“Allarmante”: i palestinesi accusano il procuratore generale della CPI di parzialità dopo la visita in Israele

Mat Nashed e Zena Al Tahhan

9 dicembre 2023 – Al Jazeera

Sebbene la CPI rappresenti un’alternativa ai tribunali israeliani, nessun mandato di arresto è stato emesso contro politici e comandanti militari israeliani

Cisgiordania occupata – Il 2 dicembre Eman Nafii è stata una delle decine di palestinesi invitati a un incontro con il procuratore generale della Corte Penale Internazionale nella Cisgiordania occupata Karim Khan. In quanto moglie del prigioniero palestinese detenuto da più anni in Israele, Nafii voleva parlare a Khan di suo marito e dell’occupazione israeliana.

Ma Khan ha passato la maggior parte dell’incontro a parlare prima che i suoi collaboratori dessero a Nafii e ad altre vittime palestinesi solo 10 minuti per condividere le loro storie.

Le persone erano arrabbiate. Gli hanno detto: ‘Sei venuto per ascoltarci 10 minuti? Come possiamo venire a parlarti delle nostre vicende in 10 minuti?” dice Nafii ad Al Jazeera.

Una delle donne (tra noi) era di Gaza. Ha perso 30 membri della sua famiglia nella (guerra in corso). Ha gridato: ‘Come possiamo spiegare questo in 10 minuti?’”

Benché alla fine Khan abbia ascoltato le vittime per circa un’ora, i palestinesi temono che egli applichi un doppio standard concentrando il suo impegno contro Hamas e ignorando i gravi crimini che Israele è accusato di aver perpetrato in oltre due mesi di una guerra letale.

Molti sono stati delusi del fatto che Khan abbia accettato un invito israeliano a visitare le comunità e le zone israeliane attaccate da Hamas il 7 ottobre rifiutando invece l’invito dei palestinesi a visitare centinaia di colonie illegali e posti di blocco israeliani e campi di rifugiati nella Cisgiordania occupata.

Durante la sua visita di 3 giorni Israele non ha consentito a Khan di entrare a Gaza, dove dal 7 ottobre Israele ha ucciso più di 17.000 persone ed espulso dalla propria casa la maggioranza dei 2.3 milioni di abitanti dell’enclave assediata.

La maggior parte delle persone uccise sono donne e minori, mentre migliaia di giovani ora sono stati rastrellati, molti denudati e portati in località sconosciute. Alcuni giuristi hanno segnalato che le atrocità di Israele a Gaza potrebbero presto configurare un genocidio.

Secondo politici, vittime e giuristi palestinesi, nonostante le crescenti prove e le continue atrocità, Khan ha evidenziato scarso interesse nel mettere seriamente sotto inchiesta Israele.

Khan si è dimostrato entusiasta di iniziare questa indagine (nei territori occupati) dopo il 7 ottobre. Ciò è allarmante,” afferma Omar Awadallah, che monitora le organizzazioni ONU per i diritti umani come membro dell’Autorità Palestinese, l’entità politica che governa la Cisgiordania.

(L’Autorità Palestinese) gli ha attribuito la competenza retroattivamente a partire dal 2014. (Khan) non può dire di non vedere i crimini commessi (nei territori occupati) dal 2014 fino al 7 ottobre,” ha detto Awadallah ad Al Jazeera.

Un’alternativa possibile?

Il 2 gennaio 2015 lo Stato di Palestina ha firmato lo Statuto di Roma, attribuendo alla CPI la competenza per indagare su atrocità come crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio nella Cisgiordania occupata e a Gaza.

L’iniziativa era stata accolta come una vittoria dalle associazioni per i diritti umani palestinesi e israeliane, che ne avevano abbastanza del sistema giudiziario israeliano perché non puniva politici, militari e coloni israeliani responsabili di crimini come il furto di terre e uccisioni extragiudiziarie nei territori occupati.

Secondo Yesh Din, un’organizzazione israeliana per i diritti umani che si oppone alla colonizzazione illegale in Cisgiordania, i palestinesi vittime di soldati israeliani hanno meno dell’1% di probabilità di ottenere giustizia se presentano una denuncia in Israele.

Secondo un esperto giuridico di Al Mezan, un’organizzazione per i diritti umani che chiede giustizia per Gaza, benché la CPI rappresenti un’alternativa ai tribunali israeliani, nessun mandato di arresto è stato emesso contro politici o militari israeliani per aver commesso crimini di guerra e contro l’umanità a Gaza e in Cisgiordania.

Abbiamo sottoposto parecchie analisi legali e prove all’ufficio del procuratore generale anche prima che Khan venisse eletto” dice ad Al Jazeera l’esperto, che chiede di rimanere anonimo per timore di rappresaglie da parte delle autorità israeliane. “Pensiamo che l’ufficio (di Khan) abbia già sufficienti prove per emettere mandati di arresto contro dirigenti politici e militari israeliani.”

Dopo essere tornato dalla sua visita di tre giorni in Israele e Cisgiordania, Khan ha rilasciato una dichiarazione in cui ha appena accennato alle crescenti prove che coinvolgono Israele nella commissione di crimini contro l’umanità, come quello di apartheid in Cisgiordania e crimini di guerra in Cisgiordania e Gaza.

Khan ha semplicemente affermato che la sua visita non era “di natura investigativa” e ha chiesto a Israele di rispettare i principi giuridici di “distinzione, precauzione e proporzionalità” nella sua campagna di bombardamenti e nell’offensiva di terra in corso a Gaza.

Khan ha utilizzato un tono diverso quando si è riferito agli attacchi di Hamas il 7 ottobre, definendoli “gravi crimini internazionali che sconvolgono le coscienze dell’umanità.”

Il comunicato di Khan ha indignato le vittime palestinesi che aveva incontrato brevemente a Ramallah.

Ciò che ci ha veramente contrariati è stato quello che ha scritto dopo la visita,” afferma Nafii. “Non avrebbe dovuto tracciare un’equivalenza tra la vittima e i suoi assassini. Volevamo che dicesse agli israeliani di smettere di fare quello che stanno facendo ai detenuti e di (fermare) quello che stanno facendo a Gaza.”

Al Jazeera ha inviato alcune domande scritte all’ufficio di Khan che accolgono le critiche palestinesi alla sua visita in Cisgiordania e al suo comunicato. L’ufficio ha risposto inviando ad Al Jazeera alcune precedenti dichiarazioni di Khan senza rispondere ad alcuna delle domande.

Politicamente compromesso?

Nel settembre 2021 Khan aveva affermato che avrebbe dato minore priorità ai crimini commessi dalle forze statunitensi in Afghanistan e concentrato la sua indagine sulle atrocità commesse dai talebani e dallo Stato Islamico ISKP (ISIS-K) nella provincia del Khorasan.

I critici pensano che Khan si sia inchinato alle pressioni politiche da parte degli Stati Uniti, uno Stato che non aderisce allo Statuto di Roma e che aveva sanzionato il predecessore di Khan per aver osato aprire un’indagine contro le truppe americane in Afghanistan.

Ma Khan ha giustificato la propria decisione sostenendo che la Corte ha risorse limitate e che i talebani e lo Stato Islamico hanno commesso crimini più gravi. Ora i palestinesi temono che Khan possa far ricorso a una giustificazione simile per indagare contro Hamas ma non contro Israele.

Non abbiamo ancora visto un procuratore generale che prenda seriamente in considerazione la questione della Palestina, il che dimostra che tutto il sistema delle leggi internazionali è stato fatto a pezzi,” afferma Diana Buttu, una giurista palestinese.

Butto aggiunge che la CPI è di fatto diventata un tribunale che agisce per gli interessi politici di potenti Stati occidentali invece che in base a principi strettamente giuridici.

Cita la decisione di Khan di incriminare il presidente russo Vladimir Putin per crimini di guerra commessi durante l’invasione russa dell’Ucraina.

La CPI è diventata un tribunale politico che è riuscito ad emettere un’incriminazione contro Putin. Ma, dopo otto settimane da quello che è presumibilmente il peggior disastro (a Gaza) per mano dell’uomo, il procuratore generale è rimasto in silenzio ed è venuto (in visita) su richiesta di Israele.”

Nafii è d’accordo e aggiunge che Khan non può sostenere di non sapere o di essere all’oscuro delle atrocità israeliane contro i palestinesi.

Quante persone vuole vedere morte prima di parlare?” dice ad Al Jazeera. “Vorrei che fosse abbastanza coraggioso da dire la verità e dirla pubblicamente.”

