Il “nuovo antisemitismo”

Neve Gordon

4 gennaio 2018, London Review of Books

Poco dopo lo scoppio della Seconda Intifada nel settembre 2000 sono diventato attivista del movimento politico ebreo-palestinese chiamato “Ta’ayush”, che conduce un’attività non violenta diretta contro l’assedio militare israeliano della Cisgiordania e di Gaza. Il suo obiettivo non è solo protestare contro le violazioni dei diritti umani da parte di Israele, ma di unirsi al popolo palestinese nella sua lotta per l’autodeterminazione. Per alcuni anni ho passato la maggior parte dei fine settimana con “Ta’ayush” in Cisgiordania; durante la settimana avrei scritto delle loro attività per la stampa locale ed internazionale. I miei articoli attirarono l’attenzione di un professore dell’università di Haifa, che scrisse una serie di interventi accusandomi prima di essere un traditore e un sostenitore del terrorismo, poi più tardi di essere un “Judenrat wannabe” [lett. “Sostenitore del Consiglio ebraico”, cioè gli ebrei che collaborarono con il nazismo, ndt.] e un antisemita. Le accuse iniziarono a circolare sui siti web della destra; ricevetti minacce di morte e parecchi messaggi di odio via mail; all’amministrazione della mia università arrivarono lettere, alcune da parte di importanti finanziatori, che chiedevano che venissi licenziato.

Ho citato questa esperienza personale perché, benché persone all’interno di Israele e all’estero abbiano espresso preoccupazione per il mio benessere e mi abbiano offerto il loro appoggio, la mia sensazione è che nel loro sincero allarme per la mia sicurezza, abbiano perso di vista qualcosa di molto importante riguardo all’accusa di “nuovo antisemitismo” e a chi sia, in ultima analisi, il loro bersaglio.

Ci viene detto che il “nuovo antisemitismo” prende la forma della critica del sionismo e delle azioni e delle politiche di Israele, e si manifesta spesso nelle campagne per rendere responsabile il governo israeliano della violazione delle leggi internazionali, con il recente esempio del movimento per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni (BDS). In questo sarebbe diverso dal “tradizionale” antisemitismo, inteso come l’odio per gli ebrei in quanto tali, l’idea che gli ebrei siano naturalmente inferiori, la convinzione che ci sia una cospirazione mondiale degli ebrei o il controllo ebraico del capitalismo, ecc. Il “nuovo antisemitismo” differisce anche dalla forma tradizionale nelle affiliazioni politiche dei suoi presunti responsabili: mentre siamo abituati a pensare che gli antisemiti siano politicamente di destra, i nuovi antisemiti sarebbero, agli occhi dei loro accusatori, soprattutto politicamente di sinistra.

La logica del “nuovo antisemitismo” può essere formulata come un sillogismo: 1) l’antisemitismo è odio verso gli ebrei; 2) essere ebrei vuol dire essere sionisti; 3) di conseguenza l’antisionismo è antisemitismo. L’errore riguarda la seconda proposizione. Le affermazioni secondo cui il sionismo si identifica con l’ebraismo, o che una simile equazione possa essere fatta tra lo Stato di Israele e il popolo ebraico, sono false. Molti ebrei non sono sionisti. E il sionismo ha molte caratteristiche che non sono in nessun modo insite o caratteristiche dell’ebraicità, ma piuttosto sono emerse dalle ideologie nazionaliste e del colonialismo di insediamento durante gli ultimi trecento anni. La critica del sionismo o di Israele non è necessariamente il prodotto di un’animosità verso gli ebrei; al contrario, l’odio verso gli ebrei non implica necessariamente l’antisionismo.

Non solo, ma è possibile essere sia sionista che antisemita. La prova di ciò è fornita dalle affermazioni di suprematisti bianchi negli USA e da politici dell’estrema destra in tutta Europa. Richard Spencer, un esponente di spicco dell’alt-right [“destra alternativa”, l’estrema destra statunitense che ha contribuito all’elezione di Trump, ndt.], non ha nessun problema nel definirsi come un “sionista bianco” (“come cittadino israeliano” ha spiegato a un intervistatore della televisione israeliana Channel 2, “che ha un senso di appartenenza ad una Nazione e ad un popolo, alla storia e l’esperienza del popolo ebraico, lei dovrebbe avere rispetto per uno come me, che prova gli stessi sentimenti nei confronti dei bianchi…Voglio che noi abbiamo una patria sicura per noi stessi. Proprio come voi volete una patria sicura in Israele”), mentre pensa anche che “gli ebrei sono ampiamente sovra rappresentati in quello che si potrebbe chiamare l’“establishment”.’ Anche Gianfranco Fini dell’Alleanza Nazionale italiana e Geert Wilders, leader del Partito Olandese della Libertà, hanno professato la propria ammirazione per il sionismo e per l’etnocrazia “bianca” dello Stato di Israele, pur esprimendo chiaramente le proprie opinioni antisemite in altre occasioni. Tre cose che attraggono questi antisemiti verso Israele sono: primo, il carattere etnocratico dello Stato; secondo, un’islamofobia che ritengono Israele condivida con loro; terzo, le politiche assolutamente dure di Israele verso i migranti di colore dall’Africa (nelle ultime di una serie di misure destinate a obbligare immigrati eritrei e sudanesi a lasciare Israele, sono state introdotte norme, all’inizio di quest’anno, che impongono ai richiedenti asilo di depositare il 20% dei loro averi in un fondo che gli verrà restituito solo se, e quando, lasceranno il Paese).

