Le risorse dimenticate di petrolio e gas della Palestina

Mahmoud Elkhafif

Coordinatore, Unità Assistenza al popolo palestinese, UNCTAD

21 giugno 2021 – Al Jazeera

Sarà necessaria un’equa distribuzione delle risorse di petrolio e gas nel bacino di Levante per il raggiungimento di un duraturo accordo politico ed economico tra Israele e Palestina.

Dopo l’ultima operazione militare di Israele e la conseguente massiccia devastazione a Gaza, la comunità internazionale ha promesso centinaia di milioni di dollari per aiutare la ricostruzione della Striscia. Tuttavia, una fine duratura del conflitto tra Israele e Palestina non sarà possibile senza investimenti a lungo termine nello sviluppo economico e umano della Palestina, pari a miliardi di dollari all’anno.

Uno strumento trascurato per generare queste entrate sarebbe quello di destinare alla Palestina la sua giusta quota di benefici dalle riserve di petrolio e gas naturale nei territori occupati e nel Mediterraneo orientale, che sono attualmente sfruttate solo da Israele.

Un recente studio della Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo (UNCTAD) sottolinea che le nuove scoperte di gas naturale nel bacino di Levante sono dell’ordine di 3 trilioni di metri cubi, mentre si stima che il petrolio recuperabile sia di 1,7 miliardi di barili. Queste riserve offrono l’opportunità di distribuire e spartire circa 524 miliardi di dollari tra le varie parti della regione.

L’occupazione militare israeliana dei territori palestinesi dal 1967 e il blocco della Striscia di Gaza dal 2007 hanno impedito al popolo palestinese di esercitare qualsiasi controllo sulle proprie risorse di combustibili fossili, negandogli le tanto necessarie entrate fiscali e di esportazione e lasciando l’economia palestinese sull’orlo del collasso.

I costi economici inflitti al popolo palestinese sotto occupazione sono ben documentati: severe restrizioni alla circolazione di persone e merci; la confisca e distruzione di proprietà e beni; perdita di terra, acqua e altre risorse naturali; frammentazione del mercato interno ed esclusione dai mercati limitrofi e internazionali; e l’espansione delle colonie israeliane illegali secondo il diritto internazionale.

Il popolo palestinese esercita un controllo limitato anche sui propri margini e politiche di bilancio. Secondo le disposizioni del Protocollo di Parigi sulle relazioni economiche, Israele controlla la politica monetaria, i confini e il commercio palestinesi. Riscuote anche dazi doganali, IVA e imposte sul reddito dei palestinesi impiegati in Israele che poi versa al governo palestinese. L’UNCTAD stima che, sotto l’occupazione, il popolo palestinese abbia perso nel periodo 2007-2017 39,9 miliardi di euro di entrate fiscali, comprese le entrate trafugate da Israele e gli interessi maturati. In confronto, nello stesso periodo la spesa per lo sviluppo da parte del governo palestinese è stata di circa 3,7 miliardi di euro.

Il blocco prolungato e le ricorrenti operazioni militari a Gaza hanno ridotto più della metà della popolazione del territorio a vivere al di sotto della soglia di povertà e hanno un costo di 13,9 miliardi di euro di PIL all’anno. Questa cifra non tiene conto dell’enorme costo connesso all’opportunità negata al popolo palestinese di sfruttare il proprio giacimento di gas naturale al largo delle coste di Gaza.

L’accordo israelo-palestinese del 1995 sulla Cisgiordania e sulla Striscia di Gaza, noto come Accordo di Oslo II, ha conferito all’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) la giurisdizione marittima sulle sue acque fino a 20 miglia nautiche dalla costa. Nel 1999 l’ANP ha firmato con il British Gas Group un contratto di 25 anni per l’esplorazione del gas e nello stesso anno è stato scoperto un grande giacimento di gas, Gaza Marine, a 17-21 miglia nautiche al largo della costa di Gaza. Tuttavia, nonostante le discussioni iniziali tra il governo israeliano, l’ANP e British Gas sulla vendita di gas ottenuto da questo giacimento e la fornitura dei tanto necessari ricavi ai territori palestinesi occupati, i palestinesi non hanno ottenuto alcun beneficio.

Dal blocco di Gaza del 2007 il governo israeliano ha stabilito di fatto il controllo sulle riserve di gas naturale al largo di Gaza. L’appaltatore, British Gas, da allora ha avuto a che fare con il governo israeliano, aggirando di fatto il governo palestinese per quanto riguarda i diritti di esplorazione e sviluppo.

Israele ha anche preso il controllo del giacimento di petrolio e gas naturale del Meged, situato all’interno della Cisgiordania occupata. Israele afferma che il campo si trova a ovest della linea di armistizio del 1948, ma la maggior parte del bacino si trova sotto il territorio palestinese occupato dal 1967.

Più di recente Israele ha iniziato a sviluppare nuove scoperte di petrolio e gas nel Mediterraneo orientale, esclusivamente a proprio vantaggio.

Nel requisire e sfruttare le risorse di petrolio e gas palestinesi, Israele sta agendo in violazione della lettera e dello spirito del Regolamento dell’Aia, della Quarta Convenzione di Ginevra e di un insieme corposo di leggi umanitarie internazionali e dei diritti umani che si occupa dello sfruttamento di risorse comuni da parte di una potenza occupante, senza riguardo per gli interessi, i diritti e le quote della popolazione che subisce l’occupazione.

Dopo il recente attacco a Gaza la comunità internazionale ha finora promesso 860 milioni di dollari per la ricostruzione ma, anche prima dell’ultima aggressione militare, l’UNCTAD ha stimato necessaria una spesa di almeno 838 milioni di dollari per far uscire la popolazione di Gaza dalla povertà. Una quota equa dei proventi del petrolio e del gas fornirebbe ai palestinesi finanziamenti sostenibili da investire nella ricostruzione, riabilitazione e ripresa economica a lungo termine. L’alternativa è che queste risorse comuni vengano sfruttate individualmente ed esclusivamente da Israele e diventino un altro fattore scatenante di conflitti e violenze.

Naturalmente una ripresa economica sostenibile e una soluzione politica sostenibile vanno di pari passo. L’ONU mantiene la sua posizione di vecchia data secondo cui una pace duratura e globale può essere raggiunta solo attraverso una soluzione negoziata a due Stati. L’ONU continua a lavorare per la creazione di uno Stato di Palestina indipendente, democratico, contiguo, sovrano e vitale, che esista in pace e sicurezza con Israele. La sopravvivenza economica di uno Stato palestinese dipenderà dalla capacità dei palestinesi di controllare la propria economia e di avere un accesso equo alla loro quota di riserve di petrolio e gas in Palestina.

Le opinioni espresse in questo articolo sono proprie dell’autore e non riflettono necessariamente la posizione editoriale di Al Jazeera.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Caro Presidente Biden, lei deve agire sulla situazione della Palestina

19 giugno 1921, Al Jazeera 

Oltre 680 personalità di livello mondiale nei loro settori [ndt: politici, ong, organizzazioni internazionali, organizzazioni culturali, accademici, premi Nobel ecc.] chiedono al presidente Biden di onorare i suoi impegni e proteggere i diritti umani dei palestinesi.

Caro Presidente Biden,

Noi, la sottoscritta global coalition of leaders” [ndt. https://nowisthetimecoalition.com/]

– dalla società civile agli affari, alle comunità artistiche e religiose, alla politica e ai premi Nobel – chiediamo alla leadership degli Stati Uniti di agire per contribuire a porre fine al dominio all’oppressione istituzionalizzati da parte di Israele del popolo palestinese e a proteggere i suoi diritti umani fondamentali. Una pace sostenibile e giusta – per entrambe i popoli – rimarrà irraggiungibile se la politica statunitense continuerà a sostenere uno status quo politico privo di giustizia e responsabilità.

La sua amministrazione si è impegnata in una politica estera “incentrata sulla difesa della democrazia e sulla tutela dei diritti umani”. Più di recente, lei ha affermato: “Credo che palestinesi e israeliani meritino ugualmente di vivere in modo sicuro e protetto e di godere in pari misura di libertà, prosperità e democrazia”. Per i palestinesi la differenza tra queste affermazioni e la realtà della loro vita quotidiana non potrebbe essere più ampia.

Anche dopo un cessate il fuoco formale, la violenza della polizia israeliana e dei coloni contro i palestinesi continua. L’espropriazione violenta dei palestinesi in tutta la Cisgiordania occupata, comprese le famiglie che vivono nei quartieri di Gerusalemme est di Sheikh Jarrah e Silwan, e le azioni aggressive delle forze israeliane contro i manifestanti pacifici e i fedeli alla moschea di Al-Aqsa, sono le ultime dimostrazioni di un sistema di governo discriminatorio e ineguale [ndt. per i due popoli]. Queste politiche distruggono il tessuto sociale delle comunità [palestinesi] e minano qualsiasi progresso verso un futuro democratico, giusto e pacifico. La logica che le guida ha portato alla recente distruzione di case che ha reso sfollati 72.000 palestinesi a Gaza, i quali devono anche sopravvivere alla crisi umanitaria in corso causata da un blocco di 14 anni

Per ottenere un miglioramento della situazione, gli Stati Uniti devono affrontare le cause profonde della violenza che le precedenti amministrazioni hanno trascurato. La sua amministrazione deve esercitare una pressione diplomatica concertata per aiutare a porre fine al continuo aumento delle discriminazioni e all’oppressione sistematica e garantire che le autorità israeliane siano ritenute responsabili per le violazioni dei diritti dei palestinesi.

Solo un’applicazione coerente di una politica estera incentrata sui diritti può far capire ai leader israeliani che le violazioni del diritto internazionale non verranno più tollerate. Signor Presidente, ora è il momento di stabilire un nuovo standard della politica estera americana che assuma una funzione di guida per la giustizia e apra la strada a una pace duratura.

firmato,

[ndt. primi tre firmatari]

Mary Robinson, ex presidente dell’Irlanda ed ex alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani.

Jan Egeland, segretario generale del Consiglio norvegese per i rifugiati ed ex sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari e coordinatore dei soccorsi di emergenza

Kumi Naidoo, Ambasciatore nel mondo per “Africans Rising for Justice, Peace and Dignity” ed ex direttore esecutivo generale di Greenpeace International

E 680 personalità da 75 Paesi di tutto il mondo

La lista completa dei firmatari si trova sul sito:

https://nowisthetimecoalition.com/

(traduzione dall’inglese di Giuseppe Ponsetti)




I medici palestinesi lottano in prima linea per salvare vite

Redazione di Al Jazeera

15 giugno 2021 – Al Jazeera

Forze israeliane e coloni prendono di mira i manifestanti palestinesi e i medici che cercano di salvarli.