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




La Corte israeliana sentenzia a favore di un’ampia impunità

Maureen Clare Murphy

11 luglio 2022 – The Electrèonic Intifada

La settimana scorsa l’Alta Corte di Israele ha emesso una sentenza in favore di un’ampia immunità per lo Stato per i crimini di guerra perpetrati a Gaza.

Le associazioni palestinesi per i diritti umani affermano che la sentenza sottolinea l’urgente necessità di un’immediata inchiesta della Corte Penale Internazionale.

Adalah, un’associazione palestinese per i diritti umani, ha dichiarato che “la sentenza significa che tutti gli abitanti di Gaza sono esclusi da qualunque risarcimento e ricorso in Israele, a prescindere dalle circostanze, nel corso di ‘azioni di guerra’ o di altro genere”.

La sentenza dell’Alta Corte è una risposta ad una richiesta di risarcimento da parte di Israele per le gravi ferite riportate da Attiya Nabaheen, che aveva appena compiuto 15 anni quando fu colpito dal fuoco delle forze israeliane nel cortile davanti a casa sua mentre rientrava da scuola a Gaza nel novembre 2014.

Nabaheen è rimasto paralizzato in seguito alle ferite.

Adalah e Al Mezan, un’altra associazione per i diritti umani, avevano fatto ricorso presso la Corte per contestare una legge entrata in vigore nel 2012, che prevede che gli abitanti della Striscia di Gaza non possano ricevere risarcimenti da parte di Israele in quanto nel 2007 essa è stata dichiarata ‘territorio nemico.’

Un tribunale di prima istanza ha utilizzato quella legge per respingere il tentativo di Nabaheen di ricevere un risarcimento da Israele per le sue ferite.

L’Alta Corte ha affermato che la legge è conforme al diritto internazionale e che in ogni caso il parlamento israeliano “ha il potere di scavalcare le norme del diritto internazionale.”

Adalah e Al Mezan hanno replicato che la sentenza dell’Alta Corte “giustifica l’avvio immediato di un’inchiesta [della Corte Penale Internazionale], in quanto essa nega alle vittime civili palestinesi di crimini di guerra compiuti da Israele la possibilità di ogni ricorso giuridico.”

Le associazioni aggiungono che “non c’è prova più evidente del fatto che il sistema giuridico israeliano è determinato a legittimare i crimini di guerra e a cooperare con l’esercito nei suoi sforzi di negare alle vittime ogni rimedio legale.”

Un’inchiesta indipendente dell’ONU sull’utilizzo da parte di Israele di forza letale contro i manifestanti della Grande Marcia del Ritorno nel 2018 ha preso in esame il caso di Nabaheen e le sue implicazioni per altri abitanti di Gaza.

La sentenza preclude “la via principale per far valere il loro diritto ad ‘un efficace risarcimento legale’ da parte di Israele, che è loro garantito dalla legislazione internazionale”, hanno dichiarato gli inquirenti dell’ONU.  “E’ quindi difficile sopravvalutare il peso di questa sentenza.”

Nel tentativo di giustificare l’uso della forza letale contro manifestanti disarmati, Israele ha inventato un nuovo infondato paradigma del diritto internazionale, che etichettava la Grande Marcia del Ritorno come parte del suo conflitto armato con Hamas, l’organizzazione politica e di resistenza palestinese che controlla gli affari interni di Gaza.

Le direttive dell’esercito israeliano stabiliscono che deve essere avviata un’inchiesta penale immediatamente dopo la morte di un palestinese al di fuori di attività di combattimento.

Classificando la Grande Marcia del Ritorno come parte del conflitto armato con Hamas, anche se i manifestanti erano disarmati, Israele ha creato un quadro giuridico separato per gestire le denunce relative alle proteste.

Una scappatoia legale

Questa importante scappatoia legale viene anche impiegata riguardo ai palestinesi uccisi dalle forze di occupazione israeliana in Cisgiordania.

Il procuratore generale dell’esercito israeliano ha dichiarato che l’uccisione della corrispondente di Al Jazeera Shireen Abu Akleh mentre documentava un’incursione dell’esercito a Jenin in maggio era “un evento bellico” e pertanto nessun soldato dovrebbe subire denunce penali.

Israele ha praticamente ammesso che uno dei suoi soldati ha ucciso Abu Akleh e la scorsa settimana il Dipartimento di Stato USA ha comunicato che la giornalista è stata “probabilmente” uccisa da un’arma da fuoco delle truppe israeliane.

Sia Israele che gli USA sembrano trattare l’uccisione di Abu Akleh come un errore operativo piuttosto che come una sospetta esecuzione extragiudiziale.

Diverse indagini indipendenti condotte da associazioni per i diritti umani e da organi di informazione internazionali hanno altresì concluso che Abu Akleh molto probabilmente è stata uccisa da fuoco israeliano.

L’indagine forense della CNN, citando l’esperto di armi esplosive Chris Cobb-Smith, nota che “Abu Akleh è stata uccisa da diversi spari”.

Cobb-Smith ha affermato che “il numero di tracce dei colpi sull’albero dove si trovava Abu Akleh prova che non si è trattato di uno sparo casuale, lei è stata presa di mira.”

Venerdì scorso la famiglia di Abu Akleh ha inviato una lettera al Presidente USA Joe Biden, di cui è prevista una visita in Israele e Cisgiordania la prossima settimana, ed ha accusato la sua amministrazione di “muoversi verso la cancellazione di qualunque misfatto delle forze israeliane.”

Gli USA non sembrano far pressione su Israele per un’inchiesta penale: il portavoce del Dipartimento di Stato Ned Price ha detto durante una conferenza stampa martedì scorso che “non stiamo cercando di essere prescrittivi riguardo a ciò.”

Sembra che per l’amministrazione Biden responsabilizzazione significhi incoraggiare “passi verso la protezione dei civili e dei non combattenti in una zona di conflitto.”

Price ha aggiunto che l’esercito israeliano “è nella condizione di prendere in considerazione dei passi perché non possa più accadere niente di simile.”

Venerdì la famiglia di Abu Akleh ha detto che “non possiamo credere che una tale aspettativa sia il massimo della risposta della vostra amministrazione.”

La famiglia ha sottolineato l’aiuto militare incondizionato degli USA a Israele e “il quasi assoluto appoggio diplomatico per evitare ai dirigenti israeliani di assumersi le responsabilità.”

I famigliari di Abu Akleh hanno fatto richiesta a Biden di incontrarli durante la sua imminente visita e di fornire loro le informazioni raccolte dalla sua amministrazione riguardo all’uccisione della giornalista.

La famiglia ha parlato al presidente del proprio “dolore, sdegno e sensazione di tradimento” di fronte ai suoi determinati tentativi di assicurare “la cancellazione di ogni misfatto compiuto dalle forze israeliane.”

“Ci aspettiamo che l’amministrazione Biden sostenga i nostri sforzi per ottenere responsabilizzazione e giustizia…dovunque ciò possa condurci”, ha affermato la famiglia.

Corte Penale Internazionale

Una di tali sedi processuali è la Corte Penale Internazionale, che è stata adita relativamente all’uccisione di Abu Akleh sia dall’Autorità Nazionale Palestinese che da Al Jazeera. Gli USA si sono affiancati a Israele nel cercare di boicottare l’inchiesta dell’Aja in Palestina.

La CPI privilegia le indagini interne ad un Paese, dove esse sussistano.

La recente sentenza della corte israeliana che ha rifiutato il risarcimento per Attiya Nabaheen e la copertura della responsabilità per l’uccisione di Shireen Abu Akleh dovrebbero dissolvere ogni restante dubbio su ciò a cui si prevede che serva il sistema giuridico di Israele.

Ma resta in dubbio se la CPI funzionerà come un tribunale di ultima istanza per i palestinesi con qualche carattere di urgenza.

Mentre raccoglie risorse per una tempestiva inchiesta in Ukraina, con il rischio per la presunta indipendenza della Corte proveniente dalle contribuzioni volontarie all’indagine, l’inchiesta sulla Palestina sembra essere lasciata morire sul nascere.

Il silenzio sulla Palestina e su altre inchieste che non hanno l’appoggio di potenti Stati “può aver indebolito l’effetto di deterrenza della Corte ed ha lasciato un vuoto che è stato riempito da attacchi politici all’operato della Corte, e anche da attacchi nei confronti di difensori dei diritti umani”, ha recentemente dichiarato Amnesty International.

Senza una risposta ugualmente forte alle crisi in Palestina e in Afghanistan, come in altri luoghi, l’ufficio del procuratore della CPI potrebbe essere considerato “semplicemente il braccio legale della NATO”, come ha detto recentemente l’avvocato per i diritti umani Reed Brody.

