Israele uccide due palestinesi e distrugge ancor di più il campo di Nur Shams

Redazione di Al Jazeera

5 settembre 2023 – Al Jazeera

Ayed Abu Harb è stato ucciso durante un’incursione su vasta scala del campo di Nur Shams a Tulkarem, prima di un altro palestinese ucciso da Israele nella Valle del Giordano.

Tulkarem, Cisgiordania occupata – Forze israeliane hanno ucciso un giovane palestinese e ne hanno ferito gravemente un altro durante una massiccia incursione contro il campo profughi nella città di Tulkarem, nel nord della Cisgiordania occupata, danneggiando alcune infrastrutture del campo.

Sempre martedì qualche ora dopo un altro palestinese è stato ucciso dopo che avrebbe aperto il fuoco contro soldati israeliani in una colonia ebraica illegale in Cisgiordania.

Il ministero palestinese della Sanità ha annunciato che l’uomo ucciso a Tulkarem è il ventunenne Ayed Samih Khaled Abu Harb, affermando che è stato colpito alla testa. Alle 11 si è svolto il corteo per il suo funerale.

All’alba forze israeliane con trattori blindati hanno fatto irruzione da varie direzioni nel sovrappopolato campo profughi di Nur Shams. provocando la resistenza armata da parte di combattenti palestinesi.

Hanno disselciato la strada che porta al campo, a pochi minuti dalla città di Tulkarem, e prima di ritirarsi tre ore dopo hanno distrutto alcune case e negozi, così come infrastrutture.

Hanno distrutto ogni cosa”

Taha al-Irani, presidente del comitato popolare del campo, ha parlato martedì con Al Jazeera del livello di devastazione e dello shock per l’uccisione di Abu Harb e il ferimento di un altro uomo.

Ti assicuro che il martire [Ayed] era semplicemente in piedi davanti alla porta di casa quando è stato ucciso, e l’uomo in condizioni critiche è un taxista che stava andando al lavoro,” afferma al-Irani, 50 anni.

C’è una devastazione totale nel campo… La strada principale che lo collega ad altre città – Tulkarem, Nablus, Ramallah – è stata parzialmente distrutta.”

Il campo profughi di Nur Shams, sorto nel 1952, è uno dei due campi di Tulkarem ed è stato costruito per accogliere rifugiati palestinesi della zona di Haifa in seguito alla Nakba, o pulizia etnica della Palestina da parte delle milizie sioniste nel 1948.

Mohammad Abu Talal, trentanovenne proprietario di un supermarket, dice ad Al Jazeera: “L’esercito è entrato con scavatrici e trattori. Hanno distrutto il negozio, hanno distrutto ogni cosa.”

In un comunicato il provveditorato agli studi di Tulkarem ha annunciato che avrebbe sospeso le lezioni martedì.

Quest’anno sono stati uccisi 233 palestinesi

Più tardi sempre martedì nella Valle del Giordano forze israeliane hanno affermato di aver ucciso un palestinese che aveva aperto il fuoco verso un centro commerciale in una colonia illegale nei pressi della Route 90, la principale autostrada della regione.

Il palestinese è stato identificato dal ministero palestinese della Sanità come il diciassettenne Mohammed Zubaidat.

Prima di essere ucciso Zubaidat avrebbe ferito un soldato israeliano.

Con la morte di Abu Harb e Zubaidat il numero di palestinesi uccisi dall’esercito israeliano dall’inizio dell’anno è salito a 233.

L’esercito israeliano ha affermato di aver arrestato nella sola nottata di martedì 21 palestinesi “ricercati sospetti”. In totale sono migliaia i palestinesi detenuti in varie forme da Israele.

L’esercito israeliano occupa militarmente da 56 anni la Cisgiordania, dove vivono circa tre milioni di palestinesi.

Negli ultimi due anni la resistenza armata palestinese si è riorganizzata ed è cresciuta per rilevanza, soprattutto nel nord della Cisgiordania occupata. Come risposta Israele ha cercato di schiacciare questa resistenza con incursioni quasi quotidiane, che hanno provocato pressoché ovunque vittime, contro le città, villaggi e campi profughi palestinesi

Nur Shams è stato preso di mira il 24 luglio in un altro recente attacco israeliano su larga scala, durante il quale sono stati feriti almeno 13 palestinesi, di cui 4 da proiettili veri e 9 da granate. Durante l’incursione le forze israeliane hanno anche danneggiato seriamente infrastrutture, obbligando l’Autorità Nazionale Palestinese a destinare una parte del proprio bilancio alla ricostruzione del campo.

Grazie a dio non avevamo ancora pubblicato bandi di appalto per la ricostruzione di strade e infrastrutture (dopo i primi raid),” afferma al-Irani.

Il 5 agosto l’esercito israeliano ha fatto incursione nel campo e ha colpito alla testa da distanza ravvicinata il diciottenne Mahmoud Abu Sa’an uccidendolo, ha affermato il ministero della Sanità. Abu Sa’ad si era appena diplomato all’esame di maturità.

Se gli israeliani pensano di poter ottenere la sicurezza e la pace con l’oppressione e i crimini che commettono stanno delirando. Ciò non avverrà finché i palestinesi non avranno ottenuto i loro diritti per vivere in dignità nel loro Stato,” afferma al-Irani.

Interviste di Ayman Nobani nel campo profughi di Nur Shams.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Palestinese ucciso nello scontro a fuoco durante il raid israeliano in una città della Cisgiordania

Redazione Al Jazeera

1° settembre 2023- Al Jazeera

Le forze israeliane hanno preso d’assalto Aqaba e distrutto un edificio dopo averlo assediato, ma non sono riuscite ad arrestare un palestinese ricercato

Un palestinese è stato ucciso a colpi di arma da fuoco dalle forze israeliane durante un raid in una città occupata della Cisgiordania a seguito di uno scontro che ha provocato la distruzione di un edificio.

Abdul Rahim Fayez Ghannam, 36 anni, è stato colpito alla testa ad Aqaba, a nord di Tubas, e dichiarato morto venerdì all’ospedale locale.

Nidal Odeh, direttore dei servizi di emergenza ad Aqaba, ha riferito ai media locali che le forze israeliane hanno impedito alle ambulanze di raggiungere i feriti e che un’ambulanza è stata chiaramente colpita da proiettili veri.

Le forze israeliane hanno fatto irruzione nella città alla ricerca di Ahmad Walid, che accusano di aver effettuato il mese scorso un attacco armato vicino a un posto di blocco nella Valle del Giordano.

Il testimone Saleh Abu Arra ha detto ad Al Jazeera che i soldati israeliani pensavano che Walid si nascondesse in uno degli edifici, ma non c’era.

