I sionisti liberal hanno smesso di credere che Israele si redimerà da solo

Philip Weiss

22 agosto 2023 – Mondoweiss

Per anni la posizione dei sionisti liberal [progressisti e moderatamente di sinistra, ndt.] è stata: “Stiamo con il meglio della natura di Israele, che si redimerà da solo.” Quello che hanno ottenuto in cambio di questa convinzione sono fascismo, razzismo violento e occupazione.

Adesso ciò sta cambiando. Grazie all’arroganza e al fascismo del governo di Netanyahu, i sionisti liberal americani si stanno rivoltando contro Israele. Stanno denunciando l’“apartheid” israeliana e chiedono boicottaggio e sanzioni contro Israele per le sue violazioni dei diritti umani.

Ovviamente i palestinesi e gli antisionisti dicono queste cose da molti anni. I sionisti liberal lo possono fare ora perché altri ebrei gli stanno dando il permesso di dirle. Ma, qualunque cosa uno pensi di tali politiche etnocentriche, nella comunità ebraica è in corso un cambiamento significativo (e certamente avrà conseguenze all’interno del Partito Democratico e, in ultima analisi, sulla politica USA).

Guardiamo come stanno le cose.

In primo luogo, c’è stata quella lettera del 5 agosto di studiosi ebrei/israeliani secondo cui Israele pratica “apartheid”, “suprematismo ebraico” e pulizia etnica con il beneplacito dei dirigenti degli ebrei americani. Ed è ora che gli ebrei americani chiedano un cambiamento. La lettera è nota perché uno dei firmatari è Benny Morris, uno studioso che ha giustificato l’espulsione dei palestinesi da parte di Israele durante la Nakba [la pulizia etnica durante la guerra del 1947-49, ndt.] come necessaria per la creazione di Israele.

Ora la lettera ha più di 1.900 firme, tra cui quella del 97enne Yehuda Bauer, uno studioso israeliano dell’Olocausto e presidente onorario in pensione dell’International Holocaust Remembrance Alliance [Alleanza Internazionale per il Ricordo dell’Olocausto, composta da 24 Paesi, per lo più europei, ndt.], che ha emanato la falsa definizione di antisemitismo che include le dure critiche a Israele. E c’è il docente di filosofia Avishai Margalit dell’Università Ebraica, un amico di Michael Walzer ( che non ha firmato).

La Finestra di Overton [che definisce la gamma di idee accettabili nel dibattito sulle politiche pubbliche, ndt.] di una discussione accettabile si sta spostando rapidamente, evidenzia Peter Beinart [famoso editorialista e commentatore politico USA, ndt.], che ha firmato. Altri firmatari statunitensi sono Riva Hocherman, direttrice esecutiva di Metropolitan Books [importante casa editrice statunitense, ndt.], Dan Fleshler di Ameinu [organizzazione sionista legata al partito Laburista israeliano, ndt.], il rabbino Michael Lerner [politico e religioso californiano moderatamente critico con Israele, ndt.], David Nasaw, storico presso la CUNY [l’università della città di New York, ndt.], lo studioso Stephen Zunes [docente di relazioni internazionali contrario all’occupazione israeliana, ndt.] e il rabbino Arthur Waskow (mio collega studente al college della città di Baltimora).

All’inizio di questo mese, dopo che il parlamento israeliano ha sfidato le proteste di massa e ha votato per ridurre fortemente il potere della Corte [suprema] a favore del governo, vergogna riguardo a Israele, indignazione e richieste di agire sono argomenti di una discussione tra ebrei americani afflitti pubblicata da “Americans for Peace Now” [associazione USA affiliata all’omonima organizzazione pacifista israeliana, ndt.].

Queste sono alcune delle opinioni più taglienti:

Diane Blumson ha affermato che è tempo che i dirigenti dell’ebraismo statunitense chiamino Israele a rispondere delle violazioni dei diritti umani che risalgono a 75 anni fa:

“Provo una grande sofferenza e rabbia. Voglio sentire dai pulpiti di tutti i nostri rabbini e cantori che dobbiamo smettere di difendere Israele in quanto vittima come modo per giustificare le violazioni che hanno angariato i palestinesi fin dalla nascita dello Stato.”

