In Cisgiordania i coloni mirano a una seconda Nakba
Tamara Nassar
31 ottobre 2023 – The Electronic Intifada
“Hai voluto la guerra quindi aspettati una Grande Nakba.”
Questo è ciò che recitano i volantini diffusi la settimana scorsa da coloni ebrei in un villaggio occupato nel nord della Cisgiordania.
I coloni israeliani stanno mantenendo la promessa di un’altra Nakba o catastrofe, come nel 1948 quando 800.000 palestinesi furono espulsi dalle milizie sioniste o fuggirono dalle loro città e villaggi a causa di una massiccia campagna di pulizia etnica per far posto al nascente Stato di Israele.
Dal 7 ottobre, quando Hamas ha colpito a sangue l’establishment militare e strategico di Israele inducendolo a dare il via ad una campagna di eccidi di massa a Gaza, i coloni israeliani continuano a organizzare attacchi contro le comunità di pastori palestinesi per scacciarli dalle loro terre.
Secondo l’organizzazione di monitoraggio delle Nazioni Unite OCHA dal 7 ottobre i coloni israeliani e le restrizioni all’accesso imposte dalle forze militari di occupazione israeliane hanno cacciato quasi 800 palestinesi dalle loro case e comunità.
Si tratta di quasi 100 famiglie in 15 diverse comunità di pastori e beduini.
I coloni israeliani minacciano i palestinesi con armi, distruggono le loro proprietà, ostacolano il loro accesso all’acqua, abbattono i loro alberi, danneggiano i loro veicoli, rubano i loro averi, li intimidiscono e li attaccano fisicamente.
I coloni hanno persino appeso bambole chiazzate di un rosso che sembra sangue vicino a una scuola per bambini palestinesi a ovest di Gerico nella Valle del Giordano, nella Cisgiordania occupata, per intimidirli e minacciarli.
Ciò costringe le comunità palestinesi, composte in gran parte da famiglie e bambini, a lasciare i loro luoghi per paura di attacchi mortali.
“In assenza di interventi immediati molti altri rischiano nei prossimi giorni di essere costretti alla fuga” hanno affermato domenica delle organizzazioni israeliane per i diritti umani, in una dichiarazione firmata da più di 30 associazioni.
Hanno lanciato l’allarme su quella che hanno descritto come “un’ondata di violenza da parte dei coloni col sostegno dello Stato che ha portato, e sta portando, al trasferimento forzato delle comunità palestinesi in Cisgiordania”.
Le organizzazioni per i diritti umani affermano che il governo israeliano sostiene attivamente gli attacchi dei coloni contro i palestinesi e non fa nulla per fermarli.
Aggiungono che “i ministri del governo e altri funzionari sostengono la violenza e in molti casi i militari sono presenti o addirittura partecipano alle azioni violente, di cui alcune caratterizzate dall’assassinio di palestinesi da parte di coloni”.
Il ministro israeliano della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir ha distribuito armi ai civili israeliani, compresi quelli che vivono negli insediamenti coloniali per soli ebrei nella Cisgiordania occupata.
Secondo l’OCHA dal 7 ottobre i coloni hanno effettuato quasi 170 attacchi contro i palestinesi. Queste cifre includono lesioni inferte ai palestinesi e danni alla proprietà.
Più di un terzo degli attacchi è caratterizzato da minacce con armi da fuoco da parte dei coloni contro i palestinesi, afferma l’OCHA.
Nella metà dei casi le forze di occupazione israeliane hanno scortato i coloni o hanno partecipato attivamente agli attacchi.
“Questo è il modo in cui lo Stato sfrutta i combattimenti a Gaza per promuovere trasferimenti forzati in Cisgiordania”, ha detto B’Tselem a proposito di uno degli incidenti.
Almeno sette palestinesi sono stati uccisi dai coloni, incaricati dalla massima leadership israeliana di portare avanti i pogrom.
Le colline a sud di Hebron
Uno degli obiettivi principali degli sfollamenti forzati sono state le comunità di pastori nelle colline a sud di Hebron.
Quasi 4.000 palestinesi vivono all’interno di comunità di agricoltori e pastori nelle colline a sud di Hebron, che si trovano nella cosiddetta Area C, il 60% della Cisgiordania che rimane sotto il pieno controllo militare di Israele e comprende i più estesi insediamenti coloniali israeliani.
Nell’area C Israele impone ai palestinesi un divieto quasi totale di costruire e li costringe a farlo senza permessi e a vivere nella costante paura che le loro case vengano demolite dai bulldozer israeliani.
Inoltre in tale area l’esercito israeliano applica quella che appare come una politica di “disimpegno” nei confronti della violenza dei coloni. In base alla legge israeliana i coloni israeliani sono trattati come civili mentre i palestinesi sono sottoposti ad una giurisdizione militare oppressiva.
Per giunta i coloni attaccano le comunità palestinesi nella quasi totale impunità e spesso con l’aiuto e la scorta delle forze di occupazione.
Ciò fa parte dell’instancabile sforzo di Israele di cambiare la situazione demografica nell’area per garantire una maggioranza ebraica. Israele, lavorando fianco a fianco con i suoi coloni, spinge i palestinesi fuori dalle loro terre per stabilire sul campo presupposti concreti per poi annettere quelle aree.