Il raid è iniziato intorno alle 5 del mattino. I miei due fratelli vivono con le loro famiglie nell’edificio che è stato circondato dalle forze israeliane”, ha riferito il 39enne.

Uno dei suoi fratelli, Bakr Abu Arra, è stato arrestato dagli israeliani.

Saleh Abu Arra ha affermato che “Gli hanno urlato attraverso gli altoparlanti di uscire con la sua famiglia e poi lo hanno picchiato con i fucili e insultato, terrorizzando sua moglie e i figli”, ha detto.

Dopo mezz’ora le forze israeliane hanno iniziato a lanciare bombe assordanti e lacrimogeni contro l’edificio, poi hanno preso di mira il secondo e il terzo piano con granate anticarro che hanno distrutto anche una sala nuziale adiacente.

Nelle cinque ore successive si sono verificati scontri violenti, ha riferito Amir al-Qasem, un altro testimone, con i soldati israeliani che sparavano contro l’edificio in rovina con proiettili veri e gli abitanti palestinesi che lanciavano oggetti contro i veicoli militari.

Anche palestinesi armati hanno preso di mira il convoglio israeliano con proiettili veri.

Al-Qasem ha riferito che “Il martire Fayez è rimasto intrappolato nello scontro a fuoco”; “È un contadino e stava andando nei suoi campi”.

Al-Qasem ha affermato che gli israeliani hanno fallito nella loro missione di arrestare Walid, e quindi hanno iniziato a sparare a caso sulla casa distrutta e sulle aree circostanti.

Ha detto anche di non aver “mai visto una tale quantità di bossoli all’interno di un edificio”.

Le forze israeliane hanno arrestato i due fratelli Bakr e Mohammed Abu Arra e il padre Abdelrazeq.

Il fratello di Ahmad Walid, Mushrif, ha detto ad Al Jazeera di essere rimasto sorpreso quando l’intelligence israeliana lo ha chiamato al telefono

“Mio fratello è operaio in Israele e va via per due settimane o un mese alla volta”, ha precisato Mushrif.

Abbiamo detto agli israeliani che non era qui, ma loro hanno costretto i miei genitori anziani a uscire, li hanno portati all’edificio di Abu Arra e li hanno costretti a gridare con gli altoparlanti ad Ahmad di arrendersi”.

In un comunicato l’esercito israeliano ha affermato che è scoppiato uno scontro a fuoco tra combattenti armati e soldati e “uno degli uomini armati è stato colpito”.

Inoltre afferma che le truppe hanno anche “utilizzato missili a spalla e granate” e successivamente hanno trovato ordigni esplosivi improvvisati e altre armi nell’edificio.

I raid militari israeliani, quasi quotidiani, hanno provocato alcuni dei peggiori combattimenti nella Cisgiordania occupata dall’inizio degli anni 2000.

Più di 200 palestinesi sono stati uccisi da Israele dall’inizio di quest’anno, e le Nazioni Unite affermano che il 2023 sarà l’anno più letale per i palestinesi da quando questo organismo ha iniziato a registrare le vittime palestinesi nel 2006.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




Adolescente palestinese ucciso in un raid israeliano al nord della Cisgiordania occupata

Redazione di Al Jazeera

22 agosto 2023 – Al Jazeera

Circa 50 palestinesi arrestati dalle forze israeliane, fra cui due sospettati di essere coinvolti nell’attacco armato di lunedì.

Le autorità sanitarie palestinesi hanno comunicato che durante un raid al nord della Cisgiordania occupata le forze israeliane hanno colpito e ucciso un adolescente palestinese.

Il ministero della Salute ha detto che Othman Abu Khoruj, 17 anni, è stato colpito alla testa e ucciso durante un attacco contro la città di Zababdeh, a sud di Jenin.

L’agenzia di stampa Wafa ha riferito che le forze israeliane sono entrate a Zababdeh per effettuare un arresto.

Yousef Sharqawi, un palestinese che lavora in un supermercato locale, ha detto ad Al Jazeera che 12 veicoli militari israeliani sono entrati in città per cercare il cugino più giovane, Yazan Sharqawi.

Hanno circondato due delle case della nostra famiglia, poi sono entrati per cercare Yazan,” ha affermato Sharqawi. “Suo padre ha detto che non era in casa e l’hanno costretto a telefonargli.”

Il più giovane dei Sharqawi, 24 anni, stava lavorando in una panetteria ed è stato subito arrestato appena arrivato a casa.

Un testimone ha riferito che, nello scontro che ne è seguito, mentre i giovani palestinesi stavano cercando di respingere i soldati israeliani, Othman Abu Khuroj è stato colpito due volte, una alla testa e la seconda alla spalla.

Atef, il padre di Abu Khuroj, stava lavorando nei campi quando ha sentito del ferimento del figlio.

Sono arrivato in ospedale e mi hanno detto che se ne era andato,” ha detto il cinquantasettenne. “Mio figlio lavorava in panetteria dalle 8 del mattino alle 7 di sera, l’ho visto il giorno prima. Scherzava, mi ha rubato una sigaretta, era il mio figlio minore.”

Othman, che come molti altri giovani palestinesi aveva dovuto lasciare la scuola per aiutare economicamente la famiglia, all’inizio dell’anno era stato incarcerato per un mese dagli israeliani.

Chiedi in paese, tutti gli volevano bene,” conclude il padre.

L’ala armata del Jihad islamico, la brigata al-Quds, ha rilasciato un comunicato in cui sostiene che Othman Abu Khuroj era uno dei suoi combattenti.

Ribadiamo che il sangue dei martiri alimenterà la nostra continua resistenza e che questi sacrifici fatti dai nostri eroici combattenti non saranno inutili,” si legge nella dichiarazione.

L’esercito israeliano ha detto che i suoi soldati hanno aperto il fuoco dopo che “ordigni esplosivi” erano stati lanciati verso di loro.

Una persona colpita è stata identificata,” si dice in una dichiarazione.

Le truppe israeliane compiono di routine dei raid in zone come Jenin, nominalmente sotto il controllo civile e di sicurezza dell’Autorità Palestinese del presidente Mahmoud Abbas.

Arresti e interrogatori

Nella Cisgiordania meridionale l’esercito israeliano ha catturato due palestinesi sospettati di aver sparato il giorno prima vicino ad Hebron contro un’auto uccidendo un colono israeliano e ferendone gravemente un altro.

In una nota l’esercito israeliano ha affermato che forze di esercito, del servizio di sicurezza dello Shin Bet e di commando della guardia di frontiera, noti come Yamam, insieme hanno arrestato i due sospettati che sono imparentati tra loro.

L’esercito israeliano ha detto che durante l’interrogatorio i due sospettati hanno confessato di essere coinvolti nell’attacco. Le forze di sicurezza israeliane hanno detto anche di aver confiscato il fucile usato per sparare contro l’auto lunedì.