Heidi Feldman ha osato condannare gli ignobili aspetti della formazione dell’identità ebraica:

“E’ come leggere la Bibbia, le parti imbarazzanti in cui gli israeliti sono bellicosi, insensibili, prepotenti e aggressivi sia nei confronti delle tribù attorno a loro che di chi tra loro è scettico. Non è l’ebraismo in cui io credo, io credo in un ebraismo in cui amiamo il nostro vicino, amiamo persino lo straniero.”

Harry Appelman ha invocato finalmente l’emancipazione dei palestinesi:

“Dobbiamo portare i cittadini palestinesi fuori dai margini e nel dibattito (e nell’elettorato), concentrando le proteste e le discussioni sull’occupazione.”

Anche Robert Snyder ha reso onore al potenziale politico dei palestinesi:

“(Dobbiamo) lavorare sempre più con i palestinesi all’interno di Israele e in Cisgiordania. Gli ebrei progressisti e liberal ora condividono molti interessi con i palestinesi all’interno di Israele e dovrebbero votare insieme per costruire una nuova maggioranza.” Ho più volte affermato che questo pensiero porta inevitabilmente a invocare uno Stato unico democratico e il BDS [movimento per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni contro Israele, ndt.].

Questo è un ragionamento di Michael Rahimi a favore del boicottaggio:

“Domani vado a Tel Aviv a trovare i miei parenti e accomiatarmi da loro. Finché le cose non cambieranno non tornerò in Israele. Non posso più sopportare quello che il Paese è diventato ed è un crimine quello che ne hanno fatto negli ultimi 20 anni… Lo stanno trasformando in un abominio.”

Ci sono state varie richieste a Biden di agire. Sembra la posizione di J Street [associazione filo-israeliana moderatamente contraria all’occupazione e legata al Partito Democratico, ndt.]. Dannazione, Biden deve fare qualcosa. Ma cosa? Non lo sappiamo! Da un anonimo:

“Penso che tutti sappiamo che c’è bisogno della voce di Biden. Temo che finora la risposta di Biden sia stata piuttosto moderata.”

Elliot Feldman chiede delle sanzioni:

È finito il tempo in cui erano sufficienti i discorsi. Le azioni di Israele devono avere delle conseguenze. L’amministrazione Biden potrebbe iniziare tornando indietro rispetto alla dottrina Pompeo [ministro degli Esteri dell’amministrazione Trump, ndt.]. Potrebbe aprire un ufficio consolare a Gerusalemme est. Potrebbe ri-destinare parte dell’aiuto militare a Israele per ricostruire case, comunità e infrastrutture palestinesi. Potrebbe mostrare un’opposizione più vigorosa nei confronti dell’ambiguità di Israele riguardo all’Ucraina.”

Robert O. Freedman vede favorevolmente un colpo di stato militare!

“Finché questo processo non verrà fermato o da uno sciopero generale che blocchi il Paese… o persino da un colpo di stato da parte dei generali israeliani che non vogliono veder svanire il potere di deterrenza delle IDF [l’esercito israeliano, ndt.], il futuro di Israele sembra piuttosto cupo.”

Parecchie voci parlano di guerra civile: “Sento che lo scenario da incubo di ebrei contro ebrei è arrivato,” dice uno.

Ricordo che quando questo sito iniziò ad esistere le persone dicevano abitualmente a me e ad Adam Horowitz [direttore esecutivo di Mondoweiss, ndt.]: “Perché presentate ogni giorno cattive notizie su Israele, sembrate ossessionati.” E io rispondevo: “Beh, noi siamo ossessionati, questo è un grande problema ebreo/americano, ci impedisce di vedere il sole.” Quindi non ce ne staremo zitti e a volte essere dissonanti è una virtù. Oggi sembra che ogni minuto che passa abbiamo sempre più compagnia.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)




50 membri del Congresso [USA] si oppongono ai piani israeliani di demolire 38 case palestinesi.

Philip Weiss

28 marzo 2022 – Mondoweiss

Con un atto di insolita opposizione all’infinita occupazione israeliana, 50 membri del Congresso hanno firmato una lettera al Segretario di Stato Antony Blinken esortandolo a cercare di fermare la demolizione israeliana di 38 case palestinesi ad al-Walaja, un villaggio nella Cisgiordania occupata perché le demolizioni minano la “dignità palestinese” e “a lungo termine, la sicurezza israeliana”.

Come parte dei piani per la grande Gerusalemme, Israele prevede di mettere sulla strada 360 palestinesi per fare spazio agli insediamenti ebraici.

