L’Australia annulla il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele

Redazione Al Jazeera

18 ottobre 2022 – Al Jazeera

Il ministro degli Esteri Penny Wong afferma che il governo “si rammarica” ​​della decisione presa dalla precedente amministrazione e ribadisce l’impegno per la soluzione a due Stati.

L’Australia afferma che non riconoscerà più Gerusalemme Ovest come capitale di Israele, annullando una decisione presa dal governo dell’ex primo ministro Scott Morrison nel 2018.

“Oggi il governo ha riaffermato la posizione precedente e di lunga data dell’Australia secondo cui Gerusalemme è una questione di status finale che dovrebbe essere risolta nell’ambito di un negoziato di pace tra Israele e il popolo palestinese”, ha affermato il ministro degli Esteri Penny Wong in una nota.

Questo annulla il riconoscimento da parte del governo Morrison di Gerusalemme Ovest come capitale di Israele”.

Wong ha ribadito che l’ambasciata australiana rimarrà a Tel Aviv e che Canberra è impegnata in una soluzione a due Stati “in cui Israele e un futuro Stato palestinese coesistano, in pace e sicurezza, entro confini internazionalmente riconosciuti”.

Ha aggiunto: “Non sosterremo un approccio che indebolisca questa prospettiva”.

Lo status di Gerusalemme è uno dei maggiori punti critici nei tentativi di raggiungere un accordo di pace tra Israele e i palestinesi.

Israele considera l’intera città, compreso il settore orientale che ha annesso dopo la guerra in Medio Oriente del 1967, come sua capitale, mentre i rappresentanti palestinesi, con ampio sostegno internazionale, vogliono Gerusalemme est occupata come capitale di un futuro Stato che sperano di creare nella Cisgiordania occupata e nella Striscia di Gaza.

L’Autorità Nazionale Palestinese plaude a questa decisione

L’Autorità Nazionale Palestinese plaude alla decisione dell’Australia, che probabilmente porterà alla ribalta la questione israelo-palestinese.

“Accogliamo con favore la decisione dell’Australia in merito a Gerusalemme e la sua richiesta di una soluzione a due Stati in conformità con la legittimità internazionale”, ha dichiarato su Twitter il ministro degli Affari Civili dell’Autorità palestinese, Hussein al-Sheikh.

Sheik plaude “all’affermazione dell’Australia secondo cui il futuro della sovranità su Gerusalemme dipende dalla soluzione permanente basata sulla legittimità internazionale”.

Shahram Akbarzadeh della Deakin University [con sede a Melbourne, ndt.] ha affermato che la decisione dell’Australia rafforzerà il consenso internazionale sullo status di Gerusalemme.

“L’Australia si stava discostando da quel consenso, ma ora sta tornando indietro.

porterà sicuramente sotto i riflettori la questione, il conflitto israelo-palestinese e il futuro di una soluzione a due Stati”, ha detto ad Al Jazeera da Melbourne, aggiungendo che la comunità internazionale ha una grande responsabilità nell’affrontare questo annoso problema.

C’è un consenso internazionale sul fatto che lo status di Gerusalemme dovrebbe essere gestito e deciso nell’ambito di un più ampio negoziato sul futuro dei due Stati, di Israele e Palestina. Non possono essere separati da quella questione”.

Il reportage di Bernard Smith di Al Jazeera da Gerusalemme Ovest afferma che, sebbene l’annuncio di Wong sia un “piccolo cambiamento”, è comunque significativo.

“La maggior parte dei Paesi riconosce che lo status finale di Gerusalemme deve essere definito nei colloqui sulla statualità palestinese, e i palestinesi vogliono Gerusalemme est come loro capitale”, ha aggiunto.

Israele convoca l’inviato australiano

Martedì il primo ministro israeliano Yair Lapid ha criticato aspramente la decisione dell’Australia.

Lapid ha descritto la decisione come una “risposta affrettata”, aggiungendo: “Possiamo solo sperare che il governo australiano gestisca altre questioni in modo più serio e professionale.

In una dichiarazione rilasciata dal suo ufficio il primo ministro ha anche affermato “Gerusalemme è la capitale eterna e unita di Israele e nulla lo cambierà mai”.

Il ministero degli Esteri israeliano ha reso noto di aver convocato l’ambasciatore australiano per presentare una formale protesta.

L’ex primo ministro australiano Morrison annunciò che il suo governo conservatore avrebbe riconosciuto Gerusalemme Ovest come capitale di Israele dopo che gli Stati Uniti [l’amministrazione Trump, ndt.] avevano rovesciato la loro decennale politica riconoscendo la città [di Gerusalemme come capitale di Israele, ndt] e spostando lì da Tel Aviv l’ambasciata degli Stati Uniti.

La decisione australiana fu ampiamente criticata dai gruppi filo-palestinesi così come dal Partito Laburista, che allora era all’opposizione e promise di ribaltare la decisione se avesse vinto le elezioni.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




Un medico tra i due palestinesi uccisi dalle forze israeliane a Jenin

Zena Al Tahhan

14 ottobre 2022 – Al Jazeera

Almeno 160 palestinesi sono stati uccisi dalle forze israeliane nella Cisgiordania occupata dall’inizio dell’anno.

Ramallah, Cisgiordania occupata – Durante un’incursione contro la città di Jenin, nel nord della Cisgiordania occupata, le forze israeliane hanno sparato e ucciso due palestinesi, tra cui un medico. Il Ministero della Sanità palestinese lo ha identificato come Abdullah al-Ahmad, di circa 40 anni, e ha affermato che è stato colpito alla testa da forze israeliane venerdì mattina davanti all’ospedale pubblico di Jenin.

Un portavoce del ministero della Sanità ha detto ad Al Jazeera che il secondo uomo ucciso venerdì mattina è il ventenne Mateen Dabaya. In un comunicato le Brigate di Jenin, un gruppo della resistenza armata palestinese formatosi lo scorso anno, lo ha indicato come un suo comandante locale.

Mohammad Awawdeh, il portavoce del ministero, ha detto che Dabaya è stato colpito da un proiettile alla testa. Le uccisioni sono avvenute poco dopo che venerdì alle 8 decine di veicoli blindati israeliani avevano fatto irruzione a Jenin e sono scoppiati scontri a fuoco e disordini con le forze israeliane.

Video condivisi da giornalisti del posto sembrano mostrare forze israeliane che sparano contro gli equipaggi delle ambulanze.

Secondo il ministero della Sanità venerdì mattina a Jenin almeno altri 5 palestinesi sono stati feriti da proiettili veri.

In precedenza, sempre venerdì, l’agenzia di notizie ufficiale [palestinese] Wafa ha informato che un adolescente palestinese è morto in seguito alle ferite riportate durante l’arresto da parte di forze israeliane lo scorso mese.

La Wafa e la Commissione per i Detenuti dell’Autorità Nazionale Palestinese lo hanno identificato come il diciassettenne Mohammad Maher Ghawadreh.