I media palestinesi hanno identificato i due sospettati arrestati vicino a Hebron come Saqer e Mohammed al-Shantir.

L’attacco è avvenuto due giorni dopo l’uccisione di padre e figlio israeliani a un autolavaggio nella città cisgiordana di Huwara.

In questo caso, nonostante un’operazione di ricerca con raid di truppe nei villaggi e perquisizioni casa per casa, Israele non ha ancora arrestato nessuno.

L’esercito israeliano ha affermato di aver compiuto perquisizioni su larga scala e arresti in Cisgiordania nella notte di martedì.

Secondo il Club dei prigionieri palestinesi [una ong palestinese, ndt.] sono stati arrestati almeno 50 palestinesi, per la maggior parte ex prigionieri delle carceri israeliane.

Questa campagna di arresti è considerata una delle più vaste dall’inizio dell’anno,” dice una nota, precisando che le detenzioni sono accompagnate da “abusi sistematici, pestaggi di detenuti e delle loro famiglie, minacce e atti di vandalismo”.

La Cisgiordania occupata è scossa da violenze fin dall’inizio dell’anno scorso, con ripetuti attacchi mortali da parte dell’esercito e violenze dei coloni contro comunità palestinesi, come anche da una serie di attacchi di palestinesi contro bersagli israeliani.

Secondo le Nazioni Unite dall’inizio dell’anno sono stati uccisi più di 200 palestinesi, il numero di vittime più elevato dal 2005. Nello stesso periodo sono stati uccisi 30 israeliani.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Israele prende di mira gli operatori del pronto soccorso palestinese nella Cisgiordania occupata

Redazione di Al Jazeera

20 agosto 2023 – Al Jazeera

Le Nazioni Unite dicono che quest’anno 77 operatori sanitari sono stati feriti e 30 ambulanze sono state danneggiate mentre cercavano di soccorrere i palestinesi.

Il più recente attacco israeliano dello scorso mese contro il campo profughi di Jenin, nella zona settentrionale della Cisgiordania occupata, è stato descritto come un “massacro” da funzionari e abitanti locali e condannato dalle Nazioni Unite, ma è lungi dall’essere unico per ampiezza e crudeltà.

Sabato, in occasione della Giornata Mondiale dell’aiuto umanitario, la coordinatrice umanitaria dell’ONU Lynn Hastings ha rilasciato una dichiarazione in cui si dice che 77 operatori sanitari sono stati feriti e 30 ambulanze sono state danneggiate durante attacchi, proteste o anche solo in giorni normali.

Hastings ha precisato che il primo soccorso è costituito da ong con volontari, medici, infermieri, addetti comunali e altri che spesso rischiano le proprie vite mentre portano aiuto.

Hastings continua dicendo che sono ostacolati “dall’occupazione israeliana, da divieti di spostamento, divisioni politiche, conflitti ricorrenti e persino dai tentativi di denigrare il loro lavoro”.

Nel corso di vari anni innumerevoli testimoni sul campo hanno documentato deliberate azioni israeliane che prendono di mira gli addetti al soccorso che non mostrano di volersi fermare.

Personale medico bersagliato

Omar Azzam, coordinatore legale degli aiuti umanitari internazionali presso la società palestinese della Mezzaluna Rossa ha riferito ad Al Jazeera che dall’inizio del 2023 ad oggi ci sono state 193 reati delle forze israeliane a danno del personale medico nella Cisgiordania occupata.

Continua poi dicendo che si tratta di aggressioni dirette sul campo, attacchi contro ambulanze, accessi vietati e ostruiti e feriti e malati presi di mira.

Solo a luglio sono stati registrati 10 attacchi diretti contro il personale medico, con uso di gas e proiettili veri, come nel caso di un volontario nel campo di Askar che stava offrendo assistenza” afferma Azzam “Aveva con sé un badge, ma gli hanno sparato a un piede, quindi intenzionalmente.”

A Gerusalemme il team di Azzam ha documentato 314 casi fino alla fine di giugno in cui al pronto soccorso è stato impedito di andare sul posto o sono stati costretti a cambiare veicolo senza tenere in considerazione la salute dei pazienti.

Hanno anche riferito di 80 casi di paramedici a cui le forze israeliane hanno negato completamente l’accesso ai feriti e 41 casi in cui hanno subito ritardi o sono stati ostacolati.

Inoltre nove pazienti sono stati rapiti mentre ricevevano cure mediche, cosa avvenuta persino dentro le ambulanze.

Azzam ha detto che durante il raid più recente a Jenin “un paziente, in condizioni critiche, è stato interrogato dentro l’ambulanza e poi, dopo che i paramedici sono stati aggrediti, è stato arrestato e trasferito su un veicolo militare di pattuglia.”

Strisciavo per terra’

Hamza Abu Hajar, un volontario della società palestinese di soccorso medico a Nablus, ha pagato un caro prezzo durante i sei anni in cui ha prestato assistenza.

Il ventisettenne ha detto ad Al Jazeera che lo scorso dicembre durante un raid israeliano a Nablus gli hanno sparato al petto con proiettili veri ed è rimasto tra la vita e la morte in un reparto di terapia intensiva per parecchi giorni.

Otto mesi dopo sto ancora soffrendo per le complicanze causate dalle pallottole entrate nel petto e uscite dalla schiena,” ha continuato.

Nel corso degli anni ho subito varie aggressioni da parte delle forze di occupazione. e sono stato colpito da proiettili, lacrimogeni e bombe assordanti per impedirmi di raggiungere i feriti, o sono stato attaccato persino da pattuglie dell’occupazione.”

Lo scorso mese le forze israeliane hanno sparato ad Amir Ahmad Amir, un volontario della Mezzaluna Rossa a Nablus.

Il venticinquenne, diventato padre tre mesi fa, era al campo profughi di Askar a Nablus per cercare di prestare assistenza medica a un minore quando i cecchini israeliani gli hanno sparato tre volte ad entrambe le gambe.

A carponi ho cercato di raggiungere un muro ma mi sparavano contro direttamente e deliberatamente. Alcuni hanno sparato alle scarpe che indossavo,” ha detto ad Al Jazeera dall’ospedale dove sarà operato per danni neurologici.

Dopo l’operazione di luglio a Jenin Israele ha detto che “garantisce l’assistenza umanitaria e non applica alcun limite all’accesso del personale medico, eccetto in luoghi dove le loro vite sono in pericolo a causa di uno scontro a fuoco”.

(traduzione dall’inglese di Mirella Alessio)




Le forze israeliane uccidono tre palestinesi in un attacco nella Cisgiordania occupata

Redazione di Al Jazeera

6 agosto 2023 – Al Jazeera

I soldati hanno aperto il fuoco su un veicolo vicino al campo profughi di Jenin, uccidendo tre passeggeri che secondo l’esercito israeliano stavano pianificando un attacco.