La Corte Suprema israeliana deciderà su un appello dei palestinesi il 30 marzo. (I palestinesi hanno costruito le case senza permessi; ma Israele nega comunque quasi tutte le richieste di costruzione nell’Area C dell’occupazione. [l’area sotto diretto controllo di Israele, ndt])

Alla domanda specifica su al-Walaja, un alto assistente del Dipartimento di Stato ha suggerito la scorsa settimana che Blinken avrebbe sconsigliato le demolizioni in quanto “passi unilaterali” che minano la cosiddetta soluzione dei due Stati.

Tra i firmatari della lettera del Congresso su al-Walaja figurano molti [democratici] progressisti, come Betty McCollum, Marie Newman, Ilhan Omar e Jamaal Bowman, così come i deputati liberal di J Street [una organizzazione ebraica statunitense favorevole alla soluzione dei “due Stati”, ndt], Jared Huffman, Jennifer Wexton e Andy Levin. E diversi ebrei, tra cui Jan Schakowsky, Jamie Raskin, Steve Cohen, John Yarmuth e Levin.

contro le demolizioni di al-Walaja. Americans for Peace Now le definisce “moralmente sbagliate”, nonché un ostacolo alla possibilità che i palestinesi ottengano mai una capitale per uno Stato palestinese a Gerusalemme. Ameinu [Ameinu, che in ebraico significa “il nostro popolo”, è una comunità di ebrei progressisti in Canada, Stati Uniti, Australia e Brasile, ndt] ha descritto la secolare coltivazione di ulivi, frutta e verdura sui terrazzamenti del villaggio di cui gli insediamenti ebraici illegali desiderano impadronirsi. J Street ha postato contro le demolizioni antecedenti.

Il problema di questo villaggio è emerso durante un dibattito congressuale per le primarie nel Michigan lo scorso giovedì. Due membri democratici del Congresso competono per un distretto suburbano di Detroit recentemente formato con l’unione di due distretti. Una delle principali tematiche in questa competizione è: quanto ti è permesso criticare Israele. La rappresentante Haley Stevens è stata appoggiata dall’AIPAC [American Israel Public Affairs Committee], la lobby israeliana di destra; lei non critica mai Israele. Il rappresentante Andy Levin fa parte di J Street. Si definisce un “audace progressista” e talvolta critica Israele, ed è stato attaccato come “corrosivo” da un ex leader dell’AIPAC.

Si dice che Levin e Stevens siano vicini nei sondaggi. Le primarie sono il 2 agosto e gli ebrei sono elettori chiave nel distretto.

Nel forum condotto dal gruppo filo-israeliano Jewish Democratic Council of America Levin ha criticato le demolizioni di Walaja definendole “ingiuste”. Ha chiesto condizioni sull’impiego dei 4 miliardi di dollari di aiuti ad Israele, ma non proponendo nessun taglio degli aiuti.

È importante garantire che i nostri aiuti militari a Israele siano utilizzati per legittimi scopi di sicurezza. Questo è qualcosa che facciamo anche con il nostro aiuto a tutte le altre nazioni. Non vogliamo che i nostri aiuti vengano utilizzati per perpetuare o estendere l’occupazione, o per eseguire azioni ingiuste come demolizioni di case, sfollamenti forzati o violenze contro i civili. Incidenti come la potenziale demolizione delle case di 300 persone nel villaggio di al-Walaja che potrebbe accadere proprio ora danneggiano famiglie innocenti e allontanano le prospettive di pace.

Stevens non è d’accordo. E’contraria a qualsiasi vincolo sugli aiuti a Israele, considera lo status di Gaza e della Cisgiordania “di lunga contesa”, considera l’Iran il “vero problema” nella regione e non vuole fare pressione su Israele “perché faccia tutte le concessioni”. Stevens ha sollevato un drappo rosso per gli elettori pro-Israele: la convinzione del direttore di Amnesty International che Israele non dovrebbe essere uno Stato ebraico.

In questo momento ci troviamo in una situazione in cui il capo di Amnesty International ha messo in discussione il diritto di Israele di esistere come Stato ebraico. Trovo ciò del tutto inaccettabile e offensivo per le mie convinzioni e per come penso che dobbiamo fare come paese e come mondo, e non ho paura di denunciarlo.

