Cessate il fuoco a Gaza annunciato da Hamas

Hamas dice che è stato raggiunto un cessate il fuoco dopo attacchi aerei sulla Striscia di Gaza

Un portavoce di Hamas afferma che l’Egitto ha contribuito a mediare un cessate il fuoco tra Israele e le fazioni armate palestinesi a Gaza

 

Middle East Eye

MEE e agenzie – 25 marzo 2019

 

Un portavoce di Hamas ha affermato che, dopo che l’esercito israeliano ha compiuto una serie di attacchi aerei contro la Striscia di Gaza assediata, è stato raggiungo un cessate il fuoco con Israele.

Come informano i media locali, in una breve dichiarazione [rilasciata] lunedì sera, il portavoce di Hamas Fawzi Barhom ha detto che l’Egitto ha contribuito a mediare un cessate il fuoco tra Israele e le fazioni armate palestinesi a Gaza.

Al momento Hamas non ha fornito alcun ulteriore dettaglio sull’accordo.

Il cessate il fuoco, di cui hanno riferito per primi i mezzi di informazione di Hamas, è giunto dopo che le forze israeliane hanno lanciato una serie di attacchi contro quelli che ha descritto come “obiettivi del terrorismo di Hamas” nella Striscia di Gaza.

Gli attacchi aerei sono stati lanciati alcune ore dopo che un missile sparato dal territorio palestinese assediato ha colpito una cittadina nel centro di Israele.

L’aumento della violenza ha suscitato timori che potesse essere imminente una campagna di bombardamenti israeliani su vasta scala.

Citando un anonimo funzionario di Hamas, la Reuter [agenzia di notizie britannica, ndt.] ha informato che la tregua è entrata in vigore alle 22 ora locale.

“Grazie alla mediazione dell’Egitto è stato raggiunto un accordo su un cessate il fuoco tra le fazioni palestinesi e Israele,” ha detto il funzionario alle agenzie di stampa.

La Reuter ha affermato che al momento Israele non ha commentato le informazioni sul cessate il fuoco.

Nel primo pomeriggio di lunedì la Reuter ha informato che un attacco aereo israeliano aveva preso di mira l’ufficio del leader di Hamas Ismail Haniyeh a Gaza.

Era improbabile che Haniyeh vi si trovasse, in quanto normalmente Hamas evacua i propri edifici quando si aspetta attacchi israeliani, afferma l’agenzia di stampa. Un portavoce militare israeliano ha rifiutato di commentare l’informazione.

Il movimento Hamas ha negato l’accusa dell’esercito israeliano di aver effettuato lunedì mattina un attacco con il razzo che ha ferito sette persone nella cittadina israeliana di Meshmeret.

Funzionari della sicurezza palestinese e i mezzi di comunicazione di Hamas hanno affermato che gli attacchi aerei israeliani hanno colpito una postazione navale di Hamas a ovest di Gaza City e anche un grande campo di addestramento nella parte settentrionale di Gaza.

È probabile che entrambe le postazioni siano state evacuate, in quanto Hamas ha avuto ore di preavviso che stavano per cominciare attacchi israeliani. Testimoni hanno detto che tre missili hanno colpito l’obiettivo a nord.

Mohamad Ghazali, un capofamiglia palestinese di Gaza City, che si trova nella parte centrale della Striscia, ha affermato che un soldato israeliano lo ha chiamato per telefono dicendogli che lui e la sua famiglia avevano solo qualche minuto per evacuare la loro casa.

“Hanno affermato che nessuno doveva rimanere nella zona. Abbiamo risposto: ‘Abbiamo bambini piccoli, dove li dovrei portare?’” ha detto Ghazali a MEE.

Ghazali racconta che la sua famiglia se n’è andata senza nient’altro che i vestiti che avevano addosso e che qualche momento dopo una serie di missili ha colpito la loro casa.

Ha aggiunto di non capire perché la casa sia stata presa di mira, in quanto non ci sono gruppi armati nel quartiere.

In un comunicato prima del presunto attacco al suo ufficio Haniyeh ha affermato che “l’attuale situazione palestinese sta subendo un attacco su vasta scala a tutti i livelli: a Gerusalemme, in Cisgiordania, nella Striscia di Gaza e all’interno delle carceri israeliane.”

Ha sostenuto che i palestinesi “non si arrenderanno all’occupazione israeliana”, promettendo che “se l’occupante israeliano attraverserà la linea rossa, la resistenza palestinese risponderà di conseguenza.”

Ciò è stato ripetuto da Ziyad al-Nakhleh, segretario generale della Jihad islamica, un gruppo armato che opera a Gaza, che ha affermato che “risponderà duramente a ogni aggressione israeliana contro Gaza.”

Yahya Sinwar, il capo di Hamas, che governa l’enclave costiera assediata, ha annullato un evento pubblico previsto per lunedì pomeriggio, e funzionari di Hamas hanno parlato di “sviluppi”.

Nel contempo lunedì mattina, parlando a Washington, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha detto che Israele “farà tutto il necessario per difendere il suo popolo. Israele non tollererà attacchi con razzi sul suo territorio.”

Anche il presidente USA Donald Trump ha detto che Israele “ha il diritto di difendersi.”

 

Razzi colpiscono a nord di Tel Aviv

Di prima mattina una casa è stata completamente distrutta e almeno un’altra e alcune automobili sono state gravemente danneggiate dopo che razzi sono caduti sulla comunità agricola israeliana di Mishmeret, a circa 20 km a nord-est di Tel Aviv.

L’attacco è avvenuto qualche minuto dopo che l’esercito israeliano aveva attivato le sirene di allarme aereo nella zona e detto che un razzo era stato lanciato dalla Striscia di Gaza.

L’esercito israeliano ha affermato che il razzo era stato sparato da una postazione di Hamas nei pressi di Rafah, a sud di Gaza.

Ma lunedì non era ancora chiaro da dove sia partito il razzo.

“Nessuno dei movimenti di resistenza, compreso Hamas, ha interesse a sparare razzi dalla Striscia di Gaza verso il nemico,” ha detto all’AFP [agenzia di stampa francese, ndt.] un anonimo ufficiale, evocando la possibilità che sia stato il “cattivo tempo”.

Almeno in una precedente occasione in cui Hamas e altri gruppi di miliziani hanno negato di aver lanciato razzi su Israele, essi hanno ipotizzato che un temporale avesse attivato il lancio di un razzo.

Non è tuttora chiaro se l’ufficiale intervistato dall’AFP lunedì alludesse a una simile eventualità.

Il quotidiano israeliano Haaretz ha informato che comunque lunedì mattina il portavoce dell’esercito israeliano Ronen Manelis ha detto che due brigate si stavano dirigendo a sud verso Gaza e che l’esercito stava mobilitando migliaia di riservisti, compresi quelli dell’aviazione.

L’ospedale dove sono in cura le vittime ha affermato che sette israeliani, tra cui un neonato, un bambino di tre anni, una ragazzina di 12 e una donna sessantenne, sono rimasti leggermente feriti da bruciature e schegge. Sei di loro sono membri della stessa famiglia.

L’attacco di lunedì mattina è giunto in un momento di tensioni in aumento in seguito all’ anniversario delle proteste della Grande Marcia del Ritorno a Gaza del fine settimana e mentre Netanyahu si trova in visita a Washington nell’ambito della campagna in corso per un quinto mandato nelle elezioni del 9 aprile in Israele.

Netanyahu ha detto che in seguito all’attacco avrebbe interrotto il suo viaggio negli Stati Uniti, dove era previsto che parlasse alla conferenza dell’associazione lobbystica filo-israeliana AIPAC.

“Alla luce degli avvenimenti riguardanti la sicurezza ho deciso di interrompere la mia visita negli USA,” ha detto Netanyahu, definendo l’attacco un crimine efferato che porterà a una forte risposta israeliana.

Tuttavia, prima di tornare ha incontrato Trump alla Casa Bianca, dove la coppia ha tenuto una conferenza stampa per annunciare che Trump ha firmato un ordine esecutivo che riconosce la “sovranità” israeliana sulle Alture del Golan siriane.

Analisti statunitensi hanno affermato che l’annuncio potrebbe servire a rafforzare le prospettive di Netanyahu nelle elezioni del mese prossimo.

Il principale rivale di Netanyahu nelle imminenti elezioni, l’ex-generale Benny Gantz, che era anche lui a Washingron per partecipare lunedì alla conferenza dell’AIPAC, dopo l’attacco con il razzo ha accusato Netanyahu di aver “mandato in bancarotta la sicurezza nazionale.”

 

Evacuazioni in tutta Gaza

In seguito all’attacco con un razzo a Mishmeret, la marina israeliana ha impedito ai pescatori palestinesi di salpare dalle spiagge di Gaza.

