Un quartiere di Gerusalemme vessato rifiuta di sottomettersi

Jaclynn Ashly

22 Novembre 2019 – The Electronic Intifada

E’ un pericolo costante.

Amin Barakat non usa mezzi termini. Il cinquantenne abitante di Issawiyeh, quartiere di Gerusalemme est, dice che la vita nella zona non è sicura.

Non a causa del crimine, ma della polizia.

Ci sentiamo continuamente in pericolo. La polizia israeliana è ovunque. Non siamo sicuri nelle strade, nelle nostre scuole e neppure persino nelle nostre case,” racconta Barakat a “The Electronic Intifada.” “Ho troppa paura anche solo di mandare i miei figli a comprare qualcosa al negozio o di consentire loro di andare fuori da soli. Temo che possano essere arrestati.”

Issawiyeh è stato occupato da Israele nel 1967. Dopo la guerra Israele ha unilateralmente annesso tutta la zona di Gerusalemme, compresa Issawiyeh, e in conseguenza di ciò il quartiere è finito sotto la giurisdizione della polizia civile israeliana.

Durante gli ultimi mesi la zona ha dovuto affrontare una drastica impennata dell’attività della polizia che ha precipitato il quartiere nel caos.

Le luci lampeggianti blu e rosse dei veicoli della polizia israeliana sono diventate un incontro quotidiano nelle strade si Issawiyeh, mentre droni della polizia sorvolano [il quartiere] sorvegliando ogni movimento degli abitanti.

Proiettori della polizia penetrano nelle case degli abitanti, mentre poliziotti israeliani effettuano raid nel cuore della notte, facendo irruzione delle case e arrestando gli abitanti. In varie occasioni la polizia ha affermato che le sue attività sono dovute a qualunque cosa, dalla repressione di “cellule terroristiche” fino a quella di chi lancia pietre, ma gli abitanti e i gruppi per i diritti umani mettono decisamente in discussione ciò e affermano che le attività della polizia sono “ingiustificate”.

I posti di controllo e di blocco della polizia, arresti arbitrari e continue vessazioni degli abitanti di Issawiyeh hanno portato la tensione a un punto critico. Violenti scontri tra abitanti infuriati, che a volte lanciano pietre, e forze di sicurezza, compresi unità antisommossa e poliziotti di frontiera paramilitari che sparano lacrimogeni e proiettili ricoperti di gomma, hanno lasciato un bilancio di centinaia di abitanti feriti.

A luglio, circa un mese dopo l’inizio delle operazioni di polizia, Muhammad Obeid, 19 anni, è stato colpito e ucciso a Issawiyeh dalla polizia israeliana durante una protesta contro la brutalità della polizia, scatenando tre giorni di seguito di intensi scontri tra la polizia e gli abitanti di Issawiyeh.

Essi sono stati obbligati a chiudere i negozi, affermano, e il comitato dei genitori di Issawiyeh, che in genere si occupa di più banali questioni pedagogiche nella zona, ha convocato uno sciopero scolastico in tutto il quartiere.

I genitori sono troppo spaventati per mandare i propri figli fuori di casa in mezzo a quello che i gruppi per i diritti umani hanno definito un livello “senza precedenti” di attività della polizia nella zona.

Arresti e vessazioni arbitrari

La situazione è insopportabile,” ha detto in una recente intervista Muhammad Abu Hummus, un dirigente della comunità locale a The Electronic Intifada: “La polizia sta qui 24 ore al giorno. I genitori hanno paura di mandare i figli a scuola.”

Non c’è nessuna giustificazione per tutto questo. La polizia vuole vessarci senza alcuna ragione,” ha aggiunto.

Secondo Amy Cohen, direttrice dei rapporti internazionali e di sostegno di “Ir Amim”, un’organizzazione non governativa israeliana che documenta e sollecita attenzione su questioni riguardanti Gerusalemme, queste dirompenti operazioni di polizia a Issawiyah sono iniziate il 12 giugno.