Levin ha giocato ripetutamente la carta ebraica.

Non vedo un modo per avere un futuro pacifico e sicuro per una patria democratica per il mio popolo a meno che non teniamo conto dei diritti politici e umani dei palestinesi. So che è difficile, so che è controverso. Non mi sono candidato per un lavoro facile. Mi collocherò in questa frattura e lavorerò con israeliani e palestinesi per riunire le parti e lavorare per la soluzione dei due Stati in modo che finalmente potremo avere pace e sicurezza nella regione.

La mozione [presentata al Congresso, ndt] per sostenere la soluzione dei due Stati di Levin è il credo di J Street. (Chiunque sia stato in Palestina sa che due Stati non esisteranno mai e sostenere la fede in questa soluzione senza esercitare alcuna pressione su Israele è una forma di crudeltà verso i palestinesi.)

Ma sarà interessante da osservare questa contesa in quanto mette a confronto una democratica intransigente sostenitrice di Israele con uno più progressista.

(traduzione dall’Inglese di Giuseppe Ponsetti)




Il ministero dell’Educazione ha lanciato una campagna contro i sostenitori della Palestina nelle università. Molti l’avevano previsto

Michael Arria

8 ottobre 2019 – Mondoweiss

Lo scorso giugno l’amministrazione Trump ha nominato Kenneth Marcus sottosegretario per i diritti civili e [la sua nomina] è stata approvata dal Senato, 50 a 46, pur non avendo ricevuto voti democratici. Alcune organizzazioni si sono opposte alla nomina di Marcus per varie ragioni: ha appoggiato la revoca delle disposizioni contro le aggressioni sessuali nei campus, si è opposto alle agevolazioni a favore delle minoranze riguardo all’educazione e non è possibile individuare un solo esempio in cui sia stato in disaccordo con Donald Trump riguardo ai diritti civili.

Alcune delle maggiori preoccupazioni riguardo a Marcus sono state espresse da attivisti e gruppi che sostengono i diritti dei palestinesi. Marcus è stato fondatore e presidente del filoisraeliano “Louis D. Brandeis Center for Human Rights” [Centro per i Diritti Civili Louis D. Brandeis, politico USA e fervente sionista, ndtr.], un’organizzazione che intende combattere “il rinascente problema dell’antisemitismo e dell’ostilità verso Israele nei campus universitari.” Marcus ha fatto pressioni a favore di una definizione di antisemitismo (a livello federale e statale) che includa le critiche contro Israele. Ha anche promosso il ritiro dei finanziamenti ai programmi di studi sul Medio Oriente nelle università ed ha chiesto al Congresso di approvare l’ Anti-Semitism Awareness Act [legge per la sensibilizzazione sull’antisemitismo], una norma che censurerebbe le posizioni a favore dei palestinesi nei campus.

Quando Marcus si servirà delle accuse di ‘antisemitismo’ per soffocare la libertà di parola su Israele-Palestina nelle università, dove saranno allora i senatori?”, si è chiesta Debra Shushan, la responsabile giuridica di “Americans for Peace Now” [associazione USA moderatamente critica con il governo israeliano, ndtr.] dopo l’approvazione della nomina di Marcus. Riguardo a questa nomina “Palestine Legal” [associazione di giuristi a favore del diritto dei cittadini USA di parlare a sostegno dei palestinesi, ndtr.] ha valutato i danni potenziali della designazione di Marcus:

Riguardo alle denunce sulla base del Titolo VI [che proibisce discriminazioni in progetti finanziati pubblicamente, ndtr.], che prendano di mira il sostegno ai diritti dei palestinesi, Marcus ha dedicato gli ultimi 13 anni a promuoverle, e non passerà dal ruolo di sostenitore a quello di arbitro.

Avrà l’autorità di indagare su università che autorizzano il sostegno ai diritti dei palestinesi protetto dal Primo Emendamento [della Costituzione USA, che protegge il diritto di parola e di riunione, ndtr.].

Troverà che le università in cui è consentito agli studenti criticare Israele violano il Titolo VI della legge sui diritti civili e obbligherà tali istituti scolastici a inserire “accordi di risoluzione” o “accordi di applicazione”. Tali accordi obbligheranno le università a limitare i discorsi a favore dei diritti dei palestinesi, in violazione del Primo Emendamento. Anche solo la minaccia di un’indagine da parte del governo federale probabilmente provocherà il fatto che le università interferiscano nel dibattito dei campus per evitare di essere messe sotto inchiesta.”

