Le forze israeliane uccidono tre palestinesi in un attacco nella Cisgiordania occupata

Redazione di Al Jazeera

6 agosto 2023 – Al Jazeera

I soldati hanno aperto il fuoco su un veicolo vicino al campo profughi di Jenin, uccidendo tre passeggeri che secondo l’esercito israeliano stavano pianificando un attacco.

Le forze israeliane nella Cisgiordania occupata hanno ucciso a colpi di arma da fuoco tre palestinesi che secondo l’esercito stavano per compiere un attacco.

In un comunicato l’esercito ha affermato che domenica i soldati hanno aperto il fuoco su un veicolo e ucciso tre passeggeri.

Sostiene di aver eliminato una squadra di terroristi del campo profughi di Jenin identificata mentre si recava a compiere un attacco.

Tra i morti c’è Naif Abu Tsuik, 26 anni, che secondo l’esercito era un “importante esponente militare del campo profughi di Jenin.

L’esercito ha dichiarato che era “coinvolto in azioni militari contro le forze di sicurezza israeliane e in attività militari in fase avanzata dirette dai terroristi nella Striscia di Gaza”, l’enclave costiera controllata dall’organizzazione Hamas.

Secondo Quds News Network il veicolo è stato crivellato da più di cento proiettili.

Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha elogiato le forze di sicurezza e ha affermato che Israele “continuerà ad agire ovunque e in qualsiasi momento contro coloro che minacciano la nostra vita “.

Hazem Qasem, un portavoce di Hamas da Gaza, ha detto che le morti non rimarranno impunite.

“Il nemico, che ha assassinato tre dei nostri palestinesi, non eviterà di pagare il prezzo dei suoi crimini”, ha affermato in una dichiarazione.

In un reportage dalla Gerusalemme est occupata, Mohammed Jamjoom di Al Jazeera ha detto che il ministero della Salute palestinese ha confermato le morti nell’attacco a sud di Jenin.

“L’esercito israeliano ha detto di aver trovato nel veicolo anche un M-16 [arma d’assalto] “, ha affermato Jamjoom.

Tutto questo si aggiunge all’estrema tensione già presente in loco. Arriva 24 ore dopo un attacco avvenuto a Tel Aviv, in cui un giovane palestinese di Jenin ha sparato sulla gente. Ciò aggiunge molta preoccupazione per ciò che questo fatto potrebbe significare nei giorni a venire.

Mustafa Barghouti, capo del partito Iniziativa Nazionale Palestinese, ha affermato che l’uccisione dei tre palestinesi equivale a un “omicidio extragiudiziale”.

Quello che Israele ha fatto oggi è un altro atto di uccisione extragiudiziale di giovani palestinesi”, ha detto Barghouti ad Al Jazeera. “È un’esecuzione illegale di persone senza alcun tipo di processo giudiziario”.

L’anno più mortale

Più di 200 palestinesi sono stati uccisi quest’anno nei territori palestinesi occupati e le Nazioni Unite hanno avvertito che il 2023 è sulla buona strada per essere l’anno più mortale per i palestinesi da quando esse ha iniziato a registrare il numero delle vittime.

Barghouti ha affermato che queste uccisioni sono una “guerra del terrore” contro la popolazione civile palestinese, che continuerà finché continuerà l’occupazione israeliana.

“L’occupazione esiste da 56 anni, la pulizia etnica dei palestinesi esiste da 75 anni, e senza porre fine a questi due processi ovviamente non ci sarà mai pace in questa regione”, ha affermato.

Jenin è stata un punto critico e teatro di numerosi raid israeliani – molti mortali – negli ultimi mesi. Il più grande raid israeliano del campo in quasi 20 anni ha avuto luogo a giugno, uccidendo 12 palestinesi e costringendo migliaia di persone a fuggire dalle loro case.

Sabato 5 agosto, Kamel Abu Bakr, di Jenin, ha aperto il fuoco nel centro di Tel Aviv e ha ucciso un ispettore della polizia israeliana prima di essere ucciso da un agente che ha risposto al fuoco.

All’inizio di questa settimana, un violento attacco dei coloni nella Cisgiordania occupata ha ucciso il 19enne palestinese Qusai Jamal Maatan, mentre i soldati israeliani hanno sparato a un altro giovane palestinese, il 18enne Mahmoud Abu Sa’an, durante una delle loro incursioni notturne nella Cisgiordania occupata.

L’attacco dei coloni, ha detto Barghouti, è stato effettuato da un uomo che fa parte del governo israeliano.

Il leader politico ha aggiunto che quindi ciò che questo comporta riguardo al rapporto tra i coloni e l’attuale governo di estrema destra israeliano è che “questo governo israeliano è un governo fascista.”

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




L’approvazione della riforma giudiziaria in Israele consolida la ‘supremazia ebraica’

La nuova legge approvata dalla Knesset renderà più facile al governo di estrema destra condurre politiche che danneggiano i palestinesi, affermano gli esperti.

Farah Najjar

24 luglio 2023 – Al Jazeera

I palestinesi dicono che la legge approvata dal parlamento israeliano che limita alcuni poteri della Corte Suprema renderà più facile per il governo israeliano condurre politiche funzionali al suo programma “di estrema destra”.

La legge è parte di un più ampio sforzo da parte del Primo Ministro Benjamin Netanyahu e dei suoi alleati di destra di riformare la magistratura ed impedisce alla Corte Suprema di mettere il veto a decisioni del governo con la motivazione che siano “irragionevoli”.

La legge “indebolisce ed elimina ogni forma di supervisione della Corte Suprema sulle decisioni del governo”, ha detto a Al Jazeera Ahmad Tibi, membro palestinese della Knesset o parlamento israeliano.

“In particolare quando sono decisioni che che riguardano nomine ufficiali e altre importanti decisioni”, dice Tibi.

Amjad Iraqi, caporedattore di +972 Magazine, dice che queste nomine determinano chi ricopre cariche di alto livello nella polizia, nell’esercito, nelle istituzioni finanziarie e altro.

Queste nomine incidono direttamente sui cittadini palestinesi di Israele, per esempio “quanti soldi percepiscono” e come i dipartimenti di polizia “seguono l’impostazione del governo di estrema destra”, dice Iraqi ad Al Jazeera da Haifa.

L’approvazione della legge lunedì annulla la possibilità per i palestinesi di contrastare queste nomine “per via giudiziaria e amministrativa”, dice, aggiungendo che i governi ora possono applicare le proprie politiche “molto più velocemente”.

La legge è passata lunedì con 64 voti contro 0, in quanto l’opposizione ha boicottato il voto ed è uscita furiosa dall’aula dopo un’accesa sessione parlamentare.

‘Implicazioni negative per i palestinesi’

La Corte Suprema “non è andata incontro ai palestinesi né ha emesso sentenze eque nei loro confronti ed ha agito a favore di coloni, omicidi, uccisioni e della stessa occupazione”, dice Tibi.

“Non vogliamo che il governo fascista acquisti il controllo completo sulla magistratura – anche se le decisioni della magistratura sono prevenute”, aggiunge. “Questo consentirà al governo ancor maggiore controllo su decisioni che avranno implicazioni molto negative per i palestinesi.”