Le forze israeliane nella Cisgiordania occupata hanno ucciso a colpi di arma da fuoco tre palestinesi che secondo l’esercito stavano per compiere un attacco.

In un comunicato l’esercito ha affermato che domenica i soldati hanno aperto il fuoco su un veicolo e ucciso tre passeggeri.

Sostiene di aver eliminato una squadra di terroristi del campo profughi di Jenin identificata mentre si recava a compiere un attacco.

Tra i morti c’è Naif Abu Tsuik, 26 anni, che secondo l’esercito era un “importante esponente militare del campo profughi di Jenin.

L’esercito ha dichiarato che era “coinvolto in azioni militari contro le forze di sicurezza israeliane e in attività militari in fase avanzata dirette dai terroristi nella Striscia di Gaza”, l’enclave costiera controllata dall’organizzazione Hamas.

Secondo Quds News Network il veicolo è stato crivellato da più di cento proiettili.

Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha elogiato le forze di sicurezza e ha affermato che Israele “continuerà ad agire ovunque e in qualsiasi momento contro coloro che minacciano la nostra vita “.

Hazem Qasem, un portavoce di Hamas da Gaza, ha detto che le morti non rimarranno impunite.

“Il nemico, che ha assassinato tre dei nostri palestinesi, non eviterà di pagare il prezzo dei suoi crimini”, ha affermato in una dichiarazione.

In un reportage dalla Gerusalemme est occupata, Mohammed Jamjoom di Al Jazeera ha detto che il ministero della Salute palestinese ha confermato le morti nell’attacco a sud di Jenin.

“L’esercito israeliano ha detto di aver trovato nel veicolo anche un M-16 [arma d’assalto] “, ha affermato Jamjoom.

Tutto questo si aggiunge all’estrema tensione già presente in loco. Arriva 24 ore dopo un attacco avvenuto a Tel Aviv, in cui un giovane palestinese di Jenin ha sparato sulla gente. Ciò aggiunge molta preoccupazione per ciò che questo fatto potrebbe significare nei giorni a venire.

Mustafa Barghouti, capo del partito Iniziativa Nazionale Palestinese, ha affermato che l’uccisione dei tre palestinesi equivale a un “omicidio extragiudiziale”.

Quello che Israele ha fatto oggi è un altro atto di uccisione extragiudiziale di giovani palestinesi”, ha detto Barghouti ad Al Jazeera. “È un’esecuzione illegale di persone senza alcun tipo di processo giudiziario”.

L’anno più mortale

Più di 200 palestinesi sono stati uccisi quest’anno nei territori palestinesi occupati e le Nazioni Unite hanno avvertito che il 2023 è sulla buona strada per essere l’anno più mortale per i palestinesi da quando esse ha iniziato a registrare il numero delle vittime.

Barghouti ha affermato che queste uccisioni sono una “guerra del terrore” contro la popolazione civile palestinese, che continuerà finché continuerà l’occupazione israeliana.

“L’occupazione esiste da 56 anni, la pulizia etnica dei palestinesi esiste da 75 anni, e senza porre fine a questi due processi ovviamente non ci sarà mai pace in questa regione”, ha affermato.

Jenin è stata un punto critico e teatro di numerosi raid israeliani – molti mortali – negli ultimi mesi. Il più grande raid israeliano del campo in quasi 20 anni ha avuto luogo a giugno, uccidendo 12 palestinesi e costringendo migliaia di persone a fuggire dalle loro case.

Sabato 5 agosto, Kamel Abu Bakr, di Jenin, ha aperto il fuoco nel centro di Tel Aviv e ha ucciso un ispettore della polizia israeliana prima di essere ucciso da un agente che ha risposto al fuoco.

All’inizio di questa settimana, un violento attacco dei coloni nella Cisgiordania occupata ha ucciso il 19enne palestinese Qusai Jamal Maatan, mentre i soldati israeliani hanno sparato a un altro giovane palestinese, il 18enne Mahmoud Abu Sa’an, durante una delle loro incursioni notturne nella Cisgiordania occupata.

L’attacco dei coloni, ha detto Barghouti, è stato effettuato da un uomo che fa parte del governo israeliano.

Il leader politico ha aggiunto che quindi ciò che questo comporta riguardo al rapporto tra i coloni e l’attuale governo di estrema destra israeliano è che “questo governo israeliano è un governo fascista.”

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




L’approvazione della riforma giudiziaria in Israele consolida la ‘supremazia ebraica’

La nuova legge approvata dalla Knesset renderà più facile al governo di estrema destra condurre politiche che danneggiano i palestinesi, affermano gli esperti.

Farah Najjar

24 luglio 2023 – Al Jazeera

I palestinesi dicono che la legge approvata dal parlamento israeliano che limita alcuni poteri della Corte Suprema renderà più facile per il governo israeliano condurre politiche funzionali al suo programma “di estrema destra”.

La legge è parte di un più ampio sforzo da parte del Primo Ministro Benjamin Netanyahu e dei suoi alleati di destra di riformare la magistratura ed impedisce alla Corte Suprema di mettere il veto a decisioni del governo con la motivazione che siano “irragionevoli”.

La legge “indebolisce ed elimina ogni forma di supervisione della Corte Suprema sulle decisioni del governo”, ha detto a Al Jazeera Ahmad Tibi, membro palestinese della Knesset o parlamento israeliano.

“In particolare quando sono decisioni che che riguardano nomine ufficiali e altre importanti decisioni”, dice Tibi.

Amjad Iraqi, caporedattore di +972 Magazine, dice che queste nomine determinano chi ricopre cariche di alto livello nella polizia, nell’esercito, nelle istituzioni finanziarie e altro.

Queste nomine incidono direttamente sui cittadini palestinesi di Israele, per esempio “quanti soldi percepiscono” e come i dipartimenti di polizia “seguono l’impostazione del governo di estrema destra”, dice Iraqi ad Al Jazeera da Haifa.

L’approvazione della legge lunedì annulla la possibilità per i palestinesi di contrastare queste nomine “per via giudiziaria e amministrativa”, dice, aggiungendo che i governi ora possono applicare le proprie politiche “molto più velocemente”.

La legge è passata lunedì con 64 voti contro 0, in quanto l’opposizione ha boicottato il voto ed è uscita furiosa dall’aula dopo un’accesa sessione parlamentare.

‘Implicazioni negative per i palestinesi’

La Corte Suprema “non è andata incontro ai palestinesi né ha emesso sentenze eque nei loro confronti ed ha agito a favore di coloni, omicidi, uccisioni e della stessa occupazione”, dice Tibi.