Se sionismo ed antisemitismo possono coincidere, allora – in base alla legge di contraddizione – l’antisionismo e l’antisemitismo non sono riducibili uno all’altro. Ovviamente è vero che in certi casi l’antisionismo può effettivamente sovrapporsi in parte all’antisemitismo, ma questo di per sé non ci dice molto, dato che una grande varietà di opinioni e di ideologie possono coincidere con l’antisemitismo. Si può essere capitalisti, socialisti o libertari ed essere anche antisemiti, ma il fatto che l’antisemitismo si possa unire con ideologie così diverse così come con l’antisionismo non ci dice praticamente niente su questo o su di esse. Eppure, nonostante la chiara distinzione tra l’antisemitismo e l’antisionismo, parecchi governi, così come gruppi di studio e organizzazioni non governative, insistono ora sulla nozione secondo cui l’antisionismo è necessariamente una forma di antisemitismo. La definizione adottata dall’attuale governo del Regno Unito offre 11 esempi di antisemitismo, sette dei quali includono critiche a Israele – una manifestazione concreta del modo in cui la nuova concezione dell’antisemitismo è diventata un’opinione accettata. Qualunque critica rivolta contro lo Stato di Israele assume ora le tinte dell’antisemitismo.

Un esempio singolare ma molto efficace del “nuovo antisemitismo” ha avuto luogo nel 2005 durante il ritiro di Israele da Gaza. Quando sono arrivati i soldati per evacuare gli ottomila coloni che vivevano nella zona, alcuni di questi hanno protestato mettendo sui vestiti stelle gialle e insistendo che “non sarebbero andati come pecore al macello”. Shaul Magid, il titolare della cattedra di “Studi ebraici” all’università dell’Indiana, sottolinea che così facendo i coloni hanno dato dell’antisemita al governo e all’esercito israeliani. Ai loro occhi il governo ed i soldati meritavano di essere chiamati antisemiti non perché odiano gli ebrei, ma perché stavano mettendo in atto una politica antisionista, danneggiando il progetto di fondazione del cosiddetto “Grande Israele”. Questa rappresentazione della decolonizzazione come antisemita è la chiave per una corretta comprensione di quello che è in gioco quando la gente viene accusata del “nuovo antisemitismo”. Quando il professore dell’università di Haifa mi ha bollato come antisemita, non ero io il vero bersaglio. Gente come me viene regolarmente attaccata, ma siamo considerati dalla macchina del “nuovo antisemitismo” scudi umani. Il vero obbiettivo sono i palestinesi.

C’è una certa ironia in questo. Storicamente la lotta contro l’antisemitismo ha inteso promuovere pari diritti e l’emancipazione degli ebrei. Quelli che denunciano il “nuovo antisemitismo” desiderano legittimare la discriminazione e la sottomissione dei palestinesi. Nel primo caso qualcuno che desidera opprimere, dominare e sterminare gli ebrei è bollato come antisemita; nel secondo, chi vuole partecipare alla lotta per la liberazione dal dominio coloniale è bollato come antisemita. In questo modo, ha osservato Judith Butler [nota filosofa statunitense di origine ebraica, ndt.], “un desiderio di giustizia” è “ridefinito come antisemitismo”.

Il governo israeliano ha bisogno del “nuovo antisemitismo” per giustificare le sue azioni e per proteggerle dalla condanna interna ed internazionale. L’antisemitismo è effettivamente utilizzato come un’arma, non solo per soffocare il discorso – “non importa se l’accusa è vera”, scrive Butler, il suo intento è “causare sofferenza, provocare vergogna, e ridurre l’accusato al silenzio” – ma anche per sopprimere una politica per la liberazione. La campagna non violenta del BDS contro il progetto coloniale e la violazione dei diritti da parte di Israele è etichettata come antisemita non perché i fautori del BDS odino gli ebrei, ma perché esso denuncia l’oppressione del popolo palestinese. Ciò evidenzia un ulteriore aspetto inquietante del “nuovo antisemitismo”. Convenzionalmente, chiamare qualcuno “antisemita” vuol dire mettere in evidenza e condannare il suo razzismo; nel nuovo caso, l’accusa di “antisemita” è utilizzata per difendere il razzismo e per appoggiare un regime che mette in atto politiche razziste.