La Corte Suprema è vista come l’ente che garantisce lo stato di diritto e dovrebbe avere un ruolo importante nel controllo del potere esecutivo nel Paese – che è ampiamente nelle mani del governo.

I piani del governo hanno innescato mesi di proteste di massa, che secondo Tibi probabilmente continueranno “per un po’”. Alla vigilia del voto i dimostranti hanno bloccato una strada che conduce al parlamento, mentre molte imprese, compresi centri commerciali, banche e distributori di benzina, lunedì hanno preso parte ad uno sciopero per opporsi alla legge.

Il quotidiano Haaretz ha riferito che la polizia ha utilizzato idranti nel tentativo di disperdere i dimostranti e ha descritto gli ultimi sviluppi come “una crisi senza precedenti”.

Migliaia di riservisti dell’esercito hanno dichiarato che non presteranno servizio se il governo di estrema destra di Netanyahu porterà avanti i suoi piani.

Il servizio militare è obbligatorio per la maggior parte degli israeliani, uomini e donne, sopra i 18 anni e molti volontari per il servizio di riservisti hanno già superato i 40 anni.

Nonostante questa “disubbidienza di massa”, l’estrema destra è ancora “ben ferma sulla sua strada”, dice Iraqi. “Le proteste non hanno fatto veramente breccia per fermare del tutto il governo…la coalizione dominante semplicemente non ne tiene conto.”

La Corte Suprema ‘al passo con Israele’

Tariq Kenney-Shawa, un ricercatore politico statunitense del gruppo di esperti di Al-Shabaka, ripropone le preoccupazioni di Tibi, dicendo che, invece di agire come “strumento di controllo ed equilibrio nei confronti delle correnti della destra più estrema di Israele”, la Corte Suprema “è servita solo ad avallarle ulteriormente.”

Nel 2021 la Corte Suprema ha confermato una controversa legge che definisce Israele come lo Stato-Nazione del popolo ebraico, respingendo le accuse secondo cui la legge discrimina le minoranze.

La legge, approvata nel 2018, declassa lo status della lingua palestinese e araba e considera l’espansione delle colonie illegali di soli ebrei nella Cisgiordania occupata come un valore nazionale.

La Corte Suprema ha anche consentito alle autorità israeliane di continuare a porre i palestinesi in detenzione amministrativa, una prassi consistente nel detenerli sulla base di prove segrete, senza accuse o processo.

Kenney-Shawa ha avvertito che la nuova legge potrebbe condurre ad una “accelerazione delle politiche” ulteriormente funzionali al programma di Israele e potrebbe “trasferire e sottoporre a pulizia etnica i palestinesi e consolidare ancor più la supremazia ebraica.”

Secondo Kenney-Shawa è anche per questo che molti palestinesi non hanno appoggiato il movimento di protesta, che lui sostiene essere finalizzato a “proteggere e mantenere il sistema esistente”.

Diana Buttu, analista ed ex consulente legale dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), dice che la Corte Suprema israeliana non è mai stata liberale e non è mai stata utile ai palestinesi “in alcun modo, in alcuna forma né sotto alcun aspetto”.

Di fatto è “sulla stessa linea di Israele e dell’occupazione”, dice Buttu a Al-Jazeera.

Il parlamento ha ratificato la legge perché la destra “vuole essere sicura che non vi sia mai una minaccia alla sua occupazione”, dice.

‘Solo l’inizio’

Buttu dice che il processo di riforma della magistratura è stato avviato da anni.

Un esempio ne sono le fattispecie di casi che possono essere portati davanti ai tribunali israeliani dai palestinesi. Questi sono stati “limitati” e “fortemente ridotti”, dice, intendendo che tali casi possono avvitarsi per anni ed anni attraverso il sistema giuridico.

Il Ministro israeliano della Sicurezza Nazionale, Itamar Ben-Gvir, che è a capo del partito di estrema destra Potere Ebraico, ha detto che l’approvazione della contestata legge è stato “solo l’inizio”.

“Ci sono molte altre leggi che dobbiamo approvare come parte della riforma giudiziaria”, avrebbe detto secondo quanto riferito da The Times of Israel.

Intanto Mouin Rabbani, analista di Medio Oriente e co-editore della rivista Jadaliyya, dice che la crisi riguardo alle riforme è anzitutto “una disputa interna tra la popolazione ebraica di Israele.”

La crisi potrebbe approfondirsi e portare ad una “crescente polarizzazione” all’interno della società israeliana e delle sue istituzioni, dice Rabbani ad Al-Jazeera.

Di fatto l’approvazione della nuova legge potrebbe favorire i palestinesi se il suo impatto comprendesse “l’indebolimento delle forze armate e dei servizi di sicurezza di Israele”, dice.

Gli avvertimenti dei riservisti che potrebbero non prestare servizio hanno suscitato timori che possa essere compromessa la capacità di reazione dell’esercito.

“Sono crepe pericolose”, ha scritto domenica il capo dell’esercito Tenente Generale Herzi Halevi in una lettera ai soldati. “Se non saremo un esercito forte e coeso, se i migliori non prestano servizio” nell’esercito israeliano, ha detto Halevi, “non saremo più in grado di esistere come Paese nella regione.”

 

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)

 




Il raid su Jenin è finito. I palestinesi sono soli ad affrontare il trauma

Virginia Pietromarchi

10 luglio 2023 – Al Jazeera

I palestinesi setacciano le macerie delle loro case distrutte e della loro psiche danneggiata.

Jenin, Cisgiordania occupata Ogni mattina Fatima Salahat, madre di quattro figli, si svegliava alle 7, si alzava dal letto ed entrava in punta di piedi nella cucina della sua casa nel campo profughi di Jenin nella Cisgiordania occupata.

Mentre suo marito Zeid era ancora immerso nel sonno lei iniziava la giornata con la musica della star libanese Fairuz, spesso la stessa canzone di continuo.

La via del nostro amore era la sua preferita”, racconta Zeid, un paramedico di 56 anni. Ma ora non riesco a trovare niente in quella canzone. Quei momenti felici sono persi.

Ora Fatima giace su un letto d’ospedale. Riesce a parlare e camminare con difficoltà dopo aver avuto un attacco di panico che secondo i medici è collegato allo stress causato dalla più devastante offensiva militare israeliana sul campo profughi in circa 20 anni.

La scorsa settimana più di 1.000 soldati israeliani hanno preso d’assalto il campo sovraffollato mentre razzi e missili drone hanno colpito case private e infrastrutture pubbliche. Nessuno era in grado di prevedere da dove sarebbe arrivato il bombardamento successivo.

Il secondo giorno dell’attacco Fatima, di 54 anni, ha iniziato a mostrare dei sintomi. Era facilmente irritabile, nervosa e tesa in un costante stato di allerta fino a quando non ha raggiunto un punto di rottura ed è stata portata all’ospedale pubblico di Jenin.

La sua condizione è tutt’altro che un caso isolato. All’indomani dell’offensiva in cui le forze israeliane hanno ucciso 12 palestinesi, gli abitanti si sono trovati non solo a setacciare le macerie delle loro case distrutte ma anche a fare i conti con il pesante carico emotivo inflitto da ogni attacco israeliano.