Un anno dopo questo monito si è dimostrato preveggente.

Lo scorso mese il Dipartimento per l’Educazione (DOE) di Betsy DeVos [ministra dell’Educazione nominata da Trump nel 2017, ndtr.] ha minacciato di tagliare i finanziamenti al Consorzio per il Medio Oriente, una collaborazione tra l’università del North Carolina e la Duke University. In una lettera pubblica, il DOE chiarisce di ritenere che il programma sia troppo condiscendente verso l’islam. “Si pone una considerevole enfasi sull comprendere gli aspetti positivi dell’islam, mentre manca del tutto un’attenzione simile verso gli aspetti positivi del cristianesimo, dell’ebraismo e di qualunque altra religione o sistema di credenze in Medio Oriente,” recita. Per continuare a ricevere finanziamenti, in base al Titolo VI il programma deve rivedere i suoi criteri e fornire al DOE un’analisi dettagliata dei suoi progetti di spesa.

La lettera del DOE è nata da un’indagine sul programma iniziata in giugno. Lo scorso marzo il programma di studi sul Medio Oriente aveva tenuto una conferenza intitolata “Conflitto contro Gaza: persone, politiche e possibilità.” L’evento includeva un’esibizione del musicista palestinese Tamer Nafar, che ha suonato una canzone ironica su un arabo che si innamora di una soldatessa dell’esercito israeliano. In seguito un blogger filo-israeliano ha postato immagini decontestualizzate dell’esibizione e la faccenda è stata ripresa dal senatore repubblicano George Holding, che ha chiesto a DeVos di indagare su tutto il programma.

Elyse Crystall è docente associata di Inglese e Letteratura Comparata all’UNC [Università della North Carolina, ndtr.] ed era presente alla conferenza. Afferma che l’evento è stato sfruttato in modo cinico per censurare le voci a favore di palestinesi e musulmani nel campus. “Abbiamo studenti che sono palestinesi, musulmani, arabi, arabo-americani e sono stati pugnalati alle spalle,” racconta a Mondoweiss. “Nessuno si preoccupa di come ciò li abbia colpiti. Sono sconvolti e non sanno dove andare. [Non hanno] nessuno con cui parlarne.”

Alcuni docenti della Duke recentemente hanno pubblicato una lettera di condanna della decisione del DOE. “L’inchiesta federale è il punto più alto di una campagna pluridecennale da parte di organizzazioni anti-palestinesi contro programmi e corsi di studi accademici ritenuti non sufficientemente ‘filo-israeliani’,” si afferma. “Questa inchiesta prende di mira un centro studi sul Medio Oriente, ma dovrebbe preoccupare tutti noi. Oggi ogni docente e studioso è in pericolo se non si allinea alla politica nazionale e alle priorità della sicurezza nazionale.” Inoltre oltre 100 studiosi ebrei (compresi nomi quali Noam Chomsky e Judith Butler) hanno inviato una lettera a DeVOs chiedendole di porre fine a questa “aggressione infondata” ai programmi di studi sul Medio Oriente:

Sotto la sua direzione il ministero dell’Educazione ha condotto una crociata contro chiunque nei campus universitari osi criticare le violazioni dei diritti umani da parte di Israele. Infatti il ‘capo per i diritti civili’ da lei designato, Kenneth Marcus, ha fatto carriera attaccando chi critica l’occupazione israeliana della Cisgiordania e di Gaza che dura da 52 anni. Per anni Marcus ha cercato di delegittimare e privare di finanziamenti i programmi di studio sul Medio Oriente che consentono agli studenti e al corpo docente di criticare il governo di Israele e il modo in cui tratta il popolo palestinese. Il modo di agire di Marcus rende evidente come la sua preoccupazione non sia di promuovere la libertà di parola e la libera discussione accademica, ma soffocarla.”

Molti opinionisti e commentatori hanno ribadito che sotto Trump stiamo attraversando una crisi della libertà di parola nelle università, in quanto alcuni punti di vista vengono attaccati o messi a tacere. Tuttavia, com’era prevedibile, nel dibattito pubblico questa campagna potenzialmente vasta contro la libertà accademica è ignorata.

Michael Arria è inviato di Mondoweiss negli USA.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)