Niilin, Cisgiordania occupata. Bassem Sadaqa indica il foro di una pallottola nella portiera dell’autista dell’ambulanza che lui guida, prova tangibile di quello che, secondo lui, è un evento normale per i medici palestinesi che sono “regolarmente presi di mira” dalle forze israeliane.

Lui ha cinque figli, vive a Niilin e da vent’anni fa il paramedico per la Mezzaluna Rossa palestinese (PRCS).

In un primo momento ho pensato che l’ambulanza fosse stata colpita da pietre, ma poi ho visto il foro. Lo sparo non è stato uno sbaglio, i soldati israeliani hanno preso di mira l’ambulanza mentre io ero proprio lì vicino. Inoltre non è stata la prima volta che le ambulanze che ho guidato sono state prese di mira.”

Il giorno in cui è successo Sadaqa era in prima linea con i suoi colleghi medici palestinesi che lottano per salvare vite e trasportare i manifestanti feriti verso gli ospedali che distano mezz’ora d’auto.

Gli abitanti dei villaggi palestinesi stavano protestando contro l’insediamento illegale dell’ennesimo avamposto sulla terra del loro villaggio quando sono stati fronteggiati da coloni israeliani in uno scontro che ha causato violenza e molti feriti.

Niilin è un villaggio agricolo con oltre 6.000 abitanti che si guadagnano da vivere principalmente coltivando la terra, situata 17 km a occidente di Ramallah, la città principale della Cisgiordania occupata.

Qui la gente lotta per non perdere la terra rimasta al villaggio dopo gli espropri conseguenti a insediamenti e avamposti illegali israeliani che avanzano sempre di più e che ora li hanno circondati con le colonie illegali israeliane di Nili e Na’ale a nordest e Modi’in Illit a sud.

Negli accordi di Oslo del 1993, stipulati fra il governo israeliano e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, il 93% della superficie del villaggio, 15.000 dunam (1500 ettari), era stato designato come Area C, corrispondente al 60% della Cisgiordania, sotto il totale controllo di Israele.

Israele limita le costruzioni dei palestinesi nella maggior parte dell’Area C mentre riserva l’area all’espansione delle colonie, illegali secondo il diritto internazionale.

Aumento dell’uso di munizioni vere’

Recentemente un venerdì, la giornata in cui in genere si svolgono le proteste in Cisgiordania, Al Jazeera ha accompagnato un’ambulanza guidata dai paramedici Ziad Abu Latifa, 50 anni, del campo profughi di Qalandiya (Gerusalemme) e Said Suleiman, 40 anni, del villaggio di al-Midya, vicino a Niilin.

Un colono di un avamposto nelle vicinanze aveva spostato la sua mandria a pascolare su terra palestinese, innescando due giorni di proteste durante i quali gruppi di coloni hanno invaso il villaggio, incendiato i campi e danneggiato veicoli appartenenti a palestinesi che a centinaia si sono riuniti nel tentativo di respingerli.

Uno dei feriti è il sindaco di Niilin, Emad Khawaja, ferito a una gamba da truppe israeliane.

Il primo giorno degli scontri sono state ferite undici persone con munizioni vere, quattro il secondo giorno. Recentemente abbiamo notato un incremento nell’uso di questo tipo di munizioni contro i manifestanti,” ha detto Khawaja ad Al Jazeera.

La pallottola resterà nella gamba per tutta la mia vita perché tentare di estrarla causerebbe un danno maggiore.”

Mentre il numero dei feriti sale, proprio quest’ambulanza correva a rotta di collo lungo le strette strade tutte a curve, su per le colline e giù nelle valli, facendo due viaggi, avanti e indietro, da Niilin all’ospedale di Ramallah.

Abu Latifa, con otto figli, è paramedico da cinque anni e un volontario della PRCS da 17, dice ad Al Jazeera che, sebbene il suo lavoro sia pericoloso e stressante, pensa di star aiutando come meglio può dopo essere stato testimone in prima persona delle ferite inflitte ai palestinesi nel corso degli anni e della carenza di cure mediche adeguate a loro disposizione.

Quando ho partecipato alle proteste durante la prima Intifada con ossa fratturate sono stato abbandonato sul ciglio della strada da soldati israeliani prima che un automobilista di passaggio mi portasse in ospedale, dove sono rimasto privo di sensi per due giorni,” ha detto Abu Latifa.

Durante la prima Intifada, dal 1987 al 1993, Yitzhak Rabin, il defunto primo ministro israeliano aveva ordinato ai soldati israeliani di spezzare braccia e gambe dei palestinesi per impedire loro di lanciare pietre durante le proteste che si erano allargate nella Cisgiordania e a Gaza, una decisione che aveva provocato lo sdegno internazionale.

Quella è stata la motivazione che mi ha spinto a studiare per diventare paramedico e poter prestare i primi soccorsi alle persone e trasportarle in ospedale,” spiega Abu Latifa.

Un soldato mi ha colpito alla testa con il calcio del fucile’

Sadaqa dice che mentre presta servizio sul campo cerca di stare calmo, di ignorare lo stress e di concentrarsi sulla cura dei suoi pazienti per quanto possibile date le circostanze.

Uno degli altri problemi che affrontiamo è quello dei soldati che rifiutano di permettere alle ambulanze di avvicinarsi a coloro che sono gravemente feriti o che le fermano mentre cercano di trasportare i feriti in ospedale, talvolta portando via i nostri pazienti dalle ambulanze,” afferma.

Non è solo ad aver vissuto questo tipo di situazioni.

Una delle peggiori esperienze di Abu Latifa è stata quando stava cercando di raggiungere un manifestante palestinese nel villaggio di Nabi Saleh, vicino a Ramallah, a cui una pallottola era uscita dal collo dopo aver attraversato il fianco.

Il giovane era stato ferito da lontano mentre i soldati israeliani stavano reprimendo una protesta sul terreno del villaggio, ma le truppe hanno impedito ai paramedici di avvicinarsi al ragazzo gravemente ferito che in seguito è morto.

È particolarmente difficile viaggiare di notte per trasportare i pazienti quando non c’è nessuno in giro e non ci sono giornalisti sul posto a testimoniare quello che sta succedendo,” riferisce Abu Latifa.

Recentemente sono andato al villaggio Kubar, vicino a Ramallah, per portare via un giovane che era stato ferito a una gamba dai soldati. Ma mentre cercavo di caricarlo su un’ambulanza, un soldato mi ha colpito in testa con il calcio del suo M-16 (fucile d’assalto).

Poi ho telefonato in centrale e dopo un’ora di negoziati con l’ufficiale di collegamento israeliano ci è stato permesso di evacuare il paziente.”

Mentre il sole tramonta, il turno di Abu Latifa e Suleiman finisce, l’ambulanza ritorna a Ramallah con i paramedici esausti, soddisfatti di aver fatto del loro meglio per salvare delle vite.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Traumi e salute mentale a Gaza

Kamran Ahmed

 14 giugno 2021, Al Jazeera

L’occupazione israeliana, le bombe e l’oppressione infliggono non solo danni fisici ma anche psicologici ai palestinesi.

Il cessate il fuoco del 20 maggio tra il governo israeliano e Hamas ha posto fine all’ultima esplosione del conflitto nella regione e ha portato a un senso di sollievo collettivo fra i palestinesi assediati della Striscia di Gaza.

Ma le profonde ferite che la violenza ha inflitto rimangono aperte.

Undici giorni di bombardamenti israeliani sull’enclave assediata hanno causato la morte di 256 palestinesi, tra cui 66 bambini. Quasi 2.000 sono stati feriti. Case, uffici e ospedali sono stati distrutti.

Mentre il fragile cessate il fuoco sembra reggere, coloro che sono sopravvissuti al conflitto stanno ancora una volta cercando di ricostruire le proprie vite. Ma i danni inflitti durante gli 11 giorni non sono stati solo fisici e materiali. Anche la salute mentale dei palestinesi di Gaza è stata bombardata durante quei giorni terribili.

Difficile immaginare quanto sia stata fonte di traumi psichici la situazione di queste persone: sono vissute nella paura del successivo attacco aereo, con lo spettro incombente della morte, di perdere i propri cari e le proprie case.

I residenti di Gaza hanno sopportato per decenni situazioni traumatizzanti una dopo l’altra. Le micidiali offensive israeliane – quattro negli ultimi 14 anni – hanno provocato i danni maggiori, ma si sono verificate sullo sfondo del continuo trauma imposto dall’occupazione.

Atrocità come il sequestro e la demolizione di case, il devastante regime poliziesco, le uccisioni illegali, la detenzione senza processo e la tortura infliggono tutte profondi danni psicologici. Una continua oppressione di questo tipo può distruggere l’autostima e lasciare le vittime in uno stato di “impotenza acquisita” -[assenza di controllo sull’esito di una situazione, ndtr.], rassegnate al loro destino e vulnerabili alla depressione.

Il blocco illegale israeliano di Gaza consiste anche in una sorta di strangolamento psicologico. La deprivazione economica che ne è derivata ha causato una diffusa disoccupazione e povertà – fattori di rischio ben noti per le malattie mentali – e ha lasciato i servizi sanitari senza finanziamenti e incapaci di soddisfare la domanda. Ogni guerra a Gaza li distrugge ulteriormente: questa volta almeno sei ospedali, due cliniche, un centro sanitario e una struttura della Mezzaluna Rossa Palestinese hanno subito danni.

Per la maggior parte degli altri Paesi, il COVID-19 è attualmente il principale problema di salute pubblica e mentale. In Palestina è quasi un pensiero di fondo soverchiato dalla paura di pericoli più immediati: attacchi aerei e oppressione. Ma bisogna ricordare che finora più di 110.000 persone a Gaza sono state infettate dal virus, con oltre 1.000 morti. Sono disponibili solo dosi sufficienti per vaccinare 60.200 persone su una popolazione di oltre 2 milioni. Quindi l’ansia da pandemia dilaga anche a Gaza, aggiungendosi al già insopportabile carico di paure.

Tutto questa insicurezza si traduce in vere e proprie malattie mentali. A Gaza i tassi di disturbi da stress post-traumatico (PTSD) – disturbi del sonno, tensione permanente, irritabilità , paure improvvise, flashback e incubi in cui si rivive il trauma subito e intorpidimento emotivo – sono incredibilmente alti. Uno studio del 2017 ha rilevato che il 37% degli adulti che vivono nella Striscia rientra in questa diagnosi.

Nel mio lavoro di psichiatra ho trattato rifugiati dalle guerre in Iraq e Afghanistan con PTSD: si tratta di una sindrome che può essere grave, complessa e durevole. Iniziare un percorso di guarigione mentre le cause di fondo del trauma persistono è quasi impossibile. Il capo dei servizi di salute mentale in Palestina una volta ha detto che la sua gente non soffre di disturbi da stress post-traumatico perché il trauma non è affatto passato. Disturbo da stress traumatico in corso può essere una descrizione più adeguata della loro situazione.

