Il New York Times afferma che “molto probabilmente” forze israeliane hanno sparato a Shireen Abu Akleh.

Redazione di Al Jazeera

20 giugno 2022 – Al Jazeera

Un rapporto del New York Times si aggiunge al crescente numero di indagini che puntano il dito contro Israele per l’uccisione della giornalista di Al Jazeera.

Un’inchiesta del New York Times ha concluso che “molto probabilmente” un soldato israeliano ha colpito a morte la giornalista di Al Jazeera Shireen Abu Akleh, aggiungendosi a un crescente numero di indagini indipendenti che sono arrivati alla conclusione che l’inviata palestinese con cittadinanza americana è stata uccisa da forze israeliane.

Il rapporto del New York Times pubblicato lunedì [20 giugno] afferma che nessun uomo armato palestinese si trovava vicino a Abu Akleh quando è stata uccisa nella Cisgiordania occupata, smentendo la prima versione israeliana che incolpava i palestinesi per l’incidente.

L’indagine si basa sulle immagini video disponibili, su testimonianze dirette e su un’analisi acustica dei proiettili sparati nel momento in cui Abu Akleh è stata uccisa.

Un’inchiesta durata un mese del New York Times ha trovato che il proiettile che ha ucciso Abu Akleh è stato sparato più o meno dal luogo in cui si trovava il convoglio militare israeliano, molto probabilmente da un soldato di un’unità d’élite,” afferma il rapporto.

L’uccisione di Abu Akleh l’11 maggio ha suscitato l’indignazione internazionale e invoca la condanna delle aggressioni contro i giornalisti. La giornalista uccisa informava su avvenimenti e attacchi israeliani nei territori palestinesi occupati da 25 anni ed era diventata un volto familiare in tutto il mondo arabo.

È stata uccisa mentre indossava il giubbotto antiproiettile della stampa che la indicava chiaramente come giornalista, mentre stava per informare su un’incursione israeliana nella città cisgiordana di Jenin.

In precedenza inchieste del Washington Post, dell’Associated Press e dell’organizzazione di specialisti Bellingcat [gruppo di giornalisti investigativi con sede in Olanda, ndt.] erano arrivate alla conclusione che probabilmente Abu Akleh è stata uccisa dalle forze israeliane. Il mese scorso un’inchiesta della CNN [emittente televisiva di notizie statunitense, ndt.] ha affermato che le prove suggeriscono che l’esperta giornalista è stata uccisa in un “attacco mirato delle forze israeliane”.

Anche un’indagine dell’Autorità Nazionale Palestinese ha rilevato che Abu Akleh è stata deliberatamente colpita da forze israeliane.

La scorsa settimana Al Jazeera ha ottenuto un’immagine del proiettile che ha ucciso Abu Akleh estratto dal suo cranio. Secondo esperti di balistica e medici legali la pallottola era in grado di perforare una protezione blindata e viene utilizzata nei fucili M4, in dotazione all’esercito israeliano. Secondo gli esperti il proiettile è stato prodotto negli Stati Uniti.

La rete multimediale Al Jazeera ha accusato le forze israeliane di aver assassinato la giornalista “a sangue freddo”.

Israele, che ha ripetutamente cambiato la sua versione su come Abu Akleh è stata uccisa e la sua posizione riguardo all’indagine, ha respinto tali rapporti.

Alla fine di maggio il ministro degli Esteri israeliano Yair Lapid ha affermato di aver espresso la propria “protesta” al suo collega Antony Blinken riguardo a quella che ha definito “indagine tendenziosa sulla morte (di Abu Akleh) da parte dell’Autorità Nazionale Palestinese così come la cosiddetta ‘inchiesta’ della CNN.”

Blinken e altri funzionari dell’amministrazione del presidente Joe Biden hanno sollecitato un’indagine trasparente riguardo all’uccisione di Abu Akleh, insistendo che Israele è l’autorità che la deve condurre. Washington ha anche rifiutato il possibile coinvolgimento della Corte Penale Internazionale nel caso.

I sostenitori dei diritti dei palestinesi hanno denunciato la posizione degli USA, sottolineando che Israele non può essere considerato affidabile nell’indagare su sé stesso.

Raramente le morti dei palestinesi suscitano l’attenzione internazionale, e soldati accusati di crimini contro i palestinesi in Cisgiordania raramente vengono incriminati,” afferma il rapporto del New York Times di lunedì.

Nonostante inchieste e prove disponibili puntino il dito contro Israele, questo mese Blinken ha detto chiaramente che i fatti relativi all’ uccisione di Abu Akleh “non sono stati ancora accertati.”

Nelle stesse dichiarazioni il capo della diplomazia USA ha chiesto un’indagine “indipendente”, ma in seguito il Dipartimento di Stato ha detto ad Al Jazeera che “non ci sono stati cambiamenti” nella posizione USA, secondo cui Israele deve essere la parte che conduce l’indagine.

Dopo l’omicidio di Abu Akleh le forze israeliane hanno aggredito i partecipanti al suo funerale, spingendo quelli che portavano il feretro della giornalista uccisa a farlo quasi cadere.

Inizialmente Israele ha affermato che “pare probabile che palestinesi armati” siano stati responsabili dell’uccisione di Abu Akleh.

Dopo l’incidente l’ufficio del primo ministro Naftali Bennett ha reso pubblico un video di palestinesi armati che sparano in un vicolo, suggerendo che erano stati loro ad aver sparato ad Abu Akleh. Ma questa versione è stata rapidamente smentita in quanto gli uomini armati non avevano una linea di tiro verso la giornalista assassinata, uccisa a centinaia di metri di distanza. E il video era stato ripreso ore prima che l’inviata venisse colpita.