“Non vogliamo che il governo fascista acquisti il controllo completo sulla magistratura – anche se le decisioni della magistratura sono prevenute”, aggiunge. “Questo consentirà al governo ancor maggiore controllo su decisioni che avranno implicazioni molto negative per i palestinesi.”

La Corte Suprema è vista come l’ente che garantisce lo stato di diritto e dovrebbe avere un ruolo importante nel controllo del potere esecutivo nel Paese – che è ampiamente nelle mani del governo.

I piani del governo hanno innescato mesi di proteste di massa, che secondo Tibi probabilmente continueranno “per un po’”. Alla vigilia del voto i dimostranti hanno bloccato una strada che conduce al parlamento, mentre molte imprese, compresi centri commerciali, banche e distributori di benzina, lunedì hanno preso parte ad uno sciopero per opporsi alla legge.

Il quotidiano Haaretz ha riferito che la polizia ha utilizzato idranti nel tentativo di disperdere i dimostranti e ha descritto gli ultimi sviluppi come “una crisi senza precedenti”.

Migliaia di riservisti dell’esercito hanno dichiarato che non presteranno servizio se il governo di estrema destra di Netanyahu porterà avanti i suoi piani.

Il servizio militare è obbligatorio per la maggior parte degli israeliani, uomini e donne, sopra i 18 anni e molti volontari per il servizio di riservisti hanno già superato i 40 anni.

Nonostante questa “disubbidienza di massa”, l’estrema destra è ancora “ben ferma sulla sua strada”, dice Iraqi. “Le proteste non hanno fatto veramente breccia per fermare del tutto il governo…la coalizione dominante semplicemente non ne tiene conto.”

La Corte Suprema ‘al passo con Israele’

Tariq Kenney-Shawa, un ricercatore politico statunitense del gruppo di esperti di Al-Shabaka, ripropone le preoccupazioni di Tibi, dicendo che, invece di agire come “strumento di controllo ed equilibrio nei confronti delle correnti della destra più estrema di Israele”, la Corte Suprema “è servita solo ad avallarle ulteriormente.”

Nel 2021 la Corte Suprema ha confermato una controversa legge che definisce Israele come lo Stato-Nazione del popolo ebraico, respingendo le accuse secondo cui la legge discrimina le minoranze.

La legge, approvata nel 2018, declassa lo status della lingua palestinese e araba e considera l’espansione delle colonie illegali di soli ebrei nella Cisgiordania occupata come un valore nazionale.

La Corte Suprema ha anche consentito alle autorità israeliane di continuare a porre i palestinesi in detenzione amministrativa, una prassi consistente nel detenerli sulla base di prove segrete, senza accuse o processo.

Kenney-Shawa ha avvertito che la nuova legge potrebbe condurre ad una “accelerazione delle politiche” ulteriormente funzionali al programma di Israele e potrebbe “trasferire e sottoporre a pulizia etnica i palestinesi e consolidare ancor più la supremazia ebraica.”

Secondo Kenney-Shawa è anche per questo che molti palestinesi non hanno appoggiato il movimento di protesta, che lui sostiene essere finalizzato a “proteggere e mantenere il sistema esistente”.

Diana Buttu, analista ed ex consulente legale dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), dice che la Corte Suprema israeliana non è mai stata liberale e non è mai stata utile ai palestinesi “in alcun modo, in alcuna forma né sotto alcun aspetto”.

Di fatto è “sulla stessa linea di Israele e dell’occupazione”, dice Buttu a Al-Jazeera.

Il parlamento ha ratificato la legge perché la destra “vuole essere sicura che non vi sia mai una minaccia alla sua occupazione”, dice.

‘Solo l’inizio’

Buttu dice che il processo di riforma della magistratura è stato avviato da anni.

Un esempio ne sono le fattispecie di casi che possono essere portati davanti ai tribunali israeliani dai palestinesi. Questi sono stati “limitati” e “fortemente ridotti”, dice, intendendo che tali casi possono avvitarsi per anni ed anni attraverso il sistema giuridico.

Il Ministro israeliano della Sicurezza Nazionale, Itamar Ben-Gvir, che è a capo del partito di estrema destra Potere Ebraico, ha detto che l’approvazione della contestata legge è stato “solo l’inizio”.

“Ci sono molte altre leggi che dobbiamo approvare come parte della riforma giudiziaria”, avrebbe detto secondo quanto riferito da The Times of Israel.

Intanto Mouin Rabbani, analista di Medio Oriente e co-editore della rivista Jadaliyya, dice che la crisi riguardo alle riforme è anzitutto “una disputa interna tra la popolazione ebraica di Israele.”

La crisi potrebbe approfondirsi e portare ad una “crescente polarizzazione” all’interno della società israeliana e delle sue istituzioni, dice Rabbani ad Al-Jazeera.

Di fatto l’approvazione della nuova legge potrebbe favorire i palestinesi se il suo impatto comprendesse “l’indebolimento delle forze armate e dei servizi di sicurezza di Israele”, dice.

Gli avvertimenti dei riservisti che potrebbero non prestare servizio hanno suscitato timori che possa essere compromessa la capacità di reazione dell’esercito.

“Sono crepe pericolose”, ha scritto domenica il capo dell’esercito Tenente Generale Herzi Halevi in una lettera ai soldati. “Se non saremo un esercito forte e coeso, se i migliori non prestano servizio” nell’esercito israeliano, ha detto Halevi, “non saremo più in grado di esistere come Paese nella regione.”

 

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)

 




Il raid su Jenin è finito. I palestinesi sono soli ad affrontare il trauma

Virginia Pietromarchi

10 luglio 2023 – Al Jazeera

I palestinesi setacciano le macerie delle loro case distrutte e della loro psiche danneggiata.

Jenin, Cisgiordania occupata Ogni mattina Fatima Salahat, madre di quattro figli, si svegliava alle 7, si alzava dal letto ed entrava in punta di piedi nella cucina della sua casa nel campo profughi di Jenin nella Cisgiordania occupata.

Mentre suo marito Zeid era ancora immerso nel sonno lei iniziava la giornata con la musica della star libanese Fairuz, spesso la stessa canzone di continuo.

La via del nostro amore era la sua preferita”, racconta Zeid, un paramedico di 56 anni. Ma ora non riesco a trovare niente in quella canzone. Quei momenti felici sono persi.

Ora Fatima giace su un letto d’ospedale. Riesce a parlare e camminare con difficoltà dopo aver avuto un attacco di panico che secondo i medici è collegato allo stress causato dalla più devastante offensiva militare israeliana sul campo profughi in circa 20 anni.

La scorsa settimana più di 1.000 soldati israeliani hanno preso d’assalto il campo sovraffollato mentre razzi e missili drone hanno colpito case private e infrastrutture pubbliche. Nessuno era in grado di prevedere da dove sarebbe arrivato il bombardamento successivo.