Mureen Clare Murphy è caporedattrice di The Electronic Intifada

(traduzione dall’inglese di Cristiana Cavagna)




Pazienti vulnerabili a rischio per le divisioni palestinesi e il blocco israeliano

Israa Sulaiman e Khuloud Rabah Sulaiman

24 maggio 2022 – The Electronic Intifada

Ramadan Muhra, 39 anni, è morto dopo cinque mesi di malattia e deterioramento delle condizioni di salute.

Muhra aveva la talassemia. Se non trattata, può ucciderti. Ed è quello a cui è andato incontro Muhra dopo che gli ospedali di Gaza hanno esaurito i farmaci di cui aveva bisogno per mantenere sotto controllo la malattia.

E non è l’unico.

Secondo la Thalassemia Patients’ Friends Society di Gaza, un’organizzazione assistenziale, dall’inizio dell’anno sono morti in totale dieci pazienti affetti da talassemia.

Questa situazione è dovuta al fatto che a Gaza il trattamento di cui hanno bisogno è del tutto indisponibile, 15 anni dopo che Israele ha imposto un blocco punitivo sulla fascia costiera e le due principali fazioni palestinesi, Fatah e Hamas, si sono combattute a vicenda nell’ambito di una divisione politica ancora esistente tra Gaza e la Cisgiordania.

Muhra alla fine ha mostrato tutti i sintomi attesi dopo sei mesi di mancato trattamento. La sua pelle è diventata scura, il suo viso si è gonfiato e ha sviluppato un’osteoporosi. Sia il cuore che il fegato hanno subito gravi danni a causa di un eccesso di ferro nel suo organismo.

“Mio cugino era più forte di quanto immaginassimo”, ha detto Muhammed Muhra, 50 anni. “Ha combattuto la sua malattia fino al suo ultimo respiro e, anche se la sua salute stava costantemente peggiorando, non ha mai perso la speranza di ricevere la sua terapia e di riprendersi”.

La talassemia è una malattia congenita del sangue particolarmente diffusa nelle popolazioni dell’Asia meridionale, sudorientale, del mediterraneo e medio oriente. È causata da un’anomalia genetica che causa bassi livelli di emoglobina, con conseguente anemia e un eccesso di ferro nel sangue.

L’anemia viene trattata con trasfusioni di sangue, mentre viene utilizzata una medicina per controllare i livelli di ferro.

Uno dei farmaci più importanti per le persone con questa condizione è la deferoxamina, venduta a Gaza con il nome commerciale di Desferal.

Il Desferal aiuta a rimuovere l’eccesso di ferro causato dalle regolari trasfusioni di sangue di cui i pazienti talassemici hanno bisogno, proteggendo dai danni gli organi vitali.

Ma a Gaza le scorte di Desferal si sono esaurite all’inizio dell’anno, mettendo a rischio la vita dei malati di talassemia.

A quanto dice Muhammad, Ramadan Muhra è stato costretto a letto per mesi e non era in grado di camminare. Alla fine aveva perso molto peso e soffriva di spossatezza e costanti dolori addominali.

Muhammad, un tecnico satellitare, è arrabbiato perché la morte di suo cugino non doveva accadere. E’ stato, dice, “un omicidio deliberato”.

Non è morto come la maggior parte delle persone. È morto per mancanza di medicine causata da una lotta politica tra i due governi palestinesi”.

Occupazione e divisione

Ibrahim Abdallah, che è un coordinatore della Gaza Thalassemia Patients’ Friends Society, che organizza una serie di eventi sanitari e comunitari per i poco più di 300 pazienti di Gaza, ha anche accusato le autorità governative palestinesi divise.

Le restrizioni israeliane all’importazione di medicinali e al movimento dei pazienti hanno svolto un ruolo enorme. Al Mezan, un’organizzazione per i diritti umani, a febbraio ha scoperto che a Gaza le giacenze del 39 per cento dei farmaci vitali erano a zero, con meno di un mese di scorte rimanenti.

Ma oltre a queste restrizioni, la disponibilità di medicinali è notevolmente diminuita dal momento della separazione dei governi al potere nel 2007.

Secondo il ministero della Salute di Gaza l’Autorità Nazionale Palestinese nella Cisgiordania occupata, dominata da Fatah, fornisce ora a Gaza solo il 20% dei farmaci necessari. Il governo di Hamas nella Striscia di Gaza occupata fornisce un altro 20%, mentre gli enti di beneficenza cercano di colmare il deficit fornendo circa il 40%.

Non è abbastanza e Abdallah, pur affermando di capire la sua difficile posizione, sostiene comunque che Hamas deve affrontare questa situazione con urgenza poiché è responsabile di Gaza.

L’ANP di Fatah e il governo di Hamas nella Striscia di Gaza, prosegue, hanno contribuito tra loro a peggiorare la crisi sanitaria di Gaza e messo a rischio la vita delle persone, comprese quelle affette da talassemia.

Aggiunge che le scorte di Desferal si sono esaurite all’inizio dell’anno, mettendo a rischio decine di vite.

Nel frattempo l’associazione per la talassemia di Abdallah ha cercato di assicurarsi dei rifornimenti da altre parti.

Abbiamo ricevuto il primo lotto di 10.000 confezioni di Desferal da un’organizzazione di beneficenza in Kuwait. Il secondo lotto di 4.000 confezioni è previsto a breve”, afferma. “Questi dureranno per alcuni mesi, e poi torneremo alla stessa crisi”.

Abdallah, egli stesso affetto da talassemia, ha esortato entrambe le autorità palestinesi a mettere da parte le loro divergenze per affrontare la grave mancanza di medicine che sta “uccidendo i nostri pazienti”.

“Si incolpano l’un l’altro per questa crisi”.

Non è colpa nostra

Secondo i funzionari sia della Striscia di Gaza che della Cisgiordania, l’epidemia di COVID-19 ha esacerbato uno squilibrio finanziario paralizzante, impedendo loro di ottenere molte cure.

Secondo Alaa Helles, portavoce del ministero, la stretta finanziaria che il Ministero della salute di Gaza ha dovuto affrontare dopo il blocco gli ha impedito di ottenere e fornire tempestivamente la quantità necessaria di farmaci.

Con la diffusione della pandemia questa crisi non ha fatto altro che peggiorare.

Secondo Ossama al-Najjar, funzionario del Ministero della Salute a Ramallah, dall’anno scorso, quando l’azienda farmaceutica svizzera Novartis ha cessato le vendite all’Autorità Nazionale Palestinese a causa di debiti in sospeso, il Ministero non è stato in grado di distribuire un buon numero di medicinali.

“Siamo nel mezzo di un’orribile crisi finanziaria causata dai due anni della pandemia di COVID-19, che ci ha reso incapaci anche di acquisire le medicine più economiche”, aggiunge.

Ci sono aziende e fondazioni che acquistano regolarmente questi farmaci e ce li donano, spiega Al-Najjar, ma anche questo è bloccatoa causa della pandemia.

Ma respinge le accuse secondo cui Ramallah avrebbe in qualche modo sospeso deliberatamente la consegna delle medicine.

“Non appena il medicinale sarà presente nei magazzini”, ha detto, “sarà trasferito a Gaza”.

Lotta contro la malattia

Ashraf Humeid aveva 37 anni quando è morto lo scorso settembre per gravi complicazioni mediche dopo una lunga lotta contro la talassemia.

A causa della carenza di farmaci Humeid aveva ricevuto nei 14 anni prima della sua morte solo sei delle 12 somministrazioni al mese che avrebbe dovuto ricevere secondo il protocollo.

Poiché l’anno scorso l’economia palestinese si è ulteriormente deteriorata le somministrazioni sono state ridotte a due iniezioni al mese fino all’esaurimento completo delle scorte a Gaza.

Abdallah, che lo conosceva bene a causa della Friends Society, dice che le due somministrazioni erano del tutto insufficienti perché Humed potesse condurre una vita sana.

Ma lui non si è mai lamentato.

“Anche se la sua salute peggiorava e i farmaci erano finiti, ha lottato e ha tentato di nasconderci il suo dolore”, ha detto Abdallah. “Ma vedevamo quanto fosse sfinito.”

Alla fine a Humeid è stata diagnosticata un’insufficienza renale, con conseguente ingrossamento della milza e, infine, un’insufficienza cardiaca.

Nonostante la sua malattia e le significative complicazioni, si è impegnato fino alla fine per altri malati di talassemia come coordinatore per la Thalassemia Patients’ Friends Society.

“Ashraf sognava di proteggere le generazioni future da questa malattia, quindi ha deciso di lavorare con noi nell’associazione”, prosegue Abdallah.