[Gli israeliani] hanno anche chiuso sia il valico di Karam Abu Salem che di Beit Hanoun, che sono utilizzati per il trasporto rispettivamente di beni e persone.

L’esercito israeliano ha inoltre dichiarato numerose aree nel sud di Israele zone militari chiuse, mentre il Comune di Tel Aviv ha aperto al pubblico alcuni rifugi antiaerei.

Nel contempo lunedì edifici governativi, scuole, prigioni, stazioni di polizia e della sicurezza palestinesi a Gaza sono stati evacuati in previsione di potenziali bombardamenti israeliani.

Il quartier generale della televisione Al-Aqsa è stato chiuso per timore che anch’esso potesse essere preso di mira dagli aerei da guerra israeliani.

Fonti hanno anche detto a Middle East Eye che alcune ong con sede a Gaza hanno evacuato il loro personale internazionale.

Durante l’offensiva israeliana contro Gaza nel dicembre 2008 i primi obiettivi di Israele sono stati i commissariati di polizia.

Il ministero della Salute di Gaza ha emanato un’allerta ai cittadini perché lunedì “dimostrino la massima attenzione e cautela”, aggiungendo che gli ospedali – già gravati dall’assedio e dall’alto numero di feriti in un anno di proteste – sono in stato di allerta.

 

Imminenti elezioni

Mishmeret si trova a più di 80 km dalla Striscia di Gaza ed è raro che un lancio di razzi dall’enclave palestinese possa raggiungere quella distanza.

Tel Aviv, la capitale economica di Israele, e le comunità della sua periferia sono finite l’ultima volta sotto simili attacchi durante la guerra del 2014 con Hamas.

Il 14 marzo sono stati lanciati alcuni razzi verso Tel Aviv ma non hanno provocato né vittime né danni, afferma Israele.

Israele accusa Hamas del lancio di questi razzi, benché al momento un ufficiale anonimo della sicurezza di Gaza affermi che il lancio, che ha mancato ogni area edificata, era stato fatto partire per sbaglio.

Israele considera Hamas, il partito che governa di fatto a Gaza, responsabile di ogni lancio di razzi che arriva dal piccolo territorio palestinese, benché nella zona operino anche altre fazioni armate.

Israele sottopone la Striscia di Gaza ad un blocco durissimo, che per chi lo critica rappresenta una punizione collettiva dei due milioni di abitanti dell’enclave impoverita.

Anche l’Egitto mantiene un continuo assedio, limitando i movimenti di entrata ed uscita da Gaza sul suo confine.

 

 

(traduzione di Amedeo Rossi)

 




Altra guerra preelettorale

Non ce n’era proprio bisogno: un’altra guerra pre-elettorale contro Gaza

Ci vogliono leader capaci di parlare della fine dell’assedio, della fine dell’occupazione, di eguaglianza, di libertà e di sicurezza come unica soluzione sia per gli israeliani che per i palestinesi

+972

Di Haggai Matar e Oren Ziv – 25 marzo 2019

Il razzo lanciato da Gaza che lunedì mattina ha distrutto una casa e ferito sette persone nel centro di Israele ha colto di sorpresa gli israeliani. Da un lato è perfettamente comprensibile; non siamo abituati allo scoppio di razzi nella zona di Tel Aviv, e certamente non a razzi che abbiano un  effetto così devastante. Un attacco  contro civili, contro una famiglia che sta dormendo, è una cosa terrificante.

D’altro lato, l’attacco può sorprendere solo se lo si isola da tutte le vicende che non trovano spazio nell’informazione: i manifestanti disarmati uccisi alla barriera tra Israele e Gaza quasi ogni settimana (solo di recente un ragazzino di 14 anni è stato ucciso dai cecchini israeliani), diversi incidenti mortali in Cisgiordania nelle scorse settimane, e attacchi ed altre azioni intraprese contro prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Quando parliamo delle aggressioni palestinesi, difficilmente qualcuno cita il fatto che dall’inizio dell’anno le forze israeliane hanno ucciso 30 palestinesi a Gaza e in Cisgiordania.

Il lancio del razzo è una sorpresa solo se ci permettiamo di dimenticare il più ampio contesto della realtà quotidiana dell’occupazione – dagli arresti di bambini palestinesi nelle loro aule scolastiche agli attacchi dei coloni ai contadini palestinesi – o l’assedio di Gaza, che ha lasciato i suoi abitanti impoveriti e senza speranze.

Ovviamente  nulla di tutto ciò giustifica gli attacchi a civili israeliani, ma dovrebbe ricordarci che è Israele che attacca i civili palestinesi tutti i giorni. Non possiamo perdere di vista quel contesto quando parliamo di ciò che potrebbe succedere la prossima volta.

In risposta al lancio del razzo di lunedì mattina il primo ministro Netanyahu ha detto che Israele “risponderà con la forza”. (Nel momento in cui scriviamo quegli attacchi sono iniziati). Il vice ministro della Difesa Eli Ben Dahan, che ha visitato la casa distrutta nel moshav [comunità agricola cooperativa, ndt.] di Mishmarot, ha illustrato le tre opzioni del governo israeliano: continuare a colpire i “depositi vuoti” a Gaza, rioccupare la Striscia, o ripristinare il programma israeliano di omicidi mirati.

Il ministro dell’Educazione Naftali Bennett [del partito di estrema destra dei coloni “Casa Ebraica”, ndt.] ha detto che Hamas deve essere “sottomesso”, mentre il rivale di Netanyahu, Benny Gantz, i cui spot elettorali fanno vanto dell’aver ricacciato Gaza all’età della pietra, ha incolpato dell’attacco Netanyahu, per non aver colpito più duramente Hamas e Gaza. Politici di estrema destra hanno chiesto che Gaza venga “spianata”.

Alcuni abitanti di Mishmarot, tuttavia, hanno un approccio differente. Yoni Wolf, la cui famiglia vive nella casa distrutta dal razzo, lunedì mattina ha detto ai giornalisti che Israele deve “riconquistare non solo la propria capacità di deterrenza, ma anche il buonsenso.” Un altro abitante della città ha detto che uno dei suoi ex dipendenti, un palestinese di Gaza, lo ha chiamato per chiedergli come stava: “Non tutti ci odiano”, ha detto.

Il pericolo è che adesso, in seguito all’attacco a Mishmarot, alla luce delle imminenti elezioni e nel tentativo di mantenere la propria immagine di “mister sicurezza”, Netanyahu possa essere trascinato nel più letale e devastante ciclo di violenze cui abbiamo assistito dall’ultima guerra contro Gaza nel 2014.

Ma c’è un’altra strada. Possiamo fermare il massacro. Non dobbiamo scatenare un’altra guerra pre-elettorale. Possiamo smettere di lanciare vuoti slogan sulla distruzione del regime di Hamas. Sono bugie, sono sempre state bugie. Ciò di cui abbiamo bisogno è un leader che parli di negoziati, di porre termine all’assedio e all’occupazione, di eguaglianza, libertà e sicurezza come unica soluzione sia per gli israeliani che per i palestinesi.

Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta in ebraico su Local Call [sito web israeliano legato a +972].

 

(Traduzione di Cristiana Cavagna)

 




Inferno a Gaza

È cominciato l’Inferno a Gaza

di Patrizia Cecconi da Gaza

L’Antidiplomatico

Gaza 25 marzo 2019

 

Gaza stanotte si è addormentata sotto una tempesta naturale che faceva concorrenza ai bombardamenti israeliani, ma si è svegliata con la notizia che un nuovo missile ha colpito a nord di Tel Aviv centrando un’abitazione e ferendo 7 persone tra cui, per fortuna leggermente, 3 bambini. Quindi si è svegliata temendo che non saranno i fulmini a coprire prossimamente il cielo, ma l’aviazione israeliana, come già minacciato da Netanyahu che sta tornando in fretta e furia da Washington.

Le agenzie di stampa israeliane stamattina abbondavano, come ovvio,  in notizie circa i feriti e i danni provocati dal potente missile Farji5, i media internazionali hanno fatto loro eco abbondando  anche in notizie di colore, tra cui i ricoveri per stato di panico nonostante i rifugi sicuri, o la morte  di un cane rimasto sotto le macerie, cosa sicuramente triste ma che, se si mette sul piatto della bilancia rispetto agli assassinii a freddo dei palestinesi e alla demolizione di decine di migliaia di loro case con morti umani sotto le macerie, sembra un’attenzione quantomeno squilibrata.

Ma al di là delle notizie per così dire di colore, ce ne sono due piuttosto strane, la prima è che l’iron dome, cioè il più sofisticato sistema antimissilistico, capace di intercettare e neutralizzare i razzi nemici era stranamente spento quando il missile è arrivato. La seconda è che, nonostante il missile lanciato da Rafah abbia centrato una zona residenziale ferendo e facendo gravi danni, le scuole oggi sono rimaste aperte.