Oggi la questione è come conservare una nozione di anti-antisemitismo che rifiuti l’odio contro gli ebrei, ma non promuova l’ingiustizia e l’espropriazione nei territori palestinesi o in qualunque altro luogo. C’è una via d’uscita dal dilemma. Possiamo opporci a due ingiustizie in una volta. Possiamo condannare i discorsi di odio ed i crimini contro gli ebrei, come quelli di cui siamo stati testimoni recentemente negli USA, o l’antisemitismo dei partiti politici di estrema destra europei, e allo stesso tempo denunciare il progetto coloniale di Israele ed appoggiare i palestinesi nella loro lotta per l’autodeterminazione. Ma per portare avanti questi compiti congiuntamente, bisogna prima rifiutare l’equazione tra antisemitismo e antisionismo.

(traduzione di Amedeo Rossi)

 




L’alleanza tra i sionisti ed i suprematisti bianchi nella Casa Bianca di Trump

Ali Abunimah Lobby Watch

15 agosto 2017, Electronic Intifada

Un articolo molto discusso del New York Times sulle pressioni sul presidente Donald Trump perché licenzi il suo consigliere Steve Bannon contiene questa affermazione intrigante:

La capacità del signor Bannon di inserirsi come populista all’interno dell’amministrazione Trump è in parte dovuta ai suoi collegamenti con un pugno di ricchissimi padrini politici, compreso Sheldon G. Adelson, il magnate filo-israeliano dei casinò di Las Vegas.

Come presidente esecutivo di Breitbart News prima di unirsi alla campagna elettorale di Trump, Bannon ha trasformato il sito informativo di estrema destra in quello che ha definito come la “piattaforma per l’alt-right” – l’insieme di neonazisti, suprematisti bianchi e razzisti che sabato sono stati la nuova causa di indignazione dopo la loro violenta aggressione a Charlottesville, in Virginia.

Il silenzio di Israele

Bannon è universalmente visto come il campione dei suprematisti bianchi – alcuni dei quali hanno sfilato apertamente con bandiere naziste – e la ragione per cui Trump non li ha esplicitamente condannati immediatamente dopo che uno di loro, a quanto pare James Alex Field, di 20 anni, ha lanciato la sua macchina contro i manifestanti contrari, uccidendo la 32enne Heather Hever e ne ha ferito più di una dozzina di altri.

Da qui le rinnovate pressioni su Trump perché licenzi Bannon. Ma se Bannon appoggia i suprematisti bianchi e la far-right chiaramente antisemita, perché gode del sostegno di Adelson? Il miliardario di Las Vegas, com’è ben noto, è un importante finanziatore del partito Repubblicano USA e uno dei maggior donatori delle organizzazioni filo-israeliane negli Stati Uniti. Adelson ha affermato di essere dispiaciuto per aver fatto il servizio militare nell’esercito USA invece che in quello israeliano.

E’ anche uno stretto alleato del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu – ed è qui che si può trovare la risposta.

I leader israeliani, compreso Netanyahu, sono rimasti in silenzio in maniera molto evidente riguardo ai nazisti che si sono scatenati a Charlottesville – cosa particolarmente strana dato che Israele è in genere molto lesto nello sfruttare avvenimenti internazionali a proprio vantaggio. (Dopo tre giorni di silenzio alla fine Netanyahu, martedì, ha twittato una condanna generica dell’ “antisemitismo, neonazismo e razzismo” senza citare specificamente Charlottesville).

Perché lo “Stato ebraico” è apparentemente così riluttante ad esprimersi contro i nazisti?

Le alleanze antisemite di Israele

Mentre Israele pretende di essere il protettore degli ebrei di tutto il mondo, storicamente i sionisti hanno stretto alleanza con i più letali antisemiti del mondo. Sionisti e antisemiti, dopo tutto, condividono l’analisi che gli ebrei non appartengono all’Europa, quindi perché non collaborare per trasportarli da qualche altra parte – in Palestina?

Questa odiosa alleanza continua in forme attuali, come ha osservato [in alcuni tweet] il giornalista Max Blumenthal il 14 agosto:

Un ‘liberal’ israeliano incita gli ebrei a lasciare l’America. E’ quello che vogliono che facciamo anche i nazisti che hanno marciato a Charlottesville. Che vadano entrambi al diavolo.”

Ma questa è l’essenza del Sionismo ed è la ragione per cui è stato accolto in modo così accondiscendente dai fascisti gentili [cioè non ebrei, ndt.] che vogliono anche loro che gli ebrei se ne vadano.”