Cohen ha documentato sviluppi sul terreno ad Issawiyeh e afferma che gli abitanti si sono lamentati delle incursioni quotidiane della polizia ormai da cinque mesi. Certo il villaggio ha subito per anni raid per la sicurezza e demolizioni di case, ma gli ultimi mesi sono stati particolarmente pesanti.

Qui c’è stata per mesi nelle strade non solo una presenza ostile della polizia armata, ci sono state anche palesi vessazioni contro gli abitanti. C’è una totale distruzione della vita quotidiana all’interno della comunità,” ha detto Cohen a The Electronic Intifada.

Le forze israeliane hanno piazzato posti di controllo e blocchi di polizia “totalmente arbitrari”, in orari casuali nella strada principale nel già congestionato quartiere, dice Cohen, bloccando la principale via di entrata e di uscita della comunità. I checkpoint e i blocchi hanno “creato un caos totale nel quartiere,” ha affermato.

Per giunta la polizia israeliana ha preso di mira gli abitanti con multe “casuali e arbitrarie”, per esempio per non aver parcheggiato in modo corretto l’auto, ha detto Cohen. In altri casi funzionari del Comune di Gerusalemme, scortati dalla polizia, hanno multato proprietari di negozi per aver aperto a una certa ora o per tenere scaffali o strutture fuori dal negozio, che secondo i funzionari devono ottenere un permesso.

Una campagna poliziesca “aggressiva”, che include arresti di abitanti che camminano per la strada e incursioni notturne, ha dato come risultato circa 500 abitanti arrestati da giugno, compresi minori. Secondo Cohen, solo circa il 20% degli arrestati ha ricevuto delle imputazioni a carico.

È una discrepanza notevole,” ha detto Cohen, notando che questi numeri mostrano che gli arresti che sono stati condotti sono casuali e arbitrari. Allo stesso modo tutti i minori arrestati, compreso un bambino di 9 anni, sono stati rilasciati entro le 24 ore senza che venissero accusati di qualcosa.

Secondo Barakat gli abitanti sono anche stati obbligati a pagare pesanti multe in seguito agli arresti, anche quando non sono state presentate accuse contro la persona arrestata. Ha evidenziato che all’inizio del mese la polizia ha arrestato un quindicenne di Issawiyeh per la seconda volta in un mese. Al padre del ragazzino è stato chiesto di pagare circa 1.500 dollari di cauzione per ogni arresto del figlio, dice Barakat.

Sciopero scolastico in tutto il quartiere

Abu Hummus, che Israele ha arrestato numerose volte per aver guidato la resistenza non violenta alle politiche israeliane nella Gerusalemme est occupata, ha detto a The Electronic Intifada che le condizioni imposte dall’aggressiva presenza poliziesca hanno seminato preoccupazione tra i genitori che si stavano preparando per l’inizio dell’anno scolastico.

In conseguenza di ciò il comitato dei genitori di Issawiyeh ha dichiarato che, se la polizia non avesse garantito che le forze di polizia sarebbero rimaste fuori dalle strade nelle ore in cui i ragazzini fanno il tragitto da casa a scuola e viceversa, all’inizio dell’anno scolastico avrebbero iniziato uno sciopero in tutto il quartiere riguardante nove scuole locali.

Abu Hummus, insieme a due membri del comitato dei genitori, è stato arrestato in agosto per aver convocato lo sciopero. È stato portato via dal letto in piena notte e accusato di “incitamento e appoggio al terrorismo.”

Tutti e tre sono stati rilasciati qualche giorno dopo. Prima che iniziasse la scuola il comitato, la polizia e il Comune di Gerusalemme sono riusciti ad arrivare ad un accordo verbale che ha evitato lo sciopero. Secondo Cohen, quando sono state aperte le porte delle scuole c’è stata una “occasionale riduzione” delle attività della polizia nel quartiere. Ma non è passato molto tempo che le forze di sicurezza hanno violato l’accordo e hanno ripreso le operazioni di disturbo.