Come spesso accade in queste situazioni i bambini sono quelli che soffrono di più. Uno studio condotto nel 2020, prima dell’ultimo conflitto, ha rilevato che il 53,5% dei bambini a Gaza soffriva di PTSD. Quasi il 90% aveva subito un trauma personale. Il Consiglio Norvegese per i Rifugiati ha riportato la terribile notizia che 11 dei bambini uccisi dai recenti attacchi aerei israeliani stavano partecipando al suo programma di recupero dai traumi. Non c’è da stupirsi che il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres abbia descritto Gaza come “l’inferno in terra” per i bambini.

Naturalmente anche gli israeliani hanno sofferto. Dodici sono stati uccisi dai razzi di Hamas a maggio, due dei quali bambini: una tragica perdita di vite umane. Ma per gli israeliani il sistema di difesa Iron Dome e i rifugi antiaerei forniscono una rete e un senso di sicurezza di cui i palestinesi sono privi. I servizi sanitari israeliani sono molto sviluppati e adeguatamente attrezzati per affrontare sia le lesioni fisiche che l’impatto psicologico del lancio di razzi. Inoltre non stanno vivendo l’angoscia mentale dell’occupazione. Tutto ciò si riflette in tassi di disturbo da stress post-traumatico più bassi che vanno dallo 0,5 al 9% della popolazione.

Nel 2008 ho fatto un viaggio nel Somaliland [Stato non riconosciuto che comprende le province settentrionali della Somalia, ndtr.] postbellico per insegnare psichiatria agli studenti di medicina. La guerra civile che ha colpito l’area è terminata nel 1991 ma i suoi effetti sulla salute mentale della popolazione e sulle infrastrutture sanitarie erano ancora evidenti 17 anni dopo. Continuano ancora oggi. Ci vorrà tempo per ricostruire le menti disturbate e i servizi sanitari a Gaza, ma ci sono poche speranze per loro finché Israele non porrà fine alla sua occupazione illegale, all’espansione degli insediamenti e al blocco di Gaza.

L’oppressione dei palestinesi ha portato Human Rights Watch alla conclusione che Israele è colpevole del crimine di apartheid. Forse considerare questa situazione attraverso il prisma delle violazioni dei diritti umani e del loro grave impatto sulla salute mentale potrebbe spingere la comunità internazionale a fare pressione su Israele affinché agisca. Sia i palestinesi che gli israeliani meritano sicurezza e protezione dai traumi. Il modo migliore per raggiungere questo obiettivo è concedere ai palestinesi i loro diritti umani fondamentali.

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Al Jazeera.

(traduzione di Giuseppe Ponsetti)




Forze israeliane uccidono ufficiali palestinesi in una ‘missione sotto copertura’

Redazione di Al Jazeera e agenzie

10 giugno 2021- Al Jazeera

Almeno tre palestinesi uccisi, inclusi due ufficiali dell’intelligence, in un attacco prima dell’alba a Jenin, Cisgiordania occupata.

Le autorità palestinesi hanno comunicato che giovedì, nel corso di un raid prima dell’alba, a Jenin, nella Cisgiordania occupata, forze israeliane hanno ucciso almeno tre palestinesi, inclusi due ufficiali dell’intelligence militare dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP).

Wafa, l’agenzia di stampa palestinese, ha informato che il Ministero della Salute palestinese ha identificato i due ufficiali come Adham Yasser Alawi, 23 anni, e Tayseer Issa, 32 anni, aggiungendo che la terza vittima è Jamil al-Amuri, in precedenza detenuto nelle carceri israeliane.

Secondo Wafa un altro agente palestinese, Muhammad al-Bazour, 23 anni, gravemente ferito durante la missione israeliana sotto copertura, è stato trasferito in un ospedale israeliano.

Un video online, a cui The Associated Press [agenzia di notizie USA, ndtr.] ha avuto accesso, sembra mostrare degli ufficiali palestinesi cercare riparo dietro un veicolo mentre in sottofondo si sentono rumori di spari. Qualcuno grida che stanno rispondendo al fuoco delle forze israeliane “sotto copertura”.

I media israeliani riportano che al-Amuri era stato detenuto in quanto membro della Jihad islamica palestinese, ma ciò deve ancora essere confermato da fonti palestinesi.

Harry Fawcett, corrispondente di Al Jazeera nella Gerusalemme Est occupata, dice che si è trattato di “un’operazione sotto copertura con un veicolo civile.”

L’impressione è che le (forze israeliane) avessero nel mirino almeno un membro della Jihad Islamica Palestinese (JIP). “In questa operazione è stato ucciso un giovane e un altro, ferito, è stato portato via dalle forze israeliane. L’uomo ucciso sembra appartenesse alla JIP,” afferma Fawcett.

Secondo i resoconti, il secondo uomo era un palestinese, Wissam Abu Zaid, che pare sia stato arrestato durante l’operazione.

Nelle strade di Jenin sono scesi in migliaia per prendere parte al corteo funebre di Alawi, mentre si stanno svolgendo anche i preparativi per la sepoltura degli altri due uccisi.

Ci sono anche state richieste per proclamare uno sciopero generale nelle città palestinesi.

Pericolosa escalation israeliana’

Un portavoce di Mahmoud Abbas, il presidente palestinese, ha condannato quello che ha definito una “pericolosa escalation israeliana”, dicendo che i tre uomini sono stati uccisi da forze speciali israeliane che, durante gli arresti, si erano travestite da palestinesi.

Il portavoce Nabil Abu Rudaina ha chiesto alla comunità internazionale e agli Stati Uniti di intervenire per porre fine a tali attacchi. Ci sono resoconti contradditori circa i dettagli dell’incidente.

L’esercito e la polizia israeliani non hanno risposto immediatamente alle richieste di un commento. Tuttavia, un ufficiale israeliano, in forma anonima, ha riferito all’agenzia Reuters che i poliziotti palestinesi sono stati uccisi durante lo scontro a fuoco.

Testimoni sul posto dicono che le forze israeliane hanno anche aperto il fuoco contro membri dell’intelligence militare palestinese, agenti che erano nei pressi della scena, fuori dal loro commissariato,” ha detto Fawcett ad Al Jazeera.

I resoconti dei media israeliani parlano di israeliani che rispondono al fuoco diretto verso di loro, ma qualsiasi cosa sia successa quello che si sa è che due funzionari dell’intelligence militare sono stati uccisi e che un terzo, ferito in maniera gravissima, è stato di conseguenza trasportato in un ospedale israeliano.

Questo è un altro caso in cui agenti dell’intelligence militare palestinese sono uccisi dalle forze israeliane nella Cisgiordania occupata,” ha aggiunto.

Secondo gli accordi di pace ad interim firmati negli anni ‘90, l’ANP ha un’autonomia limitata nelle varie enclave sparpagliate che insieme costituiscono circa il 40% della Cisgiordania occupata. Israele ha un’autorità superiore sulla sicurezza in Cisgiordania ed esegue abitualmente retate nelle città palestinesi amministrate dall’ANP.

Ai sensi degli accordi di Oslo del 1993, l’ANP è obbligata a condividere informazioni con Israele su qualsiasi forma di resistenza armata all’occupazione israeliana, una prassi nota come “coordinamento per la sicurezza”, che l’anno scorso è stata sospesa brevemente in conseguenza al piano israeliano di annettere la Cisgiordania occupata.

Hamas, che governa la Striscia di Gaza, ha criticato l’ANP per il cosiddetto “coordinamento per la sicurezza”. Molti appartenenti ad Hamas sono stati arrestati a causa della collaborazione dell’ANP con le autorità israeliane.

Le forze israeliane conducono frequentemente blitz per fare arresti nella Cisgiordania occupata. Durante uno di questi raid, il 25 maggio, le forze israeliane hanno ucciso un palestinese vicino a Ramallah.

I media palestinesi riportano che, in seguito al ritiro delle forze israeliane da Jenin, Israele ha mandato rinforzi all’ingresso nord della città palestinese.

L’incidente è avvenuto settimane dopo il fragile accordo di pace raggiunto dopo una guerra di 11 giorni condotta da Israele contro Gaza assediata che ha causato la morte di oltre 250 palestinesi, inclusi 66 minori.

Almeno 12 persone sono state uccise in Israele a causa dei razzi lanciati dalle fazioni armate palestinesi.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Israele sta perdendo la battaglia della percezione negli USA mentre cresce la simpatia verso i palestinesi

Anchal Vohra

1 giugno 2021 – Al Jazeera

Le opinioni dei parlamentari e dell’opinione pubblica USA stavano cambiando già prima degli 11 giorni di bombardamento su Gaza

Il mese scorso, mentre Israele portava avanti la campagna di bombardamenti durata undici giorni contro la Striscia di Gaza assediata e Hamas, il gruppo palestinese che la controlla, rispondeva lanciando razzi, dall’altra parte del mondo qualcosa di importante stava cambiando.

Per la prima volta dopo molto tempo è parso che Israele stesse perdendo terreno, almeno negli Stati Uniti, nella battaglia della percezione mentre i parlamentari mettevano in discussione le politiche filo-israeliane del loro governo.

Qui non si tratta di entrambe le parti,” ha detto in un suo intervento la parlamentare USA Alexandria Ocasio-Cortez, “si tratta di uno squilibrio di potere,” a favore di Israele, causato principalmente dal sostegno militare e diplomatico americano.

Il presidente ha detto che Israele ha il diritto di difendersi. Ma i palestinesi non hanno forse il diritto di sopravvivere?”.

La sua collega Rashida Tlaib ha fatto un appello commuovente nel suo discorso al Congresso raccontando la storia di una madre palestinese indifesa.

Mi ha detto: ‘Stasera metto a dormire i bambini nella nostra camera da letto così quando moriremo, moriremo insieme. E nessuno vivrà per piangere la scomparsa degli altri’, ha detto Tlaib in lacrime. “Queste parole mi hanno sconvolta ancora di più, perché le politiche e i finanziamenti del mio Paese negano a questa madre il diritto di vedere vivere i figli, i suoi figli, senza paura.”

Dei circa 250 palestinesi uccisi dagli attacchi aerei israeliani, 66 sono minori. Il New York Times ha pubblicato i loro volti in prima pagina e, nel corso degli scontri, varie pubblicazioni e canali televisivi americani hanno dato uno spazio più ampio alle voci di giovani palestinesi.

Black Lives Matter e ‘il punteggio simpatia’

Lo spostamento della percezione americana forse è stato reso netto dopo le politiche molto ostili dell’amministrazione Trump verso le richieste palestinesi.