Una pietra miliare della politica israeliana di oggi è rafforzare i legami con altre forze ultranazionaliste, razziste ed islamofobe in tutto il mondo – persino se sono anche anti-semite.

Un esempio lampante è l’abbraccio dello stesso di Netanyahu con il primo ministro ungherese Viktor Orban, nonostante il recente elogio di quest’ultimo a Viktor Horthy, l’alleato di Hitler durante la guerra che diresse l’uccisione di 500.000 vittime dell’Olocausto.

Gli interessi di Israele hanno assunto priorità rispetto alla preoccupazione per la sicurezza degli ebrei ungheresi, dato che Netanyahu ha ordinato al suo ministro degli Esteri di soffocare le critiche contro i richiami antisemiti di Orban.

In modo significativo Richard Spencer, l’ideologo neonazista che vuole creare una patria ariana in Nord America, ha definito la sua missione “una specie di sionismo bianco”. Spencer ha rapporti con un altro consulente importante della Casa Bianca, Stephen Miller.

Una simile alleanza ideologica prevale all’interno della Casa Bianca. E Israele l’ha protetta: Ron Dermer, l’ambasciatore israeliano a Washington, ha difeso pubblicamente Bannon nei giorni che hanno seguito le elezioni di novembre, dopo che gruppi di ebrei americani hanno duramente criticato la nomina di Bannon a posizioni di vertice.

Ideologia e convenienza

Ma l’alleanza Adelson-Bannon è anche di convenienza. L’ “Organizzazione Sionista d’America”, sostenuta da Adelson, sta conducendo una campagna contro il consigliere per la Sicurezza Nazionale di Trump H. R. McMaster, che intende presentare il generale dell’esercito come “ostile ad Israele”.

McMaster sembra anche essere uno dei principali oppositori di Bannon all’interno della Casa Bianca. Figure dell’establishment della lobby israeliana, come l’ambasciatore dell’amministrazione Obama in Israele Daniel Shapiro, sono insorte a difesa di Mc Master:

Due figure importanti della sicurezza israeliana smentiscono la frottola assurda ed offensiva che McMaster sia ostile ad Israele.”

Scegli la tua guerra

Ci sono diverse questioni in gioco. Parte dell’agenda dell’ultranazionalista “Prima l’America” di Bannon è l’opposizione ad alcuni interventi militari USA, in particolare a un rinnovato “slancio” in Afghanistan ,che è appoggiato da McMaster e dal ministro della Difesa USA James Mattis.

Tuttavia ciò non è interesse né di Adelson né di Netanyahu. Bannon ed altre figure dell’estrema destra, compreso il consigliere della Casa Bianca Sebastian Gorka, sono stati gli oppositori principali dell’accordo internazionale con l’Iran sul suo programma per l’energia nucleare. Per anni bloccare o indebolire l’accordo con l’Iran è stata una delle preoccupazioni di Netanyahu.

Bannon e Gorka si sono opposti furiosamente alla recente certificazione da parte del dipartimento di Stato che l’Iran sta rispettando i termini dell’accordo.

L’accusa fondamentale dell’ “Organizzazione Sionista d’America” contro McMaster è che è troppo comprensivo con l’Iran.

Informazioni riportate da “The Forward” [storica rivista ebreo-statunitense, ndt.] hanno rivelato che Gorka è membro del gruppo ungherese di estrema destra che era controllato dai nazisti durante la guerra ed ha fornito appoggio ad una milizia antisemita.

Per chi sostiene la giustizia e si oppone alla guerra e al razzismo non c’è una “parte” da scegliere in questa battaglia. Da una parte c’è la fazione di Bannon-Adelson che sostiene il sionismo estremista, l’antisemitismo, la supremazia bianca e la possibile guerra contro l’Iran. Dall’altra, c’è quella di McMaster, appoggiata dall’apparato di Washington, che vuole perpetuare le attuali guerre imperialiste dell’America, a cominciare da un’escalation in Afghanistan.

(traduzione di Amedeo Rossi)




L’innamoramento di Israele per gli antisemiti ungheresi mette in luce l’orribile essenza del sionismo

Asa Winstanley – 26 luglio 2017,Middle East Monitor

Il sionismo, l’ideologia ufficiale dello Stato di Israele, è sempre stato un progetto politico antisemita. Benché il sionismo si sia presentato come una soluzione all’antisemitismo europeo, in realtà ha significato una sua continuazione nello spirito e nella pratica.