Dopo qualche giorno l’esercito israeliano ha ammesso che la giornalista potrebbe essere stata uccisa da fuoco israeliano, ma ha escluso la possibilità che sia stata colpita deliberatamente.

Le autorità israeliane hanno anche cambiato la loro posizione riguardo all’inchiesta. Mentre Israele ha chiesto di visionare il proiettile che ha ucciso la giornalista, all’inizio ha affermato che non ci sarebbe stata un’indagine penale sull’incidente.

Ma in seguito mezzi di comunicazione israeliani hanno citato l’avvocato generale militare, secondo cui l’esercito sta “facendo ogni sforzo” per indagare sull’incidente.

Tuttavia all’inizio del mese il Washington Post ha citato l’affermazione dell’esercito israeliano secondo cui “ha già concluso che non c’è stato un comportamento criminoso” nell’uccisione di Abu Akleh.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Tre palestinesi uccisi dalle forze israeliane in un raid a Jenin

Redazione di Al Jazeera

17 giugno 2022, Al Jazeera

Altri dieci feriti nell’ultimo mortale raid israeliano nella Cisgiordania occupata.

Tre palestinesi sono stati uccisi e dieci feriti durante l’irruzione delle forze israeliane a Jenin nella Cisgiordania occupata, come ha riferito il Ministero della Salute palestinese.

Circa 30 veicoli militari israeliani hanno fatto irruzione a Jenin nelle prime ore di venerdì e hanno circondato un’auto nell’area di al-Marah, a est della città, sparando ai quattro uomini seduti all’interno. Tre di loro sono stati uccisi e un quarto gravemente ferito.

L’agenzia di stampa palestinese Wafa ha identificato gli uomini uccisi come Baraa Lahlouh (24 anni), Yusuf Salah (23) e Laith Abu Suroor (24).

L’esercito israeliano ha affermato in un breve messaggio in ebraico che stava conducendo un’operazione per localizzare armi in due luoghi diversi e di essere stato attaccato.

“Sono stati accertati spari contro i soldati che hanno sventato i piani dei terroristi di colpirli”, ha sostenuto l’esercito, aggiungendo di aver trovato sul posto delle armi, tra cui due fucili d’assalto M-16 e delle cartucce.

I residenti di Jenin hanno affermato di ritenere che gli israeliani avessero intenzione di demolire la casa di Raed Hazem, che il 7 aprile aveva effettuato un attentato a Tel Aviv uccidendo tre israeliani prima di essere ucciso da un colpo di arma da fuoco.

L’esercito israeliano ha intensificato i raid all’interno e intorno al campo occupato di Jenin, nel tentativo di reprimere la crescente resistenza armata palestinese.

Dilagano i timori di una possibile invasione israeliana su larga scala del campo, dove sono attivi i gruppi armati della Jihad islamica palestinese e dei movimenti di Fatah.

Secondo il Ministero della Salute palestinese, quest’anno più di 60 palestinesi sono stati uccisi dalle forze israeliane, molti dei quali in raid simili.

Da marzo una serie di attacchi palestinesi ha ucciso anche 19 persone in Israele.

La giornalista Shireen Abu Akleh, un’importante giornalista televisiva di Al Jazeera, è stata uccisa dalle forze israeliane il mese scorso a Jenin mentre stava seguendo un’operazione dell’esercito israeliano.

Un’indagine palestinese ha affermato che la giornalista – che quando è stata colpita indossava un giubbotto antiproiettile con sopra la scritta “stampa” e un elmetto da giornalista – è stata uccisa a colpi di arma da fuoco in quello che è stato descritto come un crimine di guerra.

Israele ha fatto marcia indietro rispetto alla iniziale insinuazione secondo cui Abu Akleh potrebbe essere stata uccisa da un uomo armato palestinese, ma ha ora affermato che non porterà avanti alcuna indagine penale.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Israele vuole il “completo controllo ” della terra palestinese: il rapporto delle Nazioni Unite

Redazione Al Jazeera

7 giugno 2022-Al Jazeera

La commissione indipendente istituita dal Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite afferma che Israele deve porre fine all’occupazione e cessare di violare i diritti umani dei palestinesi.

Una commissione d’inchiesta indipendente istituita dal Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite dopo l’assalto israeliano del 2021 alla Striscia di Gaza assediata ha affermato che Israele deve fare di più oltre che porre fine all’occupazione della terra che i leader palestinesi vogliono per un futuro Stato.

Secondo il rapporto pubblicato martedì, in cui si sollecita l’adozione di ulteriori azioni per garantire l’uguale godimento dei diritti umani per i palestinesi, “La fine dell’occupazione da sola non sarà sufficiente”

Il rapporto produce prove di come Israele “non ha intenzione di porre fine all’occupazione”.

Israele sta perseguendo il “completo controllo” su quello che il rapporto chiama Territorio Palestinese Occupato, inclusa Gerusalemme Est, conquistata da Israele nella guerra del 1967 e successivamente annessa con una mossa mai riconosciuta dalla comunità internazionale.

Il governo israeliano, ha affermato la commissione, ha “agito per alterare la demografia attraverso il mantenimento di un contesto repressivo per i palestinesi e un contesto favorevole per i coloni israeliani”.

Citando una legge israeliana che nega la cittadinanza ai palestinesi sposati con cittadini israeliani, il rapporto accusa Israele di offrire “stato civile, diritti e protezione legale diversi” ai cittadini palestinesi di Israele.