Un trauma collettivo a più strati

In Occidente lo chiamano disturbo da stress post-traumatico o PTSD. Metto in dubbio l’uso del termine qui perché in Palestina non ci siamo mai trovati nel post“, afferma Samah Jabr, responsabile dell’Unità di Salute Mentale dell’Autorità Nazionale Palestinese.

L’ultimo raid, dicono gli esperti, ha aggiunto un altro strato al trauma collettivo sofferto dai palestinesi che vivono sotto occupazione, esacerbando ferite che non hanno avuto la possibilità di rimarginarsi da generazioni.

Israele ha affermato che il raid aveva lo scopo di “ripulire” un “covo di terroristi”, ma gli esperti delle Nazioni Unite hanno affermato che l’assalto costituisce una punizione collettiva contro i palestinesi e potrebbe configurarsi come un crimine di guerra.

Gli abitanti adulti del campo profughi hanno raccontato ad Al Jazeera di essere perseguitati dagli stessi incubi che hanno seguito le offensive militari israeliane dei decenni passati.

Gli adolescenti, che hanno appena subito l’attacco più aggressivo nel corso della loro giovane vita, ora chiedono di essere accompagnati in bagno e si rifiutano di dormire da soli.

“Il trauma è persistente, cronico, storico ed intergenerazionale”, afferma Jabr. Ha evidenziato come il feroce assalto abbia colpito anche la psiche dei palestinesi fuori Jenin perché le immagini che mostrano migliaia di persone che evacuano il campo nel cuore della notte con solo i vestiti addosso ricordano a molti la Nakba.

La Nakba, che in arabo significa “catastrofe”, si riferisce a quando nel 1948 750.000 palestinesi furono spazzati via dalle loro città e villaggi subendo una pulizia etnica per far posto alla fondazione di Israele.

Il campo di Jenin è stato istituito nel 1953 per rifugiati provenienti da più di 50 villaggi e città nelle parti settentrionali della Palestina, principalmente Haifa e Nazareth. Da allora è stato l’obiettivo di continui raid militari israeliani.

Durante l’Intifada del 2002 le forze israeliane hanno spazzato via intere zone del campo e ucciso 52 palestinesi in 10 giorni di combattimenti, che hanno anche determinato la morte di 23 soldati israeliani.

Più di un quarto della popolazione del campo fu costretto a fuggire da quello che era diventato un campo di battaglia, o “Jeningrad”, come lo definì il defunto leader palestinese Yasser Arafat in riferimento all’assedio nazista della città russa di Stalingrado durante la seconda guerra mondiale.

“D’improvviso è tornata la stessa paura”

“Questa è stata la mia terza Nakba”, ha detto Afaf Bitawi, abitante nel campo, a proposito dell’offensiva israeliana della scorsa settimana.

Pur non essendo ancora nata, la 66enne ha vissuto gli eventi del 1948 attraverso le storie dolorose raccontate dai suoi genitori. Ha anche assistito in prima persona all’impatto persistente dell’occupazione, ricordando ogni dettaglio dell’attacco del 2002 che ha lasciato la sua casa in rovina.

“La stessa identica domanda: dovrei uscire di casa e rischiare di essere colpita da un cecchino, o dovrei abbandonarla e temere che un bulldozer possa demolirla?” dice Bitawi, descrivendo come si è sentita durante il recente raid. “Quella stessa paura, quella stessa domanda e il trauma sono tornati all’istante.”

Gli esperti hanno affermato che questo ciclo continuo di traumi si consolida ulteriormente con ogni successiva operazione militare. E per quanto oggi potrebbe esserci più consapevolezza e disponibilità ad accedere ad un supporto per la salute mentale i bisogni sono enormi.

Secondo i dati dell’Ufficio Centrale di Statistica Palestinese nella Cisgiordania occupata più della metà delle persone di età superiore ai 18 anni soffre di depressione. Nella Striscia di Gaza assediata, la cifra è del 70%.

Le condizioni di vita nel campo di Jenin non aiutano. Più di 11.200 persone vivono ammassate in un’area inferiore a mezzo chilometro quadrato senza un solo spazio verde e con uno dei tassi di disoccupazione più alti di tutti i campi profughi della Cisgiordania occupata.

Alcune ONG danno un po’ di sollievo offrendo sostegno psicologico alle famiglie o organizzando attività ricreative, soprattutto per i bambini. L’anno scorso è stata addirittura lanciata la prima start up per la salute e il benessere mentale, Hakini.

Ma troppo spesso un amico o un parente viene ucciso o veicoli blindati e uomini armati vagano per le strade del campo rendendo impossibile qualsiasi duraturo sollievo dallo stress e provocando nuovi traumi.

Manassa Yacoub, 13 anni, dalla morte dell’amica Sedil Naghniyeh mangia poco o niente. La quindicenne era stata uccisa durante il raid israeliano alla fine di giugno.

Da allora non dorme mai sola. E’ sempre silenziosa. Ha persino paura di usare l’altalena nel nostro cortile. La guarda solo da lontano, dice suo padre Sami Yacoub, 43 anni, proprietario di un negozio di telefonia mobile.

Garantire la persistenza del trauma

Ci sono altri ostacoli nell’affrontare i problemi di salute mentale.

Vivere sotto un’occupazione vecchia di decenni ha creato un’ulteriore pressione a che i palestinesi si impegnassero nella lotta di resistenza – una cosa, dichiarano i palestinesi, che è stata loro imposta da Israele.

Gli israeliani si assicurano che ogni generazione abbia il proprio personale trauma – è un trauma prefabbricato, afferma Nasser Mattat, psicologo dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati Palestinesi che nel 2022 ha gestito il pronto intervento di salute mentale per i bambini.

Molti dei combattenti nel campo di Jenin oggi sono gli stessi bambini traumatizzati vent’anni fa, dice.

“Il trauma subito oggi porterà a ulteriori violenze perché non viene affrontato”, conclude Mattat.

(Traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Il capo delle Nazioni Unite si rifiuta di ritirare la condanna del raid israeliano a Jenin

Associated Press

8 luglio 2023 AlJazeera

L’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite attacca il segretario generale Antonio Guterres per le sue critiche al raid militare israeliano su Jenin.

L’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite ha invitato il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres a ritirare la sua condanna dell’esercito israeliano per l’uso eccessivo di forza e per aver arrecato danni ai civili durante il devastante raid nel campo profughi di Jenin nella Cisgiordania occupata.

Il vice portavoce delle Nazioni Unite Farhan Haq ha risposto venerdì dicendo che Guterres aveva espresso le sue opinioni sull’operazione di Israele nel campo profughi di Jenin “e conferma quelle opinioni”.

Guterres, adirato per gli attacchi aerei israeliani su Jenin e per il pericolo costituito per la popolazione civile, giovedì ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che l’assalto ha provocato il ferimento di oltre 100 civili, lo sradicamento di migliaia di residenti, il danneggiamento di scuole e ospedali e la distruzione di reti idriche ed elettriche.