Se i due missili di circa dodici  giorni fa, quelli ai quali Israele rispose con una notte di bombardamenti distruggendo più di 100 strutture e ferendo diverse persone, sono rimasti  senza chiaro mittente tanto che alcune ipotesi sono state di “razzi elettorali” ed altre di “razzi distrazionali pro-Hamas”, il missile di questa mattina crea ancora più dubbi. Sia la  volta precedente che oggi , è stato ipotizzato dalla stampa israeliana, portavoce del governo,  che possa essersi trattato di un errore. Fa un po’ ridere quest’idea che sprovveduti ragazzotti spingano su un bottone sbagliato avendo accesso a luoghi che non sono certo una sala biliardo e quindi è difficile crederci. Proviamo a esaminare i motivi di dubbio.

Il primo fatto significativo è la potente gittata di questo missile, che dovrebbe essere di fornitura iraniana e dovrebbe far parte degli stoccaggi della Jihad islamica.  Tra Rafah e Tel Aviv passano 120 chilometri. Mai un missile lanciato da Gaza è arrivato tanto lontano. Inoltre la Jihad ha sempre rivendicato le sue azioni militari ma questa volta, esattamente come dodici  giorni fa, rifiuta ogni responsabilità e al momento i suoi capi sono in riunione con i capi di Hamas che rifiuta, a sua volta, ogni rivendicazione.

Perché Jihad e/o Hamas avrebbero dovuto lanciare un missile tanto potente sapendo che questo avrebbe innescato una risposta violentissima? Vogliono un’escalation? E’ proprio loro il missile lanciato da Rafah, cioè da pochi metri dall’Egitto? Qual è dunque il motivo e  il messaggio lanciato da quest’azione? E se non è stato Hamas, come affermano a Gaza persone che non sono assolutamente simpatizzanti del governo locale, né la Jihad, chi e perché ha lanciato il missile?

Stranamente Israele non ha ancora risposto se non con modeste azioni a Beit Hannoun, estremo nord, questa mattina, senza grossi danni né feriti.

Anche questo è strano, non rientra nella “tradizione” israeliana le cui rappresaglie sono sempre violentissime e sproporzionate alle azioni della resistenza palestinese. Qui si sta aspettando la risposta israeliana, ma anche la risposta ufficiale che dovrebbe uscire dalla riunione congiunta di Hamas e Jihad. La Jihad ha già pubblicato un comunicato laconico che fa eco alle minacce di durissima rappresaglia da parte di Israele, dichiarando che la risposta della resistenza sarà a sua volta durissima.

Altra cosa strana, per tutto il giorno i droni sono stati a riposo, stanno arrivando adesso, 17 ora locale. Volano bassi, pessimo segnale.

Intanto Israele ha mandato l’esercito in massa lungo la linea dell’assedio e ha chiamato i riservisti. Gli iron dome, che stavolta funzioneranno, sono stati dislocati in tutto il territorio israeliano. Inoltre sono stati avvertiti gli abitanti degli insediamenti prossimi alla Striscia di Gaza di organizzarsi che ci sarà presto un violentissimo attacco aereo. Ci sarà prima del rientro dall’America di Netanyahu? Chi ne prenderà “i meriti”? Mentre scrivo arriva la notizia del primo attacco israeliano a nord dalla parte del mare.  I droni seguitano a volare bassi.

Il popolo palestinese di Gaza pagherà le conseguenze di ogni cosa. Israele ha chiesto ai Consolati stranieri di evacuare i propri cittadini. Questo è un segnale pesantissimo. I valichi sono stati chiusi, ma tanto questo per i gazawi rientra nella normalità dell’assedio, mentre il segnale che viene mandato al mondo è preciso: faremo un massacro al quale nessuno potrà sfuggire, portatevi fuori i vostri quattro internazionali perché non vogliamo testimoni. E i consolati si stanno attrezzando. Chi scrive sarà probabilmente costretta domattina ad uscire da Gaza, lasciando sotto le bombe solo uomini, donne e bambini gazawi, gli stessi di cui conosce nomi, visi, risate e sogni, e lasciando ai megafoni  israeliani la sola voce che arriverà in Occidente.

Le ultime notizie riaffermano che Israele “risponderà” ad ogni attacco, mentre da Gaza la resistenza risponde  che replicherà da ogni punto della Striscia ad ogni attacco israeliano. Non è una partita di risiko. E’ una tragedia annunciata. E su tutto c’è la grande ala delle prossime elezioni che probabilmente verranno vinte grazie al sacrificio del popolo gazawo. Quello che non muore di paura scappando nei rifugi, ma che muore per davvero, proprio come il povero cane israeliano che ha commosso i media, ma probabilmente senza  muovere la stessa commozione.  Gli attacchi sono appena iniziati. Possiamo solo sperare che qualcuno riesca a fermarli prima che si trasformino nell’inferno annunciato.

 




Soldati israeliani arrestano bambino di 10 anni

Soldati israeliani irrompono in una scuola palestinese e arrestano un bambino di 10 anni

Soldati pesantemente armati entrano nella scuola a Hebron occupata, minacciano gli insegnanti e portano via un bambino andando probabilmente oltre il loro potere di arrestarlo perché troppo giovane

+972

Di Meron Rapoport – 21 marzo 2019

 

Questa settimana soldati israeliani pesantemente armati hanno fatto irruzione in una scuola palestinese a Hebron, nella Cisgiordania occupata, ed hanno portato via un bambino di 10 anni. Per le leggi israeliane sia civili che militari l’età minima per essere imputati penalmente è di 12 anni.

Benché i soldati in questo caso siano probabilmente andati oltre il loro potere, non sarebbe la prima volta che ciò accade. È stato documentato che nel corso degli anni soldati israeliani hanno arrestato e imprigionato bambini palestinesi ancora più giovani, soprattutto ad Hebron.

L’episodio di questa settimana è avvenuto alla scuola Haj Ziad Jaber di Hebron, una città della Cisgiordania in cui centinaia di soldati israeliani sono dislocati in permanenza vicino a centinaia di coloni ebrei e a decine di migliaia di palestinesi.

Mentre i coloni ebrei che vivono nella stessa città sono sottoposti alle leggi civili israeliane, i palestinesi, anche quelli che abitano nella stessa via, sono sottoposti alle leggi militari e possono essere arrestati in qualunque momento dalle truppe israeliane – un esercito straniero.

Secondo un articolo di Ma’an News [sito di notizie palestinese, ndt.], che ha pubblicato un video dell’episodio, i soldati hanno fatto irruzione nella scuola e hanno trascinato via il bambino dall’aula. La scuola ha scritto sulla sua pagina Facebook che il bambino frequenta la quarta elementare.

Nel video si può vedere un ufficiale dell’esercito israeliano afferrare il bambino, che sembra giovanissimo. Qualche adulto palestinese, compreso il vice-preside della scuola, cerca di impedire ai soldati di portarselo via.

Si vede un altro soldato israeliano spingere un anziano palestinese, che Ma’an ha identificato come il vice-preside. Quando un altro insegnante palestinese cerca di spiegare ai soldati che si tratta di un bambino piccolo, l’ufficiale israeliano gli risponde in ebraico: “Hanno lanciato pietre, non mi importa la loro età,” aggiungendo che li avrebbe portati in una stazione di polizia israeliana.

Quando il vice-preside chiede ai soldati israeliani di spiegare in arabo quello che sta succedendo, l’ufficiale dell’esercito risponde, di nuovo in ebraico: “Non me ne frega niente del tuo arabo.”

La maggioranza dei palestinesi non parla ebraico e quasi tutti i soldati israeliani, persino quelli con funzioni che richiedono loro di interagire quotidianamente con la popolazione palestinese occupata, non parla arabo.

Nel video ad un certo punto si vede l’ufficiale israeliano parlare nella sua radio e ordinare ad altri soldati di entrare a scuola, dicendo: “Ci sono insegnanti che mi stanno saltando addosso.” Un altro soldato allora minaccia di rompere un braccio a uno dei maestri palestinesi.

Quando un insegnante palestinese chiede di parlare con un ufficiale israeliano di grado superiore, l’ufficiale che per primo ha fatto irruzione nella scuola per arrestare il bambino risponde: “Parla con chi vuoi, non me ne frega niente.”

Alla fine, dopo che i rinforzi dell’esercito israeliano hanno occupato i corridoi della scuola elementare, ognuno con in mano un fucile da guerra, i soldati portano via il bambino palestinese di 10 anni e almeno uno degli adulti.

Secondo Ma’an, “fonti locali” hanno detto che a quel punto le autorità palestinesi hanno cercato di intervenire e il bambino è stato rilasciato qualche tempo dopo.

Gaby Lasky, avvocatessa israeliana specializzata in diritti umani nei territori palestinesi occupati, ha affermato che, poiché l’età minima per essere imputati penalmente è di 12 anni, “i soldati non avevano l’autorità di arrestare il bambino.”