Più di 700.000 coloni israeliani ora vivono in insediamenti e avamposti in Cisgiordania e Gerusalemme est, dove risiedono più di tre milioni di palestinesi. Gli insediamenti israeliani sono complessi residenziali fortificati per soli ebrei e sono considerati illegali dal diritto internazionale.

Le principali organizzazioni per i diritti umani, tra cui Human Rights Watch e Amnesty International, hanno equiparato le politiche israeliane contro i palestinesi all’apartheid.

Alle radici del conflitto.

L’inchiesta e il rapporto delle Nazioni Unite hanno preso avvio dall’offensiva militare israeliana di 11 giorni nel maggio 2021 durante la quale più di 260 palestinesi a Gaza sono stati uccisi e 13 persone sono morte in Israele.

Nel maggio 2021 Hamas ha lanciato razzi contro Israele dopo che le forze israeliane avevano attaccato i fedeli palestinesi nel complesso della Moschea di Al-Aqsa, il terzo luogo sacro dell’Islam, con decine di feriti e arresti. La cosa ha fatto seguito anche alla decisione del tribunale israeliano di espellere con la forza delle famiglie palestinesi da Sheikh Jarrah, un quartiere a Gerusalemme est.

L’ambito dell’inchiesta includeva indagini su presunte violazioni dei diritti umani prima e dopo l’assalto di Israele contro Gaza e cercava anche di indagare sulle “cause profonde” del conflitto.

Hamas ha accolto favorevolmente il rapporto e ha esortato a perseguire penalmente i leader israeliani per quelli che ha definito “crimini” contro il popolo palestinese.

Anche l’Autorità Nazionale Palestinese ha elogiato il rapporto e ha richiesto anche di chiamare Israele a rendere conto dei suoi atti, “in modo da mettere fine all’impunità di Israele”.

Il Ministero degli Affari Esteri israeliano ha definito il rapporto “uno spreco di denaro e fatica”, niente più che una caccia alle streghe.

Israele ha boicottato l’indagine, accusandola di parzialità e vietando agli investigatori l’ingresso in Israele e nei territori palestinesi, costringendoli a raccogliere testimonianze a Ginevra e in Giordania.

Il rapporto sarà discusso al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite con sede a Ginevra la prossima settimana. Gli Stati Uniti hanno lasciato il Consiglio nel 2018 per quello che hanno descritto come un “cronico pregiudizio” contro Israele e sono rientrati completamente solo quest’anno.

La commissione, guidata dall’ex capo delle Nazioni Unite per i diritti umani Navi Pillay, è la prima ad avere un mandato “permanente” dall’agenzia per i diritti umani delle Nazioni Unite.

I suoi sostenitori affermano che la commissione è necessaria per tenere sotto controllo le continue ingiustizie affrontate dai palestinesi durante decenni di occupazione israeliana.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




NRC: Vite palestinesi in pericolo se l’UE continuerà a sospendere gli aiuti

Redazione di Al Jazeera

24 maggio 2022 – Al Jazeera

L’UE tiene in sospeso 215 milioni di euro di aiuti in attesa di una modifica dei libri di testo scolastici lasciando i palestinesi nell’impossibilità di acquistare cibo e medicine.

Un’organizzazione umanitaria ha avvertito che il persistente ritardo dell’Unione europea nella distribuzione degli aiuti per settori vitali della Cisgiordania occupata e della Striscia di Gaza sta mettendo a rischio la vita dei palestinesi, con gravi conseguenze per i pazienti che necessitano di cure negli ospedali della Gerusalemme est occupata.

Dal 2021 l’UE ha sospeso gran parte dei suoi finanziamenti ai palestinesi – quasi 215 milioni di euro – con il pretesto che i libri di testo delle scuole palestinesi devono subire revisioni e modifiche.

Ma, secondo il Norwegian Refugee Council (NRC) [Il Consiglio norvegese per i rifugiati è un’organizzazione umanitaria non governativa che tutela i diritti delle persone costrette a lasciare le proprie case, ndtr.], la sospensione degli aiuti sta paralizzando settori cruciali e ostacolando servizi, compresa l’assistenza sanitaria nella Gerusalemme est occupata, dove gli ospedali forniscono cure salvavita ai palestinesi di tutti i territori.

Queste restrizioni puniscono i malati terminali che non possono ricevere medicine salvavita e costringono i bambini a soffrire la fame allorché i genitori non possono permettersi di acquistare il cibo. I palestinesi stanno pagando il prezzo più crudele per le decisioni politiche prese a Bruxelles”, ha affermato martedì Jan Egeland, segretario generale dell’NRC.

L’organizzazione per i diritti umani, che aiuta gli sfollati, ha affermato che almeno 500 malati di cancro, diagnosticati da settembre 2021, non hanno potuto accedere a cure adeguate e salvavita presso l’Augusta Victoria Hospital nella Gerusalemme est occupata.

Secondo la Lutheran World Federation, una confederazione internazionale di confessioni religiose che gestisce l’ospedale, ciò ha portato a morti evitabili. I pazienti già in cura presso l’ospedale hanno subito ritardi significativi delle cure essenziali, ha dichiarato l’organizzazione.

La decisione della UE di tenere in sospeso gli aiuti estremamente necessari ha avuto anche terribili conseguenze sul sostegno finanziario necessario per i mezzi di sussistenza dei palestinesi. L’associazione ha affermato che ben 120.000 persone, la maggior parte delle quali a Gaza, non hanno ricevuto un sostegno finanziario, mentre i dipendenti dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) hanno subito una riduzione degli stipendi del 20%.