Gli attacchi aerei e le operazioni di terra di Israele in un affollato campo profughi sono stati la peggiore violenza in Cisgiordania da molti anni, con un notevole impatto sui civili”, ha detto Guterres.

Il capo delle Nazioni Unite ha anche criticato Israele per avere durante il raid militare impedito ai feriti di ricevere cure mediche e agli operatori umanitari di raggiungere chi necessitava aiuto, provocando la morte di 12 palestinesi e circa 100 feriti.

Anche un soldato israeliano è stato ucciso.

L’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite Gilad Erdan ha definito le critiche del capo delle Nazioni Unite all’assalto militare israeliano “vergognose, inverosimili e completamente distaccate dalla realtà”.

Su richiesta degli Emirati Arabi Uniti il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha discusso venerdì a porte chiuse dell’operazione israeliana a Jenin e ha ricevuto un briefing dall’assistente del segretario generale delle Nazioni Unite Khaled Khiari.

Prima della riunione del Consiglio l’ambasciatore Erdan ha inviato una lettera ai 15 membri e a Guterres in cui affermava che “la comunità internazionale e il Consiglio di Sicurezza devono condannare incondizionatamente gli ultimi attacchi terroristici palestinesi e ritenerne responsabile la leadership palestinese”, affermando che a Jenin le forze israeliane “si sono concentrate esclusivamente” sugli autori di “atti di terrore contro civili israeliani innocenti”.

In una dichiarazione di mercoledì tre esperti indipendenti di diritti umani hanno affermato che gli attacchi aerei israeliani e le azioni di terra a Jenin “equivalgono a gravi violazioni del diritto internazionale e degli standard sull’uso della forza e possono costituire un crimine di guerra”.

Venerdì il Consiglio di Sicurezza non ha preso provvedimenti.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Israele bombarda Gaza dopo l’assalto a Jenin

5 luglio 2023 – Al Jazeera

Aerei colpiscono posizioni di Hamas nella Striscia di Gaza dopo il lancio di razzi verso il sud di Israele in seguito all’offensiva israeliana a Jenin.

Aerei militari israeliani hanno colpito la Striscia di Gaza in risposta al lancio di razzi dall’enclave assediata dopo che Israele ha concluso l’offensiva su larga scala a Jenin, nella Cisgiordania occupata.

L’attacco israeliano di mercoledì ha colpito una fabbrica di armi sotterranea appartenente a Hamas, la fazione palestinese che governa la Striscia. Non si riportano vittime.

E’ accaduto dopo che Israele ha affermato di aver abbattuto cinque razzi lanciati contro il sud di Israele dalla Striscia di Gaza.

Intanto l’esercito israeliano mercoledì ha detto che le sue forze si sono ritirate da Jenin ponendo fine ad un’offensiva di due giorni per terra e per cielo che ha ucciso almeno 12 palestinesi e ne ha feriti più o meno altri 100.

Gli abitanti costretti a fuggire dal campo profughi di Jenin dove si è svolto il raid hanno incominciato a tornare nella notte di mercoledì per esaminare le proprie case e beni distrutti. La Mezzaluna Rossa Palestinese ha detto di aver evacuato 500 famiglie dal campo, in totale circa 3.000 persone.

Migliaia di palestinesi in tutta la Cisgiordania hanno festeggiato il ritiro delle forze israeliane.

Il campo profughi di Jenin ospita migliaia di palestinesi discendenti delle persone espulse quando nel 1948 venne creato Israele.

Israele ha sostenuto che l’attacco, iniziato lunedì, aveva come obbiettivo i combattenti di Jenin, ma le associazioni di assistenza affermano di aver curato feriti di tutte le età.

Il raid ha ricevuto tra le altre la condanna dell’Iran, della Giordania e della Lega Araba.

Il Segretario Generale ONU Antonio Guterres ha espresso “profonda preoccupazione” riguardo all’assalto a Jenin e venerdì terrà una riunione per discuterne.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




L’utilizzo dell’antisemitismo come arma è dannoso per i palestinesi – e per gli ebrei

M Muhannad Ayyash

22 giugno 2023 – Aljazeera

Accuse infondate di antisemitismo rivolte a voci pro-palestinesi e antisioniste stanno ostacolando la lotta per sradicare l’odio antisemita

Il 12 maggio, nel suo discorso in occasione della consegna dei diplomi presso la Facoltà di Giurisprudenza della City University of New York (CUNY), la neolaureata yemenita-americana Fatima Mohammed ha osato parlare in modo onesto e veritiero della difficile situazione dei palestinesi.

La risposta era prevedibile. È stata organizzata e lanciata una campagna per intimidirla, attaccarla e metterla a tacere denunciando il suo acuto discorso come “antisemita”. Piattaforme di destra come il New York Post e Fox News hanno amplificato queste accuse infondate. I politici – sia repubblicani che democratici – si sono uniti all’insensato bullismo verso la giovane laureata e i parlamentari statali repubblicani hanno persino chiesto il ritiro dei fondi dalla CUNY per averle offerto una ribalta.

CUNY ha rapidamente ceduto alla pressione. Il 30 maggio il suo consiglio di amministrazione ha rilasciato una dichiarazione in cui ha condannato le parole di Mohammed come “incitamento all’odio”.

Ovviamente nulla di ciò che Fatima ha detto quel giorno era carico di odio o falso. Tutto ciò che ha detto era basato sui fatti e guidato da un desiderio di giustizia e decolonizzazione. Ogni affermazione fatta nel suo discorso di apertura può essere trovata in articoli di riviste scientifiche specializzate, in libri accademici di esperti di fama mondiale o nella realtà quotidiana di milioni di palestinesi.

Nell’ascoltare il suo discorso ci si accorge che in realtà non ha detto assolutamente nulla sull’identità o sul popolo ebraico. A tale proposito non ha fatto menzione della vita ebraica negli Stati Uniti, in Canada, nel Regno Unito, in Francia o persino in Israele. Il suo discorso ha riguardato lo Stato israeliano, i suoi fondamenti e pratiche coloniali e l’egemonia imperiale degli Stati Uniti di cui Israele è parte.

Anche se non si è d’accordo con le sue opinioni, ci si deve chiedere: cosa ha a che fare una tale critica con l’identità ebraica? Ci viene costantemente detto che non dovremmo mai confondere la vita ebraica, ad esempio, a New York, con lo Stato israeliano. E sono totalmente d’accordo con questo. Assumere che una persona ebrea a New York sia “fedele” ad Israele – o risponda delle sue azioni – è indubbiamente antisemita. Ma sfortunatamente quell’associazione è precisamente ciò che le campagne dei gruppi filo-israeliani e sionisti hanno reso aderente al senso comune all’interno del dibattito pubblico in Occidente. Ora, come risultato diretto di tali campagne, ogni volta che qualcuno osa criticare Israele in pubblico, e specialmente quando quella persona è associata a un’istituzione pubblica come un’università, viene accusato di aver lanciato un attacco antisemita contro la comunità ebraica locale.