“Era responsabile del programma di sensibilizzazione dell’associazione, che includeva lo svolgimento di eventi nelle università di Gaza e in altri luoghi pubblici per educare i giovani sull’importanza delle visite mediche prematrimoniali ai fini della riduzione dell’incidenza della talassemia”.

Secondo Abdallah tali eventi hanno contribuito a ridurre gradualmente negli ultimi dieci anni il numero di bambini nati con talassemia da 40 a quasi zero.

“Dopo la sua morte il progetto è stato intitolato a lui, in suo onore e per i suoi indimenticabili ed eroici sforzi a favore dei pazienti palestinesi”, afferma Abdallah.

Pazienti disperati

A Gaza molti malati di talassemia hanno perso le speranze di ricevere cure e temono di perdere la vita.

Sawsan al-Masri, 32 anni, è preoccupata di diventare la prossima vittima della carenza del farmaco Desferal.

Come Humeid, al-Masri ora riceve solo un’iniezione due volte alla settimana. Il suo viso è diventato pallido e i suoi muscoli si sono indeboliti, rendendola incapace di muoversi bene o di uscire di casa.

Inoltre soffre di epistassi occasionali e i suoi denti hanno iniziato a cadere. Il suo fegato è ora ingrossato e nel tempo ha sviluppato una cardiomiopatia, un indebolimento del muscolo cardiaco.

“Per me il Desferal è un miracolo perché mi fa sentire una persona normale che può fare tutto ciò che vuole“, ha detto a The Electronic Intifada. “Senza quel farmaco muoio lentamente.”

Da quando il Desferal è esaurito al-Masri assume un farmaco alternativo, ma finora non si è rivelato particolarmente utile. Nel giro di pochi mesi ha già perso a causa della malattia 10 dei suoi più cari amici.

“Prima di non essere più in grado di uscire di casa ho continuato ad andare in ospedale sperando di trovare le medicine e di tornare a una vita normale come tutti gli altri”, dice. Sono sempre rimasta delusa”.

E non ho idea di chi sarà il prossimo. Forse sarò io”.

Israa Sulaiman è una scrittrice di We Are Not Numbers [Non siamo dei numeri, progetto per giovani adulti della Striscia di Gaza, incoraggiati a scrivere e diffondere le loro storie personali, ndtr.]

Khuloud Rabah Sulaiman è una giornalista che vive a Gaza.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Israele uccide due persone in Cisgiordania

Maureen Clare Murphy

14 dicembre 2021 – THE ELECTRONIC INTIFADA

Nei giorni scorsi Israele ha ucciso due palestinesi nella Cisgiordania occupata settentrionale.

Jamil Kayyal è stato ucciso domenica notte a Nablus, mentre venerdì Jamil Abu Ayyash è stato colpito alla testa da uno sparo durante una protesta nel vicino villaggio di Beita.

La loro morte giunge quando Defense for Children International-Palestine [ONG internazionale per la difesa e sostegno dei diritti dei minori, ndtr.] ha dichiarato che questo è stato l’anno più letale per i ragazzi e le ragazze palestinesi dal 2014.

Jamil Kayyal, di 31 anni, è stato ucciso a colpi di arma da fuoco quando i palestinesi hanno tentato di respingere le forze di occupazione che domenica notte stavano effettuando a Nablus un’incursione a scopo di arresto.

Secondo i resoconti dei media Kayyal è stato ferito al petto, e successivamente dichiarato morto in ospedale dove è stato trasportato dai paramedici palestinesi.

Le autorità israeliane hanno affermato che le truppe gli avrebbero sparato contro dopo che Kayyal avrebbe lanciato un “ordigno esplosivo” – come esse sono solite denominare le bottiglie molotov – contro i soldati responsabili dell’assalto.

Nel corso degli ultimi anni diversi palestinesi sono stati uccisi con il pretesto di aver detenuto o lanciato bottiglie molotov, inclusa l’imboscata di ottobre del quattordicenne Amjad Abu Sultan vicino alla città di Betlemme in Cisgiordania.

Un articolo del quotidiano di Tel Aviv Haaretz suggerisce che la sparatoria mortale contro l’adolescente sia stata premeditata.

Uso eccessivo della forza

L’uso eccessivo della forza è una caratteristica importante dell’occupazione militare israeliana della Cisgiordania e della Striscia di Gaza.

Secondo il Palestinian Center for Human Rights l’uccisione del trentunenne Jamil Abu Ayyash a Beita, un villaggio vicino a Nablus, il 10 dicembre è stato un “ulteriore crimine legato ad un uso eccessivo della forza”.

Secondo l’organizzazione per i diritti umani i soldati hanno sparato ad Abu Ayyash colpendolo al capo anche se “non rappresentava alcuna minaccia imminente”, durante una delle frequenti proteste a Beita contro l’esproprio delle terre del villaggio.

A settembre un altro uomo, Muhammad Ali Khabisa, è stato ucciso dalle truppe israeliane con uno sparo alla testa nel corso delle proteste a Beita.

Gli abitanti di Beita protestano contro la costruzione di una colonia su una collina appartenente ai villaggi palestinesi.

Il nuovo avamposto, chiamato Evyatar, è stato fondato a maggio. Israele ha precedentemente evacuato Evyatar ma in seguito ad un accordo stipulato con i coloni ha permesso che gli edifici vi restassero.

Nel contesto delle proteste di Beita, dal momento del loro inizio a maggio, sono rimasti uccisi diversi palestinesi inclusi due amici, entrambi minorenni.

I due si aggiungono, secondo Defense for Children International-Palestine, ad altri 76 ragazzi e ragazze uccisi fino ad ora nel corso di quest’anno dalle forze di occupazione israeliane e da civili israeliani armati, rendendolo l’anno più letale per i minori dal 2014.

Quell’anno Israele condusse un’offensiva di 51 giorni nella Striscia di Gaza uccidendo più di 2.200 palestinesi, tra cui circa 550 bambini.

Nel 2021, secondo un monitoraggio delle vittime da parte di The Electronic Intifada, in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, e a Gaza, sono stati uccisi dalle forze di occupazione israeliane e da civili armati in totale circa 325 palestinesi.

Nello stesso periodo, nel contesto dell’occupazione, sono stati uccise dai palestinesi sedici persone tra israeliani e cittadini stranieri in Israele.

Secondo Defense for Children International-Palestine, nel maggio di quest’anno sessanta minorenni palestinesi sono stati uccisi in seguito agli attacchi israeliani a Gaza durante un’offensiva militare di 11 giorni.

Inoltre sette minori sono stati uccisi da razzi lanciati da gruppi palestinesi a Gaza, che sono caduti a breve distanza mancando i loro obiettivi situati in ​​Israele.

Secondo Defense for Children International-Palestine durante l’aggressione di maggio le forze israeliane hanno ucciso minori palestinesi usando proiettili sparati da carri armati, munizioni vere e missili lanciati da droni armati, aerei da guerra ed elicotteri Apache di origine statunitense.

Israele prende di mira le case

Molti minori sono stati uccisi insieme a più generazioni della loro famiglia nella sacralità delle loro abitazioni.

Dal 2008 Israele ha preso di mira indiscriminatamente le case palestinesi a Gaza come parte della sua strategia militare durante ripetute offensive contro l’enclave costiera assediata.

Secondo Al Mezan, un’organizzazione per i diritti umani con sede nel territorio, quasi la metà dei palestinesi uccisi a Gaza durante l’assalto del 2014 “sono stati presi come bersaglio all’interno delle loro case”.

Tra il 2008 e il 2019 “le forze israeliane hanno preso di mira nella Striscia di Gaza 46.599 case, di cui 11.291 distrutte e 35.308 parzialmente distrutte”, aggiunge l’associazione per i diritti umani.

Non solo questa pratica uccide intere famiglie all’interno delle loro case, ma il prendere come obiettivo le abitazioni “serve a ridurre gli standard abitativi” e contribuisce al deterioramento delle “condizioni sociali ed economiche e del tenore di vita delle famiglie nella Striscia di Gaza”, rileva Al Mezan.

La politica e la pratica sono “mirate a distruggere e impedire la vita familiare a Gaza” e costituiscono un atto disumano che configura il crimine di apartheid.

Le organizzazioni per i diritti umani, tra cui Al Mezan, chiedono alla Corte Penale Internazionale di mettere al centro l’apartheid nelle sue indagini sui crimini di guerra in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Israele allaga le fattorie di Gaza?

Amjad Ayman Yaghi

25 marzo 2021 The Electronic Intifada

Le terre palestinesi vengono deliberatamente allagate da Israele?