“Ogni soldato, e sicuramente ogni ufficiale, dovrebbe sapere di non avere l’autorità legale di arrestare o giudicare un bambino di quell’età,” ha spiegato Lasky. Anche entrare in una scuola durante le ore di lezione con delle armi, senza autorizzazione e senza essersi messi d’accordo con la direzione della scuola è una cosa che dovrebbe essere vietata. Di solito, dice, persino l’esercito evita di farlo.

Lasky dice che sta pensando di presentare un esposto contro i soldati per essere entrati nella scuola ed aver arrestato il bambino.

Un portavoce dell’esercito israeliano ha risposto affermando che un gruppo di studenti aveva lanciato pietre verso auto israeliane nella colonia ebraica di Hebron e che, in seguito all’incidente, una “forza militare ha fatto un ammonimento verbale agli scolari, ma non sono stati arrestati.”

Tuttavia, ha aggiunto il portavoce, “l’episodio verrà indagato e in base a ciò verrà chiarito il regolamento.”

 

Meron Rapoport è un giornalista di “Local Call” [sito di notizie in ebraico di +972, ndt.], dove è già stata pubblicata una versione in ebraico di questo articolo.

 

(traduzione di Amedeo Rossi)

 

 




Alture del Golan: Trump e Netanyahu

Alture del Golan: Trump intende ‘puntellare’ Netanyahu prima del voto in Israele

Alcuni analisti affermano che la dichiarazione ‘si fa beffe delle leggi internazionali’ per aiutare Netanyahu nelle imminenti elezioni israeliane

Middle East Eye

 

Di Ali Harb da Washington – 21 marzo 2019

 

Secondo alcuni analisti l’annuncio di Donald Trump che Washington riconoscerà la sovranità israeliana sulle Alture del Golan siriane occupate è un tentativo di rilanciare le possibilità di rielezione del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

Le affermazioni del presidente USA, fatte su twitter giovedì pomeriggio, arrivano a soli 19 giorni dalle elezioni israeliane.

E con esse Trump ha chiarito di voler “puntellare” Netanyhau, che vi si sta avvicinando indebolito, dice a MEE Khalil Jahshan, direttore esecutivo dell’“Arab Center Washington DC” [Centro Arabo di Washington].

“Il messaggio alla gente là, soprattutto nella regione, e al resto del mondo [è]: se hai la potenza militare e l’appoggio degli USA, vai avanti e occupa con la forza la terra di un altro popolo,” dice Jahshan a MEE.

Jahshan aggiunge che l’affermazione del presidente USA serve come distrazione per i rispettivi , sia di Trump che di Netanyahu, problemi giudiziari in patria.

Il leader israeliano sta affrontando una serie di inchieste per corruzione e un’imminente incriminazione da parte del procuratore generale del Paese, mentre politici USA stanno anticipando la pubblicazione del rapporto del procuratore speciale Robert Mueller sulla possibile collusione tra la squadra della campagna elettorale di Trump e la Russia.

Jahshan afferma che, in mezzo a scandali che possono minacciare la sua presidenza, Trump sta anche cercando di riaffermare il proprio impegno a favore di Israele prima dell’annuale conferenza dell’AIPAC [principale associazione della lobby filo-israeliana negli USA, ndt.] all’inizio della prossima settimana.

In effetti il presidente USA ha recentemente invitato gli ebrei americani ad abbandonare il partito Democratico, sottolineando le proprie leali politiche filo-israeliane, compresi lo spostamento dell’ambasciata USA a Gerusalemme e il ritiro dall’accordo nucleare con l’Iran.

Jahshan sostiene che la dichiarazione sul Golan coincide anche con l’imminente visita di Netanyahu a Washington, dove il primo ministro israeliano incontrerà Trump e la prossima settimana parteciperà alla conferenza dell’AIPAC come principale oratore.

 

“Presidente razzista”

Nihad Awad, direttore esecutivo del “Council on American Islamic Relations” [Comitato per le Relazioni Islamico-Americane] (CAIR), ha definito il tweet di Trump sul Golan un chiaro tentativo di intervenire nella politica israeliana e di dare un aiuto a Netanyahu.

“Trump sta intervenendo nelle elezioni di un Paese straniero a favore di un politico che si è schierato con i razzisti e che in Israele ha fatto approvare leggi segregazioniste sullo Stato-Nazione,” dice Awad del primo ministro israeliano.

Lo scorso anno Israele ha approvato la controversa legge sullo Stato-Nazione, che afferma che il Paese è “unicamente del popolo ebraico”. Chi l’ha criticata ha condannato la legge come razzista, affermando che sancisce la discriminazione contro la minoranza palestinese di Israele per legge.

Netanyahu l’ha citata la scorsa settimana per affermare che Israele è solo per gli ebrei, “non uno Stato per tutti i suoi cittadini”.

Awad mette in relazione le politiche interne di Trump contro immigranti e musulmani e la politica estera di Netanyahu.

“Ora è visto come un simbolo dei nazionalisti e dei suprematisti bianchi in America e nel resto del mondo,” afferma Awad. “Cosa ci possiamo aspettare da un presidente razzista se non che vomiti politiche razziste e posizioni contrarie a persone di colore, a minoranze e a un popolo sotto occupazione?”

Awad dice a MEE che, nonostante le sue affermazioni, il presidente USA non ha l’autorità morale né legale di concedere la sovranità israeliana su terra siriana: “Non spetta a lui legittimare l’occupazione di una terra straniera da parte dello Stato di Israele.”

 

Netanyahu loda l’iniziativa

Israele ha occupato le Alture del Golan siriane nella guerra del 1967 e le ha annesse nel 1981. Ora vi si trovano 34 colonie che ospitano decine di migliaia di israeliani.

Ariel Gold, co-direttrice del gruppo femminista contro la Guerra CODEPINK, dice che Trump sta rafforzando la sua alleanza con dirigenti di destra in tutto il mondo, compresi Netanyahu e il brasiliano Jair Bolsonaro.

La dichiarazione sul Golan isola ulteriormente gli USA dal consenso globale – l’annessione del Golan da parte di Israele non è mai stata riconosciuta dalla comunità internazionale – mentre riduce le prospettive di una pace in Medio Oriente.

“Ciò – come lo spostamento dell’ambasciata – fa sì che Israele sappia che il suo governo ha il sostegno degli USA, e così, con l’appoggio della superpotenza mondiale, non deve prendere troppo in considerazione quello che aiuterebbe a fare la pace,” dice Gold a MEE.

È esattamente quello che lo stesso Netanyahu ha detto giovedì, quando ha lodato la dichiarazione di Trump che riconosce il possesso israeliano delle Alture del Golan.

“Il messaggio che il presidente Trump ha dato al mondo è che l’America sta con Israele,” ha detto in un comunicato.

“Siamo profondamente grati per l’appoggio USA. Siamo profondamente grati dell’incredibile e incomparabile appoggio alla nostra sicurezza e al nostro diritto di difenderci.”

 

“Beffa alle leggi internationali”

L’annuncio di Trump ha suscitato timori che il riconoscimento da parte degli USA della sovranità israeliana sul Golan possa portare all’annessione da parte di Israele di parti della Cisgiordania palestinese occupata, se non di tutto il territorio, con l’appoggio degli USA.

Omar Baddar, vice direttore dell’“Arab American Institute” [Istituto Arabo Americano] dice che Trump sta mettendo ai margini il ruolo degli USA nel mondo non tenendo conto delle leggi internazionali e promettendo “totale appoggio all’illegittima acquisizione del territorio con la forza da parte di Israele.”

Sia Trump che Netanyahu hanno sottolineato che il possesso israeliano sul Golan deve continuare in modo indefinito per garantire la sicurezza del Paese, citando in particolare la guerra civile siriana in corso e la presenza di truppe iraniane nei pressi del suo territorio.

Baddar rifiuta questo ragionamento.

“Ciò che è più insultante per l’intelligenza di chiunque riguardo all’annuncio di Trump è che viene definito come un tentativo di migliorare la ‘sicurezza’ e la ‘stabilità regionale’, quando la verità è che l’occupazione è forse il maggior contributo all’instabilità e alla violenza,” ha scritto in un’email a MEE.

Certo, il tweet di giovedì è l’ultimo esempio della dimostrazione del disprezzo che Trump dimostra nei confronti delle norme e delle istituzioni internazionali per favorire Israele.

Dopo che la sua amministrazione ha riconosciuto Gerusalemme come capitale di Israele contro le obiezioni di alcuni degli alleati più vicini a Washington, ha anche lasciato la Commissione ONU per i Diritti Umani per protesta contro le sue critiche alle politiche di Israele.

Washington ha anche tagliato l’aiuto umanitario ai palestinesi.

Ma Trump non si preoccupa delle risoluzioni dell’ONU e dei trattati internazionali che governano le dispute territoriali, dice Jahshan, dell’“Arab Center”.