Il secondo giorno dell’attacco Fatima, di 54 anni, ha iniziato a mostrare dei sintomi. Era facilmente irritabile, nervosa e tesa in un costante stato di allerta fino a quando non ha raggiunto un punto di rottura ed è stata portata all’ospedale pubblico di Jenin.

La sua condizione è tutt’altro che un caso isolato. All’indomani dell’offensiva in cui le forze israeliane hanno ucciso 12 palestinesi, gli abitanti si sono trovati non solo a setacciare le macerie delle loro case distrutte ma anche a fare i conti con il pesante carico emotivo inflitto da ogni attacco israeliano.

Un trauma collettivo a più strati

In Occidente lo chiamano disturbo da stress post-traumatico o PTSD. Metto in dubbio l’uso del termine qui perché in Palestina non ci siamo mai trovati nel post“, afferma Samah Jabr, responsabile dell’Unità di Salute Mentale dell’Autorità Nazionale Palestinese.

L’ultimo raid, dicono gli esperti, ha aggiunto un altro strato al trauma collettivo sofferto dai palestinesi che vivono sotto occupazione, esacerbando ferite che non hanno avuto la possibilità di rimarginarsi da generazioni.

Israele ha affermato che il raid aveva lo scopo di “ripulire” un “covo di terroristi”, ma gli esperti delle Nazioni Unite hanno affermato che l’assalto costituisce una punizione collettiva contro i palestinesi e potrebbe configurarsi come un crimine di guerra.

Gli abitanti adulti del campo profughi hanno raccontato ad Al Jazeera di essere perseguitati dagli stessi incubi che hanno seguito le offensive militari israeliane dei decenni passati.

Gli adolescenti, che hanno appena subito l’attacco più aggressivo nel corso della loro giovane vita, ora chiedono di essere accompagnati in bagno e si rifiutano di dormire da soli.

“Il trauma è persistente, cronico, storico ed intergenerazionale”, afferma Jabr. Ha evidenziato come il feroce assalto abbia colpito anche la psiche dei palestinesi fuori Jenin perché le immagini che mostrano migliaia di persone che evacuano il campo nel cuore della notte con solo i vestiti addosso ricordano a molti la Nakba.

La Nakba, che in arabo significa “catastrofe”, si riferisce a quando nel 1948 750.000 palestinesi furono spazzati via dalle loro città e villaggi subendo una pulizia etnica per far posto alla fondazione di Israele.

Il campo di Jenin è stato istituito nel 1953 per rifugiati provenienti da più di 50 villaggi e città nelle parti settentrionali della Palestina, principalmente Haifa e Nazareth. Da allora è stato l’obiettivo di continui raid militari israeliani.

Durante l’Intifada del 2002 le forze israeliane hanno spazzato via intere zone del campo e ucciso 52 palestinesi in 10 giorni di combattimenti, che hanno anche determinato la morte di 23 soldati israeliani.

Più di un quarto della popolazione del campo fu costretto a fuggire da quello che era diventato un campo di battaglia, o “Jeningrad”, come lo definì il defunto leader palestinese Yasser Arafat in riferimento all’assedio nazista della città russa di Stalingrado durante la seconda guerra mondiale.

“D’improvviso è tornata la stessa paura”

“Questa è stata la mia terza Nakba”, ha detto Afaf Bitawi, abitante nel campo, a proposito dell’offensiva israeliana della scorsa settimana.

Pur non essendo ancora nata, la 66enne ha vissuto gli eventi del 1948 attraverso le storie dolorose raccontate dai suoi genitori. Ha anche assistito in prima persona all’impatto persistente dell’occupazione, ricordando ogni dettaglio dell’attacco del 2002 che ha lasciato la sua casa in rovina.

“La stessa identica domanda: dovrei uscire di casa e rischiare di essere colpita da un cecchino, o dovrei abbandonarla e temere che un bulldozer possa demolirla?” dice Bitawi, descrivendo come si è sentita durante il recente raid. “Quella stessa paura, quella stessa domanda e il trauma sono tornati all’istante.”

Gli esperti hanno affermato che questo ciclo continuo di traumi si consolida ulteriormente con ogni successiva operazione militare. E per quanto oggi potrebbe esserci più consapevolezza e disponibilità ad accedere ad un supporto per la salute mentale i bisogni sono enormi.

Secondo i dati dell’Ufficio Centrale di Statistica Palestinese nella Cisgiordania occupata più della metà delle persone di età superiore ai 18 anni soffre di depressione. Nella Striscia di Gaza assediata, la cifra è del 70%.

Le condizioni di vita nel campo di Jenin non aiutano. Più di 11.200 persone vivono ammassate in un’area inferiore a mezzo chilometro quadrato senza un solo spazio verde e con uno dei tassi di disoccupazione più alti di tutti i campi profughi della Cisgiordania occupata.

Alcune ONG danno un po’ di sollievo offrendo sostegno psicologico alle famiglie o organizzando attività ricreative, soprattutto per i bambini. L’anno scorso è stata addirittura lanciata la prima start up per la salute e il benessere mentale, Hakini.

Ma troppo spesso un amico o un parente viene ucciso o veicoli blindati e uomini armati vagano per le strade del campo rendendo impossibile qualsiasi duraturo sollievo dallo stress e provocando nuovi traumi.

Manassa Yacoub, 13 anni, dalla morte dell’amica Sedil Naghniyeh mangia poco o niente. La quindicenne era stata uccisa durante il raid israeliano alla fine di giugno.

Da allora non dorme mai sola. E’ sempre silenziosa. Ha persino paura di usare l’altalena nel nostro cortile. La guarda solo da lontano, dice suo padre Sami Yacoub, 43 anni, proprietario di un negozio di telefonia mobile.

Garantire la persistenza del trauma

Ci sono altri ostacoli nell’affrontare i problemi di salute mentale.

Vivere sotto un’occupazione vecchia di decenni ha creato un’ulteriore pressione a che i palestinesi si impegnassero nella lotta di resistenza – una cosa, dichiarano i palestinesi, che è stata loro imposta da Israele.

Gli israeliani si assicurano che ogni generazione abbia il proprio personale trauma – è un trauma prefabbricato, afferma Nasser Mattat, psicologo dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati Palestinesi che nel 2022 ha gestito il pronto intervento di salute mentale per i bambini.

Molti dei combattenti nel campo di Jenin oggi sono gli stessi bambini traumatizzati vent’anni fa, dice.

“Il trauma subito oggi porterà a ulteriori violenze perché non viene affrontato”, conclude Mattat.

(Traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Il capo delle Nazioni Unite si rifiuta di ritirare la condanna del raid israeliano a Jenin

Associated Press

8 luglio 2023 AlJazeera

L’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite attacca il segretario generale Antonio Guterres per le sue critiche al raid militare israeliano su Jenin.