La prima conseguenza di ciò è che le voci che parlano dei problemi del popolo palestinese e delle sue aspirazioni alla libertà e alla liberazione sono etichettate come “antisemite” e quindi condannate e censurate. Ciò può avere conseguenze disastrose per la vita e la sussistenza di questi individui e contribuisce notevolmente all’emarginazione delle comunità palestinesi e arabe in Occidente creando la percezione che queste comunità siano intrinsecamente cariche di odio.

Ma adesso, grazie al coraggio di persone come Fatima che continuano a parlare a favore della Palestina nonostante conoscano il pesante tributo che pagheranno, molti negli Stati Uniti e altrove percepiscono le vere intenzioni di queste campagne e riconoscono in tali casi l’infondatezza dell’accusa di antisemitismo. Nel caso del discorso di Fatima, ad esempio, l’enorme applauso che ha ricevuto al termine dimostra da solo che i suoi coetanei, che l’hanno scelta per tenere il discorso per prima, non percepiscono le sue opinioni come antisemite.

C’è però un’altra conseguenza altrettanto preoccupante e dannosa delle infondate accuse di antisemitismo rivolte alle voci filo-palestinesi: esse rendono meno convincenti tutte le accuse di antisemitismo, comprese quelle molto reali.

In effetti, accusare di antisemitismo tutti coloro che criticano gli interventi coloniali di Israele è estremamente pericoloso perché alla fine ciò indurrà, se non è già successo, ad iniziare a mettere in dubbio l’esistenza stessa del male sociale molto reale, dannoso e pervasivo che è l’antisemitismo.

In questo contesto, nonostante pochi difetti, la Strategia Nazionale Statunitense per Contrastare l’Antisemitismo recentemente pubblicata sembra essere un passo nella giusta direzione. La strategia si concentra giustamente su esempi di antisemitismo derivanti dalle teorie del complotto sul “potere e controllo ebraico” e separa persino quello che chiama “antisemitismo domestico” dall’antisemitismo globale. Elenca di sfuggita gli “sforzi per delegittimare lo Stato di Israele” come esempio di antisemitismo globale (un’affermazione con cui sono totalmente in disaccordo per le ragioni sopra esposte) ma a parte ciò menziona a malapena Israele poiché si concentra su veri e propri atti di antisemitismo piuttosto che su accuse politicamente motivate volte a proteggere Israele dalle critiche.

Per questo motivo credo che questa nuova strategia possa effettivamente aiutare a ridurre la nuova e reale ondata di antisemitismo in America.

Oggi, mentre i gruppi filo-israeliani si concentrano sul diffamare qualsiasi critica di sinistra del colonialismo di insediamento come “antisemita”, la destra sta rapidamente normalizzando le vecchie teorie del complotto antisemita sul “potere e controllo ebraico”.

In effetti negli Stati Uniti la politica di destra, sempre più estremista, è ora piena di cospirazioni da parte dei “globalisti” che starebbero conquistando il mondo, gestirebbero vaste cerchie di pedofili, priverebbero la gente comune delle loro libertà, commetterebbero omicidi di massa con vaccini e così via. Ovviamente globalista” per queste persone è solo una parola in codice per ebreo”.

È fondamentale che tali idee pericolose siano adeguatamente etichettate come antisemite e contrastate efficacemente, per la sicurezza e il benessere del popolo ebraico e della società in generale. Ma più la lobby israeliana e altri gruppi sionisti usano come arma l’antisemitismo per permettere allo Stato israeliano di consolidare ed espandere la sua colonizzazione della Palestina, meno efficace diventa la lotta contro il vero antisemitismo.

Oltre a diluire l’accusa di antisemitismo, l’uso dell’antisemitismo come arma ha una terza conseguenza: impedisce un’autentica discussione sull’intersezionalità tra la lotta contro l’antisemitismo e altre lotte antirazziste, comprese quelle contro il razzismo anti-palestinese e l’islamofobia.

In effetti, il discorso di Fatima avrebbe dovuto essere l’occasione per iniziare una discussione in proposito. Dopotutto, il percorso da lei suggerito verso la liberazione palestinese – la caduta dell’impero – è anche l’unico percorso per liberare il nostro mondo dall’odio vile che è l’antisemitismo, che è stato essenziale per la formazione dello stesso impero. In questo contesto, censurare e marchiare come antisemita il discorso di Fatima e di altre voci palestinesi e antisioniste serve a ostacolare non solo la liberazione palestinese, ma anche gli sforzi per contrastare tutte le altre conseguenze interconnesse della modernità coloniale, compreso l’antisemitismo.

Pertanto, tutti gli studiosi, gli attivisti e chiunque altro sia interessato a porre fine a tutte le diverse forme di razzismo e odio che stanno paralizzando vite e mezzi di sussistenza in tutto il mondo dovrebbero vedere l’accusa di antisemitismo rivolta a Fatima per quello che realmente è: un pericoloso attacco alla verità, alla giustizia, all’antirazzismo e alla decolonizzazione.

Le opinioni espresse in questo articolo sono proprie dell’autore e non riflettono necessariamente la posizione editoriale di Al Jazeera.

M Muhannad Ayyash

Professore di Sociologia alla Mount Royal University di Calgary, Canada.

Ayyash è l’autore di A Hermeneutics of Violence (UTP, 2019) e analista politico presso Al-Shabaka, il Policy Network Palestinese. È nato e cresciuto a Silwan, Al-Quds (Gerusalemme), prima di immigrare in Canada, dove ora è professore di sociologia alla Mount Royal University. Attualmente sta scrivendo un libro sulla supremazia del colonialismo di insediamento.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Palestinese ucciso in un attacco di coloni in un villaggio della Cisgiordania

Redazione Al Jazeera

21 giugno 2023 – Al Jazeera

Gli abitanti di Turmus Ayya dicono che 400 coloni hanno marciato lungo la strada principale del villaggio dando fuoco a automobili, case e alberi.

Mentre si intensifica la violenza nei territori occupati, il giorno dopo che un miliziano di Hamas ha ucciso quattro israeliani, un palestinese è stato colpito a morte in un villaggio della Cisgiordania attaccato dai coloni.

Omar Qattin, di 27 anni, è stato ucciso quando centinaia di coloni israeliani mercoledì hanno assalito il villaggio di Turmus Ayya ed hanno incendiato decine di auto e case.

Qattin aveva due figli e lavorava come elettricista per il comune.

Stava semplicemente là, inoffensivo. Era un bravo ragazzo. Non aveva pietre. Era del tutto disarmato. Si trovava almeno a un chilometro di distanza dai soldati”, dice Khamis Jbara, un suo vicino. “Lavorava dalle 6 del mattino alle 6 del pomeriggio. Era un uomo pacifico.”

Non è chiaro se Qattin sia stato ucciso da un colono o da un soldato. I testimoni hanno detto ai media locali che parecchi coloni hanno sparato contro gli abitanti del villaggio mentre un forte contingente di truppe israeliane vi faceva irruzione.

La Mezzaluna Rossa ha detto all’agenzia di notizie palestinese Wafa che molti coloni hanno impedito alle ambulanze di raggiungere la cittadina per curare i feriti.