Ciò è risultato evidente giovedì, dice Jahshan, in quanto la dichiarazione del presidente “si è fatta beffe delle leggi internazionali.”

 

(traduzione di Amedeo Rossi)

 




Fascismo n°5: la ministra israeliana recita in una bizzarra campagna pubblicitaria per un profumo

Redazione di Middle East Eye

19 marzo 2019, Middle East Eye

Secondo la candidata di estrema destra Ayelet Shaked il profumo fascista “odora come la democrazia”

La ministra della Giustizia Ayelet Shaked recita in una propaganda elettorale satirica del suo partito di estrema destra in cui compare un profumo chiamato “Fascismo” che, dice, “odora come la democrazia”.

Shaked, che partecipa alle elezioni generali del 9 aprile per il partito “Nuova Destra”, sembra prendere in giro i timori di sinistra che il suo partito stia cercando di danneggiare il sistema giudiziario a favore del governo dominato dalla Destra.

In un videoclip in bianco e nero con una musica di pianoforte in crescendo, Shaked indossa gioielli, sta in piedi di fianco a un quadro e scende al rallentatore dalle scale prima di spruzzarsi il profumo “Fascismo”, mentre una voce fuori campo sussurra le frasi “riforma giudiziaria”, “separazione dei poteri”, “governo” e “limitazione della Corte suprema”.

Poi Shaked dice agli spettatori: “Per me ha il profumo della democrazia.” Alla fine del clip di 44 secondi, mentre si allontana dalla telecamera la pubblicità afferma: “La prossima rivoluzione sta arrivando.”

L’annuncio, diffuso in ebraico, può essere visto come un esplicito sostegno al fascismo, ma colpisce per la particolare somiglianza con una scenetta di “Saturday Night Live” [programma comico di una televisione americana, ndt.] che ha ospitato Scarlett Johansson [attrice americana, ndt.] che recitava il ruolo di Ivanka Trump [figlia del presidente americano Donald Trump, ndt.] nella pubblicità di un profumo chiamato “Complicit”, in quanto il programma satirico americano voleva attirare l’attenzione sulla Trump per quelle che considera le sue responsabilità nel governo del padre.

Lunedì il co-fondatore di “Nuova Destra” e ministro dell’Educazione, Naftali Bennett, ha condiviso il video di Shaked con la didascalia: “Il profumo che a quelli di sinistra non piacerà molto.”

La campagna elettorale di Shaked e Bennett promette di contrastare il movimento palestinese Hamas e la Corte Suprema israeliana con lo slogan: “Shaked sconfiggerà l’Alta Corte di Giustizia, Bennett sconfiggerà Hamas.”

Membri del partito hanno accusato la Corte Suprema, formata da 15 persone, di limitare la capacità dei soldati israeliani di “sconfiggere il terrorismo”.

Nel 2017 Shaked ha fatto pressione con successo per la nomina alla Corte di tre giudici di destra, compreso un colono.

Domenica la corte ha escluso dalle elezioni del prossimo mese un candidato ebreo di estrema destra e approvato la candidatura di un partito arabo, una decisione che Shaked ha liquidato come un’“interferenza sbagliata nel cuore della democrazia israeliana.”

Shaked, che si definisce una politica laica, ha co-fondato il partito “Nuova Destra” a dicembre. Ora il partito ha tre seggi nel parlamento israeliano.

I sondaggi prevedono un massimo di sette seggi per il partito “Nuova Destra” nelle imminenti elezioni.

Shaked è stata costantemente criticata da parte di organizzazioni per i diritti umani per le sue virulente posizioni di estrema destra. Nel 2015 avrebbe affermato che le madri palestinesi allevano “piccoli serpenti” e chiesto che vengano uccise.

Ma in un’atmosfera politica di estrema destra in Israele molti politici competono per chi esprime la posizione più intransigente nei confronti dei palestinesi.

Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha alternativamente definito il suo principale oppositore nelle prossime elezioni, Benny Gantz, “debole” e “di sinistra” per il suo presunto atteggiamento disponibile a compromessi verso i palestinesi.

(traduzione di Amedeo Rossi)




Ispettori dell’ONU chiedono a Israele di rivedere le “regole d’ingaggio” nell’imminenza dell’anniversario delle proteste a Gaza.

Un News -18 marzo 2019

Lunedì gli ispettori nominati dal Consiglio [ONU] per i Diritti Umani hanno esortato Israele a rivedere le regole d’ingaggio del suo esercito poco prima del primo anniversario dell’inizio delle manifestazioni presso la barriera di confine del Paese con Gaza, con un bilancio di centinaia di palestinesi morti e altre migliaia feriti.

Parlando a Ginevra il presidente della commissione d’inchiesta sulle proteste del 2018 nel territorio palestinese occupato, Santiago Canton, ha spiegato quello che la commissione ha scoperto riguardo alle relative regole dell’esercito israeliano.

“In base alle regole, possono essere colpiti alle gambe in qualunque momento,” ha detto. “Mentre in teoria questa fondamentale condizione di istigazione doveva essere attribuita solo quando la folla poneva un’imminente minaccia alla vita [dei soldati], in realtà – e questa è stata una delle principali conclusioni della commissione –raramente è stato così.”

Le dichiarazioni di Canton hanno fatto seguito alla sua affermazione secondo cui “la principale conclusione della commissione…è che abbiamo trovato fondati motivi per credere che l’esercito israeliano abbia commesso gravi violazioni dei diritti umani e delle leggi umanitarie internazionali.

Durante le manifestazioni dello scorso anno nella Striscia di Gaza – definite “Grande Marcia del Ritorno e della Rottura dell’Assedio”- la commissione ha scoperto che sono stati uccisi 189 palestinesi, 183 dei quali da proiettili veri.

Tra le vittime ci sono stati minori, persone disabili – compresa una persona amputata a entrambe le gambe che è stata colpita e uccisa mentre era sulla sua sedia a rotelle – , giornalisti e personale paramedico.

A meno di due settimane dall’anniversario dell’inizio delle proteste, la preoccupazione della commissione è evitare che si ripetano dimostrazioni con morti come quelle del 30 marzo, del 14 maggio e del 12 ottobre. “Noi speriamo che la comunità internazionale venga coinvolta per evitare più morti e più sparatorie durante l’anniversario,” ha detto Canton ai giornalisti dopo il suo discorso della mattina al Consiglio per i diritti umani. “Penso che sia la ragione per cui questa presentazione è stata importante. In sostanza è importante che Israele modifichi le regole d’ingaggio e blocchi le sparatorie.”

Si è premuto il grilletto 6.000 volte”

Oltre a quanti sono stati uccisi durante le proteste settimanali alla barriera di confine con Israele, la commissione ONU ha sottolineato i danni causati da proiettili ad alta velocità, che hanno sostituito quelli ricoperti di gomma inizialmente utilizzati contro i manifestanti.

“Nel caso di molte delle uccisioni, ci sono stati fori molto piccoli in entrata e molto grandi in uscita,” ha detto il membro della commissione Sara Hossain. “Abbiamo anche prove dettagliate sul tipo di proiettili, ma pure sull’uso di fucili di precisione di lunga distanza, di sofisticati dispositivi ottici di mira,” ha aggiunto.

“Sappiamo che nel mirino dei cecchini il bersaglio può essere ingrandito, per cui avrebbero potuto sapere le conseguenze di almeno una parte dei tiri. Ciononostante hanno premuto il grilletto, e ciò è avvenuto più di 6.000 volte.”

Alla domanda riguardo alla legalità del fatto di prendere di mira dimostranti disarmati in una manifestazione, la commissione ha insistito che farlo sulla base dell’appartenenza dei singoli a un gruppo armato è illegittimo.

“Crediamo che in una situazione di controllo della folla e che noi crediamo fosse fondamentalmente di civili, se in essa ci sono individui che possono essere un bersaglio legittimo, in ogni caso non si può sparare contro la massa, perché si potrebbero uccidere o colpire individui innocenti,” ha detto Canton.

Apprezzata l’inchiesta di Israele su 11 episodi

La commissione ha anche apprezzato le indagini su undici episodi che Israele ha detto di voler intraprendere, anche se Hossain chiede maggiore trasparenza.

“Sulla natura delle inchieste, per quelle di Israele, hanno annunciato che ci sono questi 11 episodi…ma ciò dopo un anno,” ha affermato. “E non ci sono dichiarazioni su come procedono queste inchieste e pensiamo che ci sia quanto meno un obbligo etico di rivelare quale sia il loro risultato.”

Hossein ha detto che nel rapporto della commissione per il Consiglio per i Diritti Umani è stato anche affrontato il problema del lancio di aquiloni e palloni incendiari da parte dei manifestanti di Gaza, notando che hanno provocato “significativi danni alle proprietà” nel sud di Israele.