Ghawadreh, del campo profughi di Jenin, è morto mentre era in cura all’ospedale Tel Hashomer, in Israele. Era stato arrestato dopo che il 5 settembre avrebbe messo in atto un attacco a mano armata contro un autobus affollato di soldati israeliani nella Valle del Giordano, ferendone sette.

Incremento degli attacchi dei coloni

La settimana scorsa sono aumentate le tensioni sul terreno tra palestinesi da una parte e forze israeliane e coloni dall’altra.

Sabato una soldatessa israeliana è stata uccisa da un palestinese in un attacco a mano armata da un’auto in corsa presso il principale posto di controllo nel campo profughi di Shuafat, nella Gerusalemme est occupata.

Le forze israeliane hanno proceduto a imporre per quattro giorni un blocco al campo e nelle aree limitrofe, dove vivono 130.000 palestinesi, mentre cercavano un sospetto identificato tuttora in fuga.

Abitanti del campo e nelle zone limitrofe hanno chiesto ai palestinesi di mobilitarsi e di iniziare uno sciopero generale mercoledì per fare pressione e porre fine all’assedio che è stato lentamente tolto giovedì mattina.

Mercoledì e giovedì in decine di quartieri, cittadine e villaggi a Gerusalemme est e in tutta la Cisgiordania occupata sono scoppiati scontri con le forze israeliane e i coloni. Mercoledì un giovane palestinese, il diciottenne Osama Adawi, è stato colpito a morte dall’esercito israeliano durante incidenti nel campo profughi di Arroub, a nord della città di Hebron, nella Cisgiordania occupata.

Al grido di “morte agli arabi”, giovedì notte decine di coloni israeliani hanno attaccato gli abitanti e le loro proprietà nel critico quartiere palestinese di Sheikh Jarrah, nella Gerusalemme est occupata.

La Mezzaluna Rossa palestinese [corrispettivo musulmano della Croce Rossa, ndt.] ha informato che le sue équipe mediche hanno curato da aggressioni fisiche e lancio di pietre da parte dei coloni 20 feriti, tra cui cinque che sono stati trasferiti in ospedale per essere curati.

Secondo abitanti e media locali, a un palestinese è stato rotto un braccio e un altro, di 48 anni, soffre di un’emorragia interna dovuta a fratture del cranio e attualmente si trova in ospedale.

Mahmoud Ramadan, abitante di Sheikh Jarrah, afferma che il picco di violenza di giovedì è stato grave.

“Ci manca solo che inizino a fare irruzione nelle nostre case con la protezione della polizia. Hanno usato pietre, tubi e spray urticante,” dice Ramadan ad Al Jazeera.

“Ci hanno picchiati e hanno sfasciato le nostre macchine davanti agli occhi della polizia e alle telecamere di sorveglianza,” continua, aggiungendo che le forze israeliane hanno arrestato almeno 10 giovani del quartiere.

“Le pietre che hanno scagliato avrebbero potuto uccidere qualcuno. Sono arrivati con un atteggiamento mostruoso, come se fossero pronti a uccidere. Non abbiamo nessuna fiducia che la polizia israeliana ci protegga né nei tribunali israeliani,” aggiunge.

Giornalisti locali affermano che giovedì notte il parlamentare di destra della Knesset e uno dei politici [israeliani] più popolari, Itamar Ben-Gvir, ha fatto irruzione a Sheikh Jarrah insieme ai coloni. Secondo i giornalisti, Ben-Gvir ha estratto una pistola e detto ai coloni che “se (i palestinesi) lanciano pietre sparategli.”

Clima di terrore”

Martedì e mercoledì bande di coloni israeliani armati hanno aggredito abitanti, case e negozi anche nella cittadina palestinese di Huwarra, a sud di Nablus, nella Cisgiordania occupata.

Wajeeh Odeh, consigliere comunale del posto, afferma che sotto la protezione di forze israeliane coloni armati di fucili, pietre e tubi hanno sfasciato negozi, auto e aggredito fisicamente alcuni abitanti. L’attacco è stato documentato da video condivisi da giornalisti.

“Gli attacchi sono continuati per due giorni di fila, con l’appoggio dell’esercito israeliano,” dice Odeh ad Al Jazeera. “Alcuni abitanti sono stati picchiati fisicamente, mentre alcuni giovani sono stati feriti da pietre e spray urticante.”

Odeh ha affermato che sia i coloni che l’esercito israeliano hanno sparato proiettili veri sia contro gli abitanti che in aria, ma che non ci sono stati feriti da colpi di armi da fuoco.

“I coloni hanno sparato proiettili veri davanti ai soldati,” continua. “Ciò ha creato un clima di terrore tra la gente.”

Tra i 600.000 e i 750.000 coloni israeliani vivono in almeno 250 colonie illegali sparse in tutta la Cisgiordania e a Gerusalemme est occupate, in maggioranza costruite dal governo israeliano o legalizzate retroattivamente.

Israele ha effettuato incursioni quasi quotidiane in Cisgiordania, concentrate soprattutto nelle città di Jenin e Nablus, dove la resistenza armata palestinese sta diventando più organizzata.

Lo scorso mese sono aumentati sia gli attacchi con armi da fuoco che le uccisioni di soldati da parte di palestinesi.

Martedì un soldato israeliano è stato ucciso nei pressi della colonia illegale di Shavei Shomron, a nordovest di Nablus, durante un attacco armato da parte di un palestinese da un veicolo in corsa. In seguito all’attentato le forze israeliane hanno chiuso ogni strada che porta a Nablus, che si trova tra Jenin e Ramallah, e hanno rigidamente ridotto gli spostamenti per due giorni.

Il gruppo armato “La Fossa del Leone” di Nablus ha rivendicato la responsabilità dell’attacco.

Secondo il ministero della Sanità palestinese dall’inizio dell’anno sono stati uccisi da forze israeliane nella Cisgiordania e nella Striscia di Gaza illegalmente occupate almeno 160 palestinesi, di cui 51 durante l’attacco israeliano durato tre giorni contro Gaza in agosto.

Associazioni per i diritti umani locali e internazionali hanno condannato quello che hanno definito un uso eccessivo della forza da parte di Israele e la “politica di sparare per uccidere” contro i palestinesi, compresi sospetti assalitori in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, occupate da Israele nel 1967.

Secondo Human Rights Watch [nota ong per i diritti umani con sede a New York, ndt.], importanti politici israeliani hanno incoraggiato “soldati e poliziotti israeliani a uccidere palestinesi sospettati di aver aggredito israeliani anche quando non rappresentano più una minaccia.”

Nei suoi rapporti l’ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha evidenziato che le forze israeliane “spesso, in violazione degli standard internazionali, utilizzano armi da fuoco contro palestinesi in base al semplice sospetto o come misura precauzionale.”