La premessa di base che sta dietro al sionismo è sempre stata fondamentalmente anti-ebraica. L’idea che gli ebrei non siano autentici cittadini dei loro Paesi d’origine in Europa ed altrove e che dovrebbero andarsene per diventare coloni in un Paese straniero – Israele – è tale che la sinistra politica non ha problemi a riconoscerla come antisemita quando è sostenuta dalla destra politica. Quando la stessa menzogna esce dalla bocca dei sionisti, allora (compreso qualche qualche gruppo progressista e di sinistra) viene accettata perché appoggiano Israele. E’ ora di porre fine a questa ipocrisia e di ammettere che il sionismo è antisemitismo.

Un’ulteriore prova di ciò è risultata evidente all’inizio di questo mese con la questione di George Soros in Ungheria. Il governo di destra ha lanciato una campagna di manifesti esplicitamente anti-semiti che ha preso di mira gli immigrati; i manifesti mostravano il volto sorridente di Soros e una didascalia: “Non lasciamo che Soros abbia l’ultima parola [letteralmente: che rida per ultimo, ndt.]!”

Nato ebreo ungherese, Soros è un finanziere miliardario e finanziatore di cause progressiste attraverso le sue “Fondazioni per una Società Aperta”. I beneficiari della sua generosità includono gruppi che promuovono politiche immigratorie più aperte.

Il messaggio chiaramente insito nei manifesti era che ricchi ebrei stanno dietro una trama per inondare l’Ungheria di immigrati, una tipica menzogna della propaganda fascista. “Human Rights Watch”, un’organizzazione in parte finanziata da Soros, ha condannato la campagna, affermando che “evoca ricordi dei manifesti nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale.”

Anche la comunità ebraica ungherese ha manifestato preoccupazione, e l’ambasciata israeliana a Budapest inizialmente ha fatto lo stesso. Tuttavia, ore dopo, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu – che è anche il ministro degli Esteri – in un comunicato rilasciato dal ministero degli Esteri ha scavalcato l’ambasciata. Il “chiarimento” ha sostenuto che George Soros “minaccia continuamente i governi israeliani democraticamente eletti” ed ha affermato che finanzia organizzazioni “che diffamano lo Stato ebraico e cercano di negargli il diritto di difendersi.”

B’tselem, il gruppo per i diritti umani israeliano che si dedica a documentare le violazioni a danno dei palestinesi da parte di Israele, è un altro gruppo sostenuto dalle fondazioni di Soros.

Il “chiarimento” di Netanyahu è molto significativo in quanto ha offerto un appoggio al primo ministro ungherese Viktor Orban. Lo scorso mese Orban ha elogiato il leader ungherese della Seconda Guerra Mondiale Miklos Horthy, definendolo uno “statista eccezionale”. Horthy fu un alleato di Adolf Hitler e il suo regime collaborò con i nazisti nella deportazione degli ebrei. Mezzo milione di ebrei ungheresi furono uccisi durante l’Olocausto nazista.

Ciononostante Netanyahu ha dato il proprio sostegno al leader ungherese alla vigilia della sua visita a Budapest all’inizio del mese, durante la quale ha lodato le credenziali filo-israeliane di Orban. “C’è un nuovo antisemitismo che è rappresentato dall’anti-sionismo e che consiste nel delegittimare l’unico Stato ebraico,” ha detto Netanyahu dopo colloqui con Orban. “L’Ungheria è, in molti modi, all’avanguardia degli Stati che vi si oppongono.”

Questa è in sintesi la politica israeliana: l’antisemitismo è ridefinito da “odio degli ebrei in quanto tali” a “critiche contro Israele”. Ciò ha raggiunto un culmine talmente estremo che persino ai sionisti non ebrei è consentito di uscirsene con i giudizi anti-ebraici più stravaganti finché appoggiano Israele sempre e comunque.

La faccenda ci ricorda un cartone animato orribilmente antisemita creato nel 2015 da un’organizzazione di coloni israeliani che riceve finanziamenti pubblici. Il grottesco esempio di propaganda era un attacco generalizzato contro B’tselem, Yesh Din e altri gruppi israeliani per i diritti umani. In esso un personaggio losco, con il naso grande definito come “Lo ebreo” [nel testo inglese “Ze Jew”], ha delle monete europee lanciategli in cambio di bugie propagandistiche inventate contro Israele. Classico esempio antisemita di incitamento contro gli ebrei critici di Israele, era persino intitolato “L’ebreo eterno”, come un film di propaganda nazista del 1940.

Come ha scritto recentemente Haaretz in un editoriale sulla faccenda di Soros, “Chi sostiene progetti universalisti e lotta per i diritti umani, compresi i diritti delle minoranze e degli stranieri, in Israele è denunciato come nemico.”

Attivisti ebrei nei movimenti di solidarietà con la Palestina in Gran Bretagna raccontano sistematicamente di essere vittime delle denunce più ferocemente antisemite da parte dei sionisti, che spesso esprimono l’auspicio che gli attivisti o le loro famiglie fossero stati uccisi durante l’Olocausto.