Lunedì, in un ulteriore incontro, il relatore speciale del Consiglio per i Diritti Umani Michael Lynk ha messo in guardia su un’imminente “catastrofe umanitaria” a Gaza legata alle “soffocanti restrizioni” sugli abitanti della Striscia.

“Israele ha continuato a imporre un ermetico blocco aereo, marittimo e terrestre attorno a Gaza, controllando chi e cosa entra ed esce dalla Striscia (di Gaza),” ha detto Lynk al Consiglio. “Per circa cinque milioni di palestinesi che vivono sotto occupazione il peggioramento della fornitura di acqua, lo sfruttamento delle risorse naturali e la deturpazione del loro ambiente sono sintomatici della mancanza di ogni significativo controllo che possono avere sulla loro vita quotidiana.”

Una gravissima preoccupazione è dovuta all’“esaurimento delle fonti naturali di acqua potabile a Gaza e all’impossibilità per i palestinesi di avere accesso alla maggior parte delle loro sorgenti in Cisgiordania,” ha detto il relatore speciale.

L’agenzia ONU per la salute avverte che il livello di necessità delle vittime di Gaza è enorme

In concomitanza con gli sviluppi al Consiglio per i Diritti Umani di lunedì, l’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) ha chiesto 5,3 milioni di dollari per aiutare le molte migliaia di gazawi feriti e menomati durante le manifestazioni.

“La vastità delle necessità traumatologiche a Gaza è enorme: ogni settimana continuano ad arrivare agli ospedali pazienti feriti, che necessitano di complesse cure a lungo termine,” ha detto il dottor Gerald Rockenschaub, capo dell’ufficio del OMS per i Territori Palestinesi Occupati.

L’OMS ha ripetuto la preoccupazione che l’imminente anniversario di un anno della “Grande Marcia del Ritorno” il 30 marzo possa avere come risultato ulteriori vittime e un incremento di persone che hanno bisogno di cure traumatologiche e di servizi di riabilitazione.

(traduzione di Amedeo Rossi)




Hamas reprime le proteste per le condizioni di vita a Gaza

Kaamil Ahmed

16 marzo 2019, Middle East Eye

I palestinesi di Gaza hanno protestato per tre giorni contro il crescente costo della vita e gli aumenti delle tasse

Pare che le forze di Hamas abbiano represso le proteste per migliori condizioni di vita nella Striscia di Gaza assediata, incolpando delle dimostrazioni la rivale Autorità Nazionale Palestinese. 

Le proteste sono proseguite sabato per il terzo giorno consecutivo, per denunciare le misere condizioni economiche, il crescente costo della vita e gli aumenti delle tasse.

Le manifestazioni si sono svolte in tutta Gaza, ma si sono concentrate a Deir al-Balah, una cittadina a sud di Gaza City.

Riprese dal vivo postate sui social media da Deir al-Balah sembrano mostrare forze di sicurezza di Hamas in assetto antisommossa che picchiano i manifestanti con bastoni.

Dei testimoni, che in gran parte filmavano dalle loro case, hanno gridato vedendo altri abitanti inseguiti, compreso un uomo che sembrava chiedesse agli altri manifestanti di smettere di lanciare oggetti contro la polizia.

La giornalista di Gaza e corrispondente di MEE Hind Khoudary ha detto che i manifestanti, comprese le donne, sono stati picchiati e che le forze di sicurezza hanno fatto incursione nelle case intorno al luogo della protesta. Ha aggiunto che durante le dimostrazioni si è sentito il rumore di proiettili veri.

L’associazione palestinese per i diritti umani Al-Haq ha criticato le “gravi aggressioni” ai manifestanti, inclusi tre membri dell’associazione di Gaza per i diritti ‘Commissione indipendente per i diritti umani’.

“Le aggressioni contro di loro sembrano indicare che i servizi di sicurezza a Gaza volevano impedire che conducessero il loro lavoro a favore dei diritti umani, e ostacolare il loro monitoraggio e la documentazione delle violazioni e le relative conseguenze sulla situazione dei diritti umani”, ha detto sabato Al-Haq in una dichiarazione.

L’organizzazione ha affermato che centinaia di manifestanti si erano radunati in diverse città, esponendo cartelli che chiedevano sia al governo de facto di Hamas che al suo rivale, l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) capeggiata da Fatah con sede nella Cisgiordania occupata, di migliorare le condizioni di vita.

Gaza ha subito per oltre un decennio un blocco terrestre, marittimo e aereo imposto da Israele ed Egitto, che limita il movimento sia di merci che di persone. Nello stesso periodo vi è stata una contrapposizione tra Hamas e Fatah, dopo che il primo ha assunto il controllo di Gaza nel 2007 in seguito alle elezioni legislative del 2006 in cui la vittoria di Hamas è stata contestata da Fatah. 

Dal 2017 il leader di Fatah e presidente dell’ANP Mahmoud Abbas ha cercato di aumentare la pressione su Hamas, tagliando la fornitura di elettricità a Gaza e bloccando il pagamento dei salari dei dipendenti dell’ANP a Gaza.

Dopo il ritiro dell’ANP da Gaza nel 2007, essa ha continuato tuttavia a pagare quei dipendenti a condizione che non lavorassero per Hamas. Nelle drammatiche condizioni dell’enclave assediata, i salari dell’ANP sono stati spesso un’ancora di salvezza per molte famiglie di Gaza.

Una dichiarazione di Hamas di sabato attribuisce la colpa delle condizioni economiche del territorio all’assedio e alle misure dell’Autorità Nazionale Palestinese, definendole un “crimine nazionale, morale ed umanitario” finalizzato a seminare divisione tra i palestinesi.

Dopo le proteste di venerdì, l’ufficio ONU per l’Alto Commissario dei diritti umani ha detto di essere “scioccato dalla risposta violenta delle forze di sicurezza di Hamas nel disperdere le dimostrazioni nella Striscia di Gaza”.

“Personale della sicurezza in borghese, tra cui molti armati di bastoni, ha fatto irruzione nelle manifestazioni e impedito con la forza ai partecipanti di filmare o fotografare anche i casi di pestaggi e ricoveri in ospedale di molti manifestanti. Un numero imprecisato di dimostranti è stato arrestato e detenuto dalle forze di sicurezza”, si afferma nella dichiarazione.

Le proteste per le condizioni di vita a Gaza sono iniziate nel momento in cui venerdì per la prima volta è stata annullata la protesta della ‘Grande Marcia del Ritorno’, dopo che aerei israeliani hanno fatto incursioni notturne nell’enclave e sono stati lanciati razzi su Tel Aviv.

La ‘Grande Marcia del Ritorno’, una serie di manifestazioni periodiche iniziata il 30 marzo 2018, chiedeva la fine dell’assedio e la concretizzazione del diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi le cui famiglie furono espulse al momento della nascita dello Stato di Israele. Dall’inizio della marcia le forze israeliane hanno ucciso a Gaza più di 255 palestinesi e ne hanno feriti oltre 29.000. Nello stesso periodo sono stati uccisi due soldati israeliani.

La sospensione della ‘Grande Marcia del Ritorno’ avviene nel momento in cui pare che l’Egitto stia facendo da intermediario in un accordo di tregua tra Israele e Hamas – nel timore che, se non si fa nulla, le attuali tensioni possano sfociare in una vera e propria guerra.

(Traduzione di Cristiana Cavagna)

 




Un’impennata della censura: nel 2018 Israele ha censurato in media un articolo al giorno

Haggai Matar

15 marzo 2019, +972

Lo scorso anno la censura dell’esercito israeliano ha vietato la pubblicazione di più notizie che in quasi ogni altro anno in questo decennio. Mentre meno articoli che negli anni precedenti sono stati sottoposti alla verifica, la percentuale di articoli che sono stati parzialmente o totalmente censurati è stata notevolmente più alta.

Nel 2018 la censura militare israeliana ha vietato la pubblicazione di 363 articoli, più di 6 alla settimana, mentre ha parzialmente o totalmente cancellato un totale di 2.712 notizie che le sono state sottoposte a controllo preventivo. Secondo i dati, forniti in risposta a una richiesta relativa alla libertà di informazione presentata da +972 Magazine [sito web israeliano di sinistra in inglese, ndt.], da “Local Call” [versione in ebraico di +972, ndt.] e dal “Movimento per la libertà d’informazione” [associazione israeliana per la trasparenza nell’informazione, ndt.], nel 2018 il censore ha vietato la pubblicazione di notizie più che in qualunque altro anno del decennio.

È aumentato anche il numero di notizie pubblicate con l’intervento della censura, in quanto la percentuale di informazioni censurate nel 2018 è stata più alta che in qualunque anno dal 2011. Solo il 2014 – l’anno dell’ultima guerra israeliana contro Gaza – ha visto una censura altrettanto significativa sulla stampa, quando il censore dell’IDF [l’esercito israeliano, ndt.] ha parzialmente o totalmente cancellato 3.122 notizie e ha completamente bloccato la pubblicazione di altri 597 articoli.