“Non chiediamo di vivere come il resto dell’umanità, basterebbe solo un quarto del loro tenore di vita, non di più”, ha detto Muhammad, un uomo di 74 anni di Gaza la cui unica fonte di reddito è l’assistenza del Ministero dello sviluppo sociale, che a sua volta fa affidamento sull’aiuto della UE.

Da quasi due anni non riceve alcun aiuto economico, assolutamente necessario per mantenere la moglie disabile e potersi permettere un alloggio adeguato.

Al Jazeera ha contattato la UE per un commento.

La Striscia di Gaza è stata martoriata da anni di assedio e bombardamenti israeliani, che hanno spinto gran parte della popolazione al di sotto della soglia di povertà e reso il 63% dei suoi abitanti bisognoso di una qualche forma di assistenza umanitaria.

Secondo l’ECHO, la Direzione generale per la protezione civile e le operazioni di aiuto umanitario europee, circa 2,1 milioni dei 5,3 milioni di palestinesi hanno bisogno di assistenza umanitaria.

Con circa 1,31 miliardi di euro spesi nell’ambito della strategia congiunta dell’Unione europea 2017-2020 e circa 830 milioni di euro in assistenza umanitaria dal 2000, la UE è il principale donatore dell’ANP.

Quindici Stati membri della UE hanno firmato una lettera alla Commissione europea in cui criticano il ritardo nella fornitura dei fondi e ne hanno chiesto l’immediato invio.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Uno di quelli che hanno portato la bara di Abu Akleh arrestato giorni dopo l’attacco israeliano al funerale

Arwa Ibrahim

Mercoledì 18 maggio 2022 – Al Jazeera

Il legale di Amro Abu Khudeir ha affermato che l’interrogatorio dell’uomo chiamato “il protettore del feretro” ha riguardato il funerale

Gerusalemme Est Occupata – Uno dei palestinesi che hanno portato la bara e sono stati aggrediti dalla polizia israeliana mentre stavano trasportando il feretro lo scorso venerdì al funerale della nota giornalista di Al Jazeera Shireen Abu Akleh è stato arrestato dalle autorità israeliane.

L’avvocato che rappresenta Amro Abu Khudeir, 34 anni, ha affermato che quest’ultimo, abitante di Gerusalemme, è stato arrestato a casa sua nella zona di Shuafat lunedì mattina presto ed è stato ripetutamente interrogato riguardo agli eventi relativi al funerale.

Il legale, Khaldoun Najm, ha aggiunto che da quando è stato arrestato Abu Khudeir è stato tenuto in isolamento.

Najm ha affermato che “egli non vede la luce e quindi non ha il senso del tempo nella sua cella sotterranea di due metri per uno.”

Najm ha aggiunto che Abu Khudeir ha assistito a un’udienza lunedì e la sua detenzione è stata prolungata fino a domenica.

La polizia israeliana ha affermato che l’arresto di Abu Khudeir non è relativo alla sua partecipazione al corteo funebre.

Abu Akleh, una giornalista palestinese-americana di 51 anni, è stata uccisa dalle forze di sicurezza israeliane mentre l’11 maggio stava informando riguardo a un’incursione israeliana nel campo profughi di Jenin, nel nord della Cisgiordania.

La polizia israeliana ha attaccato quelli che portavano la bara e le persone in lutto al funerale di Abu Akleh mentre l’evento veniva trasmesso in diretta dalle televisioni di tutto il mondo, con migliaia di persone radunate per vedere il suo feretro trasferito dall’ospedale San Giuseppe all’ultima dimora sul monte Sion, appena fuori dalla città vecchia di Gerusalemme.

Abu Khudeir era particolarmente riconoscibile nelle riprese televisive del funerale che hanno mostrato quelli che portavano lottare per evitare che la bara di Abu Akleh cadesse a terra mentre la polizia israeliana attaccava le persone in lutto usando gli sfollagente. L’azione ha provocato una condanna unanime e richieste di indagini anche dalle Nazioni Unite.

Ad Abu Khudeir è stato dato il soprannome di “protettore del feretro” dopo che è stato visto tenere in alto il feretro nonostante fosse picchiato duramente dalla polizia.

Ulteriori notizie

Benché molti di quelli che portavano il feretro siano stati picchiati dalla polizia israeliana, secondo Najm Abu Khudeir è stato l’unico ad essere arrestato dalle autorità israeliane dopo il funerale.

Najm ha affermato ad Al Jazeera che “i servizi segreti israeliani asseriscono che Amro abbia collaborato con una organizzazione terroristica e che hanno un suo fascicolo segreto”.

Tuttavia Najm ha affermato che ciò sembra improbabile, perché Abu Khudeir lo ha informato che tutte le domande poste durante l’interrogatorio erano relative al funerale.

Ad Amro è stato chiesto perché insisteva nel portare la bara facendo attenzione a non farla cadere a terra”, ha detto Najm. “Il fulcro delle domande era relativo a lui come uno che ha portato la bara al funerale di Abu Akleh”.

Najm ha affermato che Abu Khudeir, che ha due figli, era un noto attivista a Gerusalemme ed in passato è stato arrestato dalla polizia israeliana.

In una dichiarazione ad Al Jazeera un portavoce della polizia israeliana ha affermato che l’arresto di Abu Khudeir non era legato al corteo funebre.

Nella dichiarazione si afferma che “il sospetto è stato arrestato come parte di una inchiesta in corso che, al contrario di quanto è stato dichiarato, non ha nulla a che vedere con la sua partecipazione al corteo funebre.”

Non intendiamo aggiungere particolari su una indagine in corso, ma constatiamo che il tribunale ha prolungato la detenzione del sospetto.”