Un recente sondaggio ha rilevato che, anche se negli USA il giudizio su Israele è ancora positivo, la simpatia a favore dei palestinesi è salita negli ultimi due anni, un periodo durante il quale gli americani hanno lottato contro la discriminazione razzista nel proprio Paese.

L’ultimo aggiornamento annuale della Gallup circa le opinioni degli americani sul conflitto israelo-palestinese, basato su sondaggi fatti prima dello scoppio delle recenti violenze, ha rilevato che i giovani e i democratici progressisti sono sempre di più a favore dei palestinesi riguardo all’irrisolvibile conflitto.

Il sondaggio aggiunge che quest’anno è migliorata persino l’opinione dei repubblicani sull’Autorità Nazionale Palestinese.

Stando al sondaggio della Gallup il 33% dei democratici progressisti simpatizza più per gli israeliani, mentre il 48% simpatizza più per i palestinesi, “con una differenza netta (di simpatia) del 15% in meno a favore di Israele”.

Due anni fa, prima che emergesse il movimento Black Lives Matter (BLM) [‘Le vite dei neri contano, movimento di protesta contro la violenza della polizia nei confronti delle minoranze, ndtr.] a favore della giustizia razziale, i democratici progressisti simpatizzavano in parti uguali per gli israeliani e i palestinesi.

Le opinioni dei democratici moderati e conservatori rispecchiano all’incirca quelle dei democratici progressisti: nel 2021 il 48% simpatizza per gli israeliani e il 32% per i palestinesi, totalizzando più 16% a favore di Israele,” aggiunge il sondaggio.

Il rapporto conclude che sul lungo termine la simpatia per Israele è scesa in entrambi i gruppi dei democratici; la relazione riporta che:

Le opinioni dei democratici ora sono a una svolta, dato che le loro simpatie per i palestinesi sono più o meno uguali a quelle per Israele, mentre i democratici progressisti sono passati dall’altra parte e ora solidarizzano di più con i palestinesi,” sostiene

Si indebolisce il sostegno per Israele’

Dana al-Kurd, autrice di Polarized and Demobilized: Legacies of Authoritarianism in Palestine [Polarizzati e smobilitati: retaggi dell’autoritarismo in Palestina] e ricercatrice presso l’Institute for Graduate Studies a Doha, dice che il cambiamento nella percezione è dovuto più al consistente ed efficace attivismo digitale dei palestinesi che alla stampa americana.

Secondo al-Kurd: “la differenza è dovuta all’ingresso di un maggior numero di persone di colore nel Congresso e nelle istituzioni di potere”.

È stato inoltre determinante il Black Lives Matter, che ha veramente cambiato il dibattito e modificato il modo in cui le persone percepiscono i temi relativi a razzismo e apartheid. I palestinesi sono stati di gran sostegno al movimento Black Lives Matter e hanno messo in contatto attivisti e organizzatori. Quindi è questo che ha spostato la percezione sulla questione palestinese.”

Sentiamo voci ebree in favore della pace e assistiamo all’emergere di una discussione veramente progressista fra gli ebrei americani,” aggiunge. “E ciò ha eroso il supporto a Israele.”

Anwar Mhajne, una ricercatrice presso lo Stonehill College in Massachusetts e politologa specializzata in relazioni internazionali, riconosce che sembra esserci un leggero cambiamento negli atteggiamenti della stampa americana a proposito del conflitto e lo attribuisce a un più vasto cambiamento nelle politiche statunitensi.

I molti membri democratici della Camera dei Rappresentanti che si sono espressi contro l’appoggio militare degli Stati Uniti a favore di Israele e invocato la protezione dei diritti dei palestinesi evidenziano anche una crescente visibilità delle voci palestinesi e il riconoscimento delle sofferenze dei palestinesi vittime dell’occupazione,” ha detto Mhajne.

Questi sono cambiamenti importanti di cui gli attivisti sul posto e all’estero sono consapevoli e che cercano di sfruttare per promuovere la loro causa.”

Favorire il ripensamento del problema’

Altri manifestano la speranza che il cambiamento delle opinioni negli USA possa incoraggiare l’amministrazione Biden non solo a prestare attenzione al conflitto, ma anche a giocare il ruolo che gli USA hanno tradizionalmente promesso, quello di un mediatore onesto.

Tamara al-Rifai, portavoce dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA) afferma che secondo lei il tema dell’insoluto conflitto, inclusa l’emergenza dei rifugiati palestinesi, ha ricevuto un’attenzione che mancava da molto tempo.

Dei due milioni di abitanti di Gaza, 1,4 sono rifugiati, fa notare al-Rifai, aggiungendo che è il momento di portare il dibattito verso una soluzione duratura. C’è un’atmosfera che favorisce un ripensamento del dramma dei rifugiati palestinesi e la necessità di imporre pari diritti e la fine delle discriminazioni nei territori della Palestina occupata,” dice ad Al Jazeera.

Giovedì il commissario generale dell’UNRWA ha informato il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ed ha ripetuto che solo un onesto percorso politico può portare una pace duratura, non certo un fragile cessate il foco ,” afferma al-Rifai.

Quest’anno gli USA hanno ripreso il loro consistente sostegno all’UNRWA che noi sinceramente apprezziamo, non solo come donatori ma anche come partner e Stato membro delle Nazioni Unite con peso e autorità sufficienti ad aiutare a spostare il dibattito verso la ricerca di una soluzione politica.”

Emily Wilder, una giornalista americana, è stata licenziata dal suo datore di lavoro,The Associated Press [agenzia di stampa USA, ndtr.], pare per dei tweet che riflettevano una posizione a favore dei palestinesi.

Wilder ha respinto l’accusa e ha detto in una dichiarazione di essere stata “vittima di un’applicazione asimmetrica delle regole sull’obiettività e i social media”. Ha detto che AP le ha comunicato che era stata licenziata per aver violato la politica aziendale a proposito dei social media, ma senza specificare quali tweets abbiano violato tale policy.

Se il favore per Israele non è tramontato, in Occidente il sostegno a favore dei palestinesi sembra crescere sia per il maggiore ingresso di progressisti nel governo che per l’uso che i palestinesi in Palestina e in tutto il mondo fanno delle piattaforme digitali per raccontare le proprie storie.

Tuttavia c’è un rinnovato slancio nella comunità internazionale verso la soluzione dei due Stati che sembrava essere scomparsa durante l’era Trump.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




“Vogliono uccidere”: i medici di Gaza raccontano le esperienze vissute durante la guerra

Ana Adli

20 Maggio 2021 – Al Jazeera

I medici dell’ospedale al-Shifa riportano ad Al Jazeera le difficoltà emotive e pratiche che devono affrontare mentre lavorano per salvare vite umane nel corso dei bombardamenti israeliani

Gaza City – Per più di 10 giorni i medici palestinesi di al Shifa, principale ospedale della Striscia di Gaza, durante gli incessanti bombardamenti dell’esercito israeliano sull’enclave assediata, hanno lavorato 24 ore su 24 per salvare vite umane.

Da quando il 10 maggio Israele ha iniziato a bombardare la Striscia di Gaza almeno 230 persone, tra cui 65 minori, sono state uccise. I feriti sono stati più di 1.500.

Questa settimana l’uccisione di due dirigenti medici – Ayman Abu al-Ouf, primario della medicina interna all’ospedale al-Shifa, e il neuro-psichiatra Mooein Ahmad al-Aloul – ha inferto un ulteriore colpo psicologico ai medici che già lavoravano sotto un’immensa pressione e si trovavano di fronte a una grave carenza di risorse sanitarie a causa di molteplici guerre e un blocco che dura da 14 anni.

Al Jazeera ha discusso con i medici di al-Shifa su cosa significhi, fisicamente ed emotivamente, lavorare in mezzo ad un violento conflitto. Le interviste che seguono hanno subito delle modifiche per brevità e chiarezza.

Sarah El-Saqqa, 33 anni, specialista in chirurgia generale

“Durante l’attuale escalation lavoro sotto pressione per circa 13 ore al giorno: vengo in ospedale alle 19:30 e me ne vado alle 8 o alle 8:30 del giorno successivo.

Questo è stressante ed estenuante … essere lontana dalla famiglia nel mezzo dei bombardamenti è preoccupante. Ho paura che tra le persone che accogliamo in ospedale possa esserci uno dei miei familiari.Sono casi molto difficili, simili a quelli che si vedono solo durante le guerre. Non sappiamo che tipo di armi vengano utilizzate, ma l’obiettivo è uccidere, non terrorizzare o causare ferite. La maggior parte dei casi che giungono in ospedale sono persone che sono state uccise o con gravi ferite.

La morte del dottor Ayman Abu al-Auf è stata una delle notizie più difficili da sopportare. È stato mio docente all’università e poi sono diventata sua collega nel dipartimento di medicina interna dell’ospedale, che lui dirigeva.

“Quello che sta accadendo nella Striscia di Gaza è un crimine di guerra e un crimine di genocidio, e le organizzazioni internazionali per i diritti umani devono intervenire per fermare questa guerra e non permettere che si ripeta di nuovo”.

Hani al-Shanti, 42 anni, medico consulente specialista in malattie vascolari

In questa guerra il numero di persone uccise è superiore al numero di feriti gravi. Nella guerra del 2014, quando il campo di Shati [campo profughi nel nord della Striscia di Gaza, ndtr.] è stato colpito, ci sono stati molti feriti e abbiamo dovuto trascorrere diversi giorni in sala operatoria per salvare vite umane. Non sono un esperto militare, ma questa volta l’obiettivo principale sembra quello di uccidere le persone. Ecco perché abbiamo avuto meno interventi chirurgici per salvare vite umane.

In ospedale ci sentiamo al sicuro, ma l’ansia per mia moglie, i miei figli e i miei familiari è forte. A casa, questa sensazione è ancora più intensa perché i bombardamenti sono intorno a te, vicino a te. Vivo in uno stato di emergenza a casa e in ospedale.

Il suono dei bombardamenti durante questa guerra è terrificante; il rumore stesso ha causato danni alle persone e ci sono state morti non per lesioni dirette ma per attacchi di cuore dovuti al rumore dei missili.

Soffriamo per la mancanza di sonno, in ospedale e a casa. Ciò causa insonnia cronica e depressione. Inoltre la guerra, in aggiunta alla diffusione del COVID-19, ha iniziato a colpire servizi come acqua, elettricità e rifiuti, oltre, lasciando il settore sanitario sull’orlo del collasso.

Il martirio del mio collega Ayman Abu al-Auf e della sua famiglia è stato devastante. Solo suo figlio è sopravvissuto all’attacco, ma è in terapia intensiva. Non è a conoscenza della loro morte e continua a chiedere ogni giorno di suo padre e della sua famiglia – gli abbiamo detto che si trovano nel reparto di chirurgia.