Riguardo a Soros, la destra ungherese e quella israeliana sembrano aver trovato una causa comune. Poco dopo che Netanyahu ha appoggiato la campagna di odio anti-semita di Orban, un parlamentare del suo partito di estrema destra, il Likud, ha proposto quella che ha chiamato la “Legge Soros”, per bloccare le donazioni ai gruppi di sinistra che godono di finanziamenti stranieri.

L’innamoramento di Israele per gli antisemiti ungheresi mette in luce l’orribile essenza del sionismo. La sua china verso il fascismo sempre più esplicito continua a ritmo sostenuto.

(traduzione di Amedeo Rossi)

 




Di colpo si può essere filoisraeliani ed antisemiti

di Gideon Levy, 21 novembre 2016 Haaretz

Quando l’amicizia verso Israele viene giudicata solamente in base al sostegno all’occupazione, Israele non ha altri amici se non i razzisti e i nazionalisti.

All’improvviso non è così terribile essere antisemiti. Tutto ad un tratto diventa scusabile, nella misura in cui odiate i musulmani e gli arabi e “amate Israele”. Il diritto ebraico ed israeliano ha concesso una radicale amnistia agli amanti antisemiti di Israele – sì, succede questo e loro stanno per prendere il potere negli Stati Uniti.

Adesso lo sappiamo: non solo la pornografia, ma anche l’antisemitismo è una questione di geografia e di prezzo. Gli antisemiti americani di destra non sono più considerati antisemiti.

La definizione è stata aggiornata: d’ora in poi gli antisemiti si trovano solo nei ranghi della sinistra. Roger Waters (ex-leader dei Pink Floyd e sostenitore del boicottaggio contro Israele, ndtr.), un coraggioso uomo di coscienza senza macchia, è un antisemita. Steve Bannon, un razzista dichiarato ed esplicitamente antisemita che è stato nominato capo della strategia della Casa Bianca di Trump, è un amico di Israele.

Gli attivisti ebrei ed israeliani che non risparmiano sforzi per scoprire segnali di antisemitismo, che considerano ogni multa per sosta vietata ad un ebreo americano come un gesto di odio, che muovono cielo e terra ogni volta che un ebreo viene derubato o una lapide ebrea viene infranta, adesso riabilitano un antisemita. Improvvisamente non sono sicuri che si stia parlando di quel particolare morbo.

Alan Dershowitz (docente di diritto ed accanito sostenitore di Israele negli USA, ndtr.), uno dei maggiori propagandisti in questo campo, è già insorto in difesa del razzista Bannon. In un articolo su Haaretz della scorsa settimana Dershowitz ha scritto che l’uomo la cui moglie ha detto che non ha permesso ai suoi figli di andare a scuola insieme agli ebrei non è un antisemita. “L’accusa è semplicemente stata fatta dalla sua ex moglie in un processo, senza dare al fatto un particolare peso,” ha scritto Dershowitz, con logica pretestuosa.

Dopo tutto, l’ex assistente ricercatore di Dershowitz, un ebreo ortodosso che ha successivamente lavorato con Bannon, gli ha assicurato di non aver riscontrato elementi di antisemitismo in Bannon. E questo è improvvisamente sufficiente per Dershowitz. Di punto in bianco è possibile separare il razzismo dall’antisemitismo.

L’ambasciatore israeliano a Washington, Ron Dermer, ovviamente si è affrettato ad unirsi alla compagnia. Nel weekend ha detto di aspettarsi di lavorare con Bannon. E, cavoli, si aspetta di lavorare con quel razzista. In fondo, saranno d’accordo su tutto: che non esiste un popolo palestinese, che non esiste l’occupazione, che la colonia di Yitzhar ([una delle colonie più violente ed estremiste, ndtr.) dovrà restare per sempre, che quelli di sinistra sono dei traditori.

Per Dermer – ambasciatore dell’avamposto illegale di Amona, amico del Tea Party , uno che boicotta J Street (gruppo liberale statunitense che promuove la pace tra Israele e Palestina, ndtr.), un uomo che, se la relazione bilaterale fosse stata normale, sarebbe stato dichiarato persona non gradita dagli Stati Uniti – le nuove nomine sono l’alba di un nuovo giorno.

Si sentirà a casa con Frank Gaffney, un altro che odia i musulmani, che probabilmente otterrà un’alta carica nella nuova amministrazione; sarà felice di lavorare con Bannon. E Mike Huckabee (politico repubblicano e pastore battista statunitense, ndtr.) gli va proprio a genio. Dermer, dopo tutto, ha ricevuto il Premio Fiamma della Libertà dal Centro per la politica di sicurezza, un gruppo razzista che sventola orgogliosamente la bandiera dell’islamofobia.