L’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite ha invitato il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres a ritirare la sua condanna dell’esercito israeliano per l’uso eccessivo di forza e per aver arrecato danni ai civili durante il devastante raid nel campo profughi di Jenin nella Cisgiordania occupata.

Il vice portavoce delle Nazioni Unite Farhan Haq ha risposto venerdì dicendo che Guterres aveva espresso le sue opinioni sull’operazione di Israele nel campo profughi di Jenin “e conferma quelle opinioni”.

Guterres, adirato per gli attacchi aerei israeliani su Jenin e per il pericolo costituito per la popolazione civile, giovedì ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che l’assalto ha provocato il ferimento di oltre 100 civili, lo sradicamento di migliaia di residenti, il danneggiamento di scuole e ospedali e la distruzione di reti idriche ed elettriche.

Gli attacchi aerei e le operazioni di terra di Israele in un affollato campo profughi sono stati la peggiore violenza in Cisgiordania da molti anni, con un notevole impatto sui civili”, ha detto Guterres.

Il capo delle Nazioni Unite ha anche criticato Israele per avere durante il raid militare impedito ai feriti di ricevere cure mediche e agli operatori umanitari di raggiungere chi necessitava aiuto, provocando la morte di 12 palestinesi e circa 100 feriti.

Anche un soldato israeliano è stato ucciso.

L’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite Gilad Erdan ha definito le critiche del capo delle Nazioni Unite all’assalto militare israeliano “vergognose, inverosimili e completamente distaccate dalla realtà”.

Su richiesta degli Emirati Arabi Uniti il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha discusso venerdì a porte chiuse dell’operazione israeliana a Jenin e ha ricevuto un briefing dall’assistente del segretario generale delle Nazioni Unite Khaled Khiari.

Prima della riunione del Consiglio l’ambasciatore Erdan ha inviato una lettera ai 15 membri e a Guterres in cui affermava che “la comunità internazionale e il Consiglio di Sicurezza devono condannare incondizionatamente gli ultimi attacchi terroristici palestinesi e ritenerne responsabile la leadership palestinese”, affermando che a Jenin le forze israeliane “si sono concentrate esclusivamente” sugli autori di “atti di terrore contro civili israeliani innocenti”.

In una dichiarazione di mercoledì tre esperti indipendenti di diritti umani hanno affermato che gli attacchi aerei israeliani e le azioni di terra a Jenin “equivalgono a gravi violazioni del diritto internazionale e degli standard sull’uso della forza e possono costituire un crimine di guerra”.

Venerdì il Consiglio di Sicurezza non ha preso provvedimenti.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Israele bombarda Gaza dopo l’assalto a Jenin

5 luglio 2023 – Al Jazeera

Aerei colpiscono posizioni di Hamas nella Striscia di Gaza dopo il lancio di razzi verso il sud di Israele in seguito all’offensiva israeliana a Jenin.

Aerei militari israeliani hanno colpito la Striscia di Gaza in risposta al lancio di razzi dall’enclave assediata dopo che Israele ha concluso l’offensiva su larga scala a Jenin, nella Cisgiordania occupata.

L’attacco israeliano di mercoledì ha colpito una fabbrica di armi sotterranea appartenente a Hamas, la fazione palestinese che governa la Striscia. Non si riportano vittime.

E’ accaduto dopo che Israele ha affermato di aver abbattuto cinque razzi lanciati contro il sud di Israele dalla Striscia di Gaza.

Intanto l’esercito israeliano mercoledì ha detto che le sue forze si sono ritirate da Jenin ponendo fine ad un’offensiva di due giorni per terra e per cielo che ha ucciso almeno 12 palestinesi e ne ha feriti più o meno altri 100.

Gli abitanti costretti a fuggire dal campo profughi di Jenin dove si è svolto il raid hanno incominciato a tornare nella notte di mercoledì per esaminare le proprie case e beni distrutti. La Mezzaluna Rossa Palestinese ha detto di aver evacuato 500 famiglie dal campo, in totale circa 3.000 persone.

Migliaia di palestinesi in tutta la Cisgiordania hanno festeggiato il ritiro delle forze israeliane.

Il campo profughi di Jenin ospita migliaia di palestinesi discendenti delle persone espulse quando nel 1948 venne creato Israele.

Israele ha sostenuto che l’attacco, iniziato lunedì, aveva come obbiettivo i combattenti di Jenin, ma le associazioni di assistenza affermano di aver curato feriti di tutte le età.

Il raid ha ricevuto tra le altre la condanna dell’Iran, della Giordania e della Lega Araba.

Il Segretario Generale ONU Antonio Guterres ha espresso “profonda preoccupazione” riguardo all’assalto a Jenin e venerdì terrà una riunione per discuterne.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




L’utilizzo dell’antisemitismo come arma è dannoso per i palestinesi – e per gli ebrei

M Muhannad Ayyash

22 giugno 2023 – Aljazeera

Accuse infondate di antisemitismo rivolte a voci pro-palestinesi e antisioniste stanno ostacolando la lotta per sradicare l’odio antisemita

Il 12 maggio, nel suo discorso in occasione della consegna dei diplomi presso la Facoltà di Giurisprudenza della City University of New York (CUNY), la neolaureata yemenita-americana Fatima Mohammed ha osato parlare in modo onesto e veritiero della difficile situazione dei palestinesi.

La risposta era prevedibile. È stata organizzata e lanciata una campagna per intimidirla, attaccarla e metterla a tacere denunciando il suo acuto discorso come “antisemita”. Piattaforme di destra come il New York Post e Fox News hanno amplificato queste accuse infondate. I politici – sia repubblicani che democratici – si sono uniti all’insensato bullismo verso la giovane laureata e i parlamentari statali repubblicani hanno persino chiesto il ritiro dei fondi dalla CUNY per averle offerto una ribalta.

CUNY ha rapidamente ceduto alla pressione. Il 30 maggio il suo consiglio di amministrazione ha rilasciato una dichiarazione in cui ha condannato le parole di Mohammed come “incitamento all’odio”.

Ovviamente nulla di ciò che Fatima ha detto quel giorno era carico di odio o falso. Tutto ciò che ha detto era basato sui fatti e guidato da un desiderio di giustizia e decolonizzazione. Ogni affermazione fatta nel suo discorso di apertura può essere trovata in articoli di riviste scientifiche specializzate, in libri accademici di esperti di fama mondiale o nella realtà quotidiana di milioni di palestinesi.