Il mondo ha calpestato la Striscia di Gaza. Rimarremo nella condizione di crisi e di guerre per diversi motivi: gli israeliani infrangono le promesse e i donatori internazionali non rispettano i loro impegni né per ricostruire né per fermare l’assedio.

Vorrei che Gaza potesse vivere in pace. Vorrei poter vivere in un paese indipendente, vivere dignitosamente “.

Amid Awad, 48 anni, specialista in chirurgia vascolare

I medici sono qui 24 ore su 24. Iniziamo la giornata esaminando i feriti per verificare se ci sono state complicazioni o se è necessario un intervento medico o un intervento chirurgico.

Le necessità di un intervento chirurgico vascolare durante questa guerra non sono le stesse che durante le proteste della Grande Marcia del Ritorno, quando i cecchini israeliani sparavano col proposito di rendere invalidi i palestinesi, specialmente quelli di età inferiore ai 18 anni. Questa volta, la maggior parte delle persone che arrivano in ospedale sono già morte.

“Ci sono esplosioni che non abbiamo mai sperimentato prima. Ciò ha influito sullo stato psicologico dei nostri figli. I nostri figli non hanno visto una bella giornata da più di 15 anni.

Penso alla mia famiglia a casa tutto il giorno, ma quando vengo in ospedale dimentico l’ansia perché Dio li protegge.

C’è una carenza di materiali e dispositivi medici. Abbiamo competenze che non sono disponibili nei Paesi vicini. Quando le delegazioni mediche vengono qui sono stupite da quello che stiamo facendo nel settore.

Serve un appoggio internazionale. Siamo un popolo indifeso e i nostri media e il nostro arsenale, a differenza di Israele, sono deboli. Ho un’altra nazionalità, sono russo e ho votato per il presidente Vladimir Putin. Voglio chiedere il suo sostegno a noi, cittadini russi, per fermare questa escalation e i massacri. Anche mia moglie è russa, ha assistito a tre guerre israeliane contro Gaza ed è in grado di far fronte alla situazione attuale meglio di me.

Temo che le future generazioni di palestinesi saranno sfigurate dalle armi e dalle bombe che Israele sta usando. Non abbiamo laboratori per esaminarle, ma la questione emergerà nei prossimi anni. I tumori sono molto numerosi e questo è il risultato di ciò che hanno usato nelle guerre precedenti”.

Muhammad Ibrahim al-Ron, 40 anni, consulente chirurgo e responsabile del dipartimento di chirurgia generale

“In questa guerra è dura. La famiglia ha bisogno di te e l’ospedale ha bisogno di te, ma non puoi trovarti in due posti contemporaneamente. In ospedale il lavoro è diviso in tre squadre che lavorano 24 ore e riposano 24 ore. Ma veniamo in servizio anche durante i turni di riposo.Il nemico ha come obiettivo l’uccisione di civili innocenti. I casi che provengono dalle case bombardate sono soprattutto bambini e donne. Queste sono tattiche militari, forse il nemico sta cercando di sconfiggere psicologicamente le persone e le uccisioni seminano la paura tra le persone e le destabilizzano. Questa è la realtà che ho sotto gli occhi.

Il morale generale nella Striscia di Gaza in risposta [agli eventi a] Gerusalemme è alto. Ma c’è anche paura perché stanno bombardando civili, quindi il movimento delle persone e i loro spostamenti non sono gli stessi di prima.

La guerra ha colpito il cuore di Gaza, l’economia, le aziende, la stampa, le torri, i civili e altro.

Il settore sanitario sta soffrendo a causa del blocco. Nel complesso ha periodi buoni e periodi cattivi, ma è peggiorato durante la crisi legata al coronavirus. Non abbiamo l’attrezzatura. Lavoriamo con dispositivi obsoleti e abbiamo bisogno di molte attrezzature mediche, formazione e manutenzione di dispositivi diagnostici e terapeutici.

I 15 anni del blocco corrispondono a 150 anni del progresso medico che avviene al di fuori della Striscia di Gaza. Ciò che è necessaria ora è una giusta soluzione alla questione palestinese, che ci possa consentire di vivere come gli altri”.

Abdul Hadi Mohammad Abu Shahla, 37 anni, specialista in chirurgia vascolare

Da quando è iniziata questa guerra, arriviamo in ospedale alle 7 del mattino e lavoriamo per 24 ore, poi ci prendiamo un giorno per riposarci. Riceviamo vittime che necessitano di interventi specialistici di chirurgia vascolare. Ma portiamo assistenza anche in altre specialità, come chirurgia generale e toracica.

Ci occupiamo di casi clinici provenienti da tutta la Striscia di Gaza. Una delle situazioni più difficili è stata quando è arrivato un bambino di 11 anni con schegge conficcate nell’aorta e nell’arteria epatica [che rifornisce di sangue il fegato, ndtr.]. Abbiamo usato un cerotto sintetico per riparare l’arteria e l’operazione ha avuto successo. Ma il bambino è morto due giorni dopo a causa di ferite alla testa e al torace.

“Le notti in cui sono a casa con la mia famiglia mi sento più tranquillo, e le notti in cui lavoro in ospedale … è difficile trovare un equilibrio tra il prendermi cura dei feriti e il pensare alla mia famiglia e proteggerla.

Ma abbiamo ancora energie e le squadre sono pronte a continuare a lavorare nonostante la carenza di forniture mediche, gravissima nei periodi di guerra e di crisi.

“Voglio che la guerra finisca, poiché la maggior parte delle vittime sono martiri”.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




La violenza fa il gioco di Netanyahu

Akiva Eldar

16 maggio 2021- Al Jazeera

Permettendo l’escalation di violenza, il primo ministro uscente sta sabotando la formazione del governo da parte dell’opposizione.

All’inizio, gli unici israeliani a dirlo forte sono stati i soliti sospetti della sinistra. Poi è stato Moshe Ya’alon, già ministro della Difesa ed ex capo di stato maggiore, a stabilire un collegamento fra gli interessi personali del primo ministro Benjamin Netanyahu e i violenti scontri che, iniziati a Gerusalemme Est, si sono poi allargati alla Striscia di Gaza, alla Cisgiordania occupata e a Israele. “L’escalation della sicurezza serve a Netanyahu e ad Hamas per ragioni di politica interna di entrambi,” ha twittato Ya’alon.

Poi persino Avigdor Lieberman, ex ministro della Difesa e fondatore del partito Yisrael Beitenu [Israele Casa Nostra, ultranazionalista laico, rappresenta soprattutto gli immigrati russi, ndt.] ha dichiarato che: “Lo scopo strategico dell’operazione [militare] è modificare in meglio l’opinione pubblica verso Netanyahu. Fino a quando Lapid ha il mandato di formare un governo, Netanyahu cercherà di estendere l’operazione.”

Infatti il primo ministro israeliano in carica non ha fatto alcuno sforzo per contenere la violenza. Il mese scorso avrebbe potuto ordinare alla polizia di rimuovere i blocchi stradali dalla Porta di Damasco, nella Città Vecchia di Gerusalemme. Perché ha aspettato fino a quando non è diventata un terreno di scontro fra la polizia e centinaia di giovani palestinesi? Perché ha permesso alla polizia di gettare granate stordenti dentro la moschea di Al-Aqsa durante la preghiera?

Yair Lapid, presidente del partito Yesh Atid, già ministro delle Finanze e leader della cosiddetta “coalizione per il cambiamento”, ha dato una risposta persino prima che iniziasse l’escalation.

Poco dopo le elezioni del 23 marzo ha incontrato Benny Gantz, ministro della Difesa e capo dell’Alleanza Blu e Bianco, e, secondo Yossi Verter, giornalista di Haaretz, gli ha detto ciò che segue: “C’è una cosa che devi considerare. Se Netanyahu sente che gli sta sfuggendo di mano il governo, cercherà di creare un incidente riguardante la sicurezza. A Gaza o lungo il confine nord. Se pensa che questo sia l’unico modo per salvarsi, non esiterà un attimo.”

Durante gli ultimi due anni Netanyahu ha lottato per la sua sopravvivenza politica con tutto quello che aveva a disposizione. È stato accusato di frode e corruzione e, se perdesse il potere, dovrebbe affrontare una pesante pena detentiva.

Ora egli teme la “coalizione per il cambiamento” di cui fanno parte Lapid e Gantz e che si è formata per spodestarlo. Include anche Lieberman, di destra, Naftali Bennett, capo di Yamina, partito di destra, e Gideon Sa’ar, capo di “Nuova Speranza”, formata da fuoriusciti dal Likud, Merav Michaeli, di sinistra, leader del partito laburista [partito di centro, ndtr.], e Nitzan Horowitz, capo di Meretz [partito della sinistra sionista, ndtr.]. Quest’alleanza eterogenea e piuttosto fragile aveva come unico scopo la formazione di un governo che escludesse Netanyahu.

Dopo che per la quarta volta in due anni Netanyahu non è riuscito a formare un governo, il presidente ha offerto il mandato a Lapid, il leader del maggiore partito della “coalizione per il cambiamento” e che ha 17 seggi alla Knesset. La recente ondata di violenza l’ha colto mentre stava per completare i negoziati con gli altri partiti.

Fino a pochi giorni fa alla “coalizione per il cambiamento” mancavano 4 voti sui 61 necessari per compiere questa missione. Ci si aspettava che questi voti arrivassero dal partito palestinese Ra’am, guidato da Mansour Abbas che aveva promesso di unirsi a ogni coalizione politica che fosse riuscita a formare un governo.

Mentre aumentava la tensione a Gerusalemme, Ya’alon ha sollecitato i leader della “coalizione per il cambiamento” ad accelerare la formazione di un nuovo governo. Ma sembra che questo consiglio sia arrivato un po’ troppo tardi.

Il 13 maggio, il blocco è andato a pezzi. Bennett ha annunciato che stava lasciando la “coalizione per il cambiamento” per riprendere i negoziati con Netanyahu. Lapid ha detto che avrebbe continuato il tentativo di formare un governo, ma le sue alternative si sono drammaticamente ridotte.

A parte Mansour, dovrà anche convincere la Lista Unita palestinese a “rimpiazzare” il partito di Bennett. Se fallisse in meno di tre settimane, dovrebbe restituire il mandato al presidente. In questo caso, Netanyahu potrebbe guidare il Paese verso la quinta elezione in due anni e nominare nel frattempo un Procuratore generale che trovi il modo di bloccare il suo processo.

A questo punto ci si deve chiedere se la “coalizione per il cambiamento” che si appoggia sulle forze politiche palestinesi sarebbe in grado di evitare il prossimo ciclo di scontri fra l’occupante e le forze della resistenza. Può un politico palestinese-israeliano rimanere in un governo che ordina alla polizia di attaccare la moschea di Al-Aqsa durante il Ramadan e manda i piloti a gettare bombe a Gaza, uccidendo bambini palestinesi innocenti?