Da molti anni i contadini di Gaza lamentano la distruzione dei loro raccolti a causa di improvvisi flussi d’acqua.

Un recente rapporto del gruppo per i diritti umani Al Mezan [organizzazione non governativa con sede a Gaza, ndtr] esclude che per numerosi casi documentati di inondazioni la causa “…sia di origine naturale.”

Samir Zaqout, esponente di Al Mezan, ha dichiarato che tale conclusione si basa su ciò che ricercatori dell’organizzazione hanno osservato “sul campo” quest’anno.

I ricercatori avevano notato dopo forti precipitazioni un “flusso d’acqua”all’interno della barriera che separa Gaza da Israele, acqua che successivamente hanno visto entrare a Gaza dal lato di Israele.

“Riteniamo che ci siano grandi vasche d’acqua usate [all’interno di Israele] per la raccolta di acqua piovana e che quando queste sono piene, l’acqua venga scaricata in direzione della Striscia di Gaza,” ha affermato Zaqout.

“Perso in un batter d’occhio”

A febbraio dei contadini che lavorano vicino al confine fra Gaza e Israele avevano programmato di raccogliere le verdure da vendere al mercato, ma la mattina in cui sono andati al lavoro hanno trovato i loro terreni – situati ad est della città di Gaza – allagati.

“Il raccolto stagionale era andato perso in un batter d’occhio,” ha dichiarato Musad Habib, contadino di quella zona. Il raccolto comprendeva melanzane, pomodori, lattuga e patate.

Il cinquantaquattrenne Musad imputa ad Israele la responsabilità dell’allagamento.

I militari israeliani vogliono impedire le attività agricole vicino al confine in modo da avere “una visuale più chiara dell’area per scopi militari,” afferma Musad.

“Hanno già aperto il fuoco contro di noi diverse volte,” aggiunge.

“Stanno cercando di costringerci a lasciare i nostri terreni.”

E’ già stato documentato come l’esercito israeliano abbia impiegato aerei da irrorazione per spargere diserbanti ritenuti cancerogeni lungo il confine orientale di Gaza, oltre a spianare terreni agricoli e residenziali all’interno di Gaza per aumentare il campo visivo dei soldati.

Musad aveva pensato di fare una piccola festa proprio il giorno in cui ha scoperto che il raccolto era stato distrutto. Se il raccolto fosse stato abbondante, avrebbe ordinato una cena da asporto al ristorante da godersi in relax con la famiglia.

Invece quel giorno tornò a casa dai campi in preda ad un profondo senso di tristezza.

La distruzione del raccolto ha aggravato i suoi già seri problemi economici. Con sette figli, due dei quali sposati, è sostanzialmente lui a mantenere la numerosa famiglia.

“Neppure i pennuti sono al sicuro

Hussein Habib possiede un’azienda avicola vicino ai campi di Musad Habib.

Nelle prime ore dello stesso giorno di febbraio un altro contadino telefonò a Hussein per avvisarlo che molti terreni erano stati allagati.

Hussein andò di corsa nella sua azienda. Lo aspettava una scena veramente angosciante.

Cercò immediatamente di salvare tutte le galline che poteva. Ne riuscì a salvare circa metà, ma per le rimanenti era già troppo tardi. Erano annegate.

Neppure i pennuti sono al sicuro dall’occupazione di Israele,” afferma Hussein. “Gaza è densamente popolata e non c’è molto spazio per coltivare o per allevare galline. Ecco perché i contadini devono lavorare nella zona al confine, perché è lontana dalle abitazioni.”

“Sappiamo che è pericoloso e che gli occupanti israeliani possono aprire il fuoco in qualsiasi momento,” prosegue. “Ma non abbiamo altra scelta. E’ estremamente difficile riuscire a campare a Gaza.”

Prima delle perdite patite da Hussein e dai suoi colleghi, quest’anno Israele era già stato accusato un’altra volta di avere deliberatamente allagato i terreni di Gaza.

“Angosciato”

Lo scorso gennaio le coltivazioni di melanzane, lattuga, pomodori, cetrioli, prezzemolo e crescione di Muhammad Abu Asir furono allagate.

Cercò di salvare il salvabile e cosparse terriccio sul terreno agricolo in affitto sperando di ricavare qualcosa, per quanto scarso, al momento del raccolto, ma il terreno venne allagato di nuovo il mese successivo.

Il cinquantenne Abu Asir ha già sofferto molto a causa della violenza di Israele. La sua casa di al-Shujaiyeh, quartiere della città di Gaza, fu distrutta nel 2014 durante un massiccio attacco israeliano.

“Corro costantemente il rischio di venire ucciso,” afferma. “I miei quattro figli mi hanno chiesto di mollare l’attività agricola. Ma non ci sono altri lavori che possa fare. Tutta la mia vita è legata alla terra.”

“Sono profondamente angosciato,” aggiunge. “Anche i contadini israeliani hanno i nostri stessi problemi? Se ci fossero attacchi contro di loro, Israele accuserebbe di terrorismo i palestinesi. I continui attacchi di Israele contro i palestinesi che lottano per sopravvivere sono terrorismo.”

Secondo Al Mezan, Israele ha deliberatamente allagato le proprietà agricole di Gaza sette volte nel corso del 2020, danneggiando così circa cinquanta acri di terra.

I difensori dei diritti umani hanno raccolto le prove che i militari israeliani hanno perseguito una politica di allagamenti intenzionali nel corso dello scorso anno. Amit Shohanski, consulente legale dell’esercito di Israele, ha replicato che esso ”non era responsabile dell’amministrazione e gestione delle riserve idriche nelle aree adiacenti alla Striscia di Gaza.”

I militari, dichiara Shohanski, “non hanno mai messo in atto alcun intervento al fine di regolare o deviare l’acqua dagli invasi situati sul lato israeliano in direzione della Striscia di Gaza, se davvero ciò sia mai accaduto.”

Samir Zaqout di Al Mezan ha osservato che non è la prima volta che i soldati israeliani “negano i loro crimini.”

“Se ammettessero questi crimini, allora avrebbero la responsabilità di risarcire i contadini per i danni provocati. Ed i contadini potrebbero citare in giudizio Israele. Non è quindi una cosa che gli israeliani ammetteranno mai.”

Amjad Ayman Yaghi è un giornalista che vive a Gaza.

traduzione dall’inglese di Stefania Fusero




Israele trasforma in propaganda il plauso dell’ONU

Tamara Nassar

2 aprile 2020 – Electronic Intifada

Alcuni funzionari dell’ONU stanno elogiando Israele nonostante il modo in cui tiene i palestinesi in condizioni di scarsità di servizi sanitari basilari mentre affrontano la pandemia di COVID 19. António Guterres, segretario generale dell’ONU, si è persino rallegrato della cooperazione tra l’occupazione israeliana e l’Autorità Nazionale Palestinese nell’arginare la minaccia del nuovo coronavirus.

Come prevedibile, Il suo elogio è stato sfruttato per scopi propagandistici dal ministero degli Esteri israeliano.

Nikolay Mladenov, l’inviato ONU per il Medio Oriente, ha descritto il coordinamento come “eccellente”.

Il coordinatore per gli aiuti umanitari dell’ONU Jamie McGoldrick ha fatto eco alle lodi del suo collega.

Foglia di fico

Non solo l’ONU plaude al cosiddetto coordinamento per la sicurezza tra l’esercito israeliano e l’ANP, ma fornisce anche una foglia di fico a Israele per nascondere i suoi continui attacchi contro il diritto alla salute dei palestinesi.

Israele ha il dovere giuridico di garantire questo diritto. In quanto potenza occupante, in base al diritto internazionale Israele è obbligato a garantire ai palestinesi in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza le infrastrutture necessarie.

Invece per più di un decennio Israele ha ripetutamente compromesso e danneggiato il sistema sanitario di Gaza, riducendo sistematicamente la fornitura di cibo, carburante, medicinali e materiale da costruzione alla Striscia al punto da calcolare persino il numero minimo di calorie che ogni persona potrebbe consumare per non morire di fame.

Oltre ad imporre un assedio devastante, Israele ha scatenato tre gravi attacchi, spianando interi quartieri e uccidendo migliaia di palestinesi. Dopo ogni invasione ha gravemente intralciato la ricostruzione.

“Le restrizioni al movimento e all’accesso, e ora uno stato d’emergenza imposto a livello mondiale dalla pandemia, sono stati la situazione quotidiana per i palestinesi di Gaza da circa 13 anni,” ha affermato questa settimana Al Mezan, un’associazione per i diritti umani di Gaza.