Nell’ascoltare il suo discorso ci si accorge che in realtà non ha detto assolutamente nulla sull’identità o sul popolo ebraico. A tale proposito non ha fatto menzione della vita ebraica negli Stati Uniti, in Canada, nel Regno Unito, in Francia o persino in Israele. Il suo discorso ha riguardato lo Stato israeliano, i suoi fondamenti e pratiche coloniali e l’egemonia imperiale degli Stati Uniti di cui Israele è parte.

Anche se non si è d’accordo con le sue opinioni, ci si deve chiedere: cosa ha a che fare una tale critica con l’identità ebraica? Ci viene costantemente detto che non dovremmo mai confondere la vita ebraica, ad esempio, a New York, con lo Stato israeliano. E sono totalmente d’accordo con questo. Assumere che una persona ebrea a New York sia “fedele” ad Israele – o risponda delle sue azioni – è indubbiamente antisemita. Ma sfortunatamente quell’associazione è precisamente ciò che le campagne dei gruppi filo-israeliani e sionisti hanno reso aderente al senso comune all’interno del dibattito pubblico in Occidente. Ora, come risultato diretto di tali campagne, ogni volta che qualcuno osa criticare Israele in pubblico, e specialmente quando quella persona è associata a un’istituzione pubblica come un’università, viene accusato di aver lanciato un attacco antisemita contro la comunità ebraica locale.

La prima conseguenza di ciò è che le voci che parlano dei problemi del popolo palestinese e delle sue aspirazioni alla libertà e alla liberazione sono etichettate come “antisemite” e quindi condannate e censurate. Ciò può avere conseguenze disastrose per la vita e la sussistenza di questi individui e contribuisce notevolmente all’emarginazione delle comunità palestinesi e arabe in Occidente creando la percezione che queste comunità siano intrinsecamente cariche di odio.

Ma adesso, grazie al coraggio di persone come Fatima che continuano a parlare a favore della Palestina nonostante conoscano il pesante tributo che pagheranno, molti negli Stati Uniti e altrove percepiscono le vere intenzioni di queste campagne e riconoscono in tali casi l’infondatezza dell’accusa di antisemitismo. Nel caso del discorso di Fatima, ad esempio, l’enorme applauso che ha ricevuto al termine dimostra da solo che i suoi coetanei, che l’hanno scelta per tenere il discorso per prima, non percepiscono le sue opinioni come antisemite.

C’è però un’altra conseguenza altrettanto preoccupante e dannosa delle infondate accuse di antisemitismo rivolte alle voci filo-palestinesi: esse rendono meno convincenti tutte le accuse di antisemitismo, comprese quelle molto reali.

In effetti, accusare di antisemitismo tutti coloro che criticano gli interventi coloniali di Israele è estremamente pericoloso perché alla fine ciò indurrà, se non è già successo, ad iniziare a mettere in dubbio l’esistenza stessa del male sociale molto reale, dannoso e pervasivo che è l’antisemitismo.

In questo contesto, nonostante pochi difetti, la Strategia Nazionale Statunitense per Contrastare l’Antisemitismo recentemente pubblicata sembra essere un passo nella giusta direzione. La strategia si concentra giustamente su esempi di antisemitismo derivanti dalle teorie del complotto sul “potere e controllo ebraico” e separa persino quello che chiama “antisemitismo domestico” dall’antisemitismo globale. Elenca di sfuggita gli “sforzi per delegittimare lo Stato di Israele” come esempio di antisemitismo globale (un’affermazione con cui sono totalmente in disaccordo per le ragioni sopra esposte) ma a parte ciò menziona a malapena Israele poiché si concentra su veri e propri atti di antisemitismo piuttosto che su accuse politicamente motivate volte a proteggere Israele dalle critiche.

Per questo motivo credo che questa nuova strategia possa effettivamente aiutare a ridurre la nuova e reale ondata di antisemitismo in America.

Oggi, mentre i gruppi filo-israeliani si concentrano sul diffamare qualsiasi critica di sinistra del colonialismo di insediamento come “antisemita”, la destra sta rapidamente normalizzando le vecchie teorie del complotto antisemita sul “potere e controllo ebraico”.

In effetti negli Stati Uniti la politica di destra, sempre più estremista, è ora piena di cospirazioni da parte dei “globalisti” che starebbero conquistando il mondo, gestirebbero vaste cerchie di pedofili, priverebbero la gente comune delle loro libertà, commetterebbero omicidi di massa con vaccini e così via. Ovviamente globalista” per queste persone è solo una parola in codice per ebreo”.

È fondamentale che tali idee pericolose siano adeguatamente etichettate come antisemite e contrastate efficacemente, per la sicurezza e il benessere del popolo ebraico e della società in generale. Ma più la lobby israeliana e altri gruppi sionisti usano come arma l’antisemitismo per permettere allo Stato israeliano di consolidare ed espandere la sua colonizzazione della Palestina, meno efficace diventa la lotta contro il vero antisemitismo.

Oltre a diluire l’accusa di antisemitismo, l’uso dell’antisemitismo come arma ha una terza conseguenza: impedisce un’autentica discussione sull’intersezionalità tra la lotta contro l’antisemitismo e altre lotte antirazziste, comprese quelle contro il razzismo anti-palestinese e l’islamofobia.

In effetti, il discorso di Fatima avrebbe dovuto essere l’occasione per iniziare una discussione in proposito. Dopotutto, il percorso da lei suggerito verso la liberazione palestinese – la caduta dell’impero – è anche l’unico percorso per liberare il nostro mondo dall’odio vile che è l’antisemitismo, che è stato essenziale per la formazione dello stesso impero. In questo contesto, censurare e marchiare come antisemita il discorso di Fatima e di altre voci palestinesi e antisioniste serve a ostacolare non solo la liberazione palestinese, ma anche gli sforzi per contrastare tutte le altre conseguenze interconnesse della modernità coloniale, compreso l’antisemitismo.

Pertanto, tutti gli studiosi, gli attivisti e chiunque altro sia interessato a porre fine a tutte le diverse forme di razzismo e odio che stanno paralizzando vite e mezzi di sussistenza in tutto il mondo dovrebbero vedere l’accusa di antisemitismo rivolta a Fatima per quello che realmente è: un pericoloso attacco alla verità, alla giustizia, all’antirazzismo e alla decolonizzazione.

Le opinioni espresse in questo articolo sono proprie dell’autore e non riflettono necessariamente la posizione editoriale di Al Jazeera.

M Muhannad Ayyash

Professore di Sociologia alla Mount Royal University di Calgary, Canada.

Ayyash è l’autore di A Hermeneutics of Violence (UTP, 2019) e analista politico presso Al-Shabaka, il Policy Network Palestinese. È nato e cresciuto a Silwan, Al-Quds (Gerusalemme), prima di immigrare in Canada, dove ora è professore di sociologia alla Mount Royal University. Attualmente sta scrivendo un libro sulla supremazia del colonialismo di insediamento.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)