Terrorismo appoggiato dal governo’

Abitanti palestinesi e associazioni per i diritti umani denunciano da tempo l’incapacità o la non volontà di Israele di fermare gli attacchi dei coloni. Quanto all’assalto di mercoledì, gli abitanti di Turmus Ayya hanno detto che circa 400 coloni hanno marciato lungo la via principale, incendiando auto, case e alberi.

Il sindaco Lafi Adeeb ha detto alla Wafa che 12 abitanti sono stati feriti da proiettili veri e più di 60 veicoli e 30 case sono stati dati alle fiamme.

Un’ora fa gli attacchi sono aumentati anche dopo che è arrivato l’esercito”, ha detto.

I coloni hanno incendiato anche vaste aree di terreni agricoli, ha aggiunto Adeeb.

Ha chiesto alla comunità internazionale di dare protezione ai palestinesi, sottolineando che Turmus Ayya è circondato da parecchi insediamenti illegali ed è quotidianamente esposto agli attacchi dei coloni.

Per il diritto internazionale le colonie israeliane sono illegali. Tuttavia il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato piani per la costruzione di 1.000 nuove unità abitative nella colonia di Eli in risposta all’uccisione nelle sue vicinanze di quattro israeliani da parte di due palestinesi armati nella giornata di martedì. I sospetti aggressori sono stati in seguito uccisi.

La nostra risposta al terrorismo è colpirlo duramente e costruire il nostro Paese”, ha detto Netanyahu, il cui governo di estrema destra è dominato da leader e sostenitori dei coloni.

La sua affermazione è giunta giorni dopo che il governo ha dato al Ministro delle Finanze di estrema destra Bezalel Smotrich pieni poteri per accelerare la costruzione di insediamenti illegali, eludendo le misure in vigore da 27 anni.

Spianare la strada’

Le violenze di martedì hanno fatto seguito ad una sanguinosa incursione il giorno prima da parte delle forze israeliane nel campo profughi di Jenin, in cui sono stati uccisi sette palestinesi e almeno 90 sono stati feriti in scene mai viste dallo scoppio della seconda Intifada, più di 20 anni fa.

Mercoledì a Jenin ragazze in uniforme scolastica hanno trasportato il corpo del loro compagno ucciso nel raid israeliano. Sadil Naghnaghiya, di 15 anni, è morto per le ferite da colpi di fucile subite durante l’attacco durato ore, ha affermato il Ministero della Sanità palestinese.

Gli abitanti palestinesi di Turmus Ayya, noto per l’alto numero di cittadini statunitensi, erano adirati e scioccati dopo la violenza dei coloni.

Le strade erano ingombre di alberi sradicati, mobili da giardino bruciati e scheletri di veicoli incendiati. Almeno una casa è stata completamente divorata dalle fiamme, il soggiorno annerito e i mobili ridotti in cenere.

È stato terrificante. Abbiamo visto per strada gruppi di persone mascherate e armate”, afferma Mohammed Suleiman, un palestinese americano di 56 anni che vive a Chicago ed era in visita nel suo paese natale.

Dice che suo fratello, che si trova attualmente a Chicago, è il proprietario di una delle case bruciate.

Suleiman accusa l’esercito israeliano di non aver disinnescato la situazione, sostenendo che i soldati hanno puntato le armi contro gli abitanti palestinesi invece che contro i facinorosi che marciavano nella città con fucili e bombe molotov, gettando benzina e dando fuoco ad ogni cosa sul loro cammino.

L’esercito ha letteralmente spianato loro la strada”, dice Suleiman.

Abdulkarim Abdulkarim, un residente dell’Ohio di 44 anni, afferma che le quattro auto della sua famiglia sono state distrutte e la loro casa danneggiata. “Ci sentiamo completamente in pericolo”, dice, visibilmente scosso. “Ci chiamano terroristi, ma qui c’è il terrorismo sostenuto dal governo.”

Crimine odioso’

Gli attacchi dei coloni hanno riportato alla memoria l’assalto di febbraio, in cui decine di auto e case sono state incendiate nella cittadina di Huwara dopo l’uccisione di due fratelli israeliani da parte di un uomo armato palestinese.

Le organizzazioni palestinesi hanno condannato la violenza a Turmus Ayya.

L’aggressione da parte di bande di coloni terroristi pesantemente armati contro i nostri villaggi e città palestinesi che terrorizzano i cittadini inermi costituisce una pericolosa escalation e un crimine odioso che viene perpetrato con l’incitamento e il sostegno del governo fascista di occupazione, che ha la piena responsabilità per le sue conseguenze”, ha affermato in una dichiarazione Hamas, che governa la Striscia di Gaza.

Da parte sua il partito Fatah, che guida l’Autorità Nazionale Palestinese, ha chiesto ai palestinesi di “affrontare i sistematici attacchi dei coloni che sono condotti con la complicità dell’esercito di occupazione”, sottolineando che la violenza dimostra che il governo israeliano, che è composto da “accaniti coloni ed estremisti”, intende provocare un’escalation.

Il portavoce della Jihad Islamica palestinese Jihad Selmi ha affermato che le colonie illegali sono “un legittimo obbiettivo della resistenza” ed ha definito gli attacchi israeliani “terrorismo crescente”.

L’esercito israeliano non ha rilasciato dichiarazioni.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Il capo delle Nazioni Unite dice a Israele di fermare gli insediamenti illegali in Palestina

Redazione di Al Jazeera

20 giugno 2023- Al Jazeera

Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres afferma che la costruzione di insediamenti israeliani illegali su territorio palestinese provocherà “tensioni e violenze”.

Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha esortato Israele a “cessare immediatamente tutte le attività di insediamento” nel territorio palestinese occupato, definendo il piano di Israele di procedere alla costruzione di colonie israeliane una fonte di “tensioni e violenza” e un grave ostacolo ad una pace duratura.

Il commento del capo delle Nazioni Unite arriva dopo che cinque palestinesi– tra cui un ragazzo di 15 anni – sono stati uccisi e più di 90 sono rimasti feriti negli scontri più feroci degli ultimi anni scoppiati lunedì quando le forze israeliane hanno fatto irruzione nel campo profughi di Jenin nella Cisgiordania occupata. [il dato aggiornato è di 7 morti ndr]

Primo caso del genere in quasi 20 anni, Israele ha inviato elicotteri da combattimento che hanno sparato razzi contro degli obiettivi nel campo di Jenin, mentre i militanti palestinesi hanno combattuto per ore con armi leggere e ordigni esplosivi mettendo fuori uso diversi veicoli militari israeliani intrappolando i militari all’interno. Otto soldati israeliani sono rimasti feriti negli scontri durati quasi 10 ore secondo i testimoni.

“Il Segretario Generale ribadisce che le colonie sono una flagrante violazione del diritto internazionale”, ha dichiarato lunedì Farhan Haq, vice portavoce del Segretario Generale.

L’espansione di queste colonie illegali è una notevole causa di tensioni e violenze e accresce i bisogni umanitari”, ha affermato Haq.