Le differenti reazioni agli eventi attuali dimostrano l’enorme divario fra i partner potenziali della “coalizione per il cambiamento”. Se Abbas e gli altri membri palestinesi della Knesset devono prendere le distanze dai nuovi partner potenziali, i leader sionisti non possono voltare le spalle ai loro elettori che temono le raffiche di razzi di Hamas e la violenza intercomunitaria nelle città miste.

Sa’ar si è affrettato ad appellarsi a Netanyahu e Gantz affinché rispondano con forza agli attacchi contro i civili israeliani. Ha promesso che il suo partito sosterrà la forte risposta governativa a ripristinare la deterrenza. Anche Lapid ha dichiarato che sosterrà le azioni governative “nella guerra contro i nemici di Israele”. Nessuno dei leader del centro-destra ha detto una sola parola sull’origine del conflitto, né ha offerto una strategia per raggiungere un accordo politico.

L’escalation nei territori occupati è un avvertimento che la “coalizione per il cambiamento” deve innanzitutto cambiare la sua futile politica sul conflitto israelo-palestinese e la sua politica discriminatoria verso la minoranza palestinese in Israele. Gli eventi odierni ci ricordano che nessun governo israeliano può permettersi di ignorare questa questione senza danneggiare la sicurezza dei cittadini israeliani, compromettendo le relazioni con i vicini Paesi arabi e inimicandosi la comunità internazionale.

Il conflitto israelo-palestinese è come una macchina che ha solo due marce: “avanti” e “indietro”. Si deve scegliere fra queste due. Non ci sono “freno a mano” o “in folle”. Se non si fanno progressi, si è condannati ad andare indietro.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente la posizione editoriale di Al Jazeera.

Akiva Eldar è un giornalista israeliano, ex editorialista e opinionista di Haaretz.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Alcuni palestinesi uccisi dal fuoco israeliano nelle proteste in Cisgiordania

Mel Frykberg

14 maggio 2021 – Al Jazeera

Le forze israeliane feriscono più di 500 palestinesi durante un’ondata di proteste in Cisgiordania contro i bombardamenti israeliani contro Gaza.

Beit El, Cisogiordania – Le forze di sicurezza israeliane hanno ucciso 11 palestinesi nella Cisgiordania occupata, in quanto molteplici proteste sono scoppiate per la crescente rabbia riguardo all’intensificazione dei bombardamenti aerei contro Gaza da parte di Israele e la minaccia di espulsione forzata di palestinesi dalle loro case a Gerusalemme est.

Il ministero della Salute palestinese ha affermato che venerdì [14 maggio] durante le proteste in Cisgiordania 10 palestinesi sono stati uccisi da forze israeliane e un altro è stato ucciso durante un tentativo di accoltellare un soldato israeliano nei pressi di una illegale colonia israeliana a Yabad, vicino a Jenin.

Dopo le preghiere del venerdì migliaia di palestinesi hanno protestato in più di 200 località in Cisgiordania. La Mezzaluna Rossa ha affermato che più di 500 palestinesi sono rimasti feriti in tutto il territorio, con manifestanti colpiti da proiettili, lacrimogeni e colpi di arma da fuoco letali da parte israeliana.

Venerdì anche in Giordania centinaia di palestinesi hanno cercato di riunirsi sul confine con Israele, ma sono stati bloccati dalle forze di sicurezza giordane, mentre i palestinesi nel Libano meridionale hanno tentato di superare il confine con Israele.

Le proteste sono giunte nel contesto di un’escalation durante giorni di scontri tra Israele e Hamas, che governa la Striscia di Gaza. Venerdì Israele ha scatenato più attacchi aerei e colpi sparati da carri armati contro la Striscia di Gaza, mentre i gruppi armati palestinesi hanno continuato a lanciare razzi su Israele dall’enclave costiera assediata.

Al posto di controllo di Beit El a al-Bireh, nei pressi di Ramallah, nella Cisgiordania occupata, centinaia di palestinesi delle fazioni politiche rivali di Hamas, Fatah e del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (PFLP), di sinistra, hanno manifestato insieme ad altri senza affiliazione politica, gridando slogan in appoggio a Gaza e agli abitanti palestinesi di Gerusalemme est.

Il suono degli spari di proiettili veri e di quelli di acciaio ricoperto di gomma hanno sibilato nell’aria mentre le ambulanze correvano avanti e indietro portando feriti e nuvole di fumo si levavano nell’aria da copertoni bruciati dai manifestanti.

Malak Abu Rab, di Ramallah, ha detto ad Al Jazeera di aver partecipato al corteo insieme a sua figlia, Tuleen, 13 anni, e suo figlio Jad di 10 anni, per appoggiare le vittime di Gaza e anche i palestinesi di Gerusalemme est minacciati di espulsione a Sheikh Jarrah e le centinaia ferite nelle recenti incursioni della polizia israeliana nella moschea di Al-Aqsa, in città [Gerusalemme].

A Gerusalemme coloni israeliani, appoggiati da soldati, stanno cercato di cacciare la gente dalle proprie case, un comportamento in cui Israele è impegnato da decenni, ed è ora di porvi fine,” ha detto.

I palestinesi stanno parlando la stessa lingua riguardo a questi problemi e le loro opinioni sono le stesse.”

Lo scontro si intensifica

I morti di venerdì hanno portato almeno a 13 il numero totale di palestinesi uccisi dal fuoco israeliano negli scontri in Cisgiordania da lunedì, quando Israele ha lanciato raid aerei contro la Striscia di Gaza assediata in risposta agli attacchi di Hamas con i razzi.

Il ministero della Salute di Gaza afferma che da quando è iniziato l’ultimo ciclo di violenze almeno 126 palestinesi, tra cui 31 minorenni, sono stati uccisi e più di 900 feriti nell’enclave.

Negli ultimi giorni l’esercito israeliano ha lanciato più di 600 attacchi contro l’enclave ed ha ammassato truppe e carri armati nei pressi di Gaza mentre lo scontro si è intensificato.

In Israele da lunedì almeno sette persone sono state uccise nei più di 2.000 attacchi con i razzi lanciati dai gruppi armati a Gaza

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha promesso che l’offensiva contro Gaza continuerà “finché necessario per ripristinare la calma nello Stato di Israele”, nonostante gli appelli internazionali per un’immediata interruzione delle ostilità. L’ultima escalation della violenza ha fatto seguito a settimane di tensioni nella Gerusalemme occupata riguardo a un’udienza del tribunale, ora rinviata, in relazione all’espulsione con la forza di una serie di famiglie palestinesi dalle loro case nel quartiere di Sheikh Jarrah per far posto a coloni israeliani.

In città sono scoppiate tensioni anche nel complesso della moschea di Al-Aqsa, in cui le forze israeliane hanno fatto incursione per tre giorni di seguito durante l’ultima settimana di Ramadan, sparando lacrimogeni e granate assordanti contro fedeli all’interno della moschea e ferendone centinaia.

A Beit El il banchiere Salama Khalil, 42 anni, ha affermato di aver partecipato alle proteste con suo figlio Saji, 13 anni, per manifestare solidarietà con la gente di Gaza contro il “terrorismo perpetrato dall’esercito israeliano sui palestinesi.”

La stupidità degli israeliani nel cercare di cacciare i palestinesi dalle loro case a Sheikh Jarrah e le loro ripetute invasioni ad Al-Aqsa sono riuscite ad unire i palestinesi di Israele fino a Gaza e alla Cisgiordania, dalla Giordania al Libano e persino a livello internazionale,” ha detto.

å“Ci sono molte possibilità che se non ci sono speranze e nessun processo di pace si vada verso una terza Intifada,” ha aggiunto.

I palestinesi non stanno per scomparire.”

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Israele ammassa forze militari a ridosso di Gaza mentre continuano gli attacchi aerei: notizie in diretta*

Virginia Pietromarchi e Arwa Ibrahim

13 maggio 2021 – Al Jazeera

Secondo l’autorità sanitaria il bilancio delle vittime a Gaza sale a 87, mentre Israele accresce il numero di soldati e carri armati al confine dell’enclave palestinese sotto assedio.

*Nota redazionale. A oggi sabato sera 15 maggio il bilancio delle vittime e di feriti è il seguente: 140 morti di cui 39 bambini e 950 i feriti.

Giovedì i caccia israeliani hanno continuato ad attaccare gli edifici più alti e altri obiettivi nella Striscia di Gaza mentre Israele ha intensificato il suo dispiegamento di truppe e carri armati vicino all’enclave palestinese assediata.

I palestinesi hanno trascorso il primo giorno della festa religiosa di Eid al-Fitr [la festa al termine del mese di digiuno del Ramadan, ndtr.] sotto incessanti bombardamenti aerei, mentre il ministero della Salute di Gaza ha annunciato che almeno 87 persone, tra cui 18 bambini, sono state uccise dall’inizio dell’offensiva israeliana nella tarda serata di lunedì. Oltre 530 sono rimaste ferite.

Sono stati anche uccisi almeno sei israeliani e un cittadino indiano. L’esercito israeliano ha affermato che centinaia di razzi sono stati lanciati da Gaza verso varie località in Israele e che sono stati aggiunti rinforzi a ridosso della parte orientale dell’enclave.

In diverse città all’interno di Israele si è anche intensificata la violenza degli scontri tra ebrei israeliani e cittadini palestinesi di Israele.

Ecco gli ultimi aggiornamenti

43 minuti fa (16:52 )

Mentre divampa il conflitto israelo-palestinese Biden sollecita la riduzione degli attacchi missilistici.

Con l’intensificarsi del conflitto a Gaza il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha chiesto una de-escalation della violenza in Medio Oriente, affermando di voler assistere ad una significativa riduzione degli attacchi missilistici.

Parlando ai giornalisti alla Casa Bianca, Biden ha anche detto che si aspetta di avere più colloqui con i leader della regione. Ha aggiunto di non aver assistito a una risposta significativamente sproporzionata” da parte di Israele agli attacchi missilistici di Hamas da Gaza.

“La domanda è … in che modo si otterrà una significativa riduzione degli attacchi, in particolare gli attacchi missilistici, che vengono lanciati indiscriminatamente sui centri abitati”, ha detto Biden.

Biden ha parlato mercoledì con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e ha riferito che sono in corso conversazioni tra diplomatici, militari e funzionari dell’intelligence statunitensi con le controparti in Israele, Egitto e Arabia Saudita e altri su una riduzione della violenza.

56 minuti fa (16:39)

Israele chiama a raccolta 9.000 riservisti da schierare al confine di Gaza

Nel corso dei combattimenti con Hamas il ministro della Difesa israeliano ha approvato la mobilitazione di altre 9.000 riservisti e il portavoce militare israeliano riferisce che le forze militari si stanno schierando al confine con la Striscia di Gaza.

