele (USACBI).

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)