Rispetto al 2017 il picco di interventi censori è significativo: nell’ultimo anno il censore dell’IDF ha impedito la pubblicazione di 92 articoli in più rispetto all’anno precedente, mentre ha parzialmente o totalmente cancellato altre 625 notizie. Negli ultimi otto anni il censore ha impedito che venisse stampato un totale di 2.661 informazioni.

In Israele viene chiesto a tutti i mezzi di comunicazione di sottoporre al controllo della censura dell’IDF gli articoli riguardanti la sicurezza e le relazioni internazionali prima della loro pubblicazione. Il censore ricava la propria autorità dalle “disposizioni d’emergenza” messe in atto dopo la fondazione di Israele e che sono rimaste in vigore fino ad oggi. Queste disposizioni consentono al censore di cancellare totalmente o parzialmente un articolo, vietando ai mezzi di comunicazione di segnalare in qualche modo se un articolo è stato modificato. Negli ultimi anni, tuttavia, sempre più giornalisti in Israele hanno utilizzato il termine “approvato dalla censura” nei loro articoli.

Negli ultimi anni il censore ha anche cercato di estendere il raggio del proprio potere per controllare informazioni prima della pubblicazione in rete, anche notificando a blogs indipendenti e a pubblicazioni digitali, come +972 Magazine, che devono sottoporre a controllo certi articoli.

Mentre i criteri giuridici che definiscono il mandato della censura militare sono sia stringenti che decisamente ampi, la decisione su quali articoli sottoporre al controllo rimane a discrezione dei direttori dei mezzi di informazione israeliani. Nel 2018 i giornalisti hanno sottoposto a controllo 10.938 articoli, meno che nell’anno precedente (11.035). La diminuzione degli articoli presentati, insieme all’aumento degli interventi censori, potrebbe indicare che i redattori hanno imparato cosa sia o non sia di reale importanza per il censore, diventando più selettivi riguardo a quello che presentano [alla censura]. Oppure la riduzione può essere il risultato del fatto che i mezzi di comunicazione pubblicano meno articoli su problemi riguardanti la sicurezza.

Mentre il censore dell’esercito israeliano non rivela quali articoli ha revisionato con maggiore frequenza, è probabile che il significativo aumento della censura lo scorso anno sia legato alle attività dell’esercito israeliano, sia palesi che occulte, contro l’Iran in Siria e in Libano, o ad articoli sulle unità israeliane in incognito nella Striscia di Gaza denunciate da Hamas lo scorso novembre.

Israele è l’unico Paese del mondo democratico in cui ai giornalisti e alle pubblicazioni è legalmente richiesto di sottoporre a controllo i propri articoli prima della pubblicazione e l’unico in cui questa censura può essere imposta penalmente. Oltretutto i poteri della censura militare israeliana si estendono al di là dei mezzi di informazione e includono l’autorità di controllare prima della loro pubblicazione e censurare libri e documenti negli archivi di Stato.

Nel 2018 gli editori israeliani hanno sottoposto 83 libri alla censura militare israeliana, di cui solo 34 sono stati approvati senza nessun intervento. Nel contempo lo scorso anno il censore ha parzialmente o totalmente censurato 49 libri. Nel 2017 sono stati presentati alla censura dell’IDF 84 libri, 53 dei quali sono stati censurati e 31 approvati.

Negli ultimi anni il censore dell’IDF ha anche controllato documenti negli archivi di Stato, presumibilmente come parte di un tentativo di rendere disponibili questi documenti al pubblico. Il personale degli archivi di Stato ha sempre usato la propria discrezionalità riguardo a quali documenti rendere pubblici e quali potessero eventualmente rappresentare una minaccia per il prestigio internazionale o per la sicurezza nazionale. Nel 2018 gli archivi di Stato hanno sottoposto a controllo solo 2.908 documenti, rispetto ai 7.770 del 2016 e ai 5.213 del 2017. La censura dell’IDF, tuttavia, ha rifiutato di comunicare il numero di documenti su cui è intervenuta.

Il censore dell’IDF è escluso dalla legge sulla libertà di informazione e quindi non è affatto obbligato a pubblicare i propri dati. Nel corso degli anni si è anche modificata l’ampiezza delle informazioni condivise. Prima che nel 2015 il generale di brigata Ariella Ben Avraham assumesse l’incarico di capo censore, eravamo abituati a ricevere risposte su quanto materiale di archivio fosse stato censurato, così come su quanto spesso i censori avessero chiesto di eliminare o modificare le informazioni che erano già state pubblicate senza essere sottoposte a controllo.

In una lettera del 2018 il generale di brigata Ben Avraham ha scritto che questi dati non sono più raccolti e di conseguenza non possono più essere divulgati al pubblico. In merito Racheli Edri, direttrice esecutiva del “Movimento per la Libertà di Informazione” ha chiesto che il censore tenga nota di questi dati e li renda pubblici in futuro, ma non ha ricevuto risposta.

Questi dettagli non sono stati inclusi nell’ultima serie di dati diffusi dal censore nel 2019.

Tutti sanno che, di questi tempi, tutta l’istituzione della censura militare deve essere in qualche modo rivista,” dice Edri. “Poiché cerchiamo di capire l’ampiezza del lavoro di revisione dei censori, ci rivolgiamo a loro con l’intesa non scritta che rispondano davvero. Tuttavia, quando non condividono le informazioni con noi, i nostri strumenti per impugnare la loro decisione sono molto scarsi, quasi inesistenti.”

Edri spiega che in un certo senso ciò crea una specie di censura doppia: “Prima loro censurano, poi non forniscono le informazioni sull’ampiezza della censura.”

(traduzione di Amedeo Rossi)




Elezioni in Israele, bombe su Gaza

Patrizia Cecconi

15 marzo 2019 , Pressenza

Tutto è cominciato nella tarda serata di ieri, 14 marzo, quando due razzi del tipo Fajar sono stati lanciati su Tel Aviv. Uno dei due è stato intercettato e neutralizzato dall’iron dome e l’altro è caduto in zona disabitata senza creare danni né a persone né a cose.

I razzi Fajar hanno una gittata capace di raggiungere il centro di Israele, sono in possesso del partito della Jihad Islamica a cui sarebbero forniti dall’Iran. Infatti la prima dichiarazione israeliana ha tirato in mezzo proprio l’Iran che, come tutti sanno, è la bestia nera di Netanyahu. Per la prima volta Israele non ha accusato Hamas del lancio, bensì la Jihad proprio in quanto questa sarebbe foraggiata dal paese islamico che il premier israeliano sogna di distruggere e non ne fa mistero. Così, grazie ai due razzi Fajar, Israele ha potuto accusare al tempo stesso due nemici assoluti: l’Iran e l’islam, ottenendo i consensi che sa di ottenere quando gioca sulla confusione tra islamici e islamisti mettendo nello stesso cesto l’Isis e i suoi avversari musulmani, cosa che fa abitualmente riferendosi ad Hamas il quale, in realtà, è il vero baluardo contro l’Isis. Ma la storia dei razzi fajar questa volta ha del giallo, visto che il partito della Jihad, per voce del suo rappresentante Dawod Shihab, ha categoricamente smentito ogni implicazione ed altrettanto ha fatto il partito al governo, lasciando trapelare nell’aria l’idea che possa essersi trattato di “missili elettorali”.

Per esperienza pluriennale, ogni analista politico sa che tutte le azioni contro Israele partite da Gaza vengono rivendicate con orgoglio e come esempio di resistenza attiva, per cui suona veramente strano che quest’azione non abbia rivendicazioni dall’interno della Striscia. Dopo i recenti episodi di infiltrazioni straniere, non stupisce l’ipotesi che questo lancio possa essere stato pilotato a distanza, una distanza che qualcuno legge come servizi speciali israeliani e qualcuno come mano palestinese profondamente avversa sia alla riconciliazione che al partito al governo nella Striscia.

Al momento ogni opinione ha una sua possibilità di accoglimento, ma nessuna di queste si fonda su basi documentate. Ciò che invece è sotto gli occhi di qualunque lettore minimamente attento, è l’uso elettorale pro-Netanyahu che i due Fajar stanno giocando. A poche settimane dalle elezioni , con cause pendenti per frode e corruzione e con avversari politici che dirigono il loro consenso elettorale sul dichiarato impegno genocidario verso i palestinesi, cosa può essere più indicato – per la risalita nel gradimento elettorale del premier uscente – di una punizione collettiva all’incubo-Gaza, anticipando i vari Gantz, o Bennet, o Lieberman nell’uso dell’aviazione di guerra?