Il ministero della Difesa ha affermato che l’ultima mobilitazione approvata dal ministro della Difesa Benny Gantz è stata un “reclutamento eccezionale”.

1 ora fa (16:33)

Gli Stati Uniti si oppongono ad una riunione delle Nazioni Unite, venerdì, su Israele e Gaza

Fonti diplomatiche hanno riferito che gli Stati Uniti si sono opposti alla richiesta di Norvegia, Cina e Tunisia di una riunione allargata del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite venerdì per discutere l’aggravarsi della violenza tra Israele e militanti palestinesi, hanno riferito i diplomatici.

Hanno detto che Washington ha citato gli sforzi diplomatici come il motivo della sua opposizione, dicendo che una discussione del consiglio non sarebbe stata produttiva, ma ha lasciato la porta aperta per un possibile incontro martedì.

1 ora fa (16:27)

“Un incubo”: abitante di Gaza racconta l’attacco aereo israeliano

Yousef Al Hammash, un abitante della Striscia di Gaza, ha detto ad Al Jazeera: “Due giorni fa mi trovavo a casa mia con mia moglie incinta e mia figlia di tre anni, e cercavamo di convincerci che stare a casa fosse sicuro.

Alle 18:00 un drone ha colpito improvvisamente l’edificio. Poi è arrivato un attacco aereo che ha colpito l’appartamento sottostante. Sono dovuto scappare subito perché ci aspettavamo un razzo successivo.

“Non ho potuto prendere niente. Il giorno dopo sono tornato per due minuti per cercare di prendere dei vestiti e delle medicine, ma poi [Israele] ha colpito di nuovo.

“Oggi sono dovuto fuggire ancora una volta dalla casa dei miei nonni con tutta la mia famiglia. Tutto quello che possiamo fare è spostarci da un posto all’altro e cercare di convincerci che questa volta staremo al sicuro. È stato un incubo.”

1 ora fa (16:15)

Panico all’aeroporto Ben Gurion

Utenti dei social media hanno detto che i viaggiatori all’aeroporto principale di Israele, il Ben Gurion, erano spaventati e in preda al panico mentre correvano in cerca di riparo dopo che un razzo sparato da Hamas dalla Striscia di Gaza è caduto vicino all’aeroporto.

2 ore fa (15:47)

La Germania mette in guardia per le proteste mentre il conflitto si intensifica

In Germania le autorità hanno previsto ulteriori proteste per il conflitto tra Israele e palestinesi.

Mercoledì la polizia tedesca ha arrestato in tre città più di una decina di persone sospettate di aver danneggiato una sinagoga, bruciato bandiere israeliane e appiccato un incendio in un sito commemorativo ebraico.

I servizi di sicurezza si aspettano un’intensificazione delle azioni di protesta da parte dei palestinesi in Germania e di frange del movimento di sinistra”, ha riferito un portavoce del ministero dell’Interno.

Alcuni dei sospettati per gli incidenti hanno detto alla polizia che sarebbero stati spinti a lanciare pietre contro una sinagoga dalle violenze israeliane contro i palestinesi.

2 ore fa (15:36)

Il bilancio delle vittime a Gaza raggiunge le 87

Il numero dei palestinesi uccisi nella Striscia di Gaza è ora salito a 87, inclusi 18 bambini e otto donne, ha riferito il ministero della Sanità locale.

Almeno altre 530 persone sono state ferite in seguito al persistere della violenza.

2 ore fa (15:07)

La Francia chiede alla polizia di impedire le proteste filo-palestinesi a Parigi

Il ministero degli Interni francese ha chiesto alla polizia di impedire questo fine settimana a Parigi le proteste filo-palestinesi sul conflitto con Israele temendo il ripetersi degli scontri avvenuti nel 2014 in occasione di un evento analogo.

Gli attivisti hanno fatto un appello alla protesta nel quartiere Barbes, a nord di Parigi, per manifestare contro l’uso della forza da parte di Israele nella Striscia di Gaza in risposta al lancio di razzi da parte del gruppo militante Hamas contro lo Stato ebraico.

“Ho chiesto al capo della polizia di Parigi di impedire le proteste di sabato collegate alle recenti tensioni in Medio Oriente”, ha scritto su Twitter il ministro dell’Interno Gerald Darmanin.

“Nel 2014 ci sono state gravi violazioni dell’l’ordine pubblico”, ha aggiunto, esortando anche i comandanti della polizia in altre parti della Francia a rimanere all’erta sulle manifestazioni.

In una circolare visionata da AFP [Agence France-Presse, agenzia di stampa francese, ndtr.] ha anche esortato i comandanti della polizia locale a garantire la “protezione dei luoghi di culto, delle scuole, dei centri culturali e delle attività economiche della comunità ebraica”.

3 ore fa (14:52)

Il ruolo delle celebrità sul conflitto israelo-palestinese

Un’escalation nel conflitto israelo-palestinese, che ha visto decine di morti in pochi giorni, ha suscitato sconcerto e preoccupazioni internazionali sulle possibilità di una guerra totale.

Il conflitto ha preso il sopravvento nell’agenda delle notizie internazionali e ha portato a richieste internazionali per la riduzione dell’escalation.

Ha anche attirato l’attenzione da parte di personaggi pubblici e celebrità di spicco, tra cui le modelle palestinesi-olandesi Bella e Gigi Hadid, la cantante Rihanna, il premio Nobel pakistano Malala Yousafzai e l’attrice israeliana Gal Gadot.

3 ore fa (14:49)

I cittadini palestinesi di Israele riferiscono di attacchi da parte delle forze di sicurezza israeliane

Riya Al-Sanah, attivista palestinese residente ad Haifa, ha dichiarato ad Al Jazeera: Dobbiamo mettere le cose in chiaro su una cosa. Questa non è una guerra civile. Noi palestinesi nel cosiddetto Israele siamo un popolo colonizzato”.

Questo è iniziato nel 1948 con la creazione dello Stato israeliano e la colonizzazione della Palestina. Quindi, non è corretto descriverla [la violenza inter-comunitaria] come una guerra civile. Questa situazione è la continuazione di un processo iniziato molto tempo fa.

“C’è molta paura tra le comunità palestinesi. Non stiamo solo affrontando una violenza strutturale da parte dello Stato israeliano, delle istituzioni di polizia e dei militari, ma stiamo anche assistendo a bande di sionisti organizzate e armate che vagano per le strade, alla ricerca di palestinesi e li attaccano”, ha detto.

Ieri ad Haifa le bande che vagavano per le strade in cerca di palestinesi da aggredire erano protette dalla polizia. La polizia stessa è entrata nelle case delle persone e le ha assalite in modo feroce e violento”.

3 ore fa (14:25)

Putin e il capo delle Nazioni Unite chiedono la cessazione delle violenze

Durante una videochiamata il presidente russo Vladimir Putin e il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres hanno fatto appello perché si ponga fine ai combattimenti tra Israele e palestinesi, ha dichiarato il Cremlino.

“Alla luce dell’escalation del conflitto israelo-palestinese è stato precisato che l’obiettivo principale è fermare gli atti violenti da entrambe le parti e garantire la sicurezza della popolazione civile”, ha detto il Cremlino in un comunicato.

3 ore fa (14:14)

I cittadini palestinesi di Israele riferiscono di attacchi da parte di gruppi di ebrei

Famiglie palestinesi nella comunità mista arabo-ebraica di Haifa hanno detto ad Al Jazeera in arabo che mercoledì sera gruppi di ebrei israeliani stavano marcando le case della comunità araba della città per poterle identificare.

Nel frattempo, altri hanno usato la forza letale per attaccare gli arabi nelle loro case mentre le forze di polizia stavano a guardare.

“La scorsa notte centinaia se non migliaia di coloni [ebrei israeliani] hanno attaccato i quartieri arabi di Haifa”, ha detto Heba, un’abitante araba di Haifa.

Chiedevano dove abitavano gli arabi. Sotto la protezione delle forze di sicurezza ci hanno attaccato nella nostra casa con pietre. C’erano decine di agenti di polizia, automobili e persino cavalli. Non avevamo nulla con cui proteggerci nelle nostre case”, ha aggiunto.

Heba dice che i coloni andavano in giro contrassegnando in rosso le case arabe. Hanno promesso di tornare per attaccarci”.

Stanno assalendo tutti gli arabi che siano musulmani, cristiani o drusi. Siamo terribilmente spaventati dalla possibilità che tornino e ci aggrediscano nelle nostre case e per le strade. Non abbiamo nulla per proteggerci da questa violenza sponsorizzata dallo Stato.

Nessuno è stato arrestato. La polizia li ha chiaramente protetti. Questi gruppi si sentono protetti dallo Stato, dalla polizia, dai militari e da questa violenza”, dice ad Al Jazeera in arabo.

4 ore fa (13:39)

Israele prevede [di attivare] un aeroporto di emergenza in seguito alle crescenti cancellazioni dei voli

British Airways, Virgin Atlantic, Lufthansa e Iberia hanno cancellato i voli per Tel Aviv poiché i vettori europei si sono aggiunti alle compagnie aeree statunitensi nel sospendere i voli verso Israele che ha attivato un aeroporto di emergenza nell’estremo sud come misura precauzionale in difesa dai missili da Gaza.

“La sicurezza e la protezione dei nostri colleghi e clienti è sempre la nostra massima priorità, e continuiamo a monitorare la situazione da vicino”, ha detto British Airways dopo aver cancellato per giovedì i suoi voli da e per [l’aeroporto di] Ben Gurion.

5 ore fa (12:35)

Delegazione egiziana a Tel Aviv per colloqui sul cessate il fuoco

Funzionari dell’intelligence egiziana hanno dichiarato che una delegazione egiziana è a Tel Aviv per colloqui con funzionari israeliani come parte degli sforzi per negoziare un cessate il fuoco nell’escalation del conflitto con Gaza.

I due funzionari hanno parlato sotto anonimato perché non erano autorizzati a informare i media. Essi hanno affermato che la stessa delegazione ha incontrato prima i funzionari di Hamas nella Striscia di Gaza ed è entrata in Israele via terra. L’Egitto ha svolto in passato un ruolo di mediazione tra le parti.

6 ore fa (11:48)

Missile a lungo raggio lanciato verso l’aeroporto Ramon: Hamas

Il portavoce delle Brigate al-Qassam di Hamas ha dichiarato che l’ala armata ha lanciato per la prima volta un razzo verso l’aeroporto di Ramon, a sud del Paese.

lanciato verso l’aeroporto di Ramon, a circa 220 km da Gaza”, ha detto Abu Obeida.