In Cisgiordania Israele ha continuato ad aggredire le comunità palestinesi, ha sequestrato attrezzature per la costruzione di ospedali da campo, ha confiscato pacchi di alimenti per famiglie in quarantena, ha fatto incursioni in casa nel cuore della notte ed ha continuato con gli arresti arbitrari di minorenni.

Tutte queste attività espongono le comunità palestinesi a un maggior rischio di contrarre il virus.

Hanan Ashrawi, membro del comitato esecutivo dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, ha commentato uno di questi raid nella città della Cisgiordania occupata di Ramallah, sede dell’Autorità Nazionale Palestinese, paragonando le forze israeliane ad “alieni ostili senza alcun rapporto con l’umanità.”

Tuttavia Ashrawi non ha fatto alcuna menzione a come normalmente l’Autorità Nazionale Palestinese collabora con l’occupazione militare israeliana.

L’apparato statale di polizia dell’ANP gioca un ruolo molto importante nel reprimere il dissenso palestinese per conto dell’esercito israeliano, arrestando frequentemente attivisti e condividendo informazioni con gli investigatori israeliani.

Ora Israele si congratula con se stesso in quanto si è guadagnato le lodi delle Nazioni Unite per aver fornito il minimo indispensabile alle persone che sottopone all’occupazione e all’assedio.

La propaganda dell’occupazione

Il COGAT, l’organo burocratico dell’occupazione militare israeliana che sovrintende alla punizione collettiva dei due milioni di abitanti di Gaza, spesso usa Twitter per vantarsi di aver inviato alla Striscia kit di analisi ed altre apparecchiature. Questi invii vengono presentati come gesti di buona volontà.

Tuttavia consentire a qualche prodotto di arrivare ai palestinesi non è molto, dato che il COGAT controlla tutto il movimento dei beni dentro e fuori la Striscia di Gaza.

Anche l’OCHA, agenzia di monitoraggio dell’ONU, ha rilevato la “stretta collaborazione senza precedenti” tra le autorità palestinesi ed israeliana dall’inizio dell’attuale crisi sanitaria.

L’organizzazione ha riconsociuto ad Israele di aver agevolato l’Autorità Nazionale Palestinese nell’ importazione di 10.000 kit di analisi e di aver tenuto una formazione per equipe mediche nell’ospedale al-Makassed della Gerusalemme est occupata.

Questi presunti esempi di generosità hanno fornito materiale bell’e pronto al COGAT da sfruttare a fini di propaganda.

Il COGAT ha anche limitato gli spostamenti di milioni di palestinesi nella Cisgiordania occupata con posti di controllo militari.

I checkpoint provocano quotidiane sofferenze ai palestinesi. Eppure il COGAT ha esaltato come il loro incremento “migliorerà la qualità di vita della popolazione della regione.”

Nel contempo un rapporto stilato da associazioni per i diritti umani ha evidenziato l’“impunità cronica” di Israele riguardo all’uccisione e alla mutilazione di personale medico palestinese.

Il rapporto è stato firmato da Al Mezan di Gaza e dalle associazioni benefiche con sede nel Regno Unito “Medical Aid for Palestinians” [Soccorso Medico per i Palestinesi] e “Lawyers for Palestinian Human Rights” [Avvocati per i Diritti Umani dei Palestinesi].

Vi si afferma che l’impunità cronica “rende più probabile che ciò si ripeta.”

Israele ha anche metodicamente negato o ritardato la concessione di permessi di viaggio per i palestinesi che necessitano di cure mediche fuori da Gaza.

Quindi perché le Nazioni Unite stanno lodando Israele perché fa il minimo possibile per la popolazione che aggredisce ed opprime?

Come scrisse il famoso scrittore palestinese Ghassan Kanafani: “Ci rubano il pane, ce ne danno una briciola, poi ci chiedono di ringraziarli della loro generosità…Che sfacciataggine!”

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




Nel 2019 Israele ha sparato 347 volte sui pescatori di Gaza

Maureen Clare Murphy

10 gennaio 2020 – The Electronic Intifada

Israele e i suoi leader non provano vergogna di vantarsi per aver commesso crimini di guerra, benché siano sottoposti al controllo del Tribunale penale internazionale.

Più volte l’anno scorso il COGAT, braccio burocratico dell’occupazione militare israeliana [il COGAT è un’unità del ministero della difesa israeliano che si occupa di coordinare le questioni civili tra il governo di Israele, le forze di difesa israeliane, le organizzazioni internazionali, i diplomatici e l’autorità palestinese, ndtr.], ha annunciato che stava adottando punizioni collettive contro i pescatori palestinesi, ponendo limitazioni all’accesso alle acque costiere di Gaza.

In quattro casi ha proibito del tutto la navigazione ai pescatori di Gaza.

Punizione collettiva

L’anno scorso per venti volte Israele ha annunciato modifiche riguardo l’accesso alle acque costiere di Gaza. Benjamin Netanyahu, primo ministro israeliano, ha trattato l’industria della pesca di Gaza come “una leva per esercitare pressioni” sui due milioni di palestinesi che vivono nel territorio sottoposto al blocco economico israeliano dal 2007.

La punizione di una popolazione civile per atti di cui non ha alcuna responsabilità è vietata ai sensi della Quarta Convenzione di Ginevra, che Israele ha ratificato.

Nel corso del 2019 Israele ha imposto restrizioni ai pescatori come punizione collettiva dopo il lancio dal territorio di palloncini incendiari e razzi.

Ma Al Mezan, un’organizzazione per i diritti umani di Gaza [ONG con sede nel campo profughi di Jabalia nell’estremo nord della Striscia di Gaza che difende i diritti socio-culturali ed economici dei palestinesi, ndtr.] afferma che il vero obiettivo delle restrizioni e della violenza di Israele contro i pescatori è la distruzione del settore della pesca.

Tradizionale pietra miliare dell’economia di Gaza, l’industria della pesca si è ridotta negli ultimi anni. Nel 2000 a Gaza erano impiegati nell’industria circa 10.000 palestinesi. Oggi ci sono solo circa 2.000 pescatori che pescano regolarmente.

Nel 2019 Al Mezan ha registrato 351 violazioni contro i pescatori di Gaza.

L’anno scorso si sono verificati 347 casi in cui Israele ha aperto il fuoco contro i pescatori di Gaza, causando 16 feriti.

Nel febbraio dello scorso anno un pescatore, Khaled Saidi, è stato colpito mentre era in mare da numerosi proiettili di metallo rivestiti di gomma e i militari israeliani lo hanno arrestato.

L’ occhio destro di Saidi è stato rimosso in un ospedale israeliano e lui è stato presto rimandato a Gaza. Ma non gli è stato permesso di rientrare in Israele per le cure all’occhio sinistro, anch’esso ferito, nonostante avesse un appuntamento in un ospedale israeliano.

Alla fine si è recato al Cairo per le cure. I medici non sono stati in grado di rimediare alla lesione al suo occhio rimanente.

“Ora la mia condizione economica è inferiore allo zero, non lavoro affatto”, dice il giovane padre in un breve video sulle violazioni di Israele contro i pescatori palestinesi prodotto da Al Mezan.

I pescatori feriti sono [resi] inabili al lavoro, a volte in modo permanente, privando le loro famiglie di un reddito.

Le forze israeliane inoltre inseguono e trattengono i pescatori e le loro navi. L’anno scorso sono stati fermati trentacinque pescatori, tra cui tre minori. Nove degli arrestati si trovano ancora nelle prigioni israeliane.

Al-Mezan sostiene che le forze di occupazione ordinano ai pescatori fermati di togliersi i vestiti e di dirigersi a nuoto nelle acque marine verso le cannoniere israeliane, anche nel gelo invernale. I pescatori fermati dagli israeliani sono sottoposti a umilianti interrogatori e a varie forme di tortura fisica.

In base alla documentazione di Al Mezan, nel 2019 le forze israeliane hanno sequestrato quindici imbarcazioni e ci sono stati 11 casi di danneggiamento alle proprietà dei pescatori.

Violazioni

Secondo l’organizzazione per i diritti le violazioni contro il settore della pesca di Gaza impoveriscono ulteriormente coloro che dipendono da esso e aumentano l’insicurezza alimentare della popolazione in generale.

Al Mezan afferma che gli abusi israeliani nei confronti dei pescatori di Gaza violano anche la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare [UNCLOS, entrata in vigore nel novembre del 1994 e ratificata da 156 Stati più la UE, fissa un regime globale di leggi ed ordinamenti degli oceani e dei mari, e stabilisce norme che disciplinano tutti gli usi delle loro risorse, ndtr.].