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Combattenti palestinesi uccidono un soldato israeliano nella Cisgiordania occupata

Redazione di Al Jazeera

11 ottobre 2022 – Al Jazeera

L’uccisione di un soldato israeliano vicino ad una colonia illegale avviene pochi giorni dopo che un altro [soldato] è stato colpito a morte ad un posto di blocco nella Gerusalemme est occupata

Un soldato israeliano è stato colpito a morte vicino ad una colonia illegale nella Cisgiordania occupata in un attacco rivendicato da un gruppo palestinese, il secondo assalto alle forze armate in pochi giorni.

L’esercito israeliano ha detto che il soldato è stato ucciso martedì quando “due aggressori sono arrivati con un veicolo vicino alla comunità di Shavei Shomron e hanno sparato proiettili veri.”

Gli spari nella colonia israeliana sono stati rivendicati dalla ‘Fossa dei Leoni’, una coalizione eterogenea di combattenti palestinesi che si è formata negli ultimi mesi.

Annunciamo che stiamo conducendo una seconda operazione di fuoco contro i soldati dell’occupazione (israeliana) nella zona di Deir Sharaf, ad ovest di Nablus”, ha affermato il gruppo.

La zona si trova tra Nablus e Jenin, città palestinesi che hanno assistito a sei mesi di intensificate incursioni dell’esercito scatenate da Israele in seguito ad un’ondata di attacchi nelle strade di città israeliane.

Nel suo comunicato l’esercito ha aggiunto che forze israeliane stanno cercando le persone che hanno compiuto l’attacco. Secondo l’agenzia AFP [Agenzia France Press], le forze israeliane sono state schierate nell’area e perquisiscono i veicoli.

In un post su Twitter il Ministro della Difesa israeliano Benny Gantz ha promesso che “prenderemo il terrorista e quelli che lo hanno aiutato”.

Il soldato ucciso è stato identificato come il 21enne Ido Baroukh.

L’uccisione è avvenuta tre giorni dopo che una soldatessa israeliana 18enne è stata colpita a morte ad un posto di blocco presso il campo profughi palestinese di Shuafat, nella Gerusalemme est occupata.

Le forze israeliane proseguono la ricerca del presunto sparatore, identificato dalla polizia come un 22enne palestinese residente nella città.

Hanno chiuso gli ingressi al campo profughi e l’ONU ha detto che lunedì le scuole (del campo) sono state chiuse.

Punizione collettiva’

Il parlamentare palestinese della Knesset Ahmad Tibi martedì ha visitato il campo e ha descritto la “sofferenza” degli abitanti.

Le persone malate non possono uscire dal campo per essere curate, le panetterie sono vuote, alcuni medici e infermieri non hanno potuto entrare”, ha detto all’agenzia AFP.

Per uscire dal campo devi aspettare in macchina tre o quattro ore. Questa è sofferenza, questa è punizione collettiva”, ha aggiunto Tibi.

Intanto, secondo il Ministero della Salute palestinese, da venerdì quattro adolescenti palestinesi sono stati colpiti a morte dalle forze israeliane nella Cisgiordania occupata.

Un quinto palestinese, un ragazzino di 12 anni, è morto lunedì in seguito alle ferite riportate il mese scorso durante un’incursione militare israeliana nella città cisgiordana di Jenin.

L’esercito ed altre forze di sicurezza israeliane nei mesi scorsi hanno compiuto incursioni quasi quotidiane in Cisgiordania, soprattutto a Jenin e Nablus, dove la resistenza armata palestinese sta divenendo più organizzata e si sono formati nuovi gruppi di miliziani.

Da gennaio sono stati uccisi più di 80 palestinesi, sia combattenti che civili, in quello che la Commissione Europea ha definito l’anno più letale nella Cisgiordania occupata dal 2008.

La giornalista palestinese-americana Shireen Abu Akleh è stata uccisa a maggio mentre documentava un raid israeliano a Jenin.

Secondo i dati delle Nazioni Unite, quest’anno in Cisgiordania sono stati uccisi almeno 20 minori palestinesi.

Israele ha occupato la Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme est durante la guerra mediorientale del 1967. I leader palestinesi rivendicano questi territori per la creazione di un futuro Stato.

Le colonie israeliane sono considerate illegali dal diritto internazionale. I governi israeliani che si sono succeduti hanno costruito e ampliato le colonie nei territori palestinesi occupati – un’azione che i palestinesi sostengono abbia l’obbiettivo di un cambiamento demografico.

Ci sono almeno 600.000 coloni israeliani che vivono in circa 250 colonie nella Cisgiordania e Gerusalemme est occupate, spesso sotto massiccia protezione militare israeliana.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Palestinesi uccisi dall’esercito israeliano vicino a Ramallah

Zena Al Tahhan

3 ottobre 2022 – Al Jazeera

I palestinesi respingono l’affermazione dell’esercito israeliano secondo cui gli uomini avrebbero tentato di effettuare un attacco terroristico con un’auto.

Rettifica

Una precedente versione di questo articolo riportava, sulla base dei rapporti dell’agenzia di stampa statale palestinese Wafa e della stessa famiglia di Basbous, che Basel Basbous fosse uno dei due uomini uccisi dall’esercito israeliano a Jalazone. L’articolo è stato aggiornato mercoledì 5 ottobre 2022 dopo che è emerso che in realtà Basbous è rimasto ferito e che a Wafa e alla famiglia è stato erroneamente riferito il suo nome come uno degli uomini uccisi. Un portavoce del ministero della salute palestinese ha detto ad Al Jazeera che c’è stato “un errore di identificazione da parte degli israeliani”. L’esercito israeliano non ha rilasciato dichiarazioni sui nomi degli uomini uccisi.

Ramallah, Cisgiordania occupata Le forze israeliane hanno ucciso due palestinesi durante un raid vicino alla città di Ramallah, nella Cisgiordania centrale occupata.

I due uomini sono stati uccisi lunedì in un’auto appena fuori dal campo profughi di Jalazone, a nord di Ramallah.

Sono stati identificati come Khaled Anbar e Salameh Sharayah.

Un terzo uomo, Basel Basbous, è stato dato inizialmente come ucciso nell’attacco. Tuttavia mercoledì il portavoce del Ministero della Salute palestinese ha confermato che Basbous è sopravvissuto, ma è rimasto ferito ed è attualmente ricoverato in un ospedale israeliano.

La notizia degli omicidi è arrivata intorno alle 7:00 (04:00 GMT, 06 ora italiana) di lunedì.

Un testimone, che ha voluto rimanere anonimo, ha detto che la sparatoria è avvenuta davanti alla sua casa.

“Ho sentito il rumore degli spari intorno alle 3:30 del mattino, ho guardato fuori dalla mia finestra, c’era un’auto, all’interno i ragazzi a cui avevano sparato”, ha detto ad Al Jazeera.

I soldati li hanno tirati fuori dall’auto e li hanno messi sul ciglio della strada. Sono stati lasciati sanguinare a terra per circa 40 minuti. Dopodiché hanno preso i loro corpi”.