Oltre che rompere il finestrino del carro funebre che stava trasportando il corpo di Abu Akleh e rimuovere la bandiera palestinese dallo stesso le forze di polizia israeliane hanno anche sequestrato le bandiere palestinesi alle persone in lutto.

Lo Stato di Israele ha ordinato un’inchiesta sulla condotta dei suoi agenti al funerale di Abu Akleh, mentre l’Autorità Nazionale Palestinese ha affermato che avrebbe accolto favorevolmente il sostegno internazionale nell’indagine sull’assassinio.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




I leader della chiesa condannano duramente l’attacco della polizia israeliana al funerale di Abu Akleh

Redazione

16 maggio 2022-Al Jazeera

Il patriarca cattolico di Gerusalemme ha accusato Israele di “mancare di rispetto alla chiesa” per quella che ha definito un'”invasione della polizia” al funerale di Shireen Abu Akleh.

Il Primate cattolico di Gerusalemme ha condannato il pestaggio da parte della polizia delle persone in lutto che trasportavano la bara della giornalista di Al Jazeera Shireen Abu Akleh, uccisa dalle forze israeliane mercoledì scorso, ed ha accusato le autorità israeliane di violare i diritti umani e di mancare di rispetto alla Chiesa cattolica.

Il patriarca cattolico Pierbattista Pizzaballa ha detto ai giornalisti lunedì al St Joseph Hospital che l’incidente, trasmesso in tutto il mondo, costituisce un “uso sproporzionato della forza” contro la folla di migliaia di persone che sventolavano bandiere palestinesi e si recavano dall’ospedale alla vicina chiesa cattolica di Gerusalemme Est. L’attacco della polizia, ha detto Pizzaballa ai giornalisti, “è una grave violazione delle norme e dei regolamenti internazionali, compreso il diritto umano fondamentale alla libertà di religione, che deve essere rispettato anche in uno spazio pubblico”.

Pizzaballa ha affermato “L’invasione della polizia israeliana e l’uso sproporzionato della forza, con l’assalto alle persone in lutto, il pestaggio con manganelli, l’uso di granate fumogene, gli spari di proiettili di gomma, lo spavento arrecato ai pazienti dell’ospedale, è una grave violazione delle norme e dei regolamenti internazionali”.

Il St Joseph Hospital ha anche rilasciato filmati delle telecamere di sorveglianza che mostrano le forze israeliane che assaltano l’edificio dove era stato deposto il corpo di Abu Akleh e afferma che 13 persone sono rimaste ferite a seguito del raid.

Imran Khan di Al Jazeera ha detto che l’ospedale, insieme alle autorità ecclesiastiche, intraprenderà un’azione legale contro le autorità israeliane per quello che è successo “La rabbia qui è palpabile”, ha detto Khan, parlando dall’ingresso dell’ospedale. “Abbiamo sentito il direttore generale [dell’ospedale] dire che nei suoi 31 anni non ha mai visto niente di simile”.

“Le autorità ospedaliere affermano che non c’era assolutamente alcun motivo per cui [le forze israeliane] entrassero all’interno”, ha continuato, aggiungendo che i tre concetti chiave per descrivere le azioni delle forze israeliane sono: vergognose, mancanza di rispetto e uso sproporzionato della violenza.

L’attacco di venerdì ha attirato condanne a livello mondiale e si è aggiunto allo shock e all’indignazione per l’omicidio di Abu Akleh mentre copriva un raid israeliano nella Cisgiordania occupata.

Abu Akleh, una palestinese americana che ha lavorato per Al Jazeera per 25 anni, è stata uccisa mentre copriva un raid militare israeliano nel campo profughi di Jenin. Era un nome familiare in tutto il mondo arabo, nota per aver documentato le difficoltà della vita palestinese sotto il dominio israeliano.

Testimoni, inclusi giornalisti che erano con lei, funzionari palestinesi e Al Jazeera, affermano che è stata uccisa dal fuoco dell’esercito israeliano.

I militari, dopo aver inizialmente affermato che i responsabili avrebbero potuto essere uomini armati palestinesi, in seguito hanno fatto marcia indietro e ora affermano che non è chiaro chi abbia sparato il proiettile mortale. Ma secondo il quotidiano israeliano Haaretz le autorità israeliane hanno interrogato il soldato che si ritiene abbia sparato il proiettile, il quale ha affermato che era seduto in un veicolo dell’esercito a 190 metri di distanza e di “non aver visto” Abu Akleh.

Dopo l’indignazione internazionale per le violenze al funerale, la polizia israeliana ha avviato un’indagine sulla condotta degli agenti che hanno attaccato le persone in lutto, facendo si che i portatori lasciassero quasi cadere la bara [a causa dei colpi ricevuti, ndt].

Ma il fratello di Abu Akleh, Anton, ha detto ad Al Jazeera che non c’è speranza di assistere ad un’indagine indipendente.

“La polizia israeliana inizialmente ha detto che stavano agendo secondo le istruzioni della famiglia, qualcosa che Tony [Anton] ha detto non essere mai accaduto”. Kahn afferma: “La versione della polizia israeliana è stata fatta completamente a pezzi”.

Indagini

Israele ha chiesto un’indagine congiunta con i palestinesi, affermando che il proiettile deve essere analizzato da esperti di balistica per raggiungere una conclusione certa. I funzionari palestinesi hanno rifiutato, dicendo che non si fidano di Israele.

Le organizzazioni per i diritti umani affermano che Israele ha una scarsa credibilità nelle indagini sugli illeciti commessi dalle sue forze di sicurezza.

Dopo aver detto in precedenza che avrebbero accettato un partner esterno, domenica i palestinesi hanno reso noto che avrebbero gestito le indagini da soli e fornito risultati molto presto.