Per quanto Israele ci abbia abituati ad agire in totale libero arbitrio e quindi a uccidere quasi quotidianamente, arrestare adulti e bambini, rubare terra e, non ultimo, bombardare senza doverne mai rispondere, l’ultimo rapporto Onu deve aver influenzato il primo ministro il quale, secondo la comprovata ratio del lupo e dell’agnello, ha avuto bisogno del casus belli per trovare il consenso mondiale alla sua azione, riconquistando, attraverso la punizione collettiva contro Gaza, l’elettorato israeliano.

Interessante notare la correlazione suggerita da diversi media più o meno filo-israeliani, tra le manifestazioni dei gazawi contro il carovita, represse dalla polizia governativa, e il lancio dei razzi su Tel Aviv, come fossero non semplici concomitanze ma frutto di una stessa strategia. Ma se così fosse, la strategia mirerebbe ad accrescere il dissenso verso il governo e a far considerare la “punizione collettiva” come indotta dal partito che governa la Striscia. Ovvero mirerebbe all’abbattimento dall’interno, grazie ad una serie di azioni combinate, della componente che governa Gaza. Chi beneficerebbe di questo, oltre a Israele? E, prima di tutto, ha basi reali per essere presa in considerazione una tale ipotesi o è pura fanta-politica basata su connessioni non troppo dissimili da quelle create da statistici fantasiosi capaci di correlare l’aumento delle vendite di lavatrici in Scozia con l’aumento delle nascite in California?

Per evitare di essere trascinati nella spirale del caos, che impedisce di vedere i fatti nella loro concretezza contestuale, partiamo dalla situazione reale ponendo, metaforicamente, su una superficie piana l’avvicendarsi degli eventi. Da una parte Israele, con le prossime elezioni e gli elementi considerati vincenti dai vari candidati. Dall’altra parte Gaza, come parte della Palestina che rivendica la fine dell’assedio e il rispetto di una Risoluzione Onu, la 194 che Israele calpesta da sempre e che riguarda tutti i palestinesi. Per quanto riguarda le elezioni in Israele, basta una rapida occhiata a quanto successo in tutte le tornate elettorali per capire che il consenso va a chi mostra maggior truculenza, possibilmente genocidaria, verso i palestinesi. Netanyahu è sempre stato uomo di parola, ha rispettato le sue promesse elettorali con espropriazioni di terre palestinesi, incremento degli insediamenti ebraici su terreno palestinese, politiche di arresti e di demolizione di case palestinesi e solenne promessa che con lui al potere non ci sarebbe mai stato uno Stato palestinese. Ciò nonostante, nel democratico Stato ebraico c’è chi promette di più. C’è chi, ignaro dei fondamentali tanto della politica che dell’economia, promette che col suo eventuale governo si arriverebbe alla “soluzione finale” della Striscia di Gaza, senza l’uso di camere a gas, perché quelle appartengono a un passato che non tutti gli ebrei accetterebbero, ma con l’uso di armi moderne già sperimentate nei terribili massacri – ovviamente impuniti – di “piombo fuso” e “margine protettivo”. Questi dichiarati fascisti ebrei ignorano quanto Gaza possa servire economicamente e politicamente a Israele o, forse, non lo ignorano ma contano sull’ignoranza e l’odio viscerale dei loro potenziali elettori.

In questa gara in cui “vinca il migliore” si trasforma in “vinca chi offre maggiori garanzie antipalestinesi” anche il falco Netanyahu sembra poco affidabile ed ecco quindi la necessità di dar prova del suo coraggio da leone nel bombardare in poche ore – ovviamente dall’alto, sapendo che Gaza non ha né aviazione, né unità di contraerea – ben 100 strutture dette, ad usum delphini, postazioni di Hamas, vale a dire uffici pubblici, caserme, palestre, posti di guardia e così via.
Come iniziare un bombardamento così possente, durato un’intera notte? Forse senza il rapporto ONU non ci sarebbe neanche stato bisogno dei missili, comunque i due missili sono stati lanciati, seppur senza danni, e tutto rientra perfettamente nel quadro della risposta del povero Israele aggredito dal terrorismo palestinese. Bugia che ormai non dovrebbe più reggere ma che viene alimentata dai media trasmettitori della narrazione israeliana ormai senza più neanche bisogno di istruzioni. Se qualche operatore dell’informazione stesse qui ora, in Gaza city, scrivendo mentre i droni volano bassi e il loro insopportabile ronzio avverte, da oltre 12 ore, i gazawi che l’occupante guarda dall’alto e può decidere in ogni momento un bombardamento addizionale, forse scriverebbero altro che non la narrazione israeliana, sebbene in salse diversamente colorite come si addice alla forma democratica che accantona la sostanza. Questo tormento di “zannana” cioè dei droni, come vengono chiamati qui per il loro ronzio insopportabile, viene ripreso e rimandato sui canali televisivi israeliani in modo che i telespettatori sappiano che Netanyahu sa come tenere a bada la popolazione assediata di Gaza e in tal modo le pesanti accuse di frodi e corruzioni passino per peccati veniali.

Dall’altra parte della nostra metaforica superficie piana abbiamo una popolazione di circa 2 milioni di abitanti di cui un’alta percentuale è stremata dal disagio economico crescente e dalla mancanza di prospettive; abbiamo al governo un partito che molti anni fa vinse legalmente le elezioni grazie anche al suo impegno a migliorare strutture sanitarie e sociali in genere che ora, però, non riesce più a offrire. Un governo oggettivamente intollerante e bigotto, ma anche ostacolato ed emarginato dal mondo in omaggio a Israele e, secondariamente, all’Anp. Abbiamo un lavorio subdolo portato avanti, anche in buona fede, da molti occidentali che indirettamente fanno cantare nelle menti dei gazawi le sirene del consumismo e, insieme, la frustrazione di non poterle raggiungere. Abbiamo una larga fetta di popolazione che non vuole neanche sentire la parola “politica” ormai considerata solo come clientelismo e rovina, che però sta perdendo il suo antico orgoglio, distruggendolo con continue richieste di elemosine a quell’Occidente che immagina tenutario di ricchezze infinite e dal quale, anche psicologicamente, finisce per dipendere. Ma abbiamo anche energie, minoritarie come numero, ma fortissime come volontà, che sono il vero incubo di Israele. Sono quelle che respingono con dignità e orgoglio il “deal of century” di Trump e il paternalismo del Qatar che pensava di tacitare la popolazione gazawa a beneficio di Israele offrendo denaro e caramelle. E’ questa minoranza che rappresenta la vera resistenza di Gaza, è questa minoranza l’incubo di Israele. Il cuore pulsante, attualmente, ce l’ha nell’organizzazione della Grande marcia del ritorno, anche se Hamas ormai cerca ti tenerne il controllo. L’innovazione politica ce l’ha la costruzione di “Alleanza democratica”, la nuova formazione che raggruppa tutti i partiti di sinistra unendo l’aspetto politico e quello sociale e ponendosi come terzo polo tra Fatah e Hamas. E’ con questa che Israele dovrà fare i conti anche se dovesse arrivare, grazie alla mediazione dell’Egitto, a un accordo con Hamas.

Proprio mentre la delegazione egiziana ieri sera era in riunione con Hamas per stabilire gli eventuali passi per una tregua di lunga durata sono partiti i “missili elettorali” che Gaza NON rivendica. E proprio l’immediato avviso dell’IDF alla delegazione egiziana di lasciare immediatamente la Striscia è stato il campanello d’allarme che ha permesso di svuotare le cosiddette “postazioni di Hamas” ed evitare martiri, nonostante i massicci bombardamenti.
Data la situazione particolarmente drammatica, la Grande Marcia oggi è stata eccezionalmente sospesa. Che sia un bene o un male lo diranno gli eventi. Al momento sappiamo che il governo di Gaza non vuole un’escalation militare. Sappiamo che la resistenza gazawa questa notte ha risposto ai pesanti bombardamenti israeliani lanciando una ventina di missili e sparando colpi di mortaio. Sappiamo che la stampa mainstream ha posto umana attenzione verso gli israeliani spaventati dai razzi i quali correvano nei rifugi – che loro fortunatamente hanno – e che 5 di loro sono stati soccorsi da personale paramedico per ansia da stress. Sappiamo che una donna di Rafah ha subito l’amputazione di una mano e che ci sono diversi altri feriti. Per quanto riguarda lo stress, questo per i palestinesi non è preso in considerazione. Sappiamo inoltre che se non fosse Israele, ma un altro paese ad agire così, non avremmo remore a definirlo Stato canaglia. Sappiamo anche che i droni che fanno impazzire per il loro ronzio sono l’occhio di Israele su Gaza, ma ciò che non sappiamo ancora è chi e perché ha lanciato quei due missili che hanno permesso a Netanyahu di mostrare agli israeliani la faccia che a loro piace di più. Altra cosa che non sappiamo ancora è se Israele è sazio o se stanotte ci sarà un’altra nottata “elettorale”