“Lo scenario più probabile è che i tre siano stati sorpresi dall’esercito”, afferma l’uomo, aggiungendo che i soldati israeliani erano appostati nascosti alla vista in diversi punti della zona intorno al luogo in cui si trovava l’auto degli uomini.

L’esercito israeliano ha affermato che i suoi soldati stavano tentando di arrestare un sospetto a Jalazone quando hanno pensato che i tre uomini stessero pianificando un attacco con l’auto contro di loro.

I membri della famiglia di Basbous lo negano fermamente.

Basbous, che lavora in una panetteria, è uno di 10 fratelli di cui uno si trova attualmente in una prigione israeliana.

Sua sorella Baraa dice che il fratello era uscito con i suoi amici per vedere cosa stesse succedendo avendo sentito che l’esercito israeliano stava compiendo un’irruzione nella zona.

Baraa, parlando con noi nella sua casa di famiglia a Jalazone, nega che suo fratello abbia attaccato i soldati israeliani.

“Mio fratello non ha fatto nulla”, riferisce ad Al Jazeera. “I suoi amici lo hanno chiamato e sono usciti, hanno pensato che non ci fossero grossi problemi, avrebbero semplicemente fatto un giro per vedere se ci fossero stati degli scontri”.

“Ogni giovane del campo che sente che c’è l’esercito va ad osservare, anche da lontano”, continua Baraa.

Un’altra sorella, Rasha, di 37 anni, dice che Basbous aveva trascorso la sera precedente con suo figlio.

“Ha accompagnato mio figlio a casa intorno alle 3 del mattino e poi, dopo che i suoi amici lo hanno chiamato, è andato a vedere cosa stava succedendo”, racconta Rasha ad Al Jazeera.

“Negli ultimi tre giorni l’esercito ha compiuto delle irruzioni nel campo e quando arrivano sparano indiscriminatamente”, prosegue.

“Non siamo al sicuro nemmeno nelle nostre case”, dice, aggiungendo che una volta mentre nel corso di un’incursione osservava fuori dalla finestra la sua casa è stata colpita da colpi di arma da fuoco.

“Dico a chiunque affermi qualcosa sui palestinesi, sono loro [gli israeliani] a venire da noi e non siamo al sicuro nemmeno nelle nostre stesse case … vengono e uccidono i nostri giovani con un proiettile”.

In un primo tempo la famiglia di Basbous, dopo che l’agenzia di stampa ufficiale palestinese Wafa aveva fatto il suo nome, era convinta che fosse stato ucciso dall’esercito israeliano.

Tuttavia, secondo il ministero della Salute palestinese, sembra che all’origine ci sia stato un errore di identità.

Il governatorato di Ramallah ed el-Bireh ha osservato lunedì uno sciopero generale con la chiusura completa dei negozi in segno di lutto per i due uomini uccisi.

Israele sta effettuando raid quasi quotidiani in Cisgiordania, in gran parte concentrati sulle città di Jenin e Nablus, dove si sono costituiti nuovi gruppi armati palestinesi.

Secondo il Ministero della Salute dall’inizio dell’anno nei territori occupati [in seguito alla guerra] del 1967 sono stati uccisi dalle forze israeliane circa 160 palestinesi di cui 51 ad agosto nel corso dei tre giorni di assalto israeliano contro la Striscia di Gaza assediata.

Organizzazioni locali e internazionali per i diritti umani hanno condannato ciò che chiamano uso eccessivo della forza da parte di Israele e “prassi di sparare per uccidere” contro i palestinesi, compresi dei sospetti aggressori, nella Cisgiordania occupata e nella Striscia di Gaza.

Secondo Human Rights Watch [organizzazione non governativa internazionale che si occupa della difesa dei diritti umani, ndt.] politici israeliani di alto livello hanno incoraggiato “i soldati e la polizia israeliani a uccidere i palestinesi sospettati di aver attaccato gli israeliani anche quando non rappresentino più una minaccia”.

L’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite ha rilevato nei rapporti che le forze israeliane “usano spesso armi da fuoco contro i palestinesi per un semplice sospetto o come misura precauzionale, in violazione degli standard internazionali”.

Giovedì nel corso di uno dei raid più recenti compiuto in una città vicino a Betlemme, un bambino di sette anni è morto dopo che i suoi famigliari gli hanno detto che era ricercato dai soldati israeliani [il bambino, Rayyan Suleiman, è morto in seguito ad un attacco cardiaco mentre i soldati israeliani facevano irruzione nella sua casa, ndt.].

Il Dipartimento di Stato americano ha chiesto che venga fatta un’indagine sulla morte di Rayyan Suleiman.

Sempre nel 2022 sono state uccise venti persone nel corso di attacchi compiuti da palestinesi in Israele e in Cisgiordania.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Ebrei di estrema destra irrompono ad Al-Aqsa, palestinesi arrestati e feriti

Redazione

26 settembre 2022-Al jazeera

Ebrei ultranazionalisti entrano con la protezione della polizia israeliana nel luogo santo occupato a Gerusalemme est, vengono imposte restrizioni all’ingresso dei palestinesi.

Centinaia di ebrei ultranazionalisti sono entrati nel complesso della Moschea di Al-Aqsa nella Gerusalemme est occupata – sotto la protezione delle autorità israeliane – per il secondo giorno consecutivo, mentre la polizia israeliana ha attaccato i palestinesi radunati nel complesso e ha impedito ad altri di entrare.

La Mezzaluna Rossa palestinese afferma che almeno tre palestinesi sono stati feriti lunedì dalle forze israeliane, mentre i giornalisti riferiscono che altri 10 sono stati arrestati dentro e intorno al complesso. Le forze israeliane sono state viste usare manganelli per attaccare donne palestinesi e uomini anziani, nonché giornalisti.

I giornalisti palestinesi riferiscono che lunedì 264 israeliani ultranazionalisti sono entrati nel complesso – uno dei luoghi più sacri dell’Islam e un simbolo della nazione palestinese – nella Città Vecchia di Gerusalemme, che Israele ha occupato e annesso illegalmente nel 1967. Domenica ne sono entrati più di 400.

Il numero di ebrei ultranazionalisti – sostenitori del movimento dei coloni israeliani – che sono entrati nel complesso della moschea di Al-Aqsa è aumentato domenica e lunedì in occasione del Rosh Hashanah, o capodanno ebraico, che quest’anno cade tra il 25 e il 27 settembre.

Alcuni di coloro che sono entrati hanno pregato nel sito, nonostante esista un consenso generale tra gli ebrei ortodossi che la preghiera ebraica non sia permessa nel complesso della moschea di Al-Aqsa. La preghiera ebraica nel sito, noto anche come il Monte del Tempio per gli ebrei, è vista come dai palestinesi come una provocazione e come la fine di un’intesa decennale [tra palestinesi e israeliani, ndt.] di non consentire questa pratica.