“Ci siamo anche rifiutati di condurre un’indagine internazionale perché confidiamo nelle capacità della nostra agenzia di sicurezza”, ha annunciato il primo ministro Mohammed Shtayyeh. “Non consegneremo nessuna delle prove a nessuno perché sappiamo che queste persone sono in grado di falsificare i fatti”.

Diversi gruppi di ricerca e organismi per i diritti umani hanno avviato le proprie indagini.

Bellingcat, un consorzio internazionale di ricercatori con sede in Olanda, ha pubblicato un’analisi delle prove audio e video raccolte sui social media. Il materiale proviene da fonti sia palestinesi che militari israeliane e l’analisi ha preso in considerazione fattori come le marche temporali dei documenti digitali, localizzazioni dei video, ombre e analisi forensi dell’audio degli spari.

Il gruppo ha scoperto che per quanto uomini armati e soldati israeliani fossero entrambi nell’area, le prove sono a sostegno delle testimonianze secondo cui il fuoco israeliano ha ucciso Abu Akleh.

Sulla base di ciò che siamo stati in grado di esaminare i [soldati israeliani] erano nella posizione più vicina e avevano la visuale più chiara rispetto ad Abu Akleh”, ha affermato Giancarlo Fiorella, il ricercatore capo dell’indagine.

Fiorella ha riconosciuto che l’analisi non può essere certa al 100% senza prove come il proiettile, le armi usate dall’esercito e le posizioni GPS delle forze israeliane. Ma ha detto che l’emergere di ulteriori prove in genere rafforza le conclusioni preliminari e quasi mai le ribalta.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Pon




Israele arresta due palestinesi sospettati di un accoltellamento mortale

Redazione di Al-Jazeera

8 maggio 2022-Al Jazeera

I due sospetti sono stati arrestati in un’area boschiva vicino al luogo dell’attacco nell’insediamento di Elad, dopo una caccia all’uomo durata tre giorni.

Le forze israeliane hanno arrestato due palestinesi sospettati di aver ucciso tre persone in un attacco a coltellate la scorsa settimana nell’insediamento di Elad vicino a Tel Aviv.

I due palestinesi, identificati come Asad Yussef al-Rifai, 19 anni, e Subhi Imad Sbeihat, 20 anni, sono stati arrestati nei pressi di una cava non lontano da Elad a seguito di una vasta caccia all’uomo.

Domenica la polizia, l’esercito e l’agenzia di sicurezza interna in una dichiarazione congiunta hanno affermato “I due terroristi che hanno ucciso tre civili israeliani nell’attacco omicida a Elad sono stati catturati”.

Il primo ministro Naftali Bennett ha dichiarato: “Abbiamo detto che avremmo catturato i terroristi e così abbiamo fatto”.

Testimoni oculari hanno riferito al sito di notizie Maan che in seguito forze israeliane dotate di veicoli militari hanno fatto irruzione nelle loro case nel villaggio di Rummaneh a ovest di Jenin.

Giovane palestinese ucciso

Secondo il Ministero della Salute palestinese domenica sera le forze israeliane hanno ucciso a colpi di arma da fuoco un giovane palestinese vicino al posto di blocco militare di Jabara a sud di Tulkarem nella Cisgiordania occupata.

Il giovane è stato identificato come Mahmoud Sami Khalil, secondo l’agenzia di stampa palestinese Wafa.

Gli accoltellamenti di giovedì sono avvenuti in quello che Israele celebra come il suo Giorno dell’Indipendenza.

Per i palestinesi l’anniversario della dichiarazione di indipendenza di Israele nel 1948 segna la Nakba, o catastrofe, quando almeno 750.000 persone furono espulse violentemente dalle loro case e dai loro villaggi nella Palestina storica.

Elad, una città ebraica ultra-ortodossa, è costruita sui resti del villaggio palestinese al-Muzayriyah, che fu etnicamente ripulito e distrutto nel luglio 1948.

Le forze israeliane affermano che almeno altri quattro sono rimasti feriti nell’attacco con ascia e coltello.

Stefanie Dekker di Al Jazeera, che riporta da Gerusalemme Ovest, ha detto che sono stati trovati in una zona boscosa di Elad.

Non è la prima volta che questo tipo di attacchi viene effettuato in una città israeliana. Ce ne sono stati sei, sette negli ultimi due mesi”, ha detto Dekker.

“La valutazione delle forze di sicurezza interna israeliane è che questo tipo di attacchi sono effettuati a livello individuale, il che li rende molto più difficili da prevenire”, ha affermato.

“Questa è sicuramente una preoccupazione che si trascinerà nel futuro”.

Aumento delle tensioni

L’accoltellamento è stato l’ultimo di una serie di assalti mortali nel cuore del Paese durante ultime settimane. È accaduto quando le tensioni israelo-palestinesi erano già state acuite dalla violenza e dalle ripetute incursioni delle forze israeliane nel complesso della moschea di Al-Aqsa, il terzo luogo più sacro dell’Islam.

In una dichiarazione il Ministro della Pubblica Sicurezza Omer Barlev ha affermato: “Continueremo a dare la caccia con determinazione in ogni momento a quelli che vogliono farci del male e li prenderemo.”

Mentre le forze armate perlustravano l’area alla ricerca degli uomini, la polizia ha invitato la gente a liberare l’area e ha esortato gli israeliani a denunciare veicoli o persone sospette.