“Sotto la minaccia delle armi”
Sabato sera i coloni hanno minacciato delle famiglie palestinesi della comunità di Khirbet Tuba, che si trova a circa due chilometri dal villaggio di al-Tuwani a Masafer Yatta, sulle colline a sud di Hebron.
I coloni hanno fatto irruzione nella casa di una famiglia palestinese, hanno distrutto i loro averi e gli hanno ordinato di andarsene. I coloni hanno minacciato con un fucile un ragazzo di 15 anni che cercava di filmare l’attacco.
Sono poi tornati all’alba mascherati, hanno rubato il telefono del ragazzo e le pecore della famiglia e hanno danneggiato una tubatura dell’acqua di loro proprietà.
Nel fine settimana più di 250 palestinesi che vivono a Khirbet Zanuta, una località a sud di Hebron nella Cisgiordania meridionale occupata, dopo ripetuti attacchi, molestie e minacce da parte dei coloni israeliani sarebbero stati sfollati con la forza.
Il 21 ottobre un attacco da parte di coloni armati ha costretto una famiglia di 16 persone a lasciare un’altra comunità nelle colline meridionali di Hebron. A Khirbet al-Ratheem i coloni hanno danneggiato una struttura residenziale, un ricovero per animali e un pannello solare di proprietà della famiglia.
“Dopo aver distrutto le nostre proprietà ci hanno minacciato con le armi”, ha detto all’OCHA Abu Safi, un membro della famiglia di 76 anni.
“Andar via è stata l’unica scelta possibile per proteggere la mia famiglia”.
In un caso i coloni indossavano gli abiti dei riservisti dell’esercito israeliano e hanno sparato proiettili veri contro i palestinesi:
Le organizzazioni israeliane per i diritti umani hanno affermato che si sono verificati numerosi incidenti in cui i coloni hanno attaccato le comunità palestinesi “con addosso uniformi militari e usando armi fornite dal governo”.
L’OCHA riferisce che il 9 ottobre i coloni israeliani hanno “minacciato di morte” i palestinesi della comunità di al-Ganoub, nel sud di Hebron, “se non se ne fossero andati via entro un’ora”.
I coloni israeliani hanno appiccato il fuoco a due edifici residenziali con all’interno tutti gli averi delle famiglie e hanno rubato il loro bestiame. Cinque famiglie, composte da 40 palestinesi, sono state costrette a lasciare le proprie case.
“Quello che mi tratteneva qui erano la mia tenda e le mie capre”, ha detto all’OCHA Abu Jamal, 75 anni, facente parte della comunità.
“Nel momento in cui i coloni hanno incendiato la nostra tenda e rubato le mie capre hanno distrutto tutto ciò che mi tratteneva qui”.
Il 12 ottobre a Nablus dei coloni armati hanno minacciato con le armi una comunità di pastori sfollando con la forza più di 50 persone.
I coloni hanno minacciato la comunità che le loro tende sarebbero state incendiate e che sarebbero stati uccisi. Abu Ismail, 52 anni, ha detto all’OCHA: “non avevo altra scelta che abbandonare tutto per proteggere i miei figli”.
Dei coloni armati hanno attaccato, minacciato e intimidito i residenti palestinesi di Wadi al-Siq, una comunità beduina nella Cisgiordania occupata, finché non se ne sono andati. Dopo aver espulso la comunità, i coloni hanno preso d’assalto la scuola locale e saccheggiato ciò che era rimasto.
Sempre nella Cisgiordania occupata più di 120 palestinesi sono stati sfollati con la forza dopo che le forze israeliane hanno demolito le loro case con il pretesto della mancanza di un permesso di costruzione o a fini punitivi.
Con la politica delle demolizioni punitive Israele distrugge le case dei familiari dei palestinesi accusati di aver compiuto attacchi contro gli israeliani. Intere famiglie sono spesso lasciate senza riparo a causa di questa politica, facendone una forma di punizione collettiva.
L’aumento della violenza dei coloni avviene mentre il fuoco israeliano ha causato dal 7 ottobre la morte di almeno 115 palestinesi nella Cisgiordania occupata.
Secondo la documentazione raccolta da DCIP [Defence for Children International Palestine, sezione palestinese di una ONG internazionale per la difesa dei diritti dei minori, ndt.], durante tale periodo nella Cisgiordania occupata sono stati uccisi trentasei bambini palestinesi.
La raccolta delle olive
Con la raccolta annuale delle olive che inizia a ottobre i coloni hanno rubato olive e danneggiato alberi in tutta la Cisgiordania occupata.
I coloni hanno anche attaccato gli agricoltori palestinesi che cercavano di raccogliere le loro olive.
Secondo le organizzazioni per i diritti umani citate “gli agricoltori palestinesi sono particolarmente vulnerabili in questo momento, durante la stagione annuale della raccolta delle olive, perché se non possono raccogliere le olive perderanno il reddito di un anno”.
Gli attacchi dei coloni sono diventati una componente consueta della stagione della raccolta delle olive e una seria minaccia per la vita e i mezzi di sussistenza dei palestinesi.
Sabato dei coloni ebrei hanno ucciso a colpi di arma da fuoco un contadino palestinese mentre stava raccogliendo le olive nella sua terra nella città di al-Sawiya, nella Cisgiordania settentrionale occupata, a sud di Nablus.
(Traduzione dall’inglese di Aldo lotta)