Il 2 novembre, all’inizio del mese, per gli abitanti è stato raggiunto un punto di rottura, dopo che la polizia israeliana ha fatto irruzione in una scuola superiore locale e ha arrestato all’interno della proprietà della scuola uno studente sedicenne accusato di aver lanciato pietre contro la polizia. Secondo i media locali, sono scoppiati scontri, in quanto altri studenti hanno lanciato sedie contro la polizia, che allora ha sparato granate assordanti all’interno del cortile della scuola.

Il giorno dopo il comitato dei genitori ha dichiarato uno sciopero scolastico in tutto il quartiere che ha coinvolto circa 4.500 studenti dai 3 ai 18 anni.

Abbiamo decretato lo sciopero per salvare le vite dei nostri figli,” ha detto a The Electronic Intifada Barakat, padre di sette figli: “Le loro vite sono in pericolo. Non abbiamo avuto scelta. Dobbiamo fare in modo che i nostri figli vengano protetti.”

Il 4 novembre la polizia ha risposto arrestando gli stessi due membri del comitato dei genitori che erano stati fermati in agosto. Sono stati rilasciati il giorno dopo, dice Cohen, ma gli è stato rifilato un divieto di ingresso a Issawiyeh per sette giorni.

Perdere la speranza

Il 5 novembre gli abitanti hanno tenuto una manifestazione, mentre il comitato dei genitori ha partecipato a un altro incontro con il Comune di Gerusalemme e funzionari di polizia. È stato raggiunto un altro accordo verbale, che ha posto fine allo sciopero, che secondo Barakat includeva la formazione di un gruppo whatsapp con il comitato, il Comune e la polizia per migliorare la comunicazione tra le parti.

Tuttavia, secondo Cohen, solo due giorni dopo la polizia ha di nuovo ripreso le attività durante le ore degli spostamenti scolastici ed è andata pure oltre, affermando che nessun accordo del genere era stato raggiunto. Barakat sostiene che la polizia ha subito lasciato il gruppo whatsapp.

Ciò ha scatenato l’ondata di operazioni di polizia più intense e pesanti dal giugno scorso,” dice Cohen. La polizia israeliana ha notevolmente incrementato il numero di forze sul terreno a Issawiyeh che all’inizio del mese, il 9 novembre, “si è trasformato in una zona di guerra totale,” ha affermato.

Scontri con decine di poliziotti sono consistiti in “attacchi non provocati contro gli abitanti, terribili vessazioni e brutalità e l’uso di proiettili rivestiti di gomma, lacrimogeni e granate assordanti,” ha aggiunto Cohen.

Durante gli scontri sono rimasti feriti decine di abitanti, tra cui Abu Hummus. Un video degli incidenti, fornito dagli abitanti, mostra Abu Hummus di schiena che riprende i sensi con sangue che gli gronda dalla testa.

Anche un bambino di 8 mesi è stato vittima delle conseguenze per l’inalazione di gas lacrimogeni mentre era in casa sua.

Cohen dice che gli abitanti stanno perdendo la speranza per la situazione: “Sono arrivati al punto di sentirsi totalmente demoralizzati,” ha detto. “Stiamo parlando di cinque mesi di operazioni di polizia al giorno che hanno totalmente devastato le loro vite e quelle dei loro figli – e non se ne vede ancora la fine.”

Anche attivisti e organizzazioni israeliani sono comparsi in scena per dimostrare solidarietà con il quartiere, ma le loro iniziative di sostegno hanno fatto poco per limitare l’incremento delle attività della polizia nella comunità.