Questi razzisti e quelli della loro risma sono i migliori amici di Israele negli Stati Uniti. Ad essi si uniscono i razzisti della destra europea. Se non si contano i sensi di colpa per l’olocausto, essi sono gli unici amici rimasti ad Israele. Quando l’amicizia per Israele si misura solamente sulla base del sostegno all’occupazione, Israele non ha altri amici che i razzisti ed i nazionalisti. Questo avrebbe dovuto suscitare qui una profonda vergogna: dimmi chi sono i tuoi amici e ti dirò chi sei.

Questi razzisti amano Israele perché realizza i loro sogni: opprimere gli arabi, offendere i musulmani, spossessarli, espellerli, ucciderli, distruggere le loro case, calpestare la loro dignità. Questo mucchio di spazzatura vorrebbe tanto comportarsi come noi.

Ma per ora ciò è possibile solo in Israele, per cui esso è il faro tra le nazioni in questo campo. Che cosa ne è dei tempi in cui gli ebrei in Sudafrica andavano in prigione con Nelson Mandela? Oggi gli attivisti ebrei in America sostengono i nuovi governanti – i razzisti e gli antisemiti.

Nel weekend la scrittrice palestinese-americana Susan Abulhawa ha scritto su Facebook: i palestinesi definiscono il nazionalista bianco Bannon un antisemita, mentre l’AIPAC (gruppo di pressione statunitense che sostiene politiche a favore di Israele, ndtr.) e Dershowitz pensano che non sia una cattiva persona. Di quale altra prova c’è bisogno sul fatto che il sionismo è un aspetto della supremazia bianca e in definitiva è antitetico all’ebraismo?

La scorsa estate Abulhawa è stata deportata dal ponte di Allenby [cioè in Giordania, ndtr.]. Ed ha ragione. Gli Stati Uniti e Israele condividono oggi gli stessi valori – e guai a vergognarsene.

 

(Traduzione di Cristiana Cavagna)




L’antisionismo è antisemitismo?

The News Arab – Pubblicato il 29 aprile 2016

di

Hilary Aked

Nelle scorse settimane la stampa inglese è stata inondata da affermazioni secondo cui dirigenti della sinistra avrebbero fatto affermazioni antisemite.

In qualche caso sono persino stati fatti commenti apertamente razzisti e sollevati legittimi timori. Ma di fatto altre sono state manifestazioni di anti-sionismo. Le affermazioni di Malia Bouattia, la nuova presidentessa eletta dell’Unione Nazionale degli Studenti del Regno Unito, in assoluto la prima donna di colore a ricoprire questo ruolo, sono forse il più evidente esempio di quest’ultimo caso.

I media hanno dato spazio a quanti sostengono esplicitamente che l’antisemitismo e l’antisionismo sono “la stessa cosa”. Ma questa commistione è pericolosa e sbagliata. Tende a mascherare un movimento politico (il nazionalismo ebraico) con un’identità etnico- religiosa (l’ebraismo). Oltre ad essere analiticamente sbagliato, ciò è anche privo di una base empirica.

L’ideologia sionista presenta varie tendenze, ma tutte le varianti del sionismo politico sono unificate dalla fede nella giustezza di uno Stato nazionale per gli ebrei. Il trattato di Theodor Herzl [il padre del sionismo. Ndtr.] Der Judenstaat [Lo Stato ebraico] del 1896 fornisce una delle più autorevoli dichiarazioni iniziali di questo movimento, che non è esistito da molto più di un secolo e che è stato, per quasi la metà di questo tempo, un movimento politico veramente marginale all’interno delle comunità ebraiche.

Benché oggi sia vero che la maggioranza degli ebrei probabilmente affermi di appoggiare il sionismo, ci sono ancora importanti minoranze che non lo fanno e che non lo hanno mai fatto, per una vasta gamma di ragioni, sia religiose che politiche.

Oltretutto, la generazione più giovane si sta sempre più allontanando dal sionismo persino nelle sue forme teoretiche ed astratte, proprio a causa di quello che il sionismo attualmente esistente – incarnato nel moderno Stato di Israele – sta facendo e che ha continuato a fare in concreto per decenni. Lo testimonia, ad esempio, la recente crescita negli Stati Uniti di “Jewish Voice for Peace” [“Voci ebraiche per la pace”], che appoggia il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) per far pressione su Israele affinché rispetti i diritti dei palestinesi.

In particolare negli Stati Uniti, oggi il movimento politico sionista si fonda in larga misura sul Sionismo cristiano. Come ha concisamente sintetizzato il “Gruppo di Ebrei socialisti” [collettivo di ebrei socialisti nato in Gran Bretagna negli anni ’70. Ndtr.]: non tutti gli ebrei sono sionisti e non tutti i sionisti sono ebrei.