“Rafforza ulteriormente l’occupazione israeliana del territorio palestinese, invade la terra palestinese e le risorse naturali, ostacola la libera circolazione della popolazione palestinese e mina i legittimi diritti del popolo palestinese all’autodeterminazione e alla sovranità”, ha affermato il capo delle Nazioni Unite, secondo Haq.

Haq ha affermato che Guterres è apparso “profondamente turbato” dalla decisione di Israele di modificare le procedure di pianificazione degli insediamenti per accelerare i progetti di nuove colonie nella Cisgiordania occupata, inclusa Gerusalemme est, nonché dallo sviluppo di oltre 4.000 unità abitative nelle colonie da parte dell’autorità di pianificazione israeliana.

Domenica scorsa il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha approvato piani per migliaia di nuove unità abitative nella Cisgiordania occupata, conferendo al ministro delle Finanze di estrema destra Bezalel Smotrich ampi poteri per accelerare la costruzione di colonie che secondo il diritto internazionale sono illegali.

I piani per l’approvazione di 4.560 unità abitative in varie aree della Cisgiordania sono stati inseriti nell’agenda del Consiglio supremo di pianificazione israeliano che si riunirà la prossima settimana.

L’espansione delle colonie israeliane sembra mettere Netanyahu in rotta di collisione con il suo più stretto alleato, gli Stati Uniti, che si sono detti “profondamente turbati” dal piano di espansione delle colonie e dalle notizie di modifiche ai processi di pianificazione e approvazione delle colonie nei territori palestinesi occupati.

Le associazioni palestinesi hanno anche espresso profonda preoccupazione per il fatto che l’intera Cisgiordania possa presto finire sotto il controllo israeliano.

Il Ministro degli Esteri palestinese ha affermato che approvare l’incremento di colonie è una “pericolosa corsa a completare l’annessione della Cisgiordania”.

Khaled Elgindy, membro senior del Middle East Institute [think tank e centro culturale senza scopo di lucro e apartitico, ndt.] con sede a Washington, ha dichiarato ad Al Jazeera che le gravi affermazioni del capo delle Nazioni Unite ora devono essere sostenute da azioni sul campo.

“Le azioni di questo governo israeliano hanno accelerato praticamente ogni possibile tendenza negativa, dalla violenza sul terreno all’espansione delle colonie, agli sgomberi, alla costruzione e all’allargamento delle colonie”, ha detto Elgindy.

“A meno che tali dure parole non siano seguite da una qualche azione da parte degli attori principali come gli Stati Uniti o l’Unione Europea, una sorta di conseguenza a quelle azioni, allora saranno semplicemente ignorate come lo sono sempre state”, ha affermato.

“È davvero necessaria un’azione sul campo per sostenere quelle parole forti, e non abbiamo visto niente”, ha aggiunto.

(traduzione dall’inglese di Luciana Galliano)




Israele ha bombardato questa casa, riducendo in polvere un’antica collezione

Maram Humaid

5 giugno 2023 – Al Jazeera

Un abitante di Gaza ritorna nella sua casa distrutta da un bombardamento israeliano, sperando di recuperare la sua antica collezione di oggetti che risalgono a centinaia di anni addietro.

Gaza City – Da quando il 12 maggio la sua casa è stata distrutta da un bombardamento israeliano Hazem Mohanna vi si reca ogni giorno cercando tra le macerie per ritrovare la sua antica preziosa collezione.

Il sessantaduenne ha passatp 40 anni della sua vita collezionando, come hobby, antiche monete d’argento, pietre preziose e pezzi legati al patrimonio palestinese. La sua casa di quattro piani nel quartiere al-Sahaba, nella parte orientale di Gaza City è diventata “uno straordinario museo archeologico,” dice Mohanna.

Il 12 maggio, il terzo giorno dell’ultimo attacco militare contro Gaza, mentre se ne stava in casa con la sua famiglia, Mohanna ha ricevuto una telefonata dai servizi israeliani. “Mi hanno dato solo cinque minuti per lasciare la casa”, dice a Al Jazeera.

Ero sconvolto. Mia moglie, i miei figli sposati e i miei nipoti sono immediatamente corsi fuori dall’edificio di quattro piani”, dice il padre di quattro figli.

Ho potuto salvare me e la mia famiglia, ma non ho potuto salvare i miei beni, che ho collezionato e custodito per tutta la vita”, dice con volto visibilmente triste.

Nei diversi recenti attacchi Israele ha bombardato centinaia di case a Gaza, concedendo dovunque agli abitanti da qualche ora a solo pochi minuti di preavviso per uscire, suscitando le critiche delle organizzazioni per i diritti umani.

Nel maggio 2021 Israele ha bombardato un edificio di 11 piani che ospitava il nuovo ufficio di Al Jazeera, dopo aver dato un preavviso di circa un’ora. In 11 giorni di incessanti bombardamenti israeliani sono stati uccisi circa 250 palestinesi.

La mia antica collezione significava molto per me. Vi sono pezzi preziosi che datano centinaia di anni”, dice Mohanna, funzionario della sicurezza dell’Autorità Nazionale Palestinese in pensione.

Ci sono documenti di certificazione di molti Paesi, pezzi legati alla tradizione palestinese, come vestiti ricamati, valigie e manufatti in rame”, dice.

Ci sono oggetti e memorie che non possono essere risarciti da alcuna somma di denaro, per via del nostro attaccamento ad essi. Vorrei che i miei figli ereditassero il mio piccolo museo archeologico, ma l’occupazione israeliana perseguita ogni cosa, anche le nostre memorie e i nostri hobby.”

Il vecchio collezionista non riesce ancora a trovare una ragione o una giustificazione del bombardamento della sua casa. “Siamo tutti dei semplici civili”, dice Mohanna, che ora vive in un piccolo appartamento di due stanze in affitto con i 16 membri della sua famiglia, compresi i suoi figli sposati.

Insieme ad altre centinaia di persone, è preoccupato per la ricostruzione della sua casa. Secondo il Ministero dei Lavori Pubblici almeno 20 edifici, per un totale di 56 unità abitative, sono stati completamene distrutti e 940 unità abitative sono state danneggiate durante l’escalation militare israeliana.

Finora nessuno mi ha contattato per una compensazione o almeno per pagare l’affitto dell’appartamento”, dice Mohanna. “Ci sono case distrutte nelle precedenti offensive israeliane che non sono state ancora ricostruite, perciò quando arriverà il nostro turno?”

Basta guerre’

Sabah Abu Khater, di 60 anni, dice che l’ultima escalation militare israeliana ha tolto l’allegria a suo figlio, che si sarebbe sposato dopo un mese e mezzo.

Nel pomeriggio dell’11 maggio la sua famiglia di 10 persone stava guardando le notizie nella sua casa di Beit Hanoun nel nord della Striscia di Gaza quando ha ricevuto una telefonata che ordinava di lasciare la casa perché stava per essere bombardata.

Israele ha giustificato il bombardamento di case civili affermando che venivano utilizzate da gruppi armati –un’affermazione respinta dai palestinesi.

Ho sentito i vicini gridare ‘Uscite di casa! Stanno per bombardarla!’” dice Khater.