L’articolo 3 di tale convenzione stabilisce che “Ogni Stato ha il diritto di stabilire l’estensione del suo territorio marino fino a un limite non superiore a 12 miglia nautiche [22,224 km. ndtr.]”.

Israele attualmente limita [l’accesso] alle acque ai pescatori fino a 6 miglia nautiche al largo della costa settentrionale di Gaza e tra le 9 e le 15 miglia al largo delle sue coste centrali e meridionali. Ai pescatori è proibito l’accesso alle acque di Gaza in un’area di 1,5 miglia situata parallelamente al suo confine settentrionale e in un’area di 1 miglio parallela al suo confine meridionale.

L’articolo 56 della convenzione afferma che uno Stato costiero ha “diritti sovrani allo scopo di esplorare e sfruttare, conservare e gestire le risorse naturali” delle sue acque.

Al Mezan afferma che le parti [contraenti] internazionali hanno la responsabilità legale e morale delle violazioni del diritto internazionale da parte di Israele.

(Traduzione di Aldo Lotta)




Israele uccide un cittadino di Gaza durante le proteste

Maureen Clare Murphy

4 ottobre 2019 – Electronic Intifada

Venerdì, nel corso della 77a settimana delle proteste della Grande Marcia del Ritorno, lungo il confine orientale di Gaza le forze di occupazione israeliane hanno ucciso un palestinese ­­­­

Alaa Nizar Ayyash Hamdan, 28 anni, colpito al petto con pallottole vere nella zona nord di Gaza, è il duecentotreesimo palestinese ucciso durante le proteste della Grande Marcia del Ritorno.

Venerdì il gruppo per i diritti umani Al Mezan ha dichiarato che nel corso delle proteste di quella giornata le forze israeliane hanno ferito 29 palestinesi con pallottole vere e ne hanno colpiti direttamente altri 16 con candelotti lacrimogeni.

Secondo Al Mezan, un medico volontario è stato colpito alla testa con un candelotto lacrimogeno mentre portava via due manifestanti feriti.

Il mese scorso, durante le manifestazioni della Grande Marcia del Ritorno, sono stati uccisi tre palestinesi, tra cui due minorenni.

L’esercito israeliano ha sostenuto che la scorsa settimana, quando è stato ucciso Saher Awadallah Jeer Othman, 20 anni, non avrebbe utilizzato contro i manifestanti pallottole vere.

L’esercito continua a sparare e uccidere i manifestanti nonostante alcuni mesi fa abbia modificato, come riportato lo scorso mese dai media israeliani, le sue “regole di ingaggio”.

Secondo il quotidiano di Tel Aviv Haaretz, invece di fare affidamento sui cecchini per dissuadere i manifestanti dall’avvicinarsi alla barriera di confine tra Gaza e Israele, ai comandanti israeliani verrebbe ora “ordinato di schierare le forze all’interno di veicoli blindati a poche decine di metri dalla barriera”.

“Ciò ha comportato un numero notevolmente inferiore di vittime – ha aggiunto Haaretz – poiché i cecchini devono sparare con minore frequenza”.

Da un’indagine indipendente delle Nazioni Unite sull’uso da parte di Israele della forza contro la Grande Marcia del Ritorno, è emerso che “l’uso di pallottole vere da parte delle forze di sicurezza israeliane contro i manifestanti è stato illegale”.

Israele trasferirà il gettito fiscale

Sempre venerdì, l’Autorità Nazionale Palestinese ha annunciato che Israele trasferirà una parte delle entrate fiscali che ha rifiutato di versare [ad iniziare] da febbraio.

Quel mese Israele ha dichiarato che avrebbe ridotto i trasferimenti delle entrate fiscali all’ANP di circa 127 milioni di euro, l’importo destinato ai palestinesi incarcerati da Israele e alle loro famiglie. L’Autorità Nazionale Palestinese ha rifiutato di accettare trasferimenti inferiori all’intera cifra raccolta.

Una legge approvata l’anno scorso consente a Israele di detrarre i pagamenti effettuati ai prigionieri palestinesi e alle loro famiglie dalle entrate fiscali dell’Autorità Nazionale Palestinese, di cui Israele possiede il controllo.

La situazione di stallo dei trasferimenti delle tasse ha favorito una “grave crisi di liquidità” dell’ANP, la cui soluzione ha avuto la massima priorità nel corso di una conferenza internazionale di donatori sponsorizzata dall’ONU e tenutasi la scorsa settimana.

Ad agosto è stato effettuato un primo trasferimento delle entrate fiscali congelate. In tale circostanza, secondo quanto riferito da Haaretz, l’ANP ha dichiarato che Israele avrebbe “accettato di esentare l’ANP dall’accisa che applica per il carburante [fornito da Israele] … e di applicare retroattivamente questa esenzione [agli] ultimi sette mesi”.

Israele continuerà a trattenere i fondi equivalenti a quanto l’ANP versa alle famiglie dei prigionieri. Pertanto, il problema alla base della crisi che dura da mesi resta irrisolto.

Secondo l’organizzazione per i diritti umani Al Mezan il trattenimento da parte di Israele delle entrate fiscali palestinesi è una violazione degli obblighi di Israele ai sensi dei contenuti del Protocollo di Parigi, stabilito a metà degli anni ’90 come parte degli accordi di Oslo .

Come ha affermato B’Tselem, un’altra organizzazione per i diritti umani [israeliana], in base al Protocollo di Parigi Israele riscuote le tasse per conto dell’Autorità Naizonale Palestinese, dandole il “controllo esclusivo sulle frontiere esterne e sulla riscossione delle tasse sull’importazione e del VAT [IVA, ndtr.]”.

Il quadro dell’unione doganale del Protocollo di Parigi è stato adottato perché, aggiunge B’Tselem, Israele “non voleva stabilire una frontiera [in materia] economica con l’Autorità Nazionale Palestinese, un provvedimento che avrebbe avuto un chiaro sentore di sovranità”.

L’Autorità Nazionale Palestinese valuta che l’economia della Cisgiordania e di Gaza subisca una perdita di almeno 320 milioni di euro all’anno a causa del modo in cui Israele mette in pratica il Protocollo di Parigi.

(traduzione dall’inglese di Aldo Lotta)




Reporter Senza Frontiere accetta un premio da un regime che uccide giornalisti

Ali Abunimah

28 maggio 2019 – Electronic Intifada

Reporter Senza Frontiere sta affrontando dure critiche per aver accettato un premio da un regime che uccide giornalisti.

All’inizio del mese l’associazione, spesso nota con le sue iniziali in francese RSF, durante una cerimonia all’università di Tel Aviv a cui ha partecipato il presidente israeliano Reuven Rivlin, ha ricevuto il premio “Dan David” per “la difesa della democrazia”.

Il direttore di RSF Christophe Deloire ha ritirato il premio a nome del gruppo.

L’ambasciatrice francese a Tel Aviv Hélène Le Gal ha definito la cerimonia di premiazione “una bellissima serata”.

Elsa Lefort, militante francese per i diritti umani, ha detto di “essere rimasta senza parole davanti a un simile cinismo.”

Lefort, moglie di Salah Hamouri, avvocato franco-palestinese recentemente incarcerato per più di un anno da Israele senza imputazioni, ha aggiunto che i suoi pensieri sono andati ai “giornalisti palestinesi uccisi a Gaza e a quelli che languiscono nelle prigioni dell’occupante.”

Prendere di mira i giornalisti

In febbraio una commissione d’inchiesta indipendente dell’ONU ha rilevato che lo scorso anno i cecchini israeliani “hanno sparato intenzionalmente” a giornalisti palestinesi che stavano informando sulle proteste della Grande Marcia del Ritorno a Gaza.

Due sono stati uccisi – Yaser Murtaja and Ahmed Abu Hussein.

All’inizio di questo mese, la madre di Murtaja, Khairiya, ha chiesto alla pop star Madonna di non esibirsi alla competizione musicale Eurovision.

Yaser era un giovane modesto, pacifico, disarmato, che andava sul confine di Gaza con la sua videocamera per trasmettere al mondo la vera immagine di Israele, che assassina i sogni di bambini e giovani,” ha scritto.

Mio figlio non voleva morire, cercava la vita, amava il suo lavoro, voleva far crescere suo figlio con dignità e libertà. Yaser amava questo Paese, e non voleva lasciarmi.” La Commissione per la Protezione dei Giornalisti ha definito l’uccisione di Murtaja e di Abu Hussein “parte di uno schema”, notando che nessuno è mai stato chiamato a rispondere di queste e altre uccisioni di operatori dei media da parte di Israele.