Proprio per aver fatto una distinzione tra Ebraismo e Sionismo, Bouattia è stata accusata da Hannah Weisfeld, del gruppo sionista liberale “Yachad”, di dimostrare una “mancata comprensione dell’identità ebraica”. Si tratta di una versione attenuata della tesi secondo cui i due concetti sono sinonimi. Purtroppo sono invece le affermazioni di Weisfeld che rischiano di fomentare l’antisemitismo, in quanto sembrano implicitamente insinuare che tutto il popolo ebraico è in qualche modo intrinsecamente legato alle azioni oppressive di Israele.

Questo concetto è stato in realtà già smentito da un tribunale britannico. Quando il professor Ronnie Fraser ha sostenuto che il suo sindacato era antisemita per aver preso in considerazione il boicottaggio di Israele, le sue argomentazioni sono state rigettate e il tribunale ha osservato che “credere nel progetto sionista o il legame con Israele…non fa intrinsecamente parte dell’Ebraismo.”

Quindi, se l’antisionismo non è antisemitismo, che cos’è?

Nella sua originaria incarnazione, il movimento sionista – che si è sviluppato nel contesto dell’imperialismo britannico ed europeo in Medio Oriente – si è identificato come un movimento coloniale; una delle sue prime istituzioni, per esempio, era denominata “Autorità per la colonizzazione ebraica”. Nel contempo, lo stesso Herzl scrisse al colonialista inglese Cecil Rhodes – la cui statua all’università di Oxford era diventata il simbolo di un nascente movimento antirazzista – chiedendogli di appoggiare il suo progetto, che egli definì “coloniale”.

Ma quando si svilupparono e conquistarono la libertà movimenti anti-colonialisti in tutto il mondo i gruppi a favore di Israele sentirono la necessità di dare una nuova etichetta al sionismo. Lo hanno fatto in modo molto efficace; oggi il sionismo è presentato come un “movimento di liberazione” e l’antisionismo è accusato di negare “il diritto all’esistenza” di Israele, benché non esista un simile concetto nelle leggi internazionali.

Tutto ciò nonostante il fatto che i diritti fondamentali del popolo palestinese – tra molti altri, quelli alla vita, al ritorno alle proprie case, alla libertà di movimento – siano, e siano stati per decenni, negati. Incredibilmente, siamo spinti a credere che non sia pericoloso lo Stato nazione etnicamente esclusivista responsabile di queste violazioni, ma che lo siano quelli che criticano l’ideologia sionista che è alla base di questo regime.

Significativamente, ciò non implica che gli antisionisti non possano essere antisemiti. A volte le due cose si sovrappongono. Ciò non esclude neppure la comprensione del fatto che, dopo gli orrori dell’Olocausto, il crescente appoggio al sionismo in linea di principio fosse per molti versi comprensibile.

Ma il sionismo non è solo una questione astratta e la maggior parte degli antisionisti non stanno cercando “di negare il diritto dei popolo ebraico all’autodeterminazione”, come spesso viene sostenuto oggi. Semplicemente essi fanno notare il dato storico per cui ciò è stato realizzato, attraverso la creazione dello Stato di Israele, e conservato a spese degli abitanti nativi del territorio.

Mentre i palestinesi si preparano a celebrare i 68 anni della Nakba, è tempo che più persone in Occidente imparino che uno dei principali ‘successi’ del sionismo è stata la pulizia etnica di 700.000 palestinesi, che sono ancora oggi rifugiati, così come i loro discendenti.

Di fronte alla fine del paradigma dei due Stati e alla riemersione dell’idea di una soluzione per uno Stato unico – che significherebbe la fine del progetto sionista – così come alla crescita del BDS, il rinnovato tentativo di equiparare antisionismo ed antisemitismo è una mossa fondamentalmente disperata da parte dei sostenitori di Israele.

In effetti le testimonianze di forte antirazzismo di gente come Malia Bouattia sono assolutamente coerenti con l’opposizione al sionismo. I palestinesi sono esplicitamente oppressi dallo Stato di Israele in base alla loro identità etnica. Dalle strade esclusivamente per ebrei agli insediamenti illegali (colonie), il sionismo concreto ha significato una società basata sui privilegi etnici di un gruppo e sulla subordinazione dell’altro. Oggi l’antisionismo non è né più né meno che l’opposizione a Israele in quanto Stato coloniale di insediamento.

Hilary Aked è un’analista e ricercatrice i cui studi di dottorato riguardano l’influenza della lobby israeliana nel Regno Unito.

Le opinioni espresse in questo articolo sono responsabilità dell’autrice e non riflettono necessariamente quelle di “The News Arab”, del suo comitato editoriale o della sua redazione.

(traduzione di Amedeo Rossi)