Siamo tutti usciti immediatamente. I miei figli, le loro mogli e i miei nipotini. Siamo corsi in strada con solo i vestiti che avevamo addosso”, dice cercando le sue cose tra le macerie della sua casa di due piani.

Abbiamo concordato la dote per la sposa di mio figlio e ci stavamo apprestando a completare l’accordo dopo che la situazione si fosse calmata, ma adesso siamo nuovamente daccapo”, dice Khater riferendosi alla cifra che uno sposo deve pagare alla moglie al momento delle nozze, in base alla legge islamica.

Sono triste e col cuore spezzato per mio figlio, che ha speso un sacco di soldi e di sforzi per mettere insieme la dote e costruire la sua casa”, dice.

La gente qui a Gaza è stufa di guerre e disgrazie.”

Il figlio 26enne di Khater, Bilal Abu Khater, che sta seduto demoralizzato sulle macerie della casa della sua famiglia, racconta di aver faticosamente raccolto la dote della sua promessa sposa e preparato una modesta casa per il matrimonio.

Sono stato costretto a fare lavoro straordinario per una paga bassa, non più di 20 shekel al giorno e anche meno, che corrispondono a circa 5 euro, in aggiunta all’aiuto inviato dai miei zii e parenti all’estero”, dice.

Oggi ho dovuto lavorare di più per aiutare a costruire una nuova casa e anche a sostenere le spese dei miei famigliari, rimasti tutti senza casa”, dice Bilal Abu Khater.

I giovani della Striscia di Gaza vivono condizioni difficili a causa della mancanza di opportunità di lavoro e del perdurante blocco”, dice riferendosi al blocco terrestre, aereo e marittimo dell’enclave palestinese imposto da Israele dal 2007.

Le guerre peggiorano le cose”, dice Bilal Abu Khater.

Ci sono voluti anni per costruire la nostra casa ed ora ci vorrà molto tempo per ricostruirla”, dice con la voce spezzata, per poi ringraziare dio che la sua famiglia sia salva. “I soldi si rimediano. La cosa importante è che nessuno di noi è stato ferito.”

Nell’attacco militare israeliano iniziato il 9 maggio gli aerei da guerra israeliani hanno preso di mira case e appartamenti in tutta la Striscia di Gaza. Hanno sostenuto che il bombardamento era diretto contro il movimento della Jihad islamica, ma i palestinesi e le organizzazioni per i diritti hanno affermato che nei cinque giorni di aggressione sono stati uccisi soprattutto civili. Le fazioni palestinesi hanno lanciato razzi su Israele, uccidendo un israeliano.

Al momento in cui è entrato in vigore un cessate il fuoco mediato dall’Egitto, il 12 maggio, erano stati uccisi almeno 33 palestinesi, compresi sei minori, e feriti 190, con perdite economiche stimate in 5 milioni di dollari.

(Traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)

 




”Buono per tutti”: Israele approva il controverso budget a favore dei coloni

Redazione di Al  Jazeera

24 maggio 2023 – Aljazeera

Il contestato budget incrementa i fondi per le organizzazioni ultraortodosse e pro-coloni.

 

Il governo israeliano ha approvato un nuovo budget biennale che consolida l’indirizzo confessionale e a favore delle colonie da parte della coalizione di governo, mentre migliaia di manifestanti hanno manifestato contro il pacchetto di spesa fuori dall’edificio del parlamento.

I bilanci 2023 e 2024, bloccati da dibattiti notturni e da un susseguirsi di settimane di negoziati, sono stati approvati nelle prime ore di mercoledì con 64 voti contro 56.

Secondo una dichiarazione del parlamento fatta dopo il voto gli stanziamenti ammontano a 484 miliardi di shekel (122 miliardi di euro) per quest’anno e 514 miliardi di shekel (129 miliardi di euro) per il prossimo anno.

“Questo budget è positivo per tutti i cittadini di Israele”, ha dichiarato il ministro delle finanze Bezalel Smotrich [leader del Partito Sionista Religioso di estrema destra, ndr.].

Sinistra e destra, religiosi, ultraortodossi e laici, drusi, arabi. Semplicemente tutti i cittadini israeliani”, ha detto, riferendosi evidentemente alle critiche verso il budget, affermando che i critici “vogliono rovesciare il governo di destra e, a tal fine, tutto è lecito”.

Netanyahu ha annunciato l’approvazione degli stanziamenti in un tweet ottimista promettendo che il suo governo di coalizione avrebbe continuato sulla stessa linea.

Il budget potrebbe portare stabilità alla coalizione del primo ministro Benjamin Netanyahu, ma probabilmente aggraverà le divisioni all’interno di Israele, poiché i manifestanti hanno protestato contro i suoi stanziamenti esagerati a favore delle componenti ultraortodosse a spese degli israeliani laici.

Decine di milioni di dollari sono stati accantonati per le fazioni estremiste a favore dei coloni.

Il Times of Israel  ha riferito che lunedì è stato risolto un grosso ostacolo all’approvazione del bilancio, con una promessa di 68 milioni di dollari al partito di estrema destra Otzma Yehudit per lo sviluppo degli insediamenti coloniali nelle regioni del Negev e della Galilea.

Smotrich ha detto che spera di raddoppiare nel prossimo futuro il numero dei coloni in Cisgiordania.

Amnon Bronfeld, il portavoce del membro comunista della Knesset [parlamento israeliano, ndt.] Ofer Cassif ha detto ad Al Jazeera che le colonie riceveranno stanziamenti dal nuovo “Fondo Arnuna”, uno strumento nel bilancio di quest’anno con la funzione di distribuire le imposte municipali, e che gli insediamenti coloniali non dovranno versare.

“La spiegazione è ancora più irritante”, ha detto Bronfeld. “Il dipartimento di giustizia ha proibito l’utilizzo di fondi che provengano dagli insediamenti coloniali in quanto contrario al diritto [internazionale], ma ha consentito l’assegnazione di fondi agli stessi insediamenti pur essendo anche questo proibito“.

Ha aggiunto che le colonie vedranno anche un aumento dei budget in una serie di aree, tra cui strade e infrastrutture, turismo e agricoltura.

Nel budget è previsto anche un aumento dei fondi per gli uomini ultraortodossi che studiano a tempo pieno nei seminari religiosi rinunciando all’obbligo di lavorare o prestare servizio militare, cosa che i maschi laici sono obbligati a fare. Anche le scuole ultraortodosse riceveranno più soldi.

L’assegnazione di quasi 4 miliardi di dollari del nuovo budget mediante fondi discrezionali ad organizzazioni ultraortodosse e a favore dei coloni è stata persino criticata dallo stesso dipartimento del bilancio del governo.

Il leader dell’opposizione centrista Yair Lapid ha denunciato il budget come “una violazione del contratto con i cittadini israeliani, che tutti noi – e i nostri figli e figli dei nostri figli – continueremo a pagare”, ha riferito l’agenzia di stampa Reuters.

Le manifestazioni di martedì sera contro lo stanziamento, con persone che accusavano il governo di saccheggio” di fondi statali, si sono svolte dopo mesi di continue proteste contro la proposta di Netanyahu di riforma del sistema giudiziario del Paese.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)