In un recente messaggio Ir Amim ha condannato il “palese abuso di potere” della polizia e ha evidenziato che gli abitanti di Issawiyeh, non essendo riusciti ad appellarsi a funzionari israeliani, ora stanno chiedendo un “intervento internazionale coordinato” per mettere immediatamente fine alle operazioni di polizia “al fine di ripristinare una vita normale nel quartiere.”

Barakat e Abu Hummus hanno detto a The Electronic Intifada che la polizia non ha informato gli abitanti di Issawiyeh sul perché si stiano mettendo in atto queste attività della polizia.

Portavoce della polizia israeliana e del Comune di Gerusalemme non hanno risposto alle molteplici richieste di un commento.

Nuova fase” di oppressione a Gerusalemme

Cohen ha detto a The Electronic Intifada che in alcuni momenti durante gli ultimi mesi la polizia ha sostenuto che le incursioni intendevano reprimere “cellule terroristiche” o abitanti che lanciavano pietre, bombe incendiarie e bottiglie molotov su una strada che porta alla colonia illegale di Maaleh Adumim.

Secondo Cohen, in base a indagini di Ir Amim ci sono stati “pochissimi” casi di lancio di pietre o eventi simili: “Non ci sono ragioni esplicite del perché siano state condotte operazioni ormai da cinque mesi. Non c’è alcuna giustificazione.”

Cohen ha affermato che la polizia ha avuto “carta bianca per operare come meglio crede,” aggiungendo che le operazioni sono guidate dal comandante della polizia di Gerusalemme Doron Yedid. “Egli (Yedid) vuole andarci giù con la mano pesante per reprimere il quartiere apparentemente senza ragione,” spiega Cohen.

Le altre istituzioni hanno fatto poco per intervenire. Non c’è una governance corretta né una corretta responsabilizzazione del comportamento della polizia. Gli abitanti sono stati fondamentalmente lasciati soli a fare i conti con una brutalità senza precedenti della polizia nella loro comunità.” Barakat afferma di credere che Israele “vuole solo renderci la vita impossibile per buttarci fuori da Gerusalemme.”

Gruppi per i diritti umani hanno da tempo evidenziato che le politiche discriminatorie di Israele a Gerusalemme est – che includono regolarmente la distruzione di case, l’assegnazione discriminatoria delle licenze edilizie e l’espulsione di palestinesi dalle proprie case a favore di coloni israeliani – intendono cacciare i palestinesi dalla città.

Con oltre il 70% di famiglie palestinesi nella Gerusalemme est occupata che vivono sotto il livello di povertà, se la vita diventa troppo cara hanno pochissime alternative se non spostarsi verso i sovraffollati quartieri di Gerusalemme dall’altra parte del muro di separazione di Israele o in Cisgiordania.

Dopo che Israele ha occupato Gerusalemme est nel 1967 ai palestinesi non è stata concessa la cittadinanza israeliana, ma sono stati invece rilasciati permessi di residenza permanente, che possono essere revocati da Israele per una serie di ragioni, compresa la scarsa lealtà verso lo Stato.

Dal 1967 e fino al 2017 a circa 15.000 palestinesi è stato revocato il documento di identità di Gerusalemme e sono stati espulsi dalla città.

Già in precedenza Issawiyeh ha subito azioni poliziesche draconiane. Nel quartiere c’è una lunga tradizione di organizzazione della comunità e l’attivismo contro l’occupazione israeliana rimane forte. Ma Cohen dice che le operazioni del passato non sono mai state così “infinite e incessanti.”

È una nuova fase di politiche oppressive rivolte contro la popolazione palestinese a Gerusalemme,” ha detto Cohen a The Electronic Intifada. “È un sistema per espellere e spogliare i palestinesi.”

Loro (Israele) vogliono schiacciare completamente qualunque resistenza e organizzazione comunitaria ancora esistente a Issawiyeh.”

Jaclynn Ashly è una giornalista che abita in Cisgiordania.

(traduzione dall’inglese di Amedeo Rossi)