Ciò ha portato a una tensione crescente con i palestinesi che temono tentativi da parte degli ebrei di estrema destra di impossessarsi del sito. Alcuni ebrei di estrema destra hanno apertamente espresso il desiderio di demolire le strutture musulmane nel complesso di Al-Aqsa per far posto a quello che viene chiamato il Terzo Tempio.

I palestinesi si erano radunati nel complesso nel tentativo di difendere il sito.

Un anziano palestinese, Abubakr al-Shimi, è stato ricoverato in ospedale dopo aver riportato ferite alla testa essendo stato spinto a terra dalla polizia israeliana in un incidente che è stato filmato.

Le forze israeliane hanno respinto il personale medico che tentava di curare al-Shimi.

John Hendren di Al Jazeera, riferendo dalla Gerusalemme est occupata, afferma che le violenze sono avvenute “in modo pianificato” e “con tutta evidenza non necessarie”.

Anche membri della stampa sono stati attaccati: il capo dell’ufficio dell’Agenzia turca Anadolu a Gerusalemme, Anas Janli, è stato gettato a terra in durante un alterco con la polizia.

Le forze israeliane hanno iniziato a limitare l’ingresso dei palestinesi nel complesso dopo le preghiere musulmane dell’alba alle 6 del mattino (03:00 GMT). L’ingresso di ebrei ultranazionalisti è iniziato circa un’ora dopo ed è proseguito nel pomeriggio, fino alle 14:00 circa (11:00 GMT).

Ai palestinesi di età inferiore ai 40 anni è stato vietato l’ingresso nella moschea, mentre a decine si sono radunati alla Porta delle Catene (Bab al-Silsila) e alla Porta del Leone (Bab al-Asbat) dove hanno pregato e protestato.

L’Autorità Palestinese (ANP) ha condannato quello che ha definito “l’attacco” al complesso della moschea.

Il portavoce della presidenza dell’Autorità Nazionale Palestinese, Nabil Abu Rudeineh, ha affermato che “l’attacco alla moschea di Al-Aqsa da parte dell’occupazione e dei suoi coloni rientra nel quadro dell’escalation israeliana contro il nostro popolo, la sua terra e i suoi luoghi santi” e ha avvertito che la “continuazione di queste pratiche porterà a un’esplosione della situazione con il crescere della tensione e della violenza”.

Abu Rudeineh ritiene il governo israeliano “totalmente responsabile di questa pericolosa escalation e delle sue ripercussioni”.

Altrove, nella città di Hebron occupata nel sud della Cisgiordania, i palestinesi hanno dovuto affrontare ulteriori restrizioni legate al capodanno ebraico.

Walid al-Omari di Al Jazeera riferisce che la famosa moschea Al-Ibrahimi [di Abramo, ndt.] della città, divisa tra palestinesi e coloni ebrei, è stata completamente chiusa ai palestinesi durante Rosh Hashanah: la quarta chiusura della moschea quest’anno.

La moschea è conosciuta dagli ebrei come la “Tomba dei Patriarchi”.

L’anno scorso, le crescenti tensioni per l’espulsione delle famiglie palestinesi dalle loro case a Gerusalemme sono state il catalizzatore di diffuse proteste palestinesi in Israele e nei territori palestinesi occupati.

I raid alla moschea di Al-Aqsa da parte delle forze di sicurezza israeliane durante il mese sacro del Ramadan hanno ulteriormente acuito le tensioni e quattro giorni dopo è iniziato l’assalto israeliano a Gaza durato 11 giorni.

Hendren di Al Jazeera afferma che nei prossimi giorni ci si aspetta un aumento delle scorte armate di ebrei ultranazionalisti [nel complesso di Al-Aqasa, ndt.] dato che “questi sono i giorni santi nel calendario ebraico”.

“La prossima settimana c’è Yom Kippur, il giorno più sacro nel calendario ebraico, il giorno dell’espiazione, quindi possiamo aspettarci più visite alla moschea [di Al-Aqsa]”, ha detto Hendren.

(traduzione dall’inglese di Giuseppe Ponsetti)




A Gerusalemme le scuole palestinesi scioperano contro i libri di testo imposti da Israele

Zena Al Tahhan

19 settembre 2022 – Al Jazeera

Centinaia di scuole palestinesi scioperano per protestare contro i tentativi israeliani di imporre i libri di testo israeliani.

Gerusalemme est occupata – Le scuole palestinesi nella Gerusalemme est occupata stanno facendo uno sciopero di protesta contro i tentativi del Comune israeliano di Gerusalemme di censurare e modificare i libri di testo palestinesi e di imporre a lezione un programma israeliano.

Lunedì mattina centinaia di scuole hanno chiuso i battenti come ultimo di una serie di recenti iniziative organizzate durante le scorse settimane dai genitori, che hanno incluso proteste e il rifiuto di insegnare sui libri di testo imposti da Israele.

Domenica, in un comunicato stampa congiunto, il comitato unitario dei genitori e del Forze Nazionali e Islamiche Palestinesi di Gerusalemme ha invocato uno sciopero generale e ha chiesto alle istituzioni internazionali un intervento per proteggere l’educazione palestinese.

Giornalisti e abitanti hanno condiviso decine di immagini di classi vuote e scuole chiuse il lunedì mattina.

Ziad al-Shamali, 56 anni, rappresentante del comitato unitario dei genitori, ha detto ad Al Jazeera che se i tentativi di Israele avranno successo, “controllerà l’educazione del 90% dei nostri studenti a Gerusalemme.”

Secondo al-Shamali a Gerusalemme ci sono più di 280 scuole palestinesi, con circa 115.000 studenti dall’asilo alle superiori. Egli sostiene che circa il 90-95% delle scuole sta scioperando.

Al-Shamali afferma che dall’inizio dell’anno Israele sta cercando di imporre una “versione distorta del programma dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP)” alle scuole private palestinesi.

“Lo stanno facendo con il pretesto che concedono l’accreditamento alle scuole private e che le finanziano,” dice al-Shamali, che vive nel quartiere di al-Tur nella Gerusalemme est occupata.

Le scuole per palestinesi che si trovano in città, gestite dal Comune, hanno già iniziato a insegnare la versione modificata del programma dell’ANP, prosegue, mentre le nuove scuole costruite dall’amministrazione comunale sono state obbligate ad adottare il programma israeliano.

“Ciò che sta preoccupando i genitori è che sono stati messi alle strette tra i programmi palestinesi modificati e quelli israeliani,” dice al-Shamali.

“È in corso un’israelizzazione dell’educazione palestinese,” continua, in corso dagli ultimi 10-12 anni, ma si è intensificata negli ultimi 3 anni.

“Ora stanno aggiungendo i loro contenuti come “Yossi è il vicino di Mohammed,” riguardo alle colonie, alla coesistenza,” dice al-Shamali. “Hanno giocato con i libri di testo in arabo, con la religione, la storia e ogni altro riferimento nazionale.”

Domenica notte sulle reti sociali sono stati condivisi video di abitanti che esponevano poster che dicevano “sciopero generale – sì al programma palestinese, no al programma modificato.”