La polizia ha detto che gli attaccanti provenivano dalla città di Jenin nella Cisgiordania occupata, la città è riemersa come un punto focale [era stata protagonista della seconda intifada, ndtr.] nell’ultima ondata di violenza, la peggiore che Israele abbia visto da anni. Molti aggressori arrivavano da Jenin.

Quasi 30 palestinesi sono morti nelle violenze succedute da marzo, tra cui una donna disarmata e due passanti. Le organizzazioni per i diritti umani affermano che Israele usa spesso una forza eccessiva con poca o nessuna responsabilità.

Almeno 18 israeliani sono stati uccisi in cinque attacchi, tra cui un altro accoltellamento nel sud di Israele, due sparatorie nell’area di Tel Aviv e colpi di armi da fuoco lo scorso fine settimana in un insediamento israeliano nella Cisgiordania occupata.

Gli insediamenti israeliani sono considerati illegali secondo le leggi internazionali. I successivi governi israeliani hanno costruito e ampliato insediamenti nei territori palestinesi occupati – una mossa che secondo i palestinesi è mirata al cambiamento demografico.

Ci sono tra 600.000 e 750.000 coloni israeliani che vivono in almeno 250 insediamenti nella Cisgiordania occupata ed a Gerusalemme est.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




Le forze di sicurezza israeliane uccidono un palestinese in un’incursione nella Cisgiordania occupata

Redazione di Al Jazeera

26 aprile 2022, Al-Jazeera

Il Ministero della Sanità palestinese ha annunciato che Ahmad Owaidat, di 20 anni, è stato ucciso durante una incursione israeliana a Gerico.

Secondo il Ministero della Sanità palestinese le forze di sicurezza israeliane hanno ucciso un palestinese durante una incursione nel campo profughi di Aqabet Jaber a Gerico, nella Cisgiordania occupata.

L’uomo è stato identificato come Ahmad Ibrahim Owaidat di 20 anni. Il Ministero della Sanità ha affermato che è stato colpito alla testa nelle prime ore di martedì.

Owaidat è stato trasferito nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Ramallah ed è rimasto lì per diverse ore prima che ne fosse dichiarato il decesso.

Le forze di sicurezza israeliane hanno effettuato una incursione nel campo prima dell’alba e hanno arrestato almeno due palestinesi.

In risposta all’uccisione, il movimento di Fatah a Gerico e nella valle del Giordano ha annunciato uno sciopero generale per martedì.

Altri due palestinesi sono stati uccisi durante la scorsa settimana nella Cisgiordania; Lutfi al-Labadi di 21 anni e Hanan Khdour di 18 anni sono stati colpiti durante una incursione dell’esercito israeliano nella zona di Jenin.

La tensione è alta a Gerusalemme e in Cisgiordania.

Un incremento degli attacchi da parte dei palestinesi ha portato all’uccisione di 14 persone in Israele dal 22 marzo. Nel frattempo dall’inizio dell’anno gli israeliani hanno ucciso almeno 46 palestinesi residenti nella Cisgiordania.

Le incursioni dei coloni scortati dalla polizia durante la scorsa settimana, quando la festività della Pasqua ebraica e il Ramadan, il mese sacro per i mussulmani, si sono sovrapposti, ha provocato scontri giornalieri con i palestinesi nell’area della moschea di Al-Aqsa, con molti palestinesi feriti e arrestati.

Lo scorso anno settimane di protesta contro le deportazioni di palestinesi a Gerusalemme Est occupata e incursioni delle forze di sicurezza israeliane ad Al-Aqsa durante il Ramadan sono sfociate in una diffusa sollevazione in Israele e nei territori palestinesi occupati e in una offensiva di 11 giorni contro Gaza assediata.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)




Diversi palestinesi tra cui un adolescente uccisi dalle forze israeliane

Al Jazeera e agenzie di stampa

15 marzo 2022, Al Jazeera

L’adolescente Nader Rayan e due uomini uccisi in raid nella Cisgiordania occupata e in Israele.

Le forze israeliane hanno ucciso tre palestinesi, tra cui un adolescente, in due diversi incidenti nella Cisgiordania occupata e nel deserto di Naqab (Negev).

Il Ministero della salute palestinese afferma che martedì in un raid israeliano nel vasto campo profughi di Balata, nella città settentrionale di Nablus, il diciassettenne Nader Rayan è morto dopo essere stato colpito alla testa, al torace e alla mano.

Inoltre riporta che altri tre palestinesi sono rimasti feriti di cui uno è in condizioni critiche.

Un portavoce della polizia di frontiera israeliana ha confermato che un palestinese è stato ucciso. “Un terrorista ha sparato contro le nostre truppe che hanno risposto e lo hanno ucciso”, ha detto il portavoce.

Il raid israeliano su Balata ha portato all’arresto di un palestinese ricercato, Ammar Arafat, che è stato arrestato dopo che la sua casa era stata presa d’assalto dalle forze armate.

Secondo i media palestinesi, Arafat era ricercato da Israele da diversi mesi. La sua casa è stata perquisita molte volte e la sua famiglia è stata minacciata che sarebbe stato ucciso se non si fosse consegnato.

Dopo il suo arresto sono scoppiati scontri, e le truppe israeliane e uomini armati palestinesi hanno scambiato colpi di arma da fuoco.

Il ventenne Alaa Shaham è stato ucciso da un proiettile alla testa, ha detto il Ministero. Altri sei palestinesi sono stati feriti da pallottole vere.

Qalandiya ospita il principale checkpoint tra la Gerusalemme Est annessa e la Cisgiordania.

I raid delle forze israeliane nei sovraffollati campi profughi sono frequenti, spesso provocano morti e sono visti dai palestinesi come un mezzo per mantenere l’occupazione israeliana.