L’organizzazione per i diritti umani con sede a Gaza “Al Mezan” ha documentato più di 230 attacchi contro giornalisti durante la Grande Marcia del Ritorno, 100 dei quali con proiettili veri e altrettanti provocati da candelotti lacrimogeni.

Hamza Abu Eltarabesh, che spesso collabora con questo giornale, recentemente ha detto al podcast di Electronic Intifada di aver smesso di indossare un giubbotto con la scritta STAMPA quando informa sulle proteste di Gaza e cerca solo di mischiarsi alla folla perché l’esercito israeliano ha deliberatamente preso di mira moltissimi giornalisti.

All’inizio di questo mese aerei da guerra israeliani hanno attaccato e distrutto a Gaza City gli uffici dell’agenzia di notizie turca Anadolu.

Persino Reporter Senza Frontiere ha riconosciuto che “le forze israeliane hanno continuato a sottoporre giornalisti palestinesi ad arresti, interrogatori e detenzioni amministrative, spesso senza basi concrete” e che negli ultimi anni le autorità dell’occupazione israeliana hanno ripetutamente chiuso mezzi di informazione palestinesi.

Il giorno dopo la cerimonia di premiazione lo stesso Deloire, il direttore di Reporter Senza Frontiere, ha accusato Israele di “crimini di guerra” contro giornalisti.

Credibilità danneggiata

Il fatto che Reporter Senza Frontiere abbia ricevuto questo premio danneggia gravemente la sua credibilità,” ha osservato la pubblicazione francese ‘Agence Média Palestine’.

In effetti, ricevendo un premio per la ‘democrazia’ in presenza di Reuven Rivlin, il presidente del regime israeliano che lo scorso luglio ha approvato la legge sullo Stato-Nazione che istituisce ufficialmente l’apartheid, non contribuisce alla democrazia, semmai il contrario.”

L’agenzia “Média Palestine” ha accusato Reporter Senza Frontiere di aver preso parte a una manifestazione propagandistica intesa a ripulire l’immagine di Israele.

Gli attivisti palestinesi hanno chiesto a precedenti destinatari di rifiutarsi di accettare il premio Dan David.

Per esempio, nel 2010 il PACBI, la Campagna Palestinese per il Boicottaggio Accademico e Culturale di Israele, ha detto alla celebre scrittrice canadese Margaret Atwood che la sua accettazione del premio avrebbe appoggiato una “campagna ben avviata per occultare le gravi violazioni delle leggi internazionali e dei diritti umani fondamentali da parte di Israele.”

L’autrice di “Il Racconto dell’Ancella” ha ignorato gli appelli dei palestinesi ed ha accettato il versamento di un milione di dollari del “Dan David”.

Il premio “Dan David” è assegnato dall’università di Tel Aviv, che è essa stessa totalmente complice del sistema di occupazione, colonialismo di insediamento e apartheid di Israele.

La commissione del “Dan David Price” include Henry Kissinger, l’uomo di stato americano noto per una spaventosa serie di crimini, compreso il fatto di aver architettato il colpo di stato militare in Cile nel 1973 e i bombardamenti genocidi in Cambogia che hanno ucciso 1,7 milioni di persone.

(traduzione di Amedeo Rossi)




Israele uccide un ragazzino in Cisgiordania e un manifestante a Gaza

Maureen Clare Murphy

26 gennaio 2019, Electronic Intifada

Venerdì le forze di occupazione israeliane hanno ucciso un ragazzino palestinese in Cisgiordania e un uomo durante le proteste della Grande Marcia del Ritorno a Gaza.

Questi morti portano a quattro il numero dei palestinesi che sono stati uccisi dal fuoco dell’esercito israeliano durante la settimana, dopo che lunedì soldati hanno sparato e ucciso un uomo in Cisgiordania e martedì hanno lanciato un proiettile d’artiglieria contro un posto di osservazione di Hamas a Gaza, uccidendo un combattente.

Ayman Ahmad Hamid, 16 anni, è morto venerdì dopo essere stato colpito da soldati israeliani lungo la Route 60, un’autostrada utilizzata dai coloni, nei pressi del villaggio di Silwad, nella zona centrale della Cisgiordania.

L’esercito israeliano ha affermato di aver sparato a tre persone sospettate di lanciare pietre contro i veicoli in transito lungo l’autostrada. Un secondo palestinese è rimasto ferito ad una mano durante l’incidente ed è stato portato in ospedale per essere curato.

Minori uccisi e feriti

Hamid è il secondo ragazzino palestinese ucciso quest’anno dalle forze israeliane. Abd al-Raouf Ismail Salha, 13 anni, è morto il 14 gennaio dopo essere stato colpito alla testa da un candelotto lacrimogeno durante le proteste a Gaza qualche giorno prima.

Durante la settimana almeno altri tre giovani sono stati seriamente feriti in Cisgiordania dalle forze israeliane.

Venerdì è stato riferito che un giovane sarebbe stato colpito alla testa da un proiettile di acciaio rivestito di gomma durante la settimanale manifestazione contro l’occupazione a Ras Karkar, nella zona centrale della Cisgiordania. Il ministero della Sanità dei territori ha detto ai media che il ragazzo non identificato “ha subito una frattura del cranio, che ha provocato un’emorragia interna.”

Venerdì a Yatta, a sud de Hebron, un bambino di 6 anni sarebbe stato seriamente ferito dopo essere stato investito da una jeep dell’esercito israeliano.

Mezzi di informazione palestinesi hanno riferito che le forze di occupazione hanno trasportato il bambino, Sabri Assaf al-Jabarin, in un ospedale in Israele.

Giovedì l’adolescente palestinese Muhammad Issam al-Qawasmi è stato colpito e gravemente ferito da forze israeliane in borghese nel campo profughi di Shuafat, a Gerusalemme est.

Una fonte ufficiale del campo profughi ha detto ai media che al-Qawasmi è stato colpito da un proiettile entrato dalla schiena ed uscito dallo stomaco.

Al suo arrivo all’ospedale “Hadassah” di Gerusalemme per cure d’emergenza, è stato riferito che le forze israeliane hanno arrestato l’adolescente.

Sempre in Cisgiordania le forze israeliane hanno trasferito le spoglie di Hamdan al-Arda, un uomo d’affari ucciso dalle forze di occupazione ad al-Bireh lo scorso mese.

Riguardo alla morte di al-Arda, sul momento Israele aveva sostenuto che l’uomo aveva cercato di investire i soldati con la sua macchina, ma questa versione è stata presto smascherata.

Israele ha sottratto il corpo di al-Arda alla sua famiglia per più di 40 giorni.

Manifestante ucciso a Gaza

Durante la quarantaquattresima protesta settimanale di seguito, tenuta all’insegna della Grande Marcia del Ritorno, nella Striscia di Gaza è stato ucciso Ihab Atallah Hussein Abed, 24 anni.

Adel è stato ferito da un proiettile vero al petto durante una manifestazione a est di Rafah, nella parte più meridionale di Gaza.

Secondo “Al Mezan”, un gruppo per i diritti umani con sede a Gaza, oltre 150 dimostranti sono rimasti feriti durante le proteste.

Tra i feriti durante le proteste di venerdì ci sono cinque paramedici e un giornalista.

Più di 180 palestinesi sono stati uccisi durante le proteste della Grande Marcia del Ritorno dal loro inizio il 30 marzo 2018.

Il ministero della Sanità ha ripetuto il suo disperato allarme per l’“imminente paralisi” dei servizi sanitari nel territorio, in quanto gli ospedali hanno esaurito il combustibile d’emergenza.

Gli ospedali di Gaza fanno affidamento su generatori di riserva durante le frequenti interruzioni di corrente, ma le scorte di carburante per questo scopo si sono esaurite.

Venerdì l’inviato del Qatar a Gaza ha annunciato che 15 milioni di dollari promessi dal Paese per pagare i salari dei dipendenti pubblici a Gaza verranno invece utilizzati per potenziare i servizi medici e l’elettricità nel territorio.

Hamas avrebbe rifiutato l’ultima rata del finanziamento del Qatar affermando che i palestinesi di Gaza vengono utilizzati come pedine in vista delle imminenti elezioni israeliane.

Israele ha ritardato la consegna [dei fondi del Qatar, ndtr.] ed ha condizionato l’attuale rata alle modalità delle proteste della Grande Marcia del Ritorno del venerdì.

Secondo i media israeliani Benjamin Netanyahu avrebbe calcolato che la consegna del denaro a Gaza sarebbe politicamente troppo onerosa in vista delle elezioni previste per il 9 aprile.

(traduzione di Amedeo Rossi)