Il razzo prende il nome da Yahya Ayyash, uno dei principali miliziani di Hamas assassinato da Israele nel 1996.

Abu Obeida ha definito il lancio del razzo come parte della risposta delle Brigate al-Qassam all’uccisione dei suoi alti comandanti.

6 ore fa (11:24)

Il primo ministro Johnson afferma che il Regno Unito vuole con urgenza una de-escalation

Il primo ministro Boris Johnson ha detto che la Gran Bretagna vuole vedere un’immediata riduzione della violenza in Israele.

Ovviamente noi nel Regno Unito siamo molto tristi nell’assistere a ciò che sta succedendo e al ciclo di violenze che sembra ora essere in atto”, ha detto Johnson ai giornalisti.

“Penso che sia importante interrompere questo ciclo e porre fine al monopolio della vendetta, e penso che ciò che tutti vogliono vedere sia una immediata, immediata de-escalation”.

6 ore fa (11:21)

Egitto e Russia sostengono che Israele debbano cessare gli attacchi a Gaza

Il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry e il suo omologo russo Sergey Lavrov hanno convenuto che Israele deve cessare gli attacchi contro la Striscia di Gaza.

Secondo una dichiarazione rilasciata dal ministero degli Esteri egiziano, in una telefonata i due massimi diplomatici hanno ribadito che Israele dovrebbe fermare lo spargimento di sangue.

6 ore fa (11:12)

“Le nostre armi sono per il bene della nostra terra, per difendere il nostro popolo”: Hamas

L’ala militare di Hamas, le Brigate al-Qassam, ha avvertito Israele che “non ci sono linee rosse se Al-Aqsa viene violata”.

Il portavoce Abu Obeida ha detto che [prendere] la decisione di bombardare Dimona, Tel Aviv e altre città israeliane “è più facile per noi che bere un bicchier d’acqua”.

“Rassicuriamo la nostra gente che abbiamo molti razzi nel nostro arsenale, e i nostri attacchi missilistici hanno rivelato la fragilità del nemico”, ha detto.

Mentre Israele sta preparando le truppe di terra a est della Striscia di Gaza, Obeida ha detto che l’esercito israeliano si pentirà molto nel caso effettuasse un’invasione via terra.

“Le nostre armi sono per la nostra terra, per la difesa del nostro popolo e per la vittoria nella difesa dei nostri luoghi sacri”, ha detto il portavoce militare.

“Ciò che distingue questa battaglia è la solidarietà dei palestinesi in tutto il paese e il loro sostegno unanime alla resistenza”.

8 ore fa (09:56)

Lufthansa sospende i voli per Tel Aviv fino a venerdì

La compagnia aerea tedesca Lufthansa ha dichiarato che sospenderà tutti i voli per Tel Aviv fino a venerdì 14 maggio.

“Lufthansa sta monitorando da vicino l’andamento della situazione in Israele e continua a mantenere uno stretto scambio con le autorità, i fornitori di servizi di sicurezza e il nostro personale sul campo”, si legge in una dichiarazione dell’azienda.

Lufthansa ha dichiarato che i voli per Israele riprenderanno sabato 15 maggio.

8 ore fa (09:43)

Israele organizza “consistenti rinforzi” per sedare la violenza interna

Il ministro della Difesa israeliano Benny Gantz ha ordinato un “consistente rinforzo” delle forze di sicurezza per aiutare a contenere i letali disordini interni che hanno sconvolto le comunità miste ebraiche e arabe in tutto il Paese.

“Siamo in una situazione di emergenza a causa delle violenze interne e ora è necessario un consistente rinforzo delle forze sul campo, che devono essere inviate immediatamente per far rispettare la legge e l’ordine”, ha detto.

Ha specificato che le forze saranno costituite dai riservisti della polizia di frontiera israeliana, forze che operano in gran parte nella Cisgiordania occupata.

8 ore fa (09:28)

L’esercito israeliano provoca 35 feriti nella Cisgiordania occupata

Nida Ibrahim di Al Jazeera riferisce che almeno 35 palestinesi sono rimasti feriti negli scontri con l’esercito israeliano in varie località della Cisgiordania occupata.

Ibrahim ha detto che la maggior parte delle persone è stata colpita da proiettili veri e che i ferimenti hanno avuto luogo prevalentemente nella città di Hebron, nel sud della Cisgiordania.

“C’è stato un numero particolarmente alto di feriti in seguito ad incendi, il che ci mostra che la situazione potrebbe aggravarsi rapidamente”, ha aggiunto.

9 ore fa (09:01)

Il bilancio delle vittime a Gaza sale a 83

Il numero dei palestinesi uccisi nella Striscia di Gaza è ora salito a 83, inclusi 17 bambini, ha detto il ministero della Sanità locale. Più di altri 480 sono rimasti feriti a causa del ripetersi delle violenze.

9 ore fa (08:31)

1.600 razzi lanciati da Gaza: esercito israeliano

Secondo l’esercito israeliano, da quando all’inizio di questa settimana è iniziata l’ultima fiammata di combattimenti, più di 1.600 razzi sono stati lanciati da Gaza contro Israele da quando è scaturita l’ultima fiammata di combattimenti all’inizio di questa settimana.

Circa 400 razzi sono caduti su Gaza, ha detto il portavoce Jonathan Conricus. Il tasso di successo del sistema di difesa aerea israeliano Iron Dome nell’intercettazione dei razzi continua a raggiungere una media di circa il 90%, ha aggiunto.

L’esercito israeliano ha attaccato circa 600 obiettivi nella Striscia di Gaza, compresa la produzione di razzi e le strutture di stoccaggio. È stato anche preso di mira un tunnel che, secondo Conricus, è stato in parte utilizzato per nascondere i combattenti ed è stato costruito sotto una scuola in un’area sovrappopolata.

L’esercito israeliano ha anche affermato che presenterà alla dirigenza politica un piano per un’operazione di terra, ha riferito per Al Jazeera Harry Fawcett in un rapporto dal sud di Israele, vicino al confine con la Striscia di Gaza.

“Ciò non significa che [il piano] andrà avanti poiché un’offensiva di terra a Gaza sarebbe un enorme passo di escalation che comporta un’enorme quantità di rischi”, ha detto.

Fawcett ha riferito che nel frattempo altri razzi sono stati lanciati da Gaza nel corso della notte, aggiungendo che alcuni rapporti hanno rivelato che altri bombardamenti arriveranno durante il giorno.

“Quindi il carattere di grave evoluzione dei fatti rimane per lo più invariato.”

9 ore fa (08:27)

Nuovo raid aereo israeliano sulla città di Rafah

La città di Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, è stata colpita da un nuovo raid aereo israeliano, mentre una raffica di razzi è stata lanciata da Gaza verso le città israeliane vicine all’enclave, ha riferito Nida Ibrahim di Al Jazeera in un rapporto da Ramallah.

“Gaza è un pezzo di terra relativamente piccolo con due milioni di palestinesi – una delle aree a più elevata densità di popolazione del mondo, quindi potete immaginare l’impatto su questi obiettivi”, ha detto Ibrahim.

È anche una zona così chiusa che le possibilità di colpire i civili diventano molto alte, come i palestinesi possono testimoniare sulla base delle guerre precedenti”, ha aggiunto.

10 ore fa (07:45)

Israele distrugge la terza torre di Gaza

10 ore fa (07:26)

PODCAST: The take [Il furto, ndtr.] – A Sheikh Jarrah, i palestinesi affrontano il futuro della città

Quelle che erano iniziate come proteste contro le espulsioni forzate in un quartiere palestinese si sono trasformate in una repressione israeliana che ha travolto gran parte della Gerusalemme est occupata, compresi i luoghi sacri come la moschea di Al-Aqsa.

Ma Sheikh Jarrah è solo un quartiere e le evacuazioni sono in corso nella totalità dei territori occupati.

Man mano che si estendono le ripercussioni di Sheikh Jarrah, come influenzeranno il futuro dei palestinesi a Gerusalemme?

10 ore fa (07:23)

“Fate un passo indietro”: il ministro britannico

Il ministro britannico per il Medio Oriente ha esortato “entrambe le parti a fare un passo indietro” dal limite di quella che ha descritto come una terribile escalation.

“Abbiamo visto, tuttavia, un livello senza precedenti di attacchi missilistici contro Israele”, ha detto a Sky News James Cleverly, un giovane ministro degli Esteri che si occupa di Medio Oriente e Nord Africa. “Vogliamo che cessino gli attacchi missilistici”.

10 ore fa (07:23)

Prepararsi a “scenari multipli”: esercito israeliano

Il portavoce militare israeliano Jonathan Conricus ha riferito che gli attacchi a Gaza continueranno mentre Israele si prepara a “scenari multipli”.

“Abbiamo unità di terra che sono pronte e che si trovano in varie fasi della preparazione per le operazioni di terra”, ha detto ai giornalisti giovedì.

11 ore fa (06:16)

Preghiere dell’Eid

Centinaia di fedeli hanno assistito alle preghiere dell’Eid nel complesso della moschea di Al-Aqsa nella Città Vecchia di Gerusalemme, il terzo luogo più sacro dell’Islam.

“Noi a Gaza e in tutta la Palestina non proviamo gioia per questo Eid, a causa dell’attuale devastante aggressione compiuta dalle forze di occupazione su Gaza e su tutta la Palestina in generale”, ha detto Moe’n Ahmad, abitante di Gaza.

I leader religiosi hanno chiesto la tregua nel giorno che segna la fine del Ramadan per i musulmani di tutto il mondo.

12 ore fa (06:00)

La Turchia invita i musulmani a prendere una posizione chiara su Gaza

I Paesi musulmani devono mostrare una posizione unita e chiara sul conflitto di Israele con il movimento di Hamas a Gaza, ha detto il vicepresidente turco Fuat Oktay mentre criticava le potenze mondiali per aver condannato la violenza senza agire.

“Quello che desideriamo è che vengano prese misure attive”, ha detto Oktay ai giornalisti dopo le preghiere mattutine che segnano la fine del Ramadan.

Ci sono decisioni prese ripetutamente alle Nazioni Unite, ci sono condanne. Ma sfortunatamente non è stato ottenuto alcun risultato, perché non viene presa una posizione chiara“.

12 ore fa (05:58)

I razzi determinano il dirottamento dei voli da Tel Aviv

Le autorità aeroportuali hanno annunciato che tutti i voli passeggeri per l’aeroporto internazionale di Israele Ben Gurion, vicino a Tel Aviv, sono stati dirottati verso un aeroporto meridionale a causa del persistente lancio di razzi da Gaza.

Hanno detto che dalla mattina di giovedì è in corso la programmazione dell’atterraggio degli aerei passeggeri all’aeroporto di Ramon, vicino alla città turistica meridionale di Eilat.

(Traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)