Gerusalemme est esclusa, la Cisgiordania vede la presenza circa 475.000 israeliani che vivono in colonie considerate illegali dalla comunità internazionale.

Palestinese ucciso da un’unità sotto copertura

Nella città di Rahat, all’interno del deserto del Naqab [Negev, ndtr.] un’unità israeliana sotto copertura che si era travestita da palestinesi ha ucciso Sanad Salem al-Harbed, un ventisettenne padre di tre figli.

In una dichiarazione la polizia israeliana ha detto che si stava sparando contro la sua unità sotto copertura che si trovava in città per arrestare due sospetti

L’unità israeliana afferma di “aver neutralizzato l’uomo armato che rappresentava una minaccia” e di non aver subito perdite.

La polizia comunica di aver trovato una pistola e munizioni e ha pubblicato una foto di quella che secondo loro era una pistola in possesso di al-Harbed.

Il Naqab ospita 300.000 beduini palestinesi cittadini israeliani, la maggior parte dei quali vive in villaggi “non riconosciuti”. Di conseguenza, soffrono della mancanza di servizi di base come acqua ed elettricità, in netto contrasto con le vicine città ebraiche.

I partiti politici palestinesi hanno condannato le uccisioni di martedì. In una dichiarazione, il partito di sinistra Fronte popolare per la liberazione della Palestina (FPLP) afferma: “Una resistenza globale è il modo più efficace per resistere al nemico sionista”.

“La costanza del nostro popolo nell’affrontare le forze di occupazione israeliane nei campi, nei villaggi e nelle città palestinesi costituisce un richiamo ad una maggiore unità di fronte a questa continua aggressione sionista”, afferma il FPLP.

In una dichiarazione pubblicata sulla sua pagina Facebook, il portavoce di Hamas Abdullatif al-Qanou afferma: “Il sangue dei martiri continuerà ad alimentare la rivoluzione del nostro popolo contro l’occupante sionista”.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




Secondo un ministero palestinese vari palestinesi sono stati uccisi da forze israeliane

1 Marzo 2022 – Al Jazeera

Il ministero palestinese della Sanità ha affermato che una persona è stata uccisa a Beit Fajar e altre due a Jenin, nella Cisgiordania occupata.

Il ministero palestinese della Sanità ha affermato che tre palestinesi sono stati uccisi dalle forze israeliane in due differenti incidenti nella Cisgiordania occupata.

Martedì il ministero ha affermato che Ammar Shafiq Abu Afifa è stato ucciso dalle “forze israeliane di occupazione che gli hanno sparato vicino alla città di Beit Fajar”.

Quando l’agenzia di notizie AFP ne ha chiesto conto, sul momento l’esercito israeliano non ha commentato.

Wafa, l’agenzia di notizie palestinese ufficiale, ha riferito che Afifa era un abitante del campo per rifugiati Al-Aroub a nord di Hebron, nella Cisgiordania occupata.

Secondo la polizia di frontiera israeliana e le autorità sanitarie palestinesi, martedì prima dell’alba in un’altra circostanza, dopo essere finite sotto il fuoco durante un arresto nel nord della Cisgiordania, le forze israeliane hanno ucciso due palestinesi.

La polizia di frontiera israeliana ha affermato che agenti e polizia sotto copertura sono entrati nel campo profughi di Jenin per arrestare un sospetto “ricercato per attività terroristica”.

La polizia ha affermato che “dopo l’arresto del sospetto, non appena le forze hanno lasciato la casa, è stato aperto un intenso fuoco da molteplici direzioni e le forze sotto copertura operanti sulla scena hanno risposto con una fitta sparatoria”.

La polizia ha affermato che, quando gli agenti hanno raggiunto i loro veicoli, un altro assalitore ha sparato alle forze dell’ordine “che hanno risposto con fuoco preciso”.

Il ministero palestinese della Sanità ha affermato che due uomini sono stati uccisi nel combattimento. Wafa li ha identificati come Abdullah al-Hosari, di 22 anni e 3, di 18.

Wafa ha riferito che le truppe hanno arrestato Imad Jamal Abu al-Heija, un prigioniero che era stato liberato.

L’agenzia di notizie ha affermato che l’uccisione dei due palestinesi ha provocato a Jenin una “manifestazione imponente ed irata”.

Forza eccessiva

Le uccisioni sono avvenute a poco più di una settimana di distanza da quando un ragazzo quattordicenne, Mohammed Shehadeh, è stato ucciso dalle forze di sicurezza israeliane nella città di Al-Khader in Cisgiordania.

Organizzazioni per i diritti umani palestinesi e internazionali hanno a lungo condannato ciò che sostengono sia un uso eccessivo della forza da parte delle forze israeliane.

B’Tselem, una organizzazione israeliana per i diritti umani, ha affermato che lo scorso anno ha registrato 77 morti palestinesi per mano delle forze israeliane. Più della metà degli uccisi non erano implicati in nessun attacco, ha aggiunto.

Il mese scorso, Amnesty International in un nuovo rapporto ha sostenuto che Israele sta mettendo in atto “il crimine di apartheid contro i palestinesi” e che deve essere ritenuto responsabile perché li tratta come un “gruppo razziale inferiore”.

Israele ha occupato la Cisgiordania e Gerusalemme Est dopo la guerra del 1967 in Medioriente.

Le colonie israeliane costruite nel terrritorio palestinese sono considerate illegali dal diritto internazionale. Oggi tra 600.000 e 750.000 coloni israeliani vivono in almeno 250 colonie nella Cisgiordania e a Gerusalemme Est.

(traduzione dall’inglese di Gianluca Ramunno)