In luglio le autorità israeliane hanno revocato l’accreditamento permanente a sei scuole palestinesi a Gerusalemme, sostenendo che i loro libri di testo incitano alla violenza contro lo Stato e l’esercito israeliani. Hanno avuto il permesso di restare aperte per un anno se il programma scolastico viene modificato.

La metà orientale di Gerusalemme venne occupata militarmente da Israele nel 1967 e annessa illegalmente. Circa 350.000 palestinesi attualmente vivono nella Gerusalemme est occupata, e 220.000 israeliani risiedono tra loro nelle colonie illegali.

Oggi l’86% della Gerusalemme est occupata è sotto il diretto controllo di Israele e dei coloni.

L’annessione di Gerusalemme Est non è riconosciuta da alcun Paese del mondo, salvo gli Stati Uniti, in quanto viola le leggi internazionali che stabiliscono che una potenza occupante non ha sovranità sui territori che occupa.

Nel 2009 l’amministrazione comunale di Gerusalemme ha adottato un piano generale “per guidare e delineare lo sviluppo della città nei prossimi decenni.” L’idea, come affermato nel progetto, è di creare una maggioranza demografica ebraica in modo che gli ebrei israeliani rappresentino il 70% della città e i palestinesi solo il 30%. Questo rapporto è stato in seguito modificato a 60% contro 40%.

Al-Shamali afferma che il comitato dei genitori sta progettando di continuare a protestare o intensificare le iniziative se le sue richieste non saranno accolte o se le autorità israeliane inizieranno a imporre con la forza i libri di testo modificati.

“È probabile che continueremo con lo sciopero e lo inaspriremo,” afferma. “Continueremo anche con le nostre proteste davanti alle scuole e chiederemo alle istituzioni internazionali di intervenire.”

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Le mutevoli narrazioni di Israele riguardo all’uccisione di Shireen Abu Akleh

Redazione di Al Jazeera

6 settembre 2022 – Al Jazeera

Dopo aver cambiato varie volte la sua versione, Israele ora ha concluso che è “molto probabile” che uno dei suoi soldati abbia ucciso Shireen Abu Akleh.

La versione del governo e dell’esercito israeliani sull’uccisione l’11 maggio scorso di Shireen Abu Akleh, la nota giornalista palestinese di Al Jazeera, è cambiata varie volte nei mesi scorsi.

Testimoni, tra cui giornalisti di Al Jazeera, hanno subito detto che le forze israeliane erano responsabili della sparatoria a Jenin, un’affermazione confermata da numerose indagini da parte di mezzi di comunicazione, organizzazioni per i diritti umani e delle Nazioni Unite.

Eppure Israele ha cercato di eludere ogni responsabilità, finché lunedì ha annunciato che un’indagine militare ha definito “molto probabile” che uno dei suoi soldati abbia sparato il proiettile che ha ucciso Abu Akleh. Tuttavia l’esercito ha escluso ulteriori indagini, affermando di non aver riscontrato alcun sospetto di un reato penalmente perseguibile.

Questa posizione segna un cambiamento rispetto alle precedenti narrazioni israeliane riguardo all’omicidio, come dicono le molte e diverse versioni date su quanto avvenuto.

Ecco la cronologia della mutevole narrazione di Israele.

Sono stati i palestinesi”

Subito dopo l’uccisione di Abu Akleh il ministero degli Esteri israeliano e il primo ministro Naftali Bennett hanno puntato il dito contro i combattenti palestinesi come i “probabili” responsabili.

“Secondo le informazioni che abbiamo raccolto sembra probabile che palestinesi armati che in quel momento stavano sparando all’impazzata siano stati responsabili della sfortunata morte della giornalista,” ha twittato Bennett.

Per sostenere queste affermazioni l’ufficio del primo ministro ha persino twittato un video di palestinesi armati che sparavano nel campo profughi. Il video è stato smentito dopo poche ore dall’associazione israeliana per i diritti umani B’Tselem che ha affermato che gli uomini armati si trovavano in tutt’altro posto del campo e che nessun combattente palestinese si trovava nei pressi del luogo in cui Abu Akleh e i suoi colleghi si erano riuniti.

Poi Israele ha offerto di condurre un’indagine congiunta sull’omicidio con l’Autorità Nazionale Palestinese, che quest’ultima ha nettamente rifiutato.

Basta accusare Israele”

Il giorno seguente, il 12 maggio, il governo ha reso pubblico un comunicato in cui denunciava “affrettate” accuse secondo cui un suo soldato sarebbe stato responsabile dell’uccisione come “menzognere e irresponsabili”.

Potrebbe essere stato Israele”

Il 13 maggio Israele ha affermato che, dopo le sue prime indagini sulla sparatoria, era possibile che il proiettile che ha ucciso Abu Akleh fosse stato sparato da un soldato israeliano che aveva aperto il fuoco contro un palestinese armato che si trovava vicino a lei.

“Il palestinese armato ha sparato molteplici raffiche di arma da fuoco contro il soldato delle IDF [Forzedi Difesa Israeliane, l’esercito israeliano, ndt.] e c’è la possibilità che Abu Akleh, che si trovava vicino al palestinese armato alle sue spalle, sia stata colpita dal fuoco sparato dal soldato verso il palestinese armato,” ha sostenuto un comunicato dell’esercito.

I colleghi di Abu Akleh che si trovavano con lei, così come molteplici indagini, hanno ripetutamente sottolineato che al momento della sua uccisione non c’erano nei pressi combattenti palestinesi.

Abbiamo l’arma che potrebbe aver ucciso Abu Akleh”

Il 19 maggio l’esercito israeliano ha affermato di aver identificato il fucile di un soldato che “potrebbe aver ucciso” Abu Akleh, ma ha detto di non esserne sicuro finché i palestinesi non avessero consegnato il proiettile perché venisse analizzato.

Una fonte ufficiale israeliana ha affermato: “Abbiamo in nostro possesso l’arma (dell’esercito israeliano) che potrebbe essere coinvolta nello scambio a fuoco vicino a Shireen”, ma ha sottolineato che non era chiaro da dove sia provenuto lo sparo.

È molto probabile” che sia stato Israele

Il 5 settembre Israele ha annunciato i risultati della sua inchiesta militare e ha affermato che è “molto probabile” che Abu Akleh sia stata “colpita accidentalmente” dal fuoco dell’esercito israeliano. Tuttavia non verrà avviata alcuna indagine penale.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Archiviato il caso dei palestinesi accusati di aver aggredito la polizia israeliana

Redazione di Al Jazeera

22 agosto 2022 – Al Jazeera

Un video mostra che due palestinesi erano stati aggrediti dalla polizia israeliana e obbliga l’accusa a rinunciare al caso.

Gerusalemme est occupata – Due palestinesi accusati di aver aggredito poliziotti israeliani non verranno imputati dopo che una prova video ha dimostrato che in realtà erano stati loro gli aggrediti. Una delle vittime, il cinquantaseienne Mohammad Abu al-Hommos, un attivista politico della Gerusalemme occupata, ha affermato che il pubblico ministero ha chiuso la causa all’inizio di agosto, anche se i dettagli del caso sono stati resi noti solo ora dai media israeliani.

Tre mesi fa, quando ci hanno imputati, siamo stati sorpresi,” dice Abu al-Hommos ad Al Jazeera. “Abbiamo risposto entro il periodo consentito di 30 giorni. Loro sono rimasti sorpresi quando il nostro avvocato ha fatto riferimento ai video che dimostrano che siamo stati noi ad essere stati aggrediti dalla polizia, e hanno ritirato le accuse.”

Immagini della notte dell’incidente nel novembre 2019 dimostrano che i due uomini sono stati brutalmente picchiati dalla polizia durante un’incursione israeliana nel loro quartiere, al-Issawiya, nella Gerusalemme est occupata.

Nel video si vedono Abu al-Hommos e suo nipote, il trentaseienne Adam Masri, che chiedono agli agenti di polizia di non parcheggiare nel loro posto auto privato, ma poi vengono aggrediti dai poliziotti.

Quel giorno c’era una festa di famiglia, nella zona c’erano molti miei parenti. Stavo filmando l’incursione con un gruppo di giornalisti stranieri ed ebrei,” afferma Abual-Hommos.

Appena abbiamo detto loro di non parcheggiare lì, hanno iniziato ad aggredirci. Hanno arrestato Adam, che ha avuto il volto pieno di lividi, e un altro mio nipote, e poi li hanno rilasciati. Abbiamo presentato una denuncia alle autorità, ma inutilmente,” continua.

Durante l’aggressione Masri ha perso conoscenza, mentre Abu al-Hommos è stato ricoverato in ospedale, dice quest’ultimo.

Domenica il quotidiano israeliano Haaretz ha informato che la procura aveva preparato un atto d’accusa senza aver visionato i video o aver tenuto conto delle testimonianze degli agenti coinvolti nell’incidente, che contraddicevano il rapporto ufficiale della polizia.

Secondo Haaretz, dopo che all’inizio del procedimento giudiziario è stata sollevata la questione di potenziali irregolarità nel comportamento della polizia, i giudici incaricati del procedimento a hanno ordinato che il caso venisse portato all’attenzione dell’unità del ministero della Giustizia incaricata di indagare gli abusi della polizia. La causa contro gli agenti è stata archiviata per insufficienza di prove.

Le autorità israeliane hanno visionato le prove video solo dopo che gli avvocati dei due uomini hanno inviato una lettera evidenziando le contraddizioni tra il video e le accuse presenti nel verbale.

L’atto di accusa contro i due uomini afferma che essi hanno attaccato gli agenti di polizia e impedito loro di bloccare la strada, arrivando fino a sostenere che gli uomini avevano colpito e preso a morsi i poliziotti.

Le immagini mostrano chiaramente che sono stati i palestinesi ad essere stati aggrediti.

Dopo un’ulteriore analisi delle argomentazioni nel loro insieme e delle prove, si è deciso di non avviare un procedimento giudiziario contro di loro e di chiudere la pratica,” ha affermato l’ufficio del pubblico ministero in una dichiarazione ad Haaretz.

Abu al-Hommos sostiene di essere stato spesso oggetto della violenza della polizia israeliana in conseguenza del suo attivismo nella Gerusalemme est occupata e che la causa è una prova delle false accuse che sono sollevate dalle autorità israeliane contro i palestinesi.

Questa è una delle centinaia di cause contro palestinesi di Gerusalemme create ad arte per accusare sempre i palestinesi delle violenze,” afferma. “Questa volta non ci sono riusciti.”

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Israele chiude alcune ong e uccide un palestinese nella Cisgiordania occupata

Zena Al Tahhan

18 agosto 2022 – Al Jazeera

Forze israeliane colpiscono a morte un palestinese a Nablus e chiudono gli uffici di sette organizzazioni della società civile.

Ramallah, Cisgiordania occupata – L’esercito israeliano ha chiuso varie organizzazioni della società civile palestinese in Cisgiordania poche ore dopo che un palestinese era stato colpito a morte durante scontri armati scoppiati in seguito a un’incursione israeliana nella città di Nablus, a nord della Cisgiordania occupata.

Secondo Wafa, l’agenzia di notizie ufficiale [palestinese, ndt.], il giovane ucciso giovedì è stato identificato come il ventenne Waseem Nasr Khalifa, del campo profughi di Balata nella periferia della città di Nablus.

L’esercito afferma che le forze israeliane hanno fatto irruzione a Nablus poco dopo mezzanotte per garantire l’ingresso di coloni ebrei nel sito sensibile della [presunta, ndt.] Tomba di Giuseppe, a est di Nablus.

Durante il raid sono scoppiati violenti scontri a fuoco con combattenti palestinesi. Almeno altri quattro palestinesi, tre dei quali pare siano in condizioni critiche, sono rimasti feriti con proiettili veri.

L’esercito israeliano ha affermato che Khalifa era armato e stava sparando ai soldati, un’affermazione negata dai palestinesi.

In un altro incidente, giovedì all’alba un consistente contingente militare israeliano ha fatto irruzione nella città di Ramallah, nella zona centrale della Cisgiordania occupata.

Le forze israeliane sono entrate negli uffici di sette associazioni della società civile e per i diritti umani e le hanno chiuse.

Sei di queste associazioni nell’ottobre 2021 sono state messe fuorilegge da Israele in quanto organizzazioni “terroriste” e accusate di legami con il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP) [storico gruppo marxista della resistenza armata palestinese, ndt.].

Esse includono Addameer Prisoner Support and Human Rights Association [Associazione Addameer per il sostegno e i diritti umani dei prigionieri], Al-Haq per i diritti umani, the Union of Palestinian Women Committees (UPWC) [Unione dei Comitati delle Donne Palestinesi], the Union of Agricultural Work Committees (UAWC) [Unione dei Comitati del Lavoro Agricolo], the Bisan Center for Research and Development [Centro Bisan per la Ricerca e lo Sviluppo] e la sezione palestinese dell’associazione con sede a Ginevra Defence for Children International [Protezione Internazionale dei Minorenni].

La settima organizzazione in cui è avvenuta l’incursione è l’Union of Health Work Committees (UHWC) [Unione dei Comitati per la Salute Pubblica].

Gli uffici delle associazioni sono stati messi a soqquadro e le loro attrezzature sono state confiscate. Le porte sono state sigillate e vi è stato affisso un ordine militare israeliano che dichiara “illegali” le associazioni.

Mazen Rantisi, capo del comitato direttivo dell’UHWC, che dirige vari ospedali e decine di ambulatori in tutta la Cisgiordania occupata, ha affermato che le chiusure sono parte di una consolidata politica israeliana. “Hanno fatto irruzione nei nostri uffici all’alba, hanno sfondato le porte, preso documenti e computer, stiamo ancora verificando quello che è stato portato via. Hanno devastato i locali e hanno sigillato le porte con un saldatore,” racconta Rantisi ad Al Jazeera.

“Abbiamo trovato un documento scritto solo in ebraico affisso sulla porta in cui si dice che questa è un’associazione chiusa, dove non possiamo entrare, senza specificare per quanto tempo.”

La chiusura significa che in base alla legge militare israeliana è illegale che i dipendenti entrino nei loro uffici. “Lo scopo è ostacolare la società civile in modo che non possa svilupparsi, è parte della distruzione della società palestinese e per far sentire le persone sconfitte,” afferma Rantisi.

“Ciò avrà decisamente un impatto sui servizi che offriamo, ma troveremo il modo per continuare il nostro lavoro.”

Su Twitter l’associazione per i diritti dei detenuti Addameer ha affermato che l’esercito ha lasciato un’ordinanza che dichiara l’organizzazione “chiusa con la forza in nome della sicurezza nella regione e per combattere le infrastrutture del terrorismo.”

“Questo è un attacco sconvolgente contro il nostro necessario lavoro per i diritti umani,” afferma l’organizzazione.

Le associazioni portano avanti un lavoro critico per i diritti umani nella Cisgiordania occupata, anche fornendo aiuto legale ai detenuti, documentando le violazioni israeliane dei diritti umani, svolgendo attività di sostegno locale e internazionale e lavorando con la Corte Penale Internazionale (CPI) e le Nazioni Unite.

Le organizzazioni prese di mira hanno convocato per giovedì a mezzogiorno un presidio di fronte agli uffici di Al-Haq nel centro di Ramallah per protestare contro le incursioni e la chiusura dei loro uffici.

La definizione israeliana di queste organizzazioni [come gruppi terroristici, ndt.] nell’ottobre 2021 è stata ampiamente condannata dalla comunità internazionale e dalle associazioni per i diritti umani in quanto “ingiustificata” e “senza fondamento”.

Nessuna prova è stata trovata o fornita dal governo israeliano per sostenere le sue accuse riguardanti le sei organizzazioni.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Reportage: Israele ammette la responsabilità del raid contro Gaza che ha ucciso dei minorenni

Redazione di Al Jazeera

16 agosto 2022 – Al Jazeera

Contraddicendo le prime affermazioni, fonti ufficiali hanno detto al quotidiano Haaretz che Israele è responsabile del l’attacco del 7 agosto nei pressi del campo rifugiati di Jabalia.

Secondo un nuovo reportage, contraddicendo precedenti dichiarazioni fatte a media locali da importanti funzionari militari, fonti ufficiali della difesa israeliana hanno confermato che durante l’attacco di inizio agosto un raid israeliano contro un cimitero di Gaza ha ucciso cinque minorenni palestinesi.

Varie fonti della difesa hanno detto al quotidiano Haaretz che un’indagine dell’esercito sull’attacco del 7 agosto ha concluso che cinque minori – Jamil Najm al-Deen Naijm, 4 anni, Jamil Ihab Najim, 13, Mohammad Naijm e Hamed Naijm, 17, e Nazmi Abu Karsh, 15 anni – sono stati uccisi da un raid aereo israeliano contro il cimitero di Al-Faluja, nei pressi del campo profughi di Jabalia nel nord della Striscia di Gaza.

All’indomani dell’attacco, avvenuto durante l’aggressione israeliana di tre giorni dal 6 all’8 agosto contro l’enclave assediata, alcuni ufficiali israeliani avevano detto ad Haaretz che probabilmente le morti erano state causate da un razzo della Jihad Islamica fuori traiettoria.

L’esercito non ha pubblicamente assunto la responsabilità delle morti e non ha risposto a una richiesta di commenti sull’ultimo resoconto da parte di Al Jazeera.

Martedì, qualche ora dopo la pubblicazione del reportage di Haaretz, la famiglia Najim ha tenuto una veglia presso il cimitero di Gaza e ha chiesto che Israele risponda di queste accuse davanti alla Corte Penale Internazionale. Quattro minori della famiglia sono rimasti uccisi nel raid.

Decine di persone hanno partecipato all’evento, e alcuni dei presenti hanno esposto cartelli che dicevano: “I nostri figli hanno il diritto di vivere in pace e sicurezza.”

Ihab Najim, padre di quattro dei minori uccisi nell’attacco, ha detto ad Al Jazeera che la famiglia era sicura che Israele fosse responsabile della morte dei figli dopo aver sentito i racconti di testimoni oculari.

“I nostri figli erano giovani innocenti, e si trovavano nel cimitero davanti a casa nostra in visita alla tomba del nonno. Sono stati uccisi a sangue freddo. Chiediamo a tutti i partiti di stare dalla nostra parte e sostenere la causa dei nostri figli presso i tribunali internazionali.”

“Per noi l’ammissione di responsabilità di Israele non è una notizia,” ha aggiunto. “Era chiaro fin dal primo momento in cui i nostri quattro figli e quello dei nostri vicini sono stati uccisi che il missile era israeliano, secondo i testimoni oculari.”

In un altro incidente avvenuto il giorno prima dell’attacco al cimitero l’esercito israeliano aveva subito incolpato il Jihad islamico dopo che otto persone, tra cui minorenni, erano stati uccisi in un’esplosione nel campo profughi di Jabalia.

L’esercito israeliano aveva affermato di non aver effettuato nessun bombardamento al momento dell’attacco, e in seguito ha reso pubblico un filmato in cui si vedevano vari razzi lanciati da Gaza, uno dei quali caduto troppo presto a metà volo.

Dei 49 palestinesi uccisi nell’attacco di tre giorni, descritto da Israele come un’“operazione preventiva” in seguito all’arresto il giorno prima di un dirigente della Jihad islamica nella Cisgiordania occupata, i minorenni sono stati 17.

Parlando con Al Jazeera dopo le uccisioni del 7 agosto, la madre di Hamed Najim ha segnalato che l’attacco è arrivato a poche ore dall’entrata in vigore del cessate il fuoco, che è stato in seguito rispettato.

“Solo due ore prima che venisse annunciata la tregua lui mi ha detto che sarebbe uscito per cinque minuti con i suoi cugini,” ha affermato. “Passato qualche minuto abbiamo sentito un’esplosione. Siamo corsi fuori per cercare mio figlio e i suoi tre cugini. Erano tutti ridotti in pezzi.”

Il Norwegian Refugee Council [Consiglio Norvegese per i Rifugiati, ong indipendente che si occupa dei diritti dei profughi, ndt.] ha affermato che prima della morte tre dei ragazzini uccisi nell’attacco stavano seguendo una terapia per i traumi subiti.

Secondo i dati raccolti dal Norwegian Refugee Council, dal 2000, anno d’inizio della Seconda Intifada, almeno 2.200 minori sono stati uccisi dall’esercito e da coloni israeliani nei Territori Palestinesi Occupati.

Maram Humaid ha contribuito a questo